12 minute read

Meglio morto che rosso James P. Gregory jr

Meglio morto che rosso

James P. Gregory Jr.

Advertisement

14 A metà del ventesimo secolo gli Stati Uniti e l'URSS erano già saldamente inseriti nella logica della guerra fredda. Per Washington la priorità era quella di unire gli americani nella lotta contro il comunismo, ma il suo appello all'unità era rivolto soltanto ai bianchi delle classi medie e alte. I poveri e le minoranze restavano esclusi da tutto quello che veniva considerato "normale". Tutto ciò che si trovava al di fuori di questa normalità veniva guardato con disprezzo. Questo era il fondamento dei pregiudizi razziali, politici e religiosi che crescevano fino a raggiungere un ruolo centrale. Naturalmente si trattava di un fenomeno che interessava anche gli Indiani. Nel Nevada, in particolare, alcuni dei loro territori vennero utilizzati per gli esperimenti nucleari e per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

Nel 1951 la Commissione sull'energia atomica individuò la sede degli esperimenti atmosferici in una vasta area desertica situata a 100 km da Las Vegas. Questa terra apparteneva agli Western Shoshone. Il primo esperimento, che fu realizzato il 27 gennaio 1951, segnò l'inizio di una lunga serie che sarebbe durata fino al 23 novembre 1992: un totale di 928 esplosioni nucleari americane e 19 britanniche che avrebbero fatto degli Shoshone la nazione più bombardata del pianeta. Il governo non parlava mai dei danni umani e ambientali. Si preoccupava dei soldati e degli scienziati coinvolti nelle operazioni, ma non della popolazione locale. La Commissione per l'Energia Atomica studiava gli effetti sugli esseri umani inviando delle truppe di terra a 2300 metri dall'epicentro e spostandole ancora più vicino poco dopo l'esplosione.

Nel 1957, però, gli effetti della radioattività sui soldati e sulla popolazione locale indussero il governo a optare per gli esperimenti sotterranei, e nel 1962 quelli atmosferici vennero definitivamente abbandonati. Quindi il governo riconobbe gli effetti degli esperimenti, ma si preoccupò soltanto di tenere buoni i cittadini affinché non protestassero. Gli esperimenti durarono 41 anni, durante i quali le terre degli Shoshone vennero progressivamente erose dal Dipartmento della Difesa e da altri organismi federali. Nel 1996, quando finirono, ne avevano conservato soltanto il 10%. La loro sopravvivenza si fece molto difficile, non soltanto a causa dell'ambiente desertico, ma anche per la presenza del materiale radioattivo, lanciato in aria fino a 12 km di quota, poi ricaduto sotto forma di cenere e pulviscolo altamente tossici.

Alcuni animali cominciarono a morire in modo insolito, le aree verdi diventarono nere, crebbero i tumori e si manifestarono varie deformità neonatali. Nonostante fosse chiaro che tutto questo derivava dagli esperimenti nucleari, la Commissione per l'Energia Atomica lo negava. Nel 1962 questa cominciò a pubblicare Understanding the Atom, una serie di opuscoli informativi sulle conseguenze degli esperimenti. In questo modo cercava di tranquilizzare l'opinione pubblica. L'opuscolo intitolato The Fallout from Nuclear Tests affermava che "nelle zone lontane dagli esperimenti la gente può aver riportato danni alla salute". Nonostante questa ammissione i danni ambientali e fisici degli Shoshone vennero ignorati. Non solo, ma nell'opuscolo si leggeva anche che "Le persone approvano gli esperimenti perché sanno che il livello delle radiazioni derivate dai test nucleari non costituisce un pericolo".

Dopo la fine degli esperimenti gli Shoshone furono costretti a sopportare anche le conseguenze della loro interruzione, dato che il governo aveva bisogno di aree dove immagazzinare le scorie radioattive. A questo scopo individuò una zona della Yucca Mountain, dove oltre agli Shoshone vivevano i Goshute. Le terre di questi ultimi erano quelle più inquinate dalle scorie. Nel dicembre del 1991 David Leroy, direttore dell'ufficio federale che curava i negoziati relativi alle scorie nucleari, propose al National Congress of American Indians un nuovo accordo. Questo consentiva a-

15 gli Indiani di negoziare direttamente con il Dipartimento dell'Energia le modalità per l'immagazzinamento dei combustibili radioattivi esausti nelle riserve. Il governo voleva utilizzare queste terre perché erano lontane dalla "civiltà", senza preoccuparsi minimamente della popolazione locale. La Commissione dell'Energia Atomica evidenziò il problema in un altro fascicolo della serie Understanding the Atom, intitolato Radioactive Wastes: "Queste scorie generano molto calore per diversi anni. Inoltre, i radioisotopi hanno bisogno di centinaia di anni per scendere a livelli innocui. Per tutto questo tempo devono restare immagazzinati in aree molto lontane da quelle abitate".

Per il governo era pacifico che le tribù accogliessero queste scorie altamente radioattive nelle proprie terre: Leroy disse che "la cultura dei nativi americani e la sua saggezza millenaria hanno un legame particolare con la terra, quindi sono le più adatte a questo compito". Sebbene si trattasse di un'idea assurda che venne contestata da molte comunità, la povertà impose a 16 tribù di accogliere la proposta in cambio del denaro offerto dal governo. Prima di accettarla, comunque, i Goshute della Skull Valley (Utah) richiesero un'indagine scientifica per valutarne i vantaggi e le conseguenze. Dopo i risultati concessero la terra al Private Fuel Storage (PFS), un consorzio privato di servizi elettrici. Il Bureau of Indian Affairs contestò la scelta degli Indiani perché in questo modo il governo non avrebbe potuto più ottenere la loro terra. Nonostante la loro piccola vittoria, i Goshute si trovarono davanti a un bivio: vendere la terra al governo o no? La tribù doveva scegliere fra la difesa della propria cultura e il bisogno economico.

Purtroppo il governo l'aveva messa con le spalle al muro. La tribù si trovava vicino a uno dei siti nucleari più grandi degli Stati Uniti. "La gente deve rassegnarsi: questa area è già stata scelta come sede dei rifiuti nucleari dal governo fe-derale, dallo Utah e dalle autorità locali", rimarcò un membro della tribù. "Il deposito militare di Tooele (Utah, ndt), situato a 65 km da qui, contiene il 40% del gas nervino dell'intero paese e altri gas tossici. Dugway Proving Ground, una struttura militare dove vengono sperimentate armi chimiche e biologiche, è a soli 25 km. Nel raggio di 40 km ci sono altri quattro siti per materiali era-dioattivi o comunque pericolosi. Insomma, siamo accerchiati".

Nonostante fosse circondata da questi pericoli, la tribù cercò di restare sulla propria terra. In seguito a questo venne a trovarsi in una situazione simile a quella degli Shoshone. Nel 1968, al Dugway Proving Ground, fu realizzato un esperimento che si rivelò devastante. Un aereo da caccia scaricò del nervino che investì la valle e un pascolo vicino, uccidendo 6000 pecore in pochi giorni. I militari riunirono le carcasse e le seppellirono nella Skull Valley. Questo danno alle risorse della tribù rimase ignoto e gli Indiani non vennero indennizzati. La decisione di restare nella propria terra si era trasformata in una condanna: "Qui non possiamo fare niente per migliorare le condizioni ambientali. Chi comprerebbe un pomodoro che è stato coltivato in queste condizioni?" disse il capo tribale Leon Bear. I Goshute continuarono la propria battaglia, ma nel 2007 stavano ormai per arrendersi e offrire la propria terra, quando la protesta popolare li costrinse a fare marcia indietro. Nel febbraio del 2009 il Dipartimento del'Energia annunciò l'intenzione di non utilizzare soltanto Yucca Mountain come deposito di scorie nucleari e di cercare altre soluzioni.

Un'altra tribù penalizzata dalla logica della guerra fredda è stata la Nazione Navajo, che vive in una riserva situata a cavallo di tre stati sudoccidentali (Arizona, New Mexico e Utah). In questa regione si trovano tuttora 1100 miniere di uranio che sono state attive fra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta. Circa la metà di queste strutture contiene forti quantità di uranio, arsenico e altri metalli. Le miniere hanno avvelenato le sorgenti d'acqua utilizzate dal bestiame e dagli abitanti del luogo che non avevano accesso alle fonti idriche controllate della riserva navajo . Lo stesso si è verificato in tutte le regioni sudoccidentali dove il governo o le aziende private avevano scavato delle miniere durante la guerra fredda. Poi queste sono state abbandonate trascurando i residui pericolosi che erano stati prodotti. La loro posizione remota e la scarsa densità di popolazione ha indotto le autorità a sottovalutare i rischi che avrebbero potuto derivarne.

Queste miniere si trovano a poca distanza dalle comunità indigene, ma è stato soltanto nel 1978 che l'Atomic Energy Act (1954) ha cominciato a occuparsi del problema. La nuova normativa, comunque, non è stata applicata a quelle che erano state chiuse negli anni Sessanta, quasi tutte situate in terre indiane. Nel 2015, per appurare la situazione, è stata analizzata l'acqua che scorreva nei pressi della riserva navajo. Uno dei campioni era stato prelevato da una fonte che alcune famiglie

utilizzavano negli anni Sessanta e Settanta. Le fonti analizzate contenevano una concentrazione di uranio variante dal doppio al quintuplo dei valori fissati dal governo per l'acqua potabile. Questo significa che negli anni Sessanta e Settanta i membri della tribù avevano ingerito quantità capaci di danneggiare i reni degli esseri umani e causare varie disfunzioni agli animali.

Washington non ha mai riconosciuto le proprie responsabilità, ma una tribù è riuscita almeno a guadagnare l'attenzione dell'opinione pubblica. Si tratta degli Havasupai, il "popolo dell'acqua verdazzurra". La loro unica fonte di acqua potabile sorge nella zona del Grand Canyon, non lontano dal sito che ospita i rifiuti di uranio. Gli Havasupai, sostenuti da molte persone venute da altre località, sono riusciti a ottenere una moratoria ventennale dell'attività mineraria.

La morte che viene dalla terra

L'uranio è un elemento chimico tossico e radioattivo (simbolo U, numero atomico 92) di colore bianco argentato. Due dei suoi isotopi (233U e 237U) vengono utilizzati come propellente per i reattori nucleari e per il materiale esplosivo delle armi nucleari. Ancora più radioattivo è l'uranio impoverito (238U). La scoperta dell'elemento viene attribuita al chimico tedesco Martin Heinrich Klaproth (1789). Isolato nel 1841 da Eugene-Melchior Peligot, nel 1870 cominciò a essere utilizzato in Gran Bretagna per la lavorazione del vetro. Alla fine del secolo il fisico francese Henri Becquerel ne accertò la radioattività. Con la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti dettero il via al suo impiego bellico. L'uranio impoverito fu usato per realizzare la bomba che venne lanciata su Hiroshima il 6 agosto 1945, mentre per le altre armi nucleari fu utilizzato il plutonio, che si produce usando l'uranio. L'elemento radioattivo viene assorbito dall'organismo attraverso l'aria, l'acqua e il cibo. In certi casi può derivarne il cancro renale. Chi lavora nelle miniere di uranio è particolarmente esposto al radon, un gas emanato dal radio, presente in natura nell'uranio. Fra gli effetti più frequenti, il cancro polmonare e altre malattie delle vie respiratorie.

Giovanna Marconi

16

Queste sono soltanto alcune delle conseguenze della corsa al riarmo che caratterizzò la guerra fredda. Per occultare questo disprezzo della vita umana il governo cominciò a dipingere gli Indiani come bestie selvagge analoghe ai comunisti. La Difesa Civile, il dipartimento governativo addetto alla preparazione di una guerra nucleare, cominciò a diffondere opuscoli, fumetti, film e altri strumenti di propaganda affinché l'opinione pubblica prendesse coscienza di questa "minaccia". Molti di questi documenti raffiguravano un murale che mostrava i momenti più difficili della storia americana. In Operation Survival!, un fumetto del 1957, un gruppo di coloni cerca di resistere all'attacco di alcuni indiani a cavallo. In cima alla pagina si legge: "Dalla notte dei tempi gli uomini hanno sempre dovuto fronteggiare dei pericoli". La didascalia dice: "Coloni che uniscono le forze per respingere l'offensiva degli Indiani". Un'altra pubblicazione ritrae una famiglia seduta in cerchio ad ascoltare la storia americana. Sopra di loro si vede un murale che ne riassume i momenti più difficili. La seconda immagine ritrae un bianco davanti alla sua casa in fiamme mentre spara a un gruppo d'indiani che lo attaccano con asce e frecce: "Per la generazione della tua bisnonna questi indiani armati di asce, coltelli e frecce infuocate erano quello che per noi è la guerra atomica".

In entrambi i casi gli Indiani erano equiparati ai comunisti sovietici, oggetto di un odio che veniva insegnato come una materia scolastica. I fumetti diffondevano l'idea che gli Indiani fossero selvaggi nemici del progresso americano. Questo spiega perché la maggior parte della popolazione non provava il minimo interesse per i loro problemi. Qualsiasi rivendicazione espressa dagli Indiani veniva rifiutata: la società americana voleva cancellare tutto quello che minacciasse lo status quo. Questa logica permise al governo di varare la termination policy, che prevedeva la chiusura delle riserve, la fine delle sovvenzioni federali e l'assimilazione.

Il caso più emblematico fu quello dei Klamath. Il 13 agosto 1954 il Congresso approvò la legge 587, che disponeva "la fine della supervisione federale sui Klamath dell'Oregon e sui suoi membri". La legge trasformava la proprietà tribale in proprietà personale. Inoltre fissava la creazione di un registro tribale, e "alla mezzanotte dell'entrata in vigore di questa legge il registro sarà chiuso e nessun bambino nato successivamente potrà esserci aggiunto". La legge fu presentata come un mezzo per restituire il potere alla tribù, che in questo modo non sarebbe stata più soggetta al go-

verno. "Siamo convinti che la tribù dei Klamath e i suoi singoli membri siano perfettamente in grado di gestire i propri affari senza l'assistenza federale" disse il Vicesegretario degli Interni Orme Lewis. La realtà era molto diversa. Con la fine della supervisione federale la tribù poteva entrare nel sistema della libera impresa e vendere la propria terra. Ma il fatto che i Klamath non avessero esperienza in questo campo permetteva al governo e alle aziende private di accaparrarsi facilmente le grandi quantità di legname che si trovavano nelle loro riserve. Lo sviluppo delle aree suburbane richiedeva grandi quantità di legname per la costruzione di nuove case. Lo confermano i documenti del Congresso: "…questa legge dovrebbe permetterci di sfruttare il legname della riserva", disse il senatore Watters.

Gli Stati Uniti abusarono del proprio potere per sfruttare le risorse di molte riserve. Le tribù interessate dalla nuova legge furono 109. Circa 2.500.000 acri (1.012.000 kmq) vennero privati della protezione federale e 12.000 indiani persero l'affiliazione tribale. Alcune di queste tribù persero il riconoscimento federale, anche se poche vennero completamente disgregate.

Nel mezzo secolo della guerra fredda, per contrastare l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso alle pratiche più ignobili e aberranti. Gli Indiani sono stati privati delle terre, della propria cultura, sono stati dipinti come esseri subumani, la loro salute è stata duramente compromessa. Gli esperimenti nucleari hanno segnato un progresso tecnologico decisivo per gli Stati Uniti, ma hanno avuto un costo altissimo per gli Indiani. Il governo li ha combattuti come nemici del progresso. Ha avvelenato le loro terre con sostanze radioattive che hanno causato tumori e altre malattie. Le vittime non hanno mai avuto un risarcimento e sono state dimenticate da tutti.

Da sinistra: Protesta navajo (Fonte: Deutsche Welle); il libro con le testimonianze dei minatori navajo.

Bibliografia Benally T., Stilwell C. B., Harrison P., Memories Come to Us in the Rain and the Wind: Oral Histories and Photographs of Navajo Uranium Miners and Their Families, Red Sun Press, Jamaica Plain (MA) 1996. https://swuraniumimpacts.org/wp-content/uploads/2016/06/Memories-Come-To-Us.pdf Brugge D., Benally T., Yazzie-Lewis E. (a cura di), The Navajo People and Uranium Mining, University of New Mexico Press, Albuquerque (NM) 2006. Eichstaedt P., If You Poison Us: Uranium and Native Americans, Red Crane Books, Sante Fe (NM) 1994. Pasternak J., Yellow Dirt: A Poisoned Land and the Betrayal of the Navajos, Simon & Schuster, New York (NY) 2011.

Filmografia American Outrage, regia di George e Beth Gage, Stati Uniti, 2008. The Return of Navajo Boy, regia di Jeff Spitz, Stati Uniti, 2000. Yellow Fever: The Navajo Uranium Legacy, regia di Sophie Rousmaniere, Stati Uniti, 2013.