Rivista20 gennaio-febbraio 2023

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N°55 GENNAIO-FEBBRAIO 2023 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE www.facebook.com/Rivista20
dal Centro Culturale
Edito
ARIELE ARIPA DI MARIANA PAPARA’

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE del Centro Culturale Ariele

Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Rocco Zani Miele Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Enzo Briscese Giovanni Cardone Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli

Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com www.facebook.com/Rivista20

----------------------------------------------------In copertina: Aripa Di Mariana Paparà 2 ENZO BRISCESE Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80 Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80

In questo ciclo di opere, realizzate con un criterio che tiene conto di ogni sfumatura comunicativa, prosegue l’indagine sulla vita e la sua relazione con l’infinito - una vita che sconfigge la morte con la luce e che nel precedente ciclo sindonico dedicato all’Uomo del Telo - vede la definitiva sconfitta proprio nelle bende mortuarie.

Sul filo di questa continuità, sono nate per questa mostra-progetto, installazioni scultoree e pittoriche, dalle superifici intervallate da fenditure come pieghe dell’anima rese più drammatiche con abrasioni e bruciature. Opere capaci di parlare con commossa severità dell’afflato interiore che spinge i popoli di ogni tempo alla ricerca dell’infinito. Mariana Paparà crea con questa percezione nel cuore, grandi installazioni utilizzando garze, pergamena e carte accanto a fogli d’oro e legni particolari. Elementi che contengono memorie, e le trasmettono attraverso messaggi recepibili anche per coloro che ne ignorano storie e significati. Come la betulla, l’albero sussurrante di molte culture, la cui leggerezza riporta i suoni e il canto del vento, o le foglie d’oro dai tanti rimandi epocali, o ancora le garze e i chiodi antichi: simboli questi ultimi di dolore e sollievo. Segni visivi e metafore di una trasfigurazione possibile anche per l’umanità.

La sua ricerca poetica si esprime attraverso cicli tematici, nei quali al centro vi è il concetto di metamorfosi come possibilità evolutiva interiore dell’individuo. Il suo linguaggio si sviluppa su radici neo-espressioniste e sull’esperienza del monumentale che nel suo lavoro trova però esiti del tutto personali e inediti, e all’interno dei quali trovano spazio l’interdisciplinarietà accanto a materiali nuovi e antichi scelti concettualmente quali trasmettitori di memorie e simbologie .

mail: marianaaripa@gmail.com aripaart.wordprss. com www.aripa.eu Skype: aripa.torino Tel. +40 736785363 -

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Volendo ammirato, scrivere oggi sull’arte di Mariana, sottolineo subtio quello coerenza profesionale che - in pratica - la caratterizza da sempre, giustficata dall’equilibrata linearita insita in ogni lavoro espresso a tecnica mista e ad acrilico che se svela l’autonomo volto espressivo. Il suo e un impegno di ricerca che tuttavia non va da un luogo all’altro: mai dettato dalla casualita, rifugge l’odierna altrui superficiale e invadente consuetudine cucita alla casualita e all’ apparenza. Il percorso d’ogni dipinto include, înfatti, la stessa ‘ memoria’ per cui Marta Geirut, poetessa e artista scomparsa nel 2005, se l’avesse conosciuta, avrebbe senza dubbio detto essere ‘carta viva’. Tracce e tracciati, simboli.

In Mariana Papara vivono indiscutibilmente i segni della constante riflessione dove gli attimi vitali, composti anche da lamine dorate e argentee, da ferite rosso/ sacrificio e da

vibrazioni astratte, conducono îl pensiero verso una pulsante tensione non priva di intimi accenti e ormai lontani echi figurali, si da evocare îl ‘mistero’. L’artista proseque un interessante viaggio interpretando il proprii tempo, ecco che sulle tavole e sulle tele e sulle carte vive un pensiero lirico concretizzato da uno spazio/ colore funzionale ai propri valori morali indiscutibilmente significativi.

In lei non c’e l’imitazione dell’oggetto o della materia, bensi una fantasia fata imagine in cui confluiscono, s’addensano e s’agrumano immagini di un ‘Io’ che dice e che fa, in un dare forme assestate e spiritualizzate, quasi come un voler consegnare continuativamente agli anni la generosita creativa di cui e dotata.

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Aripa Di Mariana Paparà

Si trattava, infatti, di un lavoro stagionale che attirava donne anche dal Veneto e dall’Emilia-Romagna. Anzi, le migrazioni interne erano ben accolte dai proprietari terrieri, dal momento che, si legge nella relazione di un convegno sulle condizioni di lavoro delle mondine tenutosi a Bologna nel 1905 (e di cui diede notizia il Bollettino del Lavoro e della Previdenza Sociale), le lavoratrici locali volevano prestare i loro servigi solo dietro “un equo salario ed un orario che non sia dannoso alla loro salute”: così, con l’intento “di lasciare disoccupate le mondine locali”, i proprietari delle risaie assumevano “personale forestiero”, disposto a condizioni di lavoro più snervanti. Alla fine del convegno, si stabilì che i sindacati avrebbero dovuto adoperarsi per fare in modo che i contratti non superassero le 11 ore di lavoro giornaliere e che rispettassero il “regolamento Cantelli”, per fare in modo che non ci fossero abusi da parte dei proprietari terrieri, che si raf-

forzasse il sentimento di solidarietà tra lavoratori, che la questione dei migranti stagionali venisse discussa a mezzo stampa e tramite “propaganda orale”, e che alla fine della stagione della monda si fosse tenuto un convegno per valutare i progressi. Il regolamento Cantelli, varato nel 1869, stabiliva che il lavoro doveva cominciare un’ora dopo l’alba e finire un’ora dopo il tramonto (per una giornata oraria di circa nove ore), e prescriveva le norme igieniche per evitare che le mondine si ammalassero. Spesso tuttavia il regolamento non veniva rispettato e le mondine erano costrette a lavorare anche per dodici ore al giorno, ben oltre il calar del sole. La paga delle mondine, a cui fa riferimento il titolo del dipinto di Morbelli, era infima: da una lettera del sotto-prefetto di Vercelli del 13 luglio del 1901 si apprende che da una giornata di lavoro le mondine guadagnavano tra le 1,2 e le 2,1 lire, corrispondenti a circa 5,37 e 9,4 euro attuali.

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Gregory Crewdson. Eveningside

Le Gallerie d’Italia di Torino ospitano, a partire dal 12 ottobre 2022 e fino al 22 gennaio 2023, la grande mostra di uno dei più grandi fotografi contemporanei, Gregory Crewdson, che presenta in anteprima internazionale a Torino, e per la prima volta in un museo, il terzo capitolo della sua trilogia commissionata per l’occasione da Intesa Sanpaolo.

La mostra “Gregory Crewdson. Eveningside”, curata da Jean-Charles Vergne, riunisce per la prima volta le tre serie del fotografo concepite tra il 2012 e il 2022. Pensate come una trilogia, offrono una prospettiva inedita su un decennio di creazione, rivelando il versante intimo dell’universo che ha fatto di Crewdson una delle figure fondamentali della fotografia. Messi in scena facendo ricorso ai mezzi propri del cinema, i suoi scatti hanno progressivamente legato insieme i frammenti di un mondo crepuscolare ispirandosi a un certo tipo di immagini cinematografiche radicate nella memoria collettiva e nella cultura letteraria americana. Eveningside è il terzo ed ultimo nucleo della trilogia di Crewdson iniziata con Cathedral of the Pines (20132014) e An Eclipse of Moths (2018-2019). In contrasto con le foreste solitarie e remote di Cathedral of the Pines e dei cupi paesaggi post-industriali di An Eclipse of Moths, con la serie inedita Eveningside il fotografo esplora figure umane isolate entro i confini della loro

vita quotidiana, dove l’atmosfera richiama il cinema noir classico e la tradizione del bianco e nero in fotografia, rendendo il lavoro ancora più affascinante.

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KLIMT EXPERIENCE

Una rappresentazione multimediale totalmente immersiva dedicata al padre fondatore della Secessione Viennese.

“Klimt, alle origini di un mito”, tutte le informazioni sulla m ostra a Milano fino al 13 luglio. A Palazzo Reale si espongono i capolavori dell’artista austriaco per un’esposizione davvero suggestiva.

La vita, le figure e i paesaggi di Gustav Klimt, ma anche la pittura e l’architettura, le arti applicate, il design e la moda della Vienna secessionista di fine ‘800-inizi ‘900: ecco i protagonisti assoluti di un vero e proprio excursus multisensoriale, ideato da Cross Media, che racconta attraverso immagini, suoni, musiche, evocazioni l’universo pittorico, culturale e sociale in cui visse e operò Klimt e in cui il pittore austriaco fu assoluto protagonista.

L’obiettivo di questo percorso espositivo multimediale è quello di proporre al visitatore un nuovo modello di fruizione dell’opera d’arte attraverso le potenzialità sempre più allargate delle nuove tecnologie. Entusiasmare, affascinare, emozionare e meravigliare il pubblico di giovani e adulti invitandoli ad approfondire la conoscenza del maestro, la comprensione dei suoi lavori e del contesto, la tecnica pittorica e la lettura stilistica attraverso macroingrandimenti dei dettagli delle opere.

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debitore per la propria «fulgurazione figurativa» .Teatro della folgorazione è Bologna, dove Pier Paolo è nato il 5 marzo 1922 e dove con la famiglia è tornato a vivere nel 1937, dopo i numerosi spostamenti al seguito del padre Carlo Alberto, ufficiale in fanteria. Nel capoluogo emiliano scopre la passione per il gioco del calcio e, tra le bancarelle dei libri usati sotto il Portico della Morte, quella per la lettura . Nel 1939 si iscrive all’Università; nelle aule di Via Zamboni, nell’anno accademico 1941-42, il carismatico Roberto Longhi tiene il memorabile corso su I fatti di Masolino e Masaccio. Il docente inscena il dramma solenne della Cappella Brancacci, proiettando diapositive che schiudono universi estetici: un esemplare del mondo masoliniano “si oppone” ad un esemplare del mondo masaccesco, il manto di una Vergine al manto di un’altra Vergine, il primo piano di un Santo o di un astante al primo piano di un altro Santo o di un altro astante, il frammento di una “forma” al frammento di un’altra “forma” . Frammenti che ricostruiscono la più accattivante tra le possibili storie dell’arte fiorentina del primo Quattrocento. Pasolini coltiva il progetto di diventare pittore e storico dell’arte: nel 1940 visita la Biennale di Venezia nel 1941, con uno scritto che riceve molte approvazioni, vince i ‘Prelittoriali di Critica Stilistica’ nel 1942, grazie alla mediazione dell’amico Francesco Arcangeli ottiene da Longhi, che nutre alcuni dubbi in merito alle sue attitudini, l’assegnazione di una tesi di laurea sulla pittura italiana contemporanea. Dopo un assiduo lavoro, condotto con il supporto delle monografie più recenti, PPP perde gli appunti per la tesi durante una rocambolesca fuga dal reparto militare di

Livorno, dove è stato chiamato alle armi e poi fatto prigioniero dai tedeschi. Abbandona così l’idea di laurearsi con Longhi e opta per una ricerca sulla poesia pascoliana. Della «fulgurazione figurativa» rimangono però inalterati, allora e negli anni a venire, tutto il fascino e l’importanza, in un sostrato culturale oramai inamovibile. Pasolini ricorderà qual è, secondo la sua opinione, la più significativa tra le “invenzioni” pittoriche che Longhi attribuisce a Caravaggio: l’abitudine di dipingere osservando gli uomini e le cose attraverso uno specchio. È per l’utilizzo di uno specchio, quale diaframma tra il pittore e il mondo, che nei quadri di Caravaggio vivono e muoiono uomini e cose che sono assolutamente, come mai prima di allora, brani di realtà, e al contempo il “riflesso” della weltanschauung dell’artista. Sul principio degli anni Quaranta, mentre sulla vocazione innata si innestava la folgorazione longhiana, le prime esperienze grafiche e pittoriche erano nate contemporaneamente e consentaneamente ai primi lavori letterari. Parte integrante e non marginale nella definizione di una poetica multiforme e straordinariamente complessa, le prime opere figurative di Pasolini, come le Poesie a Casarsa scritte in friulano, si connotano per la declinazione linguistica tesa a riscattare il particolare della vita all’universalità della cultura: «Malgrado la presenza cosmopolita di Longhi, la mia nous nemmeno pregata, allora, tanta era l’adorazione, la mia pittura è dialettale: un dialetto come “lingua per la poesia”. Squisito, misterioso: materiale da tabernacoli. Sento ancora, quando dipingo, la religione delle cose» .

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Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque

dal 26 novembre 2022 fino al 10 aprile 2023

La Belle Époque, i salotti, le nobildonne e la moda: è il travolgente mondo di Giovanni Boldini, genio della pittura che più di ogni altro ha saputo restituire le atmosfere rarefatte di un’epoca straordinaria.

Letteratura e moda, musica e lusso, arte e bistrot si confondono nel ritmo sensuale del can can e producono una straordinaria rinascita sociale e civile.

Dal 26 novembre 2022 al 10 aprile 2023 Giovanni Boldini, uno degli artisti italiani più amati di ogni tempo, viene celebrato con una grande mostra a Palazzo Mazzetti di Asti.

Dopo i successi delle mostre Chagall. Colore e magia, Monet e gli impressionisti in Normandia, I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna, la collaborazione tra Fondazione Asti Musei e Arthemisia continua a richiamare folle di visitatori ad Asti.

Il nuovo progetto, a cura di Tiziano Panconi, è dedicato al genio indiscusso di Boldini.

80 magnifiche opere – tra cui Signora bionda in abito da sera (1889 ca.), La signora in rosa (1916), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.) – sono protagoniste di una narrazione cronologica e tematica al tempo stesso. L’esposizione presenta una ricca selezione di opere che esprime al meglio la maniera di Boldini, il suo saper esaltare con unicità la bellezza femminile e svelare l’anima più intima e misteriosa dei nobili protagonisti dell’epoca. Una mostra che pone l’accento sulla capacità dell’ar-

tista di psicoanalizzare i suoi soggetti, le sue “divine”, facendole posare per ore, per giorni, sedute di fronte al suo cavalletto, parlando con loro senza stancarsi di porle le domande più sconvenienti, fino a comprenderle profondamente e così coglierne lo spirito, scrutandone l’anima. Farsi ritrarre da Boldini significava svestire i panni dell’aristocratica superbia di cui era munificamente dotata ogni gran dama degna del proprio blasone. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze ma, infine, concedersi, anche solo mentalmente, facendo cadere il muro ideologico dell’alterigia, oltre il quale si celavano profonde fragilità.

La mostra Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque con il contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Asti, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, in collaborazione con Arthemisia, con il patrocinio della Provincia di Asti, sponsor Banca di Asti.

Per informazioni e prenotazioni: Tel. 0141 530403 Cell. 388 1640915 info@fondazioneastimusei.it

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László Botár

All’interno di Living Moments / album d’arte

Ci sono molti esempi in cui diverse persone festeggiano i loro compleanni con grandi feste. Per un attimo sono stata anche tentata dal vano desiderio di celebrare in modo non convenzionale questo momento importante della mia vita. Alla fine ho deciso che mi sarebbe bastato guardarmi bene allo specchio e modificare un album festivo. Esattamente quello che hai tra le mani. Questo libro è principalmente un resoconto delle mie opere: il mio intento è quello di mostrare una visione trasversale di tutta la mia attività artistica. Per orientarmi, ho cercato di chiarire davanti a me quante “scatole”, volti hanno le mie attività, che riempiono tutte le mie giornate. Li prendo in considerazione: • Arti visive attive. Dico spesso: mi sono laureata in design, per questo dipingo e creo anche sculture. Ma penso che non importi quale sia il proprio grado di specializzazione, la cosa più importante è che una persona sia in grado di rendere conto di se stessa. • Assegnazione sul posto di lavoro. Sono il direttore del dipartimento di arti visive del Centro Culturale della Contea di Harghita, il mio status è di impiegato culturale, ma in pratica sono disegnatore di stampe, artista grafico applicato o anche designer. I miei college e i miei manager mi stanno tutti apprezzando, non ho tempo per annoiarmi. • Gli affari miei. Il design per me è un mondo completamente diverso, lo separo da tutte le

mie altre cose. La precedente è una forma d’arte, questa è una professione. Ho progettato anche trattori cingolati, più precisamente tre prototipi, che sono stati esportati anche in altri paesi.

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Al giorno d’oggi questo tipo di lavoro è costituito principalmente da interior design. Il design si basa su principi interni, tutto potrebbe essere il caso. •. Lavoro di organizzazione artistica. Da alcuni anni mi occupo dell’organizzazione della Harghita County Visual Arts Exhibition, che è una specie di evento di creazione di comunità, non un inventario meccanico dell’attività annuale degli artisti della nostra regione. Questo è il momento e il luogo in cui noi, come comunità, possiamo vivere il fatto che dipendiamo tutti gli uni dagli altri in modo interattivo e professionale. Miercurea Ciuc ha un pubblico fedele, colto, che si sta – volenti o nolenti – crescendo giorno dopo giorno, diventando così sempre più conoscitore. Questo, trovo una cosa molto sana. Nella nostra regione c’è un artista ogni mille persone, che è una media molto buona. Quando una volta ho fatto un inventario degli artisti visivi, ho contato una novantina di artisti professionisti. Ci sono solo poche eccezioni, che non hanno un titolo universitario, tuttavia sono stati certificati dalla loro professione. • Capo campo. Da alcuni anni, alla fine di ogni estate, stiamo organizzando un campo internazionale di arti visive, chiamato Free Camp, che significa una libertà creativa quasi illimitata per gli artisti che partecipano dalla Romania, dall’Ungheria e da altri paesi europei, abbiamo ospite anche dall’Estremo Oriente. Il lavoro creativo, che si articola in più giorni, si trova in un unico studio, ed è una sorta di scuola interattiva per tutti noi. La canalizzazione di questo stato d’animo creativo senza rive è mia responsabilità in ogni caso. Ci sono alcune persone, che dicono delle mie ambizioni artistiche, che si allontanano dall’immaginario figurativo e che portano su di sé i segni di una visione dell’arte più astratta, sia nella forma che nel concetto. Direi diversamente, in maniera più sfumata, dopotutto la nozione di figurativo non significa esplicitamente per me la rappresentazione realistica della figura umana, ma gli elementi della realtà, che agiscono con una forza simbolica. A volte nei miei lavori compaiono anche delle figure umane, queste sono per lo più figure femminili, o sono solo segni.

Il corpo della donna e il suo spirito è una cosa così complicata che può essere usata per esprimere qualsiasi altro pensiero. Ho approfittato di questo fatto e non sempre ne ho rappresentato la bellezza e talvolta la bruttezza in tutta la loro estensione. Si può trasmettere di più con i dettagli. Per questo ho utilizzato il “più con meno” come metodo di comunicazione, lasciando spazio ad ulteriori analisi. Siamo guidati dalla centralità dell’uomo anche dove sospettiamo una totale astrazione. La ragione di ciò è che è molto difficile staccarsi da ogni sentimento umano, dai sistemirelazioni e dalle connessioni tra questi, in altre parole da quelle cose che definiscono noi stessi: dalla relazione tra sé e la comunità. La differenza di tutte queste forme di apparenza mi dà la diversità. Inoltre, per me, il concetto di figuratività, non significa solo l’umano stesso, ma includo anche le realtà tangibili che ci circondano. Come artista, non posso lamentarmi del fatto che sarei impopolare o poco apprezzato, ecc. quelle persone, che possiedono una foto di Botár, possono definirsi fortunate. Mi chiedevo cosa rendesse le mie foto attraenti per gli altri

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ENZO BRISCESE

Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80

La suggestiva pittura dell’ultimo ciclo tematico di Enzo Briscese centra un nodo cruciale e lacerante della realtà odierna, ossia la “comunicazione”,peggiorata anche dall’inaspettato dramma della separatezza sanitaria di lungo periodo per la pandemia da covid, a cui abbiamo sopra accennato. Questo nodo centrale, toccato dall’arte di Briscese in uno dei suoi aspetti più conturbanti, contribuisce ad originare la scarsa qualità della vita dei giovani. L’artista si accosta con un’attenzione discreta, un interesse partecipato e preoccupato. Egli dipinge cioè con delicatezza la precarietà comunicativa vissuta dai ragazzi di adesso. Nei suoi quadri essi sfilano con i telefonini in mano. Tali opere sono la messa a fuoco di una realtà e una dinamica inquadratura che non diventa mai un banale sfogo per provocare una delle tante denunce lamentevoli.Enzo Briscese, pittore, vive nelsuo tempo e lavora con gli strumenti che gli competono: tele, colori, e infine quadri che parlano. La concezione di libertà è strettamente legata al rispetto: riteniamo pertanto che prima i giovani necessitino di amorevoli e competenti guide e in seguito abbiano bisogno di un inserimento critico nella collettività attiva in un clima che è sicuramente problematico ma dovrebbe essere anche

di dialogo fattivo. Il ciclo pittorico “I ragazzi del duemila” introduce lo spettatore nella nuova fase artistica di Briscese, evidenziata da una felice presenza di un dinamico figurativo, valorizzata da una ricca tavolozza e da un’elaborata composizione. Il suo complesso linguaggio pittorico è più vitale che mai, “metabolizzato” all’interno del quadro. Le figure sono dapprima sommerse da un confusivo caos di immagini e informazioni mentre negli ultimi lavori si configura un particolare assestamento stilistico. La rappresentazione del giovane evidenzia la sua fuga dall’oppressione che lo attornia e le ultime tele mostrano uno spazio vuoto intorno alla figura che rende visivamente il totale “nulla” in cui il ragazzo si rifugia,, ossia un radicale distacco dalla realtà . Si tratta di una fuga illusoria che sul dipinto si colora di tinte pallide e tenui. Questa serie pittorica, visionaria e realista nello stesso tempo, merita di essere messa inmostra e visitata con particolare cura.

Giovanna Arancio

mail.: enzobriscese6@gmail.com Sito: www.facebook.com/enzo.briscese.9 tel. 347.99 39 710

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Affiorano lacerti della memoria, nella pittura di Enzo Briscese. Affiorano, innanzitutto, la figura e la storia. E, di conseguenza, affiorano i miti e la filosofia, attraverso la rappresentazione figurativa della persona. E poi emergono, anche, codici numerici: assegnati a un immaginario fantastico (di forte potenza evocatrice in senso archetipale) e a progressioni algebriche che appaiono, in alcune circostanze, del tutto casuali - tuttavia, pur sempre, armoniche - e in altre situazioni rispondono, invece, a un calcolo preciso, sembra quasi desiderato, certamente ricercato, da parte dell’artista, il quale è come se avesse tutto prefissato dentro di se, nel suo immaginario e nel suo inconscio. Insomma, è come se le sequenze geometriche dei cerchi, dei triangoli e dei rettangoli- che l’artista crea sul piano prospettico dell’opera – rispondano a un preciso apparato geroglifico, tutto suo, che racconta: sia la complessità del pensiero razionale e sia l’insostenibile leggerezza dell’individuo, attento a voler manifestare la sua fantasia e la sua immaginazione. E poi compaiono, pure, nei dipinti

di Enzo Briscese: segni e simboli che sono descrittivi, in qualche misura, dello spazio sociale e relazionale, abitato dall’individuo contemporaneo. Da altri dipinti emerge, per di più, un urlo. È l’urlo di un individuo che pone come epicentro, ideale, della sua condanna sociale, la ruvidezza del nostro tempo. Un tempo che conosce solo l’inquieta complessità del vivere quotidiano; dentro spazi architettonici che sono chiusi, a filo di refe, in una dimensione urbana che stringe, che soffoca e che opprime. Una realtà, insomma, che è comunque da condannare e da mettere da parte, ricorrendo al sistema dell’immaginario fantastico: a tratti, ludico, giocoso e disimpegnato e a tratti, invece, serio, greve, misurato e continente. La forza visionaria di Enzo Briscese sta in tutto questo. Sta nella sua capacità di mettere insieme la figura e l’espressione astratta di un’idea. E poi, anche, nella sua abilità di far convergere la forma in un “tutto armonico” dove c’è spazio per il segno, per la linea e per il colore.

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Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80

FRANCO TARANTINO

Il pittore Pugliese(nato a Monopoli) Franco Tarantino, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Bari si diploma al liceo artistico di Lecce, poi trasferitosi a Milano (dove si è diplomato a Brera e all’Istituto superiore di Scultura del Castello Sforzesco), da anni rappresenta l’esempio magistrale di un percorso e una maturazione artistica che lo ha portato da un’ importante esperienza figurativa, all’attuale esperienza di astrazione cosmica e contaminazione di generi. Notato subito dalla critica per le sue doti di disegnatore e incisore figurativo- surreale di stampo Picassiano e Chagalliano, è sempre stato attratto dal colore e dalla forma realizzando negli anni oltre a bellissime incisioni di grande formato, quadri polimaterici coloratissimi, sculture e piatti in ceramica di grande suggestione. Prima ancora di essere pittore, Franco Tarantino è un grande sognatore Felliniano, (vedi opere come Annunciazione,1995, “I trapezisti”, 1996; “L’albero bifronte”,1999) che crede nella libertà creative dell’uomo, ma anche uno strenuo difensore di libertà e istanze civiche, e sociali (vedi opere come “No terrorismo”, 2006 e “USA 11settembre”, 2006; “Giustizia e Libertà, 2006 una grande tela di metri 5×2). Una delle sue doti infatti è di sapersi esprimere sia nel piccolo che nel grande formato. Forse vale la pena di approfondire alcuni suoi temi e simboli ricorrenti prima che approdasse all’attuale periodo “informale” ricco di fluorescenze coloristiche-emozionali

inconsce e giardini segnici. Sono essenzialmente l’Albero, la Donna, Il Cavallo e Don Chisciotte. L’Albero, ha una potente risonanza simbolica: attraverso l’immagine dell’albero che continuamente si rinnova e rinasce, Tarantino ci parla dell’Artista e della sua Arte portatrice di valori, rinascita e memorie e nido di sogni. Dall’immagine biblica dell’albero della vita alle parole di Alce Nero, il mistico Sioux che lo rappresenta al centro del cerchio del

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mondo, l’albero costituisce un’immagine universale e archetipica, un simbolo potente che vive e si moltiplica, nello spazio e nel tempo, in un’infinita varietà di forme. Tarantino raffigura gli alberi negli anni sia nell’incisione (di cui è uno dei maestri Italiani contemporanei) che nelle tele, con angeli dormienti, Amazzoni sognanti, pulsioni afrodisiache, un naturale habitat di poeti e sognatori, luogo d’incontri ecologici, iconologici, simulacro di visioni e di evasione, tramite tra due mondi, quello terreno e quello spirituale.

La Donna: Tarantino ha raffigurato Donne bellissime e sensuali, amazzoni, cavallerizze, modelle, illusioniste, equilibriste etc…ma sempre con un’idea di bello e di armonia, di forme modellate sulla bellezza, linee che accarezzano l’idea di un amore infinito e assoluto. Per Arturo Schwarz, in “La donna e l’amore al tempo dei miti” – Ed. Garzanti – tutte queste dee rappresentano l’Eterno Femminino, con le sue caratteristiche fisiche, bellezza e luminosità, e le sue virtù iniziatiche e salvifiche. La donna, quindi, depositaria dei

misteri (le donne, incomprensibili e astute, per gli uomini – come Athena) e soprattutto dei misteri della sessualità e dell’amore. Sempre a proposito della Donna, Jung scriveva: “Quale immagine primordiale sta dietro le rappresentazioni dell’arte?” E poi afferma: “Ogni uomo porta in sé l’immagine eterna della donna, non di una determinata donna, ma l’immagine del femminile” (C.G. Jung:”Seelenprobleme der Gegenwart”, Rascher).

mail.: 1francotarantino@gmail.com

Sito: https://it-it.facebook.com › franco.tarantino2 tel. 328.878 6353

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LEONARDO CHERUBINI

Il dipinto appare come un’emozione d’animo: un orizzonte che si apre alla luce ed all’aria, mentre leggeri vapori colorano di nostalgiche rimembranze i paesaggi di sogno nei dipinti da Leonardo Cherubini. La sua narrazione figurativa è fatta di sfuggevoli sensazioni: lo sguardo le raccoglie, mentre la fantasia creativa le esalta in un mondo evocativo nella poetica dell’immaginario. Ecco che allora, le immagini escono dalla fisicità dei paesaggi: le accompagna la fuga dei pensieri, dove le vedute si dissolvono in una particolare luminosità che diviene sogno del reale ed un velo leggero di vapori dissolve le visioni in un alone di magica poesia. Tutto pare lievitare nelle velature finissime dell’aria umida, dove la raffinata trama pittorica, rivela una costruzione e decostruzione delle immagini nella coniugazione, tra poesia ed enigma, fantasia del reale ed una nuova geometria, razionalità e pulsione senti- mentale, in cui si Svelano vedute nebbiose dai vapori dell’atmosfera con squisite morbidezze tonali, improvvise accensioni, tra i gialli dorati, i rossi fiamminghi, i preziosi valori dei verdi, i grigi perlacei e gli azzurri polverosi che rendono i paesaggi incantati nei silenzi d’animo e nei misteri dell’esistenza. Ecco perché, in un clima metafisico e sognante, scorre la splendida pittura di Leonardo Cherubini: ora dolcemente apollinea, ora con un filo di malinconia, mentre i borghi antichi che parlano di storia e le incantate vedute appaiono in una dorata luminosità soffusa, mentre la luna nel blu giottesco, saluta poeticamente lo spettatore. Alla fine, sensazioni

fermate nel loro momento evocativo ed attimi preziosi si fondono nel colore e nella luce in una pittura con accentuazioni quattrocentesche, dove la narrazione simbolica diviene allusiva, quanto,fantastica,mentre le armonie naturali e le figure femminili di classica bellezza primeggiano nelle visioni di fascino, svelando un candore compositivo nelle voci segrete dell’armonia pittorica.

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GIULIANO CENSINI

I riflessi rossi della sera” - 2022 - Tecnica mista su tela - cm80X80

Giuliano Censini nasce a Sinalunga (SI) nel 1951, vive ed opera a Torrita di Siena (SI). Dopo essersi diplomato all’Istituto d’arte “Piero della Francesca” di Arezzo (Sez. Arte dei metalli e dell’orificeria), frequenta i corsi della facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e consegue l’abilitazione per l’insegnamento di discipline artistiche e storia dell’arte. Censini inizia a dipingere fin da giovanissimo: le prime mostre e i primi concorsi risalgono infatti alla fine degli anni ‘60 quando, non ancora ventenne, allestisce la sua prima mostra personale. Dal 1973 e fino al 2010 è docente di “Design e Progettazione dell’oreficeria” presso gli Istituti d’arte di Macerata, Pistoia, e per oltre trent’anni, presso l’Istituto d’arte “Piero della Francesca” di Arezzo. Dal 1975 al 1977 frequenta, sotto la guida del Maestro Remo Brindisi, i corsi di disegno presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata e, da quegli anni, inizia a partecipare attivamente alla vita artistica italiana esponendo in mostre personali, collettive e rassegne. Gli anni ‘80 e ‘90 sono caratterizzati da svariati soggiornistudio nelle principali capitali europee dove ha avuto la possibilità di studiare e approfondire le varie correnti artistiche. Grazie a queste esperienze, Censini è riuscito ad arricchire la sua tavolozza, maturando nuove espressioni artistiche, tecniche combinando e contaminando così la sua arte con nuove conoscenze. Fin dagli anni ‘90 la sua pittura è tesa ad esaltare, in un intimo percorso, i segni di quella terra Toscana ricca di umori e di luce presenti nel rincorrersi delle colline e delle stagioni in un dialogo pro-

iettato a celebrare il ritmo del tempo dove l’uomo, con la sua storia e la sua quotidianità, idealizza il suo domani; le sue opere sono quindi lo spaccato di un momento, una finestra immaginaria che si apre sulla quotidianità della vita.

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CLAUDIO GIULIANELLI

Nell’ambito di una civiltà artistica internazionale è doveroso citare il maestro Claudio Giulianelli, personalità assolutamente significativa del nostro tempo. Infatti la sua attività, ha aperto nuove vie alla creatività e si qualifica per il valore storico come uno dei massimi punti di riferimento nella storia dell’arte italiana contemporanea. La sua pittura, quindi, a distanza di anni ci appare fuori dal tempo, sfuggendo da ragguagli stilistici con una sua inimitabile e sovrana eleganza formale. Ecco perché, davanti ai dipinti di Claudio Giulianelli, si rimane attoniti in un’atmosfera di ariosa luminosità, mentre il silenzio si carica di mistero nel sogno. In questa dimensione, vanno visti ed ammirati i suoi capolavori, poiché essi rivelano un’universalità in una sorta di abbraccio lirico, rientrando in una linea purista che accomuna pittori di diverse epoche: da Giotto a Piero della Francesca, da OdilonRedon a Morandi. Così, nella trasfigurazione onirica della realtà, le immagini creano ambienti di metafisici stupori nell’apparizione di donna con una straordinaria ricchezza di invenzioni figurative, dove il quoziente simbolistico riporta ogni raffigurazione a suggestioni antiche ed incanti, mentre sopravvengono come in Piero della Francesca ispirazioni alla fantasia inconscia, verso lidi remoti ed approdi dello spirito. La splendida pittura del maestro Claudio Giulianelli ricorda un concetto affascinante di Mallarmè: l’arte è allusione e sogno in momenti d’incantamento e poesia.

I due cipressi - olio su tela cm 80 x 60 2022

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La battaglia olio su tela cm 50 x 70 2022

Franco Crocco, pittore e incisore, nato a Roma nel 1964, vive ed opera tra Ciampino e Velletri (Roma). Figlio d’arte (il padre Alfredo è un noto pittore), è attivo nel settore delle arti visive da oltre 25 anni, ed ha accumulato un notevole bagaglio di esperienze artistiche che l’hanno portato a mutare il suo modo di vivere e concepire l’arte. Diplomato all’Istituto d’Arte di Ciampino nel 1983 e all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1988, è stato allievo di Enzo Brunori e Duilio Rossoni. E’ stato Direttore Didattico del Liceo Artistico Paritario “San Giuseppe” di Grottaferrata (Roma) dal 2000 al 2007, dove ha insegnato anche figura disegnata. Attualmente insegna Discipline Pittoriche all’Istituto Statale d’Arte di Roma III e Pomezia (Roma). E’ inoltre docente presso le Scuole d’Arti e dei Mestieri del Comune di Roma, dove ha insegnato Disegno e Pittura presso la Scuola “Ettore Rolli” ed attualmente, presso la “Scuola d’Arti Ornamentali”, Tecniche di Incisione.

Dopo vari percorsi figurativi (sicuramente da ricordare la mostra personale allestita nel 2000 a Marino (Roma), nelle sale di Palazzo Colonna, dal titolo “Omaggio a Giovanni Segantini”), la sua ricerca è incentrata sull’elaborazione formale del colore e i rapporti che intercorrono la percezione visiva attraverso una rappresentazione visiva che desti emozione nell’osservatore. L’utilizzo di materiali poveri, assemblati a quelli di tipo tradizionale, evocano suggestioni visive che superano i confini della figurazione. La superficie si arricchisce così di una fascinazione tattile che attraverso la rugosità della materia affiora trionfante di forza propria. Come scrive Mariano Apa (2007) “(…)I grumi e gli agglomerati materici sembrano dilatarsi nella calma del diluirsi acquitrinoso della pennellata, che volutamente incespica, trasecola, si impiglia nei materiali impiegati”.

“Nell’ultima produzione di Franco Crocco – scrive Manlio Della Serra (2008) – l’organizzazione delle campiture, il

bilanciamento dei vuoti e delle sporgenze sono soltanto alcuni degli elementi che regolano l’approvigionamento di altissime difficoltà espressive, e tutto sembra rinviare alla personale formalizzazione fissata in lunghi anni di studio.” L’opera incisoria, dopo un intenso periodo figurativo, sviluppa attualmente un percorso autonomo di ricerca e sperimentazione legato a temi contemporanei carichi di suggestione formale.

Oltre a Brunori, i modelli di questo suo rinnovamento artistico sono le opere di Afro e Burri.

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Davanti alle opere di Angelo Buono, c’è da chiedersi dà cosa nasca la sua volontà pittorica, s’è non dal fascino dei colori e della luce. C’è quindi alla radice del suo far pittura un input,una sorta di sollecitazione intrinseca che lo porta ad esplicitare nella sua varietà del segno e nella molteplicità delle assonanze cromatiche,tutto un mondo interiore.

Affiorano così allo sguardo tutta una serie di esplicitazioni spesso decisamente informali perché interviene direttamente nella materia con un segno espressivo e un gesto spontanee, in cui le modulazioni cromatiche stesse sembrano essere ricondotte al servizio di un serrato impianto costruttivo organizzato talvolta su una griglia spaziale,e la fantasia a fare da supporto ideale x questa trascrizione di segni e di impulsi che si rifanno alla sfera tipicamente sensoriale. Sappiamo che segno,e gesto e materia sono alla radice della poetica “informale”, perché un linguaggio del genere nasce e si origina dal dominio della pulsione.

Ebbene in Buono si avverte, sia pure in una alternanza semantica significativa questa condizione particolare, questo muoversi e voler scoprire un “reale fantastico” ,una trasfigurazione immaginifica, in tal modo l’opera vive allora come in una doppia tensione,tra flusso espressivo e suo annientamento, sulla scia di una intuibile ricerca di dimensioni e di spazi evocativi destinati a respiri più ampi e come se dai gorghi della memoria dovessero emergere i termini di una poetica continuamente oscillante tra visibile e invisibile,tra superficie e profondità.

Alla radice c’è senza dubbio una irrequietezza come supporto ideativo, per cui il rapporto che viene a stabilirsi è attivato al rimando tra fattori di contrazione e di espansione,di parcellizzazione e di ricomposizione globale.

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mail.: angelo.buono49@gmail.com www.facebook.com/profile.php?id=100009137654439 tel. 346.72 40 502

Una professione che, sebbene non fosse propriamente delle Belle Arti, aveva una certa relazione con i colori, l’illustrazione, la composizione e, in definitiva, con la creazione artistica. Per alcuni anni ha alternato la sua sfaccettatura di graphic designer e illustratore con la pittura e successivamente è diventato parte del Cercle Artístic de Sant LLuc. Lì compì numerosi studi sulla femmina naturale e nuda. Successivamente, entrò nella scuola di Boter-Santaló, consolidando la sua formazione accademica. Dal 1996 espone regolarmente le sue opere in diverse gallerie in Spagna e Francia. Il suo lavoro è anche distribuito in paesi come Paesi Bassi, Germania, Italia, Russia, Messico e Stati Uniti. Ha anche partecipato a varie fiere d’arte (FAIM- Madrid / Centro espositivo nazionale ADNEC - Emirati Arabi / MAG’10 Montreux / Svizzera). Alcuni dei suoi lavori sono trattati in diverse pubblicazioni e libri. Di recente ha pubblicato un libro monografico sul suo lavoro “L’emozione del colore”. Ha un blog tutto suo, “L’emozione dell’ar-

te”, dove scrive le sue idee, critiche e percezioni artistiche (specialmente l’arte attuale) e cerca di comunicare il suo modo di concepire e apprezzare l’arte. “La pittura dovrebbe essere come la musica che nessuno osa spiegare, deve semplicemente piacere o eccitarci.” Il lavoro di Guillermo Martí Ceballos si è evoluto verso il cloisonnismo, uno stile che gli si adattava nella sua ricerca di esprimere l’essenza degli oggetti nella sua arte. Nella nostra quotidianità, non consideriamo come il colore influenzi la nostra vita quotidiana, ma quando vediamo i cuscinetti di Guillermo stimolano l’appetito visivo attraverso i suoi colori forti, influenzando così l’emozione nella nostra mente ed evocando ogni tipo di emozione in modo diverso. La sua figurazione è rimodellata dal suo punto di vista dei sentimenti piuttosto che dalle realtà, che trasporta lo spettatore a partecipare all’universo creato dell’autentica personalità di Guillermo Martí Ceballos e al suo lavoro

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Visto che gli stessi spazi museali ospitano continui incontri culturali, penso più che giusto dire dell’importanza che questi rivestono, anche con altri, sempre in Toscana, a Viareggio e a Lucca, nel “viaggio” verso il 2024, anno di scomparsa del compositore Giacomo Puccini e di cui si terranno molte celebrazioni: al Museo “Ugo Guidi 2”, vi sono già in testimonianza-omaggio dipinti e disegni che ne interpretano opere quali “Turandot, Madama Butterfly, Suor Angelica,La Bohème…” di autori come Roberto Braida, Gabriele Vicari, Riccardo Luchini, Giuseppe Lippi, Marcello Scarselli, Marcello Bertini, Andrea Granchi, Roberto Borra, Gianni Dorigo, Paolo Grigò, Massimo Facheris e altri citati nel volume “Omaggio a Giacomo Puccini. Vissi d’Arte, vissi d’Amore” del 2017, così come scritti a sottolineare “l’uomo Puccini” forse meno noto al grande pubblico. Da parte mia, come di una grande esperta qual è la saggista Marilena Cheli Tomei che ne scrive e parla da vari anni, questa (come la futura del ’24) è una occasione per celebrare il genio musicale di un uomo che è entrato a buon diritto nell’Olimpo della Musica.

Il “Sor Giacomo”, come veniva familiarmente chiamato dagli abitanti di Torre del Lago, è stato un uomo dalla personalità complessa: allegro con gli amici dei quali si circondava, compagno di cene pantagrueliche e interminabili partite di carte, di tele alle folaghe, di accese discussioni ma sempre con un fondo di malinconia che traspare in tutte le sue opere.

Talvolta sboccato e scurrile, ma capace di sentimenti profondi che possiamo leggere nel suo ricchissimo epistolario.

Amante delle donne, ma soprattutto innamorato dell’amore a cui ha dato voce con la sua musica immortale. All’apice della fama desiderava tornare nella sua “TORDELLAGO” per godere dei semplici piaceri che quel luogo gli aveva offerto in termini di amicizie e selvaggina.

Non per questo amava condurre una vita tranquilla: vitale, curioso e interessato a tutto ciò che di nuovo si affacciava all’orizzonte di tecnica e moda, amava cam -

biare biciclette, automobili e motoscafi, con i quali sfrecciava sulle acque del lago di Massaciuccoli e vestirsi all’ultima moda quando posava gli indumenti da cacciatore che tanto amava. Un uomo completo con debolezze, vizi e virtù, ma come lui stesso ha scritto: -...e il Dio santo mi toccò con il mignolo e mi disse “Scrivi per il teatro: bada bene, solo per il teatro.” e ho seguito il supremo consiglio.A questo punto credo, anzi, crediamo opportuno chiudere queste pagine con “Grazie Maestro per la musica e le emozioni che continui a donarci...”.

Lodovico Gierut Critico d’arte e scrittore

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Mario Marcucci, Acquerello su carta di giornale Ardengo Soffici, Bagno Vittoria, matita su carta cm 13,5x20, anni ‘60

Le nozze di Cana (a Rotterdam); La Crocifissione (Bruxelles);Ecce homo(Francoforte). Una caratteristica di tutta la sua produzione è la vivacità cromatica, l’andamento scultoreo dei panneggi, e la novità iconografica. Capolavori della maturità sono considerati: La nave dei folli (Parigi) Trittico del fieno (Madrid) Trittico del Giudizio (Vienna) Tentazioni di S. Antonio (Lisbona) Ascesa al Paradiso (Venezia). Dal 1505/10 Bosch lavora intorno al Trittico delle delizie mentre vengono ritenute opere tarde Il figliol prodigo ( Rotterdam) Trittico della Epifania (Madrid) Incoronazione di spine (Londra) Salita al Calvario (Gand), di estrema drammaticità. L’artista muore nel 1516 nella sua città da cui non si è mai mosso. L’universo di Bosch è un mondo esclusivo, fatto di simboli, metamorfosi, allusioni religiose e creature demoniache, un immaginario ritenuto anticipatore delle istanze moderne e delle loro inquietudini. Stupefacenti sono le sue scene di inferni popolati da esseri spaventosi, notti illuminate da incendi, personaggi strani e coloratissimi, pesci volanti che trasportano goffi individui. La rassegna mette in risalto un centinaio di opere d’arte tra pitture, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti, volumi antichi e una trentina di oggetti preziosi: essa è una messa in connessione di capolavori italiani, fiamminghi, spagnoli con l’intento di spiegare al visitatore che” l’Altro

Rinascimento” non è solo boschiano ma influenza grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco, e molti altri.

La mostra è tra le più importanti dell’anno in corso ma sarà aperta fino a marzo offrendo ulteriore tempo per essere visitata ed apprezzata come merita.

SEGUONO 2 IMMAGINI: BRUEGEL IL VECCHIO E BOSCH. Ambedue sono citati dall’artista e storico dell’arte Vasar nello scritto “Vite” (1568) e dallo scrittore fiorentino Guicciardini.

Enti promotori: Comune Milano Cultura, Palazzo Reale, Castello Sforzesco.

Curatori: BernardoAikema, docente di Storia dell’Arte Moderna a Verona; Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università di Madrid Claudio Salsi, direttore del Castello Sforzesco, dei Musei Archeologici, e docente all’Università Cattolica Costo: 15 euro; 13 euro ridotto Tel di riferimento: +39 02 54912 Sito ufficiale:www.palazzorealemilano.it

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Si tratta di una stagione iconoclasta che continua negli anni settanta.

Le grandi mostre accentuano il carattere di “sperimentazione in atto”, tendendo a consumare tutto nella febbre dell’accadimento fisico.

La pittura e la scultura (non più solo quelle di figurazione) devono sempre più fronteggiare il complessivo allontanamento dall’ufficialità delle grandi mostre, salvo qualche caso, e spostare le loro esposizioni verso alcune gallerie civiche così come verso quelle private. Anche la X Quadriennale romana, grande rassegna negli anni settanta, che dà ancora spazio ai giovani pittori e scultori va evidenziando il carattere spontaneistico implicito nel criterio del suo settore “Nuova generazione”: non pochi sono “ i prescelti che appaiono ripetitivi e che traducono in deboli immagini stereotipi di banalità. Si avvertono false prospettive oniriche, espressionismi orecchiati, sterili virtuosismi, inutili arcaismi plastici, illustrazioni banali di sentimenti non sentiti, e ancora pretesti tematici e fabulismi per sentito dire” (D. Guzzi). Questa retorica che resta interna al percorso artistico nuoce non poco alla pittura e alla scultura: viene a mancare la ricerca, quella vera, che da sempre connota l’arte. Nonostante vi siano tali carenze di serietà, amplificate spesso dall’ideologia, le arti dette tradizionali possono contare talenti che, sebbene trascurati, proseguono la loro strada , non di rado procedendo per cicli nei quali esprimono il loro essere consapevoli, dentro la storia, a partire dalle più diverse poetiche: le recettive città di provincia danno risalto alle loro voci e permettono una relativa visibilità.

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Giacomo Soffiantino Ennio Calabria

Alla fine degli anni settanta e agli inizi (ed oltre) di quelli ottanta il termine memoria ritrova una rispondenza ampia e significativa e, sebbene vi sia il disaccordo manifesto del nuovo sperimentalismo, si fa largo l’ipotesi di un “ritorno alla pittura”, anche se di fatto l’arte pittorica non ha mai smesso di esistere. Piuttosto si può intendere questa rivalutazione della memoria come una riflessiva svolta, una resa fondamentalmente concettuale di una realtà. Detto in altre parole si tratta di un recupero esplicito, dunque, non più abiura ma elezione ad archetipo della memoria. La concettualità non è stata, e non può essere considerata, prerogativa unica dell”arte concettuale” perché non c’è esperienza artistica che non abbia un aspetto che non possa asserirsi concettuale.

In questa chiave, e con diverse soluzioni, lo sono state quella pittura e quella scultura che, in anni difficili, vanno recuperando allo scoperto quella memoria storica, mai dispersa se non artatamente. Negli anni ottanta riaffiora anche il gusto per una riaffermata manualità. E’ un processo identitario di lunga durata che caratterizza gli ultimi decenni del novecento e che va ad interagire con le nuove espressioni spaziali e formali. Di certo non si fa riferimento alle manifestazioni che imperversano ancora in questi primi decenni del duemila occupando molte delle vetrine internazionali all’insegna della provocazione esasperata e fuori tempo massimo.

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Renzo Vespignani Nino Aimone

I BRONZI DI RIACE. UN PERCORSO PER IMMAGINI. FOTOGRAFIE DI LUIGI SPINA

Dal 20 Dicembre 2022 al 12 Marzo 2023

Galleria dell’Accademia - FIRENZE

Alla Galleria dell’Accademia di Firenze, nelle sale per le mostre temporanee al piano terra, saranno esposte 16 fotografie di grande formato (90 X 134 cm), un lavoro che nasce da Carmelo Malacrino e Luigi Spina per celebrare proprio i 50 anni dalla scoperta. Un tributo alla potenza e alla bellezza iconografica dei Bronzi di Riace, capolavori indiscussi dell’arte greca del V secolo a.C. La sequenza delle immagini, otto più otto, dedicate rispettivamente alla statua A e alla statua B, crea, come spiega Spina, un lento e incessante racconto. “Sottolinea l’epidermide bronzea, diversa per ciascun soggetto, che prende forma, densità e lucentezza, e il chiaroscurale dei corpi si tinge dello spettro multiforme del bronzo che, al variare della luce, mostra superfici corporee che dialogano con l’occhio dell’osservatore.” L’obiettivo del fotografo è quello di far emergere aspetti che non

sono solo quelli oggettivamente visibili, ma riguardano nel profondo la nostra cultura.

La mostra è accompagnata da un prezioso volume in tre lingue (italiano, inglese e francese), edito da 5 Continents Editions, nella collana “Tesori Nascosti”, dove le immagini di Spina sono affiancate da una narrazione storica e artistica sulle due statue, con testi di Carmelo Malacrino e Riccardo Di Cesare, archeologo e docente presso l’Università di Foggia, che permette al lettore di immergersi nella storia suggestiva dei Bronzi, tra verità scientifiche e domande rimaste ancora aperte.

Tel.: 055 0987100

E-mail: ga-afi@cultura.gov.it Sito: www.galleriaaccademiafirenze.it

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La Galleria dell’Accademia di Firenze, in collaborazione con il MArRC, Museo Archeologico Nazionale Reggio Calabria, ospita dal 20 dicembre 2022 al 12 marzo 2023, la mostra I BRONZI DI RIACE un percorso per immagini, fotografie di Luigi Spina, a cura di Carmelo Malacrino, direttore del MArRC, realizzata per il Cinquantesimo anno dalla loro scoperta, un evento straordinario che ha segnato la storia del patrimonio artistico del nostro paese.

MILANO. DA ROMANTICA A SCAPIGLIATA

Attraverso una settantina di capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano, la rassegna che il Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte propongono per l’autunno 2022 si prefigge di illustrare i mutamenti susseguitesi nella città meneghina tra i secondi anni dieci e gli anni ottanta dell’Ottocento. Decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno d’Italia napoleonico, la costituzione del Regno Lombardo Veneto e la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione. Le trasformazioni che già in epoca teresiana avevano iniziato a modificarne sensibilmente l’aspetto monumentale ed urbanistico erano proseguite senza soluzione di continuità durante gli anni della Repubblica Cisalpina, del Regno d’Italia, della Restaurazione e del Risorgimento e avevano fatto di Milano una città moderna, bellissima, crocevia di genti, di culture, di arte. Una città elegante che avrebbe continuato a rinnovarsi anche nei decenni post-unitari, si pensi alla demolizione del Coperto dei Figini in Piazza Duomo (1864), alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele e all’ideazione della Piazza del Teatro, nel 1865 battezzata Piazza della Scala, all’abbattimento del Rebecchino (1875). Una città culturalmente assai vivace, frequentata da viaggiatori stranieri e abitata da un facoltoso ceto borghese, ma nel contempo anche un luogo in cui le differenze sociali cominciavano via via

a farsi sempre più marcate e nella quale gran parte della popolazione viveva in povertà. Il percorso espositivo sarà articolato in sezioni che seguiranno l’andamento delle sale del Castello Visconteo Sforzesco e ripercorrerà l’evoluzione della pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura, fenomeno culturale nato a Milano negli anni sessanta che coinvolgeva poeti, letterati, musicisti, artisti uniti da una profonda insofferenza nei confronti delle convenzioni della società e della cultura borghese.

Il visitatore sarà accolto nel Castello Visconteo Sforzesco da uno straordinario capolavoro ispirato ad un romanzo di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei o Le fazioni di Bologna nel secolo XIII. Cronaca di un Trovatore di Defendente Sacchi (1796-1840), opera, come specifica l’autore nel dedicarla all’amata moglie Erminia, già condotta a termine nel 1825 ma pubblicata solo nel 1830. Firmata da Francesco Hayez (1791-1882), l’Imelda de Lambertazzi in mostra è stata eseguita nel 1853 per il collezionista monzese Giovanni Masciaga. Storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio era stata oggetto di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi ed Hayez aveva affrontato il fortunato soggetto già negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822), poi per Francesco Crivelli (1829).

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Dal 22 Ottobre 2022 al 12 Marzo 2023 Castello di Novara - P.za Martiri della Libertà 3 - NOVARA Francesco Hayez, Imelda de Lambertazzi, 1853

Vive e lavora a San Pietroburgo e membro dell’Unione degli artisti della Russia e di San Pietroburgo. Nel 2010 si è laureata presso l’Accademia Imperiale delle Arti intitolato a Ilya Repin, dipartimento di Eduard Kochergin. I suoi eventi artistici comprendono 15 mostre personali (una delle principali sono il Museo Anna Akhmatova, San Pietroburgo, 2009, la galleria “Ariele”, Torino, 2010, Art-Muse, San Pietroburgo 2014, la Sala Bianca, l’Unione

degli artisti, San Pietroburgo, Russia, 2015, HermitageVyborg, 2016) in Russia, Italia e Svezia e oltre 100 mostre collettive (Esposizione nazionale della gioventù 2010, la Casa degli artisti centrale, Mosca, Russia, 2010, ...

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Maria Aristova

L’inconscio dell’anima nell’arte di Giammar co Pulimeni

Conosco l’arte di Gianmarco Pulimeni da un po’ di anni. Ultimamente ho visitato una sua personale e sono rimasta affascinata dalle sue opere per quel misto di reale e surreale che attrae lo spettatore. Passando davanti ai suoi capolavori si ha letteralmente l’impressione che il pallone o il giocattolo che lui rappresenta sono sul punto di venir fuori dal quadro. Così sempre più incuriosita dalla sua arte e dai suoi lavori l’ho incontrato per intervistarlo e conoscere qualcosa di più del Giammarco Pulimeni artista. “Giammarco Pulimeni nasce come artista Body Painter e si forma alla Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria. Nel 2001 il Comune di San Giorgio Morgeto gli riconosce il primo posto, al concorso di pittura, all’opera “Giorno e Notte”. Nel 2005-2006 porta in scena “La Sartoria delle Sciarpe”, prima a Messina con la Fondazione Amici della Sapienza nel Palazzo del Comune e poi a Taormina con l’Associazione Dyonisos presso il Palazzo Duchi di santo Stefano. Nel 2007 partecipa con “I Busti” presso la Chiesa di Santa Maria Alemanna a Messina. Nel dicembre 2009 ha luogo l’esposizione fotografica,“Volti Mascherati”, nella Sala Museale della Biblioteca Nazionale di Cosenza; e replicata, nel 2010, presso la libreria UBIK. Nel 2009 nasce il gruppo Tila, in cui Pulimeni insieme alla fotografa Maria Concetta Policari, unisce opere, installazioni e body art allo scatto fotografico lavorando a vari progetti artistici. Il Duo Tila riceve, nel dicembre 2010, a Messina il riconoscimento artistico “Giordano Bruno” presso l’Accademia Internazionale Amici della Sapienza Onlus e riscontra favorevoli consensi con “I Giorni Del Papa” a Milano, al

Cenacolo di Bagutta; viene premiato alla XXX edizione del Premio Firenze 2012, con una fotografia del progetto “Identità Sociale 2009”; già esposto a Roma, nell’anno 2010, presso la Galleria “L’Acquario”. Il progetto “Geishe” riceve, a Ragusa, il riconoscimento all’arte e alla cultura “Premio Donnafugata 2010”. Nel luglio 2014 espone con una personale, “Le mie Venezie”, nella sala Giovanni Di Giovanni della Biblioteca Comunale di Taormina; ed è presente al Fuori Salone di Milano con l’opera “ Una valigia…on the road”. Nel 2015 è presente alla mostra collettiva, organizzata dall’Associazione “In-flusso”, con “Guerra e Pace” al Castello Melegnano di Milano; nello stesso anno, viene premiato al Primo Festival Internazionale della Multimedialità e dei Linguaggi Performativi Contemporanei. Nel 2016 gli viene riconosciuto il primo posto alla biennale Aspromonte a Colori con “La Giostra” presso Villa Rossi. Nel 2018 viene premiato al concorso nazionale “Geni Comuni” al Museo Del Presente di Cosenza e viene premiato al concorso nazionale “Premio Arte Novara” , nel 2022 mostra personale presso il Museo del Presente di Rende (CS) presente già sulle riviste “Juliet Art Magazine” e su “Arte Contemporanea News”.

Le diverse pubblicazioni di settore descrivono la sua pittura surrealista, sensibile e umanista; che con mano sapiente getta un’ombra molto lunga sul mondo interiore, esprimendone le diverse sfumature

Le ultime esposizioni sono state al museo del Presente, a Torino e a Noto a Palazzo Nicolaci”

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D. quale stile e tecnica caratterizzano le tue opere pittoriche?

R. Uso due stili diversi, il primo minimale si caratterizza in opere astratte monocromatiche materiche. Il secondo è lo stile ad olio su tela, tecnica che mi accompagna dall’inizio del mio percorso artistico.

D. Ci parli della tua formazione?

R. Il primo percorso formativo è avvenuto tra i banchi di scuola. Lì ho ricevuto i primi stimoli ed interessi verso i vari materiali usati in ambito scolastico. Questi sono stati i primi segni dove un artista si riconosce in quanto tale. In seguito ho seguito un percorso formativo presso “l’Accademia delle belle Arti” di Reggio Calabria. Ritengo che per ogni artista la formazione non giunge mai al termine , difatti ogni confronto con altri colleghi è un’esperienza formativa a tutti gli effetti .

D. Puoi descrivermi il tuo studio?

R. Il mio laboratorio si trova a Rizziconi. Un luogo ricco di strumenti e attrezzature varie che disegnano il mio percorso di artista e raccontano la mia storia . In questo laboratorio ci passo gran parte della giornata, è un po’ il mio mondo dove poter esprimere me stesso attraverso i materiali.

D. Cosa o chi ti ispira nei tuoi lavori?

R. L’ispirazione avviene in maniera inconscia. Non ho chiari punti di riferimento ma mi lascio trasportare dall’emozione del momento.

D. Parlaci della tua ultima mostra

R. Le ultime mostre, avvenute tutte nello stesso periodo sono state a “Palazzo Nicolaci” Noto , mostra dal titolo “Narcisus”.Torino presso “la Cavallerizza” dal titolo “Come d’autunno”. Rende presso il “Museo del Presente” con la mostra personale “ Aspettando gli aereoplani”.

D. Ci sono tanti simboli nelle tue opere , ce ne sveli qualcuno?

R. In realtà le mie opere , sia quelle concettuali che quelle ad olio, parlano attraverso la simbologia degli elementi. In quella concettuale l’elemento simbolo di ogni opera sono le sedie,che attraverso la loro posizione e le ombre, descrivono temi diversi. Nell’opera pittorica lavoro in forma quasi monocromatica, dove elementi colorati si

stagliano in maniera violenta in superficie a raccontare il tema scelto.

D. come definiresti le tue opere?

R. Le mie opere sono il frutto inconscio della mia anima.

D. qual è il tuo colore preferito?

R. Il mio colore preferito per le opere concettuali è il bianco, bianco come ricerca.Nelle mie opere ad olio, preferisco il blu con tutte le sue tonalità.

D Il tuo sogno nel cassetto?

R. Il mio sogno nel cassetto è continuare a sognare.

D. Una domanda che non ti hanno mai fatto relativa alla tua arte e a cui invece ti farebbe piacere rispondere.

R. Ad ogni intervista ci sono sempre domande interessanti , mi farebbe piacere rispondere sul rapporto istituzioni e arte in Italia , poiché è un tema sul quale argomentare tanto attraversando diverse tematiche inerenti all’arte.

L’Italia è una nazione dove le sue eccellenze di oggi e del passato sono fondate sull’arte e merita un’attenzione prioritaria su questo argomento.

Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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L’arte di Maria Teresa Aiello

artista e scrittrice tra trasposizione,frammistione, segni e colori.

“Mariateresa Aiello è un’artista cosentina che vive e lavora nella sua città. Laureata in Lettere con indirizzo artistico è docente di Italiano e Storia dell’Arte. Pittrice da diversi anni ha presentato le sue opere in diverse gallerie e Musei in Italia e all’estero.Le sono stati rilasciati Premi e riconoscimenti; suoi lavori pubblici sono esposti in Chiese, Biblioteche e Istituti scolastici calabresi. E’ presente in Cataloghi, Riviste e Testi d’arte; diversi critici si sono occupati della sua arte. L’Aiello è anche autrice di testi poetici e romanzi, tra questi ultimi: “Evanescente come il sogno” – Falco Editore; “Come tutti, come nessuno” – Pubblisfera Edizioni. È Presente con scritti e dipinti in pubblicazioni delle case editrici: Legenda (CS); Andrea Livi Editore (AP); Rubbettino –(CZ); Il Filorosso (CS), Orizzonti Meridionali (CS), ecc. Il 19 gennaio di quest’anno 2023 presenterà il nuovo romanzo “La carezza del gabbiano” e l’omonima personale di pittura con dipinti dedicati al mare, presso il Royal Hotel di Cosenza. A Roma, nella Galleria La Pigna, ha firmato l’ingresso nella corrente artistica dell’Introspezionismo ideata da Francesco Bitonti e da allora ha continuato la propria attività di pittrice”. Tramite il maestro Bitontiho conosciuto e ho iniziato a seguire,con grande interesse e passione,la collega, pittrice e scrittrice Maria Teresa Aiello. Le sue opere vanno oltre ciò che si vede. Il suo linguaggio artistico

che chiama “frammistione” ben si sposa con l’introspezionismo. Perché quello che dipinge Maria Teresa non è altro che il suo sentire interiore ma nello stesso tempo suscita in noi anche il nostro sentire interiore.

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Scende la sera sul mare 50X40 Venezia Acrilico su tela 80X80

D. Quale percorso professionale e artistico hai seguito per realizzare quello che fai oggi?

R. Ho frequentato il Liceo Artistico di Cosenza e i corsi universitari relativi alle materie di Storia dell’arte e Storia dell’architettura. Ho visitato moltissime mostre, studiando i grandi Maestri del passato.

D. Come definiresti il tuo linguaggio artistico? C’è qualche artista del passato o del presente al quale ti ispiri? R. Il linguaggio artistico che adopero è quello della “Trasposizione” che va in pari con la frammistione. Ovvero: dall’interno di un ambiente, il paesaggio esterno si insinua con le sue forme e colori rompendo, a tratti, l’architettura. Si crea una trasposizione fusionale, un passaggio, una comunicazione tra il dentro e il fuori. Non mi sono ispirata a nessun artista in particolare, ma l’attenzione verso diversi artisti mi ha permesso di diventare ciò che sono.

D. Perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli affinché le acquistino R. Le mie opere si compongono di segni e colori che possiedono una unicità d’intenti. Svelano l’interiorità tra l’interno (l’inconscio) e l’esterno ( la coscienza).

D. Nella tua attività artistica hai organizzato delle Personali o hai partecipato a delle collettive? Ci racconti qualcosa a questo proposito…? Una collettiva o una personale che ti è rimasta più delle altre nel cuore e perché? Quali sono stati i risultati artistici e i riscontri che hai avuto?

R. Durante il mio percorso artistico ho organizzato diverse personali e partecipato a tante collettive. La prima personale mi è rimasta nel cuore perché racconta la mia città, Cosenza. Organizzata presso la Biblioteca

Nazionale, titolava: “ Passeggiare per vecchi quartieri “. Si è rivelata un successo in tutti i sensi e da quel momento ho capito che dovevo continuare a dipingere con una certa continuità, e così è stato.

D. Ci racconti qualcosa della tua entrata nella corrente dell’ introspezionismo nata da un’idea del maestro Franco Bitonti?

R. Il compianto Francesco Bitonti mi ha voluta nella sua corrente dell’Introspezionismo perché ha creduto nelle mie capacità artistiche. Tutto è iniziato con una mostra presso villa Bitonti (CS) che è stata un successo. Il folto pubblico ha apprezzato moltissimo i miei lavori acquistando diverse opere gestite da Archivio storico. Poi c’è stata la firma per l’inserimento nella corrente a Roma, e da lì ho continuato a lavorare senza concedermi momenti di sosta, ben felice di poter comunicare al mondo il mio “senso” dell’arte.

D. Sei anche scrittrice. Trai spunti dai tuoi libri per i tuoi dipinti o viceversa?

R. Scrivo...da sempre. Ho pubblicato romanzi, racconti, poesie, saggi storici. I romanzi traggono spunto dai miei dipinti, il primo: “Evanescente come il sogno” Falco Editore 2011- contiene all’interno alcune mie opere e la copertina ritrae il dipinto: La stanza dell’amore. L’ultimo, che presenterò il 19 gennaio presso l’hotel Royal di Cosenza, ha per titolo : “La carezza del gabbiano”. Mi sono ispirata all’omonimo dipinto inserito nella copertina del romanzo. Unitamente a questa presentazione, sempre il 19 gennaio e nello stesso Hotel, esporrò i miei ultimi lavori pittorici nella mostra titolata anch’essa “La carezza del gabbiano”. Più frammistione di così?

Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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Ponza Acrilico su tela 50X70 Interno-esterno Tramonto in una stanza 50X70
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PRESENT Art

Il Dono dell’Arte

Collettiva d’Arte contemporanea a Noto Bassi Palazzo Nicolaci di Villadorata a cura di Studio Barnum contemporary e NotArte artisti associat i Opening sabato 17 dicembre 2022, h. 19.00

…se sapessi esprimerlo a parole non avrebbe senso dipingere e creare… E. Hopper

Inaugura a Noto l’ultima tappa della Rassegna artistica “Percorsi d NOTOrietà 2022”, intitolata PRESENT Art, allestita nei Bassi del Palazzo Nicolaci, curata da Studio Barnum contemporary in partenariato con la NotArte artisti associati e patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Noto.

PRESENT Art è la nuova collettiva d’arte, stavolta incentrata solo sulla pittura di qualità, che vuole conciliare la promozione dei maestri affermati del novecento netino con una rinnovata propensione della galleria organizzatrice e dell’Amministrazione comunale di Noto, alla scoperta e alla promozione di artisti emergenti siciliani. Nelle ricerche dei dieci Artisti coinvolti, si noteranno tutte le loro esperienze più recenti e significative nell’ambito di una nuova figurazione pittorica:

Paolo Caldarella, Gianmaria Cassarino, Corrado Celestri, Rita Giliberto, Paolo Golino, Cettina Lauretta, Stefano Musso, Laura Nazzaro, Paolo Nitto, Corrado Papa Attraverso dipinti e opere grafiche figurative ed astratte, gli Artisti selezionati, condividono con il visitatore la loro identità creativa che si concretizza nel FARE, che è disposta a RICEVERE e, al contempo, impaziente di RICAMBIARE con lo stesso impressioni ed emozioni. Dipingere e creare per esprimersi, senza parole, per

esteriorizzare la propria interiorità, per vivificare l’anima attraverso l’evanescenza del colore, il potere incisivo del segno e la duttilità della materia. “Donare e donarsi attraverso l’Arte, nella consapevolezza e nella riflessione di ciascuno, con il fine ultimo di ritrovare la bellezza pura, offuscata sempre più spesso da un modo di vivere grigio e omologato, nelle sue forme più intime e introspettive. Una bellezza che possa funzionare da catalizzatore per prenderci sempre più cura del nostro universo emotivo”, come sottolinea Vincenzo Medica, direttore artistico della Rassegna e di Studio Barnum contemporary, galleria divenuta punto di riferimento per molti Artisti ed Enti pubblici, con cui collabora alle varie iniziative e al tempo stesso idea e realizza diversi progetti e attività specifiche.

La collettiva PRESENT Art è anche inserita nella programmazione di CODEX PLUS, in partenariato con la Fondazione Teatro “Tina Di Lorenzo” di Noto, che propone da quest’anno questa piccola cellula invernale del Codex Festival, ideato e diretto da Salvatore Tringali. E’ previsto anche il coinvolgimento dei ragazzi dell’Istituto d’Arte di Noto, coordinati da Cristina Cataneo, che realizzeranno delle installazioni di arte urbana, nel percorso che conduce dal Teatro al Palazzo Nicolaci.

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Questi gli appuntamenti: 27 dicembre KOKORO al Teatro di Noto 28 dicembre DEMONI- Frammenti al Palazzo Nicolaci di Villadorata 29 dicembre ACHILLE – Studio sulla fragilità umana al Teatro di Noto Per Info e acquisto tickets rivolgersi al Botteghino del Teatro o all’Info point Eleonora C. Amato - Direttore del Polo museale “Belpasso Musei” www.comune.noto.sr.it
www.ar tpar mafair.it Segreteria Organizzativa: Nord Est Fair - 049 8800305 Arte Moderna e Contemporanea 4.5 marzo e marzo 2023 10.11.12 dalle ore 10 alle ore 19 16ª edizione Fiera di Par ma - Ingresso Ovest - Padiglione 7

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