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Il Coronavirus ai tempi di Tucidide

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Sanremo 2020

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Andrea Scuratti, 4cc

Il “Coronavirus” ai tempi di Tucidide

Vi chiedo, gentili lettori di EtCetera, di tornare un po’ indietro nel tempo e di dare sfogo alla vostra fantasia. Immaginate: siete un giovane o una giovane nell’antica città di Atene. È primavera e c’è un bel clima. Si sono da poco concluse grandi feste in onore della dea e tutta la popolazione è felice. I bambini giocano per le strade, tutte le attività economiche della città fioriscono, ma a un certo punto tutta la città è chiamata ad ascoltare il discorso del grande Pericle, figlio di Santippo, stratego della città. Il discorso che segue è frutto della mia immaginazione, ma le cose non devono essere andate in maniera molto diversa: “Uomini e donne di Atene, della città più grande del mondo, la cui fama è conosciuta su tutta la terra abitata, ascoltate! Sparta, capitale del Peloponneso, da troppi anni, dopo la vittoria sulla potenza persiana, ci ostacola. Io e l’assemblea abbiamo deciso di muoverle guerra, affinché Atene mai possa venir additata come colei che si fece mettere i piedi in testa da una mandria di oligarchi!” Il popolo lo acclama senza poter minimamente immaginare cosa accadrà. Siamo nel 430 a.C. all’inizio di quella guerra che cambiò il destino della Grecia. Sparta sotto la guida di Archidamo II si opponeva all’imperialismo ateniese di Pericle. Lo stratego della città che diede i natali alla prima forma di democrazia che sia mai esistita aveva iniziato uno scontro immane contro la sorella-nemica situata nel Peloponneso. I motivi erano diversi: commerciali, bellici, economici... Era passato un anno da quando la guerra era scoppiata. Atene era superiore alla nemica e sembrava avere la meglio; il morale era alle stelle, ma ben presto gli dèi cambiarono le carte in tavola. La città fu colpita da un’epidemia di peste, forse vaiolosa, per altri invece di tifo, ma il risultato non cambia: migliaia di uomini e donne perirono per questo morbo maligno, e fu Tucidide, storico vissuto nel V secolo a.C., a raccontarlo. Nella sua opera, oggi ricordata con

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il nome di Guerra del Peloponneso, oltre che a narrare le imprese dei soldati e le trattative delle singole città-stato, lo storico apre diversi excursus, e uno di questi è sulla malattia che fece collassare la città capitale dell’Attica. Egli con precisione maniacale, anche grazie al profondo studio del lessico medico che tanto lo aiutò nel componimento di questa immane opera, descrive i diversi sintomi che accompagnarono questo morbo venuto, secondo lui, dall’Africa e che aveva contagiato anche i territori della Persia. Un forte calore alla testa, arrossamento e infiammazione degli occhi colpivano all’inizio i malcapitati; ciò si trasformava poi in spasmi violenti, croste e febbre tanto alta che il calore non permetteva agli uomini di sopportare di essere coperti coi lenzuoli più leggeri; si ammalavano tutti, soprattutto chi curava gli ammalati. Anche Tucidide si ammalò, ma guarì. Anche Pericle si ammalò, ma la sua sorte fu diversa. Durante il secondo anno di guerra la città di Atene perse la sua guida. Tucidide racconta poi il degrado morale che fece crollare tutti i principi religiosi ed etici: “Gli uomini [...] divennero indifferenti alle leggi sacre come pure a quelle profane. [...] Molti, mancando del necessario, poiché avevano già avuto molti morti, compievano l’opera di sepoltura in modo vergognoso. [...] La peste segnò anche l’inizio del dilagare della corruzione. [...] Nessuno era più disposto a perseverare in quello che prima giudicava fosse il bene, perché - pensava - non poteva sapere se non sarebbe morto prima di arrivarci; invece il piacere immediato e il guadagno che potesse procurarlo, qualunque fosse la sua provenienza, ecco ciò che divenne bello e utile.” E oggi invece? Cosa accade? Siamo ancora come gli ateniesi di duemilaquattrocento anni fa o ci siamo evoluti? Attenti, la risposta non è così certa e sicura come potrebbe sembrare. Sicuramente le tecnologie mediche e le scoperte scientifiche stanno aiutando in questo periodo: la realizzazione di respiratori, l’aver sequenziato il DNA, i rimedi basati sulle erbe di zia Cater... - come? le pratiche con le erbe aromatiche hanno smesso di essere utili nel medioevo? Scusate, mea culpa. Ma la popolazione come ha vissuto questo periodo? Io in primis ho visto

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persone litigare al supermercato per dell’acqua, per una confezione di biscotti o per quella delle fette biscottate. Insulti che volavano a destra e a sinistra. Il primo ministro inglese ricorda al popolo britannico: “Dovremo abituarci a veder morire i nostri cari”. Sì, Boris Johnson: mi sa che ha letto troppo Tucidide (per chi non lo sapesse è laureato in Lettere classiche ad Oxford e conosce la maggior parte del primo libro dell’Iliade a memoria in greco). In America invece? Ai supermercati c’è stato per qualche motivo un assalto nel reparto dove si trova la carta igienica: addirittura vengono utilizzate le forze di polizia per limitare le risse. Forse non gettiamo più i morti sule pire funebri altrui, forse non andiamo contro leggi umane e divine, forse non siamo più corrot... questa la salto, e anzi: forse stiamo cercando davvero il bene per noi e per gli altri, ma alcuni comportamenti sono davvero incivili. E allora in questi giorni di reclusione forzata ricordiamoci le parole di Pericle: “Amiamo il bello, ma con moderazione, e ricerchiamo il sapere senza debolezza”.

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