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Il carcere spiegato da Massimo
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13 Il carcere spiegato Giulia Burigotto, 4bb
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da Massimo Pericolo
Conosciuto per la canzone “7 miliardi”, Alessandro Vanetti, in arte Massimo Pericolo ha dimostrato con l’album “Scialla semper” di essere un artista molto più profondo di quanto ci si potrebbe aspettare. Le sue tracce infatti riportano una serie di riflessioni riguardanti una realtà troppo spesso ignorata, quella del carcere, grazie alle quali mi è stato possibile restituire una visione più reale di quello che è il rapporto tra Stato e Criminalità. “Cosa volevano insegnarmi? Baby, dopo il gabbio quello che c’ho in più è soltanto un paio d’anni”. La funzione che deve avere la pena e il carcere è una problematica già sollevata nel Settecento, con intellettuali quali Voltaire o Cesare Beccaria, e risolta attraverso il ruolo rieducativo sancito dall’articolo 27 della Costituzione. Ma allora come è possibile che l’Italia abbia una recidiva oscillante tra il 60% e il 70%? Dei fondi stanziati per le spese di amministrazione penitenziaria l’80% viene utilizzato per il personale e solo l’8.5% per i detenuti. Ciò vuol dire che solo pochi vengono impegnati in attività lavorative, spesso non adeguate alla reintroduzione nella società, o in iniziative culturali e sportive, mentre la maggior parte trascorre il suo tempo guardando la tv, giocando a carte o annoiandosi, semplicemente. In condizioni del genere “non imparano dal carcere quanto dai carcerati”: il detenuto non individua neanche i valori che vogliono insegnargli, e uscito di prigione, riprende il solito stile di vita che conduceva prima di essere arrestato, se non più aggressivo. “L’impiego onesto a noi non ce lo dà nessuno, voi fate il resto. Vuoi fermare il fumo? Spegni l’incendio”. Un’altra questione rilevante è la differenza tra criminalità come scelta o criminalità come necessità. Pur essendo vero che non tutte le persone che si trovano in una situazione disagiata finiscano in ambienti poco puliti, tuttavia è anche vero che il contesto in cui viviamo ti spinge a desiderare denaro se non ne hai, e se ne hai, a volerne ancora di più. Lo stesso Massimo Pericolo in un’intervista ammette il senso di rabbia e
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frustrazione per i compagni vestiti con indumenti costosi che lui non poteva permettersi. “Non c’è una scelta se i bisogni te li impongono, volevo i soldi e sono andato fino in fondo”. Siamo sicuri che crimini come spaccio, rapine, furti dipendano tutti da menti criminali e non dal bisogno di sopravvivere? Io non condanno il criminale accecato dal bisogno, io condanno lo Stato che lo costringe a ciò. “Per il mio reato il carcere lo chiamo scherzo”. Massimo Pericolo è stato arrestato nel 2014 per detenzione e spaccio di stupefacenti, ultimo anello di una rete di 28 persone. Ritengo che arrestare uno spacciatore di quartiere sia non solo inutile, ma totalmente ridicolo. Oltre alla riflessione su scelta e bisogno esposta nelle righe precedenti, pensare di poter limitare la diffusione di sostanze a partire dalle figure più insignificanti è assurdo, ne arresti uno, ne compaiono il giorno dopo altri tre. Che soluzione può attuare allora lo Stato?
Accertato che il consumo di droga non cesserà mai, lo Stato dovrebbe proteggere i suoi cittadini e concorrere con la mafia attraverso la legalizzazione di tutte le droghe. Ciò porterebbe alla creazione di istituti dove le persone possano consumare, lontano dalle strade e dagli occhi spaventati e disprezzanti di bambini e genitori, sostanze prodotte da laboratori statali ed ergo di una qualità nettamente migliore rispetto a quelle vendute nelle periferie delle grandi città, ormai sempre tagliate con prodotti cancerogeni come ammoniaca, gesso o polvere di vetro. Il consumatore sarebbe controllato e seguito, i casi di overdose azzerati, la mafia subirebbe un grave colpo, lo Stato ne uscirebbe arricchito e non si riempirebbero più le celle, già sovraffollate, di spacciatori che ad oggi costituiscono il 35% dei detenuti. “Loro ancora che lo pregano in due metri quadri, voi le chiamate camere, mi sembra onesto”. In Italia il tasso di sovraffollamento è pari al 120%, con 10.000 detenuti in più di quanti le carceri italiane possano accogliere. A questo aggiungiamo edifici ormai vecchi e fatiscenti, condizioni igieniche non rispettate (basti pensare che molto spesso il water si trova vicino ai letti o alle postazioni per mangiare), problemi di umidità e la totale mancanza di privacy. Ma ciò che più di tutto rende difficilmente sopportabile il periodo di reclusione è lo smisurato abuso di potere esercitato dalla polizia penitenziaria. “Ma tanti qua sono più bravi di tanti
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paladini della civiltà”. Massimo Pericolo mostra una forte avversione per le forze dell’ordine, e forse non senza ragione. Dal 2002 ad oggi sono morti 1662 detenuti, pochi per malattia o overdose, la maggior parte per suicidio e molti per cause da accertare, presumibilmente per pestaggi. Tra quelli in vita invece è molto frequente l’uso di psicofarmaci. “E vi chiamano eroi se rompete le teste”. L’abuso di potere da parte dei poliziotti è ormai innegabile, il caso Stefano Cucchi e Poggioreale sono esempi lampanti, ed alcuni degli stessi, ormai congedati, hanno ammesso in una serie di interviste quanto la pratica dei pestaggi sia diffusa, come chi è dietro le sbarre sia considerato un “pezzo” disumanizzato, puro oggetto di sfogo per le autorità. Tuttavia è necessario ricordare che dal 1997 al 2019 si sono tolti la vita ben 153 agenti penitenziari, anch’essi sfiniti dalla grave pressione psicologica che si respira in questo ambiente. Ci accorgiamo allora che come a scuola non è mai colpa dello studente o del professore ma dello stupido sistema del voto a cui devono sottostare entrambi, come nel lavoro non è mai colpa del candidato o del datore ma di quel sistema regolato da raccomandazioni e pregiudizi, così anche in carcere non è colpa del detenuto o del poliziotto ma di quel sistema malato che spinge a mostrare il lato peggiore dell’essere umano. E infine, prendendo in considerazione la frase di Fedor Dostoevskij “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”, dov è la civiltà? Il carcere ha davvero funzione rieducativa o si configura più come una vendetta da parte dello Stato? Chi è più criminale? Il delinquente o la Giustizia italiana?