EtCetera Majorana
Attualità 7
VI - Aprile 2020
Andrea Scuratti, 4cc
Il “Coronavirus” ai tempi di Tucidide Vi chiedo, gentili lettori di EtCetera, di tornare un po’ indietro nel tempo e di dare sfogo alla vostra fantasia. Immaginate: siete un giovane o una giovane nell’antica città di Atene. È primavera e c’è un bel clima. Si sono da poco concluse grandi feste in onore della dea e tutta la popolazione è felice. I bambini giocano per le strade, tutte le attività economiche della città fioriscono, ma a un certo punto tutta la città è chiamata ad ascoltare il discorso del grande Pericle, figlio di Santippo, stratego della città. Il discorso che segue è frutto della mia immaginazione, ma le cose non devono essere andate in maniera molto diversa: “Uomini e donne di Atene, della città più grande del mondo, la cui fama è conosciuta su tutta la terra abitata, ascoltate! Sparta, capitale del Peloponneso, da troppi anni, dopo la vittoria sulla potenza persiana, ci ostacola. Io e l’assemblea abbiamo deciso di muoverle guerra, affinché Atene mai possa venir additata come colei che si fece mettere i pie-
di in testa da una mandria di oligarchi!” Il popolo lo acclama senza poter minimamente immaginare cosa accadrà. Siamo nel 430 a.C. all’inizio di quella guerra che cambiò il destino della Grecia. Sparta sotto la guida di Archidamo II si opponeva all’imperialismo ateniese di Pericle. Lo stratego della città che diede i natali alla prima forma di democrazia che sia mai esistita aveva iniziato uno scontro immane contro la sorella-nemica situata nel Peloponneso. I motivi erano diversi: commerciali, bellici, economici... Era passato un anno da quando la guerra era scoppiata. Atene era superiore alla nemica e sembrava avere la meglio; il morale era alle stelle, ma ben presto gli dèi cambiarono le carte in tavola. La città fu colpita da un’epidemia di peste, forse vaiolosa, per altri invece di tifo, ma il risultato non cambia: migliaia di uomini e donne perirono per questo morbo maligno, e fu Tucidide, storico vissuto nel V secolo a.C., a raccontarlo. Nella sua opera, oggi ricordata con