La causa dei popoli 10

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Meglio morto che rosso James P. Gregory Jr.

A metà del ventesimo secolo gli Stati Uniti e l'URSS erano già saldamente inseriti nella logica della guerra fredda. Per Washington la priorità era quella di unire gli americani nella lotta contro il comunismo, ma il suo appello all'unità era rivolto soltanto ai bianchi delle classi medie e alte. I poveri e le minoranze restavano esclusi da tutto quello che veniva considerato "normale". Tutto ciò che si trovava al di fuori di questa normalità veniva guardato con disprezzo. Questo era il fondamento dei pregiudizi razziali, politici e religiosi che crescevano fino a raggiungere un ruolo centrale. Naturalmente si trattava di un fenomeno che interessava anche gli Indiani. Nel Nevada, in particolare, alcuni dei loro territori vennero utilizzati per gli esperimenti nucleari e per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Nel 1951 la Commissione sull'energia atomica individuò la sede degli esperimenti atmosferici in una vasta area desertica situata a 100 km da Las Vegas. Questa terra apparteneva agli Western Shoshone. Il primo esperimento, che fu realizzato il 27 gennaio 1951, segnò l'inizio di una lunga serie che sarebbe durata fino al 23 novembre 1992: un totale di 928 esplosioni nucleari americane e 19 britanniche che avrebbero fatto degli Shoshone la nazione più bombardata del pianeta. Il governo non parlava mai dei danni umani e ambientali. Si preoccupava dei soldati e degli scienziati coinvolti nelle operazioni, ma non della popolazione locale. La Commissione per l'Energia Atomica studiava gli effetti sugli esseri umani inviando delle truppe di terra a 2300 metri dall'epicentro e spostandole ancora più vicino poco dopo l'esplosione. Nel 1957, però, gli effetti della radioattività sui soldati e sulla popolazione locale indussero il governo a optare per gli esperimenti sotterranei, e nel 1962 quelli atmosferici vennero definitivamente abbandonati. Quindi il governo riconobbe gli effetti degli esperimenti, ma si preoccupò soltanto di tenere buoni i cittadini affinché non protestassero. Gli esperimenti durarono 41 anni, durante i quali le terre degli Shoshone vennero progressivamente erose dal Dipartmento della Difesa e da altri organismi federali. Nel 1996, quando finirono, ne avevano conservato soltanto il 10%. La loro sopravvivenza si fece molto difficile, non soltanto a causa dell'ambiente desertico, ma anche per la presenza del materiale radioattivo, lanciato in aria fino a 12 km di quota, poi ricaduto sotto forma di cenere e pulviscolo altamente tossici. Alcuni animali cominciarono a morire in modo insolito, le aree verdi diventarono nere, crebbero i tumori e si manifestarono varie deformità neonatali. Nonostante fosse chiaro che tutto questo derivava dagli esperimenti nucleari, la Commissione per l'Energia Atomica lo negava. Nel 1962 questa cominciò a pubblicare Understanding the Atom, una serie di opuscoli informativi sulle conseguenze degli esperimenti. In questo modo cercava di tranquilizzare l'opinione pubblica. L'opuscolo intitolato The Fallout from Nuclear Tests affermava che "nelle zone lontane dagli esperimenti la gente può aver riportato danni alla salute". Nonostante questa ammissione i danni ambientali e fisici degli Shoshone vennero ignorati. Non solo, ma nell'opuscolo si leggeva anche che "Le persone approvano gli esperimenti perché sanno che il livello delle radiazioni derivate dai test nucleari non costituisce un pericolo". Dopo la fine degli esperimenti gli Shoshone furono costretti a sopportare anche le conseguenze della loro interruzione, dato che il governo aveva bisogno di aree dove immagazzinare le scorie radioattive. A questo scopo individuò una zona della Yucca Mountain, dove oltre agli Shoshone vivevano i Goshute. Le terre di questi ultimi erano quelle più inquinate dalle scorie. Nel dicembre del 1991 David Leroy, direttore dell'ufficio federale che curava i negoziati relativi alle scorie nucleari, propose al National Congress of American Indians un nuovo accordo. Questo consentiva a14


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