MICHELE ROCCOTELLI
N°56 MARZO-APRILE 2023 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura
Edito dal Centro Culturale ARIELE
ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE
www.facebook.com/Rivista20
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE del Centro Culturale Ariele
Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio
Monia Frulla
Rocco Zani Miele
Lodovico Gierut
Franco Margari
Irene Ramponi
Letizia Caiazzo
Graziella Valeria Rota
Alessandra Primicerio
Enzo Briscese
Giovanni Cardone
Susanna Susy Tartari
Cinzia Memola
Concetta Leto
Claudio Giulianelli
Rivista20 del Centro Culturale Ariele
Presidente: Enzo Briscese
Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio
orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì
tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com www.facebook.com/Rivista20 -----------------------------------------------------
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2 ENZO BRISCESE
In copertina: Aripa Di Mariana Paparà
Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80
www.ar tpar mafair.it Segreteria Organizzativa: Nord Est Fair - 049 8800305 Arte Moderna e Contemporanea 4.5 marzo e marzo 2023 10.11.12 dalle ore 10 alle ore 19 16ª edizione Fiera di Par ma - Ingresso Ovest - Padiglione 7
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MICHELE ROCCOTELLI
Michele Roccotelli e la sua ricchissima tavolozza cromatica, il suo giovanile abbandono della pittura figurativa; tutta la vita a dimostrare a se stesso prima e poi agli altri, di essere un pittore di valore con il desiderio e la volontà costante di testimoniare quella tensione partecipativa che attraverso una disordinata scomposizione di momenti oggettivi, riesce a restituire opere dall’alto contenuto sociale. utta la vita impegnata nella conquista di una pittura astratta che con il tempo, si è caratterizzata per quella spiccatissima gestualità personale, che ha permesso e permette il riconoscimento immediato dell’autore, che in ogni suo dipinto ti cattura e ti fa entrare nell’opera come se tu fossi parte di essa. Conosciamo le sue opere che hanno analizzato, nel passare del tempo, la bellezza del mare pugliese, il Mediterraneo, la compagnia dell’assordante suono delle cicale delle Murge, nella seduzione degli abbracci, metafore di un paesaggio mentale. Opere che ci hanno reso abbagliante il suo cosmo ottico, grazie a quella particolare e personalissima peculiarità di porsi davanti alla tela bianca con il desiderio e l’ambizione di scrivere e dipingere una storia già detta o già vista, ma che deve essere raccontata e riaffermata nuovamente, e ancora e ancora, con quel suo astrattismo naturalistico con guizzi di colore nuovi, campiture diverse, nella volontà di approfondire, di analizzare il discorso cercato.
Oggi con “Sogni appesi”, una nuova tematica, una serie di grandi opere realizzate nel corso del 2022, l’artista ancora riesce a stimolare la curiosità e l’interesse del pubblico, il nuovo tema dell’emigrazione da affrontare con nuovi dubbi, nuovi obiettivi, nuove speranze, una nuova sfida, la vita…”.
Maria Gabriella Savoia
Per tentare una nuova presentazione delle mie più recenti opere di pittura e collocazione soprattutto in situazioni private e pubbliche sono qui a proporle su queste due pagine di Rivista periodico bimestrale d’Arte e Cultura, dipinti BIG dal titolo “Sogni Appesi” realizzati per stimolare la curiosità e l’interesse, desiderio e anche possesso nella fruizione.
In particolare spaziano nella loro creatività, come filo conduttore di un discorso culturale, partito dagli albori: cicli di idee che portano serie di opere di pittura ad olio cromaticamente materica e non solo. Ora questi cicli di figure rincorrono voli abbozzati. Voli che dialogano tra loro, lasciando spazio all’intuizione di una possibile morfogenesi. Forme evolute, incarnate su linee e spazi, che si frantumano, si compenetrano a volte in sintesi operative diventando vibranti. Gocciolature che richiamano l’action painting del lontano ricordo di Jackson Pollock. Scrive Toti Carpentieri “Ribadita, a ben guardare, nelle altre opere dislocate negli anni... si modificano secondo un’astrazione progressiva, assumendo nuove connotazione/sembianze più figurali. Puranco embrionali, ma assolutamente tali.” Colore e materia si avvicendano nella costruzione di uno spazio astratto, dal quale le forme si moltiplicano e si sovrappongono giocando sull’allusione e sul ricordo. I ricordi si affastellano, si affagottano, si ammassano ma poi infine emergono: figure bellissime nude nel lucido corpo, volti sistemati di profilo in angoli perduti, amplessi al centro, corpi ravvicinati. In secondo piano, oscurati in vibrazioni emotive, accenni di situazioni contemporanee esistenti, tipo “Espatrio”, deflusso di gruppi provenienti da terre lontane e disastrate per rispondere a esigenze di sopravvivenza. E’ motivo di contrasto nelle mie opere, ove la figura con un taglio decisamente equilibrato sviluppa il
senso dell’armonia, proponendo una sorta di geografia del corpo naturale, informe, avvolgente, l’audace riscoperta del colore. Materia. Sono questi i miei recentissimi dipinti che crescendo di intensità emotiva e attualizzando la fisicità dei corpi e dei temi, approdo a “La petite seconde d’éternité/Où tu m’as embrassè/Ou je t’ai embrassée”, di cui scrive Jacques Prévert, ovvero alla sospensione del tempo”(Toti Carpentieri).Raggiungimento del soqquadro dell’armonia e della bellezza”.
Michele Roccotelli
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mail.: micheleroccotelli@libero.it Sito: www.roccotelli.it tel. 347.582 3812
ENZO BRISCESE
La suggestiva pittura dell’ultimo ciclo tematico di Enzo Briscese centra un nodo cruciale e lacerante della realtà odierna, ossia la “comunicazione”,peggiorata anche dall’inaspettato dramma della separatezza sanitaria di lungo periodo per la pandemia da covid, a cui abbiamo sopra accennato. Questo nodo centrale, toccato dall’arte di Briscese in uno dei suoi aspetti più conturbanti, contribuisce ad originare la scarsa qualità della vita dei giovani. L’artista si accosta con un’attenzione discreta, un interesse partecipato e preoccupato. Egli dipinge cioè con delicatezza la precarietà comunicativa vissuta dai ragazzi di adesso. Nei suoi quadri essi sfilano con i telefonini in mano. Tali opere sono la messa a fuoco di una realtà e una dinamica inquadratura che non diventa mai un banale sfogo per provocare una delle tante denunce lamentevoli.Enzo Briscese, pittore, vive nelsuo tempo e lavora con gli strumenti che gli competono: tele, colori, e infine quadri che parlano. La concezione di libertà è strettamente legata al rispetto: riteniamo pertanto che prima i giovani necessitino di amorevoli e competenti guide e in seguito abbiano bisogno di un inserimento critico nella collettività attiva in un clima che è sicuramente problematico ma dovrebbe essere anche
di dialogo fattivo. Il ciclo pittorico “I ragazzi del duemila” introduce lo spettatore nella nuova fase artistica di Briscese, evidenziata da una felice presenza di un dinamico figurativo, valorizzata da una ricca tavolozza e da un’elaborata composizione. Il suo complesso linguaggio pittorico è più vitale che mai, “metabolizzato” all’interno del quadro. Le figure sono dapprima sommerse da un confusivo caos di immagini e informazioni mentre negli ultimi lavori si configura un particolare assestamento stilistico. La rappresentazione del giovane evidenzia la sua fuga dall’oppressione che lo attornia e le ultime tele mostrano uno spazio vuoto intorno alla figura che rende visivamente il totale “nulla” in cui il ragazzo si rifugia,, ossia un radicale distacco dalla realtà . Si tratta di una fuga illusoria che sul dipinto si colora di tinte pallide e tenui. Questa serie pittorica, visionaria e realista nello stesso tempo, merita di essere messa inmostra e visitata con particolare cura.
Giovanna Arancio
mail.: enzobriscese6@gmail.com
Sito: www.facebook.com/enzo.briscese.9 tel. 347.99 39 710
Affiorano lacerti della memoria, nella pittura di Enzo Briscese. Affiorano, innanzitutto, la figura e la storia. E, di conseguenza, affiorano i miti e la filosofia, attraverso la rappresentazione figurativa della persona. E poi emergono, anche, codici numerici: assegnati a un immaginario fantastico (di forte potenza evocatrice in senso archetipale) e a progressioni algebriche che appaiono, in alcune circostanze, del tutto casuali - tuttavia, pur sempre, armoniche - e in altre situazioni rispondono, invece, a un calcolo preciso, sembra quasi desiderato, certamente ricercato, da parte dell’artista, il quale è come se avesse tutto prefissato dentro di se, nel suo immaginario e nel suo inconscio. Insomma, è come se le sequenze geometriche dei cerchi, dei triangoli e dei rettangoli- che l’artista crea sul piano prospettico dell’opera – rispondano a un preciso apparato geroglifico, tutto suo, che racconta: sia la complessità del pensiero razionale e sia l’insostenibile leggerezza dell’individuo, attento a voler manifestare la sua fantasia e la sua immaginazione. E poi compaiono, pure, nei dipinti
di Enzo Briscese: segni e simboli che sono descrittivi, in qualche misura, dello spazio sociale e relazionale, abitato dall’individuo contemporaneo. Da altri dipinti emerge, per di più, un urlo. È l’urlo di un individuo che pone come epicentro, ideale, della sua condanna sociale, la ruvidezza del nostro tempo. Un tempo che conosce solo l’inquieta complessità del vivere quotidiano; dentro spazi architettonici che sono chiusi, a filo di refe, in una dimensione urbana che stringe, che soffoca e che opprime. Una realtà, insomma, che è comunque da condannare e da mettere da parte, ricorrendo al sistema dell’immaginario fantastico: a tratti, ludico, giocoso e disimpegnato e a tratti, invece, serio, greve, misurato e continente. La forza visionaria di Enzo Briscese sta in tutto questo. Sta nella sua capacità di mettere insieme la figura e l’espressione astratta di un’idea. E poi, anche, nella sua abilità di far convergere la forma in un “tutto armonico” dove c’è spazio per il segno, per la linea e per il colore.
- Rino Cardone
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Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80
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FRANCO TARANTINO
Il pittore Pugliese(nato a Monopoli) Franco Tarantino, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Bari si diploma al liceo artistico di Lecce, poi trasferitosi a Milano (dove si è diplomato a Brera e all’Istituto superiore di Scultura del Castello Sforzesco), da anni rappresenta l’esempio magistrale di un percorso e una maturazione artistica che lo ha portato da un’ importante esperienza figurativa, all’attuale esperienza di astrazione cosmica e contaminazione di generi.
Notato subito dalla critica per le sue doti di disegnatore e incisore figurativo- surreale di stampo Picassiano e Chagalliano, è sempre stato attratto dal colore e dalla forma realizzando negli anni oltre a bellissime incisioni di grande formato, quadri polimaterici coloratissimi, sculture e piatti in ceramica di grande suggestione. Prima ancora di essere pittore, Franco Tarantino è un grande sognatore Felliniano, (vedi opere come Annunciazione,1995, “I trapezisti”, 1996; “L’albero bifronte”,1999) che crede nella libertà creative dell’uomo, ma anche uno strenuo difensore di libertà e istanze civiche, e sociali (vedi opere come “No terrorismo”, 2006 e “USA 11settembre”, 2006; “Giustizia e Libertà, 2006 una grande tela di metri 5×2). Una delle sue doti infatti è di sapersi esprimere sia nel piccolo che nel grande formato. Forse vale la pena di approfondire alcuni suoi temi e simboli ricorrenti prima che approdasse all’attuale periodo “informale” ricco di fluorescenze coloristiche-emozionali
inconsce e giardini segnici. Sono essenzialmente l’Albero, la Donna, Il Cavallo e Don Chisciotte.
L’Albero, ha una potente risonanza simbolica: attraverso l’immagine dell’albero che continuamente si rinnova e rinasce, Tarantino ci parla dell’Artista e della sua Arte portatrice di valori, rinascita e memorie e nido di sogni. Dall’immagine biblica dell’albero della vita alle parole di Alce Nero, il mistico Sioux che lo rappresenta al centro del cerchio del
mondo, l’albero costituisce un’immagine universale e archetipica, un simbolo potente che vive e si moltiplica, nello spazio e nel tempo, in un’infinita varietà di forme. Tarantino raffigura gli alberi negli anni sia nell’incisione (di cui è uno dei maestri Italiani contemporanei) che nelle tele, con angeli dormienti, Amazzoni sognanti, pulsioni afrodisiache, un naturale habitat di poeti e sognatori, luogo d’incontri ecologici, iconologici, simulacro di visioni e di evasione, tramite tra due mondi, quello terreno e quello spirituale.
La Donna: Tarantino ha raffigurato Donne bellissime e sensuali, amazzoni, cavallerizze, modelle, illusioniste, equilibriste etc…ma sempre con un’idea di bello e di armonia, di forme modellate sulla bellezza, linee che accarezzano l’idea di un amore infinito e assoluto. Per Arturo Schwarz, in “La donna e l’amore al tempo dei miti” – Ed. Garzanti – tutte queste dee rappresentano l’Eterno Femminino, con le sue caratteristiche fisiche, bellezza e luminosità, e le sue virtù iniziatiche e salvifiche. La donna, quindi, depositaria dei misteri (le donne, incomprensibili e astute, per gli uomini – come Athena) e soprattutto dei misteri della sessualità e dell’amore. Sempre a proposito della Donna, Jung scriveva: “Quale immagine primordiale sta dietro le rappresentazioni dell’arte?” E poi afferma: “Ogni uomo porta in sé l’immagine eterna della donna, non di una determinata donna, ma l’immagine del femminile” (C.G. Jung:”Seelenprobleme der Gegenwart”, Rascher).
mail.: 1francotarantino@gmail.com
Sito: https://it-it.facebook.com › franco.tarantino2 tel. 328.878 6353
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L’albero bifronte - olio su tela - cm 90x120
‘Ricordi mitologici - olio su tela - cm 90x120
Volti mediterranei - china - cm50x70
I soggetti ritratti da Alessia Zolfo hanno una carica empatica impressionante e riescono a mettersi naturalmente in diretto dialogo con chi osserva; l’artista mette in atto una pittura di ricerca e sperimentazione, con l’utilizzo di collages in cui si intravedono grafie e con un’importante componente segnica. Volti dai lineamenti marcati ma dolcissimi e dagli sguardi cristallini raccontano la loro personale storia di amicizia, nostalgia, fratellanza, tristezza e lo
fanno grazie al talento espressivo di un’artista dallo stile originale e inconfondibile.
Luca Franzil critico e gallerista di ArtTime Udine
mail: zol317@gmail.com
tel. 349.444 4774
Alessia Zolfo e’ nata a Napoli nel 1984. Ha frequentato dapprima la facoltà di filosofia alla Sapienza di Roma e successivamente si è diplomata in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Dal 2009 è docente di Arte nella scuola secondaria. Sperimenta con molteplici tecniche espressive che spaziano tra pittura, scultura e grafica e da quasi vent’anni opera nel campo delle arti, ottenendo premi e riconoscimenti tra cui il Premio Pandosia 2006, il Premio Morgese 2009, il Premio Il Segno 2011 e il Premio Biennale d’Arte Imprimatur del 2012. La sua ricerca artistica, sempre in continua evoluzione, si pone come obiettivo quello d’indagare le possibilità d’espressione della figura pur contaminata dai linguaggi dell’informale e del concettuale ma senza essere inscrivibile precisamente in nessuna di queste. I soggetti raccontano, tra storie, mitologie, e identità indefinite, quelle tematiche filosofiche dell’esistenza, della vita e della morte, che la appassionano dagli studi liceali.
Alessia Zolfo ha esposto le sue opere in eventi internazionali di rilievo, tra cui l’Esposizione Triennale di Roma del 2014 e la 54esima Biennale di Venezia del 2011. È tra i finalisti del Premio Mestre 2022. È finalista al Premio della Fondazione Amedeo Modigliani 2022 nella sezione pittura. Vive ad Alatri (FR).
11 10 ALESSIA ZOLFO
AURORA CUBICCIOTTI
È una ricerca continua, forse affannata, forse anche dolorosa, ma estremamente affascinante, quella che ci propone l’artista Aurora Cubicciotti: una donna che sa leggere l’alito della vita, che sa guardare dentro le cose, nelle recondite profondità degli occhi dei personaggi che lei ritrae in maniera mirabile, nelle profondità delle pieghe dei meandri dell’inconscio, nelle profondità dei sentimenti, nel “simbolismo” dei suoi personaggi che diventano paradigmi delle condizioni stesse della vita quotidiana. È una poetica che si carica e ricarica di infiniti ruoli e di infiniti significati. L’artista padroneggia la parola poetica e le immagini pittoriche, sa parlare con semplicità e icastica evidenza alle nostre menti: le sue opere pittoriche sono pura poesia per immagini che solo in apparenza sono mute, a volte mirabilmente accompagnate anche da suoi testi poetici che mettono a nudo tutto il grande universo emozionale che le distingue. L’intimità di dialoghi perduti in un “tempo contemporaneo” che inizia a scorrere forse troppo velocemente. Una spiritualità interiore, viene rappresentata attraverso dipinti ad
CLAUDIO GIULIANELLI
olio e carta che ci parlano di uomini e donne, che vivono nel nostro tempo. Lacerazioni dell’anima. Speranze ricercate, per poi essere ritrovate. La pittura di Aurora Cubicciotti si muove in un contesto sociale, poco esplorato dagli altri Artisti. L’idea di pittura classica tradizionale, viene abbandonata, per dare maggiore spazio a quel processo di significazione, alla base di ogni lavoro di Cubicciotti.
Come ci ricorda Aurora, la tecnica pittorica deve essere alla base di ogni buona realizzazione; ma questa da sola non basta.
Un’opera ha bisogno di sentimento. Un’opera deve saper raccontare. Deve saper “parlare” allo spettatore. Deve instaurare con esso un dialogo intimo, spirituale, tra sogno e realtà (Pecci/Russo)
mail.: cubyaurora@gmail.com
Sito: www.facebook.com/ aurora.cubicciotti
tel. 339.18 38 913
Nell’ambito di una civiltà artistica internazionale è doveroso citare il maestro Claudio Giulianelli, personalità assolutamente significativa del nostro tempo. Infatti la sua attività, ha aperto nuove vie alla creatività e si qualifica per il valore storico come uno dei massimi punti di riferimento nella storia dell’arte italiana contemporanea. La sua pittura, quindi, a distanza di anni ci appare fuori dal tempo, sfuggendo da ragguagli stilistici con una sua inimitabile e sovrana eleganza formale. Ecco perché, davanti ai dipinti di Claudio Giulianelli, si rimane attoniti in un’atmosfera di ariosa luminosità, mentre il silenzio si carica di mistero nel sogno. In questa dimensione, vanno visti ed ammirati i suoi capolavori, poiché essi rivelano un’universalità in una sorta di abbraccio lirico, rientrando in una linea purista che accomuna pittori di diverse epoche: da Giotto a Piero della Francesca, da OdilonRedon a Morandi. Così, nella trasfigurazione onirica della realtà, le immagini creano ambienti di metafisici stupori nell’apparizione di donna con una straordinaria ricchezza di invenzioni figurative, dove il quoziente simbolistico riporta ogni raffigurazione a suggestioni antiche ed incanti, mentre sopravvengono come in Piero della Francesca ispirazioni alla fantasia inconscia, verso lidi remoti ed approdi dello spirito. La splendida pittura del maestro Claudio Giulianelli ricorda un concetto affascinante di Mallarmè: l’arte è allusione e sogno in mo-
menti d’incantamento e poesia.
C’è un’unità che armonizza le splendide opere d’arte del maestro Claudio Giulianelli. E’ una spiritualità di stampo neo-quattrocentesca in un’atmosfera di aurorale purezza che sublima simboliche scenografie. Ecco perché, le raffigurazioni si stagliano con icastica nitidezza nei colori tenui e cieli tersi. In realtà, tutta la pittura di Claudio Giulianelli ha una forte connotazione interiore, gremita di metafore ed allusioni, mentre sopravvengono stimoli alla fantasia inconscia come in Leonardo, tanto che non può prescindere dallo stato d’animo di chi la guarda. Così, nei suoi capolavori, le raffigurazioni femminili appaiono immerse nella sfera del sogno con atteggiamenti di delicata bellezza, raccolte e sensibili nella narrazione simbolica. Un’autentica pittura, in sostanza, che richiama sempre qualcosa che è al di là: non si ferma, cioè, all’evidenza della pura fisicità, ma nella freschezza incantevole e nei valori antichi, ricchi di significati allegorici, rivela che l’arte è l’eterna manifestazione dello spirito.
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CARLA D’AQUINO MINEO Critico e storico dell’arte Padova 2022
La battaglia olio su tela cm 50 x 70 2022
GIOVANNI PERRONE
“Da bambino mi emozionavo al cospetto di statue vestite di velluto nero e oro. Quelle figure sacre dai visi bianchi con le mani dai gesti morbidi”.
Giovanni Perrone nasce a Catanzaro, il 29 maggio del 1977. Ha frequentato il Liceo Artistico “statale” della sua città natale. E’ proprio durante il periodo scolastico, che studia e perfeziona diverse tecniche pittoriche prediligendo i colori ad olio. Nel 1995 espone le sue prime opere fortemente influenzate dalla pittura rinascimentale e dall’arte sacra. Trasferitosi a Reggio Calabria ha studiato presso la facoltà di architettura, dove si è laureato.
Al mero tecnicismo dell’architettura predilige come forma espressiva la pittura. Nel periodo universitario approfondisce lo studio dell’arte figurativa antica, moderna e contemporanea ed i grandi artisti manieristi, confrontandosi con pittori e studiosi dell’accademia delle belle arti di Roma e Urbino. Nei suoi dipinti e nelle sue sculture è riconoscibile il tema sacro, prevale una religiosità “umana”, alla costante ricerca di un proprio linguaggio capace di coniugare il passato, il presente ed il futuro. Il movimento dei corpi viene accentuato dalla luce che li avvolge in modo sfumato. Pennellate dolci si susseguono a pennellate violente, le ombre danno spazio alla luce. Il dolore, la passione, come atto d’amore. L’amore come unica certezza che rende l’uomo immortale.
“As a child I got excited in the presence of statues dressed in black and gold velvet. Those sacred figures with
white faces and soft gestures”.
Giovanni Perrone was born in Catanzaro, on 29 May 1977. He attended the “Liceo Artistico Statale” Art High School in his hometown. It is precisely during the scholastic period that he studies and perfects various pictorial techniques preferring oil colors. In 1995 he exhibited his first works strongly influenced by Renaissance painting and sacred art. He moved to Reggio Calabria and studied at the Faculty of Architecture, where he graduated.
He prefers painting to the mere technicality of architecture as an expressive form. During his university studies, he deepened the study of ancient, modern and contemporary figurative art and the great Mannerist artists, confronting himself with painters and scholars of the Academy of Fine Arts of Rome and Urbino. In his paintings and in his sculptures the sacred theme is recognizable, a “human” religiosity prevails, in the constant search for his own language capable of combining the past, the present and the future. The movement of the bodies is accentuated by the light that wraps them in a nuanced manner. Soft strokes follow one another with violent brushstrokes, shadows give way to light. Pain, passion, as an act of love. Love as the only certainty that makes man immortal
mail: joperrone@libero.it tel: 338.706 6426
EVENTI
1995 Personale di Pittura
Palazzo della Provincia di Catanzaro
1998 Personale di Pittura
Palazzo della Provincia di Catanzaro
2000 Personale di Pittura
Palazzo Fazzari di Catanzaro
2000 Premio “Cruilas”
Calatabiano Taormina
2002 Collettiva di Pittura “La Donna”
Museo Civico di Reggio Calabria
2003 Premio Pittura “La Personalità”
Galleria Nazionale di Vicenza
2013 Personale di Pittura “Trump Tower”
New York – Manhattan
2014 Art Basel
Miami
2014 Art Fair
Miami River
2014 Personale di Pittura “Ominis Himag”
Milano Statuto 13 – Brera
2014 “Asia Contemporany Art Show”
Hong Kong
2015 Presentazione “Banchetto di Erode”
Palazzo Carafa della Stader – Museo Civico – Tortorella
2017 Personale di Pittura “Piazza Duomo”
Milano – Terrazza Duomo 21
2022 di pittura
Via Solferino 36, Milano
2022 ArtParma Fair
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ANGELO BUONO
“Per Angelo Buono la pittura è come la musica che nessuno osa spiegare, deve semplicemente piacere o eccitarci “ Il lavoro di Buono si è evoluto verso il fauves, uno stile che gli si adatta nella sua ricerca di esprimere l’essenza degli oggetti nella sua arte. Nella nostra quotidianità, non consideriamo come il colore influenzi la nostra vita quotidiana, ma quando vediamo gli elaborati di Buono questi stimolano l’appetito visivo attra -
verso i suoi colori forti, influenzando così l’emozione della nostra mente ed evocando ogni tipo di emozione in modo diverso. La sua figurazione è rimodellata dal punto di vista dei sentimenti piuttosto che dalla realtà che trasporta lo spettatore a partecipare all’universo creato dall’autentica personalità di Buono Angelo e al suo lavoro.
Luigi Iannelli
Davanti alle opere di Angelo Buono, c’è da chiedersi dà cosa nasca la sua volontà pittorica, s’è non dal fascino dei colori e della luce. C’è quindi alla radice del suo far pittura un input,una sorta di sollecitazione intrinseca che lo porta ad esplicitare nella sua varietà del segno e nella molteplicità delle assonanze cromatiche,tutto un mondo interiore.
Affiorano così allo sguardo tutta una serie di esplicitazioni spesso decisamente informali perché interviene direttamente nella materia con un segno espressivo e un gesto spontanee, in cui le modulazioni cromatiche stesse sembrano essere ricondotte al servizio di un serrato impianto costruttivo organizzato talvolta su una griglia spaziale,e la fantasia a fare da supporto ideale x questa trascrizione di segni e di impulsi che si rifanno alla sfera tipicamente sensoriale. Sappiamo che segno,e gesto e materia sono alla radice della poetica “informale”, perché un linguaggio del genere nasce e si origina dal dominio della pulsione.
Ebbene in Buono si avverte, sia pure in una alternanza semantica significativa questa condizione particolare, questo muoversi e voler scoprire un “reale fantastico” ,una trasfigurazione immaginifica, in tal modo l’opera vive allora come in una doppia tensione,tra flusso espressivo e suo annientamento, sulla scia di una intuibile ricerca di dimensioni e di spazi evocativi destinati a respiri più ampi e come se dai gorghi della memoria dovessero emergere i termini di una poetica continuamente oscillante tra visibile e invisibile,tra superficie e profondità.
Alla radice c’è senza dubbio una irrequietezza come supporto ideativo, per cui il rapporto che viene a stabilirsi è attivato al rimando tra fattori di contrazione e di espansione,di parcellizzazione e di ricomposizione globale.
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mail.: angelo.buono49@gmail.com www.facebook.com/profile.php?id=100009137654439 tel. 346.72 40 502
Salvatore Flavio Raiola
ENRICA MARAVALLE
Nata a Roma, si è diplomata al Liceo artistico S. Orsola. Ha poi conseguito l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Nello stesso periodo. ha approfondito i concetti della pittura moderna alla scuola di Arcangelo Leonardi, fondatore della “Rivista di arte cultura e attualità AL2”. Dopo successivi corsi di specializzazione ha insegnato per alcuni anni in vari istituti a Roma e, in seguito, a Canelli dove si è trasferita nel 1972. II suo è stato un lungo percorso artistico con la partecipazione a mostre collettive e personali. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.
La sua pittura inizialmente è di ispirazione cubista, con un’analisi attenta della purezza e della precisione delle linee, in una proiezione geometrica della realtà, la composizione cromatica è pura pittura tonale. II colore è protagonista e diventa sentimento, sensazione. Con l’andare del
RAFFAELLA PASQUALI
tempo l’espressione cambia e porta a un ammorbidimento dei toni e alla vicinanza con soggetti di altra natura: fiori, interni, nature morte. Poi riprende il suo primo stile immergendolo in un mondo fantastico, pieno di colore: “La fantasia e la creatività si incontrano in un luogo immaginario in cui tutto può avvenire”.
Enrica Maravalle è stata inserita tra gli artisti contemporanei presenti nel “Catalogo dell’arte moderna” n. 56 e n. 57, pubblicati nel 2020 e 2021 dalla Editoriale Giorgio Mondadori e dedicato agli Artisti italiani dal primo Novecento ad oggi.
mail: enrica.merlino@gmail.com
sito: www.enricamaravalle.com
tel. 320.70 34 545
Raffaella Pasquali è nata a Vercelli. A 17 anni segue un corso presso l’istituto Belle Arti di Vercelli con il maestro Renzo Roncarolo (detto Pimpi), che la invita a non perdere mai la purezza che esprime nei suoi lavori. Nel 2002 dopo un percorso professionale rivolto essenzialmente alla professione di Ingegnere si iscrive, per riprendere il percorso interrotto anni prima, alla Accademia Pictor di Torino ove segue i corsi dei maestri Aldo Antonietti e Giuseppe Musolino. Viaggiatrice attenta ai luoghi geografici, ma soprattutto alle culture che li abitano, ricerca nell’universo dell’arte sentieri di approfondimento filosofico e di recupero di quegli aspetti interiori e spirituali che nel caos del quotidiano restano soffocati e inespressi. Ad interessarla sono in particolare le popolazioni andine del Sud America e l’Oriente, che affiorano nei suoi lavori
con declinazioni cromatiche e contenutistiche aperte a stratificate letture. Raffaella Pasquali identifica nella pittura ad olio su tela o su tavola il linguaggio più adatto to al proprio sentire e al suo pensiero teorico. Raffaella Pasquali è stata selezionata per l’edizione del Catalogo di arte Moderna Mondadori nelle edizioni 56, 57, 58 e 59. Ha partecipato ad oltre 60 mostre collettive e rassegne d’arte regionali, nazionali ed internazionali. La sua ultima personale è stata la mostra Indie Occidentali ed Orientali di Novembre 2023.
Riportiamo un breve scritto di Stefania Bison – Paolo Levi sull’artista.
Nelle opere di Raffaella Pasquali si percepisce il senso dell’universalità del linguaggio artistico. L’artista vercellese riesce infatti a riportare sulle tele frammenti di vite molto lontane dalle nostre: non solo i colori di un mercato dell’Ecuador, il sorriso di un bambino delle Ande, lo sguardo di una giovane donna cambogiana, ma anche il profumo intenso di un mazzo di tulipani. Sono attimi vissuti dall’artista e cristallizzati nelle sue opere, emozioni che prendono forma e non conoscono più distanze geografiche e temporali. Raramente la pittrice mostra i visi delle figure che ritrae, spesso sono ombre scure che si confondono con lo sfondo o che se ne distaccano violentemente. […]
Tel. +39 3402426206
mail: raffaellapasquali@studioingpasquali.it mail PEC: raffaella.pasquali@ingpec.eu
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Tulipani – Omaggio a Maria Teresa Corsino Olio su tela 40x50 - cm 2007 - Opera in collezione pubblica.
S-cianca na fior Olio su tela 50x70 2014
LUIGI CURCIO
L uigi Curcio è nato a Casabona (KR) nel 1953.
Nel 1968 trasferitosi a Torino frequenta il Liceo artistico e poi l’Accademia Albertina di Torino, dove si è diplomato nel 1978.
Vive ed esercita la professione insegnante a Torino 1985-86 fa la prima personale all’ Unione culturale presso Palazzo Carignano.
Segnalato dalla commissione “Giovani Artisti a Torino” di cui faceva parte il professore P. Mantovani.
2011 partecipa alla mostra Arte Visive Segni 20x20 ( Singolare e Plurale) presso il Castello di Rivalta, a
cura di R. Mastroianni.
2012 è presente alla mostra : lo Stato dell’Arte a cura di V. Sgarbi. Torino - Palazzo Esposizioni. Padiglione Italia 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, iniziativa speciale per il 150° anniversario Unità di Italia 2012 partecipa all’esposizione di Arte & Design - Paratissima (C’ est Moi ) 8. Borgo Filadelfia. Torino - ArtParma 2021 - ArtParma 2022 mail.:
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luigicurcio.art@gmail.com tel. 327.530 4074
FRANCO CROCCO
La ricerca di Franco Crocco si è evoluta seguendo la sperimentazione informale, concepita soprattutto in relazione ad una produzione pittorica che predilige linee espressive autonome e in continuo aggiornamento. La possibilità di combinare fra di loro tecniche assai differenti, in una persistente e costante volontà di aggiornamento, ha permesso all’artista di esplorare campi spesso inaccessibili e senza l’esigenza di arrivare ad un lavoro compiuto. L’alternativa tra un’opera definita ed integra ed un’elaborazione non compiuta è spesso risolta in una sorta di work in progress in cui si vuole riservare un posto di primo piano al processo, all’evoluzione della forma più che al risultato. In questa prospettiva l’opera si riempie volontariamente di molte opere e della loro continua revisione.
La produzione di Franco Crocco alterna opere nelle quali il richiamo alla natura, ed in particolare alle stagioni, risulta essere sempre più evidente, ad altre in cui l’artista introduce frasi o parole significative tese a rafforzare un tema specifico, spesso di carattere sociale o legato alla contemporaneità. Il colore, con la sua forte valenza espressiva, rimane il protagonista assoluto delle sue opere. Negli ultimi anni le sue esperienze legate all’insegnamen-
to, ed in particolare presso la sezione femminile della Casa Circondariale di Rebibbia (Roma), dal 2016 al 2019, lo hanno portato ad elaborare una nuova serie di opere cicliche ispirate alle leggi della Gestalt ed agli accumuli, con l’utilizzo di materiali di riciclo per un’arte eco-sostenibile che evidenziano un notevole impatto visivo, spesso con tematiche dal forte contenuto sociale. In questo contesto si inserisce il progetto “Avanzi di galera”, che ha visto la collaborazione attiva di detenute ed ex detenute di Rebibbia, che si è concluso nell’ottobre 2019 con un workshop presso il Museo MACRO di Roma. Da alcuni anni lavora anche nell’ambito della fluid painting e Resin Art, essendo sempre alla ricerca di nuovi stimoli creativi, e nelle ultime opere si avverte chiaramente un deciso cambio stilistico pur mantenendo intatte le principali caratteristiche formali e compositive.
Sito: www.francocrocco.it
www.singulart.com
mail: croccoeffe@hotmail.it
tel. 347.853 6399
Franco Crocco, pittore e incisore, nato a Roma nel 1964, vive ed opera tra Ciampino e Velletri (Roma). Figlio d’arte (il padre Alfredo è un noto pittore), è attivo nel settore delle arti visive da oltre 25 anni, ed ha accumulato un notevole bagaglio di esperienze artistiche che l’hanno portato a mutare il suo modo di vivere e concepire l’arte. Diplomato all’Istituto d’Arte di Ciampino nel 1983 e all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1988, è stato allievo di Enzo Brunori e Duilio Rossoni. E’ stato Direttore Didattico del Liceo Artistico Paritario “San Giuseppe” di Grottaferrata (Roma) dal 2000 al 2007, dove ha insegnato anche figura disegnata. Attualmente insegna Discipline Pittoriche all’Istituto Statale d’Arte di Roma III e Pomezia (Roma). E’ inoltre docente presso le Scuole d’Arti e dei Mestieri del Comune di Roma, dove ha insegnato Disegno e Pittura presso la Scuola “Ettore Rolli” ed attualmente, presso la “Scuola d’Arti Ornamentali”, Tecniche di Incisione.
Dopo vari percorsi figurativi (sicuramente da ricordare la mostra personale allestita nel 2000 a Marino (Roma), nelle sale di Palazzo Colonna, dal titolo “Omaggio a Giovanni Segantini”), la sua ricerca è incentrata sull’elaborazione formale del colore e i rapporti che intercorrono la percezione visiva attraverso una rappresentazione visiva che desti emozione nell’osservatore.
L’utilizzo di materiali poveri, assemblati a quelli di tipo tradizionale, evocano suggestioni visive che superano i confini della figurazione. La superficie si arricchisce così di una fascinazione tattile che attraverso la rugosità della materia affiora trionfante di forza propria. Come scrive Mariano Apa (2007) “(…)I grumi e gli agglomerati materici sembrano dilatarsi nella calma del diluirsi acquitrinoso della pennellata, che volutamente incespica, trasecola, si impiglia nei materiali impiegati”.
“Nell’ultima produzione di Franco Crocco – scrive Manlio Della Serra (2008) – l’organizzazione delle campiture, il
bilanciamento dei vuoti e delle sporgenze sono soltanto alcuni degli elementi che regolano l’approvigionamento di altissime difficoltà espressive, e tutto sembra rinviare alla personale formalizzazione fissata in lunghi anni di studio.” L’opera incisoria, dopo un intenso periodo figurativo, sviluppa attualmente un percorso autonomo di ricerca e sperimentazione legato a temi contemporanei carichi di suggestione formale.
Oltre a Brunori, i modelli di questo suo rinnovamento artistico sono le opere di Afro e Burri.
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ALDO PIETRO FERRARI
Sono nato a Torino il 28-06-1962.
Fin da giovanissima eta’ ho sviluppato un forte interesse per il disegno e la pittura.
Ultimati gli studi artistici, nel 1985 mi sono inserito in qualità di designer in Italdesign Giugiaro, oggi parte del Gruppo Volkswagen, dove tutt’ora collaboro attivamente. All’interno di questa struttura, ho sviluppato molti progetti di Industrial, Transport e Interior Design, Architettura e Automotive. Nel 2006 la decisione di esporre i miei lavori
Il linguaggio della scrittura e la poetica di Aldo Pietro Ferrari si incontrano a partire dalle stesse parole dell’artista.
“ Mi propongo , prima di iniziare qualsiasi lavoro, di suscitare delle nuove emozioni anzitutto in me e di riuscire, ad opera conclusa, a trasmetterle agli altri coinvolgendoli nel mio percorso espressivo.
Le alternanze fra sacro e profano, mitologico ed erotico, costituiscono le ambivalenze del’ animo che convivono e mi caratterizzano con eguale forza. Quanto al colore e al segno, aspetti di radicale significatività nel mio operare artistico, appaiono in bilico tra un tratto figurativo, lontano
GABRIELE IERONIMO
pittorici con una mia prima Personale a Torino. L’ Intenzione è quella di non lasciare decadere idee che forse non potevano essere utilizzate nel mondo del designEsiste tuttavia la possibilità ‘di mantenere sempre viva la teoria “ dei vasi comunicanti”
tra arte e design. Il segno vissuto con la massima dinamicità e cromia costituisce la mia essenza piu’naturale Ho partecipato a diverse collettive e personali, in diverse parti d’Italia , Berlino ,New York, Londra
dall’ Iperrealismo che considero sterile e freddo, e un tensivo propendere verso vie sperimentali di astrazione. Il retaggio culturale di provenienza e la formazione specifica mi portano ad interpretare il segno in forma dinamica e tridimensionale ma aperta e direzionata verso una ricerca prospettica sempre nuova”.
Giovanna Arancio
mail.: aldopietroferrari1@gmail.com
Sito: www.umbertosalmeri.com
tel. 339.828 9190
Nato nel “59, figlio di un paesino dei monti Dauni, fin da piccolo mostra una spiccata passione per il disegno e i colori, che lo portò a frequentare l’Istituto d’Arte Fausto Melotti di Cantù.
Da giovane frequenta per diversi anni lo studio del Professor Paolo Minoli. Il lavoro da project manager lo tiene lontano, per un po’, dal mondo dell’arte, ma nel 2000 la passione per la pittura, mai sopita, riemerge prepotentemente. Ieronimo realizza numerose opere ripartendo da soggetti geometrici e figurativi finchè la sua continua ricerca lo porta alla realizzazione di opere astratte. Significativa è la personale allestita nel 2017 alla corte san rocco di Cantù “Dinamismo e colori dell’anima” con una quarantina di opere astratte che rispecchiano le diverse fasi evolutive della sua crescita artistica. La tecnica pittorica si evolve con la necessità dell’inserimento gestuale che porta a valorizzare le opere con interventi di action painting che permettono all’artista di esprimere al meglio le proprie emozioni. Le sue opere sono esposte in numerose iniziative artistiche e pubblicate su riviste d’arte quali “IconArt Magazine” e “Rivista 20”. Nel 2019 partecipa alla collettiva “Astrattissima” a Chieri, curata da Enzo Briscese, Giovanna Arancio
quest’opera fa parte di un ciclo di figurativo dedicato ai visi femminili, in cui le sfaccettature dell’animo della donna emergono attraverso la carica espressiva delle cromie,giocata in questo caso attraverso vibrazioni tonali che vanno dal rosa al lilla, dal viola al blu cobalto, con accenti di rosso carminio.
E’ una giovane donna che guarda al futuro con incertezzapensando alle vicissitudini di questi ultimi tempi, ma anche capacedi trovare in séil coraggio per affrontare la vitacon tenacia e sicurezza.
e presentata dal critico d’arte Giovanni Cordero. Nel 2020 partecipa ad “Arte Parma” con la galleria Ariele ed al premio “Icon Art 2020” indetto dalla rivista IconArt Magazine.Nel 2021 partecipa al premio “maestri a Milano” con la video esposizione al teatro Manzoni di Milano. Nel 2022 partecipa al premio “Giotto per le arti visive” con alcune opere sia astratte che figurative.Nello stesso anno partecipa ad alcune aste organizzatedall’associazione ART CODE di Armando Principe che attestano valutazione e certificazione alle varie opere.A maggio del 2022 partecipa, sempre con l’organizzazione Armando Principe, ad un’importantissima fiera“Affordable art fair” ad Hampstead Londra.
Sta partecipando attualmente al 1° tour Biennale d’Europa che prevede la videoesposizione din. 4 operein importanti musei e gallerie di: Parigi, Barcellona, Londra, Venezia. Anchequest’anno è stato presente ad ArteParma e attualmente in mostra a Chieri con Astrattissima 2022.
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il tuo sguardo perplesso - cm. 70x100 acrilico su tela trattata con sabbia
mail.: Gabriele.ieronimo@live.com
MIRELLA CARUSO
Mirella Caruso nasce a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata per i suoi dipinti. Laureata in giurisprudenza all’Università di Palermo, ha insegnato Discipline Giuridiche e Economiche ed è attualmente impegnata nell’insegnamento delle tecniche dello yoga, pratica che è per lei ispirazione fondamentale per alcuni dei suoi soggetti simbolici. Stabilitasi a Torino, ha iniziato il suo percorso di pittrice grazie all’incontro con Margherita Alacevich. La sua energia vitale e l’irrequietezza del suo carattere la portano spesso a diversificare la sua produzione; passando per quadri simbolici si arriva alla rappresentazione figurativa di paesaggi e soggetti. Tra le maggiori esposizioni dell’artista si ricordano le personali nel 1995 a Cervo (IM) a Villa Farandi, quella del 2013 al “Re Umberto” di Torino, nel 2016 la bipersonale con Giuseppe Falco alla Galleria d’Arte Centro Storico a Firenze e nel 2017 presso il circolo culturale di Sciacca. Oltre a
numerose mostre al circolo degli artisti e alla promotrice delle Belle Arti di Torino, si ricorda la partecipazione nel 2016 alla collettiva internazionale “Time to Build” all’atelier 3+10 a Mestre, nel 2018 la collettiva presso la galleria Saphira e Ventura a New York, nel 2019 a quella all’Appa Gallery di Madrid e nello stesso anno la collettiva “Rinascimento contemporaneo” al museo Leonardo Da Vinci a Roma e nel 2021 la partecipazione ad ArtParmaFair a Parma.
Tra le principali pubblicazioni un editoriale nel 2013 sul II volume ‘La donna nella storia dell’arte’, a cura di Giuseppe Nasillo.
Nel 2015 sono stati pubblicati suoi quadri su ‘Nuova
Arte’, Cairo Publishing e nel 2017 sul catalogo n.53
‘Dell’Arte Moderna - Gli artisti dal primo ‘900 a oggi’, casa editrice Giorgio Mondadori
L’arte di Mirella Caruso racconta storia, tradizione, cultura, classicità, con una pittura intensa e corposa, espressiva e passionale. L’artista crea con la luce profondità e spazio, delimitando la scena da quinte visive che conferiscono armonia ed equilibrio compositivo. Ottima colorista, Mirella Caruso interpreta con vibrante energia natura e realtà, dando spazio al sogno e alla visione poetica interiore. Il segno delle pennellate è sempre intriso di materia, istintivo e veemente, sicuro e senza ripensamenti, a testimonianza di un mestiere e di una maturità pittorica raggiunta con esercizio costante e raffinata sensibilità.
Nei suoi dipinti il dinamismo delle scene, delle figure in movimento, del mare o del vento che sfrangia le foglie degli alberi diventa elemento fondante di un linguaggio vivo e pulsante, che affida ad una sorta di puntinismo cromati-
co il compito di creare effetti ottici e piani prospettici sovrapposti in lontananza, quasi un velo tra l’osservatore e il mondo interiore dell’artista. Tra figurazione e astrazione, quindi, cogliendo di entrambi gli stili l’essenza formale e ideale, il senso del vero e l’afflato onirico dello spirito. Mirella Caruso ci conduce in universi immaginati con la potenza della realtà e dei pigmenti più vivi, tra un ritmo scandito di chiaroscuri e una personalissima sintesi di forma, linea, colore.
Guido Folco
mail.: mire.caruso@gmail.com
Sito: www.facebook.com/mirella.caruso.31 tel. 339.36 56 046
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Big Bang – t. m. acrilico e olio su tela a pennello e spatola - cm 40x50
La voce del mare II – t. m. acrilico e olio su tela a pennello e spatola - cm 40x50
DOMENICO LASALA
Domenico Lasala non imita la realtà ma la reinventa; e nella sua invenzione scenica le forme tendono a perdere il loro peso materiale per assumere una levità incantata, sospesa, nell’incanto generale dell’atmosfera, dello spazio, del tempo. Un senso di lontananza dalle coordinate del reale conferisce dignità e sogno alla sua opera.
“Le opere di Domenico Lasala si evidenziano per un uso sapiente del colore, ordinato per contrasti simultanei; per una rigida idealizzazione geometrica delle forme che s’accompagna alla suggestione del racconto, con un effetto di incantata attesa, e per i temi spesso legati all’arte dei suoni.
Se da una parte si può scorgere una tendenza arcaicizzante dall’altra la stilizzazione delle sagome, in un’atmosfera di fluidità musicale, rendono personale la sua maniera, che
ANGELA IPPOLITO
viene sottoposta a un continuo processo di trasfigurazione, ove figure pulite e ferme stanno nella fissità di statue viventi. Questo pittore cerca la bellezza, con passione instancabile e tenta di fissarla sulle tele con immagini che, se non hanno lo scorrere caldo del sangue, il respiro stesso della vita, possiedono un senso plastico dei volumi e profondi sentimenti trascendenti.”
Paolo Levi
Dipinge creando attraverso il suo sentire, per lei è un modo di comunicare le paure, angosce che vibrano in lei.Non riesce a dipingere paesaggi, fiori, ma volti con sguardi preoccupati, occhi tesi, corpi contorti. Nel tempo questo bisogno non è cambiato, ma si è arricchito di colori e forme più grafiche, crea specialmente quando è tormentata. Ironicamente dice che la sua pittura non è vendibile. Lavora principalmente ad olio, acrilici, materici. Evolvendosi negli anni e grazie al suo animo grafico ha continuato a dipingere anche in grandi formati, perché grande è la forza che ha nel comunicare.Suoi temi principali sono: - L ’animo , il proprio io,di cui fa parte“La rivalsa dell’anima ferita” premiato per la sua espressività a DamArs La donna nell’Arte-Mostrad’Arte internazionale di artisti emergenti contro la violenza e la discriminazione;Le tensioni per l’insicurezza economica ed esistenziale, che si esprimono nel“Il peso delle scelte”;- Gli amori,le delusioni, il rispetto degli altri, tema rappresentato nel dipinto:“Creatività e imposizione”; - “L’identità ritrovata” il tema di rinascita; - Nel quadro “La forza del futuro” sono presenti pensieri di speranza per un futuro migliore. Infine,
per sdrammatizzare nel periodo del covid nasce “Sotto lo stesso cielo”tela presentata alla 13a ed. Fiera Parma 2021, con la Galleria Ariele.
Il ritratto “GiugliettaWonka” molto essenziale, forte, sottolinea il bisogno dell’artistadi dare la priorità all’umano, a quello che la persona ha da raccontarci, il suo sentire, la sua anima. Per Angela Ippolito l’Artedeve restare un mezzo universale per raggiungere il cuore di tutti i popoli. Ha preso la Maturità nel 1974, al Liceo Artistico,nella Sez. di tessitura, di Monopoli (BA) dove è nata nel 1955, poi si è diplomata a 60 anni al Liceum Vitt Scuola di Arte Terapia come Esperto di laboratori Esperienziali a Milano, città dove vive e dipinge.
mail:info@angelaippolito.com
sito: www.angelaippolito.com
sito: angela-i.websitex5.me cell. 335 216606
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Musicista errante - 2018 - olio su tela - cm100x100
Giulietta Wonka - 2022 - olio su tela - cm 80x80x4
ARIPA DI MARIANA PAPARA’
Nata a Braila, in Romania nel 1955, Mariana Papară si è laureata in pittura presso la prestigiosa Accademia d’Arte “Ion Andreescu” di Cluj Napoca, conseguendo successivamente il riconoscimento di artista professionista attraverso un ulteriore e severo percorso formativo triennale, richiesto nel suo Paese per l’accesso all’Albo dell’Unione Artisti Professionisti della Romania. In parallelo, si è dedicata allo studio di numerose tecniche specialistiche antiche e contemporanee come l’iconografia bizantina, la tempera all’uovo, il vetro cattedrale e la pittura su vetro, che ha sperimentato con personali esiti di “grafismo al rovescio”. Per oltre vent’anni è stata docente di discipline pittoriche e disegno al Liceo artistico di Piatra Neamt, avviando al contempo, a partire dal 1978, una vasta attività espositiva che l’ha vista partecipare in veste di artista ospite in simposi internazionali, ed esporre presso gallerie e musei in Olanda, Belgio, Canada, Francia, Spagna, Svizzera e Italia. (…) Il suo linguaggio fortemente comunicativo è frutto di lunghi anni di studi ed esperienze artistiche interdisciplinari, e si esprime su tavole lignee e installazioni, realizzate con materiali non solo utilizzati al servizio della forma ma concettualmente impiegati come trasmettitori di memorie e simbologie.
Legni antichi, garze, pergamena, papiro, chiodi, carte da imballaggio, colle, tempere, acrilici e olii, si addensano e si
raggrumano in impasti materici, amalgamati all’interno di una scrittura segnica e gestuale che per antitesi ne smaterializza il peso, allevia la gravità, suscita il levitare dell’anima. Raffinato e colto, il vocabolario di Mariana Papară sgorga da una consapevole capacità espressiva, dove ogni segno, ogni traccia, prende corpo e si traduce in immagine visiva, seguendo con esattezza il processo di pensiero che intende estrinsecare. I suoi lunghi e rigorosi studi accademici, e le profonde conoscenze di tecniche antiche e contemporanee sperimentali (spazianti dall’iconografia bizantina al vetro cattedrale, dalla tempera all’uovo alla pittura su vetro graffito con soluzioni personali per arrivare alla scultura miniaturizzata del gioiello d’artista e all’utilizzo del medium tessile) le permettono di approdare all’improvvisazione creativa, che, come succede per altre discipline quali la musica e il teatro, è territorio di chi ha percorso con umiltà molti cammini di apprendimento e confronto.
Con una scrittura di radice neo-espressionista e informale, dalla quale tuttavia si discosta con stile ed esiti del tutto personali, Mariana Paparà intesse un efficace e coinvolgente dialogo tra finito e infinito, da cui sgorgano parole silenti e tratti che esplorano il sudario per trovare la via verso la purezza della gioia.
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( Silvana Notta- critico d’arte)
Volendo ammirato, scrivere oggi sull’arte di Mariana, sottolineo subtio quello coerenza profesionale che - in pratica - la caratterizza da sempre, giustficata dall’equilibrata linearita insita in ogni lavoro espresso a tecnica mista e ad acrilico che se svela l’autonomo volto espressivo.
Il suo e un impegno di ricerca che tuttavia non va da un luogo all’altro: mai dettato dalla casualita, rifugge l’odierna altrui superficiale e invadente consuetudine cucita alla casualita e all’ apparenza. Il percorso d’ogni dipinto include, înfatti, la stessa ‘ memoria’ per cui Marta Geirut, poetessa e artista scomparsa nel 2005, se l’avesse conosciuta, avrebbe senza dubbio detto essere ‘carta viva’.
Tracce e tracciati, simboli.
In Mariana Papara vivono indiscutibilmente i segni della constante riflessione dove gli attimi vitali, composti anche
Trasferitasi a Torino nel 2000, ha fondato l’Associazione Artistica Internazionale “Aripa” Galleria e Scuola d’Arte, dando vita ad eventi, scambi interculturali e progetti mirati alla lettura delle più diverse espressioni dell’arte contemporanea.
Oltre ad organizzare mostre a carattere internazionale, si dedica con particolare attenzione alla didattica e in special modo all’infanzia.
Sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private.
E’ membro dell’Unione Artisti professionisti in Romania , Association of Romanian Creative Women in Fine Art Field, dell’Associazione Internazionale degli Artisti Professionisti – AIAP – Unesco
da lamine dorate e argentee, da ferite rosso/ sacrificio e da vibrazioni astratte, conducono îl pensiero verso una pulsante tensione non priva di intimi accenti e ormai lontani echi figurali, si da evocare îl ‘mistero’.
L’artista proseque un interessante viaggio interpretando il proprii tempo, ecco che sulle tavole e sulle tele e sulle carte vive un pensiero lirico concretizzato da uno spazio/ colore funzionale ai propri valori morali indiscutibilmente significativi. In lei non c’e l’imitazione dell’oggetto o della materia, bensi una fantasia fata imagine in cui confluiscono, s’addensano e s’agrumano immagini di un ‘Io’ che dice e che fa, in un dare forme assestate e spiritualizzate, quasi come un voler consegnare continuativamente agli anni la generosita creativa di cui e dotata.
(Lodivico Geirut)
Piatra Neamt, Uap Romania - Filiala Piatra Neamt Tel.: +40 0736785363; mail: marianaaripa@gmail.com www.aripa.eu ; https://www.facebook.com/marianaaripa/ Introspezione
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III, 2022. Acrilico su tela,60 x 80 cm
Introspezione VI, 2022. Acrilico su tela,70 x 80 cm
Introspezione II, 2022. Acrilico su tela, 80 x 80 cm
Introspezione I, 2022. Acrilico su pergamena, 30 x 40 cm
László Botár
All’interno di Living Moments / album d’arte
Studi: 1984 „Ion Andreescu” Art University Cluj, facoltà di design industriale e grafico. Designer presso Republica Reghin, presso la Fabbrica di Trattori - Miercurea Ciuc, presso Syrinx Srl., BPM System Srl., Ambient Team Srl. 1999-2003 presidente della Hargita Visual Art Association. Paralely, coordinatore delle arti visive presso il Centro Culturale della Contea di Harghita. Mostre personali e collettive più importanti: Bucureşti, Reghin Oradea, Miercurea Ciuc, Sibiu, Tărgu Mureş, Iaşi, Sf. Gheorghe, ... (RO), Budapesta, Kaposvár, Szigetvár, Szeged Dunaújváros, ... (HU) Stoccolma, Tǻngagärde (SE), Chişinău (MD), Berlino (DE), Los Angeles (USA), Torun (PL ), Roma (IT), Vienna (AT). Sculture all’aperto: Miercurea Ciuc, Sâncrăieni, Ciceu, Salina Praid (RO). Adesione: Dal 1990 - Unione degli artisti professionisti della Romania (UAPR), 1995 - Associazione degli artisti ungheresi di tutto il mondo a Stoccolma, 1994 - Associazione Barabás Miklós - Artisti ungheresi della Transilvania, 1995 - Associazione degli artisti ungheresi di tutto il mondo a Stoccolma, 2016–ArteMix Wien. Spettacoli
2002 - Roma, Accademia di Romania a Roma (IT), 2003 - Kaposvár, Centro Culturale Vaszary János (HU)
Nato il 20 luglio 1959 a Miercurea Ciuc Diplomato alla Scuola Superiore di Musica e Belle Arti di Târgu Mureș (1978), ha terminato la sezione di design presso l’Istituto di Belle Arti “Ion Andreescu” di Cluj. Fino al 2003 è stato presidente dell’Associazione d’arte visiva Hargita. Attualmente è coordinatore delle arti visive presso il Centro culturale della contea di Harghita. È membro dell’Unione degli Artisti di Romania (dal 1990), è membro della Corporazione “Barabás Miklós” (dal 1994), dell’Associazione Mondiale degli Artisti Ungheresi di Stoccolma (dal 1995). È membro fondatore del gruppo artistico “Studio 9”. Le mostre personali più rilevanti sono: Gyula - Casa della Cultura; Miskolc - “Casa Kós Károly”; Pusztaszentlászló;
Győr - Casa Napoleone; Szolnok - Centro per la Musica e l’Arte; Casa della Cultura Ungherese, Ospedale “Nyírő József”, Hauer-Új Nemzeti Galéria, noMade Gallery a Budapest; Eger - Templom Galéria (Ungheria);
Palazzo del Parlamento rumeno, Sala Constantin Brâncuși (Romania); Stoccolma, Tångagärde - Casa ungherese (Svezia), Chișinău - Biblioteca Onisifor Ghibu e Museo nazionale della Moldavia (Repubblica di Moldavia)
Le sue creazioni sono presenti in numerose collezioni nel Paese e all’estero, come Italia, Germania, Ungheria, Romania, Israele, USA, Canada, Austria, Svezia, Moldavia, Giappone, Nigeria, Olanda, Dubai, Francia e Galles.
Le sue opere monumentali sono visibili a Miercurea Ciuc, Sâncrăieni, Ciceu e Salina Praid. Tra il 1992 e il 2022 ha partecipato a numerosi campi creativi: Jigodin Ciuc, Lăzarea, Bálványos, Mărtinis, Ghimeș, Miercure Ciuc - Inter Art 2002, 2003, 2004; Miercurea Ciuc - FREE camp 2005-2014(RO); Vaja, Rezi, Pusztaszentlászló, Hejce, Szentendre, Berekfürdő, Veránka-sziget, Dunaharaszti (H); Tångagärde, Stoccolma (S); Berlino (D).
Partecipa a spettacoli: Roma - Accademia di Romania a Roma (I) Kaposvár - Centro culturale “Vaszary János”(H).
Bagni Harghita (mostra all’aperto del poeta Kányádi Sándor), Galleria d’arte Ave, Galleria d’oro, Pensione “Turul”, Galleria UAP, Galleria d’arte visiva Hargita e Galleria Kriterion a Miercurea Ciuc; Târgu Mureș - Casa-Bernády; Odorheiu Secuiesc - Casa comunale della cultura; Gheorgheni - Galleria d’arte Pro; Bucarest - Galleria Orizont e
cellulare: 0040 744 646426
mail: botarlaszlo@gmail.com
web: www.botarlaszlo.com
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Wing Wing Wing
MOLDOVAN IRINA MARIA
2022 – laurea magistrale - Dipartimento di pittura - Facoltà di Arti Visive e Design, Università nazionale delle arti “George Enescu” Iasi 2017- Diploma di Scuola Popolare di Arti Piatra Neamt - Dipartimento di pittura; 1992-1996 – Facoltà di Giurisprudenza - Università di Giurisprudenza “George Baritiu” Brasov
MOSTRE COLLETTIVE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI:
• 2022 – Mostra di arti visive “Detto e fatto” Seconda Edizione (online), Iasi;
• 2022 – “Salone invernale”, Galleria d’Arte “Lascar Vorel”, Piatra Neamt;
• 2022 – La mostra tripartita “Scienza e arte / Visiting Art –History / Filosofia e arte” , Sala dei passi perduti Palazzo dell’Università di Iasi;
• 2022 – Mostra “Art Vue - Bruxelles” ( online);
• 2022 – Mostra “Flower Power”, Galleria d’Arte “Alchimia” – Facoltà di Ingegneria Chimica e Protezione Ambientale Iasi;
• 2022 – Mostra “Dragobete Art. Ro” – Decima Edizione (online), Iasi;
• 2021 – “Salone invernale”, Galleria d’Arte “Lascar Vorel” Piatra Neamt;
• 2021 – Mostra „Identità di Iasi”
– Decima Edizione (online ), Iasi;
• 2021– “Biennale Madrid”, “ Galleria d’Arte Eka &Moor ” – Madrid, Spania;
• 2021 – La mostra tripartita „ Scienza e arte / Visiting Art –History / Filosofia e arte” , Sala dei passi perduti – Palazzo dell’Università di Iasi;
• 2021 - Mostra „AvocatArt ” , Sala dei passi perdu ti – Palazzo di Giustizia di Bucarest;
• 2021 – Mostra „La città degli artisti” – XIV edi zione, Galleria d’Arte „ Lascar Vorel” Piatra Neamt;
• 2021 – Mostra „ Scacchiera della dama” Iasi –Sesta Edizione (online);
• 2021 – Mostra „ Verso l’alto”, Galleria d’Arte Haisus Creative Cloud”, Iasi;
• 2021 – Mostra „ l’Enneagramma / selfportrait” , Galleria d’Arte „Aparte”- U.N.A.G.E. Iasi;
• 2020 – Mostra „Le Interferenze”, Galleria d’Arte Stefan Luchian”, Botosani;
• 2020 – „ 3-a Biennale dellaCreativita al Femminile”, Movicentro Bra, Italia;
• 2020 – Mostra „Magic Balchik”, Galleria d’Arte” Balcic, Bulgaria;
• 2020 – Mostra „Complicità” , Galleria d’Arte Occidentului, Bucuresti;
• 2020- Mostra „Babel multiplicat”, Galleria d’Arte „Lascar Vorel” Piatra Neamt;
• 2019– Mostra in occasione dellagiornata del pittore Victor Brauner, La sinagoga „ Baal Shem Tov” Piatra Neamt.
Viaggi di studio e campid’arte:
2017 - “ La luce del Nord” Sadova ;
2019- “ L’invernonella vale di Sieu “ – Sieut;
2019- “ Luoghi di cultonella contea di Dambovita” –Targoviste ;
2019 - “ Vatra Dornei, paesaggio da fiaba “ –Vatra Dornei ; 2020 - “ L’altare dei colori” –Targoviste.
PREMI
Primo postoal Concorso Nazionale di Arte Plastica “ Ion Irimescu” - la nona edizione- Suceava 2017 Solorro mo blacestem qui ut quos dolupta tiumqui conectur?
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sito: https://irinamoldovan.art
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Smboli Sacri -2022 - Acrilico su tela -cm 80 x 100
Smboli Sacri -2022 - Acrilico su tela -cm 80 x 100
• 2020 – Mostra „Contemporary ART” – Athenee Palace Hilton Bucuresti;
tel.: 07 445.89 789 mail: irina_molda@yahoo.com
CARMEN CROITORU
Carmen Croitoru, laureata all’Università Nazionale d’Arte, Bucarest, Facoltà di Arti Decorative e Design, sezione Tessile, nel 2001. Master in Arti Tessili (interior design) 2002. Professore d’Arte al Goethe German College dal 2001. Interior Designer da oltre 20 anni e Art Mentor nel suo laboratorio personale in Strada Frumoasa 51, a Bucarest. Questi sono solo alcuni dei dati rappresentativi della professione nel campo delle Arti, ma l’universo dietro l’attività contiene influenze molto più giovanili della rigidità della disciplina. Innanzitutto le persone che l’hanno guidata nella sua vita professionale, e non solo. I momenti in cui sono apparsi. I loro insegnamenti. Le esperienze maturate attraverso di loro. In poche parole: un vasto cocktail di personalità che ha creato densità su un nucleo delle Arti, già particolarmente fecondo fin dalla tenera età. L’apertura alla complessità e alle infinite forme che il Bello può assumere. Perché il Bello va oltre l’Umano, e oltre la Natura. Il bello è esso stesso l’anello di congiunzione tra i mondi; la liana che collega il Cielo alla Terra e il Corpo all’Anima. Le principali fonti di ispirazione sono: luce, acqua, cielo e vento. Quando dico vento, intendo onde di
tessuti vaporosi sospinti dal suo respiro. I drappeggi sono i petali dell’Arte a cui il volto è maggiormente legato. La loro vivace fluidità, che dà movimento a qualsiasi materiale, ricorda loro le onde che ossigenano il ponte di contatto tra gli ambienti. La loro delicatezza veste più felicemente la finezza con cui sfilano le Arti, sul podio delle nostre emozioni. I tendaggi sono i suoi fiori preferiti. Carmen Croitoru è anche appassionata di Semplicità: la forma suprema della manifestazione della luce su superfici o forme. L’eleganza di Simplicity non può essere né copiata né migliorata, quindi il suo target professionale non può fallire. Allora, in quanti modi, e in quante emozioni si può interpretare un quadro?... Un’opera d’arte sentita e lavorata?
Per estrarre un’unica coordinata, come terreno di tutto ciò che è possibile in un uomo, possiamo dire di Carmen che merita pienamente la sua posizione di forza nelle Arti perché ha Inocenta come suo scudo. Argomenti di innumerevoli persone che respirano attraverso i polmoni della Bellezza.
Mihai Ciugulea ( poeta)
L’arte trasforma la rappresentazione di qualcosa di invisibile in qualcosa a noi visibile. Rivela ciò che noi prima non vedevamo. Il protagonista del quadro forse non è il pesce, ma l’artista che lo dipinge. La sagoma lucente del pesce risalta dall’opera come una apparizione. Il soggetto del quadro diventa quindi la manifestazione di stupore che coglie l’artista e quanti guardano e guarderanno quest’opera. Nella sua ricerca di forma e colore sembra essersi imbattuto in questa creatura fantastica, riscoprendo fiabe e storie ascoltate nella propria infanzia. Un opera che ci regala quindi meraviglia ed emozione immediata e diretta. La poetica di Carmen è nella linea sottile che rende la realtà nelle sue forme essenziali, ridotta a semplici linee o campiture di colore.
Mariana Papara( artista)
Str. Frumoasa nr.51, ap.2, sector.1, cod postal:10986 Bucuresti
mail: carmencroitoru77@gmail.com tel. 0722783015
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Passi verso est2022Acrilco su tela170 x220 cm
Scatenamento - 2022 - Acrilco su tela - 70x90 cm
Silenzio d’amore - 2020 - Acrilco su tela - 100x100cm
Giorgio De Chirico e la Neometafisica
di Giovanni Cardone
In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Giorgio De Chirico apro il mio saggio dicendo: Il grande recupero culturale sviluppatosi in Italia nel 1945, immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha costituito un esempio per l’Europa e ha certamente conferito al paese un ruolo di guida in molti campi, dall’architettura, al design, al cinema, ma il fenomeno tipicamente italiano che più di tutti ha dato forza al recupero culturale italiano è stato il Futurismo, un movimento che nella varietà delle forme in cui si è presentato non avrebbe potuto sorgere in alcun’altra parte del mondo. Con la sua vitalità e il suo dinamismo, che ne sono le caratteristiche principali, una freschezza ben difficili da incontrare, ha influenzato tutta la cultura del suo tempo, dominando la scena culturale per molti anni. Eppure accanto al Futurismo si è sviluppato anche un altro movimento che apparentemente si fonda su una ideologia del tutto opposta e comunque contrastante quella della pittura metafisica. Poche mostre sono riuscite a mettere in evidenza esplicitamente questa doppia natura del pensiero estetico italiano degli inizi del Novecento. Nei primi dipinti di Giorgio De Chirico, a partire dal 1911, si riscontrava infatti con l’esuberante vitalità del primo Futurismo, più o meno coevo. Il filo nascosto tra l’Ulisse del 1922 al Ritorno di Ulisse del 1968, il ritorno al figurativo, che con la mano protesa verso l’orizzonte allude a un viaggio da intraprendere o forse appena concluso. L’eterno ritorno, il pensiero più abissale di Nietzsche, suggerisce e disvela all’artista metafisico un profondo segreto che Zarathustra accoglierà e
tenderà in auto-trascendenza, in ebbrezza dionisiaca. Dal divenire eracliteo, infatti, l’artista coglie l’essere, dal χρόνος, che divora se stesso e gli enti, l’uomo metafisico cattura l’αἰών, dall’oscurità -che sembra precedere ogni inizio e precipitare ogni fine- egli può scorgere il numen dell’eterno. Inizio e fine sono punti di un medesimo circolo, senza discontinuità, tanto che la periodizzazione della pittura di de Chirico da questo riceve una diversa prospettiva in una «strana rassomiglianza»che ha del perturbante ovvero di unheimlich in senso freudiano non si tratterebbe più di distinguere la prima pittura metafisica del 1910-1918 dalle copie dei maestri antichi o del passato del 1919-1924, le opere neobarocche eseguite dal 1938 ai primi anni Sessanta dalla pittura neometafisica del 1968-1978. Questa rassomiglianza straniante genera singolari accostamenti tra gli enti all’interno di un dipinto e tra più opere appartenenti a periodi differenti: è il senso dello spaesamento, ma anche del disvelamento che vuole cogliere il demone, il divino, l’occhio interiore insito in ogni cosa εποπτεία, l’epopteia dionisiaca che spesso De Chirico rappresenta simbolicamente come geroglifico sulla fronte dei suoi manichini. L’Ulisse del preambolo esorta a passare alla prossima stanza, quella degli Esterni metafisici; i dipinti qui esposti non appartengono al primo periodo, tuttavia riecheggiano motivi e stilemi ricorrenti come archetipi: è possibile contemplare una piazza d’Italia, Souvenir d’Italie del 1924-1925, passando attraverso Le muse inquietanti fine anni Cinquanta sino all’Offerta al sole del 1968 e a rivisitazioni più tarde risalenti agli anni Settanta.
Forse l’Offerta al sole genera il desiderio di ritrovare un’analogia, un correlativo rispetto all’apollineo e al dionisiaco, infatti quanto di essi è possibile scorgere nella pittura del grande Maestro, a dispetto delle letture di Nietzsche da parte dell’artista non possiamo fare a meno di sottolineare nella sua pittura una prevalenza dell’apollineo nella preferenza per le geometrie, per i contorni, per la prospettiva seppure nelle linee di rottura e di infrazione; tuttavia nell’Offerta al sole si riesce finalmente a scorgere la dualità sole-luna nel cromatismo di rosso, giallo e nero, ripreso dai fili bicolori di Arianna che legano gli astri ai correlativi terrestri. Altro tema ricorrente lungo il cerchio del tempo, che abbraccia senza discontinuità passato, presente e futuro, è quello del figliuol prodigo, parabola di erranza e di redenzione, che de Chirico ha raffigurato in tutto l’arco della sua carriera, dal 1919 al 1975 proprio una delle ultime versioni, quella del 1975. In questa tela il padre appare come una statua in pietra vivente, così come gli edifici in prospettiva che incorniciano la scena e che simboleggiano la tradizione, egli è colto nell’atto di abbracciare e accogliere il figlio, ritratto come uno dei caratteristici manichini animati simboli di modernità. Ai critici contemporanei, come Roberto Longhi, tali accostamenti dovevano generare un effetto straniante e irritante, eppure voluto dallo stesso pittore e, tuttavia, non allo stesso modo dei surrealisti, quindi secondo la cifra del sogno e dell’irrazionalità. Il senso dell’accostare enti apparentemente estranei quali statue ed edifici classici, manichini, attrezzi per il disegno, giochi e dolci è nel segno del disvelamento metafisico, nel tentativo di dipanare la trama del sogno e di conferire visione e prospettiva alla presenza degli enti nel tempo. La modernità non deve pretendere di essere originale, piuttosto è originaria, infatti non può fare a meno di cogliere e riprendere il passato e le forme della classicità,
rimanendovi prospetticamente fedele. L’essere originali riprendono i temi già affrontati nel periodo ferrarese dell’artista, durante il primo conflitto mondiale, e ripresi nel periodo neometafisico. In Interno metafisico con officina e Interno metafisico con paesaggio romantico de Chirico colloca dipinti raffiguranti esterni all’interno delle tele e induce l’osservatore a dubitare delle proprie percezioni; in entrambe le opere si crede di veder rappresentata una finestra aperta, mentre la vera finestra che inquadra lateralmente un paesaggio urbano sembra un dipinto, secondo una suggestione concettuale simile alle litografie di Escher. Il tema del sole riappare anche negli Interni, esplorato alla luce dell’indistinguibilità tra esterno e interno; con Il sole sul cavalletto del 1973 sono raffigurati due soli e due lune collegati da cavi lungo i quali la corrente di energia è intermittente cosicché uno dei corpi celesti appare illuminato mentre l’altro è spento, il tutto all’interno di una scenografia che rende l’accostamento ancora più enigmatico e spiazzante.
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Se in questi interni con finestre e ritratti è possibile individuare riferimenti alla classicità con teste di Esculapio e di Mercurio in un continuum spazio-temporale, i rimandi alla medesima appaiono ancora più misteriosi ed emergenti nei titoli dei dipinti della parte successiva del percorso “Protagonisti metafisici”.Ettore e Andromaca, Oreste e Pilade, il trovatore, le maschere, quali figure solitarie o in coppia, appaiono con teste ellissoidali, prive di lineamenti ma con un simbolo centrale che allude alla visione interiore, contemplativa; una versione in interno del Figliuol prodigo, risalente al 1974, coglie tiepidamente l’abbraccio tra un manichino-padre, seduto in poltrona in abiti borghesi, e un figlio-statua di marmo con dettagli che intersecano passato e presente. Canzone meridionale e Gli archeologi sono tele degli anni Trenta, qui i manichini delle origini si evolvono in sembianze più umane, quasi ad accennare una remota distinzione maschile - femminile nelle vesti e nella corporatura; seduti vicini o abbracciati come per darsi conforto lungo il viaggio, trasmettono più emozioni rispetto agli omologhi solitari e distaccati degli anni Dieci, presentano forme sproporzionate e il loro ventre è riempito di frammenti di paesaggio, di statue classiche, di colonne e libri, segno dei passaggi della storia e della civiltà. La riproposizione di temi già affrontati nel primo periodo spiega perché de Chirico non si sia mai realmente distaccato dalla visione metafisica, piuttosto la fedeltà ribadita nei confronti del classicismo e delle tecniche pittoriche dei maestri del passato gli consente di esplorare nuovi orizzonti rimanendo fedele a se stesso e alla propria unicità creativa. Non dobbiamo dimenticare le sue incursioni nella letteratura con due romanzi che trattano del viaggio dei suoi protagonisti, Hebdomeros (1929) e
DA MONET A PICASSO
Dal 4 febbraio al 7 maggio – Palazzo Barolo - Torino
La mostra evento che racchiude le opere originali dei maggiori protagonisti della storia dell’arte di tutti i tempi: Monet, Signac, Courbet, Degas, Cézanne,
Signor Dudron (1945), così come più significativo nel testimoniare il suo «ritorno al mestiere», è nella teoria e nella prassi Il piccolo trattato di tecnica pittorica. Pubblicato nel 1928, è il primo libro di Giorgio de Chirico e insieme l’apice della sua riflessione sulla questione della tecnica, iniziata sulla rivista «Valori Plastici»con il saggio Il ritorno al mestiere del 1919. Il testo di de Chirico è una delle principali fonti per la storia delle tecniche artistiche nel Novecento, concepito come un ricettario in cui l’autore illustra con tono colloquiale i procedimenti esecutivi e i materiali che ha usato testimoniando il confronto incessante con la tradizione. Intanto, nel dopoguerra de Chirico si stabilisce con Isabella definitivamente a Roma, dove prosegue quell’evoluzione barocca che per la critica è un’involuzione, concentrandosi ostinatamente sulla ricerca della “bella materia” e prendendo a modello i grandi maestri del passato che hanno eccelso nella tecnica. Il suo interesse si concentra sui virtuosi della pennellata veloce e fluida, quelli più spettacolari del Seicento ma anche di epoche successive: da Tiziano a Tintoretto, a Rubens, Van Dyck, Velázquez, Fragonard, Delacroix, Renoir e altri ancora. Una fase che si estenderà fino alla fine degli anni Cinquanta, causandogli l’aumento dell’incomprensione e dell’ostilità dei critici, ai quali, dal canto suo, risponderà sempre con il consueto sarcasmo e talora con esacerbato spirito polemico. La mostra è accompagnata da un ampio catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi di Francesca Bogliolo, Mauro Pratesi e Elena Pontiggia, a cui si aggiunge un importante contributo di Renato Barilli, che testimonia l’intuizione risalente al 1973-74 sul valore della Neometafisica.
A Palazzo Barolo un racconto visuale in sessantatré opere, una collezione che sarà un viaggio composito nella storia dell’arte internazionale, ma anche una suggestione culturale su una scena artistica e realtà museale poco conosciuta, come la Johannesburg Art Gallery.
La mostra riflette, di fatto, proprio il percorso di crescita artistico-culturale della città di Johannesburg e in particolare della JAG, Johannesburg Art Gallery, fondata nei primi anni del 1900 dalla collezionista Dorothea Sarah Florence Alexandra Ortlepp Phillips, meglio nota come Lady Florence Phillips, con l’intento di trasformare un centro minerario, cresciuto intorno alla ricchezza dei suoi giacimenti, in una città improntata sui modelli delle capitali europee, con un museo che non fosse solo uno spazio nel quale raccogliere opere d’arte ed esporle, ma un luogo per la società civile, dove fare e promuovere cultura; un riferimento per tutti, non solo per gli appassionati d’arte. L’obiettivo di lungo termine era
quello di preparare la strada per la crescita di una Scuola d’Arte Sudafricana, incentivando gli artisti locali, per una crescita culturale di tutta la popolazione.
La mostra sarà aperta:
Dal Martedì al Venerdì 10:00 – 17:30
Sabato e Domenica 10:00 – 18:30
Lunedì chiuso
Ultimo ingresso consentito in mostra un’ora prima dell’orario di chiusura.
Per maggiori informazioni è attivo il numero 340/7704222 nei seguenti orari:
dal martedì al venerdì dalle 10 alle 17.30
sabato e domenica dalle 10 alle 18.30
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Sisley, Derain, Picasso, Matisse, Rossetti, Modigliani, Bacon, Warhol, Lichtenstein, Kentridge.
IL GIARDINO GLOBALE
L’Arte per la sua carica di resilienza sia esecutiva che ideale crea opere che onorano i principi cardini della sostenibilità dell’ambiente perché da sempre ha a cuore la sinergia tra uomo e natura, dedicandosi sul piano iconografico ad atti contemplativi o di denuncia sociale per ispirare il sentimento di tutela e cambiamento culturale.
L’artista planetario non può esimersi dal promuovere la cura della biodiversità perchè gli echi del cosmo lo attraggono e lo interrogano sulle essenze degli elementi primigeni alla base di ogni creazione artistica figurativa o astratta in dialogo con l’imperversare della tecnologia. La fisionomia del pianeta è in continuo divenire, dinnanzi a importanticriticità da fronteggiare: dal surriscaldamento climaticoalla deforestazione, dagli eccessi dei consumi di massa nel mancato riciclo alla difficile gestione delle risorse energetiche, dai fenomeni dell’inquinamento dell’aria a quello degli oceani nell’estinzione progressiva delle specie animali. Tali sfide globali rappresentano motivi ispiratori per recuperare uno sguardo educativo sul reale che si esplicita nella visionarietà dell’artista che, con la sua tensione estetica nell’universo delle forme, intende amplificare le energie armoniche nel rispetto della salvaguardia degli ecosistemi,assumendo il ruolo di “green influencer” verso un nuovo modello di sviluppo ecologico.
Gilles Clément, agronomo, biologo, entomologo, scrittore è un noto paesaggista di fama europea, insegnante all’Ecole nationaledupaysage di Versailles, teorizzatore del “Giardino planetario”, del “Giardino in movimento”(2011) e delManifesto di“Terzo paesaggio”(2005):egli individua nei luoghi abbandonati dall’uomo, riserve naturali, grandi aree disabitate del pianeta, aree industriali dismesse, la crescita spontanea di rovi, sterpaglie, erbacce che attestano il trionfo di una natura che sa riscattarsi e riaffiorare in una sorta di“Elogio delle vagabonde: erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo”( 2010).
La sua filosofia evolutiva della Natura, nell’analizzare lo scontro-incontro tra civiltà e ambiente, inneggia allaBiosfera che, nonostante sia sottoposta a emergenze climati-
che, risponde con la resilienza delle specie botaniche in luoghi incolti, laddove labiodiversita’ avanza seguendo un“caos poetico” da osservare e tutelare. L’artista, seguendo gli input emozionali e cognitivi di uno sguardo che non sa prescindere dall’unicità fenomenicadel reale nelle diverse epoche storiche, in sintonia con le corrispondenze stilistiche abbracciate, alternando processi esecutivi ora tradizionali ora avanguardistici (Land Art - Arte povera -Wind Art), mette in opera iconografie rispondenti alla diversificazione della cultura del paesaggiosecondo i riverberi della coscienza nella pluralita’ dei climi estetici. L’iconologia del “giardino”sul piano interculturaletra “sacro e profano” ha acquistato le valenze etiche di luogo paradisiaco e rifugio spirituale per recuperare il rapporto simbiotico con Madre Natura e tornare in contatto con il tempo reale dei cicli stagionali. Grazie ad una sharyng economy, occorre trasformare il pianeta in un giardino inclusivo e vitale che si integri con le aree abitate e quelle industriali nel rispetto dei ritmi biologici, oasi mutevole e cangiante in cui permanga la cura dell’ambiente, allegoria della corrispondenza fra il nostro esistere ed il ciclo universale della vita: seminazione, nascita, sviluppo, maturazione quale specchio dell’anima che sfocia nel simbolismo onirico : “Luogo della crescita, della coltivazione dei fenomeni interiori della vita”( ErnstAeppli)
SILVIA RANZI
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Bologna – Fattori
L’umanità tradotta in pittura
Dal 16 dicembre 2022 al 1 maggio 2023
La prestigiosa sede espositiva di Bologna, Palazzo Fava, ospita la mostra monografica dedicata ad un importantepittore del Novecento, esponente del movimento macchiaiolo toscano e artista inimitabile ed innovatoredella pittura italiana dell’epoca, confinata nelle secche dell’accademismo: si tratta del livornese Giovanni Fattori (1825-1908). Questo artista è di modeste origini ma è dotato di gran talento; possiede una rigorosa formazione pittorica, arricchita dalle nuove idee circolanti a Firenze dove prende dimora. Si incontra con giovani artisti portatori di vivaci fermenti creativi e frequentatori assidui del Caffè Michelangelo diFirenze che diviene famoso proprio per il singolare clima di scambi culturali innovativi che lì hanno luogo e che lo contraddistinguono. Fattori si dimostra pienamente immerso nel contesto della sua epoca caratterizzata da violenti contrasti e rapidi mutamenti sociali. La sua arte non viene compresa subito per via di una modernità di linguaggio che non rispecchia i gusti di un insegnamento ufficiale ancora assai radicato nell’Italia postunitaria: egli è un artista pienamente europeo, ancor prima che italiano. Ha saputo raccontare un difficile periodo e non bastano le grandi tele delle battaglie risorgimentali a caratterizzarlo, la mostra intende connotarlo come il creativo che “traghetta” la nostra pittura verso la modernità che consiste nell’essere capace di cogliere l’immutabilità del sentimento umano dietro la contingenza. Nella prima mostra bolognese di 50 anni fa spiccano opere di ricerca sul tema della pittura a macchia come “Soldati francesi” del ‘59 o l’inedito “In marcia”. L’introspezione raggiunge il massimo livello nei ritratti fra l’ottanta e il novanta dell’Ottocento. E diventa cronista di personaggicome “Il buttero”o “Lo scialle rosso”, lavori nei quali si avverte marcatamente l’accento verista toscano.Il paesaggio, invece, siafferma come protagonista centrale in opere realizzatenel periodo di frequentazione
diCastiglioncello,amato paese disoggiornodove si ritrovano diversi altri pittori, tutti ospitatinella casa del comune amico e protettore, Diego Martelli.
La rustica e genuina Maremma nativa sarà al centro della sua narrazione specialmente nell’ultimo periodo di vita del pittore; tra le opere messe in particolare risalto ci sono: la mena in Maremma, Viole e buoi, Lo spaccapietre. La rassegna comprende oltre settanta opere fra dipinti, incisioni e disegni; la maggior parte dei lavorisono opere di proprietà privata, gentilmente concessi per l’occasione; il percorso espositivo segue l’intera evoluzione creativa della pittura di Fattori ed è di ordine tematico: la macchia, la nascita di una nuova arte, il tema militare come documento di storia e vita contemporanea, i paesaggi e gli animali, creature amiche.Fattori ha un atteggiamento di amore e disincanto nei confronti della natura verso la quale non ha un atteggiamento idealista bensì un legame che non gli impedisce di vedere le dure condizioni di vita dei contadini così come si dimostra altrettanto sensibile verso i soldati del Risorgimento ed è per nulla celebrativo nei suoi quadri, anzi egli mostra la fatica dei militari durante le ordinarie funzioni quotidiane. Intanto, col passare del tempo, gli ideali risorgimentali si affievoliscono enell’animo dell’artista resta la tristezza nell’assistere agli esiti fallimentari delpassato pieno di progetti; inoltre anche la sua situazione economica è precaria. I paesaggi maremmani in tarda età sono capolavori altamente drammatici. Basti ricordare “Lo staffato” e la “Libecciata”.La mostra mira anche a evidenziare in Fattori quell’inquietudine, racchiusa nelle sue opere, che locaratterizzano come un precursore del malessere che
saràtipico degli artisti del Novecento e di oggi. Egli,oltre ad essere un innovatore per quanto concerne il linguaggio pittorico (non compreso fino in fondodurante gli anni della sua vita), è pertanto un personaggio profondamente attuale dal punto di vista umano.E’un’esposizione, se possibile, che merita di essere visitata.
Palazzo Fava-Palazzo delle Esposizioni Via Manzoni 2 - 40121 Bologna Realizzazione GenusBononiae con la collaborazione del Palazzo Meucci
Curatela: Claudia Fulgheri- Elisabetta Matteucci, Francesca Panconi, tre studiose di Fattori Costo 15 euro intero- 13 euro ridotto Orario 09.99/19.00 tutti i giorni, lunedì chiuso Tel. informazioni 39 051 19936 365 Sito ufficiale http://genusbononiae.it Catalogo Skira con prefazione e postfazione di Pupi Avati
“Il realismo può e deve essere magico non se cerca di abbellire la realtà: m solo perché ne rivela il volto segreto” Pupi Avati)
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di Giovanna Arancio
Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque
dal 26 novembre 2022 fino al 10 aprile 2023
La Belle Époque, i salotti, le nobildonne e la moda: è il travolgente mondo di Giovanni Boldini, genio della pittura che più di ogni altro ha saputo restituire le atmosfere rarefatte di un’epoca straordinaria.
Letteratura e moda, musica e lusso, arte e bistrot si confondono nel ritmo sensuale del can can e producono una straordinaria rinascita sociale e civile.
Dal 26 novembre 2022 al 10 aprile 2023 Giovanni Boldini, uno degli artisti italiani più amati di ogni tempo, viene celebrato con una grande mostra a Palazzo Mazzetti di Asti.
Dopo i successi delle mostre Chagall. Colore e magia, Monet e gli impressionisti in Normandia, I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna, la collaborazione tra Fondazione Asti Musei e Arthemisia continua a richiamare folle di visitatori ad Asti.
Il nuovo progetto, a cura di Tiziano Panconi, è dedicato al genio indiscusso di Boldini.
80 magnifiche opere – tra cui Signora bionda in abito da sera (1889 ca.), La signora in rosa (1916), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.) – sono protagoniste di una narrazione cronologica e tematica al tempo stesso. L’esposizione presenta una ricca selezione di opere che esprime al meglio la maniera di Boldini, il suo saper esaltare con unicità la bellezza femminile e svelare l’anima più intima e misteriosa dei nobili protagonisti dell’epoca.
Una mostra che pone l’accento sulla capacità dell’ar-
tista di psicoanalizzare i suoi soggetti, le sue “divine”, facendole posare per ore, per giorni, sedute di fronte al suo cavalletto, parlando con loro senza stancarsi di porle le domande più sconvenienti, fino a comprenderle profondamente e così coglierne lo spirito, scrutandone l’anima. Farsi ritrarre da Boldini significava svestire i panni dell’aristocratica superbia di cui era munificamente dotata ogni gran dama degna del proprio blasone. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze ma, infine, concedersi, anche solo mentalmente, facendo cadere il muro ideologico dell’alterigia, oltre il quale si celavano profonde fragilità.
La mostra Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque con il contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Asti, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, in collaborazione con Arthemisia, con il patrocinio della Provincia di Asti, sponsor Banca di Asti.
Per informazioni e prenotazioni:
Tel. 0141 530403
Cell. 388 1640915
info@fondazioneastimusei.it
Prima di indicare il salto della mente oltre la soglia del sensibile, la parola “astrazione” suggerisce sul piano etimologico un processo di separazione, se non di vera e propria “estrazione”, di una parte dal tutto a cui appartiene. Come dire, in altre parole, che l’astrazione non consiste in una negazione di ciò che è dato sull’orizzonte del visibile e tantomeno in un vagare senza mèta in uno spazio illimitato. Si tratta, invece, della capacità sottile di guardare attraverso le cose, traendone l’essenza e le ragioni nascoste. È quanto accade nell’opera di Franco Margari dove tutto ciò che richiama l’ambiente naturale – orizzonti, colori, riflessi di luce – altro non è se non il risultato di una “estrazione” di senso e di valori espressivi che, desunti dall’osservazione del paesaggio, non solo diretta ma anche mediata dalla migliore tradizione pittorica, confluiscono in una dimensione che non appartiene più alla sfera del visibile, dell’esperienza estetica o contemplativa, ma procede dalla percezione all’interiorizzazione del dato naturale. In questo caso, quindi, parlare di astrazione vuol dire riferirsi anzitutto alla decostruzione dell’idea stessa di paesaggio che nelle opere di Margari non è più un luogo collocabile nel tempo e nello spazio, ma è un condensato di memorie, pensieri, suggestioni liriche, stati interiori. Non è la natura in quanto tale l’oggetto di interesse, ma è l’utopia che al concetto di natura si lega quando l’immagine dipinta diventa rivelazione del non visibile o, per meglio dire, di un “vedere” che va oltre, facendo coincidere la natura con l’idea più profonda ed organica dell’esistere. A questa identificazione si deve il carattere per così dire “magmatico” del colore, il sobbollire di armonie e dissonanze – non prive di una vera e propria partitura musicale – che suggeriscono il divenire continuo, sull’epidermide del dipinto, di verità fragili, apparizioni inattese, crepuscoli di luce pronti a dissolversi. È la seduzione della pittura quella che Margari ci invita a considerare, il suo farsi “evento” sullo specchio riflettente della lamina metallica che accoglie e restituisce le stesure di colore permeandole di un’intensa quanto can-
giante profondità luminosa. Non è un semplice sommarsi di materia e luce, superficie e colore, realtà riflessa e miraggio interiore, ma è il germogliare di una condizione dello sguardo che consente di “vedere” e di “vedersi” per tramite della pittura, di coniugare l’istante della percezione e l’assoluto del pensiero in un linguaggio che da sempre interroga la poesia dell’indefinito.
Daniela Pronestì
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FRANCO MARGARI
MILANO. DA ROMANTICA A SCAPIGLIATA
Dal 22 Ottobre 2022 al 12 Marzo 2023
Castello di Novara - P.za Martiri della Libertà 3 - NOVARA
Attraverso una settantina di capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano, la rassegna che il Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte propongono per l’autunno 2022 si prefigge di illustrare i mutamenti susseguitesi nella città meneghina tra i secondi anni dieci e gli anni ottanta dell’Ottocento. Decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno d’Italia napoleonico, la costituzione del Regno Lombardo Veneto e la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione. Le trasformazioni che già in epoca teresiana avevano iniziato a modificarne sensibilmente l’aspetto monumentale ed urbanistico erano proseguite senza soluzione di continuità durante gli anni della Repubblica Cisalpina, del Regno d’Italia, della Restaurazione e del Risorgimento e avevano fatto di Milano una città moderna, bellissima, crocevia di genti, di culture, di arte. Una città elegante che avrebbe continuato a rinnovarsi anche nei decenni post-unitari, si pensi alla demolizione del Coperto dei Figini in Piazza Duomo (1864), alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele e all’ideazione della Piazza del Teatro, nel 1865 battezzata Piazza della Scala, all’abbattimento del Rebecchino (1875). Una città culturalmente assai vivace, frequentata da viaggiatori stranieri e abitata da un facoltoso ceto borghese, ma nel contempo anche un luogo in cui le differenze sociali cominciavano via via
a farsi sempre più marcate e nella quale gran parte della popolazione viveva in povertà. Il percorso espositivo sarà articolato in sezioni che seguiranno l’andamento delle sale del Castello Visconteo Sforzesco e ripercorrerà l’evoluzione della pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura, fenomeno culturale nato a Milano negli anni sessanta che coinvolgeva poeti, letterati, musicisti, artisti uniti da una profonda insofferenza nei confronti delle convenzioni della società e della cultura borghese.
Il visitatore sarà accolto nel Castello Visconteo Sforzesco da uno straordinario capolavoro ispirato ad un romanzo di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei o Le fazioni di Bologna nel secolo XIII. Cronaca di un Trovatore di Defendente Sacchi (1796-1840), opera, come specifica l’autore nel dedicarla all’amata moglie Erminia, già condotta a termine nel 1825 ma pubblicata solo nel 1830.
Firmata da Francesco Hayez (1791-1882), l’Imelda de Lambertazzi in mostra è stata eseguita nel 1853 per il collezionista monzese Giovanni Masciaga. Storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio era stata oggetto di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi ed Hayez aveva affrontato il fortunato soggetto già negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822), poi per Francesco Crivelli (1829).
Facendo leva su un espressionismo cromatico di forte impatto emotivo, ancora una volta Letizia Caiazzo, assoluta protagonista dell’arte digitale italiana, nel trattare il tema femminile a lei caro, in quest’opera evidenzia sentimenti di smarrimento che inducono il personaggio nella quiescenza della postura alla meditazione e alla consapevolezza della propria condizione sociale fatta purtroppo di solitudine e di abbandono. Comunque sempre evidente nell’artista l’ accentuata volontà di esternare dignità e compostezza che
rende ogni sua creatura icona di fierezza cui si deve rispetto e ammirazione. Leo Strozzieri
Sito: https://www.letiziacaiazzo.com/ mail: letiflac@libero.it
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Francesco Hayez, Imelda de Lambertazzi, 1853
Letizia Caiazzo
Aspettando cm. 50x70 painting digital
FRANCESCO FILIPPELLI
pittore chimico alla Galleria Spazio 57 con Frammenti di Temporama Alchemico
Grande successo alla Galleria d’arte “Spazio 57”, dove per l’affollata mostra d’arte contemporanea “Frammenti di Temporama Alchemico” di Francesco Filippelli si proroga fino al prossimo 18 febbraio . Un evento artistico di sicuro interesse che, nello spazio di via Chiatamone 57 a Napoli, con il sottotitolo “Il Bello e i suoi salti immortali” sta raccogliendo giorno dopo giorno un numero straordinario di visitatori. L’esposizione dei quadri di Filippelli curata da Irene Prokulevych, rappresenta come afferma lo stesso artista “un passo che, in pittura, non era mai stato compiuto prima d’ora: abbattere il muro dell’atemporalità”.
«Temporama - ha detto il chimico con l’”ossessione” della
pittura - nasce da un’analogia con il termine ‘panorama’, infatti, come affacciandosi a contemplare un panorama è possibile cogliere un’ampia porzione di spazio, considerando il tempo come una dimensione è possibile affacciarsi mentalmente su una linea che si estende dall’origine dell’Universo fino alla sua remota fine, e in cui noi, nel presente, occupiamo solo un punto infinitamente piccolo. In questa visione un periodo (‘frammento’ appunto di temporama) non è visto necessariamente nel suo svolgersi univoco ma può essere osservato come un tutt’uno, in cui ogni momento è parte di un unicuum percettivo». «Restituire ciò artisticamente - ha detto ancora Filippelli- richiede l’accesso ad una realtà interiore, reale tanto quanto quella fisica».
È dunque attraverso un processo chimico, che potremmo definire alchemico (in quanto l’alchimia è trasformazione spirituale oltre che materica) che l’autore riesce a portare alla luce dipinti su tela che mutano sotto gli occhi dell’osservatore, una trasformazione puramente pittorica, senza l’ausilio di strumenti digitali. Dipinti, quelli di Filippelli, nati da un processo alchemico che ci svelano una trasformazione bidirezionale, distesa davanti a noi, mutevole eppure atemporale nel suo mutamento: frammenti di temporama di un tempo interiore, spirituale, svolto e riavvolto nell’esecuzione dell’opera, un periodo percettivo che, come un ologramma, racchiude in ogni suo punto l’anima intera.
«Osservando i ritratti di Filippelli - ha detto Filippo Petrella della Galleria “Spazio 57”- ci si rende conto in maniera inequivocabile che il concetto di nuovo in pittura è ancora possibile. Un limite ci pone sempre di fronte una possibilità: quella di valicarlo, ma perché questo sia possibile dobbiamo riconoscere i muri che si pongono innanzi, comprenderne a fondo la natura. In questo caso Filippelli ci è riuscito benissimo percorrendo cosi una strada nuova e originale».
cataloghi d’arte a cura del Prof. Vittorio Sgarbi. Sempre nel 2020, in visita nella Cappella Sansevero, osservando il ritratto del Principe Raimondo di Sangro coglie il segreto alchemico per la trasformazione dei dipinti, a cui lavorerà per i tre anni successivi così da perfezionare la tecnica del ‘Temporama Alchemico’ e realizzare i primi sei ritratti in trasformazione. Attualmente Francesco affianca la professione di pittore a quella di docente di Matematica e Scienze. Oltre l’ossessione per la pittura, è appassionato di fisica quantistica, arte marinaresca e tabacco.
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Francesco Filippelli è un Pittore e Chimico nato a Napoli nel 1993, di origini calabresi. Fin da piccolo dimostra una preferenza espressiva confluita verso le arti visive, che troverà pieno sbocco quando a 14 anni studierà a bottega dalla pittrice Francesca Strino. A 18 anni si accorge dell’evanescenza illusoria della realtà percepita, e spinto dalla volontà di liberarsi da questa angoscia nichilista intraprende gli studi sull’universo materiale, iscrivendosi alla facoltà di Chimica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dal 2010 partecipa a diverse esposizioni collettive in tutta Italia. Nel 2018 realizza la sua prima esposizione personale presso Palazzo Venezia, a Napoli. Nel 2020 espone al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) con una personale dal titolo ‘I 7 Mari’. I suoi lavori compaiono in diverse riviste d’arte contemporanea e in alcuni
SPAZIO 57 - via Chiatamone, 57 - Napoli - Campania
• Quando: dal 07/01/2023 - al 18/02/2023
• Vernissage: 07/01/2023 ore 17,30
• Autori: Francesco Filippelli
• Generi: arte contemporanea, personale
• Orari: Martedì - Venerdì 14.30-19.30, Sabato 10.00-19.30
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93474 - Frammento di temporama alchemico riflesso allo specchio acrilico su tela - cm 696x385
francesco filippelli
93474 - Frammento di temporama alchemico riflesso allo specchio - acrilico su tela - cm 696x385
ARTEMISIA GENTILESCHI
alle Gallerie d’Italia in Via Toledo - Napoli
Artemisia Gentileschi fu una delle poche pittrici donne del ‘600, nacque a Roma nel 1593 e morì a Napoli nel 1653 lasciando in questa città molti suoi capolavori. La mostra alle Gallerie d’Italia ci descrive del doppio soggiorno della Gentileschi a Napoli, che vi rimase tra il 1630 e il 1654 e che fu interrotto solo da un viaggio a
Londra tra il 1638 e il 1640. La mostra napoletana è la prima esposizione monografica così ampia mai realizzata in città sulla Gentileschi che fu una grande artista del 600, ed una delle poche donne che spiccò nel mondo maschile della pittura.
Questa grande mostra nasce come approfondimento dell’esposizione monografica dedicata all’artista alla National Gallery di Londra nel 2020, e vede la consulenza speciale di Gabriele Finaldi e la curatela di Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio.
visitabile da martedì a venerdì dalle 10:00 alle 19:00 Sabato e domenica dalle 10:00 alle 20:00 Dal 03/12/2022 al 30/03/2023
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Hendrick De Somer Lot e le figlie
Artemisia Gentileschi - Susanna e i vecchioni
Artemisia Gentileschi - Giuditta Oloferne - Oslo
Artemisia Gentileschi - Sansone e Dalila
Artemisia Gentileschi - Santa Caterina Artemisia Gentileschi - Giuditta Ancella Capodimonte
Paolo De Matteis : Santa Maria Maddalena e Santa Dorotea (1722 – 1722)
L’opera è conservata presso Palazzo Arnone, sede della Galleria Nazionale di Cosenza. La provenienza è ignota. Secondo gli studi condotti da Giorgio Leone , il quadro aveva qualche legame con il Monastero delle Clarisse di Cosenza dove Santa Maria Maddalena era venerata tra i secoli XVII e XVIII.
Fu realizzato a Napoli e poi inviato a Cosenza. Riconoscibile lo stile del pittore, anche senza la sua firma, per l’utilizzo delle stesse fisionomie in tutte le opere come i graziosi bambini, l’angelo che sorregge Maria Maddalena, l’angelo in volo che porge un cesto di fiori a frutti a santa Dorotea. Il pittore pone grande attenzione ai dettagli come le spille, la colonna e gli orecchini indossati da Dorotea che creano un effetto policromo.
In alcune zone il dipinto appare monocromo, come nell’estasi della Maddalena che possiede gli stessi toni del fondo.
Santa Dorotea invece crea uno stacco di colore.L’angelo in volo le porge un cesto, attributo della santa in memoria di quanto accaduto con Teofilo.
Dorotea è la patrona di Pescia, dei giardinieri, dei fiorai, dei birrai e dei giovani sposi. Vergine e martire. Di fede cristiana, nonostante la giovane età Dorotea godeva già di grande fama tra la sua gente, che la considerava “traboccante di purezza e carità”. La sua fama giunse fino al procuratore Sapricio, che decise di metterla alla prova chiedendole di effettuare sacrifici per gli dei pagani. Dorotea non cedette a quelle richieste e si rifiutò, ricevendo in cambio indicibili torture. Per convincerla ad acconsentire al sacrificio per gli dei pagani, Sapricio la affidò a due sorelle apostate, Criste e Callista. Il loro era quello di convincere Dorotea ad abbandonare la fede in Cristo ma accadde il contrario e così le due sorelle vennero arse vive.
Fallito il suo intento, Sapricio condannò a morte Dorotea ma mentre si recava sul luogo del suo martirio invocò il nome di Gesù Cristo. Lungo il cammino, l’invocazione di Dorotea viene udita da Teofilo, un avvocato pagano, che la derise: “Sposa di Cristo, mandami delle mele e delle rose dal giardino del tuo sposo”. La giovane devota accettò la proposta di Teofilo e quando a lei si avvicinò un bambino poco prima della decapitazione, recante con sè tre rose e tre mele, lei lo invitò a portarle all’avvocato pagano che poco prima l’aveva derisa. Teofilo credette al prodigio e si convertì alla fede cristiana ma questo gli rimediò una denuncia a Simpricio e la stessa condanna impartita a Dorotea. Anche Teofilo fu torturato e decapitato . Paolo De Matteisa Napoli si dedicò alla pittura. I suoi maestri furono Francesco Di Maria e Luca Giordano. Nel 1682 a Roma fu introdotto agli ambienti dell’Accademia di San Luca.Fu un pittore girovago: dal 1703 al 1705, De Matteis lavorò a Parigi sotto la protezione di Luigi XIV[1]. Tra il 1711 e il 1713 è attestato più volte in Puglia, e soprattutto affrescò la cupola del Cappellone di San Cataldo a Taranto.Ritornato a Napoli, dipinse schemi decorativi per chiese napoletane, tra cui le decorazioni nella Chiesa del Gesù Nuovo nell’omonima piazza di Napoli. Tra il 1723 e il 1725, De Matteis visse a Roma, dove ricevette una commissione da papa Innocenzo XIII.Operò anche in Austria, Spagna, Inghilterra, e Francia. Il De Matteis si sposò in prime nozze con Rosolena Perrone, figlia dello scultore Michele, ed ebbe tre figlie, tutte avviate alla pittura. Morì a Napoli nel 1728 ed è sepolto nella Chiesa della Concezione al Chiatamone.
Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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Paolo De Matteis
de matteissanta dorotea e maria maddalena
Morte di San_Nicola - De Matteis
Francesco De Mura:
“la Guarigione del cieco nato” della Galleria Nazionale di Cosenza
La tela è datata 1760-70. La narrazione della ‘Guarigione del cieco nato’ è semplice ed efficace ed è ambientata in uno spazio definito a sinistra da colonne classiche scanalate. A destra invece sorge un paesaggio verdeggiante. In primissimo piano Gesù, il cieco e un anziano. Sul volto dell’anziano e degli altri personaggi in basso a sinistra è palese la perplessità e la sorpresa per il miracolo. La luce che si irradia da sinistra illumina il gruppo sottolineando il momento importante. Le tre figure formano uno schema romboidale. Le pennellate sono precise e i toni freddi e brillanti. La Guarigione del cieco nato è raccontata da Giovanni che dedica a questo miracolooperato da Gesù a Gerusalemmeun intero capitolo.
Giovanni illustra come Gesù sputa per terra e poi con la saliva produce un po’ di fango, lo cosparge sugli occhi del malato, mandandolo poi a lavare nella piscina di Siloe, poiché, come sappiamo dal Talmud, presso i Giudei le unzioni con la saliva erano ritenute salutari per i malattie degli occhi e la medicina empirica del Medioevo non vi aveva trovato niente da ridire. Tuttavia nel lungo racconto
di Giovanni ciò che prevale è l’importanza della fede, che permette di distinguere tra cecità fisica e morale. Legato alle profezie bibliche e alla ‘vista spirituale’, il miracolo della guarigione di uno o più ciechi è uno dei più popolari e anche nella storia dell’arte ha conosciuto una notevole diffusione.
Francesco De Mura dopo aver frequentato per circa un anno la bottega di Domenico Viola, entrò a far parte dello studio di Francesco Solimena. L’influenza del Solimena e della sua tecnica pittorica si vede in maniera evidente nei dipinti risalenti al periodo 1720-30, tra le quali è da annoverare il Cristo morto in croce con san Giovanni del 1713 dipinto nella Chiesa di San Girolamo alle Monache. Nell’Immacolata e angeli (1715-1718), dipinta per la Chiesa di Santa Maria Porta Coeli a Napoli (ora nella Sacrestia del Divino Amore), già si vede il suo distacco dallo stile di Mattia Preti (impartitogli da Domenico Viola) verso un graduale schiarimento della sua tavolozza. Nel S. Antonio da Padova della pinacoteca del Pio Monte della Misericordia e nella Madonna col Bambino e s. Domenico
del Museo Duca di Martina (Villa Floridiana) si procede verso il Rococò e il metodo di Luca Giordano. Verso il 1723 gli furono commissionate le tre tele per la cappella di S. Paride nella cattedrale di Teano, prima delle sue più grandi commissioni. Nel 1727 sposò Anna d’Ebreù. A partire dal 1728, con i dipinti per la Chiesa di Santa Maria Donnaromita il De Mura iniziò a mostrare un percorso pittorico più personale, forse anche influenzato dalle tematiche arcadiche in voga a Napoli in questo periodo.Dal 1741 al 1743 soggiornò a Torino dove ebbe modo di conoscere il pittore Corrado Giaquinto e l’architetto Benedetto Alfieri.Tornato a Napoli fu accolto da un vasto consenso al punto da essere ricevuto alla corte spagnola e mantenne contatti con diversi artisti attivi soprattutto a Roma, in particolare con il pittore francese Pierre Subleyras. Con la sua tecnica cromatica influenzò i contenuti realistici tipici del classicismo-rococò il Settecento artistico napoletano. La scuola barocca, in particolare dei maestri Francesco Solimena e Luca Giordano, è evidente nelle sue opere laiche - quali gli affreschi dei palazzi reali di Torino e Napoli - ed ecclesiastiche, come l’Epifania nella Nunziatella a Napoli, la decorazione della Chiesa di Santa Chiara a Napoli e la Moltiplicazione dei pani nella cattedrale di Foggia.Alla sua morte lasciò tutte le opere e i bozzetti in suo possesso alla storica istituzione di carità del Pio Monte della Misericordia di Napoli.Nella sua fiorente bottega si formarono quattro protagonisti dell’ultima fase della stagione rococò a Napoli (in quanto molto attivi nella decorazione degli edifici borbonici e degli appartamenti della migliore aristocrazia napoletana): Pietro Bardellino, Fedele Fischetti, Giacinto Diano e Girolamo Starace-Franchis. Altri allievi comunque validi, ma impegnati a soddisfare principalmen-
te “committenze periferiche” furono: Oronzo Tiso, Nicola Peccheneda, Nicola Menzele (1725-1789), Romualdo Formosa, Vincenzo Cannizzaro, Vincenzo De Mita (17511828), Francesco Palumbo e Luigi Velpi. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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Francesco De Mura
Francesco De Mura - Il cieco risanato
Francesco de Mura - Self-Portrait - 62.48Minneapolis Institute of Arts
800px - Adorazione dei Pastori
al MUCEB di Burgio
MUCEB - Museo della Ceramica di BurgioBurgio (Ag)Dal 30 novembre 2022 al 26 aprile 2023
Dal martedì alla domenica, 9.00 - 13.00 e 15.00- 19.00
Info al numero 0925 65052
Trentotto opere di Salvatore Rizzuti, in legno e terracotta, di medie e grande dimensioni, in esposizione dal 30 novembre al 26 aprile al MUCEB - Museo della Ceramica di Burgio (Agrigento), in piazza Santa Maria.
“Le mille forme dell’anima”, a cura di Vito Ferrantelli, è visitabile dal martedì alla domenica, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, con giorno di chiusura il lunedì.
Sculture controcorrente, basate sulla valorizzazione della figura, partendo dai maestri antichi e moderni, nell’urgenza di comprensione della natura umana. Espressione della realtà fenomenologica con corpi che trasformano la materia in carne pulsante di passioni.
Si intitola “Teatros” la personale dell’artista spagnolo Pedro Cano che si inaugura giovedì 19 gennaio alle 12.30 nelle sale di Palazzo Ciampoli a Taormina.
“Teatros” è un omaggio alla cultura del “Grand tour” che caratterizzava l’esperienza di viaggio nel ‘700 e si sviluppa attorno a sedici grandi acquerelli dedicati ai siti archeologici di otto Paesi attraverso cui l’artista offre la sua lettura della millenaria storia del Mediterraneo.
Dal teatro di Petra, in Giordania, a quello di Cartagena, in Spagna. E poi l’Odeon di Alessandria in Egitto e i teatri in Siria, Turchia, Grecia, Libia. Infine l’Italia con Ostia Antica, Villa Adriana e Taormina.
E proprio all’interno del Teatro di Taormina, durante le giornate del 18 e 19 gennaio, Pedro Cano tiene due giornate di lezioni di pittura en plein air a partecipazione gratuita. Il link per iscriversi al corso si trova sul sito del Parco Naxos Taormina (parconaxostaormina.com).
La mostra è visitabile tutti i giorni, fino al 19 marzo, dalle 9.00 alle 16.00, con ingresso gratuito.
Palazzo Ciampoli - Taormina (Me)
Dal 19 gennaio al 19 marzo 2023
Dalle 9.00 alle 16.00
Info: parconaxostaormina.com
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“Le mille forme dell’anima”: opere in legno e terracotta di Salvatore Rizzuti
Pedro Cano con alcune delle opere del ciclo “Teatros”
“Teatros”: gli acquarelli dei teatri di pietra di Pedro Cano in mostra a Taormina