

Hanno collaborato:
Giovanna Alberta Arancio
Monia Frulla
Rocco Zani Miele
Lodovico Gierut
Franco Margari
Irene Ramponi
Letizia Caiazzo
Graziella Valeria Rota
Alessandra Primicerio
Enzo Briscese
Giovanni Cardone
Susanna Susy Tartari
Cinzia Memola
Concetta Leto
Claudio Giulianelli
Rivista20 del Centro Culturale Ariele
Presidente: Enzo Briscese
Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì
tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com
www.facebook.com/Rivista20
La suggestiva pittura dell’ultimo ciclo tematico di Enzo Briscese centra un nodo cruciale e lacerante della realtà odierna, ossia la “comunicazione”,peggiorata anche dall’inaspettato dramma della separatezza sanitaria di lungo periodo per la pandemia da covid, a cui abbiamo sopra accennato. Questo nodo centrale, toccato dall’arte di Briscese in uno dei suoi aspetti più conturbanti, contribuisce ad originare la scarsa qualità della vita dei giovani. L’artista si accosta con un’attenzione discreta, un interesse partecipato e preoccupato. Egli dipinge cioè con delicatezza la precarietà comunicativa vissuta dai ragazzi di adesso. Nei suoi quadri essi sfilano con i telefonini in mano. Tali opere sono la messa a fuoco di una realtà e una dinamica inquadratura che non diventa mai un banale sfogo per provocare una delle tante denunce lamentevoli.Enzo Briscese, pittore, vive nelsuo tempo e lavora con gli strumenti che gli competono: tele, colori, e infine quadri che parlano. La concezione di libertà è strettamente legata al rispetto: riteniamo pertanto che prima i giovani necessitino di amorevoli e competenti guide e in seguito abbiano bisogno di
un inserimento critico nella collettività attiva in un clima che è sicuramente problematico ma dovrebbe essere anche di dialogo fattivo. Il ciclo pittorico “I ragazzi del duemila” introduce lo spettatore nella nuova fase artistica di Briscese, evidenziata da una felice presenza di un dinamico figurativo, valorizzata da una ricca tavolozza e da un’elaborata composizione. Il suo complesso linguaggio pittorico è più vitale che mai, “metabolizzato” all’interno del quadro. Le figure sono dapprima sommerse da un confusivo caos di immagini e informazioni mentre negli ultimi lavori si configura un particolare assestamento stilistico. La rappresentazione del giovane evidenzia la sua fuga dall’oppressione che lo attornia e le ultime tele mostrano uno spazio vuoto intorno alla figura che rende visivamente il totale “nulla” in cui il ragazzo si rifugia,, ossia un radicale distacco dalla realtà . Si tratta di una fuga illusoria che sul dipinto si colora di tinte pallide e tenui. Questa serie pittorica, visionaria e realista nello stesso tempo, merita di essere messa inmostra e visitata con particolare cura.
Giovanna ArancioNasce a Venosa in Basilicata. Vive e lavora a Torino. Segue i primi studi artistici presso il maestro Lillo Dellino di Bari. Cresce in un ambiente intellettualmente stimolante, frequentato da musicisti, letterati ed artisti.
Nella prima giovinezza si trasferisce a Torino dove frequenta lo studio di disegno del maestro Giacomo Soffiantino e in seguito l’atelier di Giorgio Ramella. Nella città di Torino, dove apre un laboratorio di disegno e pittura, si confronta con diverse ed importanti esperienze nel campo delle arti visive. Fra queste sono da evi-
denziare l’avvio del Centro Culturale Ariele, tuttora vitale, la gestione di spazi espositivi, la realizzazione di unna rivista d’arte diffusa a livello nazionale.
Come pittore elabora, attraverso una personale e rigorosa ricerca, una poetica coerente con il suo impegno sociale ma, soprattutto, capace di comunicare la sua forza espressiva grazie alla resa sicura del segno e ad un colorismo raffinato. I cicli tematici si susseguono declinando diversi linguaggi all’interno dei percorsi del figurativo e dell’astratto, densi di rimandi storici e di sapienti contaminazioni.
L’intimità di dialoghi perduti in un “tempo contemporaneo” che inizia a scorrere forse troppo velocemente. Una spiritualità interiore, viene rappresentata attraverso dipinti ad olio e carta che ci parlano di uomini e donne, che vivono nel nostro tempo. Lacerazioni dell’anima. Speranze ricercate, per poi essere ritrovate. La pittura di Aurora Cubicciotti si muove in un contesto sociale, poco esplorato dagli altri Artisti. L’idea di pittura classica tradizionale, viene abbandonata, per dare maggiore spazio a quel processo di significazione, alla base di ogni lavoro di Cubicciotti. “Mi piace incollare la carta - spiega - e seguirla, perché, a mano a mano che la strappo, è lei a suggerirmi la strada da intraprendere: sono affascinata dall’effetto che si ottiene, restituisce il concetto di non finito, di antico e consumato. La formazione che ho ricevuto, la mia professione da insegnante, la conoscenza del restauro, della chimica dei colori - a volte mi preparo i pigmenti da sola - mi conduce a
sperimentare, a far convivere diversi linguaggi, ad innovare, il tutto senza dimenticare la bellezza delle forme dell’arte classica”. La sua visione artistica è ben delineata: “Serve la tecnica, bisogna studiare le basi per dare corpo e anima alla propria creatività. L’artista - come spiega Aurora - ha il dovere di usare al meglio i propri mezzi espressivi affinché la sua arte agisca fortemente sulla sensibilità dello spettatore; l’opera d’arte deve essere la voce scavata tra i colori che in maniera assillante scuote gli animi umani per obbligarli a vedere la realtà”. Possiamo collocare la pittura di Cubicciotti all’interno dello spazio/tempo Caravaggesco, nel quale la dicotomia buio/luce diventa il punto di partenza per un nuovo racconto pittorico. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si completano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio della pittrice.
Lo sfondo non esiste più. Ci troviamo davanti a un chiaroscuro enigmatico che sollecita l’anima. Una dicotomia che può essere paragonata a quella tra vita e morte. È proprio questo ultimo tema che è al centro dell’ultima analisi pittorica della Cubicciotti. Un mondo contemporaneo che da circa un anno sta combattendo una delle sue più dure battaglie contro un nemico invisibile, il covid19, che sta preoccupando, e non poco, tutto il mondo. Le opere “Andrà tutto bene” e “Amore19” sono la rappresentazione pittorica di questo particolare momento storico. Addormentarci o abbracciarci con la mascherina sarà la nuova normalità? Il grande merito dell’artista è quello di saper narrare, meglio di chiunque altro, il “sociale” nell’arte contemporanea. Un’artista che ho scoperto casualmente e che ho voluto fortemente portare con la sua opera “Il Pulcinella crocifisso” all’inaugurazione del Magma Museum di Roccamonfina. Le pitture di Cubicciotti fanno discutere. Fanno riflettere e pongono interessanti interrogativi. Portano sotto la lente di ingrandimento problematiche legate alla pedofilia, camorra, mafia, corruzione politica, traffico di organi, inquinamento, Auschwitz e le sue memorie. L’arte di Cubicciotti è un’arte di Denuncia. Denuncia i mali della vita e le ingiustizie sociali con le quali noi conviviamo tutti i giorni. Come la più coraggiosa delle eroine, Aurora indossa la sua armatura, impugna il suo pennello e ritrae queste tristi realtà. Il mondo contemporaneo, apparentemente dominato dalla bellezza, ha in realtà dentro di sé un profondo male: un cancro sociale che deve essere combattuto. Come ci ricorda Aurora, la tecnica pittorica deve essere alla base di ogni buona realizzazione; ma questa da sola non basta. Un’opera ha bisogno di sentimento. Un’opera deve saper raccontare. Deve saper “parlare” allo spettatore. Deve
instaurare con esso un dialogo intimo.
Penso che il mondo non abbia più bisogno di iperrealisti del segno; ma che abbia bisogno di chi, ci sappia parlare di ciò che viviamo. Di chi, sia in grado di raccontare la realtà che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare. Una realtà nuda e cruda. Una realtà che può fare paura, ma che deve essere affrontata attraverso il coraggio di chi, come Aurora Cubicciotti, ha deciso di lottare per far sentire il suo “urlo” di giustizia.
mail.: cubyaurora@gmail.com
Sito:
Davanti alle opere di Angelo Buono, c’è da chiedersi dà cosa nasca la sua volontà pittorica, s’è non dal fascino dei colori e della luce. C’è quindi alla radice del suo far pittura un input,una sorta di sollecitazione intrinseca che lo porta ad esplicitare nella sua varietà del segno e nella molteplicità delle assonanze cromatiche,tutto un mondo interiore.
Affiorano così allo sguardo tutta una serie di esplicitazioni spesso decisamente informali perché interviene direttamente nella materia con un segno espressivo e un gesto spontanee, in cui le modulazioni cromatiche stesse sembrano essere ricondotte al servizio di un serrato impianto costruttivo organizzato talvolta su una griglia spaziale,e la fantasia a fare da supporto ideale x questa trascrizione di segni e di impulsi che si rifanno alla sfera tipicamente sensoriale. Sappiamo che segno,e gesto e materia sono alla radice della poetica “informale”, perché un linguaggio del genere nasce e si origina dal dominio della pulsione.
Ebbene in Buono si avverte, sia pure in una alternanza semantica significativa questa condizione particolare,
questo muoversi e voler scoprire un “reale fantastico” ,una trasfigurazione immaginifica, in tal modo l’opera vive allora come in una doppia tensione,tra flusso espressivo e suo annientamento, sulla scia di una intuibile ricerca di dimensioni e di spazi evocativi destinati a respiri più ampi e come se dai gorghi della memoria dovessero emergere i termini di una poetica continuamente oscillante tra visibile e invisibile,tra superficie e profondità.
Alla radice c’è senza dubbio una irrequietezza come supporto ideativo, per cui il rapporto che viene a stabilirsi è attivato al rimando tra fattori di contrazione e di espansione,di parcellizzazione e di ricomposizione globale.
Salvatore Flavio Raiola
mail.: angelo.buono49@gmail.com
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La figurazione è per Buono una necessità primaria, è parte integrante della sua concezione della realtà prima ancora di essere una scelta estetica.Egli è figurativo perché vuole comunicare e rappresentare, perché vuole esprimere sensazioni precise, pensieri precisi non solo stati d’animo o percezioni generiche. Egli è convinto che non si possono esprimere i sentimenti senza dipingere i volti.la figurazione di Buono è una figurazione moderna perché ha saputo assimilare quando di valido c’era nella ricerca artistica
contemporanea, ha tirato il suo bene anche da esperienze che nek suo insieme rifiuta. Il suo colore inscindibile dai valori grafici, privo di sensibilismi e approssimazioni, qualità che fanno si che i suoi quadri assumano caratteri ben definiti di forza, plasticità e di veemente suggestione cromatica. Egli dice: la mia pittura può essere tragica, allegorica,erotica,quasi nichilista, psicologica, ma sempre rigorosamente figurativa.
Gianluigi GuarneriLa bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta.
Dante Alighieri, Inferno, V canto, vv. 31-33
La ricerca di Fausto Beretti è tutta ispirata alla buona tradizione del modellato di figura nel quale è andato specializzandosi in lunghi e proficui decenni d’intensa attività. La passionalità travolgente del suo approccio al lavoro è del tutto sorprendente, anche perché non traspare affatto agli occhi di chi poco lo conosce. Le figure paiono quasi modellarsi da sole sotto le sue mani. Il facitore disegna, dipinge, modella quasi come se non ci fosse scampo, con l’urgenza di esprimersi nel linguaggio a lui più congeniale, forse più ancora di quello verbale. Gli anni di studio, il lavoro costante, l’impegno del magistero artistico non paiono in alcun modo aver smorzato in lui l’entusiasmo poetico e l’incontenibile necessità di fare, che interi connotano tutta la sua produzione. La nostra quotidiana frequentazione mi ha trasmesso parte della sua potente energia: non credo che gliene mancherà per proseguire nella sua instancabile ricerca espressiva. La materia plastica, l’argilla che sotto le sue mani si fa sicura terracotta, pare assumere spontaneamente tutte le forme che il suo desiderio le impone. Una sensualità intensa fluisce sicura, dal progetto su carta, alla tela, fino alla concreta tridimensionalità. La prima opera presentata in mostra, “Passaggio”, una scultura in semigres in tre elementi, è quasi una piccola preziosa installazione. La qualità barocca del
modellato si sposa con l’idea più moderna del trittico di steli. Con questo binomio diacronico, Beretti si offre come un classico della contemporaneità. Le morfologie anatomiche, reali e immaginarie, intraprendono come altrove un percorso trascendente, quasi come in un’allusione ad un profano giudizio universale. Oppure no, forse è tutta una metafora di una “ascesa e caduta” affatto umana. Pare un traforo in avorio “Labirinto”, la seconda opera, e si presenta ai nostri occhi in tutta la sua complessità. Figure antropomorfe e volti si incrostano come mitili intorno a un palo lagunare. Espressioni e corpi riportano alla mente l’iconografia dantesca e, in particolar modo, il secondo cerchio, quello dei lussuriosi. Come in un turbine di passione, così le figure girano vorticosamente attorno ad un centro. Dal primo bozzetto, in cui le linee solo alludono ai volumi, alle tele monocrome di un olio sanguigno, fino al plastico cilindro – tra addizioni e sottrazioni – l’opera ha preso forma. Gli altorilievi paiono risalire la colonna, quasi inerpicandosi gli uni sugli altri, creando una perfetta illusione di movimento. Vittime e carnefici così troppo umani da spaventarci, ci affascinano e, seducendoci, ci guidano in un percorso a tutto tondo dentro un luminoso eppur torbido subcosciente.
Mauro Carrera BATTAGLIA FRANCESE olio su tavola 175x100 cm anno 2005Nasce a Reggio Emilia nel 1962. Nel 1980 consegue il diploma di Maturità Artistica al Liceo Artistico di Bologna e frequenta il Corso di Scultura diplomandosi nel 1984 come Maestro Scultore all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Negli anni della sua formazione è stato allievo di Ugo Guidi, Enzo Pasqualini e Quinto Ghermandi. Dal 1984 al 1988 lavora per la curia di Reggio Emilia eseguendo copie di quadri antichi per numerose chiese della diocesi, appassionandosi alle tecniche antiche. Dal 1987 al ’90 insegna Discipline Plastiche all’Istituto d’Arte “G.Chierici” di Reggio Emilia. Dal 1990 al 1992 ha vissuto e lavorato a Parigi eseguendo una serie di quattro grandi tele dedicate al ballerino russo Nijinsky, per il collezionista R. Bocobza. Nel 1991 incontra a Parigi lo scultore Jacques Canonici con il quale condividerà una solida amicizia e un intenso periodo di creazione artistica. Dal 1992 al ’94 collabora con la ditta “Archè Restauri” di Parma, lavorando in Italia
e all’estero. Nel 1995 ottiene la cattedra di discipline plastiche all’Istituto d’Arte “P.Toschi” di Parma dove tuttora insegna. Nel 2019 entra a far parte della prestigiosa associazione di artisti bolognesi “Francesco Francia”. Disegnatore, pittore ma soprattutto scultore, si rifà alla tradizione rinascimentale e manierista italiana, Michelangelo, Giambologna, Pontormo, e ai grandi scultori francesi dell’ottocento Dalau, Carpeaux e Rodin, studiando la figura in movimento e rievocando temi classici e mitologici.
cel. 333.433 3093
mail: faustoberetti@gmail.com
Gabriele Ieronimo nato nel “59, figlio di un paesino dei monti Dauni, fin da piccolo mostra una spiccata passione per il disegno e i colori, che lo portò a frequentare l’Istituto d’Arte Fausto Melotti di Cantù.
Da giovane frequenta per diversi anni lo studio del Professor Paolo Minoli. Il lavoro da project manager lo tiene lontano, per un po’, dal mondo dell’arte, ma nel 2000 la passione per la pittura, mai sopita, riemerge prepotentemente. Ieronimo realizza numerose opere ripartendo da soggetti geometrici e figurativi finché la sua continua ricerca lo porta alla realizzazione di opere astratte. Significativa è la personale allestita nel 2017 alla corte san rocco di Cantù “Dinamismo e colori dell’anima” con una quarantina di opere astratte che rispecchiano le diverse fasi evolutive della sua crescita artistica. La tecnica pittorica si evolve con la necessità dell’inserimento gestuale che porta a valorizzare le opere con interventi di action painting che permettono all’artista di esprimere al meglio le proprie emozioni. Le sue opere sono esposte in numerose iniziative artistiche e pubblicate su riviste d’arte quali “IconArt Magazine” e “Rivista 20”. Nel 2019 partecipa alla collettiva “Astrattissima” a Chieri, curata da Enzo Briscese, Giovanna Arancio e presentata dal critico d’arte Giovanni Cordero.
Nel 2020 partecipa ad “Arte Parma” con la galleria Ariele ed al premio “Icon Art 2020” indetto dalla rivista IconArt Magazine. Nel 2021 partecipa al premio “maestri a Milano” con la video esposizione al teatro Manzoni di Milano. Nel 2022 partecipa al premio “Giotto per le arti visive” con alcune opere sia astratte che figurative. Nello stesso anno partecipa ad alcune aste organizzate dall’associazione ART CODE di Armando Principe che attestano valutazione e certificazione alle varie opere. A maggio del 2022 partecipa, sempre con l’organizzazione Armando Principe, ad un’importantissima fiera “Affordable art fair” ad Hampstead Londra.
Le delicate sinuosità che accompagnano le opere di Gabriele Ieronimo connotano un animo gentile e premuroso verso le forme che delinea sulla tela.
Scatti di imprevedibilità scandiscono il ritmo del contesto armonioso fatto di colore, figure e simbolismi, definendo molteplici spunti riflessivi ricchi di aspetti reconditi. In opere come “Violoncellista sexy” la sensualità è resa protagonista attraverso la resa informale della donna nell’atto di suonare lo strumento: un gesto profondamente sentito che viene rappresentato quasi come un atto d’amore nei confronti del violoncello stesso. Il modo in cui viene toccato e guardato lascia trasparire un forte pathos, messo ancor più in risalto attraverso il gioco cromatico.
Artista dalle molteplici capacità, il quale non sente la necessità di esprimere il proprio messaggio solo facendo ricorso a figure, ma si impone come padrone della pittura riuscendo a mettere in atto il proprio linguaggio artistico
anche solo riversando sulla tela forme e colori.
Nelle opere astratte, emerge il, lato più nascosto dell’artista, il quale cela dentro di sé diversi aspetti percettivi che vuole trasmettere attraverso l’uso di cromatismi danzanti.
La gestualità è la vera regina della sua arte: grazie ad essa si riesce a percepire quanto di più intenso si impregna nella sua spiritualità, realizzando opere che sono il prodotto finito dei suoi dettami interiori.
Attraverso le vibrazioni tonali, si entra in contatto con emozioni palpabili che chiedono a gran voce di essere ascoltate e poi raccontate.
Arte che non conosce confini nè regole, ma che impone come la vera affermazione di unachiara intenzione sentimentale, Osservando le sue opere, si ha la certezza di avere davanti lavori che rappresentano a pieno l’arte,con la A maiuscola. Dott.ssa Rosanna Chetta(criticod’arte)
Giorgio Della Monica è un artista salernitano. Il suo linguaggio espressivo spazia dall’iperrealismo all’astrattismo, nella ricerca continua di tecniche innovative ed efficaci. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private e hanno ricevuto numerosi apprezzamenti.
Ha partecipato a collettive e personali all’estero (Cannes, Pechino , Amsterdam, Argentina, Bruxelles, Stoccolma, New York, Perth ) e in Italia.
Giorgio Della Monica è un artista salernitano. Il suo linguaggio espressivo spazia dall’iperrealismo all’astrattismo, nella ricerca continua di tecniche innovative ed efficaci. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private e hanno ricevuto numerosi apprezzamenti.
Ha partecipato a collettive e personali all’estero (Cannes, Pechino , Amsterdam, Argentina, Bruxelles, Stoccolma, New York, Perth ) e in Italia.
“Giorgio Della Monica attinge a una vasta gamma di esperienze pittoriche e culturali, trasportando l’osservatore in una dimensione parallela, fatta di colte rielaborazioni del reale, del sogno e del mito.
Così in Caos troviamo una figurazione di taglio surrealista intessuta in una trama allusiva; in Proserpina l’artista inquadra la dea agreste con un modellato che si ispira ai canoni della scultura classica. Egli spazia dall’uso della foglia d’oro agli acrilici, esprimendo una creatività poliedrica. La sua tavolozza è costituita da un felice connubio tra tonalità intense e cromatismi delicati che danno vita a un disegno in cui il tratto scandisce con un andamento ritmico la composizione. Della Monica invita l’osservatore a lasciarsi coinvolgere dal fascino arcano dell’immaginario mitologico, riconoscibile qui come dimensione parallela, che appartiene ineludibilmente alla nostra memoria collettiva.
Paolo LeviCon animo da artista Giorgio Della Monica percorre il suo viaggio tra mura ravvicinate, visioni di infinito e pareti domestiche a ritrovare un vecchio macinino con la cara caffettiera napoletana, una lucerna in ceramica vietrese, trasparenze di bottiglie, un asinello ridanciano, una conchiglia, lo specchio della fertilità a corona di Cerere, testa viva oltre il corpo ormai svanito.
Campeggia il taglio sulla tela muta, si raccolgono i pensieri, si fruga nella memoria, si riacquista il senso dell’essere. Sullo sfondo è il notturno costiero ove mille luci richiamano case addossare a pendici montuose e la luna si stende sul mare, facendolo reagire come una donna.
Si celano, nelle tele dell’artista, antiche magie, folletti e spiritelli, le ragazze fiore del magico giardino di Klingsor con immutati, teneri sospiri d’amore.
E’ un territorio magico – scriveva Roger Peyrefitte- che veste l’anima di nostalgia per un clima ove il profumo dei limoni riempie la mente, ove la storia sembra cadenzare il tempo.
Così non è meraviglia, se al termine di una rada scavata dall’indice di Dio nel giorno della creazione, s’erge Atrani, ri-emersa dai ricordi dell’artista e proposta come la panchina solitaria di Aurel Spachtholz: ti siedi per pochi minuti. Riposi e sei trasportato fuori da te, in un sogno… Un viaggio, quello di Giorgio Della Monica, nello spazio senza tempo della Costiera Amalfitana dove, una volta, tutto scorreva nella contemplazione e nel silenzio. Persino le poche parole dei pescatori al tramonto scivolavano veloci tra un silenzio e l’altro. Anche l’orologio del campanile era libero di segnare l’ora che più gli si confaceva.
Avvolte in atmosfere di nebbia e luce, in cui i toni del grigio e delle terre sono sapientemente mescolati, le opere pittoriche di Lorenzo Curioni, attingono e si ispirano al variegato universo del paesaggio metropolitano. Palazzi, strade affollate, grattacieli, incroci: un’antropologia urbana raccontata attraverso un sapiente pennello, che porta lo spettatore, coinvolgendolo in prima persona, ad immergersi totalmente nell’atmosfera dell’opera, quasi nel tentativo di voler esplorare le geometrie di quegli spazi. Ed è così che la pittura di Lorenzo Curioni finisce per raccontare anche molti “non-luoghi”, come l’interno di una metropolitana o le corsie di una strada in cui sfrecciano veloci le auto: in un concetto complementare, ma allo stesso tempo distinto, in cui l’inserimento della figura umana, narra del complesso rapporto che si crea tra quegli spazi e gli individui che li attraversano. L’opera di Curioni riesce ad enfatizzare la città quale particolare forma di associazione umana: la città è uno stile di vita, è un’identità, è il risultato dell’etnia o delle etnie che la abitano. Ma la metropoli
che l’artista racconta è anche lo spazio sconfinato in cui si perdono le differenze culturali, per dare origine a nuove metamorfosi e nuovi linguaggi: tutto diventa impalpabile e possibile, così come le sapienti velature che l’artista dosa sulla tela. È proprio questo connubio alto, tra architettura urbana e presenza dell’uomo che la vive, la plasma, la abita, la crea, che fa sì che il fruitore finale si trovi immerso in una suggestivo stato di fascinazione, in cui l’arte adempie ad uno dei suoi principali compiti: essere linguaggio universale senza mediazioni di sorta. L’opera di Lorenzo Curioni è ispirata, immediata e coinvolgente: arriva a tutti coloro che hanno il privilegio di osservarla.
(Catia Monacelli)mail: curionilorenzo@tiscali.it tel.340.972 4174
Le opere di Monica Macchiarini rappresentano Donne senza tempo, Dee, Sibille, Sacerdotesse e Oracoli… opere che invitano alla riflessione/meditazione sul valore dei “segni” che la Natura ci offre generosa e che da sempre sono sotto i nostri occhi anche se non li sappiamo più “leggere” perché guardiamo distrattamente. Segni comunicanti che svelano il nostro essere interdipendenti e in connessione permanente, Segni che richiamano alla Sacralità della vita, al Divino Femminile, alla Madre Terra e alla Creazione in tutte le sue forme preziose di Energia vitale. Il materiale che Monica Macchiariniprivilegia per le sue
creazioni è l’argilla, terra primitiva che ci riporta a gesti antichi, ripetuti sempre uguali da millenni, gli stessi identici con cui anche oggi realizziamo vasi e sculture. L’argilla è materia viva, quando è ancora fresca contiene terra e acqua ma ha bisogno di aria per seccare e di fuoco per cuocere: i quattro elementi primordiali necessari alla creazione della vita. Per questo l’argilla è materiale povero ma allo stesso tempo il più prezioso perché simbolicamente rappresenta l’Origine. Un materiale perfetto per raccontare emotivamente percorsi interiori che vengono alla luce attraverso simboli ancestrali, archetipi, ‘incantamenti’.
LA GUARITRICE semigres nero e oro, 2023, h.47,5x21x26
Negli anni Monica Macchiarini ha partecipato a mostre collettive ed eventi artistici e culturali incrociando spesso percorsi alternativi che l’hanno sempre ricondotta alla sua vera passione, la Scultura.
Nel 2001 fino al 2007, a Sasso Marconi, inizia un’importante esperienza di artigianato artistico con la bottega “L’Altrarte” che contribuisce a fondare realizzando: “Le ceramiche di Nicolosa Sanuti” e “Le ceramiche di Guglielmo Marconi” per il MUSEO della Fondazione Guglielmo Marconi. Corsi e Workshop di tecniche artistiche: ceramica, scultura, disegno, intaglio del legno. Attività terapeutica rivolta alle persone con disabilità con ciclo completo dalla creta alla ceramica in collaborazione con Comuni, Asl, Associazioni.
Nel 2007 inaugura un percorso individuale che la vede impegnata come scultrice-ceramista e come docente di laboratori didattici e corsi specifici in campo artistico. Realizza il nuovo Stemma del Comune di Sasso Marconi (bassorilievo in semigres dipinto) collocato nella facciata del Comune e le piastrelle con “I segni della Dea” collocati nella facciata della Sala Mostre Renato Giorgi.
Nel 2008 diventa Coordinatrice Artistica di un importante Atelier di Art Brut per persone adulte con disabilità “Marakanda: arte e capacità in corso d’opera” a Borgonuovo di Sasso Marconi (BO) della coop. Sociale Open Group, per il quale organizza numerosi eventi e mostre.
Nel 2020, in piena pandemia da Covid_19, Monica Macchiarini apre uno Studio artistico in via Saragozza 153 a Bologna, insieme all’artista e compagno di vita Fausto Beretti. Una risposta creativa per reagire alla paura e all’isolamento di quei giorni. Un piccolo spazio con vetrina dove lavorano ed espongono le loro opere. Nel 2022 entra a far parte della “Francesco Francia” associazione per le Arti di Bologna dal 1894.
GERMINAZIONE semigres nero e tempera oro, 2021,
IL SEGRETO DI MARIA MADDALENA terracotta dipinta, 2023, h.56x53x29
Mail - monicamacchiarini@gmail.com
Sito -https://www.monicamacchiarini.it/opere/ tel. - + 39 338 4894234
Entrare nell’atelier di Michele Roccotelli significa essere abbracciato da quei colori di cui il maestro mai si sazia, nonostante i decenni trascorsi a trasformare tele e supporti di risulta in lussureggianti schermi del sogno. Questa è, infatti, la sensazione che colpisce il visitatore che abbia la fortuna di aggirarsi fra le opere in corso di realizzazione e quelle, tanto più numerose, depositate e conservate con grande meticolosità, in base al soggetto, alla datazione e alla misura. L’impressione è, insomma, quella di entrare nella sfera onirica dell’artista e, se è vero che si sogna in bianco e nero (così dicono, anche se non me ne sono mai persuaso), Roccotelli impiega tutto il giorno – e tutti i suoi giorni – a trasformare i suoi sogni in immagini coloratissime che costruiscono un mondo alternativo: un mondo immaginario che pure si aggrappa con forza e con felice convinzione alla matericità degli oli, dei cartoni, dei legni, delle ceramiche e – prima ancora – agli infiniti e pure mai sufficienti barattoli e pennelli e cavalletti. In un tempo, come questo, velocemente e pericolosamente proiettato verso l’immateriale e l’inautentico, l’artista barese (per la precisione, di Minervino Murge) scommette ancora e sempre sulla fisica delle due, delle tre e persino delle quattro dimensioni, quando, alla superficie del quadro e allo spessore dei materiali intelligentemente sovrapposti secondo l’antica lezione del collage (prima liberty, poi cubista, poi informale), si aggiunge la linea del tempo
che trascorre e insorge sempre a raccontare le sue storie, le sue memorie, i suoi fantasmi. Non è un caso che l’ultima serie organica di soggetti, pensata e realizzata da Michele Roccotelli, si discosti dall’astrattismo assoluto (che è una delle cifre distintive del maestro) e anche dalle moderate concessioni al paesaggismo presenti nei progetti Urbe e Landscape degli anni passati, per approdare al trionfo dei corpi nudi, imponenti e magnetici se isolati, ma ancora più suggestivi se avvinghiati in un amplesso: è questo il cuore della mostra Embrace, per la galleria SanGiorgio dal 10 febbraio 2024 a Bari, che rivela il più recente impegno dell’artista a far scaturire dall’informale astratto delle sue nuvole cromatiche corpi femminili e maschili che cercano una presenza, che chiedono di ‘nascere’, finalmente, invitando chi guarda a riscoprirsi in quelle vite esplose, energiche, innamorate. Il nuovo progetto è stato realizzato quasi integralmente nel 2020-2021, cioè nel pieno del distanziamento sociale imposto dalla pandemia di Coronavirus, e quegli amplessi o quei baci in primissimo piano erano prima di tutto la formulazione di un auspicio e, insieme, il canto nostalgico di una sensualità perduta. Ma a me pare che questi corpi che si cercano e si trovano siano l’espressione più compiuta di una poetica degli ‘abbracci di colore’ che, in fondo, l’arte di Roccotelli ha sempre declinato, sia pure con soggetti e temi sempre diversi, ma con una coerente e inconfondibile cifra stilistica.
curatrice della mostra
GALLERIA SAN GIORGIO BARIper rendersi conto che tutto il suo itinerario (circa sei decenni, ormai) si è svolto nel segno di un’arte che definirei ‘invasiva’ o ‘pacificamente aggressiva’, cioè debordante, mai paga dei risultati conseguiti e sempre capace di nuove variazioni. Sembra che ogni pennellata e ogni pezzo di carta, ogni frammento di giornale o di cartone ondulato siano la spinta che occorre alle immagini vagheggiate per diventare volumi in movimento nello spazio: un effetto magico che pare particolarmente ricercato anche nei non pochi lavori in ceramica che il maestro ha realizzato negli anni.
Colori e materiali di riuso si confondono e collaborano a creare quella ‘quarta dimensione’ del tempo a cui alludevo prima, come appare evidente soprattutto nel ricco progetto Urbe, nel quale la città (tema moderno e postmoderno come nessun altro) è reinterpretata alla luce dell’immaginario pugliese – le case imbiancate a calce, le cattedrali romaniche, le terrazze sui tetti – e sfrutta la ‘porosità’ della carta di giornale e del frammento fotografico per ricordarci
mail.: micheleroccotelli@libero.it
Sito: www.roccotelli.it
tel. 347.582 3812
che tutto ciò che sogniamo ha origine in una storia già data e condivisa e porta con sé le memorie di sentimenti altrui, persino ignoti o insospettabili. Ma occorre l’invenzione di un artista del colore per ridare a queste rovine del tempo una nuova vita e trasformarle in una Camera delle Meraviglie pronta ad accogliere lo spettatore.
Daniele Maria Pegorari
Università degli studi di Bari “Aldo Moro”
Kristina Korò è nata nell’ 88 in Russia. Si è laureata all’Accademia di Belle Art di San Pietroburgo “I. Repin”, nella facoltà di pittura monumentale.
Ha partecipato a mostre collettive organizzate da diversi enti, tra cui il Museo delle Belle Arti di Rostov (2012-2014), l’Unione degli artisti di San Pietroburgo (2018-2022), l’Unione degli artisti di Mosca (2019), il Museo-Riserva storico-letteraria e naturale-paesaggistica commemorativa Statale A. S. Pushkin Mikhailovskoye (2015), il Museo dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo (20162017). Ha tenuto una mostra personale presso l’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo “I. Repin” (2019). È membro della Comunità pastello spagnola ASPAS. Partecipa a mostre e fiere tra Russia, Italia e altre internazionali. Finalista di concorsi Internazionali. Vive in Italia e lavora come insegnante presso l’Accademia Internazionale di Belle Arti “S. Peter’s” a Firenze.
https://kristinakoro.art
masterskaya-koro@yandex.ru
https://www.instagram.com/kristina_koro_art/
Nel suo ultimo progetto, l’artista Kristina Korò fa sperimentazione dalla quale si evince una riflessione filosofica sul cambiamento della società e sul concetto di amore e relazione uomo - donna. La sua ricerca si pone come medium tra la pittura tradizionale e la trasformazione data dall’ era digitale affrontando il tema della tecnologia legata alla sfera dei sentimenti e delle relazioni umane. C’è una profonda ricerca sul digitale come la componente del pixel, che diventa attraverso la sua pittura, una scomposizione e ricomposizione dell’ immagine, tramite un microcosmo tange la proporzione del tutto, scomponendo e ricomponendo la composizione pittorica.
Una componente che va a sconfinare anche negli assunti della fisica quantistica.
Il quanto è una particella così piccola che non può essere divisa (a differenza, ad esempio, dell’atomo che può essere scisso in protoni, neutroni ed elettroni). Come concetto è stato introdotto da Planck ancora nel 1900, è stato ripreso poi da Einstein ed è tutt’oggi sotto studio, a causa dei paradossi che comporta. Kristina nella sua ricerca artistica cerca di ricomporre l’ immagine attraverso piccoli colpi di pennello, e gesto dopo gesto completa l’ opera che diventa come un cielo stellato: completo nella sua immagine ma formato da una miriade di piccole stelle. Nella sua ricerca artistica affronta una questione importan-
te sulle relazioni umane e sul concetto di amore virtuale, come possiamo vedere sviluppato nel progetto “Virtual Love”. In “Virtual Love” si espone il concetto dell’ amore oltre la materialità e la fisicità corporea: i corpi sono come entità universali delle quali non potendone scorgere il volto e farli diventare quindi soggettivi, restano su un piano più metafisico e quindi più assimilabili dai molti. L’artista utilizza colori fluorescenti che si illuminano al buio sotto una luce ultravioletta, portando così la visibilità dell’ opera, nella sua interezza cromatica, solo grazie all’ assenza di luce normale e crea, grazie a questo espediente, la simulazione della realtà virtuale, facendola passare da uno stato intangibile a uno stato tangibile.
Questo dissidio fra tangibile e intangibile si risolve in Kristina grazie alla luce che illuminando in maniera non canonica crea un ponte fra questi due stati esistenziali.
Credo che l’artista, Kristina Korò, riesca ad affrontare tematiche che ci riguardano da vicino come l’ avvento delle nuove tecnologie nell’ arte ponendo un punto di riflessione sull’ umano ed il virtuale e la loro compenetrazione nella nostra vita, ponendo un cambiamento nella percezione universale dell’ arte.
“Se ci mettiamo a parlare in una stanza buia, le parole assumono improvvisamente nuovi significati.”
(Marshall McLuhan)
Mauro Toniato sI è diplomato all’accademia di Belle Arti di Bologna al Corso di Pittura del Prof. Concetto Pozzati nel 1987. Vive a Parma.Ha lavorato nel campo della decorazione murale e nel campo artistico come pittore. Dal 1993 è Docente di Arti Figurative presso il Liceo Artistico Paolo Toschi di Parma . Mauro Toniato presenta due opere dal titolo: “YOU MUST CHANGE “ e “ SAVE THE WILD”. Entrambe si propongono di esprimere un richiamo al problema della biodiversità e rientrano in un personale ciclo artistico che si intitola: “ WE MUST CHANGE” ( NOI DOBBIAMO CAMBIARE).
Il soggetto, comune alle due opere, presenta il muso di una tigre che guarda il pubblico fruitore dell’ opera e al tempo stesso , questo soggetto, interagisce anche con l’ ambiente in cui è collocato , essendo in acciaio mirror riflettente. Una sorta di screen , uno schermo, che sembra uno specchio frammentato nel disegno che rappresenta. Questo ciclo di opere nasce con un materiale capace di interagirefisicamente nei luoghi in cui viene collocato, pensando e interpretando il contesto globale come un contesto che vede gli artisti e tutti i creativi nel Design, ricercare forme e stili espressivi con l’intenzione di richiamare l’intera società umana verso l’urgente “sostenibilità”,sia del
fare ,che del produrre umano.
Queste opere rientrano in un lavoro artistico iniziato nel 2019, un lavoro rivolto al richiamo del mondo del Design che da tempo sconfina nel “fare artistico”, come il mondo dell’arte cerca modalità metodologichetipiche del Design. Due ambiti,Arte e Design, che non hanno più confini linguistici e che,per le mie aspettative, devono avere obiettivi comuni : essere e richiedere progettualità per comportamenti sostenibili .
Nelle due opere, realizzate in acciaio mirror traforato, si possono rilevare intenzioni linguistiche che usano e sfruttano il materiale e l’oggetto; l’acciaio lucido specchiante, unito a oggetti reali che richiamano il disegno ,le matite colorate, il filo della tessitura. Vengono utilizzate anche calamite,dalla forma di piccoli dischi lucidi o colorati , presi e inseriti come veri elementi linguistici. L’ acciaio e le calamite permettono di trattenere, sulla superficie dell’opera,elementi mobili per poter variare la stessa composizione.
mail: toniatomauro59@gmail.com
tel.347.688 9926
Silvia Rege Cambrin ha sempre avuto una grande propensione per il disegno ed una spiccata attrazione per i colori. Pur non avendo compiuto studi artistici, l’amore verso l’arte l’ha spinta a sperimentare numerose tecniche come la pittura su ceramica, il carboncino, l’acquerello e l’acrilico. La sua attitudine artistica l’ha successivamente portata al perfezionamento della tecnica ad olio, attraverso cui riesce a produrre sfumature e morbidezze che appagano il suo senso del colore e le permettono di cogliere in qualsivoglia soggetto il lato più armoniosononché quelsoffio di perfezione che permea tutto ciò che esiste.L’ Artista intende l’Arte come la precisa rappresentazione del dato reale, della realtà percepita dai suoi occhi dando origine ad una
pittura minuziosa dove la luce assolve una funzione critica nello sviluppo dell’idea. La luce è come le parole per il poeta: le seleziona per formare la sua frase immortale. Ma seleziona anche quelle da non dire.L’accuratezza nella realizzazione dei dettagli , dalla fine e calibrata variazione di trasparenza dei calici, dalla delicatezza dell’incarnato fino ai morbidi drappeggi che riflettono la luce, intensifica il sorprendente lirismo delle sue opere offrendo alla vista di chi osserva una suadenteatmosfera che passa attraverso lo spazio del cuore, del sentimento, dell’emozione.
mail: elicriso@ica-net.it tel.: 335.298 696
l’anima rossa- Città vulcanica animata dall’animo della gente che la ama - acrilico, sabbia, gesso ,pastelli ad olio cm 60x60 - 2023
Nel mondo dell’arte contemporanea, l’artista Rosaria Di Dio si distingue per la sua peculiare ricerca estetica e la sua filosofia artistica. “Nel dipingere non cerco il tratteggio, cerco il colore, è il colore che traccia i bordi entro cui si delinea la forma del mio tratteggio, come se dovesse “riempire” ogni forma di equilibrio incapace di sostenere l’armonia delle mie emozioni”. Questa frase rivela il cuore della sua pratica artistica, incentrata sulla potenza espressiva del colore e la sua capacità di trascendere i limiti del tratteggio. Rosaria Di Dio utilizza il colore come strumento principale per comunicare le sue emozioni e riflessioni interiori. L’artista abbraccia una tavolozza cromatica audace e vibrante, che va oltre i confini tradizionali della rappresentazione pittorica, per dar vita a opere intrise di energia e dinamismo. La sua arte si propone di evocare un’esperienza sensoriale coinvolgente e profonda, in cui il colore diventa protagonista assoluto e guida l’osservatore attraverso un viaggio emozionale.
A volte è il colore che ti sceglie… acrilico - cm 60x60 - 2023
Le tele di Rosaria Di Dio appaiono come dei microcosmi cromatici in cui il colore si espande liberamente, svincolato dalle regole del disegno e della prospettiva. L’uso audace del colore da parte dell’artista non è fine a se stesso, ma serve a sottolineare l’intensità delle emozioni, a suscitare reazioni e a stimolare la riflessione sull’essenza dell’esperienza umana. L’artista riesce a creare un dialogo tra i colori, amalgamandoli in maniera armoniosa e fluida. La tensione tra le tonalità utilizzate diventa un equilibrio precario, che sembra sfidare le leggi della gravità e della logica, riflettendo la natura mutevole e inafferrabile delle emozioni umane. In questo modo, Rosaria Di Dio riesce a trasformare il caos cromatico in una sinfonia visiva, in cui l’osservatore può immergersi e perdersi.
L’arte di Rosaria Di Dio ci invita a riflettere sulla forza del colore come mezzo espressivo e sulla sua capacità di dar voce alle emozioni più intime e profonde. Le sue opere ci sollecitano a riconsiderare il ruolo del colore nella pittura e a riconoscere il suo potere evocativo e comunicativo, che va oltre i confini del trattamento tradizionale del disegno. Andrea Tapparini
La mia Pittura: Io non cerco il tratteggio, cerco il colore, è il colore che traccia i bordi entro cui si delinea la forma del mio tratteggio , come se dovesse” sporcare” ogni forma di equilibrio incapace di sostenere l’armonia delle mie emozioni… È questa la mia tela…
Mail : didio.rosaria@icloud.com
Tel. : 3755102084
Instagram: Cre4rtive
Casale Luigi nasce nel 1946 a Premosello in Provincia di Novara. Nei primi anni “60” frequenta a Brescia il liceo artistico”Vincenzo Foppa“sotto la guida di valenti artisti bresciani e si diploma presso il Liceo artistico di Carrara nel 1964.A Roma frequenta la Facoltà di Architettura e poi si trasferisce a Venezia , dove presso l’Accademia di Belle Arti frequenta alcuni corsi di Scuola libera di nudo e viene a contatto con gli artisti Pizzinato , Santomaso e Fontana . A partire dal 1967 completa gli studi della Facoltà di Architettura di Venezia dove si laurea nel 1970 sotto la guida dell’architettoCarlo Scarpa. Conseguita l’abilitazione alla professione e all’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte, negli anni 1971-1974 insegna presso gli Istituti Statali d’Arte di Gargnano ( BS.) e di Guidizzolo ( MN.) con incarichi annuali di Geometria descrittiva e tecnologia dei materiali.Nel 1974 vince il concorso pubblico per Architetto presso il Comune di Brescia dove opererà fino al 1997 partecipando alla redazione del nuovo PRG. con Leonardo Benevolo e assumendo numerosi incarichi di progettazione e direzione dei lavori nel Centro Storico. .A partire dagli anni “80” in qualità di Ispettore all’Iconografia Urbana e poi come Dirigente Tecnico presso i CIVICI MUSEI d’ARTE E STORIA di BRESCIA partecipa alla realizzazione di significativi progetti museografici e all’allestimento di Mostre d’Arte ed eventi di rilevanza regionale e nazionale occupandosi in particolare del restauro conservativo di numerosi edifici monumentali. Negli stes-
si anni riprende la sua attività pittorica con alcune mostre personali(Comune di Ghedi) e collettive a Brescia e Provincia.
Con il suo trasferimento in Puglia nel 2005 ha ripreso l’attività di pittore. Ad Ostuni come membro dell’Associazione Emilio Notte,si cimenta in alcunemostre dipittura sia personali che collettive in Palazzo Tanzarella con il patrocinio del Comune di Ostuni e presso la Pinacoteca di Ceglie Messapica. Negli anni 2007-2009 partecipa a diverse mostre collettive con il patrocinio di numerosiComuni nel territorio pugliese: Carovigno, Francavilla Fontana, Locorotondo, Brindisi, Ceglie Messapica ,Taranto,Carosino, Gallipoli, Aradeo, Mesagne.Nel 2010 - 2012 è presente in diverse mostre collettive; in particolare a Taranto presso la sede Comunale del salone degli Specchi e presso la Galleria d’Arte Agorà,a Teora (AV) presso la Pinacoteca Civica. Nel 2012 - 2013 in collaborazione con l’Associazione GlobalArt di Bari ed Arteuropa di Avellinopartecipa a Mostre a livello nazionale e precisamente: alla Reggia di Caserta, al castello di Termoli, al castello di Torre a Mare, a Piano di Sorrento (NA ) , al castello ducale di Bisaccia (AV ) , a palazzo degli Imperiali ( Francavilla Fontana), alla Galleria Cavallo ( Savona ) , alla sede municipale di Pompei. Sempre nel 2013 a Taranto presenta una mostra bi personale presso la Galleriad’Arte” Agorà”, riscuotendo un notevole successo con numerosi articoli sulla stampa locale ed un servizio su RAI 3 Regione.
Nel 2014 esponein collaborazione con l’Associazione Arteuropa a Palazzo Nervegna a Brindisi una mostra bipersonalecon notevole riscontro di pubblico e a Carovigno nel castello Dentice di Frasso con l’Università popolare di Carovigno. Dal 2016 fino ai 2023. Collabora con molte Associazioni tra cui Ostuni è, Porta d’Oriente diBrindisi che ha organizzatoMostre al Castello di Mesagne ea Casa Carbotti a San Vito dei Normanni e La Casaccia di Francavilla Fontanadove ha preseduto in commissioni in qualità di esperto.Vicepresidente della Associazione Espressioni d’Artedal 2016dove tuttora opera oltre ad organizzare eventi importanti in Puglia e fuori Puglia è presente in numerose esposizioni che la Associazione organizza in molte località pugliesi.
Tra le Mostre personali è presente a Bari nella ChiesaGalleria d’Arte di Santa Teresadei Maschi, a Polignano presso una Galleria privata, a Ostuni presso il palazzo museo Tanzarella, nel MuseoDiocesano di Ostuni , a Brindisi nel prestigioso Palazzo Comunale Granafei Nervegna e a Carovigno nel Castello Dentice di Frasso. alcune sue opere sono presenti nella Pinacoteca civica di Teora, nella sedeMunicipale del Comune di Ostuni e in molti hotel prestigiosi come l’Hotel Bellavista di Gallipoli e l’Hotel Sant’Eligio di Ostuni e in molte dimore private importanti.
Hanno scritto di lui :Anna Iozzino ( ex docente critica d’Arte di Roma )Eduardo Araujo (ex docente universitario ed artista brasiliano) Lucia Basile (giornalista e critica d’Arte di Taranto)Dino Del Vecchio (critico d’Arte di Monopoli ) Gianluca Marinelli ( Storico e critico D’Arte di Lecce) Giulio Marchioli (artista e architetto di Cisternino), RosannaMele (critico e storico dell’Arte di Bari), AlessandraMorucci ( docente e critico d’arte di Brescia),Vinicio Coppola (giornalista e critico d’Arte di Bari )eCarmela Amati ( docente universitaria di Bari ) Proiettive e volumetriche le simboliche “architetture” al centro della tela in esuberanti prospettive concentriche, fanno pensare alle reali megalopoli; nel connubio col paesaggio, ricomposte tra le stesure pittoriche, quelle forme
nella realtà danno senso e ragione a uno dei più sentiti temi del nostro tempo. Sulle tracce del presente e col senso della natura perduta, in un gioco d’ombre e nel vortice delle correnti che si formano nelle regioni sotterranee nel profondo tenebroso abisso, al pari delle ideative “mega-architetture” catturate nel colore, in scure siluette nella trasparenza verde-azzurra in labili spessori nella vita sotterranea e in quel mare, le sue sagome pesce fanno sentire un senso di spaesamento e solitudine. (Dino del Vecchio)
Sono una pittrice di Torino. Fin da giovane ho amato sempre disegnare e dipingere. Ho cominciato con il disegno ha matite colorate e bianco e nero. Dopo qualche anno ho cominciato ad avvicinarmi alla pittura ad olio su tela. Ho frequentato un corso di pittura per perfezionare alcune cose, essendo autodidatta . Mi ispiro per la mia pittura alla natura, dipingendo con colori accesi e realisti, essendo una persona molto osservatrice.
Osservo tutto quello che mi circonda riportando sui miei quadri tutto quello che vedo. Dipingo paesaggi, animali, fiori. Spazio su vari generi. Non eseguo quadri sullo stesso tema.
Nata a Sassari il 3 gennaio 1940, inizia sin da piccola a disegnare e dipingere da autodidatta, incoraggiata dal padre che riconosce in lei del talento. Spicca da subito l’interesse per i colori caldi, per le forme sinuose, per le figure femminili e le scene quotidiane che anticipano l’attitudine gioiosa e celebrativa che caratterizzerà con sempre più evidenza le sue opere. Affina e corregge la tecnica pittorica e di disegno all’Accademia di Belle Arti di Venezia, frequentandone i corsi per dieci anni. Estremamente segnante l’esperienza del “Corso speciale libero di nudo” con Luigi Tito. Decisamente formante quella con il Gran Maestro Guido Carrer dal quale acquisisce la tecnica della pittura ad olio.
È da questo momento che diventa marcatamente riconoscibile il tocco denso dell’olio che conferisce solidità e compattezza alle sue figure. Continua instancabilmente gli studi frequentando un corso di grafica all’Istituto Gazzola di Piacenza e un corso di nudo all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Hanno parlato della sua arte quotidiani e periodici, vanta numerose mostre in Italia e all’estero, ed il suo nome figura nel Grande Dizionario Artisti Italiani Contemporanei e nell’Archivio Storico per l’Arte Italiana del Novecento a Firenze. Ancora oggi Lalla dipinge ogni giorno, sperimentando luci, ambienti e colori sempre nuovi, ma immancabilmente accompagnata dalla stessa solida tenacia che ritroviamo impressa in ognuna delle sue creazioni.
L’arte di Lalla Luciano oscilla in un delicato equilibrio tra forza maschile e femminile: i suoi tratti vigorosi ed energici infondono ai corpi forti, formosi e robusti, una vibrante energia che si declina contemporaneamente in potenza e grazia, raffinatezza e concretezza.
I suoi quadri sono una finestra che si apre sui suoi ricordi più belli e se anche l’osservatore si affaccia da queste cornici può sentire il sole della Sardegna sulla pelle, l’olio denso della tela diventare terra bruna e tangibile, i colori
trasformarsi in profumi intensi di grano, mosto, fiori.. Nei suoi paesaggi si respira la placida quotidianità di una vita che segue i lenti ritmi delle stagioni: le scene rappresentate hanno il sapore di un rituale che la vita contadina ha assorbito dalla natura.
I gesti, raffigurati sempre in corso di svolgimento, sono delineati in modo estremamente chiaro e raggiungono massima espressività nella sicurezza della ripetitività, o nelle intime pose del capo dedicate a momenti di più morbido riposo e serena contemplazione.
La naturalezza di queste pose carica di forza espressiva tutta l’opera: sguardi ed espressioni dei personaggi risultano estremamente diretti ed eloquenti nonostante la mancanza di dettagli anatomici nei loro volti. E’ così che questi dipinti riescono a toccare l’osservatore chiamandolo direttamente in causa: tu quegli occhi, che pure non sono rappresentati, te li senti addosso! Guardando i suoi quadri ti senti piccolo, ti senti amato, accolto o rimproverato.. ti senti parte di quella scena, di quel dipinto, di quel ricordo.. Sfonda la quarta parete con la stessa rapidità di un impatto ma la stessa delicatezza di un malinconico ricordo. Non sorprenda, dunque, che la sua arte non sia catalogabile in una cifra stilistica definita, poichè non è frutto di un’ideale rappresentativo ma è diretta espressione di una personalità e di un vissuto estremamente unici. Lalla Luciano è artista solida ed autentica, che dalla realtà della sua terra e dalla forza della sua natura di donna ha preso ispirazione per manifestare la propria personalità creativa, celebrando un’energica e intensa gioia di vivere in tutte le sue opere. Cassisi Annalisa.
mail:.kerbaa.samira@gmail.com
Mirella Caruso nasce a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata per i suoi dipinti. Laureata in giurisprudenza all’Università di Palermo, ha insegnato Discipline Giuridiche e Economiche ed è attualmente impegnata nell’insegnamento delle tecniche dello yoga, pratica che è per lei ispirazione fondamentale per alcuni dei suoi soggetti simbolici. Stabilitasi a Torino, ha iniziato il suo percorso di pittrice grazie all’incontro con Margherita Alacevich. La sua energia vitale e l’irrequietezza del suo carattere la portano spesso a diversificare la sua produzione; passando per quadri simbolici si arriva alla rappresentazione figurativa di paesaggi e soggetti. Tra le maggiori esposizioni dell’artista si ricordano le personali nel 1995 a Cervo (IM) a Villa Farandi, quella del 2013 al “Re Umberto” di Torino, nel 2016 la bipersonale con Giuseppe Falco alla Galleria d’Arte Centro Storico a Firenze e nel 2017 presso il circolo culturale di Sciacca. Oltre a
numerose mostre al circolo degli artisti e alla promotrice delle Belle Arti di Torino, si ricorda la partecipazione nel 2016 alla collettiva internazionale “Time to Build” all’atelier 3+10 a Mestre, nel 2018 la collettiva presso la galleria Saphira e Ventura a New York, nel 2019 a quella all’Appa Gallery di Madrid e nello stesso anno la collettiva “Rinascimento contemporaneo” al museo Leonardo Da Vinci a Roma e nel 2021 la partecipazione ad ArtParmaFair a Parma.
Tra le principali pubblicazioni un editoriale nel 2013 sul II volume ‘La donna nella storia dell’arte’, a cura di Giuseppe Nasillo.
Nel 2015 sono stati pubblicati suoi quadri su ‘Nuova Arte’, Cairo Publishing e nel 2017 sul catalogo n.53 ‘Dell’Arte Moderna - Gli artisti dal primo ‘900 a oggi’, casa editrice Giorgio Mondadori
L’arte di Mirella Caruso racconta storia, tradizione, cultura, classicità, con una pittura intensa e corposa, espressiva e passionale. L’artista crea con la luce profondità e spazio, delimitando la scena da quinte visive che conferiscono armonia ed equilibrio compositivo. Ottima colorista, Mirella Caruso interpreta con vibrante energia natura e realtà, dando spazio al sogno e alla visione poetica interiore. Il segno delle pennellate è sempre intriso di materia, istintivo e veemente, sicuro e senza ripensamenti, a testimonianza di un mestiere e di una maturità pittorica raggiunta con esercizio costante e raffinata sensibilità.
Nei suoi dipinti il dinamismo delle scene, delle figure in movimento, del mare o del vento che sfrangia le foglie degli alberi diventa elemento fondante di un linguaggio vivo e pulsante, che affida ad una sorta di puntinismo cromatico il compito di creare effetti ottici e piani prospettici sovrapposti in lontananza, quasi un velo tra l’osservatore e il mondo interiore dell’artista. Tra figurazione e astrazione, quindi, cogliendo di entrambi gli stili l’essenza formale e ideale, il senso del vero e l’afflato onirico dello spirito. Mirella Caruso ci conduce in universi immaginati con la potenza della realtà e dei pigmenti più vivi, tra un ritmo scandito di chiaroscuri e una personalissima sintesi di forma, linea, colore.
Guido FolcoArtista torinese, laureata in Medicina e Chirurgia, specializzata in Anestesia. Ha coltivato la passione per la pittura fin dall’infanzia. Ha frequentato gli studi d’arte degli artisti Carena e Mainolfi. Successivamente ha perfezionato la tecnica frequentando corsi accademici, privilegiando quella ad olio, acrilico e mista su tela. La sua produzione artistica riflette una profonda sensibilita’ verso la sofferenza umana. Il suo percorso e’ ricco di elementi simbolici, un connubio tra sogno e realta’. Il dialogo intimo con l’ambiente e la natura si traduce spesso in opere arricchite da elementi fiabeschi. La ricerca espressiva e’ influenzata dalle complesse mutazioni della societa’ e dall’indagine sulla psiche umana. Da molti anni e’ presente sulla scena artistica con la presenza attiva a Mostre Personali e Collettive in Italia e all’Estero. Ha ricevuto molti Riconoscimenti e Premi Internazionali per citarne alcuni: Premio Internazionale “Isabella D’Este” a Ferrara, 1°premio“Città di Berlino”, Premio ”Artisti a Milano”, Premio “Maestri a Venezia”, Premio “Artisti per la Pace” a Palermo e altri. Nel 2023 ha esposto alla 1°Biennale a Sanremo e col progetto Porto Franco del Prof.V. Sgarbi a Firenze. E’ socia del Circolo degli Artisti e della Societa’ Promotrice delle Belle Arti di Torino, partecipando regolarmente a mostre collettive. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste d’arte, cataloghi e Annuari Internazionali (Artisti 22 e 23). Ha ricevuto elogi da critici come il Prof. V.Sgarbi, E. Beluffi e altri, con apprezzamenti anche da parte di Angelo Crespi.
Domenica 4 febbraio 2024, ore 12.00
Il 4 febbraio 2024 alle 12, la Galleria Studio CiCo, ubicata in via Gallese 8, a Roma, è lieta di annunciare l’inaugurazione della Mostra Collettiva “LOVE”. La Galleria Cico, sotto la direzione artistica della curatrice e artista Cinzia Cotellessa e con la collaborazione del critico d’arte, dott. Piero Zanetov, ha selezionato con attenzione gli artisti partecipanti:
Aalis, Franco Bacci, Loredana Garzillo, Rossella Giorgetti, Giosetta Fioroni, Paola Luciani Fulbright, Imiklis, Barbara Maresti, Donatella Ricci Piccirilli, Alessandro Stronati, Federica Virgili.
L’esibizione collettiva “LOVE” avrà il suo avvio domeni-
ca 4 febbraio e proseguirà fino al 18 febbraio 2024. Questa nuova esposizione, ideata dalla Galleria Studio CiCo, si propone di creare un percorso omogeneo e discorsivo, dove gli artisti potranno esplorare il tema dell’amore attraverso un caleidoscopio di immagini e colori.
«La traccia della mostra – dichiara Cinzia Cotellessa della Cico -, vuole essere un’ispirazione per gli artisti, invitandoli a esprimere emozioni, sentimenti e tutto ciò che proviene dal cuore attraverso tecniche artistiche diverse». “LOVE” si prefigge infatti di trasferire ai visitatori una sensazione di gioia, spensieratezza e serenità, celebrando l’amore in tutte le sue forme e manifestazioni.
«L’amore, presente in ogni epoca, religione e sentiero spirituale - continua la gallerista -, è il motore eterno della nostra esistenza umana. La mostra esplorerà l’amore non solo tra esseri umani, ma anche l’amore per la vita, la natura, l’arte e tutte le cose belle che arricchiscono il nostro vissuto». La parola “Amore” sarà interpretata in tutte le sue sfaccettature, lasciando agli artisti il compito di esprimerlo in modo unico e personale.
La Galleria Studio CiCo auspica una partecipazione entusiastica e vibrante degli artisti selezionati, contribuendo a rendere
“LOVE” una mostra straordinaria e indimenticabile. La mostra collettiva “Love” sarà presentata dalla gallerista Cinzia Cotellessa e dal critico d’arte Piero Zanetov. Seguirà un brunch durante e una degustazione di vini di Casale del Giglio.
L’esposizione avrà una durata di 15 giorni con personale di vendita dalle ore 12 alle 19.30 (escluso festivi), e terminerà il 18 febbraio 2024.
In una mia ricerca storiografica e scientifica che è divenuta modulo monografico e seminario universitario sulla figura di Vivian Maier che ha lasciato una tracce indelebile nella storia della fotografia contemporanea. Apro questo saggio dicendo : Che nel ventennio che intercorse tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti d‟America furono teatro di forti e importanti cambiamenti nella percezione del ruolo delle donne. Inimmaginabili libertà personali e politiche, che coinvolgevano il comportamento in pubblico, il modo di vestire più libertino e meno costretto, la possibilità di fumare e bere alcolici, l‟opportunità di competere con gli uomini in campo professionale ed economico, diventarono d‟un tratto appagante realtà. Ma, nonostante queste dirompenti conquiste sociali, il fondamentale contributo che queste stesse donne avevano profuso prima del conflitto mondiale al fine di risvegliare lo spirito femminista messo a tacere in una società prevalentemente patriarcale, continuarono ad essere clamorosamente accantonate, forse eclissate da problemi sociali ed economici ritenuti più urgenti. Fu allora che vennero abbandonati i concetti di femminilità, eleganza e grazia intrinseche comunemente assunti come giustificazione alla quantità sempre maggiore di donne nel campo della fotografia. Le
fotografe stesse iniziarono a pretendere di essere giudicate in primo luogo in base alle loro abilità tecniche, anziché in base al sesso, così da poter competere con i colleghi maschi su un piano il più possibile paritario. Le battaglie, però, non diedero i frutti sperati, e lo dimostra il fatto che i salari e le condizioni lavorative sperimentate dalle donne rimanessero iniqui rispetto alla controparte maschile. Le ingiustizie e le barriere in cui le professioniste della fotografia spesso incorsero negli anni successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale, non impedirono loro di impegnarsi con ostinazione e abnegazione nell’arte visiva moderna per eccellenza, sia in qualità di professioniste, che di artiste indipendenti. Il ritratto a fini commerciali si confermò il modo più semplice e remunerativo per le aspiranti fotografe di avere accesso al mondo fotografico. Anche donne di colore e Afro-americane riuscirono passo passo ad acquisire l‟esperienza necessaria per avere successo in un genere, ed eventualmente aprirsi anche ad altri. I miglioramenti ottenuti nelle tecniche di stampa delle immagini resero molto celebre e popolare il ritratto fotografico delle celebrità, pratica in voga già da inizio secolo , a riconferma della straordinaria lungimiranza tipica della fotografia statunitense.
Tra le ritrattiste più celebri di questo periodo, non può essere trascurata Doris Ulmann la quale si dedicò prevalentemente a visi che rappresentassero un popolo, una cultura, uno specifico modo di vivere, in modo da poter catturare l’espressione di un gruppo sociale, e consegnarne al tempo le sembianze, che altrimenti rischiavano di andare irrimediabilmente perdute. Le tendenze moderniste si diffusero in questo periodo storico anche nel Nord America, così come in Europa. Molte fotografe per passione, però, esitarono ad abbandonare i dettami pittorialisti, probabilmente perché ben integrate nell’organizzazione chiamata Pictorial Photographers of America (PPA). Il PPA fu fondato nel 1916 da Clarence White, il quale era impegnato nel promuovere principi egualitari nei confronti delle donne, predisponendo così un ambiente favorevole e accogliente nei confronti dei membri di sesso femminile. Questo gruppo, inoltre, era schierato artisticamente con la posizione di chi esalta il ruolo della bellezza come elemento imprescindibile nell’espressione fotografica, e contrastava di conseguenza le idee moderniste e più dirette portate avanti da Alfred Stieglitz e Paul Strand. L‟associazione era anche attiva nell‟organizzare periodicamente esposizioni di ope-
re realizzate dai propri membri, nonché nel promuovere il proprio linguaggio artistico attraverso la pubblicazione annuale di una rivista. Il ben radicato movimento pittorialista emergeva anche in occasione di mostre messe in piedi da altri gruppi fotografici dislocati in varie parti del Paese. I soggetti più battuti da parte delle fotografe dell‟epoca erano abbastanza tradizionali: ritratti, paesaggi, nature morte, semiastrazioni, immagini di bambole.
Quando, negli anni ‟20 del XX secolo, le barriere precedentemente alzate tra l‟arte pura e le immagini prodotte a fini commerciali furono finalmente eliminate, i due ambiti si mescolarono, rendendo lecita la pratica di realizzare immagini di alto livello estetico e artistico destinate poi alla vendita e promozione di beni di consumo. In questo rinnovato contesto culturale, l‟industria pubblicitaria iniziò a fare puntuale ricorso alle fotografie e ad uno stile visivo avanguardisticamente modernista per portare all’attenzione delle masse i propri prodotti. Sebbene il settore pubblicitario fosse inizialmente dominato da uomini, anche le donne riuscirono a ricavarsi uno spazio dignitoso grazie all‟incremento del potere d‟acquisto di consumatrici di prodotti per la casa.
Tra le fotografe che ottennero successo in campo pubblicitario ignorando la riduttiva ed obsoleta divisione tra arte e commercio, non possono essere dimenticate Margaret Watkins , Sara Parsons e Wynn Richards . Ciascuna a modo proprio e con uno stile personale, i riconoscimenti ottenuti da queste artiste dimostrarono che anche le donne possedevano la capacità di pensare in modo astratto, di valorizzare le caratteristiche dei prodotti, e di far appello ai desideri delle masse. Contemporaneamente all’impegno in ambito pubblicitario, alcune fotografe investirono energie anche nell‟adiacente industria della moda, raggiungendo buoni risultati, ma non riuscendo a porsi ad un livello di equità rispetto ai colleghi uomini. La costa occidentale degli Stati Uniti era meno vivace dal punto di vista culturale, e offriva minori chance di successo per le donne devote alla fotografia. La principale via per raggiungere la popolarità e guadagnarsi da vivere, era offerta dal genere del ritratto. Oltre a ciò, le fotografe decise a non spostarsi verso Est in cerca di fortuna trovavano impiego come ritoccatrici in studi di fotografia, altre si dedicavano a scatti di stampo architettonico, o al settore dell’illustrazione di libri. Sebbene le possibilità di perseguire una brillante carriera fotografica fossero relativamente contenute, uomini e donne di area Pacifica furono attivi nel sostenersi a vicenda nella strada verso il successo.
Uno dei più riusciti esempi in tal senso, fu il Group , fondato nel 1932 da Edward Weston, Ansel Adams e Dorothea Lange tra gli altri, allo scopo di facilitare l‟interazione tra
fotografi e, quindi, aumentare auspicabilmente le possibilità di far conoscere i lavori di ciascuno attraverso esposizioni e mostre in musei e gallerie. Celeberrime fotografe che operarono nell‟America occidentale negli anni tra i due conflitti mondiali, sono Imogen Cunningham e Laura Gilpin . Originaria di Seattle, molto devota allo stile modernista, Cunningham individuò il proprio linguaggio figurativo prevalentemente nelle piante, che era solita inquadrare in modo inusuale e ravvicinato, così da far perdere allo spettatore le rassicuranti coordinate spazio-temporali. Punto focale della sua ricerca fu anche la figura umana nella sua nudità, spesso affrontata con un modernismo non privo di accenti pittorialisti, che contribuisce a collocare le sue immagini in un territorio di confine tra realtà e sogno. Ciò che risalta nell‟opera di Cunningham è il legame tra fotografia artistica e ambienti privati, così da rivalutare, agli occhi dello spettatore, anche l‟oggetto più banale e quotidiano.
I paesaggi dell’Ovest e del Colorado, costituiscono il materiale primario dell’interesse fotografico di Laura Gilpin, la quale realizzò anche ritratti e nature morte floreali. Indifferente alle critiche della comunità fotografica maschile, Gilpin si orientò verso nuovi soggetti sempre alla ricerca di terreni inesplorati da sondare, e provvide da sola alle proprie pubblicazioni.
Gli anni 30 portarono con sé importanti cambiamenti dal punto di vista sociale e soprattutto economico, a causa della Grande Depressione che colpì gli Stati Uniti a seguito del tracollo finanziario del 1929.
La crisi e la povertà che conseguirono a quel drammatico periodo storico, si abbatterono sul popolo americano con una tale brutalità che tutti gli aspetti della vita e le manifestazioni culturali del Paese ne furono coinvolti e influenzati. Gli storici della fotografia l’hanno collocata nella hall of fame, accanto a personalità straordinarie come Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winogrand. L’allestimento di Palazzo Sarcinelli esplora quindi il tema dell’autoritratto di Vivian Maier a partire dai suoi primi lavori degli anni ’50, fino alla fine del Novecento. Un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica. Le sue ricerche estetiche si possono ricondurre a tre categorie chiave, che corrispondono alle tre sezioni della mostra. La prima è intitolata SHADOW (l’ombra). Vivian Maier adottò questa tecnica utilizzando la proiezione della propria silhouette. Si tratta probabilmente delle più sintomatica e riconoscibile tra tutte le tipologie di ricerca formale da lei utilizzate. L’ombra è la forma più vicina alla realtà, è una copia simultanea. È il primo livello di una autorappresentazione, dal momento che impone una presenza senza rivelare nulla
di ciò che rappresenta. Attraverso il REFLECTION (riflesso), a cui è dedicata la seconda sezione, l’artista riesce ad aggiungere qualcosa di nuovo alla fotografia, attraverso l’idea di auto-rappresentazione. L’autrice impiega diverse ed elaborate modalità per collocare sé stessa al limite tra il visibile e l’invisibile, il riconoscibile e l’irriconoscibile. I suoi lineamenti sono sfocati, qualcosa si interpone davanti al suo volto, si apre su un fuori campo o si trasforma davanti ai nostri occhi. Il suo volto ci sfugge ma non la certezza della sua presenza nel momento in cui l’immagine viene catturata. Ogni fotografia è di per sé un atto di resistenza alla sua invisibilità. Infine, la sezione dedicata al MIRROR (specchio), un oggetto che appare spesso nelle immagini di Vivian Maier. È frammentato o posto di fronte a un altro specchio oppure posizionato in modo tale che il suo viso sia proiettato su altri specchi, in una cascata infinita. È lo strumento attraverso il quale l’artista affronta il proprio sguardo. Attraverso gli scatti di Vivian Maier ripercorremo la seconda metà del Novecento con gli occhi e negli occhi di un’icona della storia della fotografia.
Di luce, di acqua, di vento. La vibrante resa atmosferica è senza dubbio alcuno una delle caratteristiche preponderanti dell’arte di Rudy Mascheretti, che sulla tela traspone la vibrante immediatezza sinestesica del mare aperto, del soffio salmastro del vento sulla pelle, della multiforme, instabile cromia dei riflessi. Ma questa apparente spontaneità ha radici lontane. Dalla prospettiva aerea leonardesca all’astrattismo di Turner gli artisti hanno da sempre cercato il modo di rappresentare non solo il visibile della realtà, ma anche l’ !indescrivibile”, l’infinitamente piccolo del pulviscolo o l’incommensurabile insieme dei fenomeni naturali. Rudy Mascheretti, certamente favorito dall’avere nella propria città natale, Alassio, un punto di vista privilegiato sull’ambiente marino, ha orientato parte della propria riflessione su queste problematiche. La sua ricerca non ha fondamento emozionale o inventivo, ma in primis tecnico: la preparazione della tela con l’uso della colla di coniglio, esattamente come praticato dai maestri del Quattrocento, gli consente infatti di conferire ai suoi paesaggi una profondità alternativa alla prospettiva classica. Ed è questo elemento sottostante a rendere possibile la percezione delle minime variazioni atmosferiche, mutandosi da
struttura in sostanza. Il colore steso a taches giustapposte o a brevi tratti (e frequentemente anche con decisi movimenti circolari di fortissima spinta ascensionale) e quindi con andamento ritmico spezzato, definisce tuttavia un insieme armonico. E proprio l’armonia è uno dei fondamenti del percorso di Mascheretti, non solo inteso nel senso estetico dell’equilibrio compositivo, ma proprio nella sua accezione musi-cale di formazione e concatenazione degli accordi nella polifonia: l’artista si esprime infatti anche attraverso l’unione di musica e pittura nel contesto delle performance denominate Beat Art Con-cept, durante le quali mixa brani riarrangiati e al contempo dipinge grandi tele. Ciò che apparente-mente nasce come frutto di una !improvvisazione” ha quindi salde basi concettuali: tra esse la principale è il trattato Lo spirituale dell’arte (1910) di Vassilij Kandinsky, nel quale il maestro russo giustamente sottolinea che l’arte, se davvero vuole affrancarsi dalla mera riproduzione del visibile, deve giungere all’intangibilità della musica e diventare un mezzo per indagare la realtà. La rappresentazione didascalica di un paesaggio per il suo limitarsi all’esteriorità del reale, pur nel-l’esattezza puntigliosa, non sarà mai in grado di renderne le multiformi caratteristiche,
poiché la visione risultante sarà appiattita sulla sua stessa superficialità. Per questo Alassio vista da Rudy Mascheretti non è la trasposizione di una città da cartolina, ma un luogo riletto attraverso una meditata ricerca volta a trasmettere un’immagine mentale e sensoriale. Una realtà nutrita di studio, ricordi, riflessioni,musica. E di luce, di acqua, di vento.
Claudia Andreotta, storico dell’arte.
Nato a Bergamo il 07/07/1964, trasferito ad Alassio da bambino, dove risiede e ha creato la sua attività artistica. L’Artista con spiccata abilità figurativa, dedica molte delle sue energie al disegno, con cui spesso anticipa i dipinti abbozzando schizzi freschi e leggeri.Sperimenta con molta attitudine e facilità esecutiva anche la disciplina della scultura con Gessi, Terracotta, Cementi e opere lignee figurative.Rudy, fin dagli esordi fu definito eclettico Artista, Designer e Pittore, ma anche deejay con una grande attitudine alla musica, con 30 anni di professione consolidata nelle migliori consolle italiane ed estere collaborando con cantanti e musicisti internazionali.Rudy Mas (nome d’Arte nel campo musicale) si alterna tra serate deejay e mostre di pittura, ad un tratto forse per caso o forse per destino, ha l’intuito di unire le sue passioni fondendo Arte e Musica in un’innovativa e suggestiva performance che lui stesso ha battezzato: “The Beat Art Concept”. Ovvero l’arte ispirata dal ritmo della musica. Rudy Mas diviene così il primo Deejay e Artista al mondo capace in uno ISTRUZIONE Accademia di Belle Arti di Carrara (MS)1990 - 1993 Valutazione finale Laurea 110/ lode con tesi in design. Allievo del Maestro Umberto Buscioni.ESPERIENZE PROFESSIONALI -2024 Febbraio Partecipazione Arte Fiera Genova stand Personalizzato
tel. 328 7612932
mail: rudymascheretti@gmail.com
sito web
rudymascheretti.com
Edizione 18 -2023 Ottobre Mostra Collettiva Ex Chiesa Anglicana Alassio “Prometeo…e gli altri” -2023 luglio/settembre eventi vari di “Beat Art Concept”:La Ciau del Tornavento – Langhe Charity Dinner – Diana Grand Hotel Alassio Exclusive Party- Villa Palmieri Firenze Opening Party- ristorante Marena-Milano -2022 Dicembre “ALASSIO, IL MARE DEL MONVISO” è il titolo della personale, a cura della galleria d’arte Artender di Alessandro Scarpati, c/o Turin Airport Hotel di San Francesco al Campo.-2022 Novembre Sala Grecale Magazzini del Cotone- Comune Genova “Orientamenti” Performance Beat Art Concept.-2022 Settembre Mostra Contemporanea Signa Artis collettiva GALLERIA AART’S è GENE-ROMA -2022 Giugno inaugurazione ART STUDIO Dell’Artista-Vernissage Via Torino, 35 Alassio.“Spazio Sprecato è qualsiasi spazio in cui ci sia dell’Arte” (Andy Warhol) -2022 Aprile esposizione personale c/o Galleria Artemy, via XX Settembre 130, Alassio, “Il Nudo Rivela l’altra parte dell’Anima”-2022 Marzo esposizione “Omaggio a Firenze” c/o Hotel Executive, Via Curatatone, Firenze e Grand Hotel Minerva, Piazza S.M.N. Firenze.show di mixare sul palco la propria musica mentre contemporaneamente dipinge una maxi tela creando una vera opera d’arte.
Philip Colbert, noto come l’erede di Andy Warhol, èal Museo Nazionale Archeologico di Napoli (MANN) con il suo progetto “House of the Lobster“, in programma già dal 26 gennaio e che resterà fino al 1 aprile 2024.
La mostra porta in scena un dialogo unico tra opere d’arte e spazi storici. Il visitatore si immergerà in un universo dove sculture, dipinti e installazioni digitali convivono, creando un’esperienza sensoriale completa. Le opere esposte riflettono l’inconfondibile stile di Colbert, con una forte presenza dell’iconica immagine dell’aragosta, suo alter ego, che attraversa vari medium artistici.
Colbert ha scelto l’aragosta come simbolo chiave nella sua arte, unendo il fascino del naturale con il surrealismo. L’aragosta rappresenta per lui un alter ego, un’entità che incarna sia il design naturale sia un importante messaggio ambientalista nella sua trasposizione digitale.
Nell’esposizione c’è un mosaico marino, proveniente da Pompei VIII, 2 16, con al centro una battaglia tra un’aragosta, una murena e un polpo. Per Colbert, il significato profondo di questo conflitto intrappolato ha portato l’artista a produrre le scene di battaglia sottomarina nelle ‘Pompeii Series’ (2023 – presente) qui esposte.
Colbert esplora la lotta senza tempo simboleggiata nel mosaico dall’aragosta, dall’anguilla e dal polpo, tessendo una narrazione di conflitto perpetuo.
Philip Colbertè nato in Scozia nel 1979, ha studiato filosofia all’Università di St. Andrews prima di trasferirsi a Londra, dove vive e lavora. La sua arte, sostenuta da figure di spicco come Charles Saatchi e Simon De Pury, è stata esposta in prestigiosi musei internazionali.
Innovatore nell’arte contemporanea e pioniere del metaversoColbert ha saputo unire il digitale alla Pop art in modo unico, creando un linguaggio artistico satirico e provocatorio.
Informazioni
Luogo: Museo Archeologico Nazionale di Napoli, piazza Museo 18/19
Telefono: 081/4422336
Orari di apertura: 9-19,30. Martedì chiuso
Costo: 22 euro; ridotto 2 euro
Dove acquistare: https://mann-napoli.it/ Sito web: https://mann-napoli.it/ Organizzatore: Bam! Arte - Eventi d’arte, Studio Philip Colbert in collaborazione con il MANN
Oggi lavora e vive con la sua famiglia in Calabria. Nasce a Montevideo in Uraguay. I genitori di Edison erano uruguaiani, mentre i nonni paterni erano spagnoli. Fin da piccolo ebbe il dono dell’arte. Tra i diciannove, vent’anni studiò disegno pubblicitario. L’artista stesso racconta che l’ insegnante rimase impressionato dalla sua bravura nel ricopiare perfettamente un busto del David soffermandosi sulle luci e ombre. In Uraguay conosce Teresa, bravissima poetessa, che diventerà sua moglie e sua consigliera. I genitori di Teresa erano entrambi italiani, di Bisignano. Nel 1982 arrivano in Italia. Sono 42 anni che vivono a Cosenza. Nella citta dei Bruzi l ‘artista lavora per molto tempo con agenzie pubblicitarie realizzando molti marchi importanti.
L’arte di Edison coniuga capacità espressive e amore per la natura: mare, immense pianure, cavalli, grandi fiumi. All’inizio, appena arrivato in Italia dipinge molti paesaggi della sua terra perché forte era la nostalgia per il suo paese. Arte e natura diventano parte integrante di un messaggio che viene da una coscienza ecologica. È presente lo studio accurato dell’ambiente nella sua arte e l’ idea di una pittura ecologia nasce dopo aver appreso tante notizie sull’inquinamento del mare e dell’aria. L’arte, per Edison, diventa strumento di protesta. Durante l’estate, il periodo che trascorreva al mare in vacanza, utilizzava sempre un bloc-
chetto per disegnare e realizzare degli schizzi sulla natura protetta. Questi disegni restarono per tanto tempo chiusi in un cassetto. Poi si presentò l’occasione di una personale “Dalla natura bucolica alla cyber natura”, dedicata al tema dell’ambiente. Il messaggio è forte... Vuole essere una sorta di presagio di ciò che potrebbe accadere se continuiamo a non aver cura del nostro pianeta. Una coscienza ecologica e civica. L’arte diventa, attraverso il talento di Edison, messaggio, propaganda, monito. L’originalità di queste opere consiste nel vedere la natura chiusa in una bottiglia o in una anfora. L’arte di Vieytesè stata definita bella, interessante ma anche provocatoria. L’artista si è occupato anche di litofotografia. L’ispirazione dei suoi quadri nasce spontaneamente. Realizza lo schizzo su foglietti li conserva e successivamente dipinge il quadro.
A Cosenza l’artista possiede un grande studio dove si dedica a dipingere la città di Cosenza e le sue bellezze. Il centro storico lo affascina: la villa vecchia con i suoi giardini, le bellissime fontane, la biblioteca di Cosenza, il castello e tanti altri interessanti luoghi.
Edison utilizza varie tecniche: olio su tela, carboncino sanguigna, pastello, pastello ad olio. In 42 anni che vive a Cosenza ha realizzato tantissime mostre.
La sua arte mi ha incuriosito e così è nata l’idea di una breve intervista per approfondire il suo pensiero.
D. A quale artista del passato ti sei ispirato per la tua arte?
R. Mi sono ispirato molto ai pittori dell’impressionismocome: Monet, Manet, Sisley e anche al pittore post-impressionista Vincent Van Gogh. Ho tratto molta ispirazione dal mio insegnante di disegnopubblicitario, che era un famoso pittore acquarellista uruguaiano degli anni ’60, Esteban Garino.
D. Quali sentimenti provi mentre dipingi?
R. La pittura provoca in me uno stato di rilassamento e mi permette di evadere dalla realtà facendomi sentire immerso in ciò che dipingo.
D. Descrivi brevemente un profilo dell’uomo e dell’artista Edison?
R. L’uomo e il pittore coincidono, perché tutto ciò che mi rappresenta o che provo, essendo molto sensibile come persona, lo rappresento nei miei quadri. Sono molto amante della natura e degli animali, perciò nei miei quadri esprimo quanto il mio desiderio di proteggerli e preservarli.
D. Il riconoscimento più gratificante?
R. Il riconoscimento più gratificante sono gli spettatori dei
miei quadri, che hanno assistito alle mie mostre. Inoltre molta soddisfazione mi è stata offerta da alcuni collezionisti di mie opere, che spesso mi hanno riferito, che i miei quadri esprimono serenità e pace.
D.In genere, che impressione cerchi di suscitare in chi osserva i tuoi dipinti?
R. Cerco di mostrare ricordi trascorsi della mia gioventù, nella campagna uruguaiana. Di dare un messaggio di protezione nei confronti della Natura, di denuncia per come questa viene trattata, contro l’inquinamento. Inoltre cerco di esprimere la bellezza della Natura in tutte le sue sfaccettature. Dipingo molto anche la figura del cavallo, perché per me simboleggia libertà, bellezza e nobiltà.
6.Progetti per il futuro?
Sto preparando una personale in cui parlo della mia infanzia e adolescenza del passato trascorso in Uruguay. Avrei anche il desiderio di partecipare a qualche mostra collettiva in altre città di Italia e all’estero.
Alessandra Primicerio (critico d’arte)
I poligoni di Pierpaolo Nudi tra razionalità e apparenza, luce e colore.
Ho avuto il piacere di conoscere le opere del maestro Pierpaolo Nudi, in seguito ad una interessante visita ad una sua personale,ed è nata l’idea di intervistare l’artista per comprendere la sua arte.
Pierpaolo Nudi nasce a San Marco Argentano e da più di quarant’anni vive e lavora a Rende. Fin da bambino disegnala realtà che lo circonda: paesaggi e interni di casa.
I disegni di Pier Paoloattirano l’attenzione di un amico di famiglia, Giovanni Apreda, pittore e docente di Disegno a Cosenza. Pierpaolo però frequenta il Liceo Scientifico perché un’altra sua passione è la matematica. Si laurea in Scienze Statistichenel 1998. Viaggia in Italia e all’estero. Le scienze statistiche si intrecciano con l’arte esi cimenta con il Bodypainting. Intanto inizia ad esporre in Calabria collettive e personali.
Dal 2007 le sue opere cominciano ad essere stimate da collezionisti affascinatidall’arte contemporanea. Dal 2008 è Accademico dell’”Accademia Angelica Costantiniana” di Roma. Nel 2009 l’artista scrive un saggio nel quale definisce la “MultivariArte”. Dal 2009 ad oggi si impegna sempre in opere “Concettuali” Dal 2010 l’opera Nudi è acquisita dalle più importanti case d’aste di arte moderna e contemporanea italiane. Vincitore del Galà de l’Art 2016 di Montecarlo. Nel 2017 il critico e storico d’arte prof. Vittorio Sgarbi cura la personale “MultivariArte” a Piacenza. Ad oggi sono numerose le sue esposizioni collettive e personali.
Le sue opere figurano in numerose raccolte e collezioni private in Italia e all’estero. Attualmente l’Artista è impegnato in ricerche e sperimentazioni di arte concettuale.
D. Il luogo dove sei nato ha influenzato in qualche modo il tuo amore per l’arte?
R. Sono nato a San Marco Argentano e ho vissuto lì i miei primi 4 anni poi per motivi lavorativi mio padre si è trasferito a Rende ( Cs). Nascere e vivere a San Marco ha influenzato il mio amore per l’arte. Importante è stata la campagna con i suoi odori, profumi e con tutti i suoi cambiamenti. Andavo a San Marco da mia nonna tutti i fine settimana quindi questorapporto con la natura c’è stato sempre. Ancora oggi c’è questo contatto perché possiedo una azienda agricola. Fin da piccolo quindi riproducevo tutte quelle sensazioni che mi davano i colori che si trasformavano con il succedersi delle stagioni. D. Ci parli dell’inizio dei tuoi studi artistici?
R. Ho frequentato il liceo scientifico. Il liceo artistico mi attraeva ma l’amore per la matematica mi ha portato a fare una scelta scientifica. La parte umanistica è venuta fuori in modo passionale mettendo in evidenza di più l’arte moderna e contemporanea. Mi ha aiutato a sviluppare la mia passione per l’arte un amico di famiglia che mi ha seguito, consigliato e dato forza per perseguire questo percorso in modo parallelo, finché non siamo diventati accademici dell’Accademia Angelica Costantiniana di Roma. D. Hai viaggiato moltissimo. Le esperienze che hai vissuto hanno influito sulla tua formazione artistica?
R. Di viaggi ne ho fatti prima e dopo il matrimonio. Prima, da ragazzo, mi sono fermato a Torino, Bologna e mi incuriosivano le gallerie e i musei. Ero interessato ad alcune opere e mi documentavo su artisti che ancora non conoscevo. Ho incontrato persone importanti con le quali mi sono confrontato e con le quali sono ancora in contatto. I viaggi quindi sono stati molto importanti, specialmente quelli all’estero perché hanno modificato il mio punto di vista che era ancora molto “chiuso”.
D. Il pittore e scultore Francesco Bitonti ti ha inserito nella sua corrente artistica chiamata “Introspezionismo”. Ci parli di questo importante incontro?
R. Ho avuto la fortuna di conoscere e collaborare con il maestro Franco Bitonti. Durante i nostri incontri si parlava dell’introspezionismo e ho iniziato a lavorare con il
cuore, la mente e l’anima e ciò mi ha portato a modificare e a stravolgere altre forme realizzate fino a poco tempo prima. Franco Bitonti era un grande artista perché ti trascinava nel sul pensiero, ci credeva moltissimo. Ho firmato il manifesto dell’introspezionismo a febbraio del 2008, a Roma.
D. Inizialmente hai dipinto paesaggi campestri, crescendo artisticamente sono cambiati stile e tematiche. In che modo?
R Dai paesaggi campestri o interni di casa sono passato ad un altro stile. Due motivi mi hanno predisposto al cambiamento: la conoscenza di Franco Bitonti che mi ha portato a lavorare sull’introspezionismo arrivando a modificare il mio fare arte e gli studi scientifici fino alla laurea in scienze statistiche.
D. Quali sono gli artisti famosi a cui ti sei ispirato?
R. Gli artisti famosi a cui mi sono ispirato sono stati Montreal, Franco Stella, Enrico Castellani e altri artisti celebri anche contemporanei.
D. Cos’è la MultivariArte?
R. È lo studio delle dimensioni multivarie che influenzano la vita. Da qui partono diversi processi che vado a svolgere e che vanno a variare le opere che eseguo. L’indagine per esempio può partire da un quadrato dove c’è un punto al centro di questa forma ma inclinando la testa e andando a destra e a sinistra noto che ci sono altre facce, quindi questa forma che sto indagando non è più un quadrato perché mi accorgo che ci sono 6 facce e diventa quindi un cubo e il puntino diventa un centroide. Immagino tutte le direzioni che sono all’interno di questo cubo e si dirigono verso il centroide che rappresenta la vita. L’indagine è quella di mettere in evidenza tramite il colore, la tridimensionalità.
D. Cosa sono le tele estroflesse?
R. Le tele estroflesse sono delle strutture che danno la possibilità di fuoriuscire dal piano della terra utilizzando strumenti come dei legni, delle centine, delle viti. Quindi creano delle protuberanze della tela e riescono a registrare qualcosa che è invisibile alla luce e creare in maniera autonoma ombre e luci.
D. Progetti per il futuro?
R. Fiera a Bologna e una personale a Milano ma è ancora in fase di progettazione
D. Come nasce un’opera?
Parto dalpresupposto che un’opera è uno spazio dove succede qualcosa. La scelta può essere figurativa, astrat-
ta, concettuale ecc. La mia scelta ricade su un’opera non figurativa, astratta e geometrica. Un’opera con un rigore dove il colore viene racchiuso in una forma, in particolare prediligo un triangolo di folgore che sta all’interno di un quadrato o di un cubo. Si parte dai bozzetti che sono lavori progettuali.
L’idea è lavorare su una tela finita dai sui confini fisici che è la rappresentazione di uno spazio relativamente infinito. Lo spazio definito dell’opera esprime l’infinito e l’infinitesimo. In alcune opere voglio trasportare questo. Infatti il supporto non è più un piano bidimensionale ma è tridimensionale grazie alla tecnica della estroflessione della tela, quindi volume e forma (lunghezza larghezza e profondità). È importante cogliere anche la quarta dimensione: il tempo. Sono opere dinamiche. Esposte alla luce naturale le tele estroflesse cambiano, mostrando la variabile tempo, una componente che costituisce lo spazio tempo quadridimensionale. La superficie viene violata non solo dalla luce ma anche da poligoni colorati cromo dinamici. A volte per maggiore completezza utilizzo il triangolo bianco. Questo perché rappresenta i colori non considerati nella scelta iniziale della scala cromatica. Il bianco è la somma dei colori, li contiene tutti. Mantengo la stessa forma estroflessa e vario i poligoni colorati. La variazione dei poligoni colorati hanno infinite possibilità di combinazioni; l’opera varia all’infinito. I poligoni creano infinite sfumature di coloreautonome, c’è un infinitesimo cromatico mediante la luce. Si produce un punto massimo e minimo della luce e nel mezzo infinite sfumature: si parla di dicotomia cromatica che è il vertice del triangolo. I triangoli variano lunghezza d’onda e la loro frequenza mediante la luce e la diversa disposizione dell’opera. I poligoni sono le sintesi di dimensioni multiple invariate e associate al triangolo di
colore che entrano a far parte dell’opera e costituiscono la multidimensionalità(una indagine fisica che va oltre la quarta dimensione).
Alessandra Primicerio (critico d’arte)
(segreti) della Cappella Palatina
Una grande mostra che offre un approfondimento sull’aspetto spirituale del Palazzo Reale di Palermo, ossia un viaggio attraverso un corpus consistente del famoso Tesoro della Cappella Palatina.
Quasi nove secoli non sono bastati per sbiadire l’ibridismo culturale a cui diede vita l’impulso illuminato di Ruggero II. Thesaurus è il frutto di una sinergia tra la Fondazione Federico II e il Fondo Edifici di Culto (Ministero dell’Interno) e della collaborazione con la Prefettura di Palermo, l’Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, l’Arcivescovado e il Museo Diocesano di Palermo, l’Arcivescovado e il Museo Diocesano di Monreale, la Soprintendenza di Palermo, la Soprintendenza dei Beni Archivistici, il Museo Regionale di Messina (MuMe), la Biblioteca Regionale di Palermo e l’Archivio Paladino.
La mostra è visitabile dal 13 dicembre 2023 al 30 settembre 2024, tutti i giorni con i seguenti orari: dal lunedì al sabato, dalle 8.30 alle 16.30 (ultimo ingresso), domenica e festivi dalle 8.30 alle 12.30 (ultimo ingresso).
Il tesoro assume la funzione concreta e affascinante di history keeper, custode della storia, che sembra contenere e voler raccontare quell’aspetto immateriale che metteva insieme maestranze di culture e prospettive religiose diverse. In questo senso il tesoro della Cappella Palatina può essere definito il “Tesoro delle civiltà mediterranee”. Con questa mostra torna a splendere un patrimonio “segreto”, finora
noto a pochi.
Accanto al tesoro della Cappella Palatina altri reperti supportano la continuità, forse l’immortalità, del significato di quella pagina di storia, non a caso divenuta Patrimonio dell’Umanità.
Thesaurus offre una selezione accurata e non casuale dei tesori: 56 reperti che insieme creano un vero documento del messaggio culturale universale, in grado di mantenere viva le complessità: cofanetti, argenti raffinatissimi, pergamene, fonti battesimali, opere raffiguranti la Madonna Odigitria, gioielli appartenenti a Costanza d’Aragona, una bolla raffigurante Ruggero II, un sigillo mesopotamico trovato in uno dei cofanetti, che catapulta indietro fino a Babilonia, al terzo millennio a.C. .
«La Fondazione Federico II – ha detto il Presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno - prosegue con la mostra Thesaurus nell’opera di svelamento e valorizzazione degli infiniti contenuti del Palazzo Reale. L’iniziativa si svolge nell’ottica di una sempre crescente fruibilità dell’importante edificio siciliano, in linea con la mission di un sito Unesco. I manufatti oggetto della mostra narrano storie di tempi lontani e di evidenze di grandi accadimenti culturali che hanno reso la Sicilia centro nevralgico del Mediterraneo».