italiano 19
Mensile di informazioni politica e cultura della Zona 19
Anno IX - N. 4 - Aprile 1985 L. 600
Quasi 67 miliardi in più
Milano dal fascismo a piazza Fontana
Variano progetti e costi perrmma Molino Dorino
Le modifiche approvate dall'Amministrazione Comunale per messe a punto esecutive, per aggiornamenti tecnologici e per meglio soddisfare le esigenze di esercizio - Il forte aumento dei costi dovuto alla svalutazione monetaria
Un monumento alla
Resistenza
Fisco inesorabile
Dibattito aperto
CPS al servizio dalla nostra salute
Altri 8 milioni per il diritto allo studio La zona ti da una mano a compilare
L'amministrazione comunale di Milano ha approvato alcune variazioni progettuali e di spesa relativi alla costruzione del prolungamento della Linea I della Metropolitana e della stazione Molino Dorino con annessa area di interscambio ed alla costruzione det nuovo deposito al Gallaratese. Per quanto si riferisce al prolungamento della linea I ed alla costruzione della stazione Molino Dorino con annessa area di interscambio, si fa rilevare che tali lavori erano stati approvati dal Consiglio Comunale di Milano con una deliberazione del 19 luglio 1979, che individuava due fasi di attuazione, di cui la prima prevedeva la costruzione della linea metropolitana, di sei stalli di partenza per la sosta di 12 autobus, di parte delle corsie laterali alla stazione M M per 12 autobus in transito, di parte dei parcheggi lato Nord e Sud della stazione (rispettivamente per 1.050 e 250 posti macchina) con accessi assicurati da strada di connessione con la Statale 33 (via Gallarate) e con la strada perimetrale del quartiere Gallaratese (via Appennini) e di parte del posteggio moto-cicli, nonché la costruzione della nuova strada di raccordo al deposito. La seconda fase prevedeva invece la costruzione dei tratti dello scolmatore dell'Olona interessato dalle opere viarie, la copertura del Fiume Olona dalla strada perimetrale del Gallaratese (via Cilea) alla via Pisacane di Pero, il completamento del parcheggio lato Nord (1.300 posti) la sistemazione viabilistica in via Sempione (a Pero) ed in via Gallarate (a Milano) e nuova strada in corrispondenza al fiume Olona coperto, la costruzione di un sovrappasso pedonale di raccordo al parcheggio Nord, la costruzione di raccordi con le Strade Statali I I e 13 e dei raccordi viabilistici di smistamento già previsti dal progetto, la costruzione di un nuovo parcheggio sul lato Sud per 140 auto in corrispondenza del cuneo tra le gallerie di raccordo al deposito, la riduzione del parcheggio esistente sul lato sud a 200 posti macchina per l'inserimento di una nuova strada di raccordo all'eventuale
ampliamento dell'autostazione per i previsti dieci stalli (20 autobus). I lavori di costruzione sono iniziati nell'ottobre del 1982 e sono attualmente in fase di avanzata esecuzione. Nel frattempo si è sviluppata progettualmente la seconda fase, con particolare riferimento all'area di interscambio ed alla deviazione del fiume Olona, che anche per i progetti della prima fase in corso d'opera, ha comportato una serie di varianti che si sono aggiunte a quelle introdotte per messe a punto esecutive, per aggiornamenti tecnologici e per meglio soddisfare le esigenzae rappresentate dall'e-
In via Harar, a San Siro Aiuole e parcheggi anziché stunt-cars
Una delibeiazione della Giunta municipale prevede la sistemazione dell'area con la creazione di circa 1.330 posti auto e di 23 mila metri quadrati di verde
sercente ATM, che prevedono tra l'altro l'ampliamento del mezzanino della stazione Molino Dorino con l'inserimento nella stessa area di un'autostazione per le linee automobilistiche di trasporto pubblico e che comportano complessivamente, tenuto conto anche del forte aumento dei prezzi di mercato, un aumento dei costi di circa 42 miliardi di lire.
Anche per quanto si riferisce alla costruzione del deposito del Gallaratese della Linea I della Metropolitana, l'aumento dei prezzi di mercato comporta un aumento dei costi di circa 24 miliardi e mezzo di lire.
Dopo la costruzione del Centro Commerciale
Come potrà girare la gente tra via Betti e via Ojetti
La discussione sulla parte del Piano Particolareggiato del Gallaratese relativa a tale area è stata lunga, elaborata ed approfondita in quanto si trattava di rivedere alcuni aspetti fisici del piano, tra cui parte della viabilità
In relazione alla sistemazione del collegamento viabilistico tra Betti e via Ojetti e dela piazza antistante la chiesa dei SS. martiti (su cui ci ha tra l'altro scritto un nostro lettore in una lettera che abbiamo pubblicato nel numero scorso sotto il titolo "Le pozzanghere permanenti") il presidente del Consiglio di Zona 19, arch. Danilo Pasquini, ha inviato al presidente della Croce Bianca, al presidente dell'AVIS Gallaratese, al parroco della parrocchia SS. Martiri, al Circolo Parrocchiame Familiare della stessa parrocchia, al Gruppo Sportivo Gallaratese, al Consigliere Mozzanica ed ai capi gruppo del Consiglio di Zona la seguente lettera: Egregi Signori, nella seduta del 18 febbraio (segue a pagina 16)
Un referendum per Milano
Chiudiamo il centro al traffico privato
E riapriamolo alla vita sociale, a ritmi più umani e ad un accesso più facilitato alle strutture sociali
"Chiudiamo il centro storico al traffico privato per poterlo riaprire alla vita sociale". Su questa proposta si sono finalmente trovate d'accordo le maggiori associazioni ecologiste milanesi. Ma non solo loro. A testimonianza dell'incredibile interesse suscitato dall'iniziativa ci cono oltre a dibattiti e a manife-
stazioni, le 15.000 firme raccolte dai promotori (ricordiamoli: Lega per l'Ambiente, Ciclopici, WWF, Italia Nostra, UTP, Club II Politecnico, Giacomo Properzi Presidente ATM) in un arco di appena quattro fine settimana a sostegno della proposta di referendum. (segue a pagina 16)
Con una rapida sequenza di riunioni, governo e Confindustria sembrano avere ormai affossato ogni tentativo di accordo tra le parti sociali per evitare il referendum promosso dal PCI per il recupero dei punti di captingenza tagliati con decreto governativo nel febbraio dello scorso anno.
Strano. Sia l'uno, sia l'altra avevano più di ogni altro gridato (e tuttora gridano) alla "catastrofe" dell'appuntamento referendario. Se quella era la loro convinzione era lecito attendersi da parte loro un vero e proprio fervore di iniziative e di proposte volte ad allontanare il pericolo. Invece da una parte il governo ha tolto al ministro De Michelis anche il poco spazio di un tentativo già di per sé esile, mentre dall'altro la Confindustria ha tagliato corto
Il Consiglio di Zona 19 ha espresso parere favorevole alla deliberazione d'urgenza della Giunta Municipale concernente la riqualificazione funzionale dell'area compresa tra le vie Patroclo, Harar e Tesio (a San Siro). con sistemazione a verde pubblico attrezzato e parcheggio.
Il relativo progetto prevede la sistemazione a verde pubblico con spazi per la sosta di autoveicoli su un'area di circa 61 mila metri quadrati. chiusa a nord ed ad est da grandi impianti (lo stadio. il Palazzo dello Sport e poco più lontano l'ippodromo) caratterizzati da una elevata ricettività. dove si svolgono manifestazioni sportive, culturali ricreative di grande importanza ed interesse. mentre nelle parti a. sud ed a ovest sono localizzati insedia menti abitativi di edilizia sovvenzionata e pubblica.
Pertanto una prima esigenza è stata individuata nella conferma di ampi spazi per la sosta dei veicoli con un'adeguata struttura rimi iva necessaria a garantire un'affluenza ed un rapido ed ordinato deflusso del pubblico richiamato dagli impianti sportivi.
Una seconda esigenza deriva invece dalla necessità di dare a tutto il complesso un assetto definitivo ed ordinato. mediante idonee piantagioni e tipologie di arredo atte a realizzare una struttura capace di soddisfare sia le esigenze funzionali sopra indicate, sia quelle di verde (segue a pagina 16)
La posta in gioco
e con la consueta prepotenza si è intascata i decimali, operando una nuova rapina sulla scala mobile, facendo così capire, anche ai più dubbiosi, qual i siano i suoi reali intenti.
Perché infatti la posta in gioco non è soltanto il recupero di migliaia di lire indebitamente sottratte ai lavoratori, ma è anche e soprattutto ristabilire il principio democratico della libera contrattazione tra le parti sociali ripristinando regole, norme e persino procedure che riguardano la sostanza stessa delle relazioni politico-sociali-istituzionali di uno Stato democratico. Per questo è importante che i lavoratori affrontino la battaglia referendaria per il recupero dei punti di contingenza sottratti dal decreto di S. Valentino con l'obiettivo di vincerla.
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Rivalutazione delle pensioni
Caro Direttore, ti scrivo anche a nome di molti amici per ricordare a tutti che alla vigilia delle elezioni, in fatto di pensioni c'è più fumo che arrosto e che 13 milioni di pensionati votano e vorrebbero veder riconosciuto il loro sacrosanto diritto a una vecchiaia serena dopo una vita di duro lavoro.
Invece le pensioni, pur essendo retribuzioni differite e quindi intangibili, diminuiscono nel tempo e fortemente il loro potere d'acquisto iniziale anziché, dopo 35 anni di contributi, essere sempre uguale all'80% della retribuzione del collega in servizio di pari grado e anzianità, indipendentemente dall'anno di pensionamento.
Troppi azzeccagarbugli hanno finora imbrogliato e defraudato i pensionati per cui occorre restituire loro il maltolto e rivalutare le pensioni come sopra specificato, separando la previdenza dall'assistenza ed elimi-
L'indirizzo della LIPU
nando sprechi parassitismi ed evasioni fiscali.
Il 24 Maggio 1984 il ministro Gaspari presentò un disegno di legge governativo per i pensionati pubblici per eliminare nel biennio 84/85 la vergogna delle pensioni d'annata, cioe la sperequazione tra le vecchie e le nuove pensioni.
Lo stesso giorno Lama, per i sindacati, affermò che era d'accordo e che il decreto doveva riguardare anche i pensionati privati.
Da allora più niente. D'accordo con Lama chiediamo perciò quasi un anno dopo a Gaspari, Lama e De Michelis quando sarà fatta giustizia per i pensionati veri, rivalutandone in tempi brevi le pensioni col ripristino del potere d'acquisto iniziale e con la liquidazione dei relativi arretrati, la democrazia per funzionare ha bisogno della fiducia dei cittadini.
Difficile accettare il silenzio
In data 2 giugno 1984 abbiamo presentato al Consiglio di Zona una lettera che chiedeva la sistemazione dello spazio antistante la Chiesa dei Santi Martiri Anauniesi, dove transita tutto il movimento pedonale che dai numeri alti di via Betti si reca alla Chiesa, al mercato, alla scuola materna, media ed ora anche alla USSL di via Oietti, oltre alle lettighe della Croce Bianca e alle autovetture dei volontari della stessa Croce, dei frequentatori del Circolo Familiare e degli appartenenti all'Avis e al gruppo Sportivo Gallaratese.
La lettera. consegnata durante una seduta del Consiglio e regolarmente messa a verbale, a tutt'oggi (dopo 8 mesi!) non ha ricevuto alcuna risposta.
Questo ci sembra grave perché siamo bensì disposti ad accettare tutte le motivazioni che possono rendere impossibile la sistemazione di questa zona, ma diventa difficile accettare il silenzio davanti ad una lettera firmata da più di 500 persone: ci sembra questione di buona e-
Fraterni saluti. Angelo Fiorili ducazione, di correttezza amministrativa ed oggi anche di necessità per evitare quella sempre maggior sfiducia verso la classe politica, quel serpeggiare di qualunquismo che fa ritirare da ogni partecipazione alla vita pubblica: dare risposte alle domande dei cittadini è segno soprattutto di quel maggior rispetto delle singole persone che fu uno dei valori più grandi della resistenza antifascista: il fascismo non fu abbattutto perché costruiva o non costruiva una strada o una piazza in più, ma perché aveva privato i cittadini della loro dignità.
Rimanendo ancora quindi in fiduciosa attesa di una risposta al riguardo, a nome nostro e dei firmatari della precedente lettera, porgiamo i nostri saluti. per:
Associazione Croce Bianca
Avis Gallaratese Chiesa Parrocchiale SS. Martiri Circolo Familiare Parrocchiale Gruppo Sportivo Gallaratese Croce Bianca Vialba il Presidente
Leggo sempre gli articoli che dedicate alla natura e alla conservazione dell'ambiente. Concordo sempre con lo spirito di fondo, e ammetto che spesso non si fa abbastanza, non per cattiva volontà bensì per incapacità ad organizzarsi. Proprio con il gran freddo, si è riproposto il problema di come aiutare i piccoli ospiti permanenti, gli uccelli, o quelli di passaggio, indeboliti dalla mancanza di cibo quando addirittura non decimati dal freddo.
Su quella crosta gelata attorno alle case per fortuna molte persone depositavano di proposito pezzi di pane, di dolci, di frutta secca o anche di avanzi di carne spezzettata che evidentemente è servito a qualcosa perché ora in marzo possiamo rivedere i nostri "compagni di viaggio" che ricompongono le loro abitudini, rifacendo i nidi.
Leggendo l'articolo a firma Clema, apprendo che anche in Zona 19 si è fatto parecchio, ma vorrei sapere se è stata una ini-
Con il supermegateatrotenda si arriverebbe al caos
ziativa privata, oppure se da noi esiste qualche associazione naturalistica, alla quale far capo per meglio intervenire in casi come quelli dell'inverno passato, per l'acquisto dei posatoi e per il migliore loro uso. In Milano ho sentito parlare di una sezione della LIPU. e di altre associazioni analoghe. Qual'è il loro indirizzo, e come operano? Grata di una risposta Elena P.
Cara Signora Elena P. l'iniziativa è stata esclusivamente privata ed è sfata effettuata da un gruppo di amici, amanti della natura. Al Gallaratese, purtroppo, dopo una giornata di lavoro, tutti gli altri problemi si risolvono decisamente davanti al televisore.
Un Luna Park assai molesto
Dal 1981, in occasione del Carnevale Ambrosiano l'area compresa tra le vie Tesio-Harar-Patroclo viene data in concessione al Luna Park, che fin dall'inizio ha creato grossi disagi agli abitanti della zona a causa inquinamento acustico prodotto. Poiché le nostre richieste relative al disciplinare che gli spettacoli viaggianti devono rispettare non sono mai state prese in considerazione dal capo ripartizione Sport-Tempo Libero, a cui erano state inoltrate; nella mia qualità di componente della commissione pianificazione territorio della Zona 19, nonchè di rappresentante del Gruppo Verde San Siro, chiedo che un funzionario del Consiglio di Zona 19 richieda il testo del disciplinare che gli spettacoli sono tenuti ad osservare.
Ciò che ci interessa sapere è: se gli attrazionisti possono diffondere musica, sia di giorno che di sera;
se e in che misura possono usare altoparlanti; a che ora devono terminare
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Sentire l'amore per qualcosa vuol dire esporsi in prima persona e pagarne anche le spese. Noi lo facciamo con amore e volentieri. Leonardo Clema tutte le emissioni rumorose.
Infatti gli altoparlanti vengono abbondantemente usati sia per imbonire il pubblico, sia per diffondere musica ad alto volume, e spesso le attività proseguono fino oltre le 23, in netta violazione dell'articolo 101 del Regolamento di Polizia Urbana, e in contrasto con quanto ci è stato comunicato in via ufficiosa dalla Vigilanza Urbana di Zona, dalla Viabilità e Traffico e dalla segreteria del Sindaco.
Poichè non sempre le pattuglie di pronto intervento chiamate per far rispettare l'art. 101 sono al corrente delle norme contenute nel disciplinare, uno stralcio del suddetto disciplinare ci è indispensabile per poterlo esibire ai vigili quando intervengono.
È necessario che la richiesta venga inoltrata con urgenza, nella speranza che la risposta ci pervenga in tempo utile e non nel Duemila!
Per il "Gruppo Verde San Siro" (gruppo spontaneo senza matrice politica). Silvana Gabusi
Il "Corriere della Sera" del 17/2/85 porta la notizia di erigere il nuovo megateatro tenda, con oltre 13.000 posti e 150 giorni di manifestazioni, accanto al Palazzo dello Sport attualmente inagibile.
Va ricordato che le precedenti petizioni per la definitiva sistemazione dell'area compresa tra le vie Patroclo-Harar-Tesio e contro i rumori provocati da Luna Park, Stunt Cars, Teatro Tenda sono state firmate da oltre 700 persone in rappresentanza delle oltre 400 famiglie abitanti a ridosso dell'area in questione. Non appena terminati i nuovi insediamenti il numero delle famiglie interessate al problema sarà sicuramente più che raddoppiato.
Ci pare quindi assurdo che una megastruttura come quella prevista dal sig. Togni venga installata in pieno centro abitato, sia questo San Siro o Lampugnano. Le cronache relative alle manifestazioni musicali del teatro Tenda hanno sempre confermato l'alta rumorosità degli spettacoli, rumorosità che era stata rilevata di ben 90 decibel alle ore 23 a finestre chiuse nell'ottobre 1981; proprio in seguito a tale rilevazione da parte dei Vigili urbani il teatro tenda fu immediatamente allontanato. A questo punto è assurdo che lo rimettano allo stesso posto, oltretutto potenziato.
Un altro argomento non meno importante è il problema del parcheggio per il quale già da anni i vigili e noi cittadini sollecitiamo la sistemazione razionale e definitiva dell'area in questione. La presenza del nuovo teatro tenda in una zona già densa di impianti sportivi, oltre a ridurre quasi completamente la possibilità di parcheggio, attirerà ulteriore traffico che congestionerà completamente la zona: già adesso l'arrivo di un'autoambulanza alle case prospicienti il piazzale è spesso problematico.
L'obiezione che venendo ad abitare in zona dovevamo prevedere disagi derivanti dall'affluenza del pubblico alle manifestazioni sportive non regge, perché le manifestazioni sportive si svolgono prevalentemente di giorno e il clamore suscitato da un goal è sporadico e di breve durata, mentre il martellamento dlla
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musica rock dura per ore, oltretutto di notte.
Ci chiediamo pertanto per quale motivo la zona 19 debba sempre accogliere tutto ciò che le altre zone a ragion veduta rifiutano energicamente, come ad esempio — l'inceneritore di Figino — il Luna Park (sfrattato dall'Arena) — la Festa dell'Unità — il teatro tenda di Lampugnano
A questo punto ci mancano soltanto il circo (quando verranno sistemate le ex-Varesine) e il supermega-teatro tenda! Proprio perché comprendiamo perfettamente, avendoli vissuti in prima persona, i problemi degli abitanti di Lampugnano (tra i quali anche i consiglieri del PCI che hanno presentato la proposta di spostamento del teatro tenda), chiediamo che il consiglio di Zona 19 si opponga con tutte le sue forze sia alla permanenza dell'attuale Teatro Tenda a Lampugnano, sia all'insediamento del nuovo supermega-teatro tenda a San Siro o in qualunque altra zona densamente popolata, costringendo in tal modo le autorità comunali e regionali a trovare una collocazione idonea per queste manifestazioni, nel rispetto dei più elementari diritti dei cittadini, cioè la possibilità di riposare o lavorare o studiare in santa pace.
Siccome in Italia nulla è più definitivo delle soluzioni provvisorie non crediamo assolutamente alle assicurazioni che questa struttura (che costerà oltre 2 miliardi) resterà in loco soltanto il tempo necessario per riparare il Palazzo dello Sport, e non ci convince neanche l'assicurazione del sig. Togni che il materiale impiegato ridurrà del 40% l'inquinamento acustico: se in occasione di un concerto al Palazzo dello Sport, che è insonorizzato ed ha una struttura in muratura e metallo, sono stati rilevati, il 28/2/84, 40/50 decibel a finestre chiuse e 66 decibel a finestre aperte alle ore 22,30(allegato n. 2), figuriamoci cosa dovremmo sopportare da una struttura sicuramente più leggera! Poiché l'insediamento del megateatro tenda nell'area Patroclo-Harar-Tesio comporterà: inquinamento acustico inquinamento atmosferico causato dalle migliaia di auto che verranno non essendo la zona particolarmente ben servita dai mezzi pubblici — caos totale nel traffico in quanto l'area attualmente utilizzata come parcheggio sarà occupata dal teatro uno stravolgimento della sistemazione prevista dal piano regolatore, che prevede parcheggio e verde pubblico, chiediamo che il consiglio di Zona 19 accolga le nostre richieste e se ne faccia portavoce presso il Comune di Milano e la Regione. Copia della presente verrà inviata a: Sindaco - Assessorato Traffico e Viabilità - Vigilanza Urbana - Ufficio d'Igiene- Comitato regionale per i rumori - Milano 19 - Procura di Milanoquotidiani vari. Per il "Gruppo verde San Siro" (gruppo spontaneo senza matrice politica) Giuliana FIlipp~i - Silvana Gabusi
Scrivete lettere brevi, indicando con chiarezza nome, cognome ed Indirizzo. Chi desidera che In calce non compaia II proprio nome ce lo precisi. Le lettere noi firmate, o siglate, o con firma IIIeggiblle, o che recano k>Idt orticome 'un gruppo di..." (che non rechino almeno una firma) non vengono pubblicate. La redazione si riserva di accorciare gli scritti pervenuti che risultassero troppo lunghi.
MILANO DAL FASCISMO MINF A PIAZZA FONTANA
I milanesi insorgono e riconquistano la libertà
In tre giorni di duri combattimenti riescono a costringere alla resa tedeschi e fascisti presenti in città -Gli americani arrivano quando tutto è finito.
di Gian Piero Pagetti
Nella notte tra il 24 ed il 25 aprile 1945 le Brigate Matteotti attaccarono il parco mezzi corazzati che i tedeschi avevano sistemato nell'area della Fiera Campionaria. I partigiani della Brigata Pasubio, invece, si impossessarono, senza colpo ferire, rautocentro della polizia in via Castelvetro, convinsero gli agenti ad unirsi a loro e, visto che erano già da quelle parti, passarono poi ad occupare la zecca di via Mantegna. Alle sei del mattino del 25 aprile Leo Valiani redasse il testo ufficiale dell'ordine di insurrezione e due ore più tardi nel Collegio dei Salesiani, in via Copernico, si riunì il CLNAI (Aspesani, Pertini, Sereni, Valiam ed il presidente Marazza), che emise tre decreti: "Tutti i poteri al CLNAI" (assunzione dei pieni poteri in nome del popolo itahano e per conto del governo legale); "Per l'amministrazione della giustizia" (istituzione dei tribunali del popolo presso le formazioni CVL e, articolo 5, pena di morte per gerarchi e militari fascisti che non si fossero arresi); "Della socializzazione" (controllo della produzione da parte dei consigli di gestione di fabbrica regolarmente eletti).
E gli avvenimenti cominciarono a susseguirsi ed ad accavallarsi ad un ritmo tanto incalzante da rendere difficile per il cronista prendere nota di tutti e nel loro esatto ordine cronologico.
Fin dalle prime ore del mattino in molte fabbriche milanesi ebbero inizio gli scioperi insurrezionali. La Borletti e la TIBB vennero occupate dagli operai in armi. Nei quartieri periferici, a cominciare da quelli di Porta Romana, Porta Vigentina e Porta Ticinese, entrarono in azione i GAP e le SAP.
La OM, occupata dagli operai, venne attaccata dai brigatisti neri, che però, dopo quattro ore di combattimento, vennero costretti alla fuga. I matteottini occuparono la caserma della polizia di via S. Orsola e le caserme dell'aeronautica di via Ferrucci e di Piazza Firenze ed in quest'ultima catturarono e fucilarono il noto criminale fascista colonnello Tamburi.
Verso le IO del mattino la 40.a Brigata Matteotti occupò la trasmittente EIAR di Porta Vigentina, e Corrado Bonfadini poté trasmettere via radio il primo proclama del CLN annunciando che Milano stava per essere liberata. E quello stesso mattino i partigiani occuparono anche il distretto di via Mascheroni e, dopo un vittorioso scontro a fuoco con i fascisti, costituirono in piazzale Dateo il loro primo campo trincerato in città.
Alla Pirelli di Milano iL CLN aziendale, riunito fin dalle otto e mezzo del mattino, venne raggiunto dall'ordine di sciopero alle 11,30. Subito vennero erette barricate in via Fabio Filzi. Alle 14 sopraggiunse la Muti, alla quale, verso le cinque del pomeriggio, si aggiunsero carri armati tedeschi, che costrinsero la guarnigione partigiana, rimasta ormai senza munizioni, ad arrendersi. Alcuni operai vennero presi dai fascisti, portati al
vicino Hotel Gallia e condannati seduta stante a morte, ma per loro fortuna i tedeschi, consapevoli ormai del loro destino, fecero sospendere resecuzione. Alla Pireli Bicocca lo sciopero iniziò alle 12,05. Gli operai attaccarono e catturarono il consistente presidio tedesco, il cui comandante rimase ucciso nel combattimento; ma verso le due del pomeriggio i 600 francesi collaborazionisti (ausiliari dell'esercito tedesco) acquartierati in una caserma vicina allo stabilimento intervennero con mitragliatrici e mortai contro le pistole ed i moschetti degli operai. Due ore più tardi intervennero, con carri armati e cannoncini, anche i tedeschi dei presidi della zona, e gli operai furono costretti a ritirarsi in attesa di rinforzi.
Un'ora di tempo per meditare... la fuga
La città era paralizzata. Fin dalla mattinata i tram erano stati riportati nelle rimesse dai tranvieri, che avevano preso le armi per unirsi alla lotta, mentre i combattimenti locali si moltiplicavano e si confondevano. Un distaccamento delle SAP della Breda disarmò il presidio nazifascista della stazione ferroviaria di Greco. Le Brigate Matteotti occuparono la stazione ferroviaria di Lambrate e la caserma del 3" Autieri. La 117a Brigata Garibaldi occupò la sede rionale fascista Oberdan in via Cadamosto, a Porta Venezia, che era stata trasformata dai fascisti in un vero e proprio fortilizio. Dal carcere di San Vittore i partigiani. liberarono circa tremila prigionieri politici.
La 116" Garibaldi prese possesso del Policlinico, la 124' e la 125' invece, occuparono rispettivamente gli aeroporti Forlanini e di Taliedo.
All'Ercole Marelli gli operai, che avevano occupato lo stabilimento, sostennero per ore ed ore i duri contrattacchi dei nazifascisti, che vennero alla fine re-
spinti grazie anche all'intervento della X' Divisione Garibaldi. giunta verso le sei di sera al comando di Oscar Pitea e Bruto Mauri. All'Arena formazioni di Giustizia e Libertà e delle SAP, comandate da Bruno Trentin, attaccarono i reparti fascisti che vi erano asserragliati impegnandoli in un violentissimo combattimento. Ed in mezzo a tanta confusione uomini della 117"
Brigata Garibaldi riconobbero e catturanono l'ex segretario del partito nazionale fascista Achille Starace. che andava in giro per Milano travestito con una tuta da operaio e con una fascia tricolore al braccio, forse nella speranza di essere scambiato per un patriota e di poter così squagliarsela indisturbato.
Ma mentre Starace sperava di uscire senza danni dalla scena in punta di piedi, il suo capo, Mussolini, si illuse di poterlo fare alle sue condizioni ed ancora una volta chiese di poter avviare trattative tramite il solito cardinale Schuster, che, con l'aiuto del conte Gian Riccardo Cella (un industriale al quale Mussolini aveva venduto, aprezzo d'affezione, la tipografia del Popolo d'Italia) organizzò nel pomeriggio di quello stesso 25 aprile un incontro nel palazzo dell'arcivescovo, dove, dopo una rapida consultazione con Longo, Sereni e Valiani, si recarono il presidente del CLNAI Achille Marazza, Riccardo Lombardi ed il comandante generale del CVL Raffaele Cadorna, che, oltre al cardinale ed a Mussolini. vi trovarono anche Graziani, capo dell'esercito repubblichino, ed i gerarchi Barracu, Zerbino e Bassi. Mussolini tentò di tergiversare, di tirare in lungo, forse sperava in un periodo di tregua in modo che gli angloamericani avessero il tempo di arrivare a Milano e di metterlo in salvo; ma i rappresentantri della Resistenza non gli offrirono che un'alternativa: la resa senza condizioni. L'ex "duce" apparve sconcertato, si infuriò nell'apprendere che i te-
deschi stavano già cercando di trattare la resa per conto loro, abbandonò la riunione chiedendo un'ora di tempo per meditare; ma aveva già meditato: rientrato in Prefettura raccolse le sue cose, la Petacci, qualche gerarca e verso le otto di sera. forse dimentico, per la paura. del motto"se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi" da lui stesso lanciato in tempi di maggior fortuna, iniziò la fuga verso la Svizzera. Più o meno alla stessa ora i comunisti della zona nord di Milano uscirono per le strade a distribuire "La Forgia", giornale del VII" Settore (Sesto e Bicocca) del PCI, con la notizia dell'insurrezione.
Il podestà se ne va, ritorna la libertà
Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile gli operai della Pirelli Bicocca passarono al contrattacco e riconquistarono il loro stabilimento costirnFnd o alla resa i collaborazionisti francesi che il giorno prima lo avevano occupato. Quella stessa notte patrioti e Guardie di Finanza (comandate dal colonnello Malgeri) occuparono la Prefettura, altri uffici pubblici, tutte le stazioni radiofoniche e le principali tipografie cittadine, prima fra tutte, ovviamenter, quella del "Corriere della Sera", in via Solferino, da dove la mattina del 26 aprile uscirono i primi giornali liberi di Milano: "Avanti!", "l'Unità", "Italia Libera". Non uscì invece il "Corriere" al suo posto comparve il "Nuovo Corriere" (anno I, numero I) con la notizia della liberazione. Milano praticamente era libera. Il potere era ormai nelle mani del CLNAI, che quella mattina stessa insediò ai loro posti il prefetto Riccardo Lombardi, il questore Elia ed il sindaco Mario Greppi; ma sulla città ancora incombevamo gravi pericoli. La vittoria insurrezionale a Milano era stata, tutto sommato, abbastanza facile ed era costata ai patrioti perdite non gravi: in tutto nella giornata del 25 aprile, una ventina di morti e qualche decina di feriti. Il nemico, sorpreso dall'insurrezione e demoralizzato dalla fuga dei grandi gerarchi con Mussolini alla testa, batteva in ritirata. La viltà dei capi accellerava il processo di disgregazione delle formazioni fasciste, che non sapevano opporre una resistenza coordinata ed organizzata. Ma. per quanto disorganizzate, notevoli forze fasciste e tedesche, dotate abbondantemente di armi di ogni genere, erano ancora concentrate a Milano. Se esse, dopo un primo attimo di smarrimento dovuto alla sorpresa, si fossero riavute ed avessero opposto una resistenza organizzata, se le colonne che già avevano abbandonato la città avessero fatto marcia indietro decise a combattere, la lotta sarebbe stata dura per l'abbondanza di armi pesanti di cui disponevano, contro quelle leggere dei patrioti e della popolazione. Era pertanto urgente che confluissero al più presto su Milano le formazioni partigiane di montagna e nella notte tra il 25
ed il 26 aprile Luigi Longo e Pietro Secchia, rispettivamente comandante generale e commissario generale delle Brigate Garibaldi, inviarono a Cino Moscatelli, al comando divisioni garibaldine della Valsesia, un marconigramma: "Milano liberata, ma è necessaria qui vostra presenza in forza. Venite al più presto e con maggiori forze possibili. GO e Pietro", poi riconfermato con un messaggio inviato, a mezzo staffetta, il mattino dopo. mentre a Milano i patrioti continuavano la loro azione espugnando caserme e sedi fasciste e tedesche. occupando militarmente stabilimenti quali l'Alfa Romeo, risma Fraschini. la Pracchi, la Motomeccanica, la Sertum. l'Allocchio Bacchini, le Rubinetterie Italiane, attaccando autocolonne di fascisti e di tedeschi.
Esplode nelle strade la gioia dei milanesi
Nella notte tra il 26 ed il 27 aprile il presidio SAP della Pirelli Bicocca bloccò sei pullman carichi di tedeschi. la mattina del 27 si diffuse la notizia che il CLNAI aveva comunicato al CNL centrale di Roma la sua aspirazione che "in seguito alla riforn}a del governo che certamente seguirà alla liberazione del Nord, i ministeri decisivi per il rinnovamento democratico del paese, e in particolare il ministero degli interni, siano affidati a imitarti che abbiano decisamente combattuto il lizscivmo" ed aveva emesso mandato di arresto per collaborazionismo con i tedeschi. contro gli industriali Benni. Donegani. Pirelli. Puricelli. Belluzzo. Treccani degli Alfieri. Rocca. Bianchini e Marinotti. che però .i erano già tutti rifugiati. con i loro soldi, in Svizzera. Continuavano intanto le ultime scaramucce. In via Quercino le SA P e le maestranze della Pirelli attaccarono il comando tedesco costringendolo alla resa. Ad arrendersi furono pure costretti i tedeschi acquartierati alla Bicocca, mentre 4 ufficiali nazisti vennero uccisi ad un posto di blocco che cercavano di forzare con un'auto, lanciando bombe a mano.
Ma per tutta Milano era gran festa. La gente era uscita dalle case, dapprima quasi incredula e poi sempre più cosciente che il grande incubo era finito, per manifestare la sua gioia gridando, cantando, ballando. abbracciandosi anche tra sconosciuti, discutendo, partecipando a comizi spesso improvvisati. Ed in piazzale Baracca una gran folla. fra cui numerosissimi erano i giovani. partecipò ad un'imponente manifestazione in onore di Egenio Curie!. il fondatore del Fronte della Gioventù, assassinato proprio lì dai fascisti soltanto due mesi prima.
A mezzogiorno ripresero a circolare i tram. La Comunità Israelitica quel giorno ricominciò, dopo anni di forzato silenzio e di clandestinità. la sua attività ed il Comitato federale milanese del PCI tenne la sua prima riunione legale.
Alle cinque di sera entrò in città, da Porta Ticinese, la prima colonna di partigiani dell'Olt repo pavese, che attraversato tutto il centro cittadino aprendosi a fatica la strada in una marea di folla acclamante, giunse alla fine in piazzale Quindici Martiri (come era stata prontamente ribattezzato piazzale Loreto), accolta da un comizio di Pietro Vergani, ispettore delle Brigate Garibaldi.
Quando tutto è finito arrivano gli americani
La 113" e la 122" Garibaldi attaccarono il posto di bloccozyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBAdel Ronchetto. Alla stazione di Greco venne bloccato un treno merci in partenza per la Germania. I matteottini occuparono il comando tedesco di via Pallavicini, la sede del fascio Mario Asso, il commissariato Sempione. E quella stessa mattina venne occupata la Stazione ferroviaria di Porta Romana. vennero catturati Graziani ed il gerarca fascista Buffarini Guidi e venne arrestato il console tedesco Wolff, che verrà tenuto sotto sorveglianza all'albergo Principe di Piemonte fino all'arrivo degli alleati. E mentre ancora si combatteva alla TI BB, alla Miani e Silvestri, alla CGE. all'Innocenti, in piazza della Scala, all'Arena. in piazza Diaz, in via Rovello. il CNL di Milano si riunì a Palazzo Marino per designare la prima Giunta Municipale democratica: Antonio Greppi (PSIUP). sindaco, Antonio Sanria (PCI) vice sindaco e segretario generale, Ugo Zanchetta (DC) vice sindaco, Eugenio Morandi (PLI) vice sindaco ed assessore alla Ripartizione legale, Mario Boneschi (PdA) assessore ai tributi, Piero Usuelli (PRI) assessore all'Igiene, Samuele Polistína ( PSI U P) assessore all'Urbanistica. Mario Ta nci (PLI) assessore all'Ufficio tecnico. Vincenzo Rigamonti (PCI) assessore ai Danni di guerra, Napoleone Rossi (DC) all'Annona, Marzola (PSIUP) al Personale, Vallino (PdA) allo Stato Civile, Porro (DC) alla Polizia urbana. Magni (PRI) all'Educazione ed Elena Breher (PdA) all'Assistenza. Così, dopo quasi 19 anni, Milano, cacciato il podestà imposto da Roma, riebbe un sindaco ed una giunta democratica, l'uno e l'altra festosamente salutati dai milanesi accorsi numerosi in piazza della Scala, pà- una manifestazione indetta dal CLN, nel pomeriggio di quello stesso 26 aprile, mentre qua e là in vari punti della città, risuonavano ancora gli spari. Ma alle sei di quella sera il centro di Milano, all'interno della Cerchia dei Navigli, era ormai libero e da tutte le fabbriche poterono ritornare a casa gli operai che per oltre 24 ore avevano combattuto a fianco dei partigiani per la difesa degli impianti.
Il 28 aprile entrarono in azione, a fianco dei partigiani, circa 600 guardie di pubblica sicurezza, da tempo organizzate in due brigate inquadrate nella X' Divisione CVL, e si riunì il CLN di Milano: venne concordato con il Comando piazza (segue a pagina 4)
aprile 1985 milano 19 - pagina 3 mi
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l'armamento di vigili urbani e di vigili del fuoco da affiancare ai partigiani nel presidio della città ed il sindaco Antonio Greppi venne autorizzato a recarsi dall'arcivescovo per ringraziarlo "per l'attività svolta negli ultimi tempi ed esclusivamente per l'opera assistenziale", dove quelresclusivamente" pareva voler sottolineare che dal ringraziamento erano totalmente esclusi i tentativi di mediazione che il cardinale Schuster aveva avviato con fascisti e tedeschi senza alcun mandato nè autoriz7a7ione da parte del CLN.
E verso l'una del pomeriggio entrarono a Milano dal corso Sempione, accolti trionfalmente dalla popolazione, i garibaldini della Valsesia e della Valdossola, guidati dai loro comandanti, gli ormai "leggendari" Cino Moscatelli e "Ciro" (Eraldo Gastone). Per quattro ore i partigiani sfilarono per le strade cittadine portando con sé sette carri armati pesanti ed un aereo da caccia catturati ai tedeschi poi in piazza del Duomo ci fu un grande comizio di Luigi Longo, comandante generale delle Brigate Garibaldi, e di Cino Moscatelli; ma nel frattempo i partigiani appena giunti dalle montagne trovarono anche il tempo ed il modo di dare una mano ai loro compagni milanesi per costringere alla resa il presidio tedesco che ancora resisteva in viale Flavio Vegezio, nei pressi della Fiera, il migliaio di avieri asserragliati nella caserma dell'aeronautica di piazza Italo balbo (l'attuale piazza Novelli) ed il presidio nazifascista della Casa dello Studente in viale Romagna.
Quello stesso 28 aprile le donne milanesi organizzarono una grande manifestazione in piazzale Quindici Martiri (piazzale Loreto), dove nella notte tra il 28 e il 29 vennero portati i corpi di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi fucilati (in base alla sentenza del CLNAI contenuta nel decreto sull'amministrazione della giustizia emanato il 25 aprile) a Dongo, i loro cadaveri vennero apperi per i piedi alla pensilina di un distributore di benzina e lasciati esposti alla vista dei milanesi che giunsero per tutto il giorno da ogni lato della città, quasi a volersi accertare di persona che fossero ben morti.
Ormai in città ogni resistenza
nazifascista era stata annientata. Quel 29 aprile entrarono in città le divisioni partigiane Redi, Beltrami, Val Toce e Taim ed anche il comando della Gestepo, asserragliato all'Hotel Regina e lasciato indisturbato, per evitare inutili spargimenti di sangue, dai patrioti (che però lo tenevano sotto controllo perché nessuno degli occupanti cercasse di uscirne), decise di arrendersi alle prime truppe alleate finalmente giunte quel giorno in città. Il grosso delle truppe alleate entrò invece in Milano domenica 30 aprile, tra due ali di folla festante, su cui i soldati americani, novelli Babbi Natale, lanciavano manciate di sigarette e di cioccolato. E mentre la radio diffondeva il messaggio di saluto del generale Clark (comandante della Va Armata americana ed ufficiale statunitense più alto in grado in Italia) ai milanesi ed il generale Crittenberger, comandantre del IV° Corpo d'Armata americano, veniva riucevuto in Prefettura dal CLNAI, dal Comando generale del CVL, dal prefetto Lombardi, dal questore Elia e dal sindaco Greppi, mentrel'italo-americano dottor Charles Poletti assumeva la carica di governatore della Lombardia e gli alleati prendevano possesso degli uffici pubblici ed assumevano il controllo della situazione militare e dell'ordine pubblico, i soldati americani dilagarono per le strade di Milano, fraternizzando con la popolazione ed affollando bar ed osterie, abbandosi in incredibili bevute, offrendo in pagamento le "A. M. Lire" (Allied Governement Lire): pezzi di carta prestampati con sovrastampato il valore nominale in lire (così come in altre nazioni era espresso nella moneta locale). E i milanesi si accorsero che non soltanto fascisti e tedeschi al nord, ma anche gli angloamericani al sud avevano preso la pessima abitudine di stampare moneta falsa. (30 - Continua - Le puntate precedenti sono state pubblicate a partire dal numero di settembre 1982).
Nelle foto a pagina 3: in alto accanto al titolo tranvieri in armi in un deposito dell'ATM: sotto il comizio di Cino Moscatelli in piazza del Duomo il 28 aprile 1945. Qui sotto due AM Lire.
Lo ha detto al Parlamento europeo Wiesenthal: "Perché bisogna
1985
ricordare..."
Per evitare nuove tragedie è necessario dire con chiarezza ai giovani cosa erano fascismo e nazismo - I nuovi legami internazionali dei neonazisti
"Non è certo volontà di vendetta quella che mi spinge a dare la caccia ai criminali nazisti — l'ultimo in ordine di tempo è Mengele, 74 anni, di cui è stato identificato il nascondiglio in una precisa zona al confine con il Paraguay — ma la necessità di conservare la memoria, la testimonianza di un passato di cui oggi i giovani sanno ben poco".
Così ha detto il 26 febbraio scorso a Bruxelles Simon Wiesenthal di fronte alla commissione di inchiesta del Parlamento europeo sulla rinascita del fascismo e del razzismo in Europa. Una relazione, la sua, che non è stata priva di elementi di grande interesse per approfondire il significato di recenti fenomeni di razzismo in diversi paesi europei. La rinascita del fascismo, ha detto Wiesenthal, va situata in un preciso momento storico del secondo dopoguerra, quello della guerra fredda.
È stato infatti all'inizio di quegli anni (1947-48) che sono nati i primi gruppi neofascisti, nel momento in cui veniva meno la spinta alla democratizzazione e l'accento veniva messo sul "pericolo dall'Est"? È nei momenti di crisi, o all'interno
Per non dimenticare È
/ Le armate sovietiche, a 30 chilometri da Vienna, puntano su Berlino. Le unità americane, liberata Hannover, si trovano a 100 chilometri da Lipsia.
5 Gli alleati iniziano l'offensiva finale sul fronte tirrenico.
9 Ha inizio l'offensiva alleata sul fronte adriatico.
/0 "La battaglia finale è cominciata": così l'annuncio del gen. Clark ai partigiani, che invita a non spostarsi dalle loro posizioni senza l'autorizzazione del comando supremo alleato.
La direzione del PCI fa pervenire a tutte le organizzazioni politiche e partigiane la direttiva n. 16 sullo sviluppo del movimento insurrezionale. I partigiani liberano Massa e Carrara.
/2 Muore il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosvelt. Lo sostituisce il v. presidente Harry Truman.
15 Inizia la battaglia per la conquista di Alba da parte delle formazioni partigiane.
/9 Sciopero generale negli stabilimenti di Sesto San Giovanni (Milano).
dei singoli paesi o delle stesse relazioni internazionali, che tendono a risorgere gli spettri di questo drammatico passato. Ed è allora che viene indicato soprattutto nelle minoranze il capro espiatorio.
Il nazismo, ha detto Wiesenthal, non ha "scoperto" il razzismo. Semplicemente lo ha utilizzato in una micidiale miscela in cui all'odio di unisce la dittatura, la burocrazia e so-
prattutto la tecnologia. Una tecnologia controllata autoritariamente da una ristretta élite e messa al servizio dell'odio contro le minoranze.
accaduto,40 anni fa
Aprile 1945
20 Liberazione di Bologna. Il CLN di Genova lancia l'ordine insurrezionale. La città sarà definitivamente liberata il 25 aprile. Il gen. tedesco Meinhold firma la resa incondizionata rimettendola al comando delle forze partigiane. 6.000 i prigionieri della Wehrmacht in città, 12.000 sull'Appennino ligure.
23 Sciopero generale ad oltranza dei ferrovieri milanesi. Gli anglo-americani attraversano il Po.
25 Insorgono Milano e Torino. I partigiani occupano importanti nodi stradali in Piemonte e Lombardia. Nell'arcivescovado di Milano incontro di esponenti del CLNAI (Cadorna, Lombardi, Marazza) con Mussolini.
Ai fascisti è chiesta la resa incondizionata. Mussolini si allontana con l'impegno di fare conoscere, entro un'ora le sue decisioni.
25-29 Schio: nella cruenta battaglia per la liberazione della città cadono 42 partigiani. Negli scontri con le retroguardie della divisione "Goering" i tedeschi perdono 500 uomini fra morti e feriti, altri 6.000 si arrendono alle
formazioni garibaldine. Insieme a Genova, è l'unico caso di resa incodnizionata della Wehrmacht ai partigiani.
26 Nel Veneto e nel Friuli le brigate partigiane ostacolano la ritirata tedesca in duri combattimenti che dureranno sino al 4 maggio. Venezia è liberata il 29 aprile.
A Torgau, sull'Elba, si incontrano le avanguardie delle armate sovietiche e statunitensi.
27 Mussolini, abbandonata Milano, è catturato dai partigiani a Dongo (Lago di Como) mentre tenta, con altri gerarchi fascisti, di raggiungere la Valtellina.
28 Le truppe dell'Armata Rossa occupano Berlino. Mussolini è fucilato a Giulino di Mezzegra per ordine del CLNAI. Il suo corpo, con quello di altri 17 dirigenti fascisti, viene esposto in Piazzale Loreto, a Milano, nel luogo dove il 10 agosto 1944 erano stati fucilati 15 antifascisti.
30 Hitler, rinchiuso nelle fortificazioni della sua cancelleria, si uccide. A sostituirlo è nominato il grande ammiraglio Doenitz.
mondiale, con Germania e Austria che hanno spesso funzionato come elemento di raccordo tra i gruppi della fascia dei paesi nordici e di quelli mediterranei. Per quanto riguarda gli USA, ha ricordato che ogni mese vengono inviate in Europa varie tonnellate di materiale di propaganda neonazista. Gli c'è dietro a questa propaganda? Difficile identificare i mandanti, ha detto. Ma quel che si sa è che sono alcuni ricchi industriali americani e sudafricani che alimentano i fondi delle organizzazioni neonaziste americane. Il loro scopo? Destabilizzare le democrazie europee, contrastare le tendenze pacifiste. Ma anche tra i "verdi", ha sostenuto Wiesenthal, ci sono stati tentativi di infiltrazione di questo segno.
Occorre reagire subito, ha detto parlando sopràttutto ai giovani, per evitare che proprio quei "piccoli passi" in questa direzione che venivano rilevati negli anni 20 e 30 non precipitino oggi in una nuova tragedia. Giorgio Mallet
Nella foto: Mauthausen, l'anticamera del "crematorio".
I caduti a Milano nei giorni della Liberazione
Nel 40° anniversario del loro sacrificio riteniamo doveroso rendere omaggio a quanti nei giorni della Liberazione sono caduti a Milano nella lotta contro fascisti e tedeschi:
25 Aprile 1945: Livio Oddicini, Gianpiero Airoldi, Guglielmo Baccalini, Domenico Bernoni, Gina Bianchi, Rinaldo Cerati, Valentino Cerchierini, Ferrucciò Codé, Oliviero Conti, Idelio Fantoni, Angelo Garotta, Affilio Gemi, Giulio Lanzani, Natale Mapelli, Meris Mariotti, Guido Milche, Eligio Moro, Natale Oldani, Umberto Retto, Luigi Rinaldi, Pasquale Sagaria, Ugo Zaccaria.
26 Aprile 1945: Carlo Balconi, Giuseppe Baratto, Mario Blancato, Ermanno Cislaghi, Domenico Cucciniello, Luigi Del Vecchio, Angelo Esposti, Rolando Fornasari, Remo Lamperti, Bruno Paghini, Davide Tarantini, Aldo Tessaro, Ernesto Visconti, Dario Colombo, Vittorio Figino.
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Segue da pagina 3
Su altri due punti, i collegamenti internazionali e la propaganda nazista che giunge dagli USA, Wiesenthal ha richiamato l'attenzione. I gruppi neonazisti e neofascisti si sono rapidamente "europeizzati", ha detto, dopo la seconda guerra
Chiesto dall'ANPI delle zone 19 e 20'
Un monumento alla Resistenza a Milano che ne fu la capitale
Dopo aver ringraziato i rispettivi Consigli di Zona per il loro interessamento, le locali sezioni dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, hanno inviato al sindaco Carlo Tognoli la seguente lettera
Le Sezioni ANPI, Associazione nazionale Partigiani d'Italia, delle zone 19 e 20 a ultimazione delle manifestazioni nella ricorrenza del 39° della Liberazione, rilevata la mancata realizzazione nella nostra città. medaglia d'oro, di un monumento alla Resistenza, si riunivano unitariamente.
A conclusione venivano sollecitati i rispettivi Consigli di Zona a farne proposta al Consiglio Comunale e di segnalare le rispettive disponibilità di locazione.
Del tutto ne veniva informata la Presidenza Provinciale dell'ANPI.
Ci risulta essere ciò avvenuto così pure su iniziative parallele di altre Sezioni ANPI nelle rispettive zone.
Non si hanno però note di riscontro, nè dimostrazioni di sensibilità alla richiesta da parte del Consiglio Comunale.
Pace, libertà, giustizia, progresso sociale
Quarant'anni fa l'Italia risorgeva vittoriosamente abbattendo per sempre la tirannide fascista e scacciando gli invasori nazisti.
Nel quarantesimo della Liberazione, delle gloriose giornate dell'Aprile 1945, ricordiamo anche noi la lotta per la libertà e la giustizia, il contributo di sanguer, di eroismo e di sacrificio di tutti coloro che hanno combattuto per gli ideali della resistenza.
Essa è la matrice della Repubblica Democratica, il punto di partenza del periodo storico che ancora viviamo. Il periodo della Resistenza non può però e non deve esaurirsi nel celebrare qualche cosa che appartiene al
Et canton del barbee
Ci pregiamo pertanto, anche a nome delle altre Sezioni ANPI, di rivolgerci direttameùte al successore del Compianto AntonioGreppi, Sindaco della Liberazione, perché si faccia interprete sensibile e provveda nelle sue possibilità a questa non trascurabile lacuna.
Milano, già sede del CLNAI capitale morale d'Italia, dalla cui piazza del Duomo l'attuale Presidente della Repubblica dichiarò "l'Italia Libera", non può essere mancante di un tale ricordo.
Non desideriamo che quale attuale. Sindaco, successore ideologico di Caldara, Filippetti, Greppi, Aniasi, possa essere ricordato come colui che ha trascurato una creazione simbolica della partecipazione della nostra città alla conquista della Libertà di cui godiamo.
Desideriamo ardentemente invece che sia menzionato come
fautore della realizzazione di un simbolo, nel 40" che faccia ricordare Milano più come Capitale della Resistenza che per Piazza S. Sepolcro. Certo di avere generato la giusta sensibilità i Resistenti geneticamente invecchiati, ma non per questo meno vigili e memori ringraziano per qualsiasi inizia-
tiva venga avviata: monumento o museo della Resistenza; ma che la Resistenza sia sempre ricordata e presente alle attuali e future generazioni a simbolo anche contro ogni tipo di eversione. Con ossequi.
Il Comitato di Sezione
Tuttora validi, dopo 40 anni, gli ideali della Resistenza
La volontà del loro conseguimento è il modo migliore per celebrare questo anniversario al di fuori di ogni retorica e di rendere omaggio a quanti per essi hanno combattuto e sono morti
passato. La Resistenza continua, deve continuare fino al trionfo completo degli ideali che l'animarono.
E non soltanto perché tante speranze di ieri sono state misconosciute o dimenticate. Non soltanto perché vogliamo porre a confronto la prospettiva che la lotta liberatrice aperse alla Democrazia Italiana, con la realtà di questi anni. Non è soltanto una resa dei conti che noi intendiamo fare nel momento in cui chiamiamo tutte le forze sinceramente democratiche a raccogliersi ancora una volta in quella unità che fu la radice stessa della vittoria contro il fascismo.
No, noi celebriamo la resistenza non soltanto per ricordare che essa è rimasta incompiuta ma anche è soprattutto perché intendiamo riconoscere nella situazione politica in cui oggi pperiamo i motivi e le ragioni nuove di una tensione ideale, di un impegno, di una mobilitazione che ci consentano di parlare al cuore e all'intelligenza delle nuove generazioni e di riconoscersi come una forza viva e non sostituibile per ciò che oggi c'è da fare, per affrontare i problemi che si pongono alla Democrazia Italiana. Far vivere gli ideali della resistenza oggi significa riconoscersi nella causa della pace, sentirsi fratelli di tutti i popoli oppressi
Per il 40° della Liberazione
Il 25 Aprile la prima pietra del Giardino della Resistenza
Verrà posta in viale Mar Jonio nel corso di una cerimonia che si inserisce tra le manifestazioni programmate unitariamente dal Consiglio di Zona 19, dall'ANPI e dalf A PC
Il Consiglio di Zona 19 e le sezioni della nostra zona dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) e dell'A.P.C. (Associazione Partigiani Cristiani) hanno programmato, nell'ambito delle celebrazioni per il 40° anniversario della Liberazione, una serie di manifestazioni secondo il seguente calendario:
Martedì 23 Aprile, ore 11, manifestazione principale di zona presso Villa Triste, in via Masacciovia Paolo Uccello, con posa di corone e commemorazione.
Mercoledì 24 Aprile, ore 9,30, posa di corone alle lapidi in memoria dei Caduti per la Libertà a Lampugnano ed a Trenno.
Giovedì 25 Aprile, ore 10,30, posa della prima pietra dell'erigendo Giardino della Resistenza in viale Mar Jonio, a San Siro.
Sabato 27 Aprile, dalle ore 15 alle 17,30, trattenimento di danze popolari e concerto bandistico. Consegna da parte delrANPI di un attestato di benemerenza al Consiglio di Zona 19.
che lottano aspramente per il raggiungimento di libertà e progresso sociale, essere protagonisti del movimento per un nuovo corso economico e politico che veda gli interessi dei lavoratori prevalere su quelli dei padroni.
Il movimento operaio, quarant'anni or sono, riuscì a far fpenetrare nelle più genuine forze antifasciste, la coscienza che la posta dello scontro, non era il ritorno all'Italia prefascista, non era la semplice chiusura della infame parentesi fascista. Per questo la lotta di liberazione divenne un moto inarrestabile di popolo. Così oggi, nel momento in cui celebriamo la resistenza, non ci presentiamo soltanto come quelli delle giornate di Aprile, come i combattenti di una lotta eroica, come i superstiti protagonisti di battaglie gloriose e sanguinose, ma soprattutto come i rappresentanti di una grande forza ideale che affonda le sue radici nelle masse popolari e da questa ne trae alimento per far avanzare una linea di rinnovamento valida per il futuro del nostro paese.
Rievocando i fatti e le gesta di cui sopra, ricorre doveroso il ricordo di coloro che operando sul territorio della attuale zona 19, hanno pagato con la vita la loro dedizione alla causa della libertà. Ad essi ci sentiamo oggi particolarmente vicini ed al ricordo di quella gloriosa lotta dal sacrificio di tutti i combattenti partigiani e dal loro esempio, vogliamo trarre vigore per la lotta unitaria di oggi, per il trionfo degli ideali di libertà e di pace che la resistenza ha espresso.
Vittorio Fiocchi
Ciao! Allora, hai sentito Craxi?
Anmò lù!
Come sarebbe a dire ancora lui?
Sarev a dì che ghe n'hoo pien i ball de sentì tutti di la television che la dis quell che il Craxi l'ha dit, quell che el Craxi l'ha faa. quel! che el Craxi l'ha mangiaa...
Beh... In fondo si tratta pur sempre del presidente del Consiglio...
...e de on amis di padroni.
Cosa c'entrano i padroni?
Beh, te me disarett minga che el Craxi l'è amis di operari!
E cosa ti fa pensare che non lo sia?
Tanta per comincià el fatto ch'el va adree a dì che se in Italia i robb vann mal la colpa l'è di operari, che i operari costenn tropp...
Ma questa volta ha detto che i dibattiti in corso continuano in modo non del tutto convincente perché si tende a porre l'accento quasi esclusivamente sulle questioni economiche legate al lavoro ed al costo del lavoro.
Chi l'è che l'ha dit inscì?
Craxi, a Verona.
Mm... Se ved che l'ha pensaa ben che ghe convien fà la scenna del Craxi pentii. Pentito di cosa?
Ouehi! T'ee forsi desmentegaa che l'è staa propri lu, el Craxi, a tajagh la contingenza a operari, impiegaa e pensionaa?
No, ma...
E t'ee forsi desmentegaa che l'ha anca dit che el referendum per fass dà indree i danee ch'el gh'ha ciolaa el ris'cia de mandà l'Italia in malora?
Ma a Verona ha anche detto che del fattore capitale il mondo politico si è occupato ben poco.
E lù el fa forsi minga part del mond politegh?
Sì, certo...
E l'è forsi minga el pussee responsabil de tucc, dato che l'è el president del Consilij? — ...Ssi ...Ma ha anche detto che il costo del denaro pone un problema all'economia italiana.
Qual problema?
Beh, ne diminuisce le possibilità di sviluppo.
Tutt lì?
E ti sembra poco?
No, ma vist che lù l'è el president del Consilij basterev ch'el fasess on decret, tante tant ne fa giamò tanti, per fà in manera che i danee costassen de men.
Beh, non è così facile...
Se gh'è de tanto difficil?
Prima di tutto il fatto che non tutti i ministri sarebbero d'accordo...
E chi l'è ch'el sarev minga dacord?
Tanto per cominciare il ministro del tesoro Goria.
Chi? EI pussee bon de la compagnia?
II più buono?
Sì, bon de nient. Ma, oeuhi, el Craxi el segutta a tegnissell lì a fà el minister!
Beh, non può certo mandarlo via.
E perché el pò minga?
Perché rischierebbe di far cadere il governo.
— ...e de perd el cadreghin.
Ma la questione non è tutta lì!
E già! Gh'è anca la question ch'el ghe darev on dispiasè a i padroni.
E dalli che torni alla facenda dei padroni. Per forza! E te set se te disi?
Cosa?
Che per mi el Craxi l'è domà on pentii elettoral.
Un pentito elettorale?
Sì. Adess che gh'hinn in balli elezion el fa la scenna de stà da la part di operari, ma poeu...
Ma poi cosa?
Ma poeu, dopo i elezion, s'el riuscirà a restà anmò sul cadreghin te podet stà sicur ch'el tornerà a vess cuu e camisa conti padroni. Ciao, te saludi! el barbee
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Il pentito
aprile 1985 milano 19 - pagina 5
Introduzione alla storia della cooperazione (4) a cura di Giusto Perretta
Nascita e sviluppo della cooperativa di tipo nuovo
L'Unicoop Lombardia
Proprio nella nostra regione si erano inseriti dal '60 in avanti quegli insediamenti della grande distribuzione monopolistica e delle partecipazioni statali in virtù della massiccia presenza di imprese industriali e dei più evidenti fenomeni di inurbamento. Qui avremmo dovuto muoverci prima, purtroppo fummo costretti a muoverci ultimi.
Ilprocesso unificatorio iniziò nel 20 semestre del 1970 mediante la fusione tra la Coop con forno di Muggiò quale incorporante e la Cooperativa "Aurora" di Cinisello Balsamo cui seguì verso fine anno l'apertura del Supercoop di Cinisello Via Garibaldi e la gestione di due negozi della Cooperativa Edificatrice "Aurora" di Bresso, il tutto con la nuova ragione sociale di "Unicoop Lombardia".
Nel Gennaio 1971 seguì la incorporazione della "Cooperativa Popolare di. Consumo di Nova Milanese", della Cooperativa "Nazionale" di l.imbiate e quella della "Benefica" di Cesate.
Nel settembre 1971 si rilevò a Corsico il negozio di Via Curiel e si aprì a Cassano Magnago (Va) un superette, la gestione del negozio di Settimo Milanese, nei primi mesi del 1972 111nicoop Lombardia iniziava ad assumere dimensioni interprovi nciali.
La incorporazione nel giugno 1972 della "Coop Milano". una Cooperativa costituitasi nel frattempo attraverso una serie di fusioni di piccole e medie Cooperative che operavano nella fascia Ovest di Milano e la incorporazione della Cooperativa "Ancora" di Niguarda, procedevano ad un ulteriore processo unificatorio sul territorio Milanese.
Una prima, notevole realizzazione del processo di trasformazione in atto, avveniva nel novembre del 1972 quando a Sesto San Giovanni, si apriva il supermercato Coop in collaborazione con i grandi magazzini "Gigante", una organizzazione di dettaglianti associati.
Ancora dopo, nel gennaio 1973 la Cooperativa Nord Milano. quella di Garbagnate e la "Coop Brianza", entravano anch'esse nella nuova Cooperativa unificata mentre nel frattempo ad ottobre e novembre si aprivano rispettivamente la superette del quartiere Cantalupo a Monza ed a Bergamo un supercoop in Via Broseta. Divenivano così tre le province interessate dalla presenza della nuova Cooperativa: Milano, Varese e Bergamo.
Successivamente, a seguito della possibilità di apertura in Como Sud di una grande struttura alimentare integrata si prospettò la possibilità di un inse-
rimento del Movimento Cooperativo valido operante nel circondario comasco con l'assorbimento della Unione Cooperativa Comasca, mentre in parallelo si procedeva per uguale operazione nei confronti della "Coop Unione" costituitasi nella zona sud di Milano negli ultimi anni anch'essa a seguito di una serie di unificazioni. Venne però deciso ed accettato che tali incorporazioni sarebbero avvenute previa ristrutturazione di quelle aziende ossia scorporo preventivo dei circoli e dei negozi non più idonei nè interessanti l'Azienda di tipo nuovo. Si giunse così, verso la fine del 1974, alla apertura del supermercato Coop di Corsico, la prima struttura di una certa importanza della Unicoop Lombardia e alla conclusione, in sostanza (dopo l'incorporazione della Coop Unione e della Unione Cooperativa Comasca), del lungo e faticoso processo di unificazioni e successive incorporazioni assumendo la Unicoop Lombardia la fisionomia e le caratteristiche di una azienda regionale interessante le proIiincie di Milano, Varese. Bergamo e Como. Nel frattempo tra il 1975/76 si ponevano le basi per la realizzazione del grande magazzino di Pieve Emanuele che, sia pure lentamente riuscì a comare le grandi insufficienze rilevate dal funzionamento del magazzino di Bollate. La successiva apertura dei negozi di Corsico e di Opera si aggiunsero alle precedenti.
La razionalizzazione delle strutture, che peraltro a quel punto si era ancora ben lontani dall'aver ultimato, richiese tempo e sforzi notevoli così come altrettanto complessa fu la costruzione degli organismi dirigenti, sia per quanto riguardava il Consiglio di Amministrazione che lo "staff" della direzione, sino alla individuazione e formazione del personale dipendente che fino a quel punto proveniva da cooperative diverse, con diverso grado di professionalità e diversa gradazione di legame alla costruenda nuova cooperativa.
La realizzazione delle Sezioni Soci, ancora in via di formazione, risentiva fortemente delle lacerazioni avvenute durante i varii processi di fusione che si esprimeva in una sostanziale passività, quando non era aperta opposizione, alla realizzazione del progetto di una moderna cooperazione.
Furono però costruite le premesse nelle strutture e nei quadri che avrebbero consentito alla Unicoop Lombardia di poter, solo alcuni anni dopo, svolgere appieno le sue funzioni di grande cooperativa regionale di tipo nuovo e funzioni di ca-
rattere economico in una regione prevalentemente dominata dalle strutture del grande capitale monopolistico e finanziario.
Alla data del 1° Aprile del 1976 si potevano fare i seguenti riepiloghi:
Vendite:
Personale:
1973 n. 397
1974 n. 408
1975 n. 547
1976 n. 596
Purtroppo però, contrariamente alle previsioni e proprio nel momento in cui la Cooperativa stava per consolidare la sua struttura globale, la distribuzione venne investita dalla grave crisi che dal 1975 ha infierito per diversi anni ed in un certo senso ancora infierisce sull'economia del nostro Paese. Primi ad essere colpiti furono proprio i consumi alimentari che subirono per alcuni anni una forte flessione. La cooperativa si trovò così in gravi condizioni di difficoltà per i seguenti motivi: la crisi la colse mentre si stava dando una struttura adeguata a nuovi sviluppi, il magazzino a monte applicava ancora maggiorazioni superiori al 109 vi erano dei "non evasi", nella misura di 600/800 articoli quasi in permanenza, gli oneri finanziari gravavano nell'ordine di 500/800 milioni sui bilanci annuali. sul piano sindacale veniva effettuato — in verità solo da pochi dipendenti — una continua ed esasperante conflittualità tendente all'appiattimento delle qualifiche professionali, spesso facendo anche leva sullo stato d'animo della base sociale ancora esasperata dai processi di unificazione e dalle chiusure dei negozi "sotto casa".
Fu un grave periodo di crisi per cui per alcuni anni la cooperativa navigò in acque stagnanti ed il suo futuro venne persino messo in forse. Occorrerà un ulteriore processo di "bonifica" strutturale, l'impegno prodigato da alcuni dirigenti nel raddrizzare definitivamente l'attività del magazzino di Pieve riducendo gradualmente i ricarichi prima intorno al 6%e poi anche meno, l'impegno prodigato anche dal nuovo "staff" dirigente perché la cooperativa, essendosi anche mutate le condizioni del mercato con notevole sviluppo dei consumi alimentari, potesse riprendere positivamente e speditamente la sua opera di consolidamento e di ulteriore espansione.
Seguirono perciò le nuove aperture di Niguarda, di Sesto Nuovo Negozio, del centro Commerciale di Lodi ed ultimamente quelle di Vigevano e di Bareggio che hanno dato nuovo impulso e nuova forza alla grande Cooperativa lombarda.
Più recentemente, nel corso del 1983 è stato ripreso il progetto — a suo tempo accantonato — della incorporazione della Unione Cooperativa di Cremona e del magazzino di Pieve che nel frattempo si era strutturato come Magazzino autogestito della Cooperazione Lombarda.
L'Assemblea di Bilancio della primavera del 1984 vedeva finalmente definita globalmente la "Coop Lombardia", sogno nè1 quale per oltre quindici anni erano state riposte tante speranze e nel quale oggi è riposta la fiducia di tante migliaia di cooperatori lombardi.
Nella foto accanto al titolo un supermercato Coop della nostra zona.
Dibattito aperto
Vogliamo uno stato in cui tutti possano riconoscersi
Le difficoltà di capire il mondo in cui viviamo è propria di tutte k epoche di transizione, ma il pericolo di andare verso una società sempre più frantumata ed individualista è molto forte e deve essere contrastato in ogni modo
Durante l'attività politica di questi ultimi mesi, negli attivi in Sezione, nel contatto con la gente. mi si sono posti diversi interrogativi. Primo fra tutti la domanda di un ragazzo ex tossicodipendente il quale affermava quanto gli era difficile vivere ai bordi tra le istituzioni che non ti ascoltano ed i ragazzi come lui che non sapevano cosa fare e si chiedeva "lo da che parte sto?" e continuava dicendo, solo unà anziano, un cinquantenne che è nato e cresciuto nelle istituzioni può essere soddisfatto di questa società. Un'improvvisa carica emotiva mi ha assalito, immediatamente mi sono tornate alla mente le lotte partigiane, io allora vivevo in Valsesia, e noi ancora bambini che non capivamo il senso... ma vedevamo la morte vicina, un avvicendarsi di partigiani. fascisti. tedeschi, una grande confusione e tanta, tanta sofferenza e poi... la fine della guerra, la speranza la ricostruzione. un desiderio di pace. di fratellanza e rivedo come in un film fino ad oggi passare tante vicende... e mi rattistrano, oggi, questi giovani senza speranza, alla ricerca di valori. Non sò se sono riuscita a far capire al ragazzo tutta la mia comprensione, ma soprattutto a fargli capire che anche a noi comunisti, non tutto ci sta bene e che giovani o meno giovani, combattiamo per lui ed insieme a lui per una vita migliore. La difficoltà di capire il mondo in cui viviamo è propria di tutte le epoche di transizione. ma il pericolo di andare incontro ad una società sempre più frantumata, individualista è molto forte deve essere contrastato in ogni modo incentivando tutte le forme di aggregazione e di volontariato. Ai comunisti si deve dire che stare dentro queste esperienze non è un cedimento ad ideologie altrui e si può aggiungere che l'inserimento di massa di una militanza laica e di sinistra nel volontariato può correggere certo privatismo, certo spirito di carità tipico della cultura cattolica. Se questo si realizza si realizzerà il"partito nuovo" di Togliatti.
La polemica del Card. Poletti che intende far passare i comunisti per anticlericali e la tanto dibattuta teologia della liberazione mi stimolano a delle brevissime considerazioni. Dio resta un problema politico? t davvero possibile un dialogo tra cattolici e marxisti, tanto atteso per creare delle alleanze? Penso sia possibile se se ne riconosca la piena autonomia dei problemi materiali, Martin Luther King diceva: "Una religione che si professa sensibile alle anime, ma non lo è alle condizioni economiche che le strozzano, appartiene a quella categoria che i marxisti chia-
mano, l'oppio del popolo", e Berlinguer in una lettera al vescovo Botazzi: "Noi comunisti vogliamo una società organizzata in maniera tale da essere sempre più aperta ai valori cristiani, ma non vogliamo una società cristiana, né uno stato cristiano e non già perché siamo degli anticristiani, ma solo perché sarebbero anch'essi uno stato ideologico integralista". Quindi vogliamo uno stato né ateo né cristiano, vogliamo uno stato in cui tutti i cittadini possano riconoscersi. t errato ritenere che il progresso tecnologico e sociale abbiano esaurito il bisogno religioso, nell'individuo e nella collettività, la coscienza religiosa quando è vissuta in modo autentico può alimentare una vera volontà di cambiamento, per realizzare una società più giusta e più umana. La questione femminile, attivo di sole compagne perché? Perché ci uniscono problemi comuni, perché se le donne volessero parlare del loro mondo interiore direbbero che il sentimento più vivo è la ricerca di una propria identità nuova al posto di quella che gli era stata appiccicata dalla tradizione. L'amicizia fra donne è qualcosa che stiamo conquistando palmo a palmo, per troppo tempo era stata condizionata dalle rivalità. Il mondo dei sentimenti una volta considerato limitante e che a volte ancora sei costretto a reprimere, è un modo di essere, una forza a cui noi dobbiamo rinunciare, perché ognuna di noi possa esprimere sentimenti a livello sempre più alto. Berlinguer è l'artefice di questa linea politica del nostro partito. Egli capì che le conquiste culturali, legislative e civili che riguardano le donne avrebbero cambiato la società ed avrebbero portato in campo nuove idee di trasformazione dei valori e delle persone. Egli pensava che le idee delle donne fossero indispensabili al rinnovamento del partito e della politica. La questione morale da lui concepita come questione centrale per la trasformazione della società, affondava le radici nel bisogno di rifondare una nuova etica nei rapporti tra i singoli, tra la politica e la società. La questione morale era per lui questione che riguardava la concezione e la pratica della politica, le cui finalità, fossero le persone, i loro bisogni e non il potere. Egli sapeva che le donne avevano ed hanno bisogno che si affermi questa conceziòne umana della politica.
Come valuteranno gli elettori le amministrazioni locali? Prima di tutto in base a dei parametri di cui il più rilevante è sicuramente la questione morale. I candidati dovranno essere onesti, capaci e soprattutto competenze in campi specifici.
La gente giudica l'amministrazione dal funzionamento e dall'efficienza degli uffici pubblici e dei servizi, in tutti i settori, occorre quindi un controllo della macchina organizzativa che faccia emergere e correggere tutte le disfunzioni esistenti. La sezione dovrebbe essere aperta nei modi e tempi da stabilire. per diventare sede attiva nella difesa dei cittadini, gruppi singoli, assistendoli nel loro rapporto, anche conflittuale con l'Amministrazione, qualunque essa sia, offrendo loro sostegno stimolo ad organizzare movimenti capaci di esercitare pressioni politiche e contemporaneamente assisterli nelle loro iniziative di reclamo, di informazione e di partecipazione. Leggo dai giornali "Il Pci partito di governo, ma come e con chi?" "Pci sempre più forte e sempre più solo" "Come vuole governare il Pci, con altri partiti, con settori di partito, con schieramenti, con gruppi sociali. A tutte queste domande Natta ha risposto, affermando che noi non vogliamo governare da soli, anche perché non sarebbe possibile, ma non partiamo da una logica di schieramenti, mettiamo al primo posto il nostro programma. I principi sanciti dalla costituzione confermano il concetto delle autonomie cali, ma la Dc pretende di applicare nei comuni e nelle Regioni la stessa formula di schieramento e quindi di potere. Natta ha quindi ribadito che non abbiamo fatto nessun schieramento, se in certi comuni la realtà è tale da richiedere governi locali insieme ad altri partiti, noi non ci tireremo indietro. Detto queste, non si riesce a comprendere perché tanta paura del Pci, un partito che ottiene la maggioranza dei consensi, cerco di vedere tra le righe queste paure, certi timori e mi accorgo che sono paure di perdere il potere, paure da parte dei cattolici, che temono di perdere la libertà di manifestare il loro credo. Noi dobbiamo combattere queste paure, discutendo in modo pacato, senza animosità le nostre idee e la linea del partito. Capisco, quanto a volte sia difficile rimanere tranquilli davanti alle provocazioni, alle ironie e capisco anche il pessimismo ed il logoramento di stare sempre all'opposizione, ma dobbiamo avere fiducia dell'intelligenza degli elettori e con forza rinnovata far conoscere il nostro programma. A tutti voi sarà capitato sicuramente di sentirvi dire "se tutti i comunisti fossero così..." da quì nasce il bisogno di farci conoscere, ma per farci conoscere è necessaria una presehza continua ed attiva tra la gente.
Maria Pia Robbia della sezione E. Ragionieri del PCI
pagina 6 - milano 19 aprile 1985
1973 12.562.000 1974 17,843.000 1975 24.806.000 1976 (prev.) 32.161.000
I mestée de la Milan de semper
Daj roeud ai sabbionée fenissom in d'on sacch
Dalle origini lontanissime ad oggi la ruota non ha cessato di essere invenzione regina dell'uomo, incancellabile simbolo di tutte le applicazioni nel passato, presente e futuro fin che mondo sarà
di Arcano
Ruote, "roeud", fabbricazione e commercio; invenzione antichissima e perpetuante la civiltà; fabbricante di ruote, "fabbricant de roeud"; inutile fare in questo caso tutta la storia della ruota dai primordi ad oggi ed elencare tutte le applicazioni che essa ha avute ed ha tuttora.
È certo il fatto che dalla sua apparizione ai giorni nostri la sua evoluzione ed i materiali impiegati per la costruzione per essere descritti necessiterebbero di molto spazio e di ragionevole baso di tempo; dalle ruote piene in legno o in pietra alle relative modifiche a raggera, la cerchiatura in ferro e quindi le ruote a dischi sino alle sofisticate ruote al carbonio del recente primato ciclistico sono corsi millenni.
I trasporti di ogni epoca sono
quelli che ne hanno maggiormente beneficiato; carri, carrozze, bighe, carriole e carrette; poi cicli, motocicli, automobili, autocarri, tram, treni, aerei, battelli, navi, ecc. senza mai esaurirsi nelle forme e dimensioni anche per sedie a rotelle, carrozzine d'infanti, lettini di ospedale e una miriade di altre applicazioni che hanno reso la ruota la più universale ed umana delle invenzioni".
Dalla ruota derivano centinaia di soluzioni ad essa ispirate: geniali e rivoluzionarie (con la trista eccezione del supplizio della ruota di medioevale ricordo inquisitorio): volani, carrucole, ingranaggi, mulini ad acqua, pulegge ecc.
Il settore della costruzione di ruote d'ogni specie e con i più
Dialettologia milanese (18)
Dal milanese parlato al milanese scritto
divtrsi materiali impiegati occupa una imponente massa di addetti al di là d'ogni immaginazione e giostrare di miliardi con la prerogativa di maggiore vincolo ai mezzi di trasporto.
Frizzi e modi di dire si associano alla ruota in scanzonate citazioni di cui alcune incisive alquanto: "Andà a roeuda libera". (Andare a ruota libera). Nei discorsi, nelragire, nell'essere dispotici. "Andà a roeuda." (Andare a ruota). Scroccare, beneficiare senza contropartita. "EI gh'ha el mal de la roeuda!" (Ha il male della ruota!) riferito a chi è sempre in giro senza un motivo palese oppure sottinteso per chi lamenta dolori alle giunture articolari, ricordando appunto il supplizio della ruota che... collaudava le membra. "L'è ona roeuda come quella del Prater!" (È una ruota come quella del Prater!) indicando uno scroccone dalla faccia tosta. Sabbia, ghiaia, commerciante di sabbia, ghiaia, pietrisco; "sabbia, gera, gerett, sabbionée". Cava è identito in milanese, scritto e pronuncia, al vocabolo italiano.
Materiali indispensabili per l'edilizia che hanno contribuito a fare classificare la darsena di porta Ticinese il secondo porto italiano per tonnellaggio, anche se la merce non è di nobile natura.
confezionato e stabilitura già pronta in vesciche di plastica; certo si commercia sempre, se ne fa uso industriale per la lavorazione dei metalli, sabbiatura, e nello stesso settore edile per il restauro delle facciate degli stabili.
Sabbie silicee vengono pure usate nella lavorazione di graniti, legno, metalli, vetri, ecc. ed è evidente che per questi diversi usi esistono macchinari fissi o modili di vari tipi, ad aria compressa o a turbina.
Sacchi, saccherie, sacchetti, sacchettifici; "sacch, fabbricant de sacch, sacchée" sono le voci milanesi; il sacchetto di carta o cellophane, plastica o altro un tempo non esisteva.
associato al pregio della impermeabilità, resistenza, ridotto peso e ingombro e con il grande neo della difficoltosa distruzione quando inservibile; spina nel cuore di urbanisti ed ecologisti.
La dizione popolana è ricca di motti, frizzi e citazioni a proposito della voce sacco: "Sacch de patati". (Sacco di patate) è frizzo per chi è pigro, lento o impacciato nel movimento per soverchia mole; "Sacch voeui sta minga in pée, sacch pien se piega minga!" (Sacco vuoto non sta in piedi, sacco pieno non si piega!) frizzante canzonatura volta a coloro che per un motivo o l'altro adducono pretesti per fare i lazzaroni. poltrire.
rivoluzionando anche la semplice saldatura a stagno.
L'accessoriato e la protezione hanno pure contribuito al miglioramento di questo mestiere permettendo di operare in tranquillità e maggior rendimento: maschere, guanti, grembiuli. occhiali, paratoie d'amianto ecc. sono materiali che vengono commerciati, quindi altro mestiere di richiamo i fabbricanti di materiale antinfortunistico.
Così pure il commercio di elettrodi per la saldatura in tutte le leghe. cannelli d'ogni tipo ed uso, bombole di gas argon. propano, ossigeno. acetilene; ed ancora generatori portatili di ossigeno, riduttori di pressione gas, disossidanti, valvole.
I numerosi dubbi formulati da lettori ed appassionati della lingua milanese, in parte giustificati, ripropongono il discorso sia sull'alfabeto milanese sia sull'uso delle vocali "U" e "O" propiziatrici di molte confusioni.
Certo è che il milanese scritto, da sempre motivo di interesse ed anche di dispute, polemiche e rivendicazioni assume carattere di difficoltà per i lunghi spazi di tempo intercorsi tra l'uno e l'altro aggiornamento; furono in molti a reclamare la indiscussa validità del parlato più che dello scritto, ma già cinque secoli fa abbondanti tracce di milanese scritto in modo molto simile all'attuale e validissime nel linguaggio odierno costituiscono la testimonianza di un'esigenza già allora sentita in spregio all'elevato grado di analfabetismo dominante.
Quello che non deve assolutamente apparire strano ai contemporanei è il fatto che ad occuparsi di lingua milanese non sono stati in assoluto i milanesi, tutt'altro; di Giovanni Capis, giurista laureato a Pavia è un glossario della fine del 1500 in cui tutti i termini milanesi sono spiegati con la loro etimologia greca o latina: "Varon milanes de la lengoa de Milan"; il Capis era originario di Domodossola.
A dissertare su quest'opera si cimenta Giovanni Ambrogio
Biffi ed ampliarla è compito di Giovanni Milani, poi a correggerla e ripubblicarla è compito di Ignazio Albani nel 1606; ma Luigi Pulci poeta fiorentino scrisse numerose satire in milanese già nel 1480 circa e nella nostra lingua si cimentò anche il pescarese Gabriele D'Annunzio nonostante la sua italianità!
Troppo spazio mi ruberebbe l'elencazione di quanti non milanesi si sono occupati del nostro linguaggio; anche Delio
Tessa non insisteva sulla grafia a favore della lingua parlata e marcando decisamente sul suo punto di vista di "dialetto vivo e non lingua morta"; ma allora nel 1932 una buona parte del popolo lo parlava ancora, prima dell'accidiante invito perentorio fascista a mettere in di-
sparte ogni verbare che non fosse italiano (e mussoliniano) e del grande esodo dal sud al nord d'una grande massa di gente che, giustamente, fatica a capirlo.
Torniamo all'alfabeto milanese tralasciando quello rustico del Bonvesino de la Riva che si componeva di venticinque lettere incluse J-Y-K - X e talvolta W per probabile inquinamento di vocaboli sassoni o teutonici.
L'alfabeto milanese ha soltanto in più la jota rispetto alla lingua italiana moderna, ma il toscano è identico anche se l'uso di jota è diverso; proprio per questo motivo i raffronti milanese-toscano sono più efficaci, anche per il fatto che le due lingue nascono parallelamente assieme al siciliano il cui più grande poeta è Giovanni Meli, 17401815.
Una delle domande postemi riguarda raccentatura delle vocali A - O in alcune composizioni per i possessivi e nella declinazione del verbo avere; dovrebbe trattarsi di materiale assai vecchio, perché il Porta usava già la consonante muta "H" con il supporto della forma milanese "GH" da cui non si può separare: "gh'hoo, gh'ha, gh'hann".
Nella lingua italiana invece, sino al primo ventennio del nostro secolo, a scuola insegnavano ancora le due forme: à, ò, ài, ànno oppure ha, ho, hai, hanno; può capitare che qualche persona anziana scriva ancora così e non è un errore; è invece errore farlo in milanese! (Errori che ho fatti anch'io).
Per le vocali U e O ripeto quanto ho già detto nella rubrica del mese di maggio 1984; la vocale O può essere larga oppure stretta come nel caso di "tort": larga se indica torto, stretta se indica torte (dolciumi); la vocale U è invece sempre stretta ad eccezione di quando è a seguito della consonante Q o quando è iniziale di nomi propri: Ulderico, Ubaldo, Ugo; in tal caso si pronuncia come la U toscana o italiana.
(continua)
Cave di sabbia e ghiaia ne esistevano parecchie nella cintura milanese sino a qualche anno dopo l'ultima guerra; la migliore sabbia arrivava però dal Ticino trasportata dai barconi lungo il Naviglio Grande e depositata in darsena in grandi mucchi che poi per mezzo di benne semoventi su rotaia veniva travasata nelle tramoggie per essere misurata al momento del carico.
Il sacco è stato ideato dalla necessità di un imballaggio rapido, pratico ed economico; inizialmente fu fabbricato in tela, canapa, juta e di quest'ultima ve ne erano di tipi a torcitura molto fitta o rada secondo l'uso a cui si destinava. Mentre il sacco di tela veniva adibito al trasporto di farine alimentari, riso o anche biancheria (già esistevano criteri di scelte per questioni d'igiene) quello di Juta fine assolveva il compito d'imballo di cereali, legumi secchi, granaglie da macinare, zucchero e caffè; quelli a trama più rada e confezione meno curata venivano usati per patate, carbone e, dalle industrie, per bullonerie e minuterie meccaniche.
Saldatura, saldatrici saldatori; "Saldatura, saldadris, saldoeur"; del saldatore, "saldoeur" (plurale e singolare uguali come vocaboli) se ne è già parlato.
Ammodernandosi con le nuove tecniche sia per i metalli sia per le materie plastiche il settore offre una vasta panoramica che passa dalla grande carpenteria industriale o ferroviaria e navale alla nobile arte orafa e all'odontotecnica; attrezzature e materiali di recente innovazione si appaiano alle vecchie regole della saldatura ossiacetilenica o a quella elettrica di tradizione
Per la saldatura di materie plastiche esistono speciali apparecchiature che vanno dalla più semplice a quella ad ultrasuoni, per minuteria o grandi superfici di una impressionante varietà di potenze. in fasi singole. doppie. triple, multiple. "L'è on bon saldoeur!" (£ un buon saldatore!) Modo di dire e metafora; elogio al mestiere e a chi... salda subito i conti!
(continua)
Nella foto gru e silos, fantastici sotto la neve, oggi sempre più rari sulle rive della Darsena.
Apposito congegno stabilisce la cubatura della sabbia o ghiaia che dalla tramoggia passa al veicolo che la trasporta al cliente, cantiere o deposito di materiali edili; molti milanesi ricordano i famosi "marnon", i caratteristici carri a cassone ribaltabile e sponde alte con portellone incernierato verso l'alto e bloccato in basso da un chiavistello; il cassone veniva bloccato per mezzo di due codoni alle stanghe con due grossi anelli scorrevoli di ferro fermati a loro volta da una chiavarda Che ne impediva lo sfilamento durante la marcia. (La nota descrittiva è per i lettori più giovani).
Questi carri trainati da cavalli, il cui conducente era "el carador" (carrettiere) scomparvero verso la fine degli anni '40 per lasciare il posto agli autocarri ribaltabili che i milanesi subito battezzarono "stravacchin" dal verbo "stravaccà" che in traduzione vale per rovesciare.
I "sabbionée" avevano a loro disposizione sino ai primi anni del dopoguerra un'altra darsena chiamata "Port de mar" (Porto di mare) che si trovava I nella zona tra rattuale quartiere I ()Mero e Vaiano Valle; oltre alle acque di numerosi fontanili vi entrava ed usciva l'acqua del canale Vettabia; la scomparsa di questo caratteristico angolo della periferia milanese oltre ai rimpianti dei romantici suscitò molte polemiche per la mancata reali7zazione,,più a sud secondo i progetti, del canale navigabile Milano-Po da molti giudicato 'un "bidone elettorale", che periodicamente... riemerge!
Tornandò alla sabbia e ai "sabbionée" oggi le condizioni del commercio sono un poco mutate in seguito all'uso più frequente di calcestruzzo pie-
Curioso, anche se un poco macabro, sottolineare che negli ospedali erano in uso sacchi di tela del tipo incerato ("fila inscirada") di cui esistevano diverse taglie e che servivano a riporvi i resti di grandi amputazioni prima che fossero avviate all'incenerimento.
Vennero poi fabbricati i sacchi di carta multifogli, molto resistenti usatissimi dalle cementerie per imballo di gesso o cementi, di calce in polvere, terre refrattarie ed altri materiali per l'utenza edile; poi l'uso si estese anche ai mulini per le farine e ad altri settori: zuccherifici, concimi, mangimi per zootecnia.
Il milanese è una lingua da conservare non da modificare e ben vengano i neologismi che l'arricchiscono e sostituiscono i vocaboli caduti in disuso per ragioni di progresso, non di cultura ai
Come la tela juta ebbe vasta applicazione nell'imballo anche se non propriamente come sacchi (balle voluminose di pezzami, lane, lini, cotone da filare, ecc.) stessa sorte toccò alla carta sia per l'uso alimentare sia per ogni altro prodotto fino a quando non ebbe il sopravvento il sacchetto di carta.
Come tutte le evoluzioni anche il sacchetto subì rinfluenza di ogni ritrovato e ne confezionarono con tutti i materiali possibili: in cellophane, najlon, fibre sintetiche, rafia, politene, vinilici; naturalmente ne seguì anche la varietà di stampigliature reclamistiche monocrome e policrome sino a sei colori e con l'indicazione sia per la carta sia per altri materiah "per alimenti" su quelli allo scopo confezionati.
A questo punto si nota il fenomeno del "sacchetto con ma' nico a grande diffusione, poi quello per la raccolta dei rifiuti sino a quelli di tipo industriale, a perdere, della capacità di due metri cubi e della portata di una tonnellata e mezza di peso; progresso tecnico indubbiamente,
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A colloquio con un operatorp del centro
CPS: un grosso lavoro per la nostra salute
Nato dalla legge 180, ha in cura 170 pazienti nella nostra zona - Con un maggior sostegno potrebbe svolgere una importante azione di prevenzione anche nella lotta contro le tossicodipendenze
Sono tornato nelrex asilo di Via U. Betti, che potremmo definire, l'avamposto nella difesa della salute mentale dei cittadini della zona 19.
È lì che, insieme al SI MEE, ha la sua sede il CPS (Centro Psico Sociale), una istituzione nata dall'applicazione della legge 180 (legge sulla chiusura dei "manicomi"). Suo compito istituzionale è l'assistenza dei malati di mente sul territorio, coadiuvato da un reparto ospedaliero di degenza: tutto questo con l'obiettivo di evitare la ospedalizzazione dei pazienti e favorire l'inserimento nella società.
Le patologie che, più frequentemente, vengono curate vanno dalla psicosi alle varie forme di depressione, ai disturbi dell'adolescenza; a tutt'oggi di qui è già passato circa l'uno e mezzo per cento degli abitanti della nostra zona.
Fino ad oggi il CPS non si è curato in modo specifico di tossicodipendenti. cio nonostante, dall'incontro con il dott. Fava, operatore del centro, è emerso come (sulla base della sua esperienza) il mondo delle tossicomanie non possa essere trattato con generalizzazioni facilone, né con luoghi comuni.
La legislazione vigente, fa sì che i "tossici" non rientrino nel raggio di azione del centro; la legge infatti non prevede che essi vengano curati in centri o in reparti psichiatrici. ma solo in reparti di medicina generale.
Le terapie che il centro può offrire non sono da considerarsi adeguate a chi sia tossicodipendente. La psicoterapia, in effetti, è una via lunga e diffide, spesso dolorosa (necessita di un grosso impegno del paziente) e che richiede molto tempo per ottenere dei risultati. Queste caratteristiche la rendono poco incisiva nel trattamento di casi di dipendenza jia droga in quanto che, "facendosi", si ha a portata di mano soluzione più facile ed immediata.
Per quanto riguarda la farmacoterapia, va osservato che quando gli stessi farmaci non vengono utilizzati come surrogati degli stupefacenti, essa offre al tossicodipendente un sollievo assai minore dell'eroina che viene preferita di gran lunga.
Detto che, contro la tossicodipendenza le armi del centro non sono del tutto efficaci e che la migliore risposta possibile è la comunità terapeutica (in quanto il tossicodipendente ha bisogno di un rapporto continuo 24 ore su 24) va rilevato come vi siano spazi di lavoro anche per il CPS.
Dice il dr. Fava: "Noi possiamo intervenire là dove è presente una dimensione di disagio sociale, quando il paziente ha delle difficoltà a trovare un suo spazio nella società. Il nostro aiuto, allora, consiste nel dargli una spinta, nel collaborare alla ricerca di una strada, poi il paziente potrà 'comminare' da solo.
Tra coloro che si rivolgono al nostro centro, vi sono anche alcuni tossicodipendenti con problemi mentali. Questi 'tossici, che noi chiamiamo tossicodipendenti sintomatici, non sono portati a divenire dei veri tossicomani.
Noi li seguiamo come se fossero malati qualsiasi, ma se fossero dei veri 'tossici' non saremmo in grado di aiutarli.
Quando si presentano dei tossicodipendenti, per così dire, 'classici' — prosegue il dr. Fava — uno dei nostri compiti è quello di indirizzarli verso centro specialistici. Un intervento che noi potremmo svilu~re, se fossimo messi in grado di praticarlo, sarebbe quello dell'assi-
Variante al P.R.G. Sistemazione viabilistica alla Malata
Consentirà la connessione con l'Autostrada
Milano- Torino
stenza alle famiglie. Avrebbe una estrema utilità l'aiutare le famiglie ad opporsi alla droga e non a divenirne complici, spesso solo perché non sanno cosa fare.
In questi casi ottenere un sosiegno, attraverso forme di terapia familiare che diano gli strumenti per essere capaci di operare le scelte più opportune e non le più facili, permetterebbe di risolvere alcune situazioni.
Non sempre un atteggiamento anche deciso, che metta il tossicomane di fronte alle sue responsabilità, è negativo. Un gesto deciso nato all'interno di un contesto di amore, ha un valore molto diverso da un gesto violento nato in un'atmosfera di violenza. !giudizi devono essere individuali, estremamente mirati, caso per caso.
Certo, questo intervento richiederebbe una grande disponibilità di tempo: spesso invece, gli operatori di tempo ne hanno molto poco. Non è raro il caso in cui sono proprio le istituzioni, che non consentono di operare con tutta l'anima e la disponibilità necessaria!".
Oggi il CPS, che ha in cura 750 persone, deve lamentare l'insufficienza della struttura a fronte del lavoro da svolgere.
Le scelte operare a livello amministrativo e politico senza ' coinvolgere gli operatori, la scarsità di personale, le paghe insoddisfacenti, le interferenze dei livelli tecnici più elevati, sono alcuni dei fattori di malessere.
Vi è poi, una grande miopia da parte della Regione, nel non vedere come le strutture di base, se ben funzionanti, permetterebbero di contenere i costi generali dell'assistenza sanitaria.
"Purtroppo, in questa situazione — dice sconsolato il dott. Fava —se mi si presentasse una famiglia che richiedesse di entrare in terapia, dovrei indirizzarla verso i privati, perché io non avrei il tempo materiale per seguirla".
Non è una bella "chiusura", ma un'istantanea dai forti chiaroscuri, fedele riproduzione di una quotidianità, tanto lontana da certi proclami e da tante promesse.
Franco Tosi
Presso il centro Lido di piazzale Lotto
Costituito un nuovo circolo di tennis
Presidente ne è Nadia Dalla Vedova, che si occupa dei tornei interni e della formazione della squadra che parteciperà in maggio alla Coppa Italia
L'Amministrazione comunale di Milano ha accolto un'osservazione del Comune di Pero, avversa alla variante di Piano Regolatore Generale vigente, riguardante la zona della Cascina Merlata, a sud dell'Autostrada Torino-Milano, là dove la nostra zona confina con il Comune di Pero.
In particolare il Comune di Pero ha chiesto rinserimento nella variante di una fascia di salvaguardia per la strada di collegamento tra lo svincolo autostradale e la futura Strada di Gronda Nord, che dovrà servire sia come variante alla Strada Statale 33 del Sempione, sia come accesso dalla rete autostradale al parcheggio per mezzi pesanti previsto dalla variante stessa.
Tale collegamento, già previsto tra l'altro anche dagli studi in corso presso il Comune di Milano per la sistemazione della viabilità nord-ovest, consentirà la connessione della Strada di Gronda Nord con rAutostrada Milano-Torino ed assumerà particolare importanza nel complesso viabilistico di accesso alla città.
Si potrebbe gareggiare sul Monte Stella
La velocità che non inquina
Presso il Centro Lido di P.le Lotto si è costituito con molta soddisfazione di tutti i frequentatori il Circolo Tennis A.C.S.I. Lido. Gli iscritti sono tesserati alla Federazione Tennis Italiana FIT con tessera semplice o agonistica. Presidente è l'organizzatrice, signora Nadia Dalla Vedova, che si occupa anche dei tornei interni e della formazione della squadra che parteciperà alla Coppa Italia in Maggio. È questo un appuntamento importante, trattandosi di una competizione nazionale per incontri singoli e di doppio femminili.
Con questa nuova impostazione la cosa più simpatica e di maggior beneficio collettivo è per le iscritte l'allargamento a un maggior numero di incontri a un buon livello e a sempre più vaste conoscenze agonistiche.
Il primo torneo interno dell'85 è stato quello di "San Valentino", in formula mista, con trentadue coppie di giocatori e giocatrici, svoltosi in febbraio con la finale nel giorno di San Valentino.
L'incontro giocatosi il 14 febbraio, arbitrato da Enrico Barison, è durato un'ora e un quarto ed ha visto la coppia Rossetti/ Diamanti superare gli avversari per il punteggio di 6/3 - 6/ 3.
I premi erano stati offerti dall'ACSI Lido: due coppe per i vincitori, due coppe per i secondi, due borse sportive per i terzi e scatole di corredo tennistico per i quarti. Alla signora Nadia Dalla Vedova, a nome dei partecipanti e della direzione del Lido, è stata offerta come riconoscimento una targa di merito. La premiazione si è svolta al Ristorante Baitone in V.le Teodorico, e sono intervenuti oltre i partecipanti al torneo anche il dott. Luigi Binaghi della FIT, il sig. Giovanni Anzani del Centro CMSR Lido e il sig. Rubes presidente del Club Esquilino.
Tornare indietro negli anni è piacevole ma aiuta ad invecchiare ed i ricordi... ammazzano! La piacevolezza della prima fanciullezza, però, si presenta alla mente con simpatia, quasi un sogno. Non era l'epoca del consumismo, anzi a volte mancava anche il pane, ma i ragazzini si divertivano egualmente anche senza poter disporre di soldi, perché non ce n'erano, ma sfruttavano ognuno la propria iniziativa e quel poco che era a loro disposizione. Bastava una tavoletta di legno, quattro ruote vecchie di un passeggino in disuso, per poter creare il "carriolo" e lanciarsi a folle velocità lungo una discesa. Si rifaceva la salita a piedi trascinandosi dietro il "mezzo" e quindi di nuovo giù. Tempi andati ma attuali perché alcuni anni fà nasceva in Romagna la Federazione Italiana carretti Sportivi (FICS) che con contatti avuti con il Coni si batte per diventare una vera e propria federazione sportiva ufficiale e che conta, oggi, oltre mille affiliati, dalla Liguria alla Toscana, alrUmbria, alle Marche.
I mezzi con cui correre e riconosciuti dalla FICS, a livello nazionale, sono i:
—Bob car — il massimo della tecnica e della velocità, telai talvolta di fibra di carbonio, carrozzeria aerodinamica di vetroresina, ruote di gomma, freni a disco, due persone di equipaggio (pilota e secondo).
—Cardo§ —costruiti di legno, con ruote (prima di sughe-
ro) in fusione di alluminio coperte di gomma; molto spettacolari ed impegnativi nella guida con un equipaggio composto da un pilota e un frenatore. —Carretti — costruiti con telaio di legno o metallo e muniti di cuscinetti di ferro; con un equipaggio di due persone ed in alcune regioni come il Veneto anche monoposto. Non molto veloci ma quantitativamente più numerosi perché meno costosi.
A S. Colombano al Lambro, un gruppo di amici ha creato il Bob Car Banino che sta andando molto forte sui percorsi ed a livello organizzativo sia in campo nazionale, sia in campo europeo. È iniziato tutto per scherzo ed a livello di sagra paesana, via via trasformandosi in club agguerrito tecnicamente ed agonisticamente. Contano, oggi, una quindicina di mezzi competitivi e numerosi sono gli iscritti ed i sostenitori (un centinaio tra soci, piloti, costruttori, ecc.). Ci sono le premesse che questo sport, alla portata di tutti, possa diventare popolare mentre si auspica che il decollo vero e proprio verso la celebrità avvenga al più presto, magari in zona 19.
Non si vuole andare indietro con i ricordi ma vivere il presente in quanto come sport, quello dei carrioli, è rispettoso dell'ambiente, non inquina, non fa rumore, costa poco e quindi per contrapposizione della vita di tutti i giorni, attuale. La curiosità però andrebbe appagata. Si potrebbe organiz-
zare una competizione di carrioli nella Zona 19, sulla Montagnetta di S. Siro.
La sfida è lanciata e... basta attendere!!! Leonardo Clema
Finaliste erano risultate le coppie Rossetti Mauro e Diamanti Rita contro Sceghi Emilio e Scheghi Mariuccia, che nelle combattutissime semifinali avevano battuto Russo/Cremaschi e Omura/ Bordino.
In vista dell'organizzazione dei tornei futuri, per fornire il Circolo tennistico di giudici arbitri regolamentari, si sono prestati a seguire il corso la stessa Dalla Vedova e Renato Nervetti. Per informazioni sul nuovo Circolo tennistico, rivolgersi in Pie Lotto presso il Lido. B.F.
Nella foto i finalisti del torneo S. Valentino
Annunci gratuiti
Nell'ambito delle iniziative di educazione alla salute rientranti nel settore dell'educazione permanente, il Consiglio di Zona 19, su proposta della propria Commissione Sanità ed in accoglimento del programma elaborato dal C.E.P. (Centro Educazione Permanente) di via Dimetto 9, ha deliberato di riprendere riniziative denominata "Pronto soccorso tra le mura di casa", già attauto con successo nell'autunno dello scorso anno.
Tale decisione è stata presa tenendo anche conto del fatto che, nonostante rampia partecipazione al corso del 1984 (250 persone), ben 51 richieste sono rimaste inevase.
Come abbiamo avuto modo di dire già nell'annunciare la precedente edizione, il corso tratta cosa fare nelle più comuni situazioni che richiedono interventi a livello domestico (inie-
zioni, piccole ferite, lievi ustioni, epistassi, slogature, ecc.) e come comportarsi di fronte alle patologie più comuni (malattie da raffreddamento, lievi malori, ecc.), il significato dei sintomi, quando rivolgersi al medico.
I corsi, la cui gestione è affidata al C.E.P. si svolgeranno in tre incontri, previsti per il 24 aprile, l'8 ed il 15 maggio dalle ore 14,30 alle 16,30 nell'aula 124 del Centro Scolastico Onnicomprensivo di via Trenno 49, e prevedono un massimo di 25 partecipanti per gruppo di lavoro, coordinati dagli esperti dr. Coen, che inizierà con un'introduzione ai corsi, e Maria Fusilli, per le esercitazioni pratiche, più un incontro pieventivo di pfogrammazione dei lavori.
L'iniziativa è rivolta agli abitanti della zona, che potranno partecipare ai corsi gratuitamente.
Lezioni di matematica impartisce studente universitario a studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Tariffe modiche. Per accordi telefonare al 466865 ore pasti.
Lezioni di latino, greco e inglese Impartisce studentessa universitaria a studenti delle scuole medie inferiori, della 4a e 5a ginnasio, della la, 2a e 3a liceo scientifico e delle magistrali. Per accordi telefonare al 3092577 ore pasti.
Governante-stiratrice provetta offresi per le ore del mattino. Telefonare al 3539139 nelle ore serali.
Universitaria impartisce lezioni di inglese a studenti di scuola elementare, media e quarta e quinta liceo. Telefonare al 323925 ore serali.
Per inserire questi annunci basta inviarli alla redazione di Milano 19, Via Appennini 101/B.
aprile 1985
Tre lezioni dal 24 aprile
"pronto soccorso" tra le mura
Il
di casa
Iniziativa dell'Agenzia di Via Osoppo
L'Unipol per l'avvio dei giovani allo sport
I ragazzi si avvicinano allo sferisterio per imparare uno sport antico dalle emozioni robuste
Nello sferisterio di Via Palermo IO, ogni sera si ripete lo spettacolo della Pelota, che scatena il pubblico, fra imbeccate al segnapunti, recriminazioni, grida di incitamento ai giocatori: E un pezzo della Spagna basca nel cuore della zona Garibaldi; palle lanciate contro il muro che sibilano come fucilate, carambole, virtuosismi della "cesta" a forma di uncino, arditi "voli d'angelo" arrampicati sulla parete. Diciotto professionisti baschi si alternano sulla pista rettangolare con ritmo frenetico giocando a coppie o singolarmente: la pallina (pelota), lanciata con la "cesta", viaggia velocissima, raggiungendo i 250 chilometri orari, sbatte contro un muro granitico per poi venire afferrata al volo o dopo un paio di rimbalzi dall'avversario, che la trattiene un istante nella cesta prima di scagliarla di nuovo.
Questo sport, di origine antichissima, spesso dagli adulti non è visto in quanto tale, ma unicamente come parte di un gioco di azzardo ed inserito in un ambiente di scommettitori. Come ad altri sport viene abbinata la scommessa, la schedina ed il concorso, indubbiamente anche nella pelota c'è la parte di commercialità. Ma ricordiamoci che qualsiasi tipo_di sport va "gustato" non a livello professionistico bensì nelle leve promettenti dove la carica, l'entusiasmo e la grinta nel gioco affiorano in tutta la purezza dello spirito nel fare sport.
Sembra che i ragazzini, vincendo talvolta le resistenze dei
Area in concessione all'U.S. Viscontini
Le commissioni Pianificazione Territoriale Demanio-Bilancio del Consiglio di Zona 19 hanno espresso parere favorevole alla concessione di un'area comunale ad uso campo sportivo in via Giorgi a Trenno all'Unione Sportiva Viscontini.
Tale decisione è stata presa in considerazione della disponibilità dell'area in quanto libera da affittanze passive o simili e della compatibilità dell'impianto previsto per quanto attiene la destinazione d'uso.
Considerando la presenza in loco del CTI. (Centro Tempo Libero), l'assenza di alberature sull'area in questione. la Commissione non ha ritenuto significativa la preoccupazione che il nuovo impianto calcistico possa costituire ostacolo all'accessibilità al Parco di Trenno, visto che lo stesso fronte è praticamente già coperto dalla recinzione del CTL.
A questo proposito è stata posta in evidenza l'opportunità di prendere in considerazione l'intero lotto con destinazione a Servizi Comunali, per completare la strutturazione programmando un insieme di attrezzature da realizzare anche con covenzioni tra Enti ed Associazioni non aventi scopo di lucro ed esistenti a Trenno, utili sia al Parco cittadino, sia al contiguo centro abitato per le attività collettive di cfbartiere, di cui il campo di calcio viene a costituire un prime elemento completo.
L'impianto sportivo in questione potrà quindi costituire un primo elemento attrezzato, che consentirà una integrazione e migliore utilizzazione della struttura del CTL.
genitori timorosi, si siano rapidamente appassionati a questo gioco antico (si dice che l'origine sia addirittura atzeca); gli unici accorgimenti sono un inizio dopo i 14 anni, per evitare deformazioni ossee al braccio, e la pratica di uno sport complementare, possibilmente il nuoto. Uno fra gli ostacoli della diffusione di questo sport è anche il costo della pelota: questa sfera, dalle dimensioni di una pallina da tennis; è infatti formata da striscioline di lattice di caucciù avvoltolate come un gomitolo di lana e pressate; fino a raggiungere una perfetta consistenza ed elasticità; un lavoro artigianale di mesi che la rende costosissima.
Il Rag. Gino Mazzola, titolare dell'Agenzia Unipol Assicurazioni di Via Osoppo n. 13 è
convinto che nonostante le difficoltà e la mancanza di sponsorizzazioni sia possibile iniziare alla pelota nuove leve.
In collaborazione con la direzione dello sferisterio di Via Palermo 10, nella persona della Signora maria Gabriella Laino è stata avviata una ricerca fra le strutture sportive giovanili per animare il Club della Pelota già esistente nello sferisterio stesso.
"La pelota dà cento volte più soddisfazioni di tutti gli altri sport —affermano gli addetti —speriamo di avere presto dei campioni nelle leve giovanili".
Se per voi la pelota è qualcosa di completamente nuovo, siete invitati ad uno spettacolo serare in un giorno qualsiasi.
Presentando copia di questo articolo in Via Palermo IO, avrete l'ingresso completamente gratuito.
Concerto sinfonico vocale
Music is life (la musica è vita)
Sabato 13 Aprile, ore 15, nel salone della casa-albergo per anziani S. Romanello al Gallaratese, Via delle Ande, Stazione M MI Uruguay, si esibirà il complesso "Music il life" (la musica è vita).
In programma musiche di Strauss jr., Schubert, Bach, Haendel, Puccini, Lehar, Gounod, Bellini. Direttore Carlo Amprino.
Il complesso musicale "Music is life" (la musica è vita) è formato da dilettanti particolarmente amanti della musica.
La preparazione dei "coristi" ed eventuali "solisti", ad integrazione ed ampliamento dell'attuale complesso viene eseguita gratuitamente dal maestro Carlo Amprino, Via Donadoni 35, Milano, tel. 30.47.82.
Ambrogino d'argento assegnato ad Arcano
In occasione della quarta edizione della rassegna internazionale di pittura, grafica, scultura organizzata dalla Galleria Selene "La Mela d'oro" avvenuta il 10 marzo 1984 presso il ristorante Le Colonne di Corso Vercelli, 59 Milano è stato consegnato al poeta Arcano l'Ambrogino d'argento.
Il riconoscimento, come ha sottolineato l'assessore al Comune di Milano Gianstefano Milani che lo ha conferito, è motivato dalla assidua attività di Arcano a favore della continuazione, della diffusione del dialetto milanese, dell'insegnamento gratuito dello stesso attraverso stampa, radio e televisioni libere in forma complementare alla pubblicazione di suoi libri.
Il traguardo di Arcano è
quello di ottenere l'Ambrogino d'oro; nell'occasione ha ringraziato il dott. Aldo Colombo che si è fatto promotore dell'iniziative ed è uno dei più ferrati studiosi di storiografia milanese, sostenitore del dialetto e della milanesità, acuto censore degli avvenimenti cittadini e della provincia milanese, avversario dichiarato della scadenza delle tradizioni e del costume milanese che, come afferma, sono talvolta manovre occulte a favore di esponenti di altre associazioni regioni a scapito dei milanesi.
All'amico Arcano un sincero augurio per la sua attività e per il raggiungimento dei più ambiti traguardi; auguri che gli pervengono anche dalla redazione di questo giornale di cui Arcano è un collaboratore.
Alberto Bega
If milano 19 - pagina 11 aprile 1985
Considerazioni sulla pace e sulle guerre Gli
effetti economici del riarmo e del disarmo
La produzione bellica impegna risorse preziosissime in termini di lavoro qualificato, materie prime più o meno costose, ricerca scientifica - Inoltre viene da chiedersi se davvero l'industria bellica abbia sull'occupazione i magièi effetti che le vengono attribuiti
In base al più elementare buon senso, poche realtà sembrano meno sensate dal punto di vista economico della produzione di armamenti. L'industria bellica produce oggetti che nella migliore delle ipotesi sono destinati a rimanere inutilizzati (anzi, si afferma che vengono fabbricati perché rimangano inutilizzati: si vis pacem...); la produzione bellica impegna risorse preziosissime in termini di lavoro qualificato, materie prime più o meno costose, ricerca scientifica; né si può dire che la produzione bellica crei sicurezza, visto che spesso le armi sono esportate, vendute cioé a potenziali "nemici".
Tuttavia l'industria bellica è tutt'altro che un settore in declino, e la spesa militare fornisce domanda anche per industrie diverse da quella prorpiamente bellica: si pensi alla domanda di equipaggiamenti, vestiario, viveri, edilizia stimolata da un insediamento militare, anche senza pensare a sofisticate produzioni missilistiche o navali.
In questo primo articolo cercheremo di passare in rassegna alcuni degli argomenti che vengono usualmente proposti a difesa della spesa militare e dell'industria bellica sotto il profilo della convenienza economica: come vedremo, se la produzione di armi è follia, in questa follia c'è una singolare (e perversa) logica che conviene analizzare a fondo per evitare di essere "ammaliati" dai pretesi benefici economici del riarmo.
La prima e forse più frequente considerazione a favore della spesa militare è costituita dagli effetti positivi di quest'ultima sull'occupazione. Una lira spesa per armamenti, si dice, finisce in parte nelle tasche dei lavoratori, in parte tra i profitti delle imprese; sia gli uni che le altre spenderanno a loro volta questa lira, per acquistane beni di consumo (i lavoratori) o beni di investimento (le imprese; a meno che non trasferiscano i profitti all'estero o non li investano in speculazioni finanziarie). Ciò significa che altri lavoratori saranno "attivati" per produrre i beni di consumo e d'investimento richiesti; anche questi lavoratori e le imprese in cui lavorano spenderanno questa lira in beni di consumo e di investimento; lo stesso fenomeno si ripeterà un numero imprecisato di volte: cosicché la spesa iniziale di una lira in armamenti "metterà al lavoro" coloro che producono gli armamenti, coloro che producono i beni consumati dai primi, e così via.
Tutto sembra molto bello, anche perché la spesa militare può essere ripetuta quanto si vuole: come si può dire che "ci sono abbastanza armi?" Se si fabbricano troppe autostrade, ci si accorgerà che una parte di esse non sono utilizzate; se si fabricano più automobili di quelle richieste, resteranno invendute; ma siccome le armi sono inutili per definizione (e si deve sperare che lo restino!) non ci sarà mai modo di verificare l'effettiva necessità di produrle.
In realtà, la logica del discorso si basa su due punti che ne svelano la difficoltà:
I. la "necessità" della spesa militare nasce dal fatto che nelle società industrializzate il lavoro non è una riorsa scarsa da non sprecare, ma una risorsa sovrabbondante che non si sa come impiegare; i milioni di disoccupati nella sola Coimunità Europea ne sono la prova. Così l'irrazionalità della spesa militare si spiega con un'altra irrazionalità, quella della, disoccupazione: siccome sei disoccupato (senza che ci sia una buona ragione per esserlo), devi accettare di fabbricare armi (senza che ci
Tassato anche l'obolo per il presunto pasto di mezzogiorno
Si tratta dell'indennità sostitutiva di mensa, ancora in uso quale elemento della retribuzione e remunerata alla sbalorditiva cifra variante fra le 100 é le 300 lire giornaliere
La tregua dopo la tempesta di voci, tra le più disparate, che sono rimbalzate sulla scena politica e sociale del Paese sul grande terna della revisione delle aliquote IRPEF e — si spera — di una definzione organica delle relative detrazioni d'imposta (restiamo tutti in fiduciosa attesa di soluzioni positive e a breve scadenza) ci consente di affrontare il discorso su un altro problema d'ingiustizia fiscale, certamente di proporzioni assai più modeste, ma completamente ignorato o convenientemente trascurato dal nostro sistema tributario.
sia una buona ragione per farlo).
2. Se è vero che una lira spesa in armamenti produce gli effetti che abbiamo descritto prima, è vero che gli stessi effetti si possono raggiungere spendendo una lira in altro modo: per servizi sociali o per investimenti produttivi.
Inoltre, viene da chiedersi se davvero l'industria bellica abbia sull'occupazione i magici effetti che le vengono attribuiti: si tratta di un'industria ad alto contenuto tecnologico che dà origine probabilmente a posti di lavoro mediamente più qualificati rispetto ad altri settori.
C'è il rischio che intere fasce di disoccupati non ne vengano interessate; un esempio è quello del futuro stabilimento OTO
Melara in Calabria: pare che tutta la manodopera di questo stabilimento sarà fatta venire da altre regioni dove certe qualifiche sono più facilmente reperibili, senza nessun effetto apprezzabile sull'occupazione in Calabria.
Ma non è soltanto il miraggio dell'occupazione che viene proposto per rendere allettante la prospettiva della spesa militare e dell'industria bellica. Abbiamo già accennato al fatto che le armi hanno un vastissimo mercato d'esportazione: un paese competitivo nella produzione di armi è in grado di garantirsi un consistente avanzo nella bilancia dei pagamenti, cosa che è tutt'altto che disprezzabile anche oggi che il rischio di shocks petroliferi è molto più ridotto di qualche anno fa. Questa delle esportazioni di armi è un'affermazione così frequente che nessuno si chiede mai niente degli effetti della produzione bellica sulle importazioni: produrre armi (specialmente in Italia) comporta l'acquisto all'estero di materie prime in misura non indifferente, ma soprattutto l'acquisto di brevetti e licenze da case estere: sarebbe curioso scoprire che l'industria bellica -esporta ma importa altrettanto, senza nessun effetto positivo dal lato della bilancia dei pagamenti. Ma se pure fosse vero che la spesa militare conduce ad un avanzo nella bilancia dei paga menti, non ci sarebbe ugualmente da rallegrarsi. La situazione si può sintetizzare nel modo seguente: i paesi industrializzati, come è noto, esportano armamenti in misura maggiore di quanti ne acquistino, se presi nel complesso; chi compra, allora? Naturalmente i paesi meno industrializzati, i quali, avendo economie relativamente più deboli si indebitano per realizzare questi acquisti. Ovviamente si indebitano con i paesi
più ricchi, che sono gli stessi che vendono loro le armi. Di solito, quando si presta del denaro, ci si assicura che venga impiegato in modo tale da poter essere restituito; gli acquisti di armi, però, non danno ai paesi meno industrializzati nessuna capacità di pagamento in più. In questo modo, alloraz, si è in un certo senso tutti più "poveri" di prima: i paesi meno industrializzati, che hanno accumulato riserve di armi assolutamente inservibili per lo sviluppo economico interno e sono pesantemente indebitati; i paesi industrializzati, che si ritrovano con una massa di crediti che difficilmente verranno pagati in futuro. Naturalmente non è solo la spesa militare a causare l'indebitamento dei paesi meno industrializzati: ma se il meccanismo che abbiamo tentato di descrivere funziona, tutti gli altri problemi economici ne sono aggravati, anche se qualche paese ha realizzato qualche guadagno nella vendita di armi.
Un terzo ed ultimo punto di vista sostiene che l'industria bellica, avendo un livello tecnologico assai elevato, stimola ricerche tecniche e scientifiche che avrebbero una "ricaduta" sul settore civile, con effetti positivi sia sul benessere che sulla competitività delle imprese. A parte l'elementare considerazione che invece di attendere la "ricaduta" sarebbe meglio investire direttamente nella ricerca scientifica a scopi civili, sémbra inoltre che tale "ricaduta" sia in alcuni casi piuttosto dubbia. Una studiosa pacifista inglese, Mary Kaldor, sostiene che le innovazioni tecnologiche nell'industria bellica hanno un obiettivo diverso dalle innovazioni tecnologiche nel settore civile: nell'industria bellica non si cerca l'aumento dell'efficienza o della produttività, ma l'efficacia militare (leggi: distruttiva) del prodotto. È possibile perciò che le innovazioni tecnologiche militari non abbiano sempre un'applicazione civile. Nel caso dell'Inghilterra il fatto sembra confermato: questo paese ha speso somme ingentissime nella ricerca aerospaziale, finalizzata principalmente a scopi militari; in compenso, l'industria inglese è una delle meno competitive del mondo industrializzato (grazie anche, però, alla "cura Thatcher" che le è stata inflitta), prova del fatto che la "ricaduta" non è avvenuta.
Dopo questa rassegna di alcuni argomenti "a favore" della spesa militare e dell'industria bellica, dedicheremo la prossima parte all'esame delle principali conseguenze del disarmo sul piano economico.
Sappiamo con perfetta cognizione di causa quale sia la rigidità d'imposizione sui salari e gli stipendi dei lavoratori dipendenti. t tale, infatti, che si arriva a tassare perfino il presunto pasto di mezzogiorno cui, per accordi contrattuali risalenti all'ultimo dopoguerra, avrebbe diritto il lavoratore nel corso della sua giornata lavorativa, in quanto oggettivamente impossibilitato a rientrare a casa per il normale ristoro. In realtà si tratta del prelievo fiscale sull'indennità sostitutiva di mensa, un elemento retribuitivo istituito appunto quale indennizzo per la presumibile spesa da sostenere per il vitto di mezza giornata e che fino a qualche anno fa consisteva, nella quasi generalità tra le 100 e le 300 lire giornaliere, misura comunque ancora in atto in aziende di tutto riguardo, cifra ormai provocatoriamente simbolica, una sorta di aperta sfida ad ogni logica del buon se so.
Diversificazioni a questo tipo di misero trattamento d'indennità sono state introdotte negli ultimi anni in vari settori del mondo lavorativo. Da una piccola indagine, purtroppo ristretta all'ambito familiare e alla cerchia di alcune amicizie (a questo proposito sarebbero gradite segnalazioni dai nostri lettori), abbiamo scoperto che esistono datori di lavoro più munitici, i quali concedono contributi che vanno dalle quattro alle ottomilacinquecento lire, sotto forma di buoni pasto da consumare in posti di ristorazione convenzionati, oppure la concessione gratuita di un pasto preconfezionato. In alcuni casi, questo trattamento è completamente esentasse, in altri è gravato d'imposta come reddito normalmente conseguito. Una piccola giungla presente anche qui, come in altri campi della vita sociale e istitutiva del Paese.
Peraltro continuano la loro funzione le tradizionali mense gratuite delle grandi fabbriche (già operanti in tempo di guerra) e quelle parzialmente gratuite o servite a prezzi modici degli agglomerati aziendali con molti dipendenti. Non è comunque il caso di entrare nel merito di tutte queste situazioni, dettate senza dubbio da particolari accordi contrattuali all'interno dell'azienda, relativi a probabili aggiustamenti in ordine ad altre componenti del salario, come del resto permangono, nonostante la rabbiosa campagna di denuncia portata avanti da più parti, le famose agevolazioni tariffarie ai dipendenti di aziende che gestiscono servizi, o le riduzioni, gli sconti, le gratuità di varia natura che usufruiscono dipendenti comunali, pubblica sicurezza, giornalisti, amministratori pubblici, politici, eccetera.
Accertata resistenza di queste condizioni più o meno di privilegio,. diventa assolutamente impossibile trovare giustifica1;
zioni all'assurdità di un indennizzo cosiddetto sostitutivo di mensa compensato ancora nella misura delle centinaia di lire e tassato con regolarità inesorabile. Questa indennità che in origine avrebbe dovuto permettere la copertura del costo di un sia pur magico pranzo da consumare fuori dalle mura domestiche, dove l'azienda non era in grado di provvedere in proprio a fornire un pasto caldo ai dipendenti, o per carenza di strutture o per palesi difficoltà organizzative e d'ambiente (a titolo esemplificativo, in una grossa azienda a livello nazionale, inizialmente — correva ranno 1947 — tale indennizzo era di 70 lire giornaliere. A distanza di ben 38 anni, l'importo risulta rivalutato alla favolosa cifra di lire 276!), oggi, ancorché resa a semplice elemosina, resta, come gli assegni familiari sino a qualche anno fa, inspiegabilmente integrata al reddito imponibile tassabile, in aperta contraddizione con le sue finalità istitutive, che avrebbero dovuto escludere decurtazioni fiscali su un assegno fissato ed esauribile M misura giornaliera e già al limite della più risibile precarietà.
Se il fisco ritiene giusto taglieggiare una parte di questra miseria perché nessuna norma tributaria stabilisce che il con-
tribuente possa dedurre dal suo reddito quote di spese per alimenti, allora basterà ricordare che, nella circostanza, sarebbe più che legittimo avanzare per il lavoratore il diritto a richiedere un supplemento di detrazione per spese per la produzione del reddito, cioé un teorico risarcimento di spese di viaggio per il ritorno a casa a consumare il proprio e meritato pasto e il successivo rientro sul posto di lavoro, considerando che l'attuale modestissima misura di questa detrazione sicuramente non lo prevede.
Disarmante conclusione, purtroppo. In breve il problema pare non dovrà più sussistere. la tendenza in atto di eliminare dalla busta paga compensi in forma di indennità, non esclude l'ipotesi che pure l'indennizzo per mancata mensa venga cancellato nominativamente e conglobato in altro istituto salariale. In alcune categorie il contratto di lavoro già prevede una soluzione del genere: diverse voci di varie indennità, compresa quella per mancata mensa, sono state riunite in un'unica componente retributiva, con denominazione sulla busta paga di "quinto elemento". Risultato: continueremo a versare la suddetta imposta... senza più accorcene. Umberto Berti
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Fisco inesorabile
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Villa Liberty I medici dei lager
Un "giallo" di Renato Olivieri ambientato nella nostra zona - Rusconi Editore - L 15.000
Renato Olivieri, veronese di nascita ma milanese di adozione, è uno scrittore che ama Milano, a tal punto d'avervi ambientato i suoi cinque romanzi, così come i tanti racconti apparsi su quotidiani e riviste. Ma Milano non fa solo da palcoscenico alle storie che vedono impegnato il commissario Giulio Ambrosio — l'altro elemento costante della narrazione di Olivieri Milano è protagonista anch'essa della storia stessa, vive e respira con la storia stessa, cambia umori e stagioni, assimila le mode del momento, ed è in lei e con lei che il convincente Ambrosio cerca la chiave di volta dell'inchiesta. Cinquantenne, separato, un amore umbratile con Emanuela, trentacinquenne infermiera al Policlinico — positiva presenza di secondo piano ma concreta e rassicurante —, Giulio Ambrosio è l'investigatore creato dalla felicissima penna di Renato Olivieri. Pieno di inquietudini e di angosce, visibilmente a disagio nel ruolo dell'inquisitore, schivo negli interrogatori, attento a non irritare i sentimenti altrui, ma insistente, tenace, caparbio e un tantito disilluso, buon conoscitore della vita e delle miserie dell'animo umano, sempre in procinto di solidarizzare oltre che con le vittime anche con i colpevoli, inchiesta dopo inchiesta si dimostra sempre di più segugio di razza, come Renato Olivieri, romanzo dopo romanzo, si dimostra scrittore di razza. Fedele alle atmosfere "francesi" dell'amato Maigret, Olivieri predilige il giallo d'ambiente, la cura dei dettagli, le ambiguità sottili. Un paio di forbici è questa volta l'arma del delitto, la moglie di un uomo ricco è la vittima, e la suggestiva villa Liberty è il luogo dell'azione poliziesca. Su tali elementi Olivieri riesce a costruire una vicenda, che non si limita a raccontare, ma scandaglia più a fondo l'animo e l'ambiente dei suoi protagonisti, una famiglia borghese che ha perso tutto tranne il patrimonio, incapace di gestire le proprie contraddizioni.
Renato Olivieri ha accettato di raccontarci lui stesso come è nato Villa Liberty, ilsuo quinto romanzo, arrivato in brevissimo tempo alla ristampa.
Villa Liberty è nata da un'idea di raccontare un delitto che - in un'altra maniera, qui la vittima viene uccisa con un colpo di forbici, nel delitto vero viene invece assassinata accoltellatamolti anni fa mi aveva impressionato. La ragazza si chiamava Valentina, era una stilista di moda, giovane, sposata. Stava per partire in aereo per la Germania quando viene trovata, qualche ora dopo, uccisa in casa sua a Porta Venezia. Non è mai stato trovato l'assassino. L a polizia ricordo, è quanto avevo letto sui giornali, aveva scandagliato un po' la sua situazione familiare, le sue amicizie ecc., però Valentina è morta da anni e nessuno sa chi sia stato il colpevole. Ecco, partendo da questo, io ho immaginato un'altra Valentina. In questo caso si chiamava Norma Gruber e faceva la pittrice, aveva sposato un uomo ricco di un certa Milano dell'alta borghesia. Questo Flavio Gruber, di origine svizzera, doveva abitare per forza in un certo tipo di casa. Ora, mia madre abita alla Fiera campionaria. lo la domenica spesso giro in quella zona, la zona tanto per intenderci di piazzale Giulio Cesare, di piazza Amendola: e un giorno, una domenica, sono andato lungo la via Monterosa, lì, finalmente, ho trovato la villa giusta per ambientare il delitto. La villa è di stile liberty, quel liberty diciamo che si ispirava ai castelli, quei castelletti con la torretta. Nei primi anni del secolo molti signori si facevano la villa con la torretta, i mattoni a vista, e poi le bifore di gusto un tantino tra il liberty e il gotico. La villa si trova esattamente tra le vie Monterosa, Monte Leone, Monte Bianco e Monte Cervino, in questo quadrilatero. C'è ancora. Di fronte, c'è un istituto religioso, credo di missionari, con una chiesa, dove la vecchia signora, la mamma del protagonista, di Flavio Gruber, ci andava tutti i pomeriggi alle cinque e mezzo. Questa villa adesso non è più abitata da famiglie o da una famiglia, non mi risulta per esempio che ci abbia abitato che so, la donna di un gerarca fascista, non so niente del passato di questa villa, adesso c'è una ditta. La villa è un pochino abbandonata, un po' come certe signore di mez-
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z'età, ha un'aria molto fané, ecco. Avrebbe bisogno di manutenzione il giardino, molto bello, dove ci sono dei cipressi altissimi; c'è un rampicante sulla facciata, che d'inverno è marrone, color bronzo, e d'estate è tutto bello verde. Questa villa ha un'aria abbastanza sinistra, che le è data non tanto dallo stile liberty che è già di per sè funerario, tanto è vero che poi ho pensato che la tomba di famiglia doveva essere anch'essa liberty al Cimitero Monumentale, dove viene inumata la vittima. Ma a parte questo, quella villa lì in particolare, un po' abbandonata, un po' all'inizio, solo all'inizio, ma è fatiscente, era per me il posto ideale dove si poteva svolgere un delitto come quello che io immaginavo, ispirato all'altro, quello vero. Questa villa ha una torre, sulla torre ho immaginato che ci fosse lo studio di Norma Gruber, e ho immaginato che tutto accadeva un pomeriggio, quando è buio, d'inverno, la settimana prima di Natale. Il commissario Ambrosio gira intorno a quelle strade, anche perché la mamma del protagonista, di Flavio Gruber, non si sente bene a un certo punto, scioccata anche da questa vicenda, e viene ricoverata alla clinica Culumbus, anch'essa liberty. E poi un'altra zona che mi è piaciuta, dove ho raccontato alcuni particolari, alcuni episodi che sono fondamentali nella trama del romanzo è via Monferrato. Via Monfertrato è una strada che in pratica congiunge piazza Piemonte con via Cimarosa. E una via breve, molto interessante perché, secondo me, è una via piena di ambiguità. Ville, alcune molto belle, devo dire, una è stata addirittura completamente ristrutturata, poi ci sono delle palazzine, dei palazzotti, con delle finestre spesso chiuse, con dei giardini. un pergolato. Passa l'autobus, però è l'unica cosa viva, salvo le automobili che vanno e vengono nelle ore di punta, però è una via, soprattutto di sera, a parte l'autobus, soprattutto la domenica in cui uno potrebbe avere forse un rifugio segreta. È una via da garconnières, insomma, in un certo senso, di lusso. In questa via ci abita un personaggio, la signora Kustermann - che però è una milanese che ha sposato uno svizzero anche lei, che era la segretaria ecc. ecc. del papà di uno dei personaggi, cioè il papà di Flavio Gruber, ed ora è l'amministratrice della vecchia signora Gruber. A suo modo anche in via Monferrato si respira un'aria liberty. Il fatto è che tut-
I detenuti del blocco 46 potevano gustare conigli contaminati dal tifo
Antonio Frescaroli, nella sua prefazione La Tortura attraverso i secoli, cita Pascal riportando la locuzione che nell'uomo "c'è un angelo e c'è una bestia".
Anche se il riferimento dell'autore riguarda miserie e crudeltà commesse in tempi antichi, ci sembra che la fase si adatti bene alla presentazione del libro.
Rievocando alcuni sistemi medioevali come il mantello degli urbiaconi, i sandali della verità, il ceppo, la seggiola del pentimento o, peggio ancora, la strappata: ci domandiamo come fosse possibile comminare torture così disumane e rudimentali.
Ma leggendo I medici dei lager ci si rende conto come la tortura si fosse... affinata in omaggio, forse, alla scienza medica sperimentale ed al progresso!
Ve ne offriamo uno straldio. Da Buchenwald, la clinica di
lusso.
"Progettato come una vera e propria clinica di lusso, il blocco 46 era il luogo più confortevole del campo: buoni letti individuali, coperti di trapunte bianthe e blu erano allineati in quattro sale luminose, dal pavimento lucido...
Erano persino possibili certe raffinatezze, che tuttavia non tutti apprezzavano: di nascosto i detenuti potevano gustare la carne, cotta a 120<', di conigli contaminati dal tifo... Il blocco 47 era dunque un luogo di sogno...
Ma dopo qualche settimana, nessuno si presentò più: solo a pronunciare la parola blocco 46 significava seminare terrore".
I medici dei lager. di Philippe Aziz, si articola in tre volumetti ( 2x 17) riccamente illustrati. editi dalle Edizioni Ferni di Ginevra.
Buona lettura! E. Perillo
to il romanzo, la via Monterosa, la clinica di via Buonarroti, le case di via Monferrato, la cappella funeraria del Monumentale sono a loro modo di stile liberty. II liberty, come dicevo, per me è uno stile che ricorda la morte, un po' come certi alberghi bianchi a Nizza, il Negresco, per citarne uno, certe ville, villone di Rapallo, certe ville di certi posti... Ravello... anche certi posti, diciamo, che la gente considera lieti, luoghi di villeggiatura... le ville di Bordighera. Ci sono delle ville, a Bordighera, che, standoci dentro, basterebbe starci, almeno per uno come me, una settimana, per pensare al suicidio. Con le palmette, questi vialetti con la ghiaia bianca, questi giardini all'italiana, che io detesto, perché hanno il sapore di cimitero: quindi per me liberty è sinonimo di morte, e quindi delitto, e quindi più che morte, in un ambiente adeguato.
La torretta in cima alla villa, con le finestre intorno, l'unica finestra illuminata, lo si vede sulla copertina, è questo per me il massimo del dramma: latinestra illuminata, in alto, in una villa liberty, come quella di via Monterosa. Tanto è vero che, secondo me, la più bella copertina che ho, avuto è quella lì, e la gente, credo, lo ha comprato più degli altri probabilmente per quella luce in cima alla torretta. Credo di aver detto tutto. Posso aggiungere questo: che nei miei romanzi, dal Caso Kodra a Villa Liberty, e anche il prossimo che si intitoleràSenza tracce, sono ambientati a Milano, quindi per esempio il Caso Kodra è città studi, Maledetto Ferragosto è la zona di via Mozart, Dunque morranno addirittura sono quattro zone perché quattro sono le vittime, l'indagare interrotta invece si svolge dove abito io, un po' anche come Maledetto Ferragosto, che si svolge si in via Mozart, ma anche nella zona di via Crivelli e via Anelli, cioè in pratica il cadavere dell'Indagine interrotta viene trovato al parco Ravizza. E alla fine, gira e rigira, io giro tutta Milano, e quindi, questa volta la ragione per cui con Villa Liberty ho scelto la zona della Fiera era sì per via del liberty, ma anche perché, per esempio, il prossimo romanzo si svolgerà nella zona di largo Richini, di piazza Santo Stefano. Ambietarlo fi mi piace, perché è una zona molto parigina, mi ricorda molto Parigi, potrebbe girarci in quelle vie lì intorno anche Maigret. Intervista raccolta da Daniela Bonafede
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aprile 1985 ridiano 19 - pagina 13
Le tecniche pittoriche (25)
L'acquaforte: un'arte di cui
Rembrandt fu grande maestro
La scoperta di questo procedimento, che gli stampatori della fine del XV Secolo usavano per snellire il loro lavoro, viene comunemente attribuita all'orafo italiano Maso Vinciguerra
1985, anno della gioventù
Il mondo dei giovani visto dall'obiettivo
Un'interessante mostra fotografica organizzata dal Centro Unesco di Milano
Rembrandt ( 1606- 1669) è ritenuto il più grande maestro dell'acquaforte. Prima e dopo di lui comunque molti validi artisti si dedicarono a questo speciale processo di incisione a stampa che prende il nome antico dell'acido usato per corrodere e mordere il tratto inciso dalle punte di acciaio sulla lastra di rame o zinco, l'acido nitrico.
La scoperta di questo procedimento, che gli stampatori della fine del Quindicesimo secolo usavano per snellire il loro lavoro, viene comunemente abbinata a un nome italiano, l'orafo Maso Vinciguerra. Le punte, che seguono il disegno tracciato dall'artista, siano piccole o grosse, sottili o smussate, devono attraversare la vernice di pece e bitume con
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la quale è stata spalmata la lastra, arrivando a incidere il metallo. Questa traccia, durante l'immersione in bacinella in un bagno di acido nitrico, subisce una intaccatura caratteristica, che non modifica le zone protette dalla cera. Qui sta l'abilità dell'autore, perché si deve sorvegliare accuratamente questa operazione, ritirando la lastra dal bagno e fermando l'azione dell'acido con pennellate di una speciale vernice a base di alcool, finché tutto il tratto sia dell'intensità voluta.
Quanto più il disegno era stato inciso profondamente, tanto più la linea apparirà marcata, con quella particolare granulosità che sarà proprio la sua distinzione dalle "puntesecche" o incisioni a bulino.
Dunque, l'acquaforte si presenterà con un segno più vibrato, mentre la normale incisione sarà riconoscibile dal tratto liscio.
L'inchiostro nei solchi viene fatto entrate con un tampone dopo che tutta la superficie metallica è stata ripulita di cere e vernici (anche il retro e la costa, precedentemente protette). Con la pressione di un torchio questo inchiostro passerà dai solchi allo speciale foglio di carta inumidita, offrendoci una resa pittorica di grande soddisfazione.
Rembrandt con questa tecnica ha saputo arrivare a esiti eccezionali, perché si è avvalso di tutte le possibilità insite nel mezzo stesso: punte di varie dimensioni, raspature, uso sapientissimo e geniale anche dei normali "incidenti" di lavoro, sui quali interveniva con il suo talento e la sua abilità.
Quando poi nel Settecento alcuni artisti si limitarono a fornire il disegno affidando ad abili artigiani l'esecuzione del lavoro manuale, le acqueforti (a doppia firma) ebbero meno valore.
Passando così dai grandi nomi del passato, Duerer e Rubens, Tiepolo e Canaletto oltre al già citato Rembrandt, ecco alla fine del Settecento le notevoli opere di Piranesi, poi di Goya, Delacroix e Corot, Fattori e Degan, fino ai moderni Picasso, Chagall, Carrà e Bartolini.
Notevoli sono le produzioni di Rouoult (con il Miserere) e di Morandi, autore di equilibratissime eleganti composizioni, giustamente oggi altamente valutate. Nella illustrazione presentiamo una acquaforte di quella grande e drammatica artista tedesca che risponde al nome di Kathe Kollwits, che ha messo la sua arte al servizio di un preciso (e motivato) impegno contro la guerra, contro tutte le guerre. Duramente provata nei suoi affetti, e contrastata come artista per la sua fede nel popolo in cui metteva a nudo le sofferenze, le sue opere sono un grido e un dito puntato verso tutte le forme di prepotenza e di sopruso. Ecco prigionieri" del 1908.
11 Gruppo Sirio
Il 1985 è stato dichiarato dall'ONU ranno internazionale della gioventù e con grande sforzo organizzativo il Centro UNESCO di Milano e l'Assessorato ai servizi sociali e culturali della Provincia di Milano hanno dato vita a una rassegna fotografica intitolata "Jeunesses, Youth, Juventudes" in cui il protagonista è il giovane e il suo mondo. È stato scelto questo mezzo espressivo proprio per la sua immediatezza, e per la preferenza che i primi destinatari, i giovani, dimostrano nei suoi confronti. 11 materiale fotografico è arrivato da numerosissimi paesi, tra cui l'Italia e Milano con la sua Provincia: nell'itinerario di esposizione sono previste capitali e città di grande importanza, anche fuori dall'Europa. . Tutte assieme queste autentiche testimonianze di un'epoca compongono una realtà per certi versi tanto dissimile, per altri versi invece straordinariamente unitaria. Dopo l'appagamento dell'occhio, si pongono gli interrogativi morali, le riflessioni e, perché no?, i bilanci.
Le tematiche messe in evidenza dalla rassegna sono: Sguardi sul mondo. Un mondo sgradevole, Tristezza miseria angoscia rivolta, Spettatori incerti vulnerabili e fragili uniti nella solidarietà e fratellanza, Partecipazione e sviluppo, La gioventù ci interroga, Giovinezza tenerezza. Fra tradizione e progresso, Il futuro è nelle mie mani.
Inaugurata il 12 marzo scorso, la mostra fotografica è in visione fino al 5 aprile presso il centro Culturale San Fedele in via Hoepli 3/A Milano (tel. 804441) con orari 10.30-12,30; 16-19.30, chiusura lunedì e festivi. Seppure rivolta e dedicata ai giovani, questa rassegna interesserà anche al visitatore adulto che, naturalmente, l'esperienza della gioventù l'ha vissu-
rimentazioni in campo audiovisivi, e attualmente anche di un progetto chiamato Video-Verde per un rapporto diverso più armonioso tra gli uomini, fra loro e con la natura e l'ambiente circostante. La redazione sarebbe lieta di poter pubblicare qualche foto. di particolare interesse. B.F.
ta e. speriamo, compresa. Nel depliant appare una foto eseguita dal milanese Enrico Gallo, che presenta anche altre immagini significative.
E un giovane ventisettenne che ha già esposto allo spazio S. Fedele circa un anno fa una ricerca dal titolo Uraniani, con un centinaio di riproduzioni. Si occupa di giornalismo e di spe-
Visto per voi sugli schermi
Agenzia omicidi
La recensione, il cui esame critico in forma di articolo esteso o meno, è la disamina esatta di un'opera, di un libro di uno spettacolo di recente pubblicazione, è e resta comunque una esercitazione intellettiva. Essa porta ad esaminare uomini e risultati ed a dividere il bello, dal meno bello, il vero dal falso, il certo dal probabile, ecc. ecc.
Non si vuol peccare di criticume ma parlare semplicemente di un film di recente programmazione che sarebbe stato "attuale" cinquant'anni fa come potrebbe esserlo fra cinquanta.
E l'argomento del film che ha portato a scrivere ed a rimarcare una piaga della società di oggigiorno.
Inscì mangia Meneghin (Cucina milanese - 9)
Mondeghìli (Decor de familija)
La voce "mondeghili" deriva dal catalano "almondiga" che a quanto pare ha modificato l'originale vocabolo arabo "al manduca" di lontanissima paternità; F. Cherubini ha qualche incertezza nella definizione e così descrive: "Specie di polpetta fatta con carne frusta, legata con pan grattato, uova e droghe.
I milanesi l'hanno definito decoro di famiglia, sconsigliando di consumare "mondegffili" all'osteria o fuori casa propria!
Prendete arrosto o lesso avanzato (anche entrambi) nella misura di mezzo chilo per quattro-cinque persone, tritate e riponete in una marmitta; unite al trito della salsiccia e del salame cotto oppure della mortadella di fegato in quantità di metà della carne (salame cotto o mortadella vanno anch'essi tritati).
Sbattete in una tazza due uova amalgamando bene tuorlo e albume; tritate uno spicchio d'aglio e un grosso ciuffo di prezzemolo, mettetelo assieme alle uova sbattute e rimestate bene.
1111Çneghlno
Aggiungeteci sale, pepe e grattugiatevi sopra un poco di noce moscata; rimestate ancora ed uniteci una manciata di formaggio grattugiato sempre rimestando, quindi versate nella marmitta, rimestate ancora il tutto sino ad ottenere un impasto omogeneo, consistente.
Ponete la mollica di un panino raffermo ad ammollare in un po' di latte riducendola in poltiglia; passate al colino per evitare che sia troppo liquida ed aggiungetela nella marmitta agli altri ingredienti rimestando bene ancora una volta e aggiustando di sale se necessario.
Fate delle pallottole e schiacciatele; passate nel pane grattugiato e quindi friggetele in una capace padella di adeguate dimensioni e siate generosi col burro. (A piacere olio).
Consumateli con insalata fresca, finocchi o barbabietole e beveteci sopra un buon bicchiere di vino: sono gustosissimi.
"Agenzia Omicidi", questo è il titolo del film, tratta in modo sarcastico con ironia amara e pungente la vita di una anziana signora rimasta sola e con la compagnia di un pappagallino.
La signora Quingley, rimasta senza risparmi, tormentata dagli incubi per la perdita dei suoi familiari, è assillata anche dal padrone di casa che vorrebbe sbatterla in strada per recuperare gli utili dell'affitto dell'appartamento. In preda alla disperazione, girovaga per le vie della città, involontariamente assiste all'uccisione, per opera di un killer, del proprio padrone di casa.
Il fatto criminoso fa scattare una molla nella mente della vecchietta che. in maniera quasi maniacale, perseguita il killer: non dirà niente alla polizia se lui, dietro compenso di duecento dollari, gli ultimi rimasti, la ucciderà. Il killer Flint trasale, ma la donna lo supplica di compiere quella buona azionee gli fà conoscere altri vecchietti infelici che, come lei, chi per un motivo chi per un altro, sarebbero ben disposti a pagare duemila dollan pur di raggiungere al più presto l'aldilà.
In sintesi si crea una specie di società tra la signora Quingley ed il killer Flint; impressionante è la rapidità con la quale aumenta la fila dei vecchietti stanchi di vivere e disposti a dar via tutto quanto hanno pur di passare velocemente... a miglior vita.
In loro tutti emerge la mancanza di affetto, la solitudine e la convinzione precisa di non servire più a nulla perché abbandonati da tutti, anche, e soprattutto, dai propri figli.
Non si vuol svelare il finale del film, dunque è un invito rivolto a tutti, e soprattutto ai giovani, per andarlo a vedere.
Lo svago domenicale a volte vuol dire anche vedere un film come "Agenzia Omicidi" che fa sentire tanto amaro... amaro per l'enorme piaga che la trama dello spettacolo marca e riapre.
Non è nuovo lo stato di abbandono in cui vivono alcuni anziani nell'Italia del ventesimo secolo, mentre come antidoto per i giovani, si consiglia la visione e... tanta riflessione. Cleo
pagina 14 - milano 19 aprile 1985
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La redazione è aperta il mercoledì dalle ore 21
aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 16 alle 19,30
OPPIONI
Soggetto e sfondo in una vampa di colore
Il mondo non è tutto grigio nei quadri di Bruno Luzzi
Bruno Luzzi è un amico, un amico di vecchia data. Infatti lo abbiamo conosciuto quando il piccolo periodico stralocale, che si chiamava nientemeno che "Il Corriere del Gallaratese", ha pubblicato un timido appello per vedere di raccogliere gli appassionati di arte figurativa che da varie parti della città si erano trasferiti nel quartiere tutto nuovo, e cercare di inventare su questo comune denominatore un "qualcosa" di positivo.
Si era alla fine del 1968, iniziava il 1969 nel ricordo dell'autunno caldo e dagli abitanti del nuovo insediamento, diviso in G I, G 2, San Romano e San Leonardo, emergeva l'esigenza di conoscersi, di partecipare alle decisioni che tanto da vicino li riguardavano.
Pieni di problemi tutti, impegnati sui fronti ideologici e politici i più sensibili, allerta le forze associative nello sforzo di ottenere che il quartiere diventasse più accettabile e umano, ecco che pur fra tanti impegni, coloro che dedicavano il loro poco,É sovente pochissimo tempo libero a coltivare un amore così scarsamente remunerativo (dal punto di vista economico) quale l'esercizio artistico, hanno fatto alla cittadinanza una proposta che si è rivelata buona, ed è continuata nel tempo, durando tuttora. Si è formato un gruppo. Luzzi si è presentato come pittore, ma non solo per quello.
Gli interessava, lo abbiamo compreso assai presto, anche l'aspetto partecipativo del progetto, un progetto ancora embrionale ma con un suo valore intrinseco.
La capacità pittorica del Luzzi, unita alla sua intima visione in merito ai significati della pacifica convivenza (era anche stato partigiano) hanno fatto sì che nel neonato gruppo di pittori la sua presenza si facesse sentire in modo molto positivo.
Sconosciuti gli uni agli altri, i pittori del Gallaratese hanno approntato nel marzo 1969 una prima mostra, cui seguirono molte altre; ed è stata in quell'occasione la scoperta della notevole capacità pittorica di Bruno Luzzi, che presentava in quelle esposizioni i suoi dipinti, opere che si differenziavano per stile e soggetti dai lavori degli altri artisti partecipanti. Come tecnica, egli usava eseguire i suoi dipinti con una parvenza di rilievo, ottenuto con una preparazione da lui stesso approntate, accentuando poi questa impressione tramite l'uso molto calibrato dei colori fondamentali e della legge sulla complementarietà.
L'effetto finale era originale ed interessante. Ricordiamo ancora alcuni pezzi, con soggetto insolitamente romantico (figure umane immerse nella luce di primaverili campagne oppure sedute di fronte al mare, suonando uno zufolo pastorale), come pure qualche paesaggio dagli ottimi colori e soprattutto "Nature morte".
Violo della poesia
Vi presentiamo la scrittrice e poetessa in vernacolo,Bruna Marchesi Zini o meglio, ve ne offriamo lo spirito, i toni delicati della sua lirica milanese e il fascino delle parole che ella sa tramutare (con un tocco quasi fiabesco) nell'arte di comporre versi.
Provate a leggere le poesie seguenti e ne sarete emotivamente coinvolti.
Koper
Queste composizioni di oggetti, spesso umili ma vivificati dalla purezza dei toni cromatici e delle linee fondamentali, facevano risaltare quella che a nostro avviso è la qualità più saliente dell'arte del Luzzi, cioè il saper dare ad ogni oggetto il suo giusto volume.
E questo rivela la scuola, perché il Nostro non è un autodidatta, ma ha seguito in gioventù la Scuola del Castello di Milano, ed ha avuto per maestro il grande Alfredo Mantica. E fu proprio Mantica che venne invitato per una conferenza organizzata dai soci dell'ormai strutturato Gruppo Sirio.
Si presentò con semplicità, senza domandar compensi, parlò a lungo del suo grande amore, condiviso da tutti i presenti, la pittura. Spiegò, incoraggiò, suggerì e propose, giudicando spassionatamente e con competenza i lavori portati al suo giudizio, e consentì alla diffusione di alcune dispense da lui preparate ad uso proprio dell'insegnamento.
L'incontro con Mantica fu indimenticabile, ma proprio in quel periodo Bruno Luzzi dovette sospendere gli incontri con gli amici pittori, per sopraggiunti impegni familiari e sociali.
Per alcuni anni egli fu assente dalla scena artistica del Gallaratese, ogni tanto incontrava i soci del Gruppo, che proseguiva le sue attività, e non era difficile trovare nelle sue parole una nota di rimpianto che facevano ben sperare in un suo futuro ritorno.
Quando il lavoro glielo ha permesso, Luzzi ha ricercato e ritrovato gruppo e amici: ha ripreso le sue belle tele grezze, le masoniti robuste, la tavolozza con quei bei colori fluidi e trasparenti, contrastati e squillanti. Ed ecco la sua nuova produzione, che ha lo slancio di una cosa lungamente sognata, aspettata, pregustata.
Come tema preferenziale ha ancora le belle serialità compo-
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sitive, con bottiglie, scodélle, piatti e ripiani con frutta, vasi. oggetti quotidiani. In essi più che mai egli riesce a far risaltare la sfericità e il volume plastico. Se ne sente la consistenza. Quello che è cambiato oggi, forse, dalla sua prima maniera, è il modo di legare soggetto e sfondo in un'unica vampa di colore, scattante sui più arditi complementari.
Rossi e verdi si spalleggiano, si esaltano e dominano. Compongono una realtà gioiosa, vivace, trionfante, da agitare davanti agli occhi di chi afferma che il mondo è tutto grigio. Con un paio di "Luzzi" alle pareti, essi cambierebbero opinioni.
Bruna Fusi Nella foto, Bruno Luzzi in una mostra di quartiere.
Fuma, fuma, vedi come ti sei ridotto?
Un fantasma burlone
gira per la Zona 19
Si apposta solitamente il sabato sera all'angolo di via Sant'Elia con via Lerici per dar sfogo alla sua ilarità, ma neppure i "ciocch" lo prendono sul serio
Le psicosi tossinfettive del film "Ghostbusters" stanno mietendo vittime. Si parla, ovunque, di fantasmi, fantasmi americani, fatasmi inglesi e fantasmi di casa nostra.
Processioni di fantasmi a Gressoney, il fantasma di Margherita Pusterla che gira per Invorio Inferiore, un fantasma travestito da gallina con tutti i suoi pulcini appare a Lucca, il fantasma di Dante gira per Ravenna, il fantasma di Lorenza (compagna di Cagliostro) s'aggira in Piazza di Spagna a Roma e per chiudere, a Milano, in Via Cadore è stato visto il fantasma di un cane infernale dagli occhi di fuoco. Sicuramente si trattava della caldaia di riscaldamento di un condominio, intravista attraverso le grate.
A proposito mi viene in mente la barzelletta di quel fantasma burlone che voleva a tutti i tosti spaventare gli abitanti della Zona 19.
Un sabato sera, che è quello più indicato per far tardi, il fantasma si veste di tutto punto da scheletro (... non avrà fatto tan-
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ta fatica) e alle 23,55 esatte si mette all'angolo tra Via Sant'Elia e Via Lerici per dar sfogo alla sua ilarità. Ricordo che trattasi di fantasma burlone! Si appoggia ad un palo della luce, accavalla una gamba su un'altra e aspetta.
In lontananza si vede un lumicino avanzare zigzagando: è un ubriacone tiratardi che si porta, in bicicletta, verso casa. Arrivato quasi all'altezza di Via Sant'Elia, ecco che il fantasma per dare maggiore sensazione alla scena e quindi procurare più shock al malcapitato, pensa di accendersi una sigaretta.
Il nostro ornino "ciocch" ma imperturbabile prosegue la sua corsa e arrivato all'altezza della postazione del fantasma, lo apostrofa: "Fuma, fuma, vedi come ti sei ridotto!!!"
Passando dal faceto al serioi so, anch'io vedo i fantasmi nella I busta paga di ogni mese. Questi fantasmi di soldi, o questi soldi fantasmi! Leoclema
Sonetto dedicato alle fanfare dei Bersaglieri
L'altra nott hoo sognaa...
L'altra nott hoo sognaa che, in bibicletta, 'n angiol splendent, cont on capell piumaa, el tegneva in di man ona trombetta e 'I ghe boffava dent tutt ispiraa.
A lù denanz on alter, con bacchetta, el dirigeva on cor come incantaa: centmila bersalier e 'na marcetta, quella che'l coeur l'ha mai desmentegaa.
Mi me sont dessedada sul pù beli: in di oregg ancamò quell "FLICCH e FLOCCH", me son missa a cantà sto ritornell, intratant che i ricord, a pocch a pocch, me parlaven de lù, el mè grand amor, con on mes ciozz de gioia e'cle dolor.
Te rinrazzi. Signor, per sto sogn delicaa 'me filigrana: pensand a lù el me coeur el se slontana...
Senza on perchè
Chissà se l'è 'sta sensazion... tristezza? o l'è malinconia?
Soo no spiegamm...
A l'improvis, senza on perché, la riva.
Epur gh'hoo no de cruzzi... nostalgia...
Ma gh'è purtropp on cantonscell 'n del coeur dos tira semper vent. on vent birbon...
E q uand el boffa fori el fà inmattì.
Foo del tutt per calmali, ma l'è on malnatt: el leva on polveron pien de ricord, quajvun tant beli. quajvun che'l mord; (hinn proppi tucc quant lì).
EI fà giugà fra lor gioia e dolor, el me fà piang e rid senza on perché. L'è quel! che l'è... ma a mì in fond la me pias 'sta dolza e tenera malinconia. e mì, sincerament, la casti minga via.
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aprile 1985 'ridano 19 - pagina 15
EIL 01111111111.
dalla prima pagina Aiuole
pubblico che, nél caso specifico, assumono la tessitura di verde arboreo, con andamenti diversi di volume, dovuti all'associazione di specie arboree di vario tipo.
Il progetto traduce pertanto, con soluzioni esecutive, tali esigenze. t infatti prevista la realizzazione di circa 1.330 posti macchina, distribuiti con ordine su una superficie cementizia alveolare di tipo carreggiabile-erbosa ed una sistemazione a verde per una superficie di 23 mila metri quadrati, opportunamente protetta da muretti di contenimento atti ad evitare eventuali posteggi abusivi su tale area.
La sistemazione a verde sarà caratterizzata dalla formazione di aiuole mediante semina di semi di miscuglio su uno stratc di terra di coltivo preventivamente vangata e livellata, opportunamente alberate con essenze che presentano, quale principale caratteristica, la adattabilità al clima, alla posizione, al terreno, all'orientamento e quindi all'ambiente e soprattutto alla capacità di vegetare in presenza di forme di inquinamento, specie atmosferico. particolare interesse è stato volto al variare del colore ed all'uso delle conifere al fine di ottenere un impianto variabile secondo il variare delle stagioni, attraversato da vialetti pedonali, pavimentati con masselli autobloccanti.
Il progetto, per la cui realizzazione è stata preventivata una spesa complessiva di un miliardo e cento milioni di lire, tende a sistemare definitivamente l'area in questione tenendo anche conto delle proteste di molti abitanti delle case adiacenti, che da anni si lamentano che su tale area sostano per periodi di tempo anche lunghi, spettacoli viaggianti assai rumorosi quali il Luna-park o gli stunt-cars.
Nello schizzo come dovrebbe essere sistemata rarea in questione.
Come potrà
scorso è stata presentata dalla Consigliera Mozzanica un'interpellanza con cui chiedeva risposta da parte di questa Presidenza ai problemi da loro posti in merito al collegamento viabilistico di via Ojetti e via Betti e conseguente sistemazione della "Piazza" antistante la Chiesa dei SS. Martiri. Nello scusarmi per il ritardo con cui rispondo alla Vostra petizione, citata dalla Consigliere. del 2 giugno 1984, voglio portare Loro a conoscenza quanto segue:
durante il periodo intercorrente tra il giugno 1983 e il dicembre 1984 il Consiglio di Zona ha riesaminato con la Ripartizione Urbanistica il P. P. Gallaratese.
La discussione intorno a questo tema è stata lunga, elaborata ed approfondita in quanto non si trattava di modificare solo alcune norme, bensì di rivedere alcuni aspetti fisici del piano, tra cui parte della viabilità.
Su questo ultimo settore — le strade —si è discusso a lungo, in particolare in relazione a come potrà "girare" la gente del quartiere dentro di esso e fuori, dopo la costruzione del Centro Commerciale in via Benedetto Croce, e l'apertura di dlcuni servizi come la USSL di via Ojetti (questo è solo l'esempio che in-
teressa Loro e che è parte di tutto il quartiere).
Le decisioni definitive per quanto riguarda strade ed accessi ai servizi le possono rilevare dalla cartografia che allego e che dimostra la decisione di collegare la testa cieca di via Ojetti alla via Betti e la sistemazione della piazza davanti alla Chiesa.
Personalmente interesso in questi giorni l'Assessore ai Trasporti e l'Assessore ai Lavori Pubblici perché a stralcio del P. P. si faccia quanto prima l'intervento da Loro richiesto.
Spero di aver, con questa nota, reso chiaro quali sono le volontà dell'Amministrazione e mi è gradita l'occasione di porgere Loro i più cordiali saluti rch Dando Pasquini
Chiudiamo
Come si è giunti ad elaborare questa proposta? Il problema del traffico e del congestionamento delle strade nell'intera città ha toccato livelli intollerabili. Il tasso d'inquinamento dell'aria ha purtroppo superato in alcune strade il limite della respirabilità ponendoci (che tristezza!) al primo posto fra le metropoli europee, a detta di una recentissima indagine.
E soprattutto a detta delle percorrono a piedi o in bicicletta; a detta delle mamme con bambini in carrozzella e degli anziani costretti oltretutto a vergognosi slalom fra le macchine parcheggiate sui marciapiedi o in tripla fila.
C'è poi da considerare l'inquinamento acustico del quale si sono finora sottovalutate le conseguenze di ordine psicopatologico: ipertensione, insonnia, ipereccitabilità, esaurimento nervoso, e conseguenti effetti sugli organi bersaglio, in primo luogo sistema cardiocircolarorio e digerente.
A fronte di questo quadro drammatico che cosa aveva proposto l'Amministrazione Comunale? più contravvenzioni, carri attrezzati dotati di nuovi ceppi, creazione di parcheggi nel centro (che oltretutto servirebbero ad aumentare l'afflusso di auto), la realinazione dell'isola pedonale di Corso Vittorio Emanuele diventata ormai un miraggio dopo le continue repliche alla commedia della sua chiusura apertura. Tali provvedimenti erano tuttavia un palliativo e possiamo toccarlo con mano tutti i giorni.
Occorre invece, e con noi lo dice la stragrande maggioranza dei milanesi che quotidianamente ci sostiene entusiasta, un intervento coraggioso e ragionevole al tempo stesso. Occorre restituire ai milanesi una zona che è patrimonio comune di tutta la città, aprendola alla vita sociale, a ritmi più umani e ad un accesso più facilitato alle strutture culturali. Primaria con-
dizione è l'allontanamento del traffico privato dal cuore della città salvandolo e salvandoci dalla marea di auto in sosta e in coda, dall'inquinamento atmosferico ed acustico.
La prima battaglia l'abbiamo vinta: facendo propria la nostra proposta il Consiglio Comunale ha indetto, in concomitanza con le Elezioni Amministrative del 12 maggio, una consultazione popolare sulla quale i milanesi saranno chiamati a esprimersi. E finalmente a decidere su una materia che tocca tutti da vicino e che costringe i Candidati a Palazzo Marino a prendere posizione chiaramente al di là dei programmi elettorali infarciti spesso di contenuti incomprensibili alla gente.
Il quesito all'incirca suonerà così: "Vuoi che il traffico privato con eslcusione dei residenti, sia limitato progressivamente all'interno della cerchia dei Navigji nelle ore diurne?".
E la prima volta che un gruppo di associazioni che rappresentano non una lobby, non interessi privati o -corporativi, ma semplicemente una esigenza diffusa e sentita da tutti i cittadini, riesce ad imporre la propria voce in sede amministrativa.
C'è qualcosa di nuovo nell'aria a Milano. Il 12 maggio non facciamolo scappare!
Massimo Rizzo
:stilano 19
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pagina 16 - milano 19 aprile 1985