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Vogliamo uno stato in cui tutti possano riconoscersi

Le difficoltà di capire il mondo in cui viviamo è propria di tutte k epoche di transizione, ma il pericolo di andare verso una società sempre più frantumata ed individualista è molto forte e deve essere contrastato in ogni modo

Durante l'attività politica di questi ultimi mesi, negli attivi in Sezione, nel contatto con la gente. mi si sono posti diversi interrogativi. Primo fra tutti la domanda di un ragazzo ex tossicodipendente il quale affermava quanto gli era difficile vivere ai bordi tra le istituzioni che non ti ascoltano ed i ragazzi come lui che non sapevano cosa fare e si chiedeva "lo da che parte sto?" e continuava dicendo, solo unà anziano, un cinquantenne che è nato e cresciuto nelle istituzioni può essere soddisfatto di questa società. Un'improvvisa carica emotiva mi ha assalito, immediatamente mi sono tornate alla mente le lotte partigiane, io allora vivevo in Valsesia, e noi ancora bambini che non capivamo il senso... ma vedevamo la morte vicina, un avvicendarsi di partigiani. fascisti. tedeschi, una grande confusione e tanta, tanta sofferenza e poi... la fine della guerra, la speranza la ricostruzione. un desiderio di pace. di fratellanza e rivedo come in un film fino ad oggi passare tante vicende... e mi rattistrano, oggi, questi giovani senza speranza, alla ricerca di valori. Non sò se sono riuscita a far capire al ragazzo tutta la mia comprensione, ma soprattutto a fargli capire che anche a noi comunisti, non tutto ci sta bene e che giovani o meno giovani, combattiamo per lui ed insieme a lui per una vita migliore. La difficoltà di capire il mondo in cui viviamo è propria di tutte le epoche di transizione. ma il pericolo di andare incontro ad una società sempre più frantumata, individualista è molto forte deve essere contrastato in ogni modo incentivando tutte le forme di aggregazione e di volontariato. Ai comunisti si deve dire che stare dentro queste esperienze non è un cedimento ad ideologie altrui e si può aggiungere che l'inserimento di massa di una militanza laica e di sinistra nel volontariato può correggere certo privatismo, certo spirito di carità tipico della cultura cattolica. Se questo si realizza si realizzerà il"partito nuovo" di Togliatti.

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La polemica del Card. Poletti che intende far passare i comunisti per anticlericali e la tanto dibattuta teologia della liberazione mi stimolano a delle brevissime considerazioni. Dio resta un problema politico? t davvero possibile un dialogo tra cattolici e marxisti, tanto atteso per creare delle alleanze? Penso sia possibile se se ne riconosca la piena autonomia dei problemi materiali, Martin Luther King diceva: "Una religione che si professa sensibile alle anime, ma non lo è alle condizioni economiche che le strozzano, appartiene a quella categoria che i marxisti chia- mano, l'oppio del popolo", e Berlinguer in una lettera al vescovo Botazzi: "Noi comunisti vogliamo una società organizzata in maniera tale da essere sempre più aperta ai valori cristiani, ma non vogliamo una società cristiana, né uno stato cristiano e non già perché siamo degli anticristiani, ma solo perché sarebbero anch'essi uno stato ideologico integralista". Quindi vogliamo uno stato né ateo né cristiano, vogliamo uno stato in cui tutti i cittadini possano riconoscersi. t errato ritenere che il progresso tecnologico e sociale abbiano esaurito il bisogno religioso, nell'individuo e nella collettività, la coscienza religiosa quando è vissuta in modo autentico può alimentare una vera volontà di cambiamento, per realizzare una società più giusta e più umana. La questione femminile, attivo di sole compagne perché? Perché ci uniscono problemi comuni, perché se le donne volessero parlare del loro mondo interiore direbbero che il sentimento più vivo è la ricerca di una propria identità nuova al posto di quella che gli era stata appiccicata dalla tradizione. L'amicizia fra donne è qualcosa che stiamo conquistando palmo a palmo, per troppo tempo era stata condizionata dalle rivalità. Il mondo dei sentimenti una volta considerato limitante e che a volte ancora sei costretto a reprimere, è un modo di essere, una forza a cui noi dobbiamo rinunciare, perché ognuna di noi possa esprimere sentimenti a livello sempre più alto. Berlinguer è l'artefice di questa linea politica del nostro partito. Egli capì che le conquiste culturali, legislative e civili che riguardano le donne avrebbero cambiato la società ed avrebbero portato in campo nuove idee di trasformazione dei valori e delle persone. Egli pensava che le idee delle donne fossero indispensabili al rinnovamento del partito e della politica. La questione morale da lui concepita come questione centrale per la trasformazione della società, affondava le radici nel bisogno di rifondare una nuova etica nei rapporti tra i singoli, tra la politica e la società. La questione morale era per lui questione che riguardava la concezione e la pratica della politica, le cui finalità, fossero le persone, i loro bisogni e non il potere. Egli sapeva che le donne avevano ed hanno bisogno che si affermi questa conceziòne umana della politica.

Come valuteranno gli elettori le amministrazioni locali? Prima di tutto in base a dei parametri di cui il più rilevante è sicuramente la questione morale. I candidati dovranno essere onesti, capaci e soprattutto competenze in campi specifici.

La gente giudica l'amministrazione dal funzionamento e dall'efficienza degli uffici pubblici e dei servizi, in tutti i settori, occorre quindi un controllo della macchina organizzativa che faccia emergere e correggere tutte le disfunzioni esistenti. La sezione dovrebbe essere aperta nei modi e tempi da stabilire. per diventare sede attiva nella difesa dei cittadini, gruppi singoli, assistendoli nel loro rapporto, anche conflittuale con l'Amministrazione, qualunque essa sia, offrendo loro sostegno stimolo ad organizzare movimenti capaci di esercitare pressioni politiche e contemporaneamente assisterli nelle loro iniziative di reclamo, di informazione e di partecipazione. Leggo dai giornali "Il Pci partito di governo, ma come e con chi?" "Pci sempre più forte e sempre più solo" "Come vuole governare il Pci, con altri partiti, con settori di partito, con schieramenti, con gruppi sociali. A tutte queste domande Natta ha risposto, affermando che noi non vogliamo governare da soli, anche perché non sarebbe possibile, ma non partiamo da una logica di schieramenti, mettiamo al primo posto il nostro programma. I principi sanciti dalla costituzione confermano il concetto delle autonomie cali, ma la Dc pretende di applicare nei comuni e nelle Regioni la stessa formula di schieramento e quindi di potere. Natta ha quindi ribadito che non abbiamo fatto nessun schieramento, se in certi comuni la realtà è tale da richiedere governi locali insieme ad altri partiti, noi non ci tireremo indietro. Detto queste, non si riesce a comprendere perché tanta paura del Pci, un partito che ottiene la maggioranza dei consensi, cerco di vedere tra le righe queste paure, certi timori e mi accorgo che sono paure di perdere il potere, paure da parte dei cattolici, che temono di perdere la libertà di manifestare il loro credo. Noi dobbiamo combattere queste paure, discutendo in modo pacato, senza animosità le nostre idee e la linea del partito. Capisco, quanto a volte sia difficile rimanere tranquilli davanti alle provocazioni, alle ironie e capisco anche il pessimismo ed il logoramento di stare sempre all'opposizione, ma dobbiamo avere fiducia dell'intelligenza degli elettori e con forza rinnovata far conoscere il nostro programma. A tutti voi sarà capitato sicuramente di sentirvi dire "se tutti i comunisti fossero così..." da quì nasce il bisogno di farci conoscere, ma per farci conoscere è necessaria una presehza continua ed attiva tra la gente.

Maria Pia Robbia della sezione E. Ragionieri del PCI

I mestée de la Milan de semper

Daj roeud ai sabbionée fenissom in d'on sacch

Dalle origini lontanissime ad oggi la ruota non ha cessato di essere invenzione regina dell'uomo, incancellabile simbolo di tutte le applicazioni nel passato, presente e futuro fin che mondo sarà

di Arcano

Ruote, "roeud", fabbricazione e commercio; invenzione antichissima e perpetuante la civiltà; fabbricante di ruote, "fabbricant de roeud"; inutile fare in questo caso tutta la storia della ruota dai primordi ad oggi ed elencare tutte le applicazioni che essa ha avute ed ha tuttora.

È certo il fatto che dalla sua apparizione ai giorni nostri la sua evoluzione ed i materiali impiegati per la costruzione per essere descritti necessiterebbero di molto spazio e di ragionevole baso di tempo; dalle ruote piene in legno o in pietra alle relative modifiche a raggera, la cerchiatura in ferro e quindi le ruote a dischi sino alle sofisticate ruote al carbonio del recente primato ciclistico sono corsi millenni.

I trasporti di ogni epoca sono quelli che ne hanno maggiormente beneficiato; carri, carrozze, bighe, carriole e carrette; poi cicli, motocicli, automobili, autocarri, tram, treni, aerei, battelli, navi, ecc. senza mai esaurirsi nelle forme e dimensioni anche per sedie a rotelle, carrozzine d'infanti, lettini di ospedale e una miriade di altre applicazioni che hanno reso la ruota la più universale ed umana delle invenzioni".

Dalla ruota derivano centinaia di soluzioni ad essa ispirate: geniali e rivoluzionarie (con la trista eccezione del supplizio della ruota di medioevale ricordo inquisitorio): volani, carrucole, ingranaggi, mulini ad acqua, pulegge ecc.

Il settore della costruzione di ruote d'ogni specie e con i più

Dialettologia milanese (18)

Dal milanese parlato al milanese scritto

divtrsi materiali impiegati occupa una imponente massa di addetti al di là d'ogni immaginazione e giostrare di miliardi con la prerogativa di maggiore vincolo ai mezzi di trasporto.

Frizzi e modi di dire si associano alla ruota in scanzonate citazioni di cui alcune incisive alquanto: "Andà a roeuda libera". (Andare a ruota libera). Nei discorsi, nelragire, nell'essere dispotici. "Andà a roeuda." (Andare a ruota). Scroccare, beneficiare senza contropartita. "EI gh'ha el mal de la roeuda!" (Ha il male della ruota!) riferito a chi è sempre in giro senza un motivo palese oppure sottinteso per chi lamenta dolori alle giunture articolari, ricordando appunto il supplizio della ruota che... collaudava le membra. "L'è ona roeuda come quella del Prater!" (È una ruota come quella del Prater!) indicando uno scroccone dalla faccia tosta. Sabbia, ghiaia, commerciante di sabbia, ghiaia, pietrisco; "sabbia, gera, gerett, sabbionée". Cava è identito in milanese, scritto e pronuncia, al vocabolo italiano.

Materiali indispensabili per l'edilizia che hanno contribuito a fare classificare la darsena di porta Ticinese il secondo porto italiano per tonnellaggio, anche se la merce non è di nobile natura.

confezionato e stabilitura già pronta in vesciche di plastica; certo si commercia sempre, se ne fa uso industriale per la lavorazione dei metalli, sabbiatura, e nello stesso settore edile per il restauro delle facciate degli stabili.

Sabbie silicee vengono pure usate nella lavorazione di graniti, legno, metalli, vetri, ecc. ed è evidente che per questi diversi usi esistono macchinari fissi o modili di vari tipi, ad aria compressa o a turbina.

Sacchi, saccherie, sacchetti, sacchettifici; "sacch, fabbricant de sacch, sacchée" sono le voci milanesi; il sacchetto di carta o cellophane, plastica o altro un tempo non esisteva.

associato al pregio della impermeabilità, resistenza, ridotto peso e ingombro e con il grande neo della difficoltosa distruzione quando inservibile; spina nel cuore di urbanisti ed ecologisti.

La dizione popolana è ricca di motti, frizzi e citazioni a proposito della voce sacco: "Sacch de patati". (Sacco di patate) è frizzo per chi è pigro, lento o impacciato nel movimento per soverchia mole; "Sacch voeui sta minga in pée, sacch pien se piega minga!" (Sacco vuoto non sta in piedi, sacco pieno non si piega!) frizzante canzonatura volta a coloro che per un motivo o l'altro adducono pretesti per fare i lazzaroni. poltrire.

rivoluzionando anche la semplice saldatura a stagno.

L'accessoriato e la protezione hanno pure contribuito al miglioramento di questo mestiere permettendo di operare in tranquillità e maggior rendimento: maschere, guanti, grembiuli. occhiali, paratoie d'amianto ecc. sono materiali che vengono commerciati, quindi altro mestiere di richiamo i fabbricanti di materiale antinfortunistico.

Così pure il commercio di elettrodi per la saldatura in tutte le leghe. cannelli d'ogni tipo ed uso, bombole di gas argon. propano, ossigeno. acetilene; ed ancora generatori portatili di ossigeno, riduttori di pressione gas, disossidanti, valvole.

I numerosi dubbi formulati da lettori ed appassionati della lingua milanese, in parte giustificati, ripropongono il discorso sia sull'alfabeto milanese sia sull'uso delle vocali "U" e "O" propiziatrici di molte confusioni.

Certo è che il milanese scritto, da sempre motivo di interesse ed anche di dispute, polemiche e rivendicazioni assume carattere di difficoltà per i lunghi spazi di tempo intercorsi tra l'uno e l'altro aggiornamento; furono in molti a reclamare la indiscussa validità del parlato più che dello scritto, ma già cinque secoli fa abbondanti tracce di milanese scritto in modo molto simile all'attuale e validissime nel linguaggio odierno costituiscono la testimonianza di un'esigenza già allora sentita in spregio all'elevato grado di analfabetismo dominante.

Quello che non deve assolutamente apparire strano ai contemporanei è il fatto che ad occuparsi di lingua milanese non sono stati in assoluto i milanesi, tutt'altro; di Giovanni Capis, giurista laureato a Pavia è un glossario della fine del 1500 in cui tutti i termini milanesi sono spiegati con la loro etimologia greca o latina: "Varon milanes de la lengoa de Milan"; il Capis era originario di Domodossola.

A dissertare su quest'opera si cimenta Giovanni Ambrogio

Biffi ed ampliarla è compito di Giovanni Milani, poi a correggerla e ripubblicarla è compito di Ignazio Albani nel 1606; ma Luigi Pulci poeta fiorentino scrisse numerose satire in milanese già nel 1480 circa e nella nostra lingua si cimentò anche il pescarese Gabriele D'Annunzio nonostante la sua italianità!

Troppo spazio mi ruberebbe l'elencazione di quanti non milanesi si sono occupati del nostro linguaggio; anche Delio

Tessa non insisteva sulla grafia a favore della lingua parlata e marcando decisamente sul suo punto di vista di "dialetto vivo e non lingua morta"; ma allora nel 1932 una buona parte del popolo lo parlava ancora, prima dell'accidiante invito perentorio fascista a mettere in di- sparte ogni verbare che non fosse italiano (e mussoliniano) e del grande esodo dal sud al nord d'una grande massa di gente che, giustamente, fatica a capirlo.

Torniamo all'alfabeto milanese tralasciando quello rustico del Bonvesino de la Riva che si componeva di venticinque lettere incluse J-Y-K - X e talvolta W per probabile inquinamento di vocaboli sassoni o teutonici.

L'alfabeto milanese ha soltanto in più la jota rispetto alla lingua italiana moderna, ma il toscano è identico anche se l'uso di jota è diverso; proprio per questo motivo i raffronti milanese-toscano sono più efficaci, anche per il fatto che le due lingue nascono parallelamente assieme al siciliano il cui più grande poeta è Giovanni Meli, 17401815.

Una delle domande postemi riguarda raccentatura delle vocali A - O in alcune composizioni per i possessivi e nella declinazione del verbo avere; dovrebbe trattarsi di materiale assai vecchio, perché il Porta usava già la consonante muta "H" con il supporto della forma milanese "GH" da cui non si può separare: "gh'hoo, gh'ha, gh'hann".

Nella lingua italiana invece, sino al primo ventennio del nostro secolo, a scuola insegnavano ancora le due forme: à, ò, ài, ànno oppure ha, ho, hai, hanno; può capitare che qualche persona anziana scriva ancora così e non è un errore; è invece errore farlo in milanese! (Errori che ho fatti anch'io).

Per le vocali U e O ripeto quanto ho già detto nella rubrica del mese di maggio 1984; la vocale O può essere larga oppure stretta come nel caso di "tort": larga se indica torto, stretta se indica torte (dolciumi); la vocale U è invece sempre stretta ad eccezione di quando è a seguito della consonante Q o quando è iniziale di nomi propri: Ulderico, Ubaldo, Ugo; in tal caso si pronuncia come la U toscana o italiana.

(continua)

Cave di sabbia e ghiaia ne esistevano parecchie nella cintura milanese sino a qualche anno dopo l'ultima guerra; la migliore sabbia arrivava però dal Ticino trasportata dai barconi lungo il Naviglio Grande e depositata in darsena in grandi mucchi che poi per mezzo di benne semoventi su rotaia veniva travasata nelle tramoggie per essere misurata al momento del carico.

Il sacco è stato ideato dalla necessità di un imballaggio rapido, pratico ed economico; inizialmente fu fabbricato in tela, canapa, juta e di quest'ultima ve ne erano di tipi a torcitura molto fitta o rada secondo l'uso a cui si destinava. Mentre il sacco di tela veniva adibito al trasporto di farine alimentari, riso o anche biancheria (già esistevano criteri di scelte per questioni d'igiene) quello di Juta fine assolveva il compito d'imballo di cereali, legumi secchi, granaglie da macinare, zucchero e caffè; quelli a trama più rada e confezione meno curata venivano usati per patate, carbone e, dalle industrie, per bullonerie e minuterie meccaniche.

Saldatura, saldatrici saldatori; "Saldatura, saldadris, saldoeur"; del saldatore, "saldoeur" (plurale e singolare uguali come vocaboli) se ne è già parlato.

Ammodernandosi con le nuove tecniche sia per i metalli sia per le materie plastiche il settore offre una vasta panoramica che passa dalla grande carpenteria industriale o ferroviaria e navale alla nobile arte orafa e all'odontotecnica; attrezzature e materiali di recente innovazione si appaiano alle vecchie regole della saldatura ossiacetilenica o a quella elettrica di tradizione

Per la saldatura di materie plastiche esistono speciali apparecchiature che vanno dalla più semplice a quella ad ultrasuoni, per minuteria o grandi superfici di una impressionante varietà di potenze. in fasi singole. doppie. triple, multiple. "L'è on bon saldoeur!" (£ un buon saldatore!) Modo di dire e metafora; elogio al mestiere e a chi... salda subito i conti!

(continua)

Nella foto gru e silos, fantastici sotto la neve, oggi sempre più rari sulle rive della Darsena.

Apposito congegno stabilisce la cubatura della sabbia o ghiaia che dalla tramoggia passa al veicolo che la trasporta al cliente, cantiere o deposito di materiali edili; molti milanesi ricordano i famosi "marnon", i caratteristici carri a cassone ribaltabile e sponde alte con portellone incernierato verso l'alto e bloccato in basso da un chiavistello; il cassone veniva bloccato per mezzo di due codoni alle stanghe con due grossi anelli scorrevoli di ferro fermati a loro volta da una chiavarda Che ne impediva lo sfilamento durante la marcia. (La nota descrittiva è per i lettori più giovani).

Questi carri trainati da cavalli, il cui conducente era "el carador" (carrettiere) scomparvero verso la fine degli anni '40 per lasciare il posto agli autocarri ribaltabili che i milanesi subito battezzarono "stravacchin" dal verbo "stravaccà" che in traduzione vale per rovesciare.

I "sabbionée" avevano a loro disposizione sino ai primi anni del dopoguerra un'altra darsena chiamata "Port de mar" (Porto di mare) che si trovava I nella zona tra rattuale quartiere I ()Mero e Vaiano Valle; oltre alle acque di numerosi fontanili vi entrava ed usciva l'acqua del canale Vettabia; la scomparsa di questo caratteristico angolo della periferia milanese oltre ai rimpianti dei romantici suscitò molte polemiche per la mancata reali7zazione,,più a sud secondo i progetti, del canale navigabile Milano-Po da molti giudicato 'un "bidone elettorale", che periodicamente... riemerge!

Tornandò alla sabbia e ai "sabbionée" oggi le condizioni del commercio sono un poco mutate in seguito all'uso più frequente di calcestruzzo pie-

Curioso, anche se un poco macabro, sottolineare che negli ospedali erano in uso sacchi di tela del tipo incerato ("fila inscirada") di cui esistevano diverse taglie e che servivano a riporvi i resti di grandi amputazioni prima che fossero avviate all'incenerimento.

Vennero poi fabbricati i sacchi di carta multifogli, molto resistenti usatissimi dalle cementerie per imballo di gesso o cementi, di calce in polvere, terre refrattarie ed altri materiali per l'utenza edile; poi l'uso si estese anche ai mulini per le farine e ad altri settori: zuccherifici, concimi, mangimi per zootecnia.

Il milanese è una lingua da conservare non da modificare e ben vengano i neologismi che l'arricchiscono e sostituiscono i vocaboli caduti in disuso per ragioni di progresso, non di cultura ai

Come la tela juta ebbe vasta applicazione nell'imballo anche se non propriamente come sacchi (balle voluminose di pezzami, lane, lini, cotone da filare, ecc.) stessa sorte toccò alla carta sia per l'uso alimentare sia per ogni altro prodotto fino a quando non ebbe il sopravvento il sacchetto di carta.

Come tutte le evoluzioni anche il sacchetto subì rinfluenza di ogni ritrovato e ne confezionarono con tutti i materiali possibili: in cellophane, najlon, fibre sintetiche, rafia, politene, vinilici; naturalmente ne seguì anche la varietà di stampigliature reclamistiche monocrome e policrome sino a sei colori e con l'indicazione sia per la carta sia per altri materiah "per alimenti" su quelli allo scopo confezionati.

A questo punto si nota il fenomeno del "sacchetto con ma' nico a grande diffusione, poi quello per la raccolta dei rifiuti sino a quelli di tipo industriale, a perdere, della capacità di due metri cubi e della portata di una tonnellata e mezza di peso; progresso tecnico indubbiamente,

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