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Una vita dalla parte degli Indiani Intervista a Naila Clerici

Una vita dalla parte degli Indiani

Intervista a Naila Clerici

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In Italia i problemi politici e culturali degli Indiani nordamericani non hanno mai mosso grandi folle. Attorno a questi temi, però, è cresciuto un mondo associazionistico vivace che copre l'intera penisola. Dietro al fenomeno c'è l'impegno di molti studiosi, giornalisti, comuni cittadini. Grazie a loro vengono realizzate conferenze, concerti, mostre, pubblicazioni e ona fitta rete di contatti con scrittori e attivisti indiani. Molte di queste associazioni sono riunite in un coordinamento nazionale, Il cerchio, attivo dal 1992. Fra coloro che si sono impegnati maggiormente per gli Indiani spicca Naila Clerici, già docente all'Università di Genova, che ha saputo conciliare l'impegno accademico con quello militante, fondando e animando l'associazione Soconas Incomindios. Naila Clerici è anche la direttrice di Tepee, la più importante rivista italiana dedicata all'America indigena. L'intervista che segue è un omaggio sincero a questa grande studiosa, amica e collaboratrice di lunga data, che ha dedicato la propria vita alle culture indigene del Nordamerica.

Come e quando è nato il tuo interesse per gli Indiani del Nordamerica? Come per molti della mia generazione: già da bambina leggevo libri e fumetti e andavo al cinema con mio padre. A dieci anni mi fu regalato il libro Il mondo degli Indiani d’America di Oliver La Farge. Poi, all'università, dove avevo imparato tutto su Shakespeare e sul teatro elisabettiano, il corso monografico di letteratura inglese e angloamericana propose il rito hako dei Pawnee. Non potevo credere che le mie piacevoli letture sui nativi americani divenissero anche oggetto di studio. "Giocare agli indiani" divenne così una cosa seria e passai agli studi letterari, antropologici ed etnostorici. Uno strano e coltissimo professore, Elémire Zolla, mi suggerì di andare a Londra per preparare la mia tesi, relativa alla documentazione letteraria sulla Danza del Sole.

Erano i tempi di Un uomo chiamato cavallo, il primo film che utilizzava la lingua lakota e mostrava la durezza di certi riti: mi sentivo quasi una contemporanea di George Catlin, il pittore statunitense che ha dedicato la propria carriera artistica agli Indiani d'America. Cosa significavano quei rituali per gli indiani delle Pianure? Alla biblioteca del British Museum scoprii il piacere sottile della ricerca, quasi come se dovessi dipanare una detective story, il profumo della carta, il gusto di immergersi in un altro mondo e in un altro tempo grazie a vecchie foto e diari dell'Ottocento… Due anni dopo, all'archivio storico dell'Università dell'Oklahoma, cercai le ragioni storiche della Danza degli Spiriti. Così iniziò il mio percorso di ricerca e di conoscenza, la mia lunga "strada rossa".

Hai visitato alcune riserve indiane: che impressione ti hanno fatto? Ho visitato molte riserve in Canada e negli Stati Uniti e ho vissuto quasi due anni in Oklahoma, che un tempo fu territorio indiano. Ci sono riserve che appaiono come i villaggi dei loro vicini non indiani, altre davvero malandate, dove la povertà e il degrado sono evidenti. Ovunque si incontrano belle persone: gli indiani hanno uno spiccato senso di humour e danno molto valore all'ospitalità e ai rapporti personali.

26 Insieme ad altri studiosi europei hai fatto parte della redazione della prestigiosa European Review of Native American Studies, che purtroppo ha cessato le pubblicazioni da vari anni. Avete mai pensato di rilanciarla? Io continuo a frequentare l'American Indian Workshop, il convegno annuale di questo gruppo informale di studiosi che si tiene ogni anno in una città europea. Si è parlato spesso della rivista, ma nessuno se l'è sentita di occuparsene come faceva Christian Feest. A me piacerebbe farlo, ma la rivista italiana, Tepee, mi prende già molto tempo.

Qual è l'iniziativa di cui vai più orgogliosa? La nostra associazione è stata molto attiva, con conferenze, mostre, concerti… Sicuramente ricordo con orgoglio il convegno organizzato a Genova nel 1992, a 500 anni dalla "scoperta". Tra le ultime iniziative, quelle organizzate in Svizzera nel 2019 con l'associazione degli insegnanti di Storia per riflettere sul genocidio degli Indiani d'America in occasione del Giorno della Memoria. Anche la mostra fotografica Passi sulla Terra: Riflessioni sull'ecosistema, ancora itinerante, ci ha dato molta soddisfazione e ci ha permesso di coinvolgere altre associazioni sul tema delle terre indigene.

Parlami meglio delle controcelebrazioni del 1992. Nel 1992 ci fu una forte presa di coscienza, sia in Europa che nelle Americhe, grazie alla quale i popoli indigeni delle Americhe furono oggetto di un'attenzione mondiale: Cinquecento anni bastano era il motto che circolava allora. Ci fu un grande impegno da parte degli stessi indigeni e molto fermento nelle associazioni, così come nel mondo della scuola, ma le iniziative non ebbero un forte impatto informativo e culturale. Quelli che sfruttarono il momento furono altri: gli editori, i produttori cinematografici, le televisioni, alcuni assessorati alla cultura, ma con scelte più spettacolari che informative e didattiche. A Genova noi di Soconas Incomindios organizzammo l'ottavo raduno delle associazioni indianiste europee, ospitammo molti delegati indigeni e pubblicammo gli atti del convegno.

Com’è nata la tua cattedra universitaria? Continua anche dopo che sei andata in pensione o no? Nell'ultima riforma il mio raggruppamento prevedeva, oltre a Storia americana, anche Storia delle Popolazioni Indigene d'America, e io ho preferito scegliere l'insegnamento più vicino alle mie competenze. Quando sono andata in pensione, purtroppo, l'Università di Genova ha fatto molti tagli e non ha capito il valore, anche simbolico, di mantenere questa cattedra nella città di Colombo.

Quali sono i progetti della tua associazione? Il motto di Soconas Incomindios è "solidarietà vuol dire anche conoscenza". Vogliamo continuare con le nostre attività e con la nostra rivista: capire culture diverse aiuta anche a vivere meglio nella propria. Vorrei organizzare una rassegna di film, magari con una mostra.

Opere come autrice Con Alessandra Clavarino, Dice Nonna Luna... Espressioni poetiche degli Indiani d’America, Assessorato all'Istruzione della Provincia di Genova, Genova 1985. Indiani d’America tra tradizione e impegno sociale, Assessorato alle Attività Culturali, Genova 1985. Con gli occhi della memoria. La realtà attuale degli Indiani d’America attraverso i loro manifesti, Il Punto, Torino 1986.

27 Opere come curatrice e autrice Le orme del tasso / The Badger Tracks. Poetry by Lance Henson, Soconas Incomindios, Torino 1989. Victorian Brand, Indian Brand. The White Shadow on the Native Image, Il Segnalibro, Torino 1993. 8° Meeting ‘92. Documenti per una “autostoria” del cinquecentenario, Soconas Incomindios, Torino 1997. Racconti erotici degli indiani canadesi, L’Angolo Manzoni-Sooconas Incomindios, Torino 2003. L’arte della tessitura tra i Nativi Americani, Amici della Scuola Leumann-Soconas Incomindios, Torino 2005. Eshi Uapataman Nukum. Come sento la vita, nonna, Soconas Incomindios, Torino 2008. Sfumature di rosso. Gli Indiani d’America tra storia e attualità, Soconas Incomindios, Torino 2010. Al museo per conoscere le culture delle popolazioni indigene americane, Soconas Incomindios, Torino 2015. Passi sulla terra. Riflessioni sull’ecosistema, Soconas Incomindios, Torino 2019.