Ticino Management: Maggio/Giugno 2023

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Estero: Ume 10 Euro Anno XXXV n. 5-6 • Giugno 2023 Regno Unito: Gbp 9,00; Us: Usd 10,00 Svizzera: Fr. 12.Il grande cantiere Il Pil non è un numero Il grande cantiere Il Pil non è un numero Economia Un affare di turismo in cui continuare a credere Economia Arredo Autori di stile Autori di stile Design speciale nuove collezioni di Simona Manzione foto Architettura Armando Adamo © Gabriele Basilico. Per gentile concessione di Flexform Aziende
polivalente successo di un semplice filo Aziende Finanza
modo diverso di
Finanza Orologi
il tempo futuro: Hyper Horology Orologi
Il
Un
interpretare l’Ipo
Verso

La biodiversità è la varietà di forme di vita sulla Terra, cruciale per la salute e la sopravvivenza del nostro pianeta. Per questo ha senso cambiare il nostro modo di investire.

Wealth & Asset Management | Treasury & Trading | www.ubp.com In Svizzera l’UBP ha ottenuto l’autorizzazione ed è regolamentata dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA). Iscrivetevi alla nostra newsletter su ubp.com
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Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch

Eleonora Valli · evalli@eidosmedia.ch

Hanno collaborato a questo numero

Ettore Accenti, Achille Barni, Ignazio Bonoli, David Mülchi, Stelio Pesciallo, Carlo Secchi

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Chiusura redazionale: 15 giugno 2023

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Sede
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redattore Federico Introzzi
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scattaneo@eidosmedia.ch
ISSN 1664-3798
Editoriale

Silvio

Berlusconi,

29 settembre 1936 − 12 giugno 2023

Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come un'occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora. Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento.

Amare ed essere amato. Amare e desiderare di essere amato. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande. Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento.

Essere contento. Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli

altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento.

Cerco l’uomo. Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà.

Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio.

Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano

Il grande cantiere

Non si risparmiano le critiche al Pil, l’indicatore economico per antonomasia, reo di non tener conto del benessere della popolazione, oltre che dello sviluppo del sistema economico in generale. Ma sostituirlo non sarà molto facile.

Opinioni

12 Ettore Accenti. È iniziata la corsa allo spazio, e tra i protagonisti le start up.

14 Stelio Pesciallo. È giusto che a prevalere siano spesso le raccomandazioni degli organismi internazionali?

16 Ignazio Bonoli Quanto è esteso il perimetro statale in Svizzera? Molto più di quanto non si penserebbe.

18 Matteo Ramenghi. La cavalcata tecnologica non è priva di rischi, anche sui mercati. Farne a meno?

20 Fabio Nicoli. Le azioni di protesta quanto sono penalmente accettabili, e quanto perseguibili?

22 Fabrizio Ammirati. Dialoghi previdenziali.

24 Carlo Secchi (in foto). L’influenza dell’Intelligenza Artificiale è latrice di progresso e sviluppo.

Economia

38 Testimonianze. Destinare immobili all’affitto per vacanze, intermediati dalle piattaforme online, quanto conviene davvero?

40 Studi. Le piccole economie aperte si confermano tra le più potenti locomotive dello sviluppo globale. Ma quali sono, e perché sono così prestanti rispetto alle altre?

Da sinistra, Klaus Abberger, Capo economista del Kof dell’Eth, David Kohl, Capo economista di Julius Baer, Luca Mezzomo, responsabile analisi macroeconomica di Intesa San Paolo, ed Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wm.

Osservatorio

75 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi.

76 Settori. L’Healthcare chiude il primo semestre piatto, con scarsi risultati. Ma?

78 Tematici. Quanto conta salvaguardare la biodiversità finanziariamente?

80 Settori. Il bancario è uscito stravolto dal 2008, ma l’investitore ne ha tenuto conto?

81 Sostenibili (Jon Duncan, sopra). Gli investitori dovrebbero prendere consapevolezza dell’impatto delle loro azioni, e agire di conseguenza, investendo.

82 Tematici. Le aziende di famiglia sono un filone in cui insistere, e da cui escono interessanti risultati.

84 Tematici. La medicina veterinaria è un settore che darà grandi risultati nei prossimi anni.

52 Normative . Evolvono le leggi, cambiano le norme in Svizzera: al centro dell’attenzione la sostenibilità sociale, ambientale ed Hr

Eureka

54 L’imprenditore. Come è nata Alpian, la prima banca svizzera mobile. Tra primi passi e nuove sfide, la via era tutto fuorché tracciata.

56 Start up. Una giovane realtà BioTech luganese propone soluzioni innovative nel mercato delle ferite croniche. Quali i futuri sviluppi?

58 Start up. Una nuova finestra fotovoltaica dal Tecnopolo si prepara ora a conquistare nuovi mercati, e guarda al resto del mondo.

60 Il consulente Proteggere gli asset intangibili non è scontato, eppure sono i più importanti.

6 · TM Giugno 2023
p. 26
Cover Story
sommario maggio/giugno 2023

Il filo conduttore p. 44

Ruota tutto intorno a un filo, è il successo di una realtà di Mendrisio che guarda al mondo, giunta alla quarta generazione. A lato, Martino Piccioli, Presidente di Plastifil.

Largo al Mice

Un quinto dei pernottamenti nazionali e locali è frutto del turismo d’affari. La Svizzera italiana punta con forza al settore. A lato, Samuel Righetti, responsabile Ticino Convention Bureau.

p. 48

Eureka

Al via la nuova Rubrica in cui convergono temi legati all’innovazione e alle componenti più dinamiche del mondo economico, Venture Capital e digitale in testa.

p. 53

Speciale Arredo da p. 91

Dalla matita dei designer, per i Marchi iconici dell’Arredo, le tendenze svelate al Salone del Mobile.Milano 2023. I designer, spiriti visionari e creativi, chiamati a plasmare la materia in forme rispondenti alle esigenze del nuovo quotidiano.

Quotarsi per...

Percorrere l’accidendata strada di un’Ipo per raggiungere un diverso tipo di clientela, fornendo servizi e asset class altrimenti precluse. A lato, Thibault Leroy Bürki, fondatore di Haute Capital Partners.

p. 68

62 Digitale. Cambiano le strategie degli Uffizi di Firenze per tornare ad affascinare anche le più giovani generazioni. Contano solo i social?

64 Lo studente. La fiducia nel sistema fiscale è un valore da conservare.

Finanza

66 Analisi. I rischi di cambio sono un tema caro a molte imprese.

Hyper Horology

Verso una dimensione nuova di orologeria? È l’esperienza di una prestigiosa Maison che spinge le lancette ancora più avanti.

A lato, Gregory Bruttin, Direttore strategia di prodotto di Roger Dubuis.

72 Analisi. Le scelte d’investimento iniziali vanno monitorate nel tempo, e riprese in considerazione.

90 Aste. Da Sotheby’s è stato battuto di recente il rubino più grande e costoso della storia.

Arte e società

110 Preziosi. Il mercato delle gemme continua e continuerà a correre.

p. 112

116 Mostre. Il sodalizio tra Warhol e Basquiat. A Parigi, grazie a Zurigo.

120 Mostre. Filippo Boldini a Rancate.

122 Analisi. L’Anna Bolena al Lac.

125 Sport. Alle origini del golf, sull’erba del re dei campi spagnoli

Rubriche

8 Appuntamenti

128 Auto

Giugno 2023 TM · 7
Design speciale nuove collezioni di Simona Manzione foto Architettura Armando Adamo © Gabriele Basilico. Per gentile concessione di Flexform

Parigi

Celebrazione Picasso: la collezione si tinge di colori!

Cinquant’anni fa, l’8 aprile 1973, Pablo Picasso moriva a Notre-Dame-de-Vie a Mougins, lasciando dietro di sé una produzione artistica che ha segnato tutto il XX secolo. A nessuno quanto lui si applica la definizione di rivoluzionario: colui che nel 1907, con Les Demoiselles d’Avignon, inaugurava la stagione del cubismo destinata a scardinare la concezione su cui per secoli l’arte occidentale si era retta, non ha mai smesso di reinventarsi, sempre mosso da un’immutata energia sino alla più tarda maturità.

In occasione di questo anniversario, il Musée national Picasso-Paris, che è capofila dell’evento internazionale “Célébration Picasso 1973-2023” che prevede una cinquantina di mostre in Europa e in Nord America, ha invitato nella sua storica e splendida sede dell’Hôtel Salé lo stilista britannico Paul Smith a firmare la direzione artistica di una mostra eccezionale, che presenta in una veste inedita la collezione del museo. Un insieme d’opere unico al mondo, frutto delle donazioni degli eredi e dell’acquisizione della collezione privata dell’artista, che comprende

Coordinatore delle celebrazioni internazionali per i 50 anni dalla morte di Picasso, il Musée national PicassoParis ha invitato Sir Paul Smith a firmare una mostra che rinnova la visione della genialità del grande artista di Malaga. A sinistra, la freschezza di una fra le sue ultime opere, Il giovane pittore, 14 aprile 1972, olio su tela, 91 x 72,5 cm, Musée national Picasso-Paris, Lascito Pablo Picasso, 1979. Sopra, una delle scenografie appositamente create dallo stilista britannico.

oltre cinquemila lavori e l’archivio personale di Picasso, stimato in quasi duecentomila pezzi. Opere che ne coprono quasi interamente la carriera e una grande varietà delle tecniche da lui frequentate - pittura, scultura, disegno, incisione e ceramica.

L’interpretazione anticonformista dello stilista, noto per i suoi lavori attorno al colore, invita a riscoprire i maggiori capolavori dell’artista spagnolo in una luce più contemporanea e ne sottolinea la grande attualità. I rispettivi universi espressivi si incontrano e dialogano, ad esempio il loro comune amore per gli oggetti, i costumi e le scenografie, dando vita a confronti e messe in scena altamente inventive e spettacolare. Un approccio che si discosta da quello di uno storico dell’arte, procedendo per associazioni intuitive e istintive.

La mostra è inoltre punteggiata da opere di altri artisti contemporanei internazionali: Guillermo Kuitca, Obi Okigbo, Mickalene Thomas e Chéri Samba aprono nuove prospettive sulla posterità dell’opera di Picasso, mettendo in discussione la sua immagine e adottando alcune delle sue innovazioni plastiche. Musée national Picasso-Paris Lu-Do, 10.30-18

Fino al 27 agosto

Vuillard e l’arte del Giappone

La Fondation de l’Hermitage di Losanna rivisita l’opera di Édouard Vuillard (1868-1940) dal punto di vista del giapponismo. Fu grazie alla grande mostra parigina dedicata all’arte del Giappone dall’École des Beaux-Arts nel 1890 che Vuillard cominciò a interessarsi all’estetica nipponica, fino ad allora trascurata dai circuiti accademici. Se tutti i pittori nabis erano sensibili all’arte del Giappone - a partire da Pierre Bonnard, soprannominato il “nabi japonard” - Vuillard raccolse il maggior numero di stampe, 180 fogli acquistati a poco prezzo al Bon Marché o al Printemps. Ispirati a paesaggi giapponesi, geishe o attori kabuki, sono firmati dai maestri dell’incisione su legno: Hiroshige, Hokusai, Kunisada, Kuniyoshi, Eisan e Utamaro. Alcuni di essi appaiono nelle fotografie dello studio dell’artista. La sua collezione comprendeva inoltre diversi libri illustrati.

Dal 1890 al 1914, questi riferimenti permeano dipinti, disegni e litografie di Vuillard, pur senza scadere nell’esotismo. Come i maestri dell’ukiyo-e, celebra la vita quotidiana e la natura. Formati inaspettati, punti di vista inediti e composizioni asimmetriche si moltiplicano, spesso senza rispettare la prospettiva ma giustapponendo audacemente un primo piano vicino e un primo piano lontano.

8 · TM Giugno 2023
Losanna
© Succession Picasso 2023
appuntamenti di Mirta Francesconi
© Voyez-Vous Vinciane Lebrun

Pierre-Auguste Renoir, La Grenouillère, 1869, olio su tela, 65 x 92 cm, Collezione Oskar Reinhart «Am Römerholz», Winterthur.

Rifiutando l’espressione del modellato o del volume, sintetizza le forme utilizzando tinte piatte e arabeschi e giocando sugli effetti testuali. La mostra, che affianca un centinaio di queste sue opere a una cinquantina di capolavori provenienti dal paese del Sol Levante, si articola intorno ai generi pittorici praticati da Vuillard - scene d’interni e paesaggi - rivisitati attraverso il prisma dell’estetica giapponese. L’allestimento comprende anche un gruppo di dipinti degli amici Nabis di Vuillard, tutti influenzati dall’arte giapponese: Pierre Bonnard, Maurice Denis, Paul Élie Ranson e Félix Vallotton.

Fondation de l’Hermitage

Ma-Do, 10-18; Gi, 10-21

Fino al 29 ottobre

Winterthur

Bagno dei colori - Renoir e Monet alla Grenouillère

I due giovani Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet trascorsero l’estate del 1869 a poca distanza l’uno dall’altro nei pressi di Parigi. Ancora senza alcun riconoscimento, senza successo presso le istituzioni e al Salone annuale, per entrambi la situazione finanziaria era più che precaria. Tuttavia, volevano conquistare il loro posto nel mercato dell’arte e mostrare la vita reale nei loro dipinti. La scoprirono durante le loro frequenti visite a un luogo di balneazione della zona, La Grenouillère sull’Île de Croissy, su un ramo della Senna. Entrambi sognavano un quadro: un vibrante paesaggio estivo, pieno di vita e di coincidenze, interamente

Édouard Vuillard, Les Gros Nuages, 1909, pastello su carta, 24 x 31 cm, Collezione privata, Parigi.

dedicato all’attimo e alla luce mutevole, che riflettesse il flusso e riflusso dei rumorosi visitatori estivi e il costante luccicare dell’acqua mossa dal vento e dal dondolio delle barche. Trasposero questo sogno estivo in un totale di sei dipinti che avrebbero rivoluzionato il corso della storia dell’arte europea.

Una delle due coppie di dipinti, La Grenouillère di Pierre-Auguste Renoir, tesoro e quadro centrale della Collezione Oskar Reinhart «Am Römerholz» dal 1931, e il suo gemello di Claude Monet della Na-

tional Gallery di Londra, mai prestato prima, possono ora essere visti a confronto diretto per la prima volta proprio presso la Collezione Oskar Reinhart «Am Römerholz» di Winterthur. Altre opere di pregio ripropongono la rappresentazione dell’acqua in movimento approfondendo il discorso, integrati da fotografie attuali del famoso luogo.

Collezione Oskar Reinhart «Am Römerholz»

Ma-Do, 10-17; Me 10-20

Fino al 17 settembre

Giugno 2023 TM · 9
© Photo de Bayser © Collezione Oskar Reinhart « Am Römerholz » / P. Schälchli, Zurigo

Ligornetto

Natale Albisetti, scultore

Istituzione sensibile e aperta allo studio e alla valorizzazione del patrimonio scultoreo anche locale, il Museo Vincenzo Vela con la sua nuova mostra-dossier conferma il proprio impegno verso la produzione di autori coevi a Vincenzo Vela, apparentemente ‘marginali’, ma sempre attivi in importanti cantieri pubblici al di fuori del contesto cantonale ticinese. Questa volta al centro dell’attenzione è Natale Albisetti, nel centenario della sua morte, autore di stampo classicista con echi romantici pressoché sconosciuto nel panorama della scultura svizzera fra Otto e Novecento.

Curata dalla direttrice Gianna

A. Mina in collaborazione con Simona Ostinelli, autrice del primo esaustivo studio sull’artista, la mostra presenta, attraverso sezioni tematiche, una selezione rappresentativa soprattutto di modelli in gesso e progetti per sculture, ritratti e monumenti pubblici eseguiti da Albisetti lungo tutto l’arco della sua carriera, che si è svolta tra i fasti parigini e la sua terra natale. Le opere provengono principalmente dal cospicuo lascito dell’artista al Comune di Stabio, suo paese d’origine, che ha allestito nel 2018 un ambiente a lui dedicato, lo Spazio Albisetti, fruibile una domenica al mese. La quarantina di opere esposte al Museo Vincenzo Vela illustrano il percorso biografico e artistico di Albisetti: dall’avvicinamento alla scultura sotto l’egida di Vincenzo Vela alla formazione all’Accademia di Brera a Milano, dal trasferimento in Francia nel 1884 nell’effervescente Montmartre parigina (dove vive in Boulevard de Clichy, in un edificio che ospita atelier di artisti e nel quale il pittore Fernand Cormon tiene le sue lezioni frequentate da Henri de Toulouse-Lautrec, Vincent van Gogh ed Emile Bernard) all’esordio espositivo nei Salons della Ville Lumière, sino al successo conseguito all’Esposizione Universale del 1900 e ai legami mai interrotti con la sua terra d’origine. Oltre che all’Obelisco di Bellinzona

Sopra, Natale Albisetti, Il Ticino accolto dalla Confederazione. Modello del rilievo per il Monumento all’Indipendenza ticinese a Bellinzona, 1903, gesso, legno, fibre vegetali, 148 x 105 x 31,5 cm, Stabio, Fondo Natale Albisetti. Sotto, Giacomo Manzù, Double face, 1970/2004, bronzo, 155,5 × 113 × 74,5 cm. Collezione Loi, tra le sculture della mostra che celebra il centenario del Golf Club Lugano.

realizzato nel 1903 per celebrare il primo centenario dell’entrata del Canton Ticino nella Confederazione, un’attenzione particolare è riservata alle opere scultoree eseguite per due edifici svizzeri fortemente simbolici: il Politecnico federale di Zurigo e il Palazzo federale a Berna.

Museo Vincenzo Vela

Ma-Ve, 10-18

Sa-Do, 10-17

Fino al 5 novembre

Lugano

Capolavori en plein air

Realizzato nel 1923 da Erwin von Riedermann, come gesto d’amore nei confronti della moglie Josefa, appassionata giocatrice di golf, quest’anno il Golf Club Lugano celebra il centenario. Nella cornice di uno splendido paesaggio prealpino, il percorso di diciotto buche si snoda lungo il fiume Magliasina su un terreno pianeggiante, tra boschi di betulle, querce, pini, faggi, rododendri, oleandri e azalee.

Nell’ambito del programma di eventi e iniziative promosse per la ricorrenza, il Musec è stato coinvolto per allestire nell’area del golf un’esposizione di sculture di maestri italiani del Novecento, tra i quali spiccano i nomi di Francesco Messina, Luciano Minguzzi e Giacomo Manzù. Il percorso di gioco si trasforma in un sentiero artistico di sorprendente unicità.

Le nove sculture, prevalentemente in bronzo, provengono dalla Collezione Loi e sono state selezionate sia per la qualità della tecnica scultorea, sia per la gamma dei sentimenti espressi, che ha caratterizzato la ricerca dei maestri del Novecento. Ciascuna opera è accompagnata da una breve scheda critica e da un brano poetico, ispirato dall’opera stessa, scritto da grandi nomi della letteratura italiana del Novecento. Completa l’esposizione all’aperto un quaderno pubblicato dalla Fondazione culture e musei di Lugano.

Golf Club Lugano

Visita su appuntamento Fino al 29 ottobre

10 · TM Giugno 2023
© Museo Vincenzo Vela / Sebastiano Carsana © FCM/Collezione Loi

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Il Big Data spaziale

La storia di come una start up satellitare aiutò il Pentagono a risolvere il caso di un sospetto pallone-spia cinese alla deriva sui cieli del Nord America. È l’inizio di una rivoluzione?

Cronaca di un pallone

Tutti ricorderanno quanto un pallone-sonda cinese, che ha attraversato gli Stati Uniti, abbia tenuto il mondo intero col fiato sospeso. Per settimane si è cercato di capire da dove provenisse, quale ne fosse lo scopo, soprattutto se fosse un qualcosa di militare o un satellite-spia. Per risolvere l’enigma è servito proprio il Big Data spaziale della Planet Labs descritta in questo articolo. È stato infatti sufficiente identificarne alcune immagini, darle in pasto al sistema di apprendimento del software realizzato dalla Planet, lasciare che interrogasse il suo enorme archivio di immagini raccolte quotidianamente ed ecco il tragitto del pallone, le date del suo passaggio e da dove e quando era partito. Chiunque può oggi disporre di tale servizio, a un prezzo particolarmente modico.

L’intenzione non è di farne uno scoop giornalistico ma, come sempre, descrivere agli interessati di tecnologia e introdurre un qualcosa di estremamente importante e che cambierà radicalmente come oggi

viene considerato lo spazio esterno. Oltre un centinaio sono le aziende, tutte giovanissime, che stanno occupando e con grandi profitti o, meglio, capitalizzazioni, praticamente tutto il cielo sopra la Terra.

Dopo il ben noto Elon Musk e la sua

Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK

A lato, il percorso del pallone-sonda cinese ricostruito dal software della giovane start up americana Planet Labs, senza difficoltà.

mirabolante SpaceX, molti giovanissimi si sono avventurati verso il lucroso impiego di satelliti a orbita bassa, cioè tra i 300 e i 600 km, per realizzare nugoli di satelliti a basso costo e porli al servizio dei più, per applicazioni civili, militari ed enti pubblici, offrendo a prezzi incredibilmente bassi quanto fino a qualche anno fa era considerato appannaggio di enti come la Nasa.

Con l’avvenuta facilitazione delle nuove norme che consentono di raccogliere e usufruire di immagini satellitari in notevole risoluzione, oggi anche start up con modeste finanze riescono ad avventurarsi in questo business: lo spazio è in svendita!

Persino un agricoltore potrebbe acquistare immagini dettagliate dell’area che coltiva per controllarla e studiarne le variazioni quotidiane. Un piccolo comune montano potrebbe sorvegliare le frane incombenti e valutarne la storia risalendo nel tempo, anche di anni.

L’ingegneria delle costruzioni potrebbe tenere d’occhio la costruzione di un ponte, di un grattacielo o di un nodo ferroviario. Per non parlare dell’analisi di territori devastati per risalirne alle origini e predisporre il da farsi.

Una di queste aziende che colpisce per la sua rapidissima crescita è Planet Labs, nata nel 2010 e completamente operativa da tre anni con il suo sciame di 200 satelliti che vigilano ogni giorno dal cielo. Totalmente privata, nasce per vendere

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opinioni / l’esperto di tecnologia

A lato, i piccoli satelliti della classe

CubeSat e del peso di qualche chilogrammo, sono prodotti in serie con componenti standard. La loro aspettativa di vita è calcolata in qualche anno e se ne prevede già la sostituzione. Un lanciatore economico li porta in orbita bassa, e li dispone intorno alla Terra. Sotto, la disposizione dei 200 satelliti è tale per cui 350 milioni di kmq sono fotografati a varie bande spettrali e i dati raccolti e poi archiviati. Si tratta di milioni di terabyte al giorno disponibili per la consultazione.

immagini satellitari e relativo software di intelligenza artificiale per attingere a quella enorme massa di dati che genera.

Si tratta di un gruppo di giovanissimi tecnici della Nasa, tra cui Will Marshall, Robbie Schingler e Chris Boshuizen che insieme oggi gestiscono una costellazione di duecento piccoli satelliti della classe CubeSat, chiamati Doves, non più grandi di una scatola per scarpe.

Questi satelliti sono dotati di sensori ad alta risoluzione per raccogliere immagini orbitando a una altezza tra i 300 e i 500 km in una formazione sincronizzata, catturando ogni giorno immagini da un’area pari a 350 milioni di kmq, cioè il doppio della superficie delle terre emerse.

Le immagini raccolte su varie bande spettrali, tra cui il visibile, il vicino infrarosso e l’infrarosso, vengono archiviate per essere poi gestite dai clienti attraverso opportuni plug-in basati sull’Ia e forniti dall’azienda stessa: un immenso Big Data spaziale disponibile a pagamento per chiunque lo desideri!

Si monitorano così i cambiamenti sulla superficie terrestre quasi in tempo reale, fornendo preziosi dati come i cambiamenti ambientali, l’agricoltura, la pianificazione urbana, la risposta alle catastrofi, le modiche geologiche, e molto altro.

I dati raccolti quotidianamente consentono una vasta gamma di analisi e applicazioni, come la valutazione della salute della vegetazione, il monitoraggio della deforestazione, la rilevazione dei cambiamenti nell’uso del suolo, il tracciamento del movimento di mezzi di trasporto e l’avanzamento di costruzioni di ogni genere.

Oltre alle immagini, Planet Labs offre applicazioni (Api) chiamate Planet Api, basate sull’Intelligenza Artificiale che

integrano i dati satellitari e forniscono ai clienti mezzi operativi eccezionali.

Tutto questo è reso possibile dai costi estremamente contenuti sia dei satelliti sia dei vettori per metterli in orbita, costi che sono una frazione dei costi a cui si era abituati fino a pochi anni fa e che erano sostenibili solo da Enti statali o militari.

Con i suoi 200 satelliti e altri che presto andranno a infoltirne la costellazione, Planet Labs ha completato la prima fase operativa che l’ha posta in grado di servire il mercato e cominciare a raccogliere ordini. Sono passati solo 3 anni dal loro primo lancio di successo dalla base indiana di Satish Dhawan Space Center nell’area di Chennai sull’isola Sriharikota, nella Baia di Bengala, con la quale mise in

orbita i primi 88 satelliti in un sol colpo.

Una volta in orbita i singoli satelliti hanno aperto automaticamente le ali ricoperte di celle fotovoltaiche e si sono orientati secondo le linee di forza del campo magnetico terrestre che agisce su un secondo campo generato dai satelliti stessi e senza alcun dispendio di energia per l’orientamento iniziale.

Enti pubblici ed aziende private, anche di piccole dimensioni, sono così in grado di accedere ai loro dati e con i loro strumenti software tenere sotto controllo costante e storico aree di interesse e risalire alla verifica storica di frane, terremoti, movimenti logistici e quanto vada comunque verificato, anche a posteriori, come il recente caso del pallone-sonda cinese.

Giugno 2023 TM · 13

Democrazia scavalcata

Sempre più frequentemente si verificano situazioni dove scelte raggiunte tramite decisioni democratiche, siano esse popolari o parlamentari, vengono fatte oggetto di ricorsi a istanze giudiziarie, per lo più internazionali che, se accolte, svaluterebbero o annullerebbero quanto deciso con gli strumenti democratici.

Analoga situazione si verifica quando decisioni adottate da organismi internazionali che sfuggono da una legittimazione democratica (denominate un po’ ipocritamente “soft law”) vengono trasposte nel diritto interno di uno Stato non sempre per libera scelta ma sotto la pressione di ritorsioni in caso di non adozione.

Casi emblematici della prima situazione sono relativi alla ‘questione’ climatica che viene sempre più spesso avulsa dal suo quadro politico per essere sottoposta a istanze giudiziarie per potere pervenire a esiti differenti da quelli dettati dagli strumenti democratici. È il caso portato davanti alla Corte europea per i diritti umani dal movimento ambientalista Greenpeace a nome di un sedicente gruppo di donne anziane per il clima. Queste hanno azionato la Confederazione Svizzera a Strasburgo in quanto quest’ultima, a loro dire, farebbe troppo poco per combattere quello che viene definito “riscaldamento globale” e in tal modo violerebbe, udite, udite, i “diritti fondamentali” delle persone anziane che si troverebbero a soffrire più di altri settori della popolazione delle ondate di caldo estivo.

Non ci consta che i giudici abbiano già deciso in merito ma, in considerazione dei precedenti, non ci sorprenderemmo più di quel tanto se la corte pervenisse a condannare il nostro paese anche su questa tematica.

È sintomatico che anche in questo caso si sia voluta delegare a un gruppo di giudici europei, tra i quali uno svizzero, la condotta della politica climatica della Confederazione: i giudici dovrebbero pertanto valutare se la strategia sul clima adottata dalla Confederazione sia in linea con le norme contenute nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Mentre dovrebbe essere chiaro a tutti che la tematica del clima ha avantutto una valenza politica e non giuridica. Se si dovesse delegare ai tribunali la competenza di decidere su temi politici, si svaluterebbe il processo democratico che, per restare in tema di clima, proprio in questi giorni è oggetto di una consultazione popolare. Il valore del processo democratico, pur in tutte le sue manchevolezze, sta nella convinzione che lo Stato sia imperniato sulla volontà popolare e non su quella di un gremio di ‘eletti’ investiti di poteri assoluti.

Nell’ambito del diritto internazionale e della sua applicazione, si pongono le medesime problematiche di scelte democratiche e sovranità popolare. La Svizzera, Stato neutrale ma inserito in un contesto politico e economico internazionale, ha sottoscritto e sottoscrive accordi con altri Stati o comunità di Stati ai quali deve poi attenersi. Ma non sempre questi accordi vengono sottoposti alla decisione popolare, bastando la decisione delle Camere e talvolta del solo Consiglio federale. Alla luce di quanto si diceva è ovvio che questa situazione è tutt’altro che soddisfacente e vi sono state e vi saranno iniziative volte a estendere i diritti popolari anche a questo ambito, nonostante le opposizioni di ben individuabili settori della politica di ispirazione internazionalista.

Per gli internazionalisti è molto più comodo far passare i loro obiettivi sopra

la testa della volontà popolare che da noi non per niente è chiamato il “sovrano”, sottoscrivendo accordi vincolanti con altri Stati, con il solo beneplacito parlamentare o persino dal solo governo.

Più preoccupante per i suoi risvolti sulla legislazione interna è l’uso invalso da decenni di trasporre nel nostro diritto decisioni adottate da organismi internazionali formati da funzionari nominati dai vari Stati, laddove l’influenza esercitata da alcuni di questi risulta determinante. Queste decisioni vengono definite “soft law” in quanto norme che non sono il risultato di un processo legislativo che sta alla base delle leggi emanate in uno Stato di diritto. Nonostante questa definizione, l’influenza esercitata da queste norme sul diritto interno di uno Stato è enorme e la mancata adozione è legata a misure di ritorsione che possono mettere in pericolo la libera determinazione e persino l’esistenza dello Stato stesso con il suo inserimento nelle così dette “liste nere”. Un esempio paradigmatico di soft law sono le ‘raccomandazioni’ emanate in continuazione nel campo della lotta al riciclaggio dal Gruppo di azione finanziaria (Gafi), il cui aggiornamento ha portato e porta all’adozione in Svizzera di prescrizioni sempre più vincolanti per tutto il settore finanziario, e non solo, sulla cui efficacia le valutazioni posso essere molto divergenti. Ma anche in altri campi l’offensiva delle soft law si è fatta sempre più insistente. Di attualità è il Patto Onu sulla migrazione la cui applicazione in Svizzera da parte del Consiglio federale è stata all’ultimo momento evitata dal Parlamento.

14 · TM Giugno 2023
La tendenza a sottoporre tematiche di valenza politica a istanze giudiziarie e a trasporre in legge raccomandazioni di organismi internazionali non è priva di rischi per il processo democratico.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale

L’impronta statale cresce

La Svizzera è considerata uno Stato che lascia molto spazio all’iniziativa privata e si occupa dei compiti indispensabili. Ma, secondo Avenir Suisse, il neo-statalismo non la risparmia.

Da tempo la Svizzera è considerata un Paese con un’organizzazione di stampo liberale, nel quale l’iniziativa privata ha un posto preminente. Negli ultimi tempi si può però costatare un certo aumento dello statalismo. Un recente studio di Avenir Suisse mette bene in evidenza la crescita di quella che definisce “l’impronta dello Stato”.

La situazione è poi aggravata dai deficit di finanziamento, di regola affrontati con un aumento della quota fiscale, invece che con il contenimento della spesa. Avenir Suisse può così evidenziare che anche la quota fiscale, dal 2010, è aumentata del 10%, per cui, con un buon 40% (comprese Avs, previdenza professionale e assicurazione malattia), supera quella della Germania (38%) e raggiunge quasi quella dell’Austria (42%).

D’altro canto l’aumento della quota dello Stato è particolarmente evidente, per esempio nel mercato del lavoro. Negli ultimi dieci anni anche l’impiego pubblico è aumentato: oltre allo Stato (395mila dipendenti equivalenti tempo pieno) e alle imprese controllate dallo Stato (225mila dipendenti), lo studio tiene conto anche delle imprese parzialmente controllate e finanziate dallo Stato (altri 330mila dipendenti). In totale il settore pubblico occupa quindi 950mila persone, il che corrisponde al 23% di tutti i salariati attivi in Svizzera (sempre sulla base di impieghi a tempo pieno).

L’aumento del personale è stato del 13%, mentre nel settore privato si è limitato all’8%. La parte più forte di aumento è dovuta ai comuni (14%) e ai cantoni (9%), mentre la Confederazione ha visto aumentare i propri collaboratori di meno del 5%. Un’eccezione è dovuta alle scuole

politecniche federali che hanno registrato un aumento superiore alla media.

Il rapporto di Avenir Suisse dedica poi un capitolo all’aumento delle regolamentazioni, con conseguenti aumenti di atti legislativi, di oneri amministrativi a carico delle aziende e agli influssi dello Stato sulla formazione dei prezzi. Confrontando questa situazione con quella di altri Paesi, per mezzo di indicatori della regolamentazione e della competitività, si può vedere che, nonostante il buon grado di competitività, la Svizzera presenta un elevato grado di regolamentazione. Inol-

«Negli ultimi dieci anni il pubblico impiego è aumentato: oltre allo Stato (395mila collaboratori) e alle controllate statali (225mila), si deve tener conto anche delle imprese parzialmente controllate (altri 330mila). In totale il settore pubblico occupa quindi 950mila persone, in Svizzera»

tre, oltre la metà dei prezzi dei consumi privati non è il risultato del confronto fra offerta e domanda, ma è influenzata o direttamente controllata dallo Stato.

Per rimediare a questa evoluzione Avenir Suisse chiede di conservare in ogni caso il freno all’indebitamento, che è in sostanza un freno alla spesa, magari accompagnandolo da un referendum facoltativo, a livello federale, anche per gli attuali limiti di spesa. Nel settore dell’impiego pubblico chiede di creare “audit” esterni periodici di controllo, di attenuare i picchi temporanei di nuovi posti di lavoro, dilatandoli nel tempo; di migliorare la

mobilità del personale fra l’amministrazione e il settore privato. Chiede inoltre analisi e confronti dei salari, per certi impieghi, nei quali la concorrenza per la manodopera è forte.

Per un miglior controllo dell’eccessiva regolamentazione, chiede pure Audit esterni periodici e una commissione esterna con ampi poteri di verifica. Una soluzione pratica potrebbe essere la regola del “one in-one out”, che impone di approvare una nuova legge soltanto sopprimendone una in vigore. Del resto alcuni atti parlamentari chiedono già soluzioni analoghe.

Se questa regola non è gradita alla politica, la si potrebbe sostituire con una specie di “pulizie primaverili” alla quale il Parlamento potrebbe dedicare un periodo di tempo predefinito. Questo sistema avrebbe il vantaggio si sensibilizzare i politici sulla necessità di sopprimere leggi e ordinanze magari vecchie e superate. Avrebbe anche il vantaggio della trasparenza nei confronti dei cittadini e favorirebbe una certa flessibilità e complementarità nei lavori parlamentari.

Si potrebbero applicare criteri di trasparenza e clausole di caducità anche alle numerose sovvenzioni. Lo studio ammette, però, che non si è ancora potuta costatarne l’efficacia sul controllo delle spese. In Svizzera, il termine fissato all’inizio viene spesso e volentieri prolungato. Secondo Avenir Suisse, uno Stato liberale deve essere forte, ma sobrio e rispettare i principi della sicurezza, della protezione della proprietà, correggendo eventuali difetti del mercato e situazioni che una politica di democrazia diretta non gradisce.

16 · TM Giugno 2023
Ignazio Bonoli, economista.
opinioni / l’economista
Quanto è veramente resiliente la vostra impresa? The Deloitte Resilience Barometer presenta gli impatti economici derivanti da geopolitica, avvenimenti climatici e pandemie. Deloitte.com/ch/resilienz Deloitte SA 2023. Tutti i diritti riservati.

Terreno inesplorato

Cara tecnologia

Valutazioni del settore It rispetto al resto del mercato (Pe ratio 12m)

Matteo Ramenghi, Cio di Ubs

Wealth Management Italia. A lato, le valutazioni del settore tecnologico viaggiano al momento su livelli molto alti, forse anche troppo.

Proprio come è accaduto con le innovazioni tecnologiche del passato, accanto all’entusiasmo ci sono molte domande. Solo per citarne alcune, spiccano l’impatto dell’aumento della produttività e il conseguente rischio di perdere occupazione, le conseguenze per le aziende che non hanno le risorse per potersi adattare e le ripercussioni per i mercati finanziari.

La storia abbonda di svolte scientifiche, tecnologiche e geografiche che hanno cambiato non solo le tecniche produttive, ma anche abitudini e comportamenti. Talvolta, queste trasformazioni passano in sordina, ma a distanza di tempo mostrano i tratti di vere e proprie rivoluzioni.

Qualche volta sembrano fallire, come le dotcom dei primi Duemila, per poi cambiare il mondo. Alcune innovazioni, almeno inizialmente, fanno paura per la maggior efficienza del lavoro. Per esempio, l’introduzione della catena di montaggio da parte di Henry Ford nel 1913 ridusse i tempi di produzione di un’auto da 12 ore a un’ora, mentre l’introduzione dell’Ibm System/360 portò all’informatizzazione del lavoro.

La storia suggerisce che la società e l’economia nel tempo riescano a cogliere i vantaggi degli avanzamenti tecnologici mentre gli impatti negativi vengono mitigati con l’adattamento alla nuova realtà. Ci sono stati shock temporanei dell’occupazione, ma alla fine l’aumento della produttività ha generato nuova domanda

di beni e servizi più sofisticati. La ricerca in intelligenza artificiale esiste da oltre 50 anni, ma è da poco arrivata al grande pubblico, soprattutto grazie alla diffusione di ChatGpt da parte di Microsoft. In una settimana dal lancio ha raggiunto un milione di utenti, dopo un mese 100 milioni ed è ormai a 200. Nvidia, una multinazionale Tech statunitense, ha alzato i propri obiettivi di vendita per l’impatto atteso dall’intelligenza artificiale e il titolo è salito di oltre il 20%.

Sicuramente l’Ia comporta dei rischi, soprattutto se non regolamentata e utilizzata da malintenzionati, che potrebbero sfruttarla, per esempio, per trovare falle nei sistemi di sicurezza, come suggerito da Eric Schmidt, ex Ceo di Google. Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX, si è spinto a dichiarare che si tratta di uno dei maggiori rischi per la civiltà.

Stando alle implicazioni per i mercati, l’Ia (insieme alle aspettative per le mosse della Fed) è stato il motore della borsa statunitense: da inizio anno, infatti, gran parte della performance è attribuibile a società con progetti credibili nell’ambito.

L’Ia sicuramente porterà a cambiamenti in ogni industria, unitamente alla maggior potenza dei computer e alla crescente quantità di dati, oltre che alla capacità di elaborarli. È un nuovo capitolo di un libro lunghissimo e occorre prenderla in dovuta considerazione. Non bisogna poi sottovalutare l’importanza dell’infrastruttura e delle risorse umane, che faranno la differenza tra aziende all’avanguardia e quelle destinate a rimanere indietro.

Per quanto riguarda gli investitori, l’esperienza insegna tre cose: non sempre le società più vincenti in un ciclo economico lo sono state anche nel successivo; chi parte prima non necessariamente sarà vincente; e a lungo termine le valutazioni sono un fattore determinante per i ritorni.

Probabilmente i guadagni in borsa delle società più impegnate in Ia difficilmente troveranno soddisfazione in termini di maggior utili, almeno nel breve termine.

L’Msci All Country World tech sector tratta a 24 volte gli utili attesi nel prossimo anno, un premio del 25% sulla media a 10 anni. Valutazioni che sembrano dunque molto impegnative.

18 · TM Giugno 2023
Fonte: Bloomberg 0 5 10 15 20 25 30 2006 Msci All Country World Msci All Country World It 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022
Ci si trova confrontati con uno di quei cambiamenti, in ambito tecnologico, che nel lungo periodo farà la storia. Le conseguenze non sempre sono subito evidenti, ma!
opinioni / l’esperto di investimenti

DEEPLY INSPIRED

Immergetevi nell’affascinante mondo interiore dello smeraldo brasiliano e scoprite le spettacolari strutture che hanno ispirato Gübelin Jewellery nella creazione dell’anello cocktail «Flowing River». Il suo design unico è un omaggio alla folta giungla e agli scintillanti corsi d’acqua dell’Amazzonia.

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Un clima di tensioni

I motivi idealistici delle azioni di protesta non ne escludono le conseguenze penali. In quali circostanze si può ammettere un’attenuazione libera della pena per motivi onorevoli?

La cronaca dà conto di una proliferazione di azioni dimostrative sempre più clamorose degli attivisti per il clima: l’imbrattamento di opere d’arte e di edifici storici, l’occupazione di luoghi simbolici e i blocchi stradali, puntualmente ripresi e diffusi nei social media, sono la nuova frontiera della comunicazione che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi climatica. Queste azioni di protesta suscitano reazioni opposte: chi esprime nei confronti dei giovani manifestanti solidarietà e comprensione; chi irritazione e condanna. Le azioni di disobbedienza civile, anche se pacifiche, spesso configurano dal punto di vista oggettivo dei reati (danneggiamento, violazione di domicilio, perturbamento della circolazione pubblica o del servizio ferroviario ecc.) e c’è chi propone sanzioni penali più severe e chiede che gli attivisti, oltre a pagare multe, risarciscano eventuali danni provocati ad esempio agli automobilisti.

Ma in che misura la spinta ideale che muove queste azioni può costituire una giustificazione nell’ambito della giustizia penale? La Costituzione federale garantisce la libertà d’opinione e d’informazione, nonché la libertà di riunione delle persone che organizzano azioni o manifestazioni sul suolo pubblico. Tali norme sanciscono pertanto il diritto di utilizzare il suolo pubblico per organizzare manifestazioni dal contenuto ideologico. Tuttavia, soltanto le riunioni e le manifestazioni pacifiche sono protette dalla Costituzione, per cui in caso di reati tale garanzia costituzionale non è applicabile. Il giudice può però, in presenza di motivi onorevoli, attenuare la pena senza essere vincolato dalla sanzione minima comminata. Determinare quando questi motivi possono esseri considerati

onorevoli è una valutazione giuridica per la quale occorre applicare una scala di valori etici comunemente riconosciuti. Non sono in effetti le convinzioni ‘soggettive’ dell’autore a essere determinanti, bensì unicamente le norme etico-sociali ‘oggettive’ che prevalgono nella nostra società. Inoltre la giurisprudenza si mostra generalmente restrittiva nell’ammettere motivi onorevoli quando il reo è mosso da ragioni di carattere politico.

Le preoccupazioni per le conseguenze dei cambiamenti climatici e sulla necessità di intervenire prontamente per ridurre i gas serra sono indubbiamente riconosciute come molto rispettabili nella nostra società. Pertanto le iniziative politiche degli attivisti del clima, nella misura in cui puntano a sensibilizzare la popolazione, possono considerarsi improntate da intenti idealistici e altruistici. Il carattere onorevole va per contro escluso in caso di azioni che, per la loro violenza, causano danneggiamenti o mettono in pericolo l’integrità fisica di terzi oppure per gli appelli alla disobbedienza civile. In uno Stato di diritto come la Svizzera, che offre ampie garanzie nell’ambito dei diritti politici e della libertà di espressione, azioni di tale natura non possono in effetti essere giustificate da ideali politici, per quanto rispettabili essi possano essere.

A seconda delle circostanze, si può nondimeno ammettere un’attenuazione libera della pena per motivi onorevoli in presenza di azioni non violente, quale un sit-in di protesta di durata molto breve organizzato sulla pubblica via, senza intralciare il traffico o minacciare la sicurezza pubblica. La giurisprudenza ha in passato ammesso una tale attenuante nel caso dei reati di violazione di domicilio dell’attivista di Greenpeace che è entrato senza

autorizzazione in un deposito di scorie nucleari per arrampicarsi su una gru e srotolare uno striscione con uno slogan ambientalista o del gruppo di militanti che ha invaso pacificamente la hall di una banca per circa un’ora manifestando contro gli investimenti nelle energie fossili. Alla conclusione contraria è invece giunto il Tribunale federale in una recente sentenza (6B_620/2022 del 30.03.2023), nella quale alla sbarra era uno dei partecipanti di una “Marcia per il clima” svoltasi nel 2018 a Ginevra. Staccatosi dal corteo insieme ad altre persone, l’attivista ha dipinto sulla facciata di una banca impronte di mani con vernice rossa a simbolizzare il sangue delle vittime del riscaldamento climatico. Nonostante avesse preso le precauzioni necessarie per evitare un danno permanente (l’uso di vernice non indelebile, lavabile con un’idropulitrice) e avesse agito in modo misurato, consapevole e senza sottrarsi alle proprie responsabilità (in particolare fornendo immediatamente le proprie generalità a differenza di altri partecipanti poi non identificati e quindi restati impuniti), il Tribunale federale ha ritenuto insufficiente la pena di 100.- Chf comminata dalla Corte cantonale e le ha imposto di aumentare tale sanzione. Determinante è stato nella fattispecie che il danno arrecato (costi di pulizia) fosse superiore alla soglia di 300.- Chf, importo che la giurisprudenza considera per ritenere il reato di poca entità, e che l’attivista climatico non si fosse proposto alla banca per procedere lui stesso alla pulizia delle pareti imbrattate.

20 · TM Giugno 2023
opinioni / lo studio legale
Fabio Nicoli, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
Esiste una consulenza energetica professionale adatta alle vostre dimensioni? Sì. Il numero per l’ottimizzazione energetica della vostra impresa. 0848 444 444

Dialoghi previdenziali

Quali sono gli elementi da valutare in prossimità degli ultimi anni di attività, prima dell’agognata pensione? Molti e diversi, alla base un’accurata pianificazione da valutarsi caso per caso.

All’avvicinarsi dell’età del pensionamento ci si trova sempre di più a confrontarsi con amici e conoscenti sulle decisioni previdenziali. In particolare parlando del II pilastro, la discussione finisce spesso sulla scelta tra rendita o capitale. È capitato ancora una volta a cena, di recente, con un amico: Marco per semplicità. È un professionista, coniugato con figli ancora a carico. Mancano alcuni anni al pensionamento ma lo sta giustamente pianificando. Già all’antipasto, la conversazione prende una piega assai personale.

Negli anni ha avuto la possibilità di fare parecchi riscatti, con versamenti volontari nella Cassa pensione. Vista la professione, capisco che il capitale previdenziale accumulato è assai cospicuo e che le domande sono importanti anche se, giustamente, si è già informato sull’argomento.

Tra l’antipasto e il primo si arriva ai riscatti futuri. Marco vorrebbe farne ancora, ma è cosciente che negli ultimi due anni prima del pensionamento non sono più fiscalmente deducibili. Per di più vorrebbe ridurre la sua percentuale di attività, iniziando una fase di prepensionamento scaglionato. Mi chiede cosa ne penso.

La materia è abbastanza complessa. Il regolamento dei fondi pensione specifica di quanto può essere ridotto il carico di lavoro per ogni scatto. Nella maggior parte dei casi, le riduzioni devono essere almeno del 20-33%, con un massimo di tre fasi di riduzione consentite. Contemporaneamente alla riduzione del carico di lavoro, è possibile ritirare una parte dell’avere previdenziale o rimandare il ritiro all’età di pensionamento effettiva.

Marco preferisce la prima opzione: vuole passare dal 100 al 70% all’età di 63 anni e allo stesso tempo ritirare il 30% del

suo capitale. All’età di 65 anni un’ulteriore riduzione del 20% e al prelievo di un altro 20%, per infine azzerare tutto ai 67.

Finendo il risotto, ribadisco che i contributi alla Cassa continuano a essere versati finché si lavora e questo è positivo perché aumenta il capitale. Tuttavia puntualizzo: i contributi sono più bassi a fronte di una riduzione del carico di lavoro, inoltre negli ultimi anni viene versata una percentuale più alta del salario, per cui la sua diminuzione è ancora più penalizzante in un ottica di accumulo.

Insieme all’arrosto, arriva la domanda chiave: Se prendo il capitale come lo gestisco? Ha evidentemente già vagliato le altre questioni; considerato che la maggior parte del capitale è in regime sovra-obbligatorio non gli conviene la rendita, considerate anche le aliquote di conversione della Cassa, e nemmeno una soluzione mista capitale/rendita. Ha anche verificato che il suo tenore di vita può essere mantenuto, grazie a un utilizzo graduale del capitale, ipotizzando una speranza di vita compresa tra gli 85 e i 90 anni.

La risposta prende spunto dai ragionamenti che spesso mi trovo a fare, posto che al momento è l’ipotesi più probabile anche al momento del mio pensionamento. Nel mio caso stimo che l’utilizzo di capitale sia decrescente, ossia nei primi anni si tende a spendere di più rispetto agli ultimi, perché la capacità di spesa (viaggi, acquisti, attività varie) tende a decrescere nel tempo. Definiti i prelievi annui, si tratta di impostare la Gestione patrimoniale vera e propria, che deve partire da una politica d’investimento scritta. Questo elemento è importante perché si può ritenere di essere in grado di ‘gestire’ il capitale, ma vanno considerati gli imprevisti: qualora decadessero le facoltà cognitive

chi prenderà le decisioni d’investimento?

Se ne avrà ancora voglia? Per questo la delega o la sua possibilità è importante, con chiare indicazioni gestionali.

La politica d’investimento deve definire la percentuale nel tempo di rischio azionario e obbligazionario, con la possibilità di utilizzare eventualmente veicoli di Gestione più sofisticati e meno correlati alle due asset class. In ogni caso il rischio complessivo del portafoglio deve decrescere nel tempo, si riduce ovviamente l’orizzonte temporale e potenzialmente, a causa dei prelievi, il capitale stesso.

Il rischio di cambio deve essere attentamente considerato e minimizzato, perché il franco tende a rafforzarsi costantemente, sarebbe peccato perdere a causa dell’esposizione eccessiva a euro o a dollaro. Infine i costi devono essere attentamente considerati, sia valutando ogni singola voce, sia riducendo al minimo necessario la movimentazione di portafoglio.

Ecco arrivare il dessert, e l’ultima domanda con il caffé: Pensi che sarei in grado di gestire da solo il capitale, con le indicazioni che mi hai dato? Una risposta interlocutoria, occorrono infatti una serie di condizioni che non sempre sono presenti contemporaneamente: avere interesse per gli investimenti, mantenere equilibrio rispetto alla Gestione del capitale previdenziale ma soprattutto molta disciplina nel rispetto della politica d’investimento, in special modo durante le fasi negative di mercato. Marco è pensieroso, riflette su queste ultime considerazioni. La serata è giunta a conclusione. Ci congediamo. “Bella chiacchierata, grazie Fabrizio”.

22 · TM Giugno 2023 opinioni / il consulente previdenziale
Fabrizio Ammirati, Vice Direttore di Banca del Ceresio.

Contro gli infortuni? Assicurazione complementare!

Accadono senza preavviso, ma le conseguenze di un infortunio possono essere gravi e durature, per tutti gli interessati; datore di lavoro, collaboratori e relative famiglie.

In Svizzera, la legge sull’assicurazione contro gli infortuni (LAINF) stabilisce che tutti i lavoratori debbano essere assicurati dal loro datore di lavoro contro infortuni e malattie professionali.

Chi lavora almeno otto ore alla settimana per la stessa azienda è assicurato anche contro gli infortuni non professionali (INP). L’obiettivo dell’assicurazione è garantire ai dipendenti e ai loro familiari la sicurezza finanziaria dopo un infortunio, in caso di invalidità o persino di decesso, e mantenere il più possibile invariato il loro tenore di vita.

Ripartizione dei costi dei premi e delle prestazioni assicurative. I premi per gli infortuni e le malattie professionali sono a carico del datore di lavoro, mentre quelli per gli infortuni non professionali sono sostenuti dai lavoratori. L’importo massimo del guadagno annuo assicurato nell’assicurazione contro gli infortuni è di 148.200 franchi (valido dal 01.01.2016).

Scelta dell’assicurazione contro gli infortuni. I settori a maggior rischio di infortuni sono tenuti per legge ad assicurarsi presso l’assicurazione contro gli infortuni svizzera (Suva). Le aziende interessate sono elencate nella legge federale sull’assicurazione contro gli infortuni. Le persone disoccupate o che partecipano a misure di reintegrazione professionale sono sempre assicurate.

Ulteriori rischi coperti dall’assicurazione complementare facoltativa contro gli infortuni. L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni offre una protezione adeguata alla maggior parte dei lavoratori. Tuttavia, la prestazione prevista dalla legge presenta talvolta delle lacune che possono essere

«Gli infortuni accadono. Da noi, le aziende possono scegliere una protezione completa per i loro collaboratori e i rispettivi familiari che non deve fermarsi all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni»

Lui Maksimovic, responsabile Management delle offerte Clienti aziendali Helsana

colmate da un’assicurazione complementare facoltativa. La LAINF-C può essere impiegata a diversi livelli:

• Indennità giornaliera fino al 100% del salario e assicurazione dei salari superiori al limite salariale LAINF di 148.200 franchi all’anno;

• Spese di cura: degenza in reparto semiprivato o privato;

• Perdite di guadagno a lungo termine con rendite o indennizzi supplementari;

• Rinuncia alla negligenza grave in caso di riduzioni;

• Assicurazione di capitale per decesso e invalidità in seguito a infortunio: i

collaboratori o i loro superstiti percepiscono il capitale assicurato in caso di invalidità o decesso.

Helsana adegua regolarmente il catalogo dell’offerta dell’assicurazione complementare. Due esempi illustrano le possibilità di copertura assicurativa per collaboratori.

In caso di spese di cura all’estero, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni copre solo il doppio dell’importo previsto per il trattamento in Svizzera. Un’operazione d’urgenza per la frattura di una clavicola durante una vacanza al mare a Cipro può costare velocemente più del doppio dell’importo coperto dall’assicurazione obbligatoria. I costi aggiuntivi sono coperti dall’assicurazione complementare.

Una nuova offerta è la rendita per superstiti destinata ai partner. Helsana sostiene altre forme di vita che non sono necessariamente determinate dal matrimonio: finché i figli comuni a carico convivono nella stessa economia domestica, Helsana versa una rendita per superstiti pari a un massimo del 40% del salario assicurato. In assenza di figli, viene corrisposta una liquidazione in capitale una tantum. La LAINF obbligatoria continua a escludere come beneficiari i partner non sposati.

Giugno 2023 TM · 23
Advertorial

Ma poi, sarà vera gloria?

È certamente un passaggio epocale. Che si provi fascino o timore, l’intelligenza artificiale, e Chat-Gpt tra le sue epressioni più in auge, anima dibattiti e sposta in avanti gli orizzonti. Il progresso è, per definizione, ineluttabile.

Il 2023 verrà senz’altro ricordato per l’arrivo di Chat-Gpt e delle discussioni, tra sostenitori e detrattori infervoratisi intorno al tema dell’intelligenza artificiale e alle problematiche etiche, sociali e legali derivanti dal suo utilizzo. Il tutto condito da una non indifferente dose di confusione generale.

L’aspetto affascinante, e al tempo stesso inquietante, dell’Ia è insito proprio nel suo obiettivo principale.

Alan Turing, considerato dai più il padre dell’informatica moderna, nel 1950 propose un criterio per poter definire “intelligente” una macchina. Successivamente noto come “Test di Turing”, il metodo stabiliva se il comportamento della macchina sottoposta all’esame potesse essere considerato indistinguibile da quello di una persona. Nel qual caso, appunto, si sarebbe potuto parlare di macchina intelligente.

Se da una parte gli esperti discutono da anni della singolarità tecnologica, ovvero del momento in cui le macchine uguaglieranno e successivamente supereranno l’intelligenza dell’uomo, l’attenzione di tutti si concentra sull’impossibilità di distinguere un ‘output’ di una IA rispetto a quello di un essere umano, soprattutto in questioni inerenti il merito (principalmente in campo didattico/educativo e sul lavoro) e il mondo dell’informazione.

Evidentemente, colloquiare con l’assistente virtuale del nostro smartphone non ha lo stesso impatto di una foto (falsa) dell’arresto di un ex presidente degli Stati Uniti. E mentre il fondatore di Open Ai, e molti altri esperti del settore sollecitano i politici a lavorare sulla regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale, sembra che l’opinione pubblica abbia di-

menticato che quest’ultima, includendo machine learning e altre metodologie percepite come Ia, rendono da tempo la nostra vita meno complicata.

Non senza episodi inquietanti come il maldestro ricorso all’intelligenza artificiale da parte di un avvocato statunitense. Per allestire un fascicolo di sentenze precedenti in cause simili alla sua, si è ingenuamente affidato a Chat-Gpt che, dal canto suo, ha snocciolato una serie di cause e relative sentenze totalmente inventate.

Causa persa, probabili sanzioni e carriera sicuramente compromessa.

Quando si affrontano temi controversi, l’opinione pubblica si polarizza su casi positivi o negativi coerentemente con la propria opinione.

Anche per chi scrive, attenersi ai semplici dati di fatto è tutt’altro che semplice: occorre sempre verificare bene le fonti anziché accettare le tesi di notizie per come vengono divulgate.

Nessun dubbio, ad esempio, sull’algoritmo Sphinks (Substrate Phosphosite based Inference for Network of KinaseS) grazie al quale l’Ia sta imparando a dare la caccia ai tumori maligni. Li riconosce riuscendo anche a individuare le terapie più efficaci per combatterli.

Tralasciando l’avvocato maldestro pocanzi citato, l’Ia trova un uso sempre più frequente nelle aule dei tribunali per aiutare (o sostituire) gli stenografi, ascoltando e trascrivendo intere sessioni.

Nel campo dell’entertainment, dalla musica alle serie in streaming Tv, l’Intelligenza Artificiale raccoglie e analizza i nostri gusti, suggerendoci i contenuti su misura mentre alcuni tra i videogiochi più popolari, fanno largo uso dell’Ia

per allestire ‘nemici’ sempre più difficili da sconfiggere. Mentre, se prendiamo in considerazione i mezzi di trasporto, in aereo, i sistemi automatizzati basati sull’Ia si occupano di gran parte delle operazioni di atterraggio dei voli commerciali.

Secondo alcune stime riportate dal New York Times, i piloti alla guida dei Boeing 777 non operano materialmente sui comandi dell’aereo per più di 7 minuti in media per ciascun volo. Tempo che scende a 3 minuti per i piloti degli Airbus.

Proprio in Ticino, dove gli studi sull’Ia sono giustamente considerati un’eccellenza regionale, una nota azienda attiva nel campo dei trasporti multimodali ha elaborato un sistema basato sull’Intelligena Artificiale per ottimizzare la composizione dei numerosi treni merci, tenendo in considerazione le diverse tappe previste per lo scarico e il carico lungo migliaia di chilometri di tratte.

Molti di noi sono ormai abituati allo sblocco del proprio smartphone e all’accesso ad alcune app, tramite il riconoscimento facciale.

Questa funzione, basata principalmente su algoritmi assimilabili al concetto odierno di Ia, viene utilizzata anche dai media per riconoscere rapidamente personalità famose nel corso di eventi ad alta partecipazione.

Sono solo pochi esempi indicativi che si confermano ancora una volta l’assioma in base al quale ogni innovazione epocale porta benefici e disgrazie in base all’uso che l’umanità decide di farne.

Dalla scoperta del fuoco in poi.

24 · TM Giugno 2023
Carlo Secchi, Head of Sales Ticino, Sunrise Business.
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
Pianificate il vostro futuro finanziario con l’aiuto dei nostri esperti Wealth Management La presente pubblicazione rientra nella classificazione di materiale di marketing ai sensi dell’art. 68 LSerFi svizzera e svolge una funzione esclusivamente informativa. Il vostro partner per la gestione patrimoniale. Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Lugano e di Locarno. vontobel.com/wealthmanagement

È solo un numero

Il Prodotto Interno Lordo è spesso usato quale chiave di lettura per determinare i successi o gli insuccessi di un intero Paese, ma si tratta semplicemente di un numero, dietro cui possono celarsi un mondo di possibili dinamiche, e che si presta a infinite letture. Intorno allo stesso si concentra da anni un vivace dibattito, come sostituirlo o migliorarlo non è però immediato.

Tanti numeri, molti indicatori, infiniti modelli statistici, econometrici e previsionali, qualche regola del pollice, accompagnati inevitabilmente dalle view di fior fior di analisti, di altrettanto blasonati istituti, in cerca di un qualche segnale nelle parole di questo o quel decision maker che potrebbe fare la differenza, o meglio, dal loro consensus, dunque un’altra media. Un approccio prevalentemente quantitativo, stemperato da qualche nota qualitativa. È questa l’economia moderna, di stampo anglosassone? Molto probabilmente sì, seppur non solo.

Massima espressione del modello capitalistico, e saldamente in testa a ogni classifica, si piazza il Pil: il Prodotto Interno Lordo. L’indicatore per antonomasia di quale sia l’andamento economico, e dunque nell’ultimo mezzo secolo, almeno

in Occidente, rappresentativo estensivamente di fortune e sfortune di ogni Paese. Un mondo, o comunque una sua importante parte principalmente su un fronte per l’appunto economico, profondamente ‘laicizzato’ che ha scaricato sul Pil la propria volontà di potenza, e il regolamento dei rapporti di forza tra Stati. Non casuale e trascurabile, economia ed esercito più grandi al mondo convivono nello stesso territorio sin dal Dopoguerra.

Un parallelismo, questo, facilmente rintracciabile anche nella Storia, più o meno lontana, seppur con qualche sostanziale differenza. È infatti il caso di Londra, potenza egemonica globale per diversi secoli, l’estensione del cui impero superò il precedente record di Roma. Se alla base del successo dell’Impero Britannico sicuramente si trova la rivoluzione industriale, allo stesso tempo l’elemento

chiave per l’Impero Romano era una precoce ma straordinaria produzione su larga scala di beni di largo consumo, anche a duplice uso, e un vivace interscambio tra regioni e popoli distanti e diversi.

L’economia romana, dunque anche prima di Augusto, era sempre stata fortemente specializzata, non solo per una mera questione di materie prime, e per sostenere lo sviluppo di tali distretti industriali la più semplice delle soluzioni si era trovata in un sistema bancario e finanziario efficiente e complesso, con non troppo arditi facili paragoni con la contemporaneità. A riprova lo straordinario tasso di urbanizzazione della popolazione, anche escludendo l’eccezionalità di Roma stessa, andato poi aumentando rapidamente.

Nonostante grandi differenze di secolo in secolo, e dati molto incerti, frutto di stime spesso fantasiose, la popolazione

26 · TM Giugno 2023
cover/ macroeconomia
a cura di Federico Introzzi

dell’impero si aggirava tra un minimo di 50 e un massimo di 120 milioni di persone, indipendentemente dal totale, però, il suo tasso di urbanizzazione, ossia la quota di persone residenti in aree urbane, fluttuava tra uno straordinario 15 e un eccezionale 40%. Quale paragone si consideri che nel Medioevo in Europa era intorno al 5%, del 6 nel Rinascimento, e del 10 negli anni di Napoleone.

Si potrebbe dunque affermare che il Pil romano fosse superiore a quello britannico? Del resto, tra i prerequisiti di un’elevata urbanizzazione si cela certamente lo sviluppo di un avanzato sistema monetario, oltre quantomeno a un’efficiente logistica, e può essere il riflesso di un’elevata aspettativa di vita. Non è però così semplice a dirsi. La vivacità del commercio è senza dubbio un’ottima premessa, al pari dell’ingegnerizzazione della finanza romana, ma da contraltari si pongono con prepotenza la schiavitù nelle sue molte forme, ben più del 10% della popolazione, un’ampia classe politica spesso non retribuita, e un’economia di sussistenza nelle campagne.

Il Pil è e rimane una dimensione strettamente legata a un’economia di stampo manifatturiero, in cui determinare il valore dei prodotti è relativamente sem plice, e corrisponde sempre a un costo di produzione. Discorso completamente dif ferente rispetto a una invece fortemente terziarizzata, in cui la voce di costo do minante è il capitale umano, già più diffi cile da valorizzare. Ed è qui che iniziano i problemi. Il suo principale limite è infatti il legame a una dimensione strettamente monetaria di quanto effettivamente ‘pro dotto’, sia esso un bene che un servizio.

Allo stesso tempo, però, l’economia è anche tutto il resto, quanto non è pro duzione, e quanto non ha un valore così facilmente quantificabile. Se dunque si potrebbe affermare il Pil sia un indica tore vecchio, e ormai passato, il come sostituirlo o integrarlo apre un dibattito potenzialmente sconfinato. Dunque?

Alle origini. Se sicuramente non era in cima alle preoccupazioni né di Giulio Cesare, né della Regina Vittoria, quand’è che il Pil è riuscito a imporsi prima in ristretti circoli di addetti ai lavori, e oggi anche nel dibattito quotidiano? «Si potrebbe affermare che il Presidente americano Roosevelt ne fu l’augusto padre. Diede infatti mandato, nel mezzo della grande depressione, al Dipartimento per

«Una delle maggiori sfide è avere a che fare con un’economia globalizzata, che ha dunque un’estensione internazionale. Molte aziende sono multinazionali, hanno dunque sedi e reti fortemente interconnesse, il che rende particolarmente difficile scomporre il Pil che generano»

Klaus Abberger, Capo economista del Kof dell’Eth di Zurigo

L’impero nel 125 d.C.

Pil pro capite delle diverse province in sesterzi annui

L’impero nel 14 d.C.

Pil pro capite nelle diverse province in sesterzi annui

il Commercio di elaborare uno strumento di misurazione standardizzato che monitorasse puntualmente lo stato di salute dell’economia americana. Da allora ha visto solo accrescere la sua importanza, e risponde all’attuale definizione di: il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un anno, e destinati al consumo dell’acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, e alle esportazioni

Nonostante assunti teorici molto forti, e ampiamente discutibili, quello che è abbastanza certo è che il benessere della popolazione sotto dominazione romana sia andato aumentando nel corso del tempo. Se l’Italia continuava a rappresentare una felice oasi, anche per una pressione fiscale nulla, anche il resto dell’impero ha vissuto secoli di crescita. Merito forse della pace?

Giugno 2023 TM · 27
■ 425 sesterzi ■ 450 sesterzi ■ 475 sesterzi ■ 525 sesterzi ■ 550 sesterzi ■ 600 sesterzi ■ 857 sesterzi
■ > 950 sesterzi ■ > 600 sesterzi ■ > 550 sesterzi ■ > 500 sesterzi ■ < 500 sesterzi

Determinare che vi sia una correlazione diretta tra andamento del Pil, meglio se reale, dunque al netto dell’inflazione, e benessere della popolazione residente è sempre stata un’operazione particolarmente scivolosa, e ricca di incognite. Il Pil è un numero complesso, che preso di per sé può anche non dire nulla di quanto sia evoluta l’economia di un Paese anche solo in un biennio.

«Gli indici definiscono i problemi, non solo economici, che la Politica cerca di risolvere. Se sono obsoleti o parziali i Governi continueranno ad adottare politiche inefficaci, che non possono avere successo, ma che un’interpretazione migliore dei dati avrebbe magari del tutto

versa, tanto da essere oggi considerato anche un indicatore di forza economica. Tale lettura estensiva dell’indicatore non va però ulteriormente estesa e confusa ad esempio con la misurazione del benessere o della qualità della vita della popolazione, che è invece rappresentata da altri indici», rileva Klaus Abberger, Capo economista del Kof dell’Eth di Zurigo.

Del resto, cos’è la forza economica di un Paese? Sta forse qui la natura del problema, al pari dell’eccessiva semplificazione di una materia comunque complessa. «Nonostante i suoi limiti, tracciare l’andamento dell’economia di uno stato è una pratica ampiamente diffusa, e che non dovrebbe essere demonizzata, a patto di saper interpretare il dato, meglio se affiancandolo ad altri indicatori. Il Pil si ripromette di misurare, o di farlo al meglio possibile, quanto c’è di misurabile in un’economia: il valore di quanto è prodotto, consumato o guadagnato, secondo le sue tre diverse forme di calcolo», precisa Chiara Casale, responsabile ricerca macroeconomica di Banca del Ceresio.

Misurare il misurabile con tutti i limiti che le centinaia di miliardi possono inevitabilmente sollevare. «Si tratta pur sempre di una stima del valore di mercato di beni e servizi, effettuata per giunta sulle risposte di un campione statistico rappresentativo di soggetti economici, e in quanto tale può essere soggetto a errori, o a un certo margine d’incertezza. Il suo principale atout è però la relativa facilità della comparabilità con altri Paesi rispetto alla loro crescita economica, è infatti una misura ampiamente diffusa, stimata sulla base di criteri condivisi a livello internazionale», evidenzia GianLuigi Mandruzzato, Senior Economist di Efg.

nette», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.

Un barometro dell’andamento dell’economia nazionale che nel corso del tempo si è caricato di valenze molteplici di pari passo all’ampliarsi del pubblico di riferimento. «Nonostante il Pil sia una semplice misura del valore aggiunto creato dalla produzione di beni e servizi in un dato Paese, nel corso degli anni ha assunto una sfumatura leggermente di-

Nonostante i suoi limiti, e nonostante un vivace dibattito, non sembra infatti che vadano emergendo sostanziali e significative alternative. Un caso? «Il concetto di Pil quale misura della performance economica è spesso oggetto di critiche, e nel corso degli anni non sono mancati i tentativi di trovare migliori alternative. Tuttavia a oggi non è ancora stato scalzato dal suo ruolo preminente, in larga misura dovuto anche all’articolato sistema di contabilità nazionale coerente in cui è inserito, che misura produzione e reddito affidandosi al mercato, e all’unità monetaria per la definizione dei valori e l’aggregazione», sottolinea Luca Mezzomo, responsabile analisi macroeconomica della Direzione

28 · TM Giugno 2023
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management 0 Fonte: Eurostat 2023 La realtà... economica? Andamento del Pil reale in Eurozona e sue componenti (var %) 2015 -60 -40 -20 0 20 40 60 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 ■ Variazione q/q del Pil reale (sx) Var. annua Pil reale (sx) ■ Domanda domestica (sx) ■ Consumi delle famiglie (dx) ■ Formazione del capitale fisso (dx) ■ Spesa pubblica centrale (sx) -50 50 100 Fonte: Eurostat, Ust 4,5 5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 Soddisfazione della propria vita 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 80000 90000 Pil pro capite (a parità di potere d’acquisto) BG RS HR EL LT HU PT LV RO SK EE CY IT EU-28 FR ES SI CZ PL MT UK DE BE SE NL DK AT FI NO CH IE LU Pil e felicità Confronto tra Pil pro capite e soddisfazione personale della popolazione (2019) 0
sconsigliato»

Studi e Ricerche di Intesa San Paolo. Vo comparando? Al netto di peculiarità nazionali, e affidabilità dei dati comunicati, con Russia e Cina che non sono delle eccezioni, l’arte del raffronto tra Paesi di macroregioni diverse può dimostrarsi un’operazione particolarmente complessa, anche in presenza di criteri condivisi, o spacciati per tali. «A dipendenza della granularità e della profondità dell’analisi oggettivamente e metodologicamente può dimostrarsi complicato paragonare il Pil di due anni diversi dello stesso Paese, a fronte di infinite variabili da considerare. Anche a patto quindi di mantenere il Pil come metrica costante nel tempo, confrontare l’evoluzione dello stesso in Paesi e momenti diversi solleva ulteriori complicazioni, a partire dall’unità monetaria di riferimento che dovrebbe essere la stessa, e che non può, ma che è comprensibilmente l’idea alla base della cosidetta teoria della parità dei poteri d’acquisto», mette in evidenza Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria dell’Università di Friburgo.

Facendo però un ulteriore passo indietro un equivoco tutto da risolvere potrebbe essere un altro, con non poche implicazioni più o meno evidenti. «È spesso criticato per non tener conto di fattori altrettanto importanti, come le diseguaglianze sociali ed economiche all’interno di un’economia, dimenticando però che sia costruito proprio per misurare l’andamento di domanda e offerta aggregata. Sono altri, come l’indice di Gini, a poter fotografare altre situazioni, in questo caso la distribuzione del reddito o della ricchezza. Non va però dimenticato che affidabilità e comparabilità internazionale di buona parte di tutti questi altri indicatori, economici e sociali, dipendano proprio dalla qualità delle stime del Pil», commenta Mandruzzato.

Ciononostante le difficoltà e i suoi limiti restano tutti sul tavolo, con scarse probabilità di poterli eliminare. «Il peccato originale è che qualunque cosa prescinda da una transazione monetaria, bene o servizio che sia, di fatto per il Pil non esiste. Paesi in cui l’economia sommersa sia significativa sono dunque statisticamente sottostimati, problema analogo a quelli in cui siano diffuse pratiche di volontariato. Non pagare per la cura dei bambini o per la pulizia dell’alloggio di fatto danneggia il Pil, con a cascata molti altri casi che

«Il concetto di Pil è spesso oggetto di critiche, e nel corso degli anni non sono mancati i tentativi di sostituirlo. Tuttavia a oggi non è ancora stato scalzato dal suo ruolo preminente, in larga misura dovuto anche all’articolato sistema di contabilità nazionale coerente in cui è inserito»

Luca Mezzomo, Responsabile analisi macroeconomica della Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo

Il

Un

complicano particolarmente il confronto tra Paesi avanzati ed emergenti. O ancora, le stime si complicano ulteriormente nel caso di beni e investimenti intangibili, un capitolo sempre più importante nelle economie avanzate», prosegue Casale.

I limiti oggettivi. L’incapacità di catturare il valore aggiunto creato all’interno dell’economia nazionale da parte di tutti quei beni e servizi gratuiti, oltre a sottostimarne le dimensioni potrebbe dar luogo

Nonostante la correlazione tra Pil e felicità/benessere della popolazione sia discutibile e complessa, una sua marcata crescita prolungata nel tempo è improbabile peggiori le condizioni di vita nel Paese. Di quanto migliorino, se proporzionalmente o meno, è però tutt’altro che scontato. Tendenzialmente si può affermare comunque che al crescere del Pil anche la popolazione sia più felice.

Giugno 2023 TM · 29
Fonte: Beyond Gdp Benestanti e felici? Correlazione tra Pil reale e felicità della popolazione 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 % popolazione felice/molto felice Pil reale in usd 2004 Albania Algeria Argentina Austria Belgio Bulgaria Bielorussia Canada Cile Cina Rep. Ceca Danimarca Rep. di El Salvador Estonia Finlanda Germania Grecia Ungheria Islanda India Indonesia Iran Iraq Irlanda Israele Italia Giappone Rep. Corea Lettonia Lituana Malta Messico Rep. di Moldavia Paesi Bassi Perù Polonia Portogallo Puerto Rico Romania Feder. Russa Arabia Saudita Singapore Slovacchia Slovenia Zimbabwe Spagna Svezia Egitto USA Filippine Francia Fonte: Beyond Gdp
Pil è anche benessere?
confronto tra il Gpi, un indice del benessere, e il Pil (in usd) Genuine Progress Indicator (Gpi) pro capite Pil (Gdp) pro capite Usd del 2000 40.000 35.000 30.000 25.000 20.000 25.000 20.000 5.000 1950 1956 1962 1968 1974 1980 1986 1992 1998 2004

poi a politiche quanto meno discutibili, se non controproducenti. «Agire sulla base dei dati del Pil anche solo per misurare l’economia, dunque il suo scopo, non sempre è opportuno. Nel caso degli Emergenti buona parte della produzione avviene entro le mura domestiche, o comunque all’interno del nucleo familiare, è dunque fuori dalle statistiche. Porsi come obiettivo la crescita del Pil potrebbe creare dunque più problemi di quanti non ne risolva, intaccando questi equilibri il più probabile dei risultati sarebbe infatti una riduzione del benessere della popolazione, il contrario di quanto ci si fosse

Il debito/Pil

«Si tende spesso a dimenticare quanto un economista polacco sosteneva, ossia che i lavoratori spendono nel mercato dei prodotti quanto guadagnano in quello del lavoro, mentre le imprese guadagnano nel mercato dei beni e servizi quanto spendono in quello del lavoro»

invece prefissati», chiosa Guglielmin. Discorso analogo, seppur diverso, nel caso delle economie avanzate. Risultato? Sostanzialmente lo stesso. «La tecnica di rilevazione funziona particolarmente bene per tutta quella parte di attività economica in cui sono disponibili prezzi di mercato, meno bene nel caso dei servizi pubblici. Nel caso di quest’ultimi il valore del prodotto deriva sostanzialmente dal costo di produzione, così facendo non si tiene però minimamente conto degli effetti sulla qualità del servizio che derivano ad esempio dal progresso tecnologico. In aggiunta nel caso dei servizi è anche dif-

Se il Pil è l’indicatore per antonomasia, il debito/Pil è il principe di tutti i rapporti, con un’illustre letteratura alle spalle, dalla crisi argentina, alla più recente greca ed europea, oltre ovviamente all’ingombrante vicina Repubblica. Ma ha davvero senso parlarne? «È un rapporto che non andrebbe nemmeno considerato, mette in relazione due grandezze incomparabili: in gergo il debito che è uno stock, e il Pil che è un flusso. L’equivalente di confondere il burro con la ferrovia. L’attenzione dovrebbe concentrarsi invece sull’impatto che ha la spesa pubblica sul Pil e sulla popolazione, con effetti decisamente più positivi in termini di gestione delle risorse comuni, inducendo le autorità a operare scelte migliori nell’interesse generale, stabilizzando il ciclo economico», nota Rossi. Dunque perché tanto discuterne se non ha troppo senso da un punto di vista squisitamente teorico? «Il Pil è utile per valutare la sostenibilità di debiti interni ed esterni. Servire il debito è più agevole se la crescita del Pil è superiore rispetto al tasso d’interesse medio pagato sul debito stesso. Parimenti una crescita eccessiva del debito privato può essere un campanello d’allarme rispetto al formarsi di una crisi finanziaria; o come nel caso dell’Eurozona, una posizione finanziaria netta verso l’estero molto negativa in rapporto al Pil si associa a una maggior probabilità di stress finanziario», rileva il responsabile di

ficile scindere le variazioni di prezzo da quelle di quantità, oltre che misurare la produttività», rileva Mezzomo.

Ora della fine si tratta spesso di un problema di prezzi, il mattoncino su cui è stato costruito all’epoca. «Beni e servizi gratuiti o che hanno un prezzo difficile da determinare rischiano di essere sottovalutati, l’obiettivo del Pil è infatti misurare il valore della produzione, e lo strumento più adatto è il suo prezzo di mercato. L’assunto teorico è che il prezzo dovrebbe essere un buon indicatore dell’utilità di quel dato prodotto, cosa che non sempre è valida, e che soprattutto nel corso del tempo potrebbe crescere o variare, a prescindere dalle fluttuazioni di prezzo che potrebbero dipendere da altre dinamiche. Se questa è la principale lacuna, gli sforzi dovrebbero concentrarsi sull’affiancare al Pil indicatori in grado di catturare l’utilità di quanto di gratuito all’interno dell’economia, estendendo l’attuale sistema di contabilità nazionale», riflette David Kohl, Capo economista di Julius Baer.

Al tempo stesso particolarmente problematica è la relazione tra Pil e ambiente, proprio per la sua inesistenza. «Non cattura in alcun modo le molte esternalità negative che hanno consentito la produzione di beni e servizi, dunque nessun

Intesa. Ovviamente non mancano però le insidie, frutto anche in questo caso di pur sempre possibili errori letteralmente di calcolo. «Nel caso della finanza pubblica, il rapporto debito/ Pil è molto meno rilevante rispetto al rapporto con il servizio del debito, ossia il flusso di risorse necessarie a coprirne il costo. Sottostimare la crescita del Pil, ad esempio per semplici problemi di misurazione, potrebbe infatti spingere ad adottare una politica di austerità aggressiva, che non sarebbe però realmente necessaria», nota l’esperto di Julius Baer.

Su tutti, però, un vantaggio. «Il rapporto mette in relazione gli obblighi versi terzi dello Stato, con la base imponibile dell’intera economia, proprio come accadrebbe per una famiglia o un’impresa», conclude Mandruzzato.

30 · TM Giugno 2023
debito pubblico Rapporto debito/Pil (in %) per Paese 0 25 50 75 100 125 150 05 08 11 Fonte: Imf 2023 14 17 20 23 27 Stati
Il
Uniti Avanzati senza Usa Globale Paesi poveri Cina Emergenti senza Cina

tipo di danno ambientale o climatico, al pari del livello salariale, e infatti non offre alcuna informazione sul tenore di vita della popolazione. Un aumento del Pil può quindi significare potenzialmente tutto e nulla, a meno di non affiancarvi altri indicatori, da quello di sviluppo umano a una qualsiasi misura della felicità interna lorda. Tali limiti nel corso del tempo hanno portato a una sua perdita di significatività nell’insieme dell’economia mondiale, parzialmente sopperita dall’introduzione nei Paesi avanzati di altri indici», mette in evidenza Rossi.

Il cambiamento di usi e costumi, accelerato ad esempio dall’emergenza pandemica, oltre ad avere sensibili ricadute sociali, ha ad esempio non trascurabili influenze proprio sull’andamento del Pil, spesso in senso opposto. «Lavorare da remoto e dunque spostarsi meno consente di avere più tempo libero da destinare ad altre attività, che in alcuni casi possono tradursi anche in volontariato, che infatti in diversi Paesi sta crescendo. Questo inevitabilmente ha ricadute positive sugli standard di vita della società, migliorandoli, ma statisticamente passa sotto traccia. I volontari molto di rado rientrano nei dati dell’occupazione, quindi nemmeno nella forza lavoro, e producono attività economica equiparata al ‘sommerso’. Un aumento del volontariato potrebbe dunque sollevare un’ulteriore problematica cui il Pil dovrà confrontarsi presto o tardi, almeno nel misurare la mutata realtà economica e sociale. Distorsioni ampie e trasversali, se ad esempio si pensa che i profitti di una multinazionale siano computati nel Pil dello stato in cui questa è locata, e non in quello del Paese in cui ha sede, il che dà luogo a un ulteriore travaso di risorse», chiarisce il Cio di Ubs.

Paradossi, questi, non troppo isolati, che sembrano dunque spingere verso l’individuazione di indici ancillari ma maggiormente significativi in questa fase storica. «In caso di una guerra o una catastrofe naturale anche importante il Pil catturerebbe perfettamente, o comunque con un buon grado di approssimazione, il lavoro di gestione dell’emergenza e la ricostruzione di quanto andato distrutto, ma non il danno riportato anche solo in termini infrastrutturali, o di perdita di vite umane. È uno di quei casi di massima decorrelazione tra andamento del Pil e qualità della vita della popolazione, analogamente a una peggior accessibilità

«Valutare di estendere il perimetro del Pil all’utilità derivata dal ‘consumo’ di altri elementi presenta sfide impegnative, e non sarà certamente accurata, ma potrebbe essere comunque un primo passo verso una miglior misurazione del benessere delle nazioni»

Felici, e fiduciosi

Correlazione tra fiducia dei consumatori e felicità della popolazione

al sistema sanitario, all’istruzione, o un maggior inquinamento dell’ambiente. Tutti elementi che certamente vanno a peggiorare la qualità della vita, e in senso lato l’economia di un Paese», rileva il responsabile di Intesa.

Cambiamenti non solo sociali, ma anche intrinsechi al sistema economico, potrebbero del resto dar luogo a ulteriori nodi tutti da sciogliere. «Indipendentemente da chi svolga il lavoro, uomo,

Una popolazione felice, o comunque sufficientemente soddisfatta della propria esistenza, tende ad avere una facilità a consumare il proprio reddito superiore a quella di Paesi molto più depressi. Questo ha riflessi immediati sul Pil, essendo costituito specie nei Paesi avanzati dai consumi della popolazione, diversamente da quanto non accada invece spesso negli Emergenti, per ovvie ragioni.

Giugno 2023 TM · 31
David Kohl, Capo economista di Julius Baer
Fonte: Ocse Alla base dei consumi Indice di fiducia dei consumatori in alcuni Paesi Ocse ed Emergenti Fr It De Uk Ch Us (dx) Jp (dx) Ci (dx) -40 -30 -20 -10 0 10 20 -50 94 96 98 100 102 104 00 02 04 06 08 10 12 14 16 18 20 22 Fonte: Ipsos 2023
Argentina Australia Belgio Brasile Canada Cina Francia Germania Gran Bretagna Ungheria India Italia Giappone Messico Polonia Arabia Saudita Sud Africa Corea del Sud Svezia Turchia Stati Uniti R² = 0.7622 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 30.0 35.0 40.0 45.0 50.0 55.0 60.0 65.0 70.0 75.0 % popolazione felice/abbastanza Indice Ipsos di fiducia dei consumatori Spagna

Nel Vecchio Continente, dove la Old Economy è ancora ruggente, o comunque ha una forte presenza nelle principali economie, l’andamento del Pil è fortemente influenzato dal sentiment del manifatturiero, dell’industria, e in senso più lato dall’export. Vive al momento una fase complicata, su pressione della crescente stretta monetaria, in atto da mesi.

«Il Pil cerca di rimanere una valida misura di riferimento per l’andamento del ciclo economico, e relazionandosi con altre grandezze consente di calcolare numerosi altri indicatori che tratteggiano un quadro complessivo piuttosto preciso dello stato di salute di un Paese»

e non avevano dunque alcun ruolo, oggi però lo hanno acquisito, creano valore aggiunto, si dovrebbe dunque cercare di misurarlo almeno in parte», prosegue il Capo economista del Kof.

L’economia del benessere. La rocambolesca corsa del Pil degli stati avanzati, specie europei, dal Dopoguerra ha lasciato sul terreno non pochi feriti, ma soprattutto sollevato una fondamentale domanda: cui prodest? «La globalizzazione sfrenata, dunque un fenomeno iniziato negli anni Ottanta, ha dato il via a un progressivo calo della significatività di quanto il Pil è in grado di catturare, sia rispetto al livello dei salari nel mercato del lavoro, sia per l’impatto negativo che i cambiamenti climatici hanno su benessere e qualità della vita della popolazione. Il paradosso cui la Politica è chiamata oggi a confrontarsi è l’aumento dell’attività economica, e la caduta a livelli drammatici del benessere di una parte crescente della popolazione anche in quei Paesi che si considerano economicamente avanzati», constata il professore di Friburgo.

Paradosso o meno che sia, il problema rimane saldamente sul tavolo, e se possibile ricopre un ruolo sempre più importante, non più solo da un punto di vista accademico. «È da oltre mezzo secolo che è noto che il Pil non misuri direttamente il benessere di un Paese, e a farlo presente era stato proprio un politico, Robert Kennedy, che affermava: Il Pil misura tutto, eccetto ciò che rende una vita degna di essere veramente vissuta. Affermare però che non vi sia alcun tipo di correlazione positiva tra benessere della popolazione e ricchezza prodotta è altrettanto estremo», rileva la responsabile di Banca del Ceresio.

macchina o robot, il flusso di denaro è fondamentale perché rientri nel computo del Pil, quello che conta è il valore aggiunto generato a livello di produzione.

L’economia è in continua evoluzione, e dunque anche la misurazione dell’attività economica dovrebbe tenerne conto, adattandosi costantemente. Un caso emblematico potrebbero essere le piattaforme d’intermediazione digitali, come Airbnb. Sino a qualche anno fa non esistevano,

Non è infatti importante cosa sia prodotto, e anche come, purché venga prodotto e immesso sul mercato. «Nel 1968, alla Kansas University, Kennedy è stato forse uno dei primi a far notare quanto già tutti sapevano, ossia che il Pil possa essere il frutto di programmi televisivi dagli effetti socialmente ambigui, come la diffusione della violenza o il consumo di tabacco, oltre che della produzione di napalm, missili e testate nucleari. Nel 2009 un rapporto commissionato dal Governo francese ha ulteriormente smentito l’idea che vedrebbe strettamente legati benessere e Pil. Viene anche introdotta una sottile differenza tra benessere materiale e immateriale, con il primo più sensibile alla sfera economica, e quindi

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Il traino dell’industria Andamento della produzione industriale in Europa (var % y/y, dati marzo ‘23) -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Fonte: Eurostat Totale senza costruzioni (-2.1) Manifatturiero (-1.7) 95 97 99 01 03 05 07 09 11 13 15 17 19 21 23 Fonte: Haver Analytics L’indice Pmi Manufacturing Andamento dei diversi indici in Europa 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 Germania (43.2) Francia (45.7) Italia (45.9) Spagna (48.4) Uk (47.1) 2021 2022 2019 2020 2023 2024

al Pil, rispetto invece al secondo, legato ad esempio al tempo libero. A dipendenza del come questo venga calcolato, molti stati europei arriverebbero ad avere un Pil pro capite superiore a quello degli Stati Uniti, confermando quanto buona parte della popolazione già da tempo sosteneva», sottolinea Guglielmin.

Non si tratta dunque di un mero problema teorico, ma anche molto pratico, alla portata di molti. Ma quanto cambia?

«L’evidenza empirica dimostra che una maggior forza economica, dunque un Pil più alto, sia spesso correlato ad alcune variabili che potrebbero tradursi in benessere per i residenti. È il caso di un sistema educativo prestante, un sistema sanitario efficiente, e dunque anche di una maggior aspettativa di vita. Parimenti è necessario tracciare una linea netta di demarcazione, il Pil ha un obiettivo molto preciso, misurare la performance economica, ed effettivamente lo assolve», chiarisce Abberger.

Del resto, la vera domanda è proprio: cos’è il benessere della popolazione?

Quali siano le componenti del Pil è noto, si tratta solo di saperle stimare correttamente. Se il discorso si sposta invece sul benessere tutto è molto più inevitabilmente fluido e discutibile. «Il benessere reale non è obbligatoriamente la somma delle utilità individuali, o il prezzo pagato per tutti i beni e servizi consumati. Un forte limite con cui si scontra il Pil è l’effetto di saturazione che il consumo scatena negli individui, e che vi siano molti altri elementi intangibili e non misurabili che influiscono sul benessere reale. Valutare di estendere il perimetro del Pil all’utilità derivata dal ‘consumo’ di questi altri elementi presenta sfide impegnative, e non sarà certamente accurata, ma potrebbe essere comunque un primo passo verso una miglior misurazione del benessere delle nazioni», commenta Kohl. Un’ampia offerta. Pur restando entro il suo tradizionale perimetro, nel corso del tempo significativi progressi sono comunque già stati fatti, in larga misura grazie allo sviluppo, anche economico, che hanno vissuto le economie occidentali, e più in generale quella mondiale nel suo complesso. «Le metodologie utilizzate per stimare il Pil negli anni sono decisamente migliorate, la tecnica statistica stessa è cambiata, con un contributo decisivo dell’informatica. Nuove voci compongono oggi l’indice, che ad esempio cerca di tener conto anche dell’economia

Chiara Casale, Responsabile ricerca macroeconomica di Banca del Ceresio

sommersa, seppur con un certo grado di approssimazione, non si può dunque dire sia rimasto fermo al palo. Cerca di rimanere una valida misura di riferimento per l’andamento del ciclo economico, e relazionandosi con altre grandezze consente di calcolare numerosi altri indicatori che tratteggiano un quadro complessivo piuttosto preciso dello stato di salute, non sono economica, di un Paese, oltre alla sua evoluzione», precisa Mandruzzato.

A controbilanciare il secondario, dopo gli anni della pandemia in cui i beni erano andati forti, una spumeggiante performance è quella registrata dal settore dei servizi, in tutte le economie ben più che positivi, in vista anche delle vacanze estive. Nel complesso l’economia europea e globale sta tenendo botta, nonostante tutte le buone volontà degli istituti centrali di frenarla.

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«È da oltre mezzo secolo che è noto che il Pil non misuri direttamente il benessere di un Paese, e a farlo presente era stato Robert Kennedy. Affermare però che non vi sia alcun tipo di correlazione positiva tra benessere della popolazione e ricchezza prodotta è altrettanto estremo»
Fonte: Haver Analytics L’indice Pmi Andamento dei diversi indici Pmi in Eurozona e Stati membri 2019 10 20 30 40 50 60 70 10 20 30 40 50 60 70 2020 2021 2022 2023 2024 Composite Eu (53.3) Manufacturing Eu (44.8) Non-Manufacturing Eu (55.9) Composite Francia (51.4) Composite Italia (55.3) Composite Germania (54.3) Composite Uk (53.9) Composite Spagna (56.3) Fonte: Haver Analytics L’indice Pmi dei servizi Andamento dei diversi indici non-manufacturing in Europa 2021 2022 2019 2020 2023 2024 0 10 20 30 40 50 60 70 0 10 20 30 40 50 60 70 Germania (57.8) Francia (52.8) Italia (57.6) Spagna (57.6) Uk (57.6)

In quanti sono felici?

Quota della popolazione (in %) che si dichiara felice (dati Ipsos)

Felicità regionale

Molti pro, diversi contro

Intorno alle sorti del Pil è oltre mezzo secolo che si discute, a dipendenza delle stagioni politiche ed economiche, anche animatamente, ma ora della fine sempre con gli stessi risultati, ossia nessuno vagamente apprezzabile. L’argomento è dei più vasti, e le sfide per risolverlo delle più notevoli, quindi? «Misura in modo sintetico e compatto la produzione netta di un sistema economico, il che continua ad avere una certa utilità. Fino a stadi di sviluppo economico non troppo avanzati qualità della vita e Pil pro capite sono correlati positivamente, mentre la sua variazione continua a essere rappresentativa dell’andamento complessivo di un sistema economico. Senza dimenticare che è soltanto un pezzo di un ricco e variegato sistema di contabilità nazionale», rileva Mezzomo.

Dunque diversi pro, accompagnati però da alcuni significativi contro, come fa notare invece il professore di Friburgo: «Alla semplicità di calcolo si oppone la totale insensibilità all’evoluzione del benessere e del tenore di vita della popolazione nel suo insieme e delle diverse categorie sociali, il che si lega anche alla tematica del cambiamento climatico. Il Pil dovrebbe essere dunque abbandonato quale indicatore principe in grado di determinare le scelte di politica economica ai vari livelli istituzionali, dai Governi nazionali a quelli locali, a vantaggio di altri indicatori forse più complessi, ma migliori».

Molti pro, ma anche diversi contro. Vale dunque la pena di ‘tenerlo’, o semplicemente aspettare a rimpiazzarlo? «Utilizzare il Pil come misura del benessere reale è tutt’altro che preciso o raccomandabile, allo stesso tempo la ‘praticabilità’

è il migliore argomento a suo favore. È quindi meglio essere imprecisi e giusti invece che precisi ma sbagliati», conclude Kohl.

Maggior precisione nella rilevazione dei dati, un progressivo affinamento del campione statistico di riferimento, e strumenti più potenti a disposizione delle autorità, hanno certo consentito passi in avanti sensibili, ma quanto è ancora sufficiente? «Si possono ipotizzare interventi metodologici che potrebbero rimediare ad alcune sue limitazioni, nel caso dei servizi affiancando al costo di produzione indici di performance. Per i beni, invece, dovrebbe essere messo in evidenza l’aumento della qualità derivante dal forte progresso tecnico. Una sensibilità diversa verso la qualità della vita sta però maturando all’interno delle stesse autorità di statistica; continuano a fiorire nuovi indicatori, anche molto ambiziosi, che vogliono meglio catturarla, ma mancando un suo equivalente monetario rimane molto difficile andare oltre un elenco, pur articolato, di indicatori. A livello europeo è emblematico il caso dell’Essc, uno di molti tentativi di integrazione della contabilità nazionale che resta il vero riferimento», puntualizza il responsabile di Intesa.

Se dunque in Europa qualcosa si muove, anche la Confederazione è già andata avanti esplorando il filone, inserendosi in un già animato dibattito. «Se il Pil si concentra sulla generazione di reddito nell’arco di una precisa unità temporale, anche la ricchezza può avere il suo peso, e in entrambi i casi la loro distribuzione all’interno della popolazione è ricca di conseguenze. Negli ultimi anni l’Ufficio federale di statistica è andato oltre, iniziando a pubblicare un intero sistema di nuovi indicatori che cercano di approssimare la misurazione del benessere e della qualità della vita nel nostro Paese», chiarisce il Capo economista del Kof.

Se dunque la Svizzera riporta progressi, non è da meno la vicina Repubblica, al pari di molte altre istituzioni di eco internazionale. Una vera sfida è stata lanciata, e non c’è spazio per la timidezza. «L’Istat, l’autorità italiana di statistica, quantifica in ben 130 i diversi indicatori del benes-

Cosa determini la felicità di un Paese, o almeno della sua popolazione, è sicuramente dubbio. Grandi certezze non ce ne sono, ma qualche legittimo sospetto sui risultati di alcuni stati sicuramente non vanno accantonati.

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della popolazione (in %) che si dichiara felice (dati Ipsos) Fonte: Ipsos 2023 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Mag 2013 Dic 2011 Mar 2017 Feb 2018 Giu 2019 Ago 2020 Dic 2021 Gen 2023 Nord America + Australia America Latina Europa Asia Medio Oriente/Africa
Quota
Fonte: Ipsos 2023 Me 81% Co 80% Pe 72% Cl 79% Ar 74% Za 77% Sg 71% Id 79% De 67% Kr 57% Jp 60% Tt 61% Hu 50% My 68% Th 71% Ae 81% Sa 86% It 68% Pt 79% Es 69% Fr 74% Be 68% Gb 70% Nl 85% Se 74% Pl 58% In 84% Ca 74% Usa 76% Br 83% Au 80% Cn 91%

sere. A livello internazionale non poteva però mancare il contributo dell’Onu, che considerando criteri di sviluppo sociale, dall’aspettativa di vita al grado di scolarizzazione, pubblica regolarmente lo Human Development Index, e che non casualmente vede ai primi posti gli stati più sviluppati; mentre l’Ocse ha elaborato il Better Life Index, forte di almeno altri 80 indicatori, che vuole fornire un quadro completo del capitale naturale, umano, economico e sociale per ogni Paese», riporta la responsabile del Ceresio.

Pluralità non destinata a fermarsi qui, ma che spazia potenzialmente all’infinito, e che ben rappresenta la vastità dell’argomento affrontato, al pari delle difficoltà che comprensibilmente dipana. «In risposta alle contraddizioni e imprecisioni ricondotte al Pil, indici alternativi sono stati proposti, dal Genuine Progress Indicator, all’Index of Sustainable Economic Welfare, al Subjective Well Being, senza però significativi progressi su nessun fronte, nonostante importanti prese di posizione. Il 24 novembre 2011 si era pronunciato il Parlamento Europeo, invocando nuovi indicatori che andassero ad affiancarsi al Pil, riprendendo la conferenza del 2007, Beyond Gdp, che per prima aveva aperto il dibattito. L’auspicio rimane sempre lo stesso, elaborare nuovi indicatori che completino il Pil, per sostenere e migliorare il processo decisionale delle autorità, facile a dirsi ma evidentemente difficile a farsi», chiosa Guglielmin.

Alla base di tutto un problema ben noto agli economisti, lo scontro anche culturale tra indicatori quantitativi puri, e… tutti gli altri. «Il Pil si limita a misurare le quantità, sulla base del loro prezzo, aggregando i dati. Nulla rileva anche soltanto in termini di qualità di quanto aggregato, né delle loro probabili ed eventuali esternalità. Andrebbe logicamente integrato da una dimensione più qualitativa, che possa cogliere queste sfumature. Avrebbe molto più senso misurare la felicità interna lorda, che meglio riflette le dinamiche interne a un Paese, nonostante questo nell’immediato porrebbe dei significativi problemi di confrontabilità nel tempo. La domanda fondamentale è capire quanto ogni sistema economico sia in grado di soddisfare i bisogni della popolazione, e a che condizioni, ad esempio di quali costi, ambientali e sociali, la collettività dovrebbe farsi carico», mette in evidenza il professore di Friburgo.

Felici, ma di cosa?

Dei propri figli Relazione con il partner Accesso e vicinanza alla natura Grado di istruzione Relazione con la famiglia allargata Amici Accesso a notizie e informazione Del proprio lavoro Sentirsi amati Liberi di fare e dire quello che si pensa Esercizio e attività fisica Vita romantica e sessuale Propria situazione finanziaria Situazione economica nel proprio Paese Situazione politica e sociale nel proprio Paese

■ Popolazione che si dichiara soddisfatta

Quota di popolazione soddisfatta di alcuni aspetti della propria vita (media globale) Fonte: Ipsos 2023

Felici, ma di cosa?

vita ha un senso Sentire di avere il pieno controllo Salute mentale e benessere Vita sociale

Felici, ma quanto?

Valutazione della propria vita (media triennale, 2020-2022)

Correlazione tra felicità e aspetti della vita di cui si è soddisfatti Fonte: World Happiness Report 2023

Il Damocle tecnologico. La famosa spada che pende sul capo del Pil è sicuramente lo sviluppo tecnologico, un’arma a doppio taglio, difficile da catturare dagli indicatori, ma dall’impatto esponenziale nel corso dei prossimi anni. Del resto, se l’home working regala molto più tempo libero, che potenzialmente potrebbe dar vita a nuovi consumi, il suo effetto certo è ridurre i costi di trasporti, che sono parte integrante del Pil. Al pari di utilizzare una

Nonostante ogni persona sia diversa dall’altra, ci sono delle comunanze su quanto renda particolarmente felici e soddisfatti, e cosa invece ricopra un ruolo marginale. Si tratta di medie globali, frutto dunque di compromessi tra medie a loro volta regionali. Guardando però al ranking dei diversi Paesi qualche risultato di buon senso sembra emergere. Paesi nordici e Svizzeri si segnalano.

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Fonte: Ipsos 2023 ■ Grado di correlazione 0.529 0.527 0.521 0.519 0.507 0.503 0.493 0.492 0.478 0.361 0.357 0.350 0.331 0.289
Status sociale Sentirsi apprezzati Propria situazione finanziaria Beni posseduti Sentirsi amati Situazione economica del proprio Paese Tempo libero a disposizione Situazione politica e sociale del Paese Accesso a notizie e informazione I figli 0.438
Sentire che la propria
Condizioni di vita
7.804 Finlandia 7.586 Danimarca 7.530 Islanda 7.473 Israele 7.403 Paesi Bassi 7.395 Svezia 7.315 Norvegia 7.240 Svizzera 6.894 Stati Uniti 6.892 Germania 6.796 Regno Unito 6.661 Francia 6.436 Spagna 6.405 Italia Ranking globale 1 ■ Valutazione media della propria vita 2 3 4 5 6 7 8 15 19 16 21 32 33
85% 84% 80% 80% 78% 78% 77% 77% 76% 76% 65% 63% 57% 40% 40%

Vola il volontariato

% della popolazione e differenza tra prima e dopo la pandemia

un aumento delle vendite, sostenuto ad esempio dalla cosiddetta obsolescenza programmata, il risultato immediato è chiaramente una sensibile crescita del Pil, di cui è bene conoscere i limiti. Gli investimenti in robot o Intelligenza Artificiale hanno invece un’altra dinamica, da un lato spingono nell’immediato il Pil, grazie ai costi di sviluppo e produzione, dall’altro la sostituzione di parte della forza lavoro, una quota crescente del totale della popolazione attiva, si traduce in minori salari e consumi e dunque, ceteris paribus, un calo importante», chiarisce Rossi.

Se il commercio, specie in Europa, gioca un ruolo importante a livello di risultati del Pil di molti Paesi, del tutto fuori dalle statistiche è il volontariato, una realtà che negli ultimi anni ha acquisito nuova forza, a partire dagli anni dell’emergenza pandemica. Laddove non vi siano transazioni monetarie il Pil non prende in considerazione alcun tipo di valore creato il che è sicuramente discutibile.

cassa automatica, o prendere un convoglio della metrapolitana automatizzato. Dunque, come rapportarvisi? «La variazione dell’intensità di lavoro e capitale è catturata dal calcolo del Pil, del resto è la produttività totale dei fattori il principale motore della crescita economica. Ciò che a oggi non viene considerato è però quanto e come lo sviluppo tecnologico possa modificare l’utilità di alcuni beni e servizi, scindendo questa dalla dinamica dei prezzi, che può essere influenzata da logiche diverse», sintetizza il Capo economista di Julius Baer.

L’abbandono progressivo del manifatturiero da parte della maggioranza degli stati avanzati, emblematico il caso del Regno Unito, solleva un ulteriore problema, strettamente legato al ruolo crescente ricoperto dalla tecnologia. «Secondo recenti stime di McKinsey, nell’ultimo quarto di secolo in Occidente gli investimenti in intangibili sono aumentati del 30%, in tangibili, invece, sono diminuiti del 13. Nel computo del Pil sono ovviamente previsti entrambi, ma nel caso dei primi il rischio di errata misurazione e sottostima è certamente maggiore. Tale sottostima è però ricca di ripercussioni che esulano dal semplice valore dell’investimento, che influenza immediatamente il Pil, ma anche la produttività stessa dell’intero sistema economico, che ha altre conseguenze», nota Casale.

Pro e contro di una massiccia adozione delle nuove tecnologie nei processi produttivi, sicuramente accettabili, a patto di esserne al corrente. «La tecnologia abbatte i costi di produzione, aumentando il margine di guadagno per ciascuna unità prodotta. A patto che le aziende vivano

Tra sfide e speranze. Da ultimo sorge spontaneo domandarsi perché sia così importante analizzare i limiti, oggettivi ed evidenti, del Pil. Se sinora non è stato possibile porvi rimedio, e appare comunque difficile lo si possa concretamente fare, perché dovrebbe valerne davvero la pena? «Gli indici definiscono i problemi, non solo economici, che la Politica cerca di risolvere. Se sono obsoleti o parziali i Governi continueranno ad adottare politiche inefficaci, che non possono sin dal principio avere successo, ma che un’interpretazione migliore dei dati avrebbe magari del tutto sconsigliato. Se ad esempio si leggesse che la produzione nazionale sta aumentando, il dato sarebbe accolto positivamente, ma se alla base vi fosse un aumento delle ore di lavoro, e queste fossero state sottratte al rapporto figli-genitori questo sarebbe in realtà negativo per il benessere del Paese. Informazioni più complete romperebbero quella barriera di astrazione che separa la Politica dalle esigenze dell’economia reale, e dunque della popolazione, nel cui interesse è chiamata ad agire», prosegue il Cio di Ubs.

Autorità politiche nazionali, a cui è però richiesto di agire su un tessuto, non solo economico, ma anche sociale, sempre più spostato verso una dimensione quanto meno regionale. Almeno nel caso dei Paesi occidentali. «Una delle maggiori sfide è avere a che fare con un’economia che ormai si è globalizzata, e ha dunque un carattere e un’estensione internazionale. Molte aziende sono multinazionali, hanno dunque sedi e reti fortemente interconnesse che toccano più legislazioni, il che rende particolarmente difficile scomporle. Il Pil resterà per ancora un po’ di tempo un indicatore chiave della politica economica, e continuerà a evolversi per riflettere questi cambiamenti, ma gli si dovranno affiancare altri indicatori

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Beneficienza Volontari Aiuto agli estranei Aiuti sociali Fonte: World Happiness Report 2023
18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 +0.9 +6.2 +5.7 -0.1 +3.5 +4.1 +6.2 +13.4 +10.8 2020 2021 2022 +2.4 +7.9 +6.7
Fonte:
Research Bureau Il ruolo del commercio Indici di produzione e logistica globale 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000 11000 12000 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 2004 2006 2000 2002 2008 2014 2016 2010 2012 2020 2024 2018 0 Crb Raw Industrials Spot Price Index (’67=100, dx) Volume export globale (2005=100, dx) Baltic dry index (sx)
Commodity

che tengano conto delle complessità della società moderna, e dunque del suo benessere», precisa Abberger.

Del resto, concentrarsi eccessivamente sul Pil oltre a dare risultati controintuivi, e spesso contrari alle intenzioni iniziali, rischia di favorire una parte marginale del tessuto economico, nazionale e globale. «Si tende spesso a dimenticare quanto un economista polacco rifugiatosi a Cambridge durante la Guerra sosteneva, ossia che i lavoratori spendono nel mercato dei prodotti quanto guadagnano in quello del lavoro, mentre le imprese guadagnano nel mercato dei beni e servizi quanto spendono in quello del lavoro. Un’osservazione semplice, ma significativa. Spingere sulla crescita del Pil solitamente favorisce gli interessi dei più grandi attori del mercato, quelli maggiormente competitivi, mentre pone sotto stress la competitività delle Pmi che si riflette inevitabilmente in una compressione dei margini, e quindi in tensioni salariali, e crescenti pressioni sul ceto medio, i cui consumi sono il pilastro del Pil e del benessere dei Paesi avanzati», rileva il professore di Friburgo.

Se però c’è comune accordo di tutti i portatori d’interesse nell’ampliare il novero degli indicatori di riferimento, e dare maggior enfasi al benessere della popolazione, per evitare l’ampliarsi delle distorsioni già in essere, sul come farlo…

«In molti concordano che una misura corretta del progresso nazionale debba avere una forte connotazione scientifica, che sia dunque scevra da giudizi di valore che però sono alla base del tentativo di misurare quelle componenti che incidono davvero sulla vita delle persone. Come se il Pil fosse davvero estraneo a questi problemi. Lasciare costi sociali, ambientali, o di salute fuori dal suo computo crea distorsioni, e non evita giudizi di valore. Pur nella consapevolezza che sia impossibile dargli un valore, anche solo un’approssimazione delle componenti che vanno a comporre il benessere della popolazione, ciò che ‘rende una vita davvero degna di essere vissuta’, dovrebbe essere incluso nel Pil, con l’indiscutibile vantaggio di fornire un quadro migliore e più accurato dei progressi economici di un’economia», conclude Elena Guglielmin.

Quello che non deve essere mai dimenticato è che tutto sommato il Pil è un indice sintetico, il tentativo ormai vetusto di condensare all’interno di un semplice numero finito dinamiche estremamente

Felici, ma quanto?

Quota di popolazione svizzera per livello di soddisfazione in vari ambiti (in %)

Il tenore di vita

Distribuzione del reddito disponibile (indice di Gini, in pps) sull’intera popolazione

complesse frutto di compromessi cui scendono quotidianamente milioni di persone, di cui cattura solo una minima parte, limitata alle transazioni di natura monetaria tra agenti economici. Nulla rivela del benessere della popolazione o dell’evoluzione reale di un Paese, si limita a constatare l’andamento del ciclo economico, utilizzato spesso quale stella polare dell’azione legislativa, che dunque mal intercetta le reali necessità di chi quella stessa economia la vive e la crea.

L’approccio alla base di molti equivoci, di matrice squisitamente anglosassone, di formulare indici e indicatori di riferimento che tentano al meglio possibile di sintetizzare e riassumere discorsi e ragionamenti altrimenti complessi, si scontra inevitabilmente con uno molto più europeo improntato a una visione qualitativa della scienza economica, che vorrebbe avere uno sguardo più olistico alla materia, quale che sia, e che dunque sposerebbe l’affiancamento al Pil di nuovi indicatori che catturino maggiormente lo stato di salute e il tenore di vita della popolazione, a oggi del tutto incalcolato.

La popolazione svizzera si segnala tra quelle più felici e soddisfatte della propria esistenza, indice del fatto che il benessere sia ancora sufficientemente diffuso, come del resto l’indice di Gini dimostra. La distribuzione della ricchezza è molto più uniforme tra tutta la popolazione di quanto non accada in altri Paesi, il che non sorprende, ed è una delle forze della Confederazione.

Quale che ne sia l’evoluzione, sono estreme le difficoltà cui far fronte, deve restare ben al centro delle analisi che in fin dei conti il Pil è semplicemente un numero, metodologicamente e statisticamente corretto, ma che stima le cose sbagliate, o comunque quelle che anche economicamente non dicono nulla dello stato di salute di un Paese.

Detto questo, damnatio memoriae e croce sopra? Probabilmente no, ha una sua utilità, ma in circostanze molto specifiche e tecniche, cui i profani, Politica in primis, non dovrebbero guardare. ❏

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Fonte: Ust Vivere con altri Ambiente di lavoro Relazioni personali Casa Faccende domestiche Salute Condizioni lavorative Vivere da solo Condizioni di vita Tempo libero a disp. 0% 20% 40% 60% 80% 100% 69.2 19.0 8.9 59.1 25.4 12.2 57.6 26.6 12.1 54.0 24.3 16.1 51.8 22.7 16.0 44.4 27.1 19.2 41.4 30.0 21.3 38.0 24.1 20.6 9.5 7.7 36.8 31.0 22.3 5.9 34.1 25.2 24.8 8.4 7.5 33.0 24.5 24.7 8.9 8.9 ■ Molto alto (9-10) ■ Alto (8) ■ Moderato (6-7) ■ Abbastanza basso (5) ■ Basso (0-4) Finanze personali
Fonte: Ust, Eurostat
Romania Grecia Portogallo Spagna Italia Ue Finlandia Francia Belgio Germania Austria Svizzera 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 ■
Reddito disponibile
a parità di potere d’acquisto (in mia) ■ Reddito a disposizione del 20% meno ricco Reddito a disposizione del 50% meno ricco ■ Reddisto disponibile per il 20% più ricco

Alloggi turistici accomodanti

È una realtà in costante ascesa. In Spagna il proliferare delle unità destinate ad affitti per vacanze e le piattaforme online che le gestiscono hanno anche dei ‘nemici’. Più che mai di attualità, un interrogativo: quanto conviene investire in questa categoria di immobili?

Anche in Ticino il mercato degli alloggi turistici è in forte espansione. Quelli posti in locazione sulle piattaforme online, come Airbnb, Booking.com, Expedia, e-domizil, sono oltre 3mila, per un totale di quasi 10mila posti letto (dati evidenziati nell’articolo ‘Le nuove regole per Airbnb’, CdT del 18 marzo scorso). In Europa, la Spagna si posiziona al secondo posto, dopo la Francia, con più di 300mila unità, per un totale di circa 1.545.368 posti letto nel 2022 (dati dell’Instituto Nacional de Estadistica,

Sotto, edifici di Santa Cruz de Tenerife, città principale dell’omonima isola e capoluogo della provincia. È la seconda città più popolata delle Isole Canarie.

Ine, febbraio 2023). Secondo uno studio pubblicato dalla Federación Española de Asociaciones de Viviendas Turísticas (Fevitur) nel 2023, l’affitto di alloggi turistici ai soli turisti spagnoli ha generato una ricaduta economica di 20,39 miliardi di euro nel 2022 (il 19,1% dei quali derivato dai canoni di locazione). Si calcola che il proprietario di un alloggio turistico può ottenere una redditività media del 15% (che può crescere se si supera la soglia di occupazione del 60% e a dipendenza dell’ubicazione e del tipo di alloggio).

I dati promettono bene, ma nella pratica: investire in un alloggio da adibire ad uso turistico in Spagna può essere veramente un buon investimento? La risposta, banale, è: dipende. È invece ineluttabile un’analisi preliminare approfondita sulla quale fondare la decisione di un investimento destinato principalmente allo sfruttamento turistico. Anche in caso di uso misto, come seconda residenza di vacanza e occasionalmente alloggio con destinazione turistica, vale sempre la pena analizzare l’investimento per evitare brutte sorprese. Come in Svizzera e in altri Paesi, il proliferare dell’offerta di alloggi turistici e delle piattaforme che li gestiscono, ha trovato non pochi nemici. A partire dagli albergatori, che si sentono minacciati dalla diminuzione di prenotazioni a causa di offerte concorrenti attivate da operatori

non soggetti agli stessi obblighi cui sono invece sottoposti loro; c’è poi il malcontento delle fasce di popolazione che accusano il settore dell’aumento dei canoni di locazione per gli alloggi residenziali o che denunciano conflitti di convivenza tra i residenti abituali di uno stabile e il ‘viavai’ dei turisti. Non poteva poi mancare l’interesse del fisco di fronte a una realtà economica in ascesa e il potenziale rischio di trattare con proprietari con la memoria corta o con poco tempo per pratiche amministrative di carattere tributario. Insomma, il quadro generale presenta tutte le condizioni per richiedere l’intervento del legislatore. E qui, soprattutto in Spagna, si complica la cosa. Esiste in primo luogo una legge statale (applicabile su tutto il territorio nazionale), la ‘Ley de Arrendamientos Urbanos-Lau’ (Legge degli affitti urbani), che regola in generale tutti i contratti di locazione a uso residenziale o commerciale. Tra gli usi non residenziali, la legge si applica agli affitti stagionali (‘arrendamientos por temporada’) escluso però il caso della ‘cessione temporanea dell’uso della totalità di un’abitazione ammobiliata e attrezzata in condizioni di uso immediato, commercializzata o promossa nei canali dell’offerta turistica o mediante qualsiasi altra modalità di marketing o promozione, e effettuata a scopo di lucro, quando è soggetta a un regime specifico, derivato dalla sua regolamentazione settoriale turistica’. Per un investimento a scopo di sfruttamento per un uso turistico, quest’eccezione nell’ambito di applicazione di tale legge è quasi provvidenziale, dato che la norma in questione è piuttosto mirata alla protezione dell’inquilino.

Un’altra legge statale da considerare è quella che regola la proprietà per piani

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economia / testimonianze

che, dal 2019, stabilisce che un condominio può limitare o porre condizioni all’affitto turistico di un appartamento se la decisione è quella di 3/5 dei condomini. Lo stesso quorum è necessario per poter imporre, ai proprietari che offrono i loro appartamenti ad uso turistico, un supplemento ai costi comuni o quote speciali condominiali (non oltre il 20% di quanto stabilito per il resto dei condomini). Una particolare attenzione è doverosa al momento di acquistare un appartamento con un finanziamento ipotecario: sono frequenti le clausole che stabiliscono una limitazione agli affitti turistici.

a turisti senza licenza, infliggendo loro multe fino a 600mila euro, tanto che gli annunci su Airbnb passarono da 6mila a 300 (quest’ultimi poi si riferivano espressamente a B&B). Durante il governo municipale di sinistra a Madrid, l’affitto di appartamenti turistici, soprattutto nel centro città, veniva fortemente limitato. Per esempio, imponendo che un edificio con appartamenti affittati a turisti debba necessariamente avere all’uopo un accesso riservato. In questo caso, la norma non è stata poi modificata dal seguente governo municipale del PP (partito di centro destra), malgrado la relativa promessa

La Lau rimane invece in principio un’opzione valida quando un appartamento non dovesse adempiere ai requisiti di una norma locale vigente che regoli, per l’appunto, un uso turistico ai sensi di questa legge. La Costituzione spagnola conferisce competenze legislative sul settore turistico alle 17 regioni autonome, che a loro volta possono vedere le proprie norme ‘completate’ da ordinanze municipali (che in alcuni casi possono entrare in conflitto con la norma regionale).

Se in Svizzera siamo abituati alle svariate competenze cantonali, non è sempre il caso della Spagna. Il settore è poi estremamente sensibile agli orientamenti politici. Le città governate da coalizioni di sinistra, come il caso di Barcellona, hanno pesantemente ristretto la concessione di licenze per gli affitti turistici fino a interrompere di fatto a oggi nuove concessioni. In virtù della prima ordinanza del 2015 (poi annullata da un Tribunale) a Barcellona vi è stata una vera caccia da parte di ispettori del turismo ai proprietari che affittavano i loro appartamenti

elettorale. Per chi desidera acquistare un ‘pied-à-terre’ a Madrid e affittarlo saltuariamente a turisti per un periodo inferiore a 90 giorni (così come in Ticino), non vi è limitazione alcuna.Nelle Isole Baleari, pure governate da una coalizione di sinistra, sono stati proibiti gli affitti turistici fino all’annullamento della norma da parte di un Tribunale, nel 2021. In Andalucia esiste una notevole differenza tra la regolamentazione restrittiva di Sevilla (governo di sinistra) e quella più generosa di Malaga (governata dal centro destra).

Una preoccupazione aggiuntiva e abbastanza estesa tra i proprietari in Spagna è quella del fenomeno cosiddetto degli ‘okupas’, persone che entrano illegalmente (forzando l’accesso) o degli ‘inquiokupas’ che entrano legalmente (affittando per poi restare senza pagare il canone) in un appartamento, che di fatto godono di una protezione soprattutto nei municipi governati dalla sinistra: partendo dalla volontà di sostenere le persone bisognose (a scapito però dei proprietari che in molte occasioni a causa

delle ‘okuppazioni’ si vedono anch’essi privati della loro unica fonte di reddito) non si riesce a differenziare e discriminare i casi dei delinquenti che occupano le abitazioni a fini illeciti.

Dopo i risultati delle recenti elezioni regionali e delle municipali, da cui è emersa un’ondata di voti a favore dei partiti di centrodestra, non si può scartare una prossima attività legislativa meno restrittiva nei confronti degli affitti di appartamenti turistici (vedremo per esempio se il sindaco di Madrid, che ha ottenuto una maggioranza assoluta, avrà questa volta la volontà, non più ostacolata dalla necessità di voti di altri partiti, di allentare le restrizioni così come inizialmente promesso ai suoi elettori). Anche il fenomeno degli okupas e inquiokupas dovrebbe avere finalmente i giorni contati, almeno nelle regioni e municipi governati dal centro destra (maggioritari alle urne).

Summa summarum, tenuto conto delle interessanti opportunità offerte dal settore turistico in Spagna da un mercato immobiliare che permette ancora di acquistare a prezzi concorrenziali se comparati ad altri Paesi con un’importanza turistica (o commerciale) simile, e dunque con potenziali alte redditività, soprattutto in questo momento in cui la situazione politica sta cambiando radicalmente con aspettative chiare a favore della promozione degli investimenti, nazionali ed esteri, mi sento nella condizione di affermare che sì, un investimento in un alloggio turistico in Spagna può essere un buon investimento (ciononostante, consulterei sempre, prima, un buon avvocato…).

Giugno 2023 TM · 39
David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Mülchi & Asociados.

La grandezza dei piccoli

La solidità di un’economia, come la sua capacità di reagire e adattarsi, sono determinanti per il successo dei Paesi di dimensioni ridotte, nella consapevolezza di quanto la necessaria apertura economica li esponga agli schock internazionali che potrebbero minacciarne il benessere.

In un mondo sempre più competitivo e multipolare, gli Stati piccoli sono svantaggiati rispetto a quelli grandi oppure riescono a trarre vantaggio dai loro limiti dimensionali? Altrimenti detto: esiste una correlazione univoca fra taglia e successo economico? Lungi dal voler sciogliere il dilemma stabilendo un banale rapporto di causalità, l’interrogativo finisce per rivelare un apparente paradosso: molti Paesi piccoli ottengono risultati migliori dei grandi in termini di resilienza proprio perché sono più vulnerabili. Alla conclusione arriva il recente studio che il Credit Suisse Research Institute (Csri) dedica alle Small Countries, terzo della serie inaugurata nel 2014. Dopo aver smentito nella prima edizione il luogo comune per cui i Paesi piccoli faticherebbero a capitalizzare

i loro limiti dimensionali, e successivamente, aver illustrato come fungano da indicatori anticipatori delle tendenze dei più grandi, nella terza puntata - che amplia il campione di analisi da 58 ai 193 Stati membri dell’Onu - si è posto la sfida di analizzare le variabili di successo economico tra Paesi di diverse dimensioni.

Un soggetto che si impone all’attenzione non solo perché la Svizzera ne è cristallino e virtuoso esempio, ma considerando come il loro numero sia esponenzialmente aumentato dal secondo dopoguerra. Se allora si sfiorava la novantina di Stati sovrani, si è oggi passati ai 195 Paesi riconosciuti dall’Onu. Di conseguenza si sono ridotte le dimensioni medie dei territori nazionali. Quasi i quattro quinti dei piccoli Stati si sono formati negli ultimi 70 anni, con un’impennata a inizio ’90 in

Il segreto del successo delle nazioni di dimensioni ridotte? Risiede nella loro apertura commerciale, nella stabilità economica e negli assetti interni. Lo confermano i diversi equilibri e destini di tre piccoli Paesi come Grecia, Svizzera e Paesi Bassi.

coincidenza con la disgregazione di Jugoslavia, Unione Sovietica e Cecoslovacchia, e tuttora sono sul tavolo le rivendicazioni di autonomia regionale di Scozia, Catalogna, Fiandre, Paesi Baschi o Québec. Uno sviluppo accompagnato dalla creazione di mercati aperti e dal libero scambio, rispetto ai quali la divisione del lavoro è diventata un pilastro fondamentale dell’ordine internazionale, alimentando il motore della globalizzazione.

40 · TM Giugno 2023
economia / studi
© Zürich Tourism

Nonostante le diseconomie di scala, sono molti i piccoli Paesi ad aver dimostrato di poter raggiungere la prosperità economica e spesso di eccellere in aree come la competitività o la metrica del reddito. Ad esempio, tre piccoli Paesi - Danimarca, Svizzera e Singapore - occupano il podio della classifica di competitività dell’Imd Business School del 2022. E ben 15 dei primi 20 posti dell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite, che combina reddito pro capite, istruzione e salute, sono presidiati da Paesi piccoli. Non solo tendono a essere più prosperi, ma si sono anche sviluppati molto bene: tra il 1987 e il 2021, secondo la Banca Mondiale, la metà è riuscita a passare a un gruppo di reddito superiore (contro il 38% dei Paesi di medie dimensioni e il 39% dei grandi).

Il Credit Suisse Research Institute individua nell’apertura economica il segreto del successo che consente non solo di raggiungere la prosperità, ma anche di ottenere risultati economici superiori alla media e di essere in grado di resistere, compensando l’handicap delle dimensioni. In un mondo completamente autosufficiente, i Paesi piccoli avrebbero inevitabilmente mercati più piccoli. Ma, nonostante i confini nazionali continuino a rappresentare delle barriere al commercio, l’evidenza empirica dimostra che le dimensioni dei Paesi non ostacolano lo sviluppo economico fintantoché le frontiere sono aperte agli scambi internazionali. In particolare, la correlazione positiva tra apertura commerciale e Pil pro capite è molto più pronunciata per i Paesi più piccoli che per quelli più grandi. Integrandosi nell’economia globale, possono infatti attenuare le diseconomie di scala.

Allo stesso tempo, questa permeabilità comporta una dipendenza, richiedendo particolare attenzione agli shock che potrebbero minacciare il benessere economico interno. Un’attenzione che deve tradursi non solo in monitoraggio ma in politiche economiche sane e strategie per promuovere la solidità e la resilienza economica anche agli eventi meno prevedibili, come la cronaca di questi ultimi anni ribadisce. Inoltre l’apertura economica spesso si accompagna a un maggior grado di specializzazione, anch’esso a doppio taglio: da un lato ne promuove la prosperità, ma dall’altro aumenta l’esposizione ai contraccolpi, come le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime.

Europa, terra di piccoli Paesi

Il 60% dei Paesi ha dimensioni ridotte Classificazione dei Paesi basata su

Piccoli, ma economicamente forti

Livello

Apertura economica cruciale per la prosperità

Correlazione fra apertura commerciale e Pil pro capite secondo la dimensione del Paese, 2021

Per comprendere meglio i fattori di successo dei piccoli Paesi, il Csri ha sviluppato due strumenti: l’indicatore di vulnerabilità economica (Evi) che misura l’esposizione di un’economia agli shock, e l’Indicatore di resilienza economica (Eri) che fornisce un quadro di riferimento per valutare la solidità economica di un Paese nell’affrontare tali shock, nonché la disponibilità ad adattarsi a circostanze economiche mutevoli.

I Paesi di piccole dimensioni si trovano soprattutto in Europa (31%) e in Asia (26%), pur con caratteristiche geografiche e di sviluppo anche molto diverse. Quasi i due terzi appartengono ai Paesi a reddito medio-alto o alto, mentre le quote corrispondenti tra i Paesi medi e grandi sono decisamente inferiori. Significativa è la pronunciata correlazione positiva tra apertura commerciale e Pil pro capite.

Giugno 2023 TM · 41
ZAF Apertura commerciale (Importaz. + esportaz. in rapporto al Pil, %) 0 50 100 150 200 250 300 350 400 0 20,000 40,000 60,000 80,000 100,000 120,000 140,000 BEL CHE IRL NLD SGP SMR QAT MLT AUT DNK NOR SWEDEU USA CZE FIN GRC HUN PRT KOR POL MEX ISR NZL ESP GBRITA AUS BRA CAN CHN FRA IND JPN TUR
■ Molto piccoli ■ Piccoli ■ Medi ■ Grandi Pil pro capite (Ppa,
Fonte:
Usd)
Banca mondiale, Fmi, CS
Fonte: Onu, Credit Suisse ■ Oceania ■ America ■ Europa ■ Asia ■ Africa 0 20 40 80 100 60 Molto piccoli Piccoli Medi Grandi 47% 35% 21% 18% 32% 27% 18% 32% 21% 25% 34% 34% 14% 26% 16%
popolazione e superficie, per regione, 2021
reddito per dimensione
Fonte: Banca Mondiale, CS ■ Reddito elevato ■ Reddito medio-alto ■ Reddito medio-basso ■ Reddito basso 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Molto piccoli Piccoli Medi Grandi
Fonte: Onu, Credit Suisse ■ Paesi molto piccoli ■ Medi ■ Grandi
Paese, 2021
Africa
■ Piccoli

La Svizzera è fortemente esposta agli shock internazionali... ma sa

Indici sintetici (cerchio con linea nera = mediana di 32 Paesi), 2023

Rischio sanitario

Rischio catastrofi naturali

Capitale umano straniero

Importazioni energia

La Svizzera offre un perfetto esempio di come un Paese piccolo riesca a gestire gli shock internazionali. Questo benché gli stretti legami con altri Paesi a livello commerciale e la provenienza della sua forza lavoro la espongano alle fluttuazioni globali. Prima nella classifica della vulnerabilità, lo è anche in quella della resilienza.

Sei piccolo... così

Apertura economica

Concentrazine importazioni

Concentrazione esportazioni

... ma sa affrontarli, adattarsi e assorbirli

Infrastrutture

Innovazione

Uguaglianza e mobilità sociale

Capitale umano e salute

Governance

Per costruire l’indicatore di vulnerabilità economica sono state selezionate sette componenti: apertura economica (peso del 40%), concentrazione delle importazioni (15%), concentrazione esportazioni (15%), importazioni di energia (10%), capitale umano straniero (10%), rischio di catastrofi naturali (5%), rischio sanitario (5%). Nove dei quattordici piccoli Paesi del campione valutati, che comprende 32

Quando si parla di Paesi, non esiste una definizione univoca di ciò che viene considerato piccolo. In letteratura, le dimensioni di un Paese sono spesso concettualizzate da una misura unidimensionale come la popolazione, l’area territoriale o un indicatore di peso economico come il prodotto interno lordo o il reddito nazionale. Il numero di abitanti o il Pil possono fornire una buona idea delle dimensioni del mercato interno, mentre il territorio può illustrare la capacità di un Paese di produrre beni e servizi e la disponibilità di risorse naturali. Altri approcci si basano su variabili strutturali come il grado di partecipazione e riconoscimento nella politica internazionale, le caratteristiche geografiche o la dotazione di risorse e infrastrutture. Lo studio di Credit Suisse adotta invece un approccio multidimensionale, che utilizza l’analisi delle componenti principali per sovrapporre la dimensione del territorio alla popolazione e calcolare un indice delle dimensioni del Paese. Ad esempio, una nazione come la Norvegia ha una superficie simile a quella della Germania, ma solo il 6% circa della sua popolazione, perciò la prima è classificata come piccola e la seconda grande. Fra i 193 Stati membri dell’Onu risultano 86 piccoli Paesi, ubicati nelle diverse regioni del mondo, la maggior parte in Europa (31%) e in Asia (26%). Si differenziano per le caratteristiche geografiche (ad esempio, l’Austria rispetto all’Oman) e per livello di sviluppo (Singapore e Malawi). Più di un terzo risultano ad alto reddito secondo la Banca Mondiale, una quota molto più elevata rispetto ai Paesi di medie e grandi dimensioni, anche se il 14% è classificato a basso reddito.

I Paesi piccoli si differenziano anche per valori culturali e caratteristiche politiche e sociali. Alcuni hanno una lunga storia come Stati sovrani, mentre altri hanno raggiunto l’indipendenza solo di recente. Nonostante tale eterogeneità condividono alcune importanti analogie, come il problema della rappresentanza e dell’influenza nella politica internazionale, le diseconomie di scala nella fornitura di beni pubblici e nella diversificazione delle attività economiche, nonché l’elevato grado di vulnerabilità agli shock.

Stabilità macroeconomica

Diversificazione economica

Spazio politica fiscale e monetaria

Solidità finanziaria

Protezione sociale

Efficienza mercato

Stati perlopiù molto sviluppati, mostrano una vulnerabilità superiore alla mediaIrlanda, Svizzera e Belgio in testa.

L’indicatore di resilienza economica (Eri) include a sua volta due sottoindicatori ugualmente ponderati che ne rappresentano le due dimensioni costitutive. Da una parte, la solidità economica, che è data dalla stabilità macroeconomica, da una solida protezione sociale, dalla diversificazione economica, dallo spazio di politica fiscale e monetaria e da un settore privato finanziariamente sano. Dall’altra parte, mentre si moltiplicano le fonti di shock internazionali, tra cui il rischio di pandemie e il cambiamento climatico, la resilienza va interpretata in chiave di prontezza economica, da stimarsi in termini di buona governance, efficienza del mercato, innovazione, infrastrutture e capitale umano (voce che cattura il benessere della popolazione in senso lato, ossia in termini di istruzione, salute e partecipazione al lavoro), uguaglianza e mobilità sociale, comprendendo da ultimo anche un sano equilibrio fra sovranità e relazioni internazionali prudenti.

Nel complesso la classifica Eri suggerisce che i Paesi piccoli mostrano un alto livello di resilienza economica, mentre molti grandi si trovano in fondo. Realtà come la Svizzera e la Danimarca si piazzano al primo e al terzo posto.

Proprio la Svizzera, in quanto piccola economia aperta, ha ripetutamente dimostrato la capacità di affrontare e adattarsi alle nuove sfide: la forza del franco, la carenza di forza lavoro e la flessibilità di reazione alla pandemia e alle tensioni geopolitiche danno prova non solo di un’imprenditorialità dinamica e di una buona governance, ma anche di un’economia resiliente. Se la dipendenza energetica

42 · TM Giugno 2023
Fonte: Credit Suisse

Indicatore di vulnerabilità economica (Evi)

Componenti dell’indice sintetico

Apertura economica

Indicatore di resilienza economica (Eri)

(media del campione = 0), 2023

Infrastruttura

Diversificazione economica

Rischio sanitario

Rischio catastrofi naturali

Capitale umano straniero

Concentrazione importanzioni

Concentrazione esportazioni

Importazioni energia

I Paesi piccoli presentano spesso un alto grado di vulnerabilità economica, discendente dalla loro forte apertura commerciale, che compensano però con la loro stabilità interna e la diversificazione economica, insieme alla capacità di assorbire gli shock e di adattarsi a contesti variabili.

può essere contenuta grazie all’idroelettrico, piogge permettendo, e per ora al nucleare, innegabile è la forte esposizione alle fluttuazioni del commercio globale con un export che, eccezion fatta per l’industria chimica e farmaceutica (che ne costituisce il 52%) per il resto si fonda su prodotti strettamente suscettibili alle perturbazioni economiche, ad esempio l’orologiero (8%), ma anche macchinari (13%) e strumenti di precisione (7%) nell’industria. L’Unione europea non solo è il principale partner commerciale, ma con una percentuale relativamente alta di capitale umano straniero (26%) molti settori, quali la tecnologia, l’edilizia e la sanità, si affidano in larga misura a lavoratori stranieri, soprattutto dell’Ue, per cui qualsiasi interruzione di questo accordo avrebbe gravi ripercussioni. Con 14 delle prime 500 aziende in termini di capitalizzazione di mercato, le multinazionali contribuiscono in modo significativo al Pil elvetico e impiegano circa un terzo della forza lavoro. Sono però le numerose piccole e medie imprese a costituire la spina dorsale dell’economia, il 99% del totale, e a determinarne la resilienza. Dal canto loro, possono beneficiare della stabilità macroeconomica, di solide disposizioni in materia di assicurazioni sociali, dell’elevato grado di diversificazione economica e di un considerevole spazio di politica

Innovazione

Equità e mobilità sociale

Capitale umano e salute

Spazio di politica fiscale e monetaria

Solidità finanziaria

Protezione sociale Efficienza mercato

Paesi piccoli

Medi Grandi

Alta vulnerabilità, alta resilienza

Rapporto fra Evi e Eri, per Paese, indici sintetici (media del campione = 0), 2023

fiscale. Mercati efficienti, infrastrutture solide, normative favorevoli alle imprese e una forza lavoro altamente istruita, innovativa e sana la preparano ad affrontare nuove sfide, a contrasto ad esempio con la Grecia, che si colloca di fatti all’opposto della classifica, pagando la forte dipendenza economica da due settori principali, il turismo e il trasporto marittimo, e politiche fiscali insostenibili.

Va però sottolineato come se in apparenza la ‘potenza fisica’, storicamente associata all’estensione territoriale e alla forza militare, ha iniziato a contare di meno decorrelando di fatto la taglia dal successo economico, al contempo un numero crescente di Stati si rivela disposto a partecipare a organizzazioni internazionali o ad alleanze sovranazionali in cambio di vantaggi economici e di un maggiore peso politico, come nel caso emblematico dell’Unione europea, al di là del presunto afflato culturale. La globalizzazione ha infatti rafforzato i fattori che possono indebolire la sovranità di un Paese, come i flussi finanziari internazionali, le multinazionali o la presenza di problemi globali

che possono essere risolti solo attraverso un’azione congiunta.

Che le dimensioni tornino a costituire un vantaggio comparativo lo ricordano le attuali condizioni geopolitiche: la guerra tra Russia e Ucraina, le tensioni sino-americane e il profilarsi di un blocco non allineato di Paesi emergenti stanno trasformando il mondo in un sistema multipolare, dove la fiducia reciproca tra Paesi e governi non possono essere dati per scontati. A queste si uniscono sfide come quelle sperimentate durante la pandemia e i cambiamenti climatici al centro dell’azione politica, sollevando ulteriori vulnerabilità che Paesi piccoli e grandi sono diversamente attrezzati per affrontare e superare. Mostrando che in questo caso, apertura o meno, si è tutti trasversalmente colpiti, basti pensare a una Svizzera che se pure genera solo lo 0,1% delle emissioni globali dirette, paga allo stesso prezzo il surriscaldamento del pianeta e in egual misura è chiamata a impegnarsi nella transizione.

Giugno 2023 TM · 43
Fonte: Credit Suisse ■ Paesi piccoli ■ Medi ■ Grandi
AUT BEL CHE CZE DNK FIN GRC HUN IRL ISR NLD NOR NZL PRT ESP GBR ITA KOR POL SWE AUS BRA CAN CHN DEU FRA IND JPN MEX TUR USA ZAF -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2 Indicatore di resilienza economica (Eri) Indicatore di vulnerabilità economica (Evi)
Stabilità macroeconomica
Governance
Fonte: Credit Suisse

Un inossidabile filo conduttore

Soddisfare le esigenze più tecniche di settori quali l’orologiero, il medicale e l’alimentare con un filo d’acciaio: il materiale perfetto per ottimizzare processi come il lavaggio, l’automazione e la cottura di cibi. Per rispondere alla concorrenza internazionale delle produzioni a basso costo, Plastifil di Mendrisio, giunta ormai alla quarta generazione, punta sulla personalizzazione e l’ingegnerizzazione delle sue soluzioni, che progetta, sviluppa e produce curando ogni dettaglio.

Erano semplici accessori domestici, come frustini da cucina o gabbiette per uccelli, quelli che la Facta - Fabbrica Articoli Casalinghi, Tele e Affini - iniziò a produrre nel 1934. Vent’anni dopo, la sede si è spostata da Capolago a Mendrisio, proseguendo la sua attività ribattezzata Plastifil dall’avvento della plastificazione del filo. Era l’epoca d’oro degli espositori per edicole e negozi, che produceva per tutta la Svizzera. Ma è stata poi la progettazione di cestelli per lavastoviglie ad averle aperto il mercato del lavaggio, permettendo di costruirsi le competenze che, quando è subentrata la concorrenza dai vari Est del mondo, le hanno consentito di fare il salto di qualità orientandosi verso settori sempre più tecnici: quelli le cui richieste più esigenti in termini di qualità e precisione, soltanto chi è allo stato dell’arte e investe nella cura del dettaglio sa soddisfare. Non a caso, due settori dagli standard qualitativi estre-

mamente elevati come l’orologiero e il medicale si rivolgono a Plastifil. «Mentre altri ambiti quali il design, in cui siamo nati, sono finiti ad appannaggio di nazioni a basso costo, noi ci siamo focalizzati sullo sviluppo, dalla concezione alla validazione, di soluzioni ingegnerizzate e articoli di precisione complessi in filo di acciaio, soprattutto inossidabile», illustra il Presidente di Plastifil Martino Piccioli. «Ogni fase di lavorazione viene svolta internamente: dalla creazione delle attrezzature ai diversi processi. Testiamo la fattibilità produttiva, progettiamo i prototipi, proponiamo eventuali migliorie per ottimizzare i costi e massimizzare la resa. Attraverso un’ampia verticalizzazione dei processi siamo in grado di avere flessibilità e controllo sulla qualità e di gestire in modo ottimale i flussi per piccole e grandi serie», sottolinea.

Il ‘filo’ conduttore è anche dato da una famiglia giunta ormai alla quarta generazione: a fondare l’azienda è stato il

prozio di Martino Piccioli. Per diversi decenni, Plastifil è stata guidata da suo nonno Mario Snozzi, scomparso l’anno scorso, personalità molto amata del territorio anche per il suo coinvolgimento nella comunità con tante iniziative a sostegno di realtà del mondo culturale e sportivo. Entrato dieci anni fa nel Cda con le due sorelle, Elisa e Cristina, dal 2016 Martino Piccioli ha preso le redini, affiancato dal Ceo Michele Matis. Insieme, confrontandosi con le insidie di un mercato sempre più globalizzato, hanno attuato un cambio di marcia e proseguito sulla strada dell’innovazione potendo contare sulla solidità economica dell’azienda. Da allora la cifra d’affari è aumentata del 40% e il portafoglio ordini è raddoppiato. Sapersi rivolgere a settori anche distanti come il food processing, il medicale, l’orologiero, l’automotive e o la meccanica di precisione, è più che una rarità per chi realizza prodotti in filo. È proprio questa diversificazione a fare la forza di Plastifil.

44 · TM Giugno 2023
economia / aziende

Da ultimo, le ha permesso di assorbire l’impatto della pandemia, continuando a lavorare per il medicale finché gli altri settori erano fermi, per poi riprendere a pieno regime da un anno a questa parte, tanto da veder crescere i dipendenti da 140 agli attuali 195.

Sotto il suo tetto - per inciso, dallo scorso anno munito di un impianto fotovoltaico tra i più importanti del Cantone, con una produzione di 1GWh di elettricità rinnovabile annua (pari al fabbisogno di oltre 200 economie domestiche), che è l’emblema del suo impegno ambientale per la riduzione delle emissioni - Plastifil garantisce diverse lavorazioni, dalla piegatura filo e saldatura, a processi di termolaccatura e galvanica, insieme a un piccolo reparto di stampaggio a caldo di materiali non ferrosi. «Capita di offrire questi servizi conto terzi, anche se al momento il carico di lavoro interno lo consente solo di rado. Al di là delle difficoltà nel far combaciare tutti questi processi, in termini sia di logistica sia di investimenti necessari per rimanere allo stato dell’arte, è proprio questa struttura a permetterci di essere flessibili e meno facilmente at-

Da sinistra, le fasi di saldatura robotizzata e di piegatura del filo; un cesto per strumenti medicali e un fermo immagine del processo di lavaggio. Il filo di acciaio, attorno a cui si sviluppa l’attività di Plastifil, a Mendrisio, rappresenta il non plus ultra per le sue proprietà, garantendo leggerezza ma solidità, durevolezza, minima schermatura degli ultrasuoni, perfetta lavabilità, sgocciolamento ed è ottimale in fase di asciugatura.

«Mentre i prodotti meno complessi sono finiti ad appannaggio di nazioni a basso costo, noi ci siamo focalizzati sullo sviluppo, dalla concezione alla validazione, di soluzioni ingegnerizzate e articoli di precisione complessi in filo di acciaio, soprattutto inossidabile»

taccabili dalla concorrenza, che prima di arrivare a una tale varietà deve avere un parco macchine e un know-how molto ampio», osserva il Presidente di Plastifil.

Un’azienda artigianale nella cura del dettaglio, ma con un’organizzazione e processi industrializzati, come tipico di tante realtà ticinesi di eccellenza. «Nel settore tecnico, che rappresenta un 20% del fatturato, lavoriamo con i grandi marchi dell’orologeria svizzera, progettando e producendo cesti per il lavaggio delle loro componenti. Si tratta di lavorazioni anche molto complesse, che spesso comportano un intervento manuale nei processi di saldatura e rettifica per poter assicurare vassoi in filo ad alta precisione. Anche con clienti consolidati come questi, il nostro impegno sull’innovazione è continuo. L’automazione delle loro linee di produzione richiede una precisione ancora maggiore da parte nostra. Ad esempio, aumentando il carico portato da ciascun vassoio, è essenziale che ogni singola componente, mentre viene trattata, rimanga nel suo alloggiamento, senza correre il

rischio di oscillare, incastrarsi, rovinarsi con l’attrito o cadere, anche quando le squelette vengono ribaltate a 360 gradi. Ci sono poi incarichi speciali per cui ci viene richiesto di realizzare magari soltanto una decina di pezzi», descrive Michele Matis.

Nell’automotive si collabora con partner di lunga data che sono leader mondiali, anche se non mancano le incognite con l’elettrico a subentrare alle motorizzazioni attuali sottraendo componenti meccaniche.

Un 25-30% dell’attività è generata dal medicale: cliente numero un leader internazionale nel settore delle protesi articolari, insieme a diversi altri importanti nomi svizzeri e internazionali. Plastifil offre cesti, sistemi completi e vassoi per il lavaggio, sterilizzazione e stoccaggio per strumenti di chirurgia e protesi medicali, chiaramente su misura e conformi alla certificazione Fda.

Nel tempo è venuta invece assottigliandosi la quota di lavoro nel design, un settore verso cui Plastifil vanta comunque una certa affezione, pur trattandosi di

Giugno 2023 TM · 45

Nuovo stabilimento a Mendrisio

Creazione reparto stampaggio a caldo

Ormai alla quarta generazione, nei suoi 90 anni di storia Plastifil ha saputo adeguarsi ai bisogni del mercato, innovativa nelle soluzioni.

lavori a commessa: prodotti a Mendrisio, sono banchi e sedie sui quali hanno studiato molti alunni del Cantone e che arredano tante sale multiuso e mense.

«Oggi, insieme al tecnico e al medicale, un altro settore di punta è quello del food, che genera tra il 35 e il 40% del

Ampliamento stabile Automazione processi

Ampliamento stabile Impianti di rivestimento

nostro fatturato. Pur essendo un ambito più standardizzato nelle sue richieste, anche qui abbiamo tanti clienti storici per i quali continuamente sviluppiamo nuove soluzioni: cesti per friggitrici, bollitura e cooking center, ad esempio per un gruppo tedesco che ne è leader mondiale. Un secondo prodotto sono le griglie per macchine da caffè, come quelle di un importante nome svizzero che fornisce una rinomata catena di caffetterie a livello mondiale. Infine ci occupiamo anche delle griglie dei forni per brand di alta gamma,

Ticino, terra di imprese familiari

Cambio ai vertici per l’Associazione Imprese Familiari Ticino (Aif-Ticino). A

8 anni dalla Fondazione, il Presidente fondatore Flavio Audemars ha lasciato il timone a Martino Piccioli: un passaggio di consegne che dà un significativo segnale di apertura e coinvolgimento delle nuove generazioni. «Già oggi l’Associazione è molto vissuta anche dai membri più giovani: ci si incontra volentieri e ci si scambiano esperienze, in particolare sulla governance familiare, avendo la preziosa occasione di confrontare i punti di vista complementari di diversi settori», commenta il neoeletto Presidente.

L’importanza crescente delle imprese di famiglia nel tessuto economico regionale è confermata anche dall’aggiornamento delle cifre raccolte dall’Osservatorio Aif-Supsi, che anzi sottolinea come, soprattutto in fasi economiche incerte, la loro rilevanza aumenti, al pari del loro contributo alla stabilità del territorio.

Secondo le stime - basate su 8.383 aziende a controllo familiare (6.383 Sa e 2.000 Sagl) - in Ticino forniscono lavoro a oltre 83mila collaboratori con ricavi aggregati per circa 17,7 miliardi di franchi, dati entrambi in crescita rispetto al rilevamento del 2019. Il 61% delle Sa è alla seconda generazione, il 21% è alla terza. Nel 22% dei casi c’è una completa corrispondenza tra proprietà e direzione, percentuale pressoché uguale per le Sagl, che per l’82% sono alla seconda generazione. In entrambi i casi predominano nettamente le realtà del terziario (80% Sa, 65% Sagl).

Un aspetto interessante riguarda la produttività degli investimenti, ovvero i ricavi rispetto agli attivi che si situa a 2,6 per le imprese familiari ticinesi, contro una media di 2,4 a livello svizzero, evidenziandone così le competenze di natura produttiva e industriale. «Prima ancora di esser aziende, siamo famiglie, viviamo nel territorio e speriamo che l’azienda arrivi alla generazione successiva. I nostri figli crescono qui, è naturale pensare al bene dell’ecosistema del Cantone, da un lato facendo il tifo per aziende che siano competitive sui mercati internazionali, dall’altro affinché il Ticino rimanga un posto attrattivo per fare impresa», conclude il nuovo Presidente di Aif-Ticino.

Adesione al programma federale volontario di riduzione emissioni CO2 entro il 2029

Certificazione

plant europeo

ma chiaramente non possiamo tenere il passo con le produzioni a basso costo di altre nazioni, dove ci sono competitor che realizzano un milione di griglie in acciaio cromato contro alcune decine di migliaia delle nostre», precisa Michele Matis.

In apparenza un cesto prodotto oggi potrebbe sembrare identico a quello di vent’anni fa. A essere cambiata, come detto, è l’esigenza di precisione: oggi se ogni dettaglio non è perfetto, quel pezzo non sarà integrabile in una linea di produzione automatizzata. «Per cui da un lato si tratta di accompagnare i clienti storici nell’evoluzione continua dei loro processi di produzione e dei loro requisiti ma, al contempo, di spingere sull’individuazione e l’acquisizione di nuovi clienti che abbiano bisogno di un prodotto con un valore aggiunto importante, e siano quindi disposti a pagarlo», osserva il Ceo.

Se la quota di export si aggira sul 3040% a seconda degli anni, indirettamente Plastifil esportatrice lo è quasi integralmente, in quanto le sue stesse clienti - anche svizzere - hanno spesso una presenza mondiale, dagli Usa all’Asia. «Il che ci espone però all’effetto cambio in maniera importante, anche se paradossalmente ci siamo accorti che a volte è proprio la clientela elvetica a essere maggiormente sensibile. Tuttavia anche negli ultimi anni siamo riusciti a farci apprezzare, cosa non scontata. Capita il cliente che compra da noi i cesti per spedirli nei suoi stabilimenti di produzione in Tailandia, perché a contare è la qualità e l’ingegnerizzazione che sappiamo offrire», sottolinea Martino Piccioli. Oggi Plastifil lavora soprattutto con clienti basati in Svizzera, Germania, Francia e Canada. «In futuro puntiamo a una proiezione sempre più marcata in Europa, con una selezione mirata di clienti dove individuiamo del potenziale per capitalizzare i nostri punti di forza, con reciproco vantaggio. Ad esempio, ci sono partner interessanti con cui abbiamo

46 · TM Giugno 2023
1943
1968
1990
2013 Inaugurazione
2015 2016 2019 2022
IV generazione nel CdA
ISO
1934 Fondazione Facta Sa a Riva San Vitale 1958 II generazione
Direttore generale 1980 III generazione nel CdA 2005 Martino Piccioli
9001:2015 e FDA
Mario Snozzi
Cob Michele Matis Ceo

avviato progetti a nord della Germania», osserva il Presidente.

A innovare obbliga il cliente stesso: se per lui l’ottimizzazione passa da uno sconto, il produttore è costretto a farlo corrispondere a un vero abbassamento dei costi. «Cerchiamo di mostrare quanto facciamo a livello di R&D condividendo con il cliente il learning dell’investimento, in modo che ancor prima che ci venga richiesta una riduzione dei prezzi siamo noi a spiegare perché possiamo praticarla, senza che vada a scapito della qualità», sottolinea Michele Matis. In media, il 5% del fatturato annuo è reinvestito in R&D. Macchinari, ma anche sistemi gestionali e marketing.

In quest’ottica, anche per la stessa Plastifil l’automazione diventa strategica. Se già oggi il personale scarseggia, in vista del mancato ricambio generazionale alla fuoriuscita imminente dei babyboomer, l’unica soluzione percorribile la offre la tecnologia. «Negli ultimi anni stiamo integrando robot universali che aiutano ad abbattere i costi. Non è questione di rimpiazzare l’uomo con una macchina per risparmiare, quanto l’unico modo per continuare a produrre nel prossimo futuro quando non avremo più le persone necessarie, che già oggi si faticano a trovare, specialmente per i ruoli altamente qualificati, dove la concorrenza è ormai internazionale. Questo lo diciamo come azienda d’altro canto molto sensibile alla formazione degli apprendisti, ne abbiamo puntualmente una decina, ma fatichiamo sempre più a trovarli. In una realtà come la nostra hanno il vantaggio anche di potersi cimentare nelle diverse funzioni, dalla progettazione alla polimeccanica, dalla logistica al commerciale», sottolinea il Presidente di Plastifil.

Nel territorio, la sua famiglia è molto ben radicata e non intende dislocare. Tuttavia ha avvertito la necessità di avere un secondo stabilimento produttivo oltreconfine, inaugurato lo scorso anno nell’Est Europa dopo che la pandemia aveva costretto a posticiparne l’apertura. Da una parte assolve a una richiesta che sta emergendo dalle nuove politiche di analisi dei rischi delle aziende clienti, che pongono l’obbligo di avere un secondo plant per garantire continuità. In caso contrario, sono costrette a suddividere gli incarichi fra due diversi fornitori. «D’altro canto, il pericolo è quello di diventare troppo di nicchia. Finora era-

«Cerchiamo di mostrare quanto facciamo a livello di R&D condividendo con il cliente il learning dell’investimento, in modo che ancor prima che ci venga richiesta una riduzione dei prezzi siamo noi a spiegare perché possiamo praticarla, senza che vada a scapito della qualità»

vamo in grado di garantire soltanto il supercomplicato, mentre il nostro nuovo plant europeo ci consentirà di rimanere competitivi anche sul medium range, che serve anche ai clienti che comprano i nostri prodotti ad alto valore aggiunto. Se offriamo entrambi, abbiamo capito che volentieri si servono per tutti e due da noi, apprezzando qualità e responsabilità dell’azienda. Altrimenti il rischio è che essendo costretti a comprare altrove questi prodotti in filo di livello medio, ci abbandonino un giorno anche sul resto.

Ciò detto, aprire una filiale all’estero è sempre complesso e, da azienda con 90 anni di esperienza, abbiamo la consapevolezza che occorrerà tempo per installare la nostra cultura», spiega Michele Matis.

L’impegno dell’azienda a favore dell’e-

Food e orologiero sono fra i settori di punta per Plastifil, capace di accompagnare i suoi clienti nei loro processi di innovazione con soluzioni personalizzate e ingegnerizzate.

cosistema produttivo regionale è confermato dalla presenza di Martino Piccioli nei comitati di organizzazioni come Aiti e l’Unione svizzera degli imprenditori, ma soprattutto dalla recente nomina a presidente di Aif (Associazione Imprese di famiglia) Ticino.

Un’azienda di 90 anni non è certo una start up, tuttavia grazie alla lunga esperienza e alle diverse competenze specialistiche radunate sotto lo stesso tetto, realtà come queste sono veri e propri ‘centri di competenze’, dove quotidianamente si fa innovazione (di prodotto, di processo, di applicazione,…). Quella che permette alle aziende di durare nel tempo, guadagnare posti in classifica sui mercati internazionali e alimentare la ricaduta sul territorio. Con una media di 250 progetti sviluppati all’anno per i suoi clienti, quasi uno per giorno lavorativo, Plastifil ne è l’esempio perfetto.

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Michele , Ceo di Plastifil Sa

Il business del turismo d’affari

I viaggi legati a meeting, incentive, congressi ed eventi (Mice) generano un quinto dei pernottamenti a livello sia nazionale sia cantonale, con un significativo ritorno economico associato al turista business. Con il Ticino Convention Bureau, la Svizzera italiana punta al salto di categoria, valorizzando complementarietà e personalizzazione della sua offerta territoriale.

Per la Conferenza Internazionale sui Linfomi Maligni di Lugano (Icml) l’edizione del quarantesimo anniversario, festeggiato nel 2021, era stata surreale: pressoché deserte le sale della storica sede del Palazzo dei Congressi, trasformata in centrale operativa con quattro studi televisivi, ma paradossalmente record di partecipanti, cinquemila, un migliaio in più di quelli che fisicamente la destinazione potrebbe accogliere. La lezione: possibilità di ampliare e democratizzare gli accessi grazie all’adozione di una piattaforma virtuale, ma al contempo constatazione della differenza che intercorre tra presenza e distanza. Se il raffronto fra i due paradigmi allinea pregi e difetti, dal punto di vista del ritorno economico e di immagine il valore che discende dall’evento in presenza è indiscutibile (limitandosi all’indotto diretto, fra i 10 e i 13 milioni di franchi di incassi secondo le stime di qualche anno fa), anche per coloro che lamentano il sovraffollamento nel periodo estivo. Felicemente tornato a farsi sentire quest’anno, con l’arrivo di oltre quattromila partecipanti

tra il 13 e il 17 giugno e la tensostruttura nel Parco Ciani ad affiancare le più tradizionali venues.

Punto di riferimento per gli specialisti impegnati nello studio di biologia, diagnosi e cura dei linfomi maligni, l’Icml non rappresenta un unicum soltanto per il suo prestigio scientifico, ma è anche il congresso di punta del calendario (biennale) Mice in Ticino.

L’acronimo - Meeting, Incentive, Congress, Event - indica, in opposizione al turismo leisure, quello d’affari, di cui i congressi rappresentano in realtà solo una piccola parte, sia in Svizzera sia in Ticino, mentre i segmenti Meeting e Incentive sono i due più importanti a livello numerico (circa il 75-85% delle richieste). Nel suo complesso genera circa un quinto dei pernottamenti. Grazie anche a una clientela che tende a prolungare il soggiorno, ama farsi accompagnare da almeno un familiare o tornare successivamente, e che spende più del consueto turista.

La ripresa dell’Icml quest’anno fa parte di un trend che il settore sta conoscendo su scala globale dopo la paralisi degli anni

Da 40 anni, il convegno Icml fa di Lugano la capitale internazionale dello studio sui linfomi maligni. Congresso più importante del Ticino, attira oltre 4.000 professionisti, generando un notevole indotto e ritorno di immagine per il territorio.

pandemici. «Quello che si configura non è però semplicemente un ritorno allo status quo ante 2020: si sta imponendo un nuovo modello. Da un lato conferma come quando si tratta di business sia fondamentale poter approfittare delle occasioni di interazione e networking che si generano in margine a un convegno o un evento, in un clima più conviviale oppure, per le aziende, poter creare dei momenti di team building, altrimenti rari nelle dinamiche di ufficio odierne. Dall’altra parte, si nutre della nuova sensibilità, sempre innescata dalla pandemia, che premia proprio la voglia di contatto con la natura, ma anche la disponibilità a spendere di più per stare bene», sottolinea Thomas Amiconi. In una ventina di anni la sua agenzia

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economia / turismo

Amiconi Consulting, basata a Lugano, si è affermata internazionalmente quale Professional Congress Organizer (Pco) e Destination Management Company (Dmc), offrendo tutta la gamma di servizi legati all’organizzazione di congressi, meeting, viaggi incentive, seminari ed eventi in genere. Il che richiede di lavorare in stretta sinergia con l’ampia gamma di attori che alimenta la filiera. Il fiore all’occhiello fra la sua clientela nazionale e internazionale è l’Icml, di cui coordina le necessità alberghiere come anche di transfer per e da Lugano, di richieste di sale meeting come anche di molteplici altri servizi a supporto della partecipazione di società farmaceutiche.

«Non appena archiviata un’edizione, già ci stiamo attivando per la successiva del 2025. A causa della penuria di stanze, le case farmaceutiche partecipanti cercano di prenotare subito quelle più vicine a Lugano, anche se chiaramente dobbiamo appoggiarci all’intero Ticino, da Locarno e Bellinzona a Mendrisio e anche oltre frontiera. Ci viene richiesto di soddisfare una domanda di circa tremila stanze, una cifra difficile da raggiungere se si pensa che in Ticino solo pochissime sono le strutture alberghiere facenti parte di brand alberghieri internazionali, l’hotel con più camere ne ha 131, mentre la media è di una sessantina, con una parte di stanze assegnate a clienti abituali o tour operator», sottolinea Thomas Amiconi.

Il tentativo di destagionalizzare il convegno per evitare la sovrapposizione al periodo turistico estivo, peraltro caratterizzato da prezzi alti, è vanificato dalla necessità di ‘abbinarlo’ ad altri congressi internazionali del settore come Asco e Eha che precedono di pochi giorni Icml. Peraltro quest’anno questo congresso è il primo di una serie di altri, questi nazionali, quali nell’ordine: falegnami svizzeri e costruttori svizzeri, tutti e due assistiti dalla Amiconi Consulting.

In particolare, Lugano sta diventando un punto di riferimento per la ricerca oncologica di livello internazionale: lo scorso marzo si è tenuto il convegno dedicato ai tumori rari e sarcomi della European Society for Medical Oncology (Esmo), che ha sede a Lugano, mentre il prossimo aprile avrà luogo l’Advanced Prostate Cancer Consensus Conference (Apccc), entrambi curati dalla Amiconi Consulting, che conta un’ampia fascia di clientela fra le aziende del farmaceutico.

«Più che come una barriera, vedrei la forza del franco come un filtro per puntare su un turismo Mice di qualità, il che esige di lavorare al meglio sulla cultura dell’ospitalità e la cura del dettaglio. Non mancano le persone disposte a pagare quel tanto in più per un servizio eccellente»

«Non solo sul territorio, ma veniamo anche chiamati all’estero, pure non essendo noi direttamente gli organizzatori, a offrire la nostra mediazione come prestatari di servizi, occupandoci di logistica e accomodation», aggiunge Thomas Amiconi.

Al di là del grosso potenziale del Ticino come destinazione Mice, che dovrà però essere supportato da infrastrutture in linea con le aspettative, è la natura il punto di forza di un’offerta incentive estremamente variegata. Il territorio offre tanto in termini di outdoor: lago, trekking, bike, clima mediterraneo ma cura svizzera, un dettaglio di scelta incredibile, dalla cantina vitivinicola del Mendrisiotto alle cascate delle Valli, dal grotto al ristorante stellato, in quella città da 350mila abitanti che ormai è diventato il Cantone, anche grazie al Ticino ticket e al treno che in mezzora porta da Lugano a Locarno. «Anche la forza del franco, più che come una barriera la vedrei come un filtro che permette di puntare su un turismo di qualità, il che chiaramente esige di lavorare al meglio sulla cultura dell’ospitalità e la cura del dettaglio. Non mancano le

Destinazione prediletta per eventi professionali, dai congressi europei e internazionali agli ancor più gettonati meeting e viaggi incentive, la Svizzera ha nell’offerta Mice un asse strategico del turismo nazionale, grazie alla perfetta organizzazione, alla sua stabilità e all’ampia scelta di attività collaterali. Un segmento che dopo la battuta d’arresto pandemica sta rapidamente riprendendo quota.

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Thomas Amiconi, titolare Amiconi Consulting Sa
Un
Provenienza turisti
2019 Fonte: Switzerland Convention & Incentive Bureau, 2019 ■ Stati Uniti ■ Francia ■ Benelux ■ Svizzera ■ Regno Unito ■ India ■ Paesi Nordici ■ Sud Est Asiatico ■ Germania ■ Grande Cina ■ Giappone ■ Russia ■ Altro 16,3% 11,1% 8% 10,3% 13% 9,3% 3,2% 6,7% 12,7% 4,4% 2,4% Viaggi incentive e meeting i più apprezzati Svizzera, 2019 Fonte: Scib ■ Viaggi Incentive ■ Meeting /Seminari ■ Congressi ■ Altro 42% 34% 19% 5% Destinazioni predilette per gli eventi d’affari 2019 Fonte: Scib ■ Montagna ■ Grandi città ■ Piccole città ■ Campagna 0 25 50 54,7% 22,6% 14,4% 8,3%
business internazionale
Mice in Svizzera,

persone disposte a pagare quel tanto in più per un servizio eccellente», chiarisce Thomas Amiconi.

Ticino Convention Bureau. Se il turismo d’affari è già una realtà nella regione, si punta ora al salto di categoria grazie alla creazione di un nuovo centro di competenza a livello cantonale: il Ticino Convention Bureau (TiCB), nato questo aprile dalla volontà condivisa dell’Agenzia turistica ticinese, delle quattro Organizzazioni turistiche regionali e delle principali città del Cantone di professionalizzare la gestione del turismo d’affari nel Cantone e di promuovere in maniera cooperativa il Ticino come meta per l’organizzazione di eventi aziendali, congressi e matrimoni.

Proprio la battuta d’arresto della pandemia ha permesso di focalizzarsi sul progetto nel cassetto già da anni, trovando l’appoggio dell’Ufficio per lo sviluppo economico della Divisione dell’economia. «La visione del Ticino Convention Bureau è quella di contribuire alla prosperità del Ticino, quindi di generare indotto economico per i partner turistici sul territorio, attraverso la diversificazione, la complementarità e la personalizzazione dell’offerta nell’ambito del turismo d’affari. Il grande vantaggio è proprio quello di potersi avvalere delle sinergie con le quattro regioni e dalla complementarietà

dell’offerta territoriale, che consente di elaborare proposte su misura rispetto alle esigenze della clientela», sottolinea Samuel Righetti, coordinatore del TiCB.

Promozione, acquisizione, strutturazione dell’offerta e integrazione attiva dei partner sul territorio sono leve fondamentali per la missione del nuovo Centro di competenza. «Il radicale cambiamento di prospettiva sta nel porre al centro di ogni logica di promozione e vendita non più la regione, ma nel far prevalere l’orientamento al cliente, con le sue esigenze», evidenzia Samuel Righetti.

Sarà offerta una chiara proposta di valore: un servizio di consulenza e vendita one-stop shop, professionale, veloce e neutrale, spaziando dalla semplice consulenza specialistica sulle strutture e le attività Mice fino alla pianificazione e all’organizzazione del loro evento per tramite di agenzie ticinesi specializzate.

Senza escludere il posizionamento opportunistico della destinazione a livello europeo, l’obiettivo a medio termine è collocare il Ticino tra le sei prime destinazioni del settore in Svizzera, confrontandosi con importanti competitor quali Basilea, Berna, Engadina, Ginevra, Losanna e Montreux, Lucerna, San Gallo e naturalmente Zurigo. «Nonostante le altre destinazioni con i loro rispettivi Con-

Attività outdoor e cultura, con un dettaglio di scelta incredibile: il Ticino è una destinazione ideale per il turismo Mice grazie alla complementarietà delle proposte regionali.

vention Bureau siano attive da molti anni e investano fortemente sui mercati europei e internazionali per attirare la clientela Mice estera, il Ticino ha le qualità necessarie per centrare l’obiettivo dichiarato e questo grazie principalmente ai suoi punti di forza, a partire dalla diversificazione e complementarietà di offerta che ne fa il successo come destinazione leisure. Lo stesso fascino lo esercita in particolare su coloro che sono alla ricerca di soluzioni per eventi aziendali legati all’incentivazione, alla coesione e al team building. In questo senso il Ticino offre quasi 200 tipi di attività per gruppi, che rappresentano un magnete per la clientela Mice e anche per tour operator (o privati) che organizzano semplici viaggi di gruppo», sottolinea Samuel Righetti, trovando conferma nell’esperienza di Thomas Amiconi: «Si va dalla classica visita guidata, alle gite in battello, alle degustazioni di vini in cantine; molto apprezzate sono le attività di team building in cucina seguiti da uno

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© Switzerland TourismFoto Christian Meixner © Ticino TurismoFoto Jacques Perler © Switzerland Tourism © Hotel Bigatt

chef, ma anche esperienze più avventurose come un volo in elicottero e le tante attività outdoor per i gruppi più dinamici: mountainbike, rafting, canyoning, ... Attività da calibrare in base alle esigenze del cliente, il suo settore professionale, il numero di partecipanti, il bilanciamento fra donne e uomini, la provenienza e i loro interessi», esemplifica lo specialista.

D’altro canto, la lunga esperienza con meeting e congressi dimostra che il Ticino ha ottime carte da giocare anche in questi segmenti del settore Mice, come pure in altri relativamente nuovi come quello dei matrimoni.

Naturalmente ci sono aspetti su cui sarà necessario lavorare: «Rispondendo ai nostri compiti di consulenza strategica e operativa nonché di sensibilizzazione dei partner, ci impegneremo a sostenere le necessità della clientela del turismo d’affari e ad assicurarci della loro inclusione nelle logiche imprenditoriali e manageriali di creazione, sviluppo e gestione delle proposte che compongono il prodotto Mice del Ticino», osserva il coordinatore del Ticino Convention Bureau.

La sostenibilità è e sarà uno dei temi portanti nei prossimi anni: «Sarà necessario integrare nuove pratiche di management presso tutti i partner turistici affinché nasca un’autentica cultura legata al concetto di sviluppo sostenibile e, parallelamente, affinché ciò possa essere utilizzato come proposta di valore per la clientela Mice», conclude il coordinatore del TiCB. Un tema verso il quale sempre più turisti, leisure e business, portano attenzione. A maggior ragione nel caso dei congressi internazionali, con partecipanti che si spostano anche con voli intercontinentali e, arrivati sul posto, consumano e generano ulteriori emissioni. «È innegabile che l’impatto ci sia, ma si sta affermando un’attenzione crescente. Oltre a compensare le emissioni, come fanno anche diverse aziende nostre clienti, ci sono tanti aspetti minori su cui si può intervenire, dalla mobilità con la scelta di trasporti pubblici e dell’elettrico, alla moderazione di riscaldamento e condizionamento, la tipologia di stoviglie nel catering, prodotti a km zero, la riduzione di gadget e stampati», osserva Thomas Amiconi, ribadendo però come affidarsi unicamente a convegni virtuali sarebbe una forzatura che in non pochi casi andrebbe a detrimento dell’impatto positivo di questi convegni, generatori di nuove

«Intendiamo contribuire a generare indotto economico per i partner sul territorio, puntando su diversificazione, complementarietà e personalizzazione dell’offerta nell’ambito del turismo d’affari. Il radicale cambiamento di prospettiva sta nel porre al centro di ogni logica l’orientamento al cliente»

Tipologia di eventi Mice organizzati in Ticino

Sondaggio

I fattori di successo di una destinazione Mice

Sondaggio O-Tur, risposte degli operatori ticinesi, 2019

opportunità e progetti. L’Icml lo ha confermato con il successo del suo ritorno in presenza. Un ‘incentivo’ a investire ulteriormente in un segmento che nel turismo del futuro, anche ticinese e svizzero, ha da giocare un ruolo determinante, ancor più oggi, mentre cambiano i modelli di lavoro, comunicazione e coinvolgimento dei propri collaboratori e dei talenti che si vogliono attirare. Anche facendone ‘turisti d’affari’.

Atmosfera della destinazione e offerta incentive sono tra i punti di forza sui quali far leva per il posizionamento del Ticino come destinazione Mice, mentre bisognerà migliorare la reazione dei partner e la sostenibilità, fra gli obiettivi del nuovo Ticino Convention Bureau. Seminari e meeting sono tra gli eventi business più frequenti, a fronte della macchina organizzativa che richiede un congresso, pratica in cui comunque, Lugano in primis, vanta una consolidata esperienza.

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Fonte: O-Tur, 2019
Raggiungibilità Rapporto qualità-prezzo Qualità delle strutture Atmosfera della destinazione Offerta incentive Sostenibilità Tempo di reazione dei partner Capacità delle strutture 1 2 3 4 5 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Importanza Performace Fonte: O-Tur, 2019 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%
Osservatorio del
– O-Tur
o altre
ospitanti eventi, 2019 67,6% Seminari 67,6% Meeting 45,1% Seminari di formazione 36,6% Conferenze 28,2% Presentazioni Prodotto 35,2% Eventi Culturali o Sportivi 15,5% Congressi 15,5% Incentive 12,7% Altro 11,3% Esposizioni
turismo
tra alberghi
location
Righetti, coordinatore Ticino Convention Bureau

Pmi: tempo di responsabilità

Un’evoluzione della normativa svizzera, passata in sordina, ma in essere da più di un anno impone già da quest’anno, ad aziende di un certo tipo e a tutto il loro indotto, obblighi normativi e regolamentari aggiuntivi in ambiti ambientali, sociali e di risorse umane.

Il 1 gennaio del 2022 è entrata in vigore in Svizzera una nuova legge, (art. 964 a-c Co), che comporta per le grandi aziende pubbliche e gli istituti finanziari con più di 500 equivalenti a tempo pieno l’obbligo di diligenza e l’obbligo di pubblicare un rapporto sulle questioni ambientali, sociali e del personale, sul rispetto dei diritti umani e sulla lotta alla corruzione per l’intera attività e catena del valore in Svizzera e all’estero. Sulla base di questa legge, i primi rapporti dovranno essere pubblicati entro giugno 2024 per gli esercizi finanziari che terminano il 31 dicembre 2023

Sebbene a prima vista gli obblighi previsti dall’articolo 964 Co sembrino applicarsi solo a un numero limitato di grandi aziende, questa legge avrà in realtà un impatto importante sulla maggior parte delle imprese svizzere.

L’obbligo di diligenza che la legge impone ai diretti interessati vale infatti indirettamente anche per tutti i loro fornitori, di ogni ordine e grado, risalendo l’intera catena di fornitura.

Oltre alle imprese sopra citate, la legge impone gli obblighi di relazione (art.964j-l Co) anche alle aziende che mettono in circolazione in Svizzera minerali o metalli contenenti stagno, tantalio, tungsteno o oro provenienti da zone di conflitto. L’industria orologiera dovrebbe quindi essere direttamente interessata dalla normativa.

Infine, ma non da ultimo, gli stessi obblighi si applicano anche alle grandi aziende che offrono beni o servizi in Svizzera o all’estero dove c’è un fondato sospetto di ricorso al lavoro minorile. Potrebbero quindi essere particolarmente colpite le aziende che offrono beni o servizi provenienti dall’Asia, dall’Africa

«Al di là degli obblighi imposti alle aziende, l’adozione di misure di diligenza nelle aree Esg viene ormai considerata come standard di buona Governance. Alcune aziende, ad esempio, già ora si rifiutano di collaborare con imprese che non hanno adottato questi stessi standard»

chi in caso di omissione di pubblicazione del rapporto, come pure se è o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pubblicazione di aspetti extrafinanziari falsi.

Al di là, comunque, degli obblighi diretti o indiretti imposti alle aziende, l’adozione di misure di diligenza nelle aree Esg viene ormai considerata come standard di buona Governance. Alcune aziende, ad esempio, già ora si rifiutano di collaborare con imprese che non hanno adottato questi stessi standard.

Il compito che attende le aziende interessate è quindi enorme. Le aspettative della società sono elevate. Le normative si sviluppano rapidamente e in maniera sempre più complessa, richiedendo alle imprese di controllare la catena di approvigionamento, che spesso non è chiara né lineare e rispetto alla quale hanno poca influenza.

In questo contesto diventa indispensabile che le aziende prendano consapevolezza in tempi brevi dei potenziali rischi legati alla qualità e continuità dell’approvvigionamento e all’impatto ambientale. L’implementazione di misure di diligenza e di reporting richiede tempo e investimenti significativi. Le aziende che non agiscono immediatamente rischiano di danneggiare o addirittura perdere ciò che hanno dedicato tanto tempo a sviluppare: la loro reputazione.

o dalle Americhe, come quelle che operano nel settore delle commodities, degli alimenti o del tessile. Leggi simili sono state approvate in Europa e negli Stati Uniti, talvolta con effetti extraterritoriali.

Da considerare, poi, le pene per il Consiglio di Amministrazione. Questo può essere infatti multato fino a 100mila fran-

L’invito, perciò, è volto a non sottovalutare l’impatto di questa legge. Occorre strutturarsi per tempo, per garantire la continuità aziendale, proteggendo la reputazione della propria impresa e assicurarle un futuro sostenibile e responsabile.

Errata corrige di TM Aprile

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economia / normative
Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera

Eureka!

Al via una nuova epica avventura...

Nasce in questo primo numero, di un nuovo ciclo, Eureka. Il sicuramente ambizioso obiettivo di questa nuova rubrica è di concentrare entro poche pagine (e diversi byte) le migliori spinte innovative di quanto un certo tipo di economia e finanza possano offrire, unendo gli sforzi e le conoscenze di mondi molto distanti, ma altrettanto aperti al dialogo. Al pari del processo creativo alla base della nascita di una stella, gli ingredienti perché questo accada sono dei più disparati, ma il suo successo rimane comunque frutto del caso.

In un continente la cui spina dorsale sono e rimarranno le Pmi, non bisogna mai dimenticare che ogni azienda nasce quale Start up, innovativa o meno che sia. Le Start up, quasi sempre la scommessa di un team affiatato e sognatore, sono le stelle di domani, ma per accendersi hanno bisogno di molta fortuna e delle migliori premesse. Quali? Nemmeno il più saggio può saperlo, ciononostante non bisogna mai smettere di tentare.

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L’incertezza del pioniere

Aprire la strada per portare un cambiamento è una sfida impegnativa; si sa da dove si parte, mai dove si arriva. Senza un manuale d’istruzioni, ci si deve affidare all’empirismo.

Fondare una banca non è semplice. Non esiste un manuale d’istruzioni, né un esperto cui rivolgersi. Non ci sono scorciatoie, e nemmeno garanzie. C’è solo un obiettivo da raggiungere.

Nel 2019, all’epoca in qualità di Chief Digital Officer di banca Reyl & Cie, i partner della banca mi diedero un mandato più unico che raro: creare la prima banca privata digitale in Svizzera. All’inizio dominava l’entusiasmo. Avere la possibilità di costruire una banca dalle fondamenta era qualcosa che sognavo sin dalle prime esperienze nel settore, circa un decennio prima. Ho iniziato a immaginare tutti gli incredibili prodotti e servizi che avremmo potuto offrire, i cambiamenti culturali che avremmo avuto la possibilità apportare oltre all’importanza di avere uno scopo già all’interno della mission. Sebbene l’entusiasmo non sia mai svanito, subito dopo aver accettato ha iniziato a farsi largo un certo disagio.

Nel passaggio da banca Reyl, una realtà solida e consolidata, a un cantiere a cielo aperto, il peso delle responsabilità ha subito iniziato a farsi sentire. C’erano un’infinità di elementi da mettere a punto sia dal punto di vista aziendale - buste paga, contabilità, raccolta di capitale, marketing, assunzioni, gestione aziendale, ecc. - sia bancario - sviluppo tecnologico, compliance, operation, richiesta della licenza bancaria, ecc. Il problema principale? Io, in qualità di Ceo, non sapevo da dove cominciare. Questa insicurezza mi ha spinto a formulare molte ipotesi, generando inefficienze, cosa che ho capito dovesse finire quanto prima.

Pur non riuscendo a risolvere il problema alla radice, ossia continuavo a non sapere tutto, sono riuscito a raggiungere

due importanti traguardi. In primo luogo, ho capito che i pionieri non conoscono mai il viaggio in anticipo e che senza un impegno assoluto, indipendentemente dall’incertezza, non si avrà mai successo. Questo mi ha insegnato una lezione importante: non pretendere di sapere tutto, ma rimanere umile, riconoscere quando qualcosa non è chiaro e cercare la risposta.

In secondo luogo, ho rivoluzionato l’approccio ai problemi. Dal tentativo di creare l’intera banca in una sola volta, a suddividere il lavoro in tanti piccoli passi. Come tradurlo all’atto pratico? Identificare i singoli passi da compiere in maniera chiara e puntuale, e strutturare l’azienda sulla base delle priorità. Questo non solo ci ha consentito di festeggiare più di fre-

«I momenti di evoluzione mi hanno aiutato a capire che non c’è mai nulla di facile. Realizzare una grande visione richiede tanto sforzo quanta auto-riflessione»

quente i traguardi in qualità di team, ma ho anche scoperto che il completamento di una fase ha spesso giocato un ruolo chiave nello svelare il passo successivo.

A parte la grande insicurezza nell’esecuzione, durante i primi giorni di Alpian ho avuto modo di riflettere su un altro aspetto: sono io il leader giusto per far accadere tutto questo? Quale nuovo e giovane Ceo, era una domanda legittima da porsi e nel momento migliore, e hanno contribuito nell’instillare un dubbio nelle mie abilità, ancora incerte, di leadership. Per superare tale dubbio ho dovuto imparare due ulteriori lezioni, a mie spese.

In primis, la ‘carota’ è solitamente mol-

to più efficace del ‘bastone’. Non solo le persone lavorano meglio in un ambiente improntato alla fiducia, con una vision chiara e un obiettivo preciso, ma sono anche più felici e fedeli. Una dittatura, seppur illuminata, può portare a dei risultati, ma non alla creazione di un’azienda o di una cultura davvero sostenibile.

In secundis, ho imparato a ricevere e accettare meglio le osservazioni esterne. Il feedback, anche se a volte scomodo, è inevitabile e, se affinato correttamente, è uno strumento fondamentale per diventare un leader migliore. La chiave per estrarre del valore è cercare di interiorizzare e comprendere non solo il messaggio, ma anche il suo autore e le sue intenzioni. Ho imparato a fare domande e a incoraggiare gli altri a elaborare i loro commenti. Comprendere la natura completa del feedback mi ha permesso di agire di riflesso.

Questi momenti di evoluzione mi hanno aiutato a capire che non c’è mai nulla di facile. Realizzare una grande visione richiede tanto sforzo quanta auto-riflessione. E con ancora così tante cose da fare, spesso trovo difficile guardarmi indietro. Ma, di tanto in tanto, è importante riflettere sulla strada che è già stata percorsa. Alpian ha ottenuto la licenza bancaria completa da Finma, ha lanciato sul mercato svizzero una suite completa di servizi bancari e di gestione patrimoniale, ha supportato i suoi clienti nella Gestione di decine di milioni di franchi nei primi mesi di attività e probabilmente ora è la banca svizzera a più rapida crescita. Per quanto sia stato difficile per me arrivare a questo punto, non avrei voluto fare altro.

54 · TM Giugno 2023
Schuyler Weiss, fondatore e attuale Ceo di Alpian.
eureka / l’imprenditore
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Problemi cronici

Il segmento delle cure per ferite croniche è un mercato potenzialmente interessante, ancora poco coperto, ma soprattutto in forte crescita. Una start up luganese punta a segnalarsi nel settore per un approccio innovativo e multidisciplinare alla problematica.

Si stima siano ben 156 i milioni di persone a soffrire di ferite croniche, difficili da guarire, e che si riconoscono da sintomi quali la perdita di pelle o tessuto circostante la ferita o dalla durata necessaria per la guarigione. Cifra destinata ad aumentare, trainata da diabete, età avanzata e obesità.

Ne è interessato il 2-3% degli anziani (ulcere venose e arteriose), e il 25% dei diabetici, che uniti rappresentano l’80% del mercato. Questo onere è sostenuto anche dai sistemi sanitari nazionali, che vi spendono il 2% del loro budget. Cionostante il 60% delle ferite croniche non guarisce, e nei casi più gravi si può arrivare all’amputazione, o alla morte. Non esiste infatti una terapia risolutiva, ma solo il

Il team

ricorso ripetuto a interventi, cambi di medicazione, e lunghe degenze ospedaliere, dal costo annuo di 25 miliardi di dollari. Healiva. Fondata nel 2020 da Priyanka Dutta-Passecker, che ne è l’attuale Ceo, è una start up BioTech svizzera, con sede a Lugano, concentrata nel rispondere alle esigenze dei pazienti con un approccio multidisciplinare, combinando tecnologia enzimatica, dispositivi medici e terapia cellulare. Nel fondarla un ruolo chiave l’ha ricoperto Bioseutica, leader globale nella produzione di enzimi e principi attivi di origine naturale, il Gruppo olandese è attivo in Svizzera dagli anni Ottanta.

«Al centro della nostra azione c’è il paziente, forniamo al mercato medicina di precisione, per migliorare la qualità della

Nel caso delle start up, molto più che altrove, il team, e nel caso delle più mature dal management, ha un ruolo fondamentale, in primis di garanzia nei confronti degli investitori, come per Healiva. Il team è composto da tre figure chiave: Priyanka Dutta-Passecker, Founder e Ceo; Eric Rolland, Chief Strategy Officer; e Andreas Emmerndörfer, Chief Regulatory Officer. In aggregato i tre possono vantare più di 65 anni di esperienza nell’industria ed esperienze lavorative con note società del Pharma, quali Novartis, Dfb e Roche.

L’attuale Ceo, nonché fondatore della società, Priyanka Dutta-Passecker ben declina gli atout che tale figura deve avere: competenze scientifiche, ha un Ph.D. in neuroscienze del Trinity College di Dublino, oltre a un’importante esperienza in ambito commerciale, con un doppio Mba presso la Wu Executive Academia austriaca, e la Carlson Business School americana. Oltre 12 sono gli anni maturati nel Pharma e nel BioTech, con risultati importanti nella tecnologia enzimatica e nella terapia cellulare presso Novartis, Ucb, Axol Bioscience e Bioseutica.

vita dei malati, e nel farlo abbiamo un approccio multidisciplinare che ci differenzia dalla concorrenza. Abbiamo un portafoglio di soluzioni innovative, facilmente personalizzabili e su misura, ma soprattutto accessibili. I nostri due principali prodotti, due attività di terapia cellulare in fase avanzata, li abbiamo acquisiti da Smith&Nephew, leader di settore nella cura delle ferite», rileva il Ceo.

Se i potenziali clienti/pazienti sono dell’ordine dei 150 milioni, si tratta anche di un mercato valutato nel 2020 in 9 miliardi di dollari, e che dovrebbe raggiungere i 14 entro il 2030. «Nella sola Europa a vivere con ferite croniche sono 2 milioni di persone. Si tratta di un mercato altamente frammentato, che presenta elevate barriere all’ingresso, anche a causa di interventi radicali e incrementali da valutarsi caso per caso per soddisfare le necessità dei pazienti. C’è urgente bisogno di soluzioni migliori, più rapide ed economiche, ma l’aumento costante del bacino di malati sta stimolando il mercato a rispondervi», prosegue Dutta-Passecker. Maggiore domanda, migliore offerta? Sicuramente la disponibilità da parte delle aziende a investirvi maggiori risorse, il

Sopra, le diverse fasi di guarigione di una ferita cronica applicando i prodotti di Healiva. Una rivoluzione all’interno di un mercato particolarmente grande, ma anche molto impegnativo.

56 · TM Giugno 2023
eureka / start up

che da ultimo è la miglior garanzia a che i pazienti ricevano cure sempre migliori. «Secondo una recente analisi del National Center for Biotechnology Information, negli Stati Uniti da 1 a 3 milioni di persone soffrirebbero di lesioni da pressione della pelle e dei tessuti molli, ossia il frutto dell’obesità. Se il 60% di queste non guarisce, si sta automaticamente stimolando una risposta del mercato, che ad esempio si concretizza nell’elevata domanda di prodotti per il trattamento e, di conseguenza, alimenta l’adozione di medicazioni per ferite. La convergenza dei cluster tecnologici è responsabile dello sviluppo di prodotti di nuova generazione per la cura», rileva la fondatrice.

Anche in questo caso l’effetto dell’emergenza pandemica non è stato trascurabile, o privo di conseguenze di più lungo termine. «Nella maggior parte dei Paesi il segmento non è stato riconosciuto quale ‘servizio sanitario essenziale’, dunque è stato messo temporaneamente in disparte. In una situazione di emergenza si è preferito dare la precedenza ad altro, e si è dunque registrato un calo generalizzato e significativo del numero di visite dei pazienti», nota Dutta-Passecker.

Un mercato difficile, ma ricco di soddisfazioni, a patto di ottenerne? «La cura delle ferite critiche presenta margini decisamente più elevati, e rapporti con i clienti difficili da gestire una volta sul mercato. Il rapporto con i clienti finali è però molto stretto, tendono infatti a mantenere lo stesso trattamento molto a lungo, oltre a utilizzare gli stessi reagenti ‘mission critical’», evidenzia il Ceo. I prodotti. In ordine d’importanza, a partire dai due acquisiti da Smith&Nephew, il primo è Epidex. Si tratta di una terapia cellulare autologa che ha già ottenuto l’approvazione in Svizzera per il trattamento delle ulcere venose, ed è una valida alternativa al trattamento chirurgico. È attualmente in fase di preparazione per il lancio sul mercato, entro quest’anno.

Il mercato delle ferite croniche presenta un elevato potenziale di sviluppo, ed è ancora relativamente vergine, specie se si guarda in prospettiva ai bacini inesplorati dei grandi Emergenti, Cina e India in primis. Anche nei Paesi avanzati questo genere di trattamenti hanno già oggi un certo peso economico.

«Al centro della nostra azione c’è il paziente, forniamo al mercato medicina di precisione, per migliorare la qualità della vita dei malati, e nel farlo abbiamo un approccio multidisciplinare. Abbiamo un portafoglio di soluzioni innovative, facilmente personalizzabili, ma soprattutto accessibili»

Il portafoglio dell’azienda

Singolo prodotto per fase clinica

Acquatryp Ferite acute e croniche

Healiva 004 Vlus e Dfus, ferite croniche

Healiva 002 Vlus & Dfus / ferite croniche

Epidex

Priyanka Dutta-Passecker, Founder & Ceo di Healiva Fonte: Healiva 2023

Il secondo è invece una terapia cellulare allogenica, pronta ad entrare nella fase III della sperimentazione.

Healiva, con il potenziale per diventare un fornitore di riferimento per il settore, è dunque un investimento interessante, specie in vista dell’imminente lancio di Epidex. Ha una prospettiva di un rendimento multiplo di 6-8 volte sull’investimento iniziale entro un periodo di

detenzione di 3-5 anni, con una vendita commerciale a uno dei grandi fornitori di soluzioni per il trattamento delle ferite.

Convergence, un importante Family Office zurighese, e Bioseutica, produttore leader di enzimi, sosterranno attivamente il suo ingresso sul mercato, e la sua scalabilità in Germania, India e Cina.

Giugno 2023 TM · 57
Uso Pre-clinical discovery Pre-clinical development Ph I/lla Ph Iib Ph Ill Market phase
Prodotto
Vlus severe / ferite croniche
■ Medicazioni avanzate ■ Biologici ■ Dispositivi esterni Fonte: Convergence Il mercato Per segmento di prodotto in mld usd 2017 2018 2019 2020 2021 2022 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 ■ Usa ■ Eu ■ Resto del mondo Fonte: Convergence Il mercato Per aree geografiche in mld usd 2017 2018 2019 2020 2021 2022 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Guardando oltre

Dal Tecnopolo di Manno è in arrivo una finestra altamente innovativa che si prepara a conquistare i mercati di tutto il mondo a partire dal 2025.

IWin – Innovative Windows Sagl è stata costituita nel 2019 da tre persone fisiche e da due persone giuridiche. La nuova realtà annovera, oltre a Paolo Corti, Ruben Roldan Molinero e Francesco Frontini, due aziende: la DP Engineering Sagl di Diego Porzio e la Pellini SpA. Il ruolo svolto da queste ultime - una svizzera e l’altra italianaè stato determinante. Entrambe hanno infatti investito nella promettente start up, mettendole a disposizione sia risorse (umane, materiali e infrastrutturali), sia il capitale necessario a finanziare un primo studio di fattibilità.

Ruben, Paolo e Francesco si sono conosciuti nel 2017 alla Supsi, dove erano colleghi. Con l’arrivo di Diego Porzio, è arrivata anche la proposta, ai tre, di partecipare al progetto che avrebbe poi portato alla creazione di iWin Sagl.

Paolo, da quali figure è composto attualmente il vostro team? Otto persone, oltre a me e Ruben. A vario titolo, fanno tutti comunque parte del nostro team di lavoro. Sono tecnici, ingegneri e ricercatori della Supsi con i quali stiamo lavorando allo sviluppo e all’affidabilità del prodotto: attraverso la ricerca dei materiali più performanti e la messa a punto di processi produttivi scalabili nonché allineati agli standard della produzione industriale. Quella che stiamo affrontando attualmente è una fase cruciale, in cui l’errore non ci è permesso: tornare indietro, infatti, non sarebbe economicamente sostenibile.

Siete alla ricerca di competenze aggiuntive oppure, per il momento, ritenete soddisfatte le diverse esigenze? Attualmente stiamo cercando di consolidare il team esistente. Man mano che lo sviluppo del prodotto lo richiederà, dovremo tuttavia essere pronti ad attingere a nuove risorse, rilevanti nonché funzionali a quella determinata fase di avanza-

mento del progetto. Risorse che andremo ad attingere dapprima in Supsi e, in una seconda fase, nelle migliori Università e nei Centri di Ricerca Svizzeri.

Focalizziamo ora l’attenzione sul vostro prodotto. Per capire di cosa si tratta, bisogna partire dal nome della vostra start-up: iWin – Innovative Windows… Sì, il nostro prodotto consiste proprio in una finestra innovativa e multifunzionale, applicabile a qualsiasi tipologia di edificio:

tenere tre importanti risultati: controllare la trasmissione solare; garantire un perfetto isolamento termico agli ambienti (sia d’inverno che d’estate); produrre energia solare sostenibile. Il nostro è un prodotto funzionale, ecosostenibile ed esteticamente pregevole, che si adatta a qualsiasi contesto climatico e meteorologico.

Ruben, la finestra iWin è già stata brevettata? Sì, nel 2018 abbiamo inoltrato la richiesta per l’ottenimento di un brevetto che venga riconosciuto sia in Europa che negli Stati Uniti. All’inizio del 2023, abbiamo già ottenuto la conferma da parte degli Usa; a breve, la otterremo anche dall’Europa e dalla Svizzera.

Arrivati a questo punto, che cosa occorre per potervi sviluppare ulteriormente? Cruciale è reperire i partner giusti, per poter avviare la produzione industriale. Per ragioni logistico-distributive e di contenimento dei costi, la produzione delle nostre finestre dovrà avvenire in Paesi diversi.

Quando è previsto il ‘go-to-market’? Abbiamo previsto di avviare una prima commercializzazione delle finestre iWin nel 2025.

nuovo o risanato; pubblico, privato, istituzionale, scolastico o sanitario. Il nostro è un prodotto universale e ampiamente customizzabile, con un elevato potenziale di commercializzazione.

Una soluzione che permette dunque di centrare diversi obiettivi attraverso un unico prodotto... Proprio così! La nostra finestra innovativa presenta - integrata all’interno delle due lastre di vetro che la compongono - una tenda ‘veneziana’ fotovoltaica. Questa tenda, inserita a sandwich tra i due vetri, consente di ot-

Come mai i tempi sono così lunghi? Innanzitutto, per un motivo di ordine finanziario: questo tipo di prodotto, per essere sviluppato in maniera ottimale, richiede capitali importanti. In secondo luogo, il prodotto ‘finestra’ ha un ciclo di vita molto lungo. Pertanto, occorre raggiungere uno standard qualitativo particolarmente elevato, cosa che comporta tempi di sviluppo, test e messa a punto piuttosto lenti e prolungati.

58 · TM Giugno 2023
eureka /start up
Comunicazione & Relazioni esterne Da sinistra, Paolo Corti, Diego Porzio, Francesco Fortini e Ruben Roldan Molinero, co-fondatori di iWin Sagl.

L’egida intellettuale

Specie nel caso di start up innovative gli asset più pregiati sono quelli intangibili, che al pari di tutti gli altri devono però essere protetti. Un aspetto troppo spesso sottovalutato.

Interno, giorno, sala riunioni. Intorno a un tavolo due startupper (1-2), un avvocato esperto in Ip (Avv) e un ingegnere brevettista (Ing).

1: La corporate identity è pronta. Vorremmo solo registrare il marchio per ‘essere a posto’

Avv: Prima di avviare la creazione della corporate identity avete fatto svolgere una verifica di anteriorità sul brand che avete scelto?

1: Abbiamo dato un’occhiata su Google ed è tutto a posto. La nostra strong value proposition è la nostra innovativa piattaforma software, e i nostri contatti con gli investitori

Ing: Avete pensato a coprire gli elementi rilevanti del Vostro software con un brevetto?

2: No, ci hanno detto che purtroppo il software non si può brevettare.

Ing: Chi ve l’ha detto?

2: La software house che ci ha realizzato i moduli x e y. Sono entusiasti anche loro del progetto e vorrebbero prendervi parte.

Avv: C’era un accordo con loro per la realizzazione di questi moduli?

2: Abbiamo sottoscritto il loro.

Questa conversazione replica fedelmente alcune conversazioni reali. Spoiler: le cose stanno per andare male.

Capita spesso di avere a che fare con una start up innovativa, quando ci si occupa di Proprietà Intellettuale. E, quando capita, è spesso l’inizio di una bella avventura insieme: si conoscono nuove persone, persone che mettono le proprie competenze, il proprio tempo, e i propri soldi in un progetto imprenditoriale con potenzialità, e le si accompagna in questo percorso, dalla protezione dell’innovazione tecnologica, al brand, al contatto con gli investitori. Si comincia con un Nda, con il deposito di un brevetto o di un marchio e, quando va bene, dopo qualche tempo, i brevetti si estendono, si scrivono contratti di licenza, di servizi,

si fanno entrare nuovi finanziatori. Una start up innovativa è basata su una o più idee, e queste idee devono essere protette. Nell’economia contemporanea, i prodotti e i processi industriali sono sempre più fondati su beni immateriali, cioè informazioni e patrimoni di conoscenze generati dall’attività creativa e inventiva delle persone. Tra questi elementi immateriali, alcuni sono tutelabili, attraverso i diritti di Proprietà Intellettuale (Dpi), come brevetti, marchi, disegni e modelli, diritti d’autore e segreto industriale.

Più o meno tutti hanno un’idea della funzione dei principali diritti Ip: i segni

«Investire in un’idea, ricercare soluzioni operative e presentarsi a un investitore con un brillante business plan, ma senza aver verificato i propri asset Ip, non è una scelta saggia»

distintivi, come marchi registrati e nomi a dominio, contraddistinguono i prodotti, i servizi e la ‘sede virtuale’ di un’azienda, differenziandoli da quelli dei competitor.

I brevetti (e i modelli di utilità) tutelano le innovazioni tecnologiche. I design/modelli che proteggono la forma esteriore. Il copyright, infine, oltre che per le opere letterarie e musicali, è utilizzato per proteggere i programmi software.

Non molti, invece, hanno avuto l’occasione di riflettere a fondo sul reale valore dei diritti Ip: in quanto veri diritti di proprietà consentono di impedire ai terzi non autorizzati di beneficiare dello sforzo creativo di ricerca e di sviluppo sostenuto, preservando la propria competitività.

Inoltre, i diritti di proprietà intellettuale rappresentano di per sé un valore economico, e possono costituire fonti di reddito addizionali, attraverso il loro sfruttamento diretto o indirettamente tramite la stipulazione di accordi con terzi (contratti di cessione, di licenza, di franchising, merchandising, co-branding).

Infine, un patrimonio di proprietà intellettuale è uno strumento chiave per attrarre investitori: solo in questo modo si può avere la garanzia che gli investimenti siano posti in asset futuri, e non sfumeranno a causa di contestazioni e dispute. Investire in un’idea, ricercare soluzioni operative e presentarsi a un investitore con un brillante business plan, ma senza aver verificato i propri asset Ip, non è una scelta saggia, può portare problemi potenzialmente fatali per l’esito dell’impresa.

In primo luogo, perché gli investitori accorti usano effettuare una due diligence sugli asset di proprietà intellettuale di una start up. In secondo luogo, perché i problemi vengono facilmente al pettine: ricevere una contestazione sulla titolarità del brand che è al centro di una piattaforma e-commerce (ed essere costretti a chiuderla) o sulla titolarità del codice sorgente, non è un bel modo per cominciare la propria vita di startupper, e troppo spesso, significa doverla terminare in fretta.

Per muovere i primi passi nella direzione giusta è fondamentale quindi consultare dei professionisti del settore, che espongano soluzioni e costi in modo trasparente: le spese iniziali sono contenute, e vengono offerte opzioni che tengano conto del budget a disposizione.

60 · TM Giugno 2023
Anna Tramontini, Ip Attorney e avvocato dello studio Fabiano Franke.
eureka / il legale

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Il digitale si mette all’opera

Le particolari strategie social degli Uffizi hanno permesso di raggiungere un pubblico sempre più globale e, soprattutto, sempre più giovane. Incoraggiandolo a scoprire i tesori che fanno del museo fiorentino, per quantità e qualità delle sue opere, uno dei più importanti al mondo.

L’arte è fatta per essere condivisa. Oggi è più vero che mai grazie ai social media. I musei sono in grado di connettersi con il pubblico in modi completamente nuovi, raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo. Se questo è il tema, non si può non parlare delle Gallerie degli Uffizi, uno dei musei più visitati in Italia (nel 2021 i visitatori sono stati 1.721.637, con un aumento, nel 2022 del +42,7%); gli Uffizi rappresentano anche un Case Study

di successo a livello internazionale, per chi lavora nel mondo digitale. Con una strategia multicanale, sono stati capaci di modificare la loro presenza sui Social Media, coinvolgendo non solo i visitatori fidelizzati e appassionati di arte, ma anche un target considerato lontano

In apertura, uno scorcio esterno della Galleria degli Uffizi. La strategia social adottata dal Museo ha contribuito ad aumentare il numero dei visitatori, con un +42% nel 2022 rispetto all’anno precedente.

dal mondo dell’arte e dei musei. Stiamo parlando dei visitatori di età compresa tra i 15 e i 25 anni, coinvolti con strategie mai usate prima da un museo importante come quello degli Uffizi. Tra un video su TikTok e la visita di un influencer, l’immagine classica dei musei come luoghi lontani dal mondo dei giovani è stata ufficialmente abbandonata. E a coloro che sono scettici sull’uso dei Social in generale, non rimane che leggere l’intervista a Cristian Spadoni e Simone Rovida, social media strategist delle Gallerie degli Uffizi, che spiegano come i canali digitali si sono allineati all’immagine delle Gallerie diventando così ideatori di una strategia vincente non solo digitale, ma culturale e sociale.

62 · TM Giugno 2023
08:00 Galleria degli Uffizi uffizigallerie Benvenuti | Welcome #Uffizi #Pitti #Boboli #Vasariano #Firenze www.uffizi.it/eventi/risarcimento 2.614 Posts 759K Followers 350 Following eureka / digitale/arte

La strategia digitale delle Gallerie degli Uffizi ha avuto effetti positivi sulla brand image del Museo, raggiungendo il target dei più giovani. Quali sono stati gli elementi vincenti?

Il Museo non è più soltanto un luogo di conservazione, ma un attore di promozione della cultura che deve essere in grado di scavalcare le mura del museo stesso. Museo che non è solo spazio fisico, ma sa essere anche uno spazio virtuale. Una bidimensionalità affermatasi negli anni della pandemia: la negazione della materialità del museo ha infatti determinato la consapevolezza, in tutti noi, che il museo è un luogo non limitato dai suoi confini fisici, suscettibile invece di svelare le sue meraviglie a chiunque, ovunque, in qualunque momento.

Lo sviluppo della vostra strategia social ha portato a risultati di successo. Potete condividerne i dettagli?

L’operazione di strategia digitale degli Uffizi era iniziata già nel 2016, con l’arrivo del nuovo direttore, Eike Schmidt, che si è adoperato affinché il Museo si aprisse ai canali social (fino al suo arrivo erano inesistenti!). Durante la pandemia abbiamo organizzato una serie di appuntamenti mattutini dedicati ai nostri follower, i quali ci hanno raggiunto sempre più numerosi. In quel periodo in cui incredibilmente tutto il mondo si è fermato, siamo riusciti attraverso i social a raccontare la vita del museo, conducendo virtualmente i partecipanti attraverso le sue sale e i suoi protagonisti.

Una strategia tramite la quale le Gallerie degli Uffizi hanno una vita propria, e al passo con i tempi.

La complessità del momento e i validi strumenti di comunicazione disponibili hanno contribuito ad affermare l’indipendenza del Museo rispetto alla propria vita reale. La strategia digital è risultata vincente nel raccontare il museo nella sua quotidianità: ad esempio, le visite di rockstar, influencer o celebrity che siamo riusciti a condividere con il pubblico. In tal modo abbiamo dato all’attualità uno spazio enorme.

Quindi l’Arte ha la capacità di raccontare non solo il passato, ma con la stessa consistenza anche il presente?

Assolutamente sì. Prendiamo ad esempio eventi storici importanti per un dato

popolo o una specifica epoca, come possono essere guerre e pandemie, che opere d’arte hanno immortalato per consegnarne il ricordo ai posteri. Se guardiamo con attenzione queste opere, catturiamo puntualmente la loro attualità. L’arte ha questa grande facoltà di raccontare un avvenimento del passato che, nel trascorrere del tempo permette all’opera di assumere un aspetto diverso, in continua trasformazione, per essere sempre contemporanea.

L’uso, nella vostra strategia digital, di un linguaggio leggero e divertente ha permesso di comunicare con quel target giovane che viene spesso ignorato dalla comunicazione museale.

Le nuove generazioni sono state effettivamente trascurate nella comunicazione museale nonché nella realtà museale. Molto spesso i ragazzi visitavano il Museo nel corso di gite scolastiche, obbligati e annoiati. Oggi abbiamo la certezza che, con il digital non solo è aumentato il numero dei visitatori più giovani, ma i giovani hanno scoperto una nuova dimensione dell’arte. Abbiamo notato che tanti ragazzi erano completamente al di

fuori al mondo dell’arte e che, attraverso la strategia digitale, hanno avuto voglia di venire al museo perché lo hanno percepito come un luogo divertente e stimolante; merito anche dei nostri contenuti TikTok che hanno divertito o strappato un sorriso e che permettono di arrivare all’opera d’arte in un modo insolito. Abbiamo rovesciato l’opera d’arte, non nel suo contenuto frontale ma in qualche modo nel contenuto posteriore: abbiamo spostato la realtà.

Eravate scettici sull’utilizzo di TikTok come canale per veicolare l’arte?

È normale che ci siano state resistenze culturali da parte di chi ha avuto una classica formazione umanistica, ma il nostro direttore Eike Schmidt non ha mai mostrato scetticismo, rivelando puntualmente una grande lungimiranza.

Una strategia di successo ha una grande squadra dietro. Quanti siete ad occuparvi della creazione dei contenuti?

Il nostro dipartimento è composto da otto persone; è un dipartimento sul quale il direttore ha voluto investire da subito. Prima del suo arrivo nel 2016 non c’era nulla. Del team fanno parte profili diversi, aventi alle spalle studi diversi: filosofici per alcuni, linguistici per altri, artistici orientati su alcuni periodi storici per altri ancora. Le Gallerie degli Uffizi hanno tantissimo da comunicare e necessitano per questo di competenze diverse, spazianti dalla pittura alla scultura, ai gioielli e all’arredamento e fino alla botanica.

Come pensate che evolverà la vostra strategia social in futuro?

Mentre in passato il museo aspettava i suoi visitatori, adesso siamo noi che, attraverso i social, riusciamo a raggiungere i visitatori, un numero incredibilmente superiore rispetto al passato, bussando a ogni singola porta. Qualcuno ci apre, qualcuno no. Lo avevamo messo in conto. Siamo però convinti che troveremo sempre qualcuno disponibile e, soprattutto, che grazie al nuovo modo di comunicare, ci aprirà anche qualcuno che prima non avrebbe mai pensato di avvicinarsi al mondo dell’arte. Ed è questo il pubblico che desideriamo conquistare. Il Museo dovrà sempre arrivare alla gente.

Giugno 2023 TM · 63
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Imporre con correttezza

Un accertamento completo e trasparente dei fatti è indispensabile non solo per garantire una tassazione equa e corretta, ma per mantenere la fiducia nel sistema fiscale.

La procedura di accertamento comprende tutte le fasi necessarie a determinare l’ammontare del debito del contribuente e a garantirne la liquidazione. Quella ordinaria o mista viene utilizzata per calcolare le imposte sul reddito e sul patrimonio per le persone fisiche, le imposte sugli utili e sul capitale per le persone giuridiche e l’imposta sugli utili immobiliari.

L’obiettivo è quello di determinare la verità effettiva. Ciò significa che l’autorità fiscale decide liberamente ciò che appare vero attraverso un’indagine approfondita e un esame preciso di tutti i fatti e le prove rilevanti, nonché attraverso la propria esperienza. Il fine è comprendere se l’evento richiesto per l’insorgere di un obbligo fiscale ai sensi della legge si sia effettivamente verificato.

Per svolgere accuratamente questo compito è necessaria anche la partecipazione del contribuente. Ai sensi dell’art. 123 cpv. 1 Lifd le autorità di tassazione determinano, con il contribuente, le condizioni di fatto e di diritto per un’imposizione completa ed esatta. Questa collaborazione si manifesta in due principi procedurali: il principio inquisitorio e il principio di cooperazione. Per garantire che tutte le informazioni rilevanti ai fini di una legittima riscossione delle imposte siano registrate in modo completo, è spesso necessario che non solo il contribuente stesso, ma anche terze parti collaborino.

I contribuenti sono invitati, mediante notificazione pubblica o invio del modulo, a presentare la dichiarazione d’imposta. Essi devono presentare anche degli allegati che consistono in specifici moduli ufficiali dell’autorità fiscale o in documenti individuali del contribuente. Su richiesta il contribuente è tenuto anche a fornire

informazioni oralmente o per iscritto all’autorità. Queste dichiarazioni di fatto sono affermazioni del contribuente e la loro accuratezza è di solito inizialmente incerta. Per verificarne la veridicità servono delle prove. Esse possono consistere in oggetti, cose o persone che vengono introdotti nel procedimento per convincere l’autorità dell’esistenza dei fatti rilevanti. La funzione è quella di fornire un quadro il più preciso possibile dei fatti che si sono svolti o si stanno svolgendo nella realtà.

Il potere di disposizione dell’autorità fiscale in merito alla portata dell’obbligo di

«La collaborazione fra autorità fiscali e contribuente si manifesta in due principi procedurali: inquisitorio e di cooperazione»

cooperazione del contribuente è limitato dal principio di proporzionalità. Esso richiede che le imposte siano proporzionate alla capacità contributiva del contribuente e non eccessivamente onerose rispetto alla sua situazione finanziaria complessiva. Attraverso l’obbligo di cooperazione, tuttavia, l’autorità può adottare fin dall’inizio misure più incisive per intervenire nella sfera personale dell’interessato di quanto sarebbe possibile sulla base degli obblighi procedurali di altri sistemi. Pertanto, i limiti derivanti dal principio di proporzionalità non sono immanenti.

Anche se l’autorità di accertamento svolge tutte le indagini necessarie per stabilire i fatti del caso, può accadere che questi non possano essere completamente chiariti. Le conseguenze della mancanza di prove vengono risolte sulla base della

regola sull’onere della prova. Essa svolge un ruolo centrale nella teoria e nella pratica fiscale. Secondo questa regola, spetta fondamentalmente all’autorità fiscale provare i fatti che incidono sull’imposta e, al contrario, l’onere della prova dei fatti che riducono l’imposta spetta al contribuente. Il problema principale nell’accertamento dei fatti è quindi che l’autorità fiscale che applica la legge di solito non è in grado di conoscere i fatti che deve accertare in base alla propria percezione. Pertanto, si affida alle informazioni di terzi per apprendere i fatti rilevanti e percepirli indirettamente. Questo problema di informazione è risolto dal diritto processuale applicabile. È quindi rilevante che venga regolato con precisione chi deve accertare i fatti e a quali condizioni. Purtroppo possono comunque presentarsi dei problemi, visto che i contribuenti spesso non sanno cosa devono dichiarare esattamente e quali prove fornire. Ma allo stesso tempo non avere lo Stato che investiga alla ricerca di fatti da solo garantisce più libertà ai contribuenti e limita il monopolio del potere dello Stato. Inoltre, il diritto fiscale deve tenere il passo con i cambiamenti moderni. È necessario creare nuove regole per garantire un adeguato adattamento al progresso della società.

In generale, va notato che un accertamento completo e attento dei fatti è indispensabile per garantire una tassazione equa e corretta. È importante che la determinazione dei fatti sia trasparente, comprensibile e conforme allo stato di diritto per mantenere la fiducia nel sistema fiscale.

64 · TM Giugno 2023
Sejla Zulic, membro del Direttivo del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
eureka / associazioni studentesche

La musica dà spettacolo

Èuno dei principali eventi mondiali dedicati al New Orleans Beat. JazzAscona anima le vie del Borgo con la sua musica di alto livello che, in un ambiente rilassato ed elegante e nello spettacolare scenario naturale, attira ogni anno un pubblico numeroso ed entusiasta. In ogni edizione, ad attendere gli appassionati sono oltre duecentocinquanta concerti, che si tengono nell’arco di dieci giorni, spaziando tra diversi generi musicali, dal New Orleans jazz allo swing, dal blues all’R&B, dal gospel al soul.

Il prestigioso festival alza ancora di più l’asticella, attraverso la straordinaria selezione di artisti, ma anche affidandosi a uno dei maggiori esperti in

ambito di allestimenti, infrastrutture, organizzazione e logistica per eventi in Ticino, Eventmore, che con Jazz Ascona condivide l’obiettivo di far crescere la manifestazione e portare l’edizione 2024 - già di suo molto speciale grazie alla ricorrenza del 40° anniversario dell’evento - a un livello sempre più elevato e professionale di accoglienza di un pubblico internazionale.

In seguito al bando di concorso indetto dall’Associazione JazzAscona a gennaio 2023 per il noleggio, l’installazione e la gestione delle infrastrutture dal 2023 al 2027, Eventmore è risultata l’azienda vincitrice. Il contratto siglato, pone le basi per un importante percorso collaborativo di crescita e sviluppo sull’arco di un quinquennio.

Già quest’anno, l’allestimento di Eventmore prevede una nuova cucina professionale mobile per eventi realizzata su misura. L’azienda ticinese ha inoltre progettato un nuovo palcoscenico nella zona della Biblioteca, ruotato di 180 gradi e costruito secondo le più attuali norme di sicurezza, così da garantire a musicisti e spettatori un’esperienza ottimale dal punto di vista tecnico e acustico.

Anche il palcoscenico in Piazzale Torre, completamente ristrutturato, è spostato in una posizione che lascia il pubblico a bocca aperta. Un elemento che esalta la ricercata scelta musicale, rendendo spettacolari le dieci serate del festival. A conferma della particolarità della manifestazione. Imperdibile!

Giugno 2023 TM · 65 Advertorial
L’alto livello dei musicisti e il suggestivo contesto, con le strutture garantite da Eventmore, rendono JazzAscona uno degli appuntamenti più affascinanti dell’estate.

Come gestire i rischi di cambio

Il gigante svizzero dell’importazione di articoli sportivi per l’hockey su ghiaccio si trova confrontato, come migliaia di altre imprese, con importanti e ricorrenti operazioni in valuta estera. Come ‘attrezzarsi’ per ovviare a quelli che sembrano essere inevitabili rischi?

Ochsner Hockey è leader del mercato svizzero nel settore degli articoli per l’hockey su ghiaccio. Tra i suoi numerosi clienti la Pmi di Zurigo annovera anche la National League e le squadre nazionali. L’azienda punta soprattutto sui prodotti del produttore canadese Bauer. Come importatore generale, Ochsner Hockey ha l’esclusiva del marchio in Svizzera. Ogni anno importa caschi, paraspalle, pattini e bastoni per svariati milioni di franchi. O più esattamente di dollari, la valuta in cui Bauer emette le fatture.

Avanti, piano

L’attenuarsi nelle ultime settimane delle difficoltà delle catene di fornitura globali, lascia ben sperare. Nuovi ordini dovrebbero infatti trainare la produzione, che quindi dovrebbe riprendersi. Il raffreddarsi della congiuntura globale limita però il potenziale di crescita. L’indice Raiffeisen Pmi ha accusato una contrazione in aprile da 51,6 a 51,0 punti. La leggera flessione è da ricondurre soprattutto all’occupazione, che riflette tardivamente il rallentamento degli ultimi mesi, la maggior parte delle altre componenti dell’indice sono invece migliorate, tra cui gli ordinativi. Un netto rialzo è stato registrato altresì dai tempi di consegna, che per la prima volta quest’anno è salito sopra la soglia dei 50 punti, indice non delle difficoltà di fornitura, quanto di un migliore sfruttamento delle capacità produttive. Al di là dei recenti miglioramenti, le prospettive per i prossimi mesi restano contenute, con la stretta monetaria che non ha ancora dispiegato i suoi effetti.

«Pur essendo una Pmi, il nostro fabbisogno di mezzi di pagamento in valuta estera è davvero ingente», afferma Marc Ochsner, responsabile delle finanze dell’azienda familiare. Altrettanto marcati sono gli effetti delle oscillazioni di corso. «Se il dollaro, ad esempio, ci costa in media 1,05 franchi svizzeri invece di 1, il nostro margine si riduce notevolmente», prosegue il responsabile. Con un volume di dollari nell’ordine di milioni, l’effetto sui margini è pari infatti a diverse decine di migliaia di franchi all’anno. Efficienze valutarie. Per tenere sotto controllo i rischi di cambio, Ochsner lavora con tassi di cambio ipotizzati. «In questo calcolo includo sempre un certo margine di sicurezza», fa notare. In tal modo l’azienda disporrà di un cuscinetto per compensare un eventuale aumento del corso del dollaro. L’obiettivo del responsabile è acquistare le divise necessarie, nel corso dell’anno, a un prezzo il più possi-

In apertura una veduta di Embrach, località dove ha sede Ochsner Hockey.

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finanza /analisi regionale
Il polso delle imprese Indici Pmi delle Pmi a confronto Fonte: Raiffeisen 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 01/18 01/19 01/20 01/21 01/22 01/23 zona di espansione zona di contrazione

bile inferiore al tasso di bilancio. A questo scopo Ochsner collabora strettamente con gli specialisti del mercato delle divise di Raiffeisen Svizzera. In considerazione dell’elevato volume di divise che acquista ha accesso diretto al team di esperti. «È molto utile, perché i professionisti hanno una visione generale del mercato e sanno quali eventi economici o politici avranno probabilmente effetti sul corso delle divise», spiega Ochsner. Sicurezza con l’acquisto di dollari a una data fissa. Di solito Ochsner acquista dollari secondo le necessità. Una volta all’anno, però, quando effettua la grande ordinazione stagionale, punta anche su operazioni a termine su divise e swap.

«Nelle ordinazioni stagionali posso sapere con ragionevole certezza quando dovrò pagare la fattura», prosegue il responsabile. Sono le premesse ideali per un’operazione a termine: Ochsner si impegna ad acquistare dollari a un prezzo fisso in una determinata data nel futuro. Se necessario, con gli swap è poi possibile ritardarla o anticiparla. «Ovviamente effettuo operazioni a termine quando il corso mi è favorevole. In tal modo mi garantisco un prezzo d’acquisto conveniente e mi tutelo contro le eventuali oscillazioni di corso», rileva Ochsner. 50% copertura, 50% flessibilità. Grazie alla copertura il responsabile ha ottimi punti di riferimento per calcolare quanto gli costa e costerà, in franchi, l’acquisto della merce. «Questo facilita a sua volta il calcolo dei prezzi di vendita, aumentando così la sicurezza della pianificazione per l’intera azienda», puntualizza Stephane Roefs, Consulente Clientela aziendale presso Banca Raiffeisen Weinland, l’istituto di riferimenti per l’azienda.

Con operazioni a termine su divise, Ochsner copre circa il 50% del valore di ordinazione, il resto lo acquista su base giornaliera. «È una soluzione ideale», mette in evidenza Roefs, che prosegue «Così Ochsner riduce efficacemente i rischi di cambio e al contempo ha la possibilità di beneficiare a breve termine di andamenti di corso favorevoli».

I costi di trasporto. Corsi favorevoli, attualmente, sono più che mai importanti per Ochsner Hockey. Dalla pandemia, infatti, la Pmi lotta contro gli effetti eterogenei dei problemi relativi alle catene di fornitura. «I costi della logistica sono raddoppiati», afferma Ochsner, «Un esempio? Il trasporto di una borsa da hockey,

«Con operazioni a termine su divise Ochsner riduce efficacemente i rischi di cambio e al contempo ha la possibilità di beneficiare a breve termine di andamenti di corso favorevoli. Oltre a facilitare il calcolo dei prezzi di vendita, e migliorare la sicurezza della pianificazione»

Stephane Roefs, Consulente Clientela aziendale di Banca Raiffeisen Weinland

Sostenibili e vincenti

«Nonostante il perdurare delle tensioni nelle catene di fornitura, gli affari di Ochsner Hockey vanno bene», interviene il responsabile della gestione finanziaria Marc Ochsner. In cosa si circostanzia la vostra attività? «Siamo l’importatore svizzero di famosi marchi nei settori hockey su ghiaccio, street hockey e pattini in linea. Abbiamo accordi di esclusiva con molti importanti marchi esteri, ed è questo il nostro Core business, che pesa per circa il 70% del fatturato», precisa il responsabile. Sembra dunque legittimo domandarsi in cosa consti il restante 30%, che non è poco. «Un ulteriore quarto è di merchandising, ad esempio magliette per i fan e bandiere. Siamo partner del Campionato mondiale di hockey su ghiaccio, ma riforniamo anche i club di calcio. Da ultimo, la Ochsner Academy, ossia campi di allenamento per bambini», prosegue Ochsner. Come sono stati gli ultimi anni segnati dalla pandemia? «A eccezione del periodo più duro dell’emergenza, il mercato svizzero degli articoli per hockey e le quote di mercato sono molto stabili. Sul fronte delle vendite, il commercio diretto con la clientela finale si è ulteriormente rafforzato, sia attraverso i nostri 18 negozi sia online. A questo si aggiungono i contratti con club e il B2B», nota il responsabile. Il forte aumento dei costi di approvvigionamento degli ultimi mesi non è però un dettaglio, in che modo si raffrontano con l’altro grande tema della sostenibilità?

«È un tema decisivo per noi. Quali fornitori del Campionato mondiale di hockey su ghiaccio, monitoriamo ora con ancor più attenzione l’intera catena di fornitura, con guadagni in trasparenza, e qualità di quanto offerto», conclude Ochsner.

un articolo piuttosto ingombrante, costa ormai come il prodotto stesso».

Come numerose altre aziende, quindi, anche Ochsner Hockey non può fare altro se non aumentare i prezzi. «Ma siccome stampiamo dei cataloghi, non possiamo adeguare subito i prezzi», riflette Ochsner, «In questo caso aiuta acquistare le divise possibilmente a un corso inferiore a quello di bilancio.» In tal modo l’azienda può compensare perlomeno parzialmente

i maggiori costi di trasporto. Per fortuna la Pmi, attiva da oltre mezzo secolo e con circa 70 collaboratori all’attivo, non deve affrontare altri problemi delle catene di approvvigionamento. «Le fabbriche del nostro principale fornitore Bauer producono e consegnano ininterrottamente come al solito», conclude Marc Ochsner. Un buon auspicio per l’azienda, per rimanere in testa nel commercio per l’hockey in Svizzera.

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Quotarsi per aprirsi

Alla base del successo di una giovane realtà di Bienne, nata nell’industria del Private Equity, un approccio sicuramente innovativo: quotarsi in borsa, per raggiungere un pubblico molto più vasto, rispettando un quadro normativo sempre più stringente. Basterà?

A lato, Bienne. Oltre a essere sede dell’azienda, ospita anche il quartier generale del Gruppo Swatch, colosso dell’orologiero svizzero.

Democratizzare la finanza, anche quella più alta e privata, che si contraddistingue ad esempio per strategie d’investimento sofisticate, gestori di fama e il ricorso a strumenti complessi, attingendo non da ultimo a mercati che per loro stessa natura sono privati, è un tema andato imponendosi nel corso degli ultimi anni, tra una crisi finanziaria e l’altra. Nonostante il tanto parlarne è però molto più ardito determinare se sia poi davvero successo. All’alba del 2023 la finanza è divenuta più accessibile di quanto non fosse un decennio fa?

Indipendentemente da che questo sia successo, con ogni probabilità un salomonico ‘dipende’ si confermerebbe essere la migliore delle risposte; le modalità con cui molte opportunità oggi si prestino anche agli investitori più piccoli e retail hanno dato una forte spinta all’innovatività del settore, stimolando la nascita di soluzioni spesso anche molto creative. In diversi casi inaspettate. «Gli investitori oggi più

che mai cercano semplicità, anche nella gestione dei propri risparmi, ma al tempo stesso sicurezza, dunque vogliono avere un portafoglio sufficientemente diversificato, senza doverlo però ribilanciare più volte durante l’anno. In presenza di un quadro normativo in costante evoluzione, e sempre più restrittivo nei confronti degli operatori, ma indirettamente anche dei clienti cui questi possono rivolgersi. Ci siamo quotati essenzialmente per sciogliere questo nodo gordiano: raggiungere tutti i profili di investitori potenzialmente interessati a quanto possiamo offrire, garantendogli però tutte le prerogative e sicurezze dell’essere azionisti di una società svizzera quotata, in primis trasparenza sul nostro operato», esordisce così Thibault Leroy Bürki, fondatore e presidente del board di Haute Capital Partners.

Una soluzione inusuale, ma sicuramente innovativa, che consente effettivamente di raggiungere quel target di mercato che sarebbe stato altrimenti troppo impegnativo, legalmente ed economica-

mente, raggiungere. Uno spirito, questo, che ha trovato anche altre conferme. «Mi sono appassionato di imprenditoria e investimenti già in tenera età, e sin da adolescente la gestione dei miei pochi risparmi era stata al centro della mia prima avventura. Seguendo dunque un percorso poco ortodosso, sono poi entrato nel Private Equity, e ho iniziato a capire gli equilibri dell’industria finanziaria dall’interno. È molto complesso trovare il partner giusto per le proprie esigenze, specie in questo settore, e l’obiettivo di Haute è stato sin dal principio aiutare privati e istituzionali a farlo. Siamo un team dinamico, alla costante ricerca di innovazione, capace di reagire e adattarsi al mercato molto più rapidamente dei grandi istituti, ed è questa una delle nostre più grandi forze», prosegue il manager, che ha fondato la società nel 2017 a Bienne.

Agilità e snellezza sono del resto due elementi destinati a viaggiare in coppia, con ottimi risultati garantiti nella maggior parte dei casi, e che in alcuni settori sono anche in grado di fare la differenza. Finanza inclusa. «Il nostro è un team di 10 persone, facilmente estendibile ad altre 10, per un totale di circa 20 figure. Si tratta dunque di numeri estremamente contenuti, specie rispetto alle altre realtà del settore. Diversamente da queste, però, noi abbiamo un contatto molto diretto con gli azionisti, siamo sempre raggiungibili, e senza il bisogno di essere rimpallati telefonicamente da un consulente all’altro. Al

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crescere dell’azionariato, l’organico deve dunque seguire di pari passo, come nel caso delle sedi. La società è nata a Bienne, la mia città natale, un crocevia strategico tra Berna, Losanna, Basilea e Zurigo, ma in quest’ultima abbiamo appena aperto un nuovo ufficio per continuare ad avere un rapporto il più diretto possibile con gli azionisti, cresciuti velocemente soprattutto in quest’area, mossa che dovrà probabilmente essere presto replicata in Svizzera francese», riflette Bürki.

Una società giovane, specie se paragonata a istituti che possono vantare centinaia di anni di storia, ma comunque molto vincolata ai principi fondamentali del settore, e dunque per certi versi molto tradizionalista, almeno in quello che conta davvero. «Il nome stesso nella parola ‘Haute’ vuole dare l’idea di un che di sofisticato e prestigioso, in linea con un tocco di esclusività che pensiamo sia insito nel nostro approccio. Innovazione non significa però predominio della tecnologia in ogni dimensione. Nel cuore della nostra filosofia è insita la dimensione umana, quel rapporto tra persone che crea le premesse affinché germogli la fiducia, e dunque una relazione durevole nel tempo. La tecnologia è una perfetta alleata nell’efficientare i processi, e ottimizzare l’uso delle risorse, ma non può essere sostitutiva delle persone; dipendiamo del resto da cosa chiedono i clienti, dobbiamo adeguarci alle loro richieste, e nella maggior parte dei casi non stanno domandando solo più tecnologia», rileva il fondatore di Haute Capital Partners. Cliente che vai, esigenze che trovi. Non tutta la clientela è la stessa, anzi, e dunque la formula del successo può essere radicalmente diversa caso per caso, ma spesso un minimo comune denominatore è facilmente individuabile: le persone. «Il 95% dei nostri azionisti rientra nella definizione di investitori privati qualificati, ma dall’avvenuta quotazione abbiamo anche registrato un forte aumento di giovani curiosi ed entusiasti di investire a medio lungo termine, con tutti i vantaggi dell’azionario. Non c’è un importo minimo da investire, è aperto a qualunque tipo di investitore, ed è incredibilmente liquido. Molte persone non sono più soddisfatte delle soluzioni tradizionali del passato, e guardano a soluzioni come la nostra con maggior facilità. Siamo del resto nati quale società di Private Equity, e siamo oggi una d’investimento diretto,

«Siamo passati da essere una società decisamente ‘privata’, a una quotata, è giunto dunque il momento di concentrarsi maggiormente su marketing e comunicazione, sostenendo il percorso di crescita che siamo sicuri ci consentirà di continuare a generare valore aggiunto per i nostri azionisti»

La società Dati fondamentali di una giovane realtà

Il portafoglio d’investimento Asset allocation (in % del totale) ed esposizione ai rischi Paese

dopo aver iniziato nel 2019 a offrire una strategia diversificata al mercato. Volevamo aprire il capitale a nuovi azionisti, gettando le fondamenta della fiducia indispensabile per investire, e quotarsi è stato il modo più naturale per farlo», commenta Bürki.

Una struttura societaria dunque a sua volta altrettanto liquida, in grado di conciliare esigenze diverse, nell’interesse

Le cifre della società, nonostante sia ancora incredibilmente giovane, e pur avendo già alle spalle un’Ipo, sono più che significative, e segnalano l’alto potenziale di rivolgersi a una platea di investitori molto più ampia di quanto non sarebbe altrimenti possibile. I clienti godono però di tutti i benefici degli azionisti di una quotata svizzera.

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Thibault Leroy Bürki, Fondatore e presidente del board di Haute Capital Partners Fonte: Haute Capital Partners (dati 31-XII-2022)
Real Estate Quotato 19,5 Asset Allocation Private Equity 1,3 55,3 Esposizione 72,2% 23,1% 4,7% 23,9 Liquidità Svizzera Mondo Usa
Anno di fondazione 2017 Uffici Biel/Bienne (2017),
N. di collaboratori 10 N. di investitori +150 AuM III-2023 8’500’000 Partner 6 2022 Performance dell’azione 52.16% 2022 Aumento di capitale 4’404’480 Volumi scambiati dall’Ipo 10’685’000 Fonte: Haute
Partners
Zurigo (2022)
Capital

della società stessa, oltre che della clientela azionista. «Cresciamo grazie all’aumento del numero di azionisti, ma anche grazie ai risultati dell’attività d’investimento, particolarmente attiva. L’aumento dell’azionariato garantisce infatti di poter sostenere lo sviluppo dell’azienda, ma anche di espandere il portafoglio d’investimento, inserendo nella strategia sempre nuovi tasselli, coniugando dunque crescente diversificazione con facilità di cambiare rapidamente l’asset allocation in caso di necessità, che si scaricano in una buona performance dell’azione. In qualità di azienda giovane e dinamica ben interpretiamo il sentiment del mercato, ma siamo anche sensibili alle componenti più innovative, come la blockchain, che offrono ottime opportunità d’investimento, affiancandole ad asset class più tradizionali, quotato, Private Equity e immobiliare», evidenzia il fondatore.

Sono del resto le tematiche più giovani a essere spesso anche quelle più promettenti. Almeno sin tanto che l’esplodere di una qualche bolla, o una brusca correzione non smentiscono. «Nonostante abbiano acquisito una certa notorietà, e interessino molto, quali saranno le sorti dei crypto-asset è ancora presto per dirlo, anche in relazione all’emergere di un’alternativa governativa a quelli attualmente quasi solo privati. Ben più rosee le prospettive invece per la tecnologia sottostante, la blockchain, che nei prossimi anni farà molto bene. Un tema però altrettanto importante sono sicuramente l’impiego e le applicazioni dell’intelligenza artificiale, ad esempio in finanza. Gli investitori agiscono e prendono decisioni sulla base di dati e metriche, ma è bene non dimenticare che i mercati non siano espressione della sola razionalità, ma anche di una certa emotività tipica delle

A lato, la performance spumeggiante dell’azione della società dalla sua Ipo nella prima metà del 2022. Acquistando l’azione si acquista di fatto un portafoglio d’investimento concentrato in mercati che altrimenti resterebbero ‘privati’. Sotto, la sede di Zurigo, aperta di recente.

persone, e l’Ia può dare certo il suo contributo. La chiave del successo è però nel saper attingere il giusto dall’uno, l’uomo, e dall’altro, la tecnologia. Un equilibrio delicato e molto variabile di settore in settore, ma dai risultati potenzialmente straordinari», rileva il fondatore.

La domanda di una cosa che funziona è destinata, nel corso del tempo, ad aumentare. Una semplice legge di mercato che molto difficilmente può essere smentita, e anche in questo caso sembra volersi dimostrare quantomeno valida. «Siamo pronti ad aumentare ulteriormente il capitale, è una naturale conseguenza del successo dell’Ipo. Vogliamo raddoppiare il volume d’investimenti, e dar seguito a un cantiere di nuovi progetti, anche in ambito immobiliare, tutti allo studio ormai da tempo. Abbiamo un team interno che è attualmente chino sullo sviluppo di algoritmi che consentano di automatizzare almeno una parte delle nostre strategie d’investimento, il che ci permetterà di preoccuparci di svilupparne di nuove, dedicandovi più tempo e risorse, di reagire più rapidamente ai segnali avversi del mercato, ma soprattutto di cercare nuove opportunità. Siamo passati in pochissimo tempo da essere una società decisamente ‘privata’, a una quotata, è giunto dunque il momento di concentrarsi maggiormente su marketing e comunicazione, sostenendo il percorso di crescita che siamo sicuri, grazie all’esperienza e all’expertise maturati, ci consentirà di continuare a generare valore aggiunto per un numero crescente di azionisti nei prossimi anni», conclude Thibault Leroy Bürki.

Alla base di quello che è un successo l’idea, forse rivoluzionaria, di garantire l’accesso ai mercati privati percorrendo una strada certo insolita, ma molto meno rischiosa di quanto molti altri si propongono, ben più ortodossamente, di fare, a quelli che sono a tutti gli effetti non più semplici clienti, ma azionisti.

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L’azione in borsa Confronto tra la performance mensile e cumulata (in %) 11.90% 25.00% 36.42% 50.00% 50.96% 50.96% 52.16% 55.05% 58% 65.14% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% Performance cumulata dall’Ipo (dx) ■ Performance mensile (sx) 22.60%
Fonte: Haute Capital Partners
Maggio2022Giugno2022Luglio2022Agosto2022Settembre2022Ottobre2022Novembre2022Dicembre2022Gennaio2023Febbraio2023Marzo2023
Le Fils de l’homme (1964), oil on canvas, 116 x 89 cm (Collection privée) © Succession René Magritte - SABAM, Belgium, 2023 / BKW Editions

Questione di monitoraggio

Le scelte d’investimento iniziali nel corso del tempo sono sempre da rivalutare su base regolare, ma delegare tutto e solo al consulente può non essere la migliore delle soluzioni.

L’investitore dovrebbe dunque attrezzarsi, anche solo per propria serenità.

La cancellazione delle obbligazioni At1, per ben 16 miliardi di franchi, decisa dalla Finma nell’ambito dell’accordo sul salvataggio di Credit Suisse ha riaperto un tema che non è solo specifico dei bond bancari di tipo subordinato, ma va a toccare tutte le componenti di un portafoglio e la capacità dell’investitore di monitorarle.

Nessun investitore vuole ‘sbagliare’ e ritrovarsi in portafoglio uno strumento che, al verificarsi di alcune circostanze, vede completamente azzerato il suo valore. Eppure, nonostante la maggioranza degli investitori privati (ma anche alcuni istituzionali, malgrado gli strumenti di cui dispongono) fosse convinta di non avere in portafoglio rischi di questo tipo, in tanti si sono ritrovati con una brutta sorpresa.

Portafogli di medio-grande dimensione prevedono un certo grado di complessità, che aumenta in presenza di una quota rilevante di strumenti ‘diretti’, singole azioni e obbligazioni. Progressivamente, il numero di posizioni in portafoglio tende ad aumentare; non va quindi sottovalutato l’effetto ‘stratificazione’. Inoltre, la singola consulenza o proposta d’investimento risponde a fattori che sono legati a specifici momenti o condizioni di mercato. Passato qualche anno, quegli stessi investimenti potrebbero rivelarsi inadatti rispetto al nuovo contesto. Questo significa che le scelte effettuate 1, 2 o 3 anni fa possono invecchiare nel tempo e non risultare più in linea con la strategia, con le mutate esigenze o con l’evoluzione di emittenti e debitori presenti in portafoglio.

Questo è stato anche il caso delle obbligazioni subordinate bancarie, le uniche, o quasi, a restituire un rendimento in

franchi apprezzabile in un periodo di tassi bassi o sottozero, e per questo inserite nei portafogli di diversi investitori. Quello che fino al 2021 sembrava un profilo con una buona tenuta e un rendimento accettabile, nel giro di qualche mese è passato dalla parte ‘sbagliata’ del mercato, senza particolari avvisaglie.

«I sondaggi sembrano confermare che nella maggior parte dei casi bisogna investire energie affinché il cliente percepisca un’elevata qualità del servizio ricevuto, e questo significa migliorare le proprie capacità comunicative. Performance e costi, infatti, non sono ai primi posti tra i motivi della chiusura di un rapporto»

Individuare l’errore specifico, a posteriori, è fin troppo semplice; tuttavia, è necessario chiedersi come mai questo errore sia ricorrente. Ripercorrere e dividere in fasi il processo d’investimento aiuta.

1. L’investitore ha della liquidità da investire e degli obiettivi da perseguire, fa delle considerazioni (da solo o accompagnato) e delinea un profilo di rischio.

2. Sulla base dei risultati dell’analisi, si sceglie l’asset allocation di primo livello.

3. Definita l’allocazione degli attivi, si scelgono i singoli strumenti.

Tre fasi che all’investitore sembrano rappresentare la quasi totalità di un buon processo d’investimento. La verità è però che questi passaggi rappresentano solo una parte (forse neanche la più

importante) del lavoro. Infatti, dirigere sapientemente un portafoglio significa realizzare un sistema strutturato di monitoraggio (idealmente con cadenza almeno mensile) che contempli la verifica del posizionamento di ogni strumento rispetto al mercato, cercando di individuare preventivamente il deterioramento del profilo di rischio.

Introdurre una pratica di monitoraggio, anche quando le borse sembrano rispondere al meglio, non è più un nice-to-have, come direbbero gli inglesi, ma forma di protezione altamente consigliata. Il fatto che la consulenza tradizionale abbia un approccio molto più intraprendente nella fase di proposta e inserimento degli strumenti in portafoglio è sintomatico di una disattenzione a questo tipo di servizio. I motivi sono principalmente i seguenti:

- Il cliente investitore tende a percepire un’elevata qualità del servizio quando vede proattività nelle prime fasi del processo (proprio perché poco consapevole dell’importanza del quarto passaggio);

- La controparte che offre il servizio di consulenza è spesso incentivata a dedicarsi maggiormente alle fasi di vendita e acquisto, piuttosto che a quella di monitoraggio (tendenzialmente meno remunerativa);

- La numerosità dei clienti e la complessità dei portafogli che un consulente si trova a dover supervisionare ne rendono complicato e dispendioso il monitoraggio.

In sintesi, il monitoraggio è un’attività meno coinvolgente, i cui frutti, meno visibili, si producono nel lungo periodo. Spesso, per i motivi sopra segnalati, non è offerto a patrimoni di piccola-media entità, e non sempre, in modo realmente strutturato ed efficace, a quelli più significativi. È quindi compito dell’investitore

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finanza / indipendenti/ analisi

ritagliarsi regolarmente uno spazio di tempo sufficiente a passare in rassegna le varie posizioni in portafoglio.

Quello che può sembrare un gesto meccanico e, nella maggior parte dei casi, privo di risvolti concreti (nel senso che poche volte all’azione di lettura della posizione conseguirà una modifica), aiuterà a prendere confidenza con il portafoglio e, di tanto in tanto, ad anticipare possibili risvolti negativi e rischi prima che si verifichino o che producano incidenti e perdite difficili da recuperare.

Qualcuno, giustamente, potrebbe pensare che nel lungo periodo la deficitaria attività di monitoraggio possa portare a performance insoddisfacenti, da cui potrebbe derivare una rottura con il proprio consulente finanziario o più in generale con la banca. La risposta, in apparenza semplice e affermativa, va nella direzione opposta. Infatti, una ricerca condotta da Morningstar segnala come la rottura sia un’eventualità che non si verifica spesso ma, al contrario, il rapporto fra consulente e cliente tende a trasmettersi nel tempo anche alle successive generazioni.

Tuttavia, al di là del fatto che i pochi cambiamenti si legano in parte al costo del cambiamento, è comunque interessante analizzare le motivazioni legate all’interruzione del rapporto. Secondo il sondaggio, solamente in poco più di un caso su dieci l’investitore cambia consulente finanziario per via dei rendimenti conseguiti, deludenti rispetto alle aspettative.

Al contrario, quello che emerge è che i clienti danno maggiore importanza alla qualità percepita del servizio, soprattutto da un punto di vista relazionale. L’attenzione al lato umano e al rapporto con la persona risultano quindi più importanti rispetto alla performance di portafoglio.

In pratica, i sondaggi sembrano confermare quello che alcuni consulenti hanno capito già da diverso tempo, ovvero che nella maggior parte dei casi bisogna investire energie affinché il cliente percepisca

Quello che emerge dalle statistiche non è una sorpresa, spesso a contare non è tanto la performance finanziaria conseguita dal consulente, quanto tutto il resto. Allo stesso tempo anche il piano più economico dovrebbe avere una certa importanza, ma le priorità tra clientela e consulenti divergono.

«Una ricerca condotta da Morningstar segnala come la rottura della relazione con il gestore sia un’eventualità che non si verifica troppo spesso ma, al contrario, il rapporto fra consulente e cliente tende a trasmettersi nel tempo anche alle successive generazioni»

Severino Pugliesi, Ceo e Partner di Lagom Family Advisors

Perché licenziare il proprio advisor?

Le sei principali ragioni alla base della decisione (in %)

■ Qualità della consulenza e del servizio ■ Qualità della relazione ■ Costo del servizio

■ Performance degli investimenti ■ Sintonia nel discutere di temi finanziari

■ Qualità della comunicazione

Fonte: Morningstar research

Quali sono le priorità?

La lista delle priorità secondo la clientela in materia finanziaria

Monitoraggio e controllo dei progressi verso gli obiettivi concordati Creazione e rispetto della pianificazione finanziaria Consulenza sull’impatto che ‘altro’ potrebbe avere sulla pianificazione Valutazione della filosofia di investimento e dei suoi riflessi Creazione di una pianificazione olistica sulla base di dati da terzi

■ Clienti che lo reputano molto importante ■ Meno importante

un’elevata qualità del servizio ricevuto, e questo significa migliorare le proprie capacità comunicative e di interazione con il cliente. Performance e costi, infatti, non sono ai primi posti tra i motivi della chiusura di un rapporto.

La qualità della consulenza finanziaria e dei servizi prestati dovrebbe però includere anche il ‘post vendita’, e alcuni investitori in effetti percepiscono mancanze

significative in questa fase. Vi è quasi sicuramente, in molti casi, un margine di miglioramento significativo.

Nel frattempo, però, dare per scontato che la controparte a cui ci si affida per gli investimenti svolga questo servizio al posto del cliente può rappresentare un errore di valutazione; motivo per cui gli investitori dovrebbero, laddove non l’abbiano già fatto, equipaggiarsi meglio.

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Fonte: Ey 2023
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L’estate si avvicina

La prima parte dell’anno è stata all’insegna di una calma quantomeno apparente, con i mercati che hanno tenuto botta. Bene i fondi, nonostante i monetari siano la vera crescita.

Il mercato svizzero dei fondi archivia il primo trimestre dell’anno con dati tutto sommato positivi, con una crescita delle masse dell’ordine dei 50 miliardi di franchi svizzeri, in gran parte derivanti dal buon andamento dei mercati finanziari, andato poi attenuandosi nelle ultime settimane.

Dall’inizio dell’anno il progresso è stato infatti di 38,67 miliardi di masse amministrate solo a livello di fondi azionari, di questi solo 6,24 sono derivanti dalla raccolta. In aggregato la performance si conferma comunque buona, con un progresso di 10,42 miliardi nel periodo. Se il gestito è comunque cresciuto anche rispetto alle altre tipologie di fondi, è probabilmente l’obbligazionario a segnare il miglior risultato in termini relativi e di attrattività anche guardando all’attuale fase di mercato. Del progresso registrato pari a 7,93 miliardi di franchi, ben 2,10 sono di new money, dunque raccolta presso gli investitori, che portano il comparto a sfiorare in termini assoluti i 381 miliardi, rispetto invece ai 602,81 degli azionari.

Interessante guardare al resto del comparto, con i fondi monetari a cantar vittoria nel brevissimo periodo. Nell’arco dell’ultimo mese hanno infatti visto nuovi afflussi pari a 4,05 miliardi, rispetto ai 3,70 dell’intero trimestre, e che spingono il comparto a portarsi sopra i 125 miliardi di masse amministrate. Entrate così significative sul monetario riflettono una pausa di riflessione che i mercati sembrano essersi presi nelle ultime settimane, dopo aver digerito l’acquisizione del colosso bancario svizzero, da parte della sua storica concorrente. Poco significative le variazioni degli altri segmenti, con spostamenti da zero virgola.

Complessivamente l’industria si porta a 1.370,36 miliardi di franchi di masse amministrate, con un totale di raccolta nel trimestre di 10,42. Dunque nel complesso si tratta di un buon risultato.

Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)

Quota di mercato per tipologia (in %)

Raccolta per Asset class (marzo 2023, in milioni di franchi)

L’Angolo dell’investitore: (Healthcare, Materials, Sustainable; Isin):

▲ Astra Zeneca (GB0009895292)

▲ Carl Zeiss Med. (DE0005313704)

▲ Roche Holding (CH0012032048)

▲ Azko Nobel (NL0013267909)

▲ Givaudan (CH0010645932)

▲ DuPont de Nem. (US26614N1028)

▲ Faurecia (FR0000121147)

▲ Basf (DE000BASF111)

▲ Cisco System (US17275R1023)

Giugno 2023 TM · 75 Osservatorio di Federico Introzzi
Per asset class Mar. 23 Feb. 23 6 mesi 1 anno Fondi azionari 43,99 44,07 42,41 45,37 Fondi obbligazionari 27,78 27,82 29,60 28,84 Fondi misti 11,89 11,98 11,85 11,93 Fondi mercato monetario 9,23 9,00 8,55 6,78 Fondi immobiliari 3,84 3,89 4,16 3,51 Materie prime 2,19 2,12 2,46 2,57 Investimenti alternativi 0,88 0,90 0,74 0,77 Altri fondi 0,21 0,21 0,22 0,23
Categoria fondi Massa amministrata Var. Sottoscrizione al Mar. 23 Gen. 23 netto dei riscatti Fondi azionari 602.819 564.149 38.670 6.244,8 Fondi obbligazionari 380.671 372.698 7.973 2.100,8 Fondi misti 162.989 165.666 -2.677 -350,2 Fondi mercato monetario 126.485 122.076 4.409 3.700,3 Fondi immobiliari 52.592 53.184 -0.592 -154,3 Materie prime 29.999 29.209 0.790 -581,7 Investimenti alternativi 11.997 12.594 -0.597 -466,6 Altri fondi 2.810 2.668 0.142 -68,6 Totale mercato 1.370.363 1.322.242 48.121 10.424,5
1 mesi 3 mesi 6 mesi 12 mesi Monetari 4.052,5 3.007,3 19.342,1 26.132,9 Azionari 1.306,5 6.244,8 4.171,1 -3.942,1 Obbligazionari 359,7 2.100,8 -7.742,9 -15.466,6 Immobiliari 5,4 -154,3 -389,0 -579,5 Altro -45,7 -68,6 -224,5 -516,7 Alternativi -105,9 -466,6 -898,0 -1.031,4 Materie prime -236,2 -581,7 -1.287,8 -3.040,3 Misti -448,3 -350,2 -1.141,0 -2.297,1

Segnali di ripresa

Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera). A lato, storicamente l’attività di M&A ha giocato un ruolo chiave nel settore, riorganizzando gli assetti e il profilo dell’industria, ma ultimamente le autorità antitrust sembrano stare adottando un nuovo approccio.

200020022004200620082010201220142016201820202022

Con una performance assoluta vicina allo zero, nel 2023 l’indice Msci World Healthcare ha ampiamento sottoperformato gli indici globali. La performance relativa del settore è una delle peggiori degli ultimi anni ed è imputabile a una serie di fattori tra i quali la riduzione dei finanziamenti di capitale di rischio, il declino dei ricavi post pandemia e i possibili ostacoli regolatori all’attività di M&A, storicamente un motore importante di crescita per il settore.

Contrazione dei finanziamenti. Il fallimento della Silicon Valley Bank a metà marzo così come le successive pressioni che hanno toccato il sistema bancario hanno avuto conseguenze indirette anche per il settore healthcare. Svb era principalmente attiva nella zona della baia di San Francisco, un’area nota per la forte concentrazione di società del settore tecnologico ma dove sono presenti anche numerose società BioTech, di tecnologia medicale e, più in generale, di scienze della vita. Molte di queste società erano clienti di Svb e anche se l’estensione del-

le garanzie ai depositi ha di fatto evitato un impatto diretto, la scomparsa di un importante fornitore di servizi bancari nonché elargitore di finanziamenti non è stata senza conseguenze.

Senza contare che quanto successo ha senz’altro portato a una maggiore consapevolezza dei rischi e, potenzialmente, raffreddato l’interesse per gli investimenti di capitale a rischio (venture capital).

I primi segnali si sono intravvisti nelle pubblicazioni delle trimestrali dove alcune società farmaceutiche attive nella produzione per conto terzi (Cdmo) hanno evidenziato una riduzione dell’attività di ricerca e sviluppo. A breve termine, l’impatto a livello commerciale è limitato, la produzione di farmaci in fase sperimentale rappresenta una quota marginale dei ricavi di queste aziende, ma qualora la contrazione dei finanziamenti dovesse protrarsi nel tempo le conseguenze potrebbero essere importanti perché di fatto andrebbe a frenare il potenziale di sviluppo di nuovi farmaci.

Le difficoltà delle banche regionali americane potrebbero anch’esse avere un

impatto sui produttori di apparecchiature mediche o robot chirurgici. Dato il costo elevato di questi strumenti, le banche regionali sono spesso coinvolte nel finanziamento di questi investimenti da parte degli ospedali e criteri più restrittivi nella concessione dei crediti potrebbero rappresentare un ostacolo.

Effetto Covid-19. Il settore healthcare ha beneficiato in maniera importante dello scoppio della pandemia grazie alla vendita di vaccini e trattamenti nonché alle attività di diagnostica. Con la pandemia ormai alle spalle, la tendenza si è invertita e, anno su anno, si osserva inevitabilmente un calo di ricavi e utili.

Nel 2022, i ricavi per vaccini e trattamenti legati al Covid hanno generato ricavi per quasi 90 miliardi di dollari, una cifra che nel 2023 si ridurrà di due terzi con forti ripercussioni negative sulla redditività. L’effetto è particolarmente marcato nei primi due trimestri dove la base di confronto è più elevata e potrà essere difficilmente compensato, a breve termine, dal lancio di nuovi prodotti. Si tratta comunque di una questione nota e ampiamente scontata dagli investitori Rotazione intra-settoriale. Non tutto il settore si è comportato allo stesso modo. Biotecnologici e farmaceutici sono stati maggiormente impattati da queste ten-

76 · TM Giugno 2023
osservatorio / settori
La FdA americana Approvazioni di nuovi farmarci Fonte: Food&Drug Administration ■ Nuovi prodotti molecolari (Nme) Media mobile 5y ■ di cui biologici N. di approvazioni 60 50 40 30 20 10 0
Dopo un inizio d’anno piatto, tornano ad accendersi i fari sull’Healthcare. Se è ancora prematuro ipotizzare una inversione di tendenza, non mancano i segnali positivi.
Tempo di matrimoni? L’attività di M&A nel BioTech Fonte: Bloomberg ■ Valore degli accordi (Usd mld, sx) ■ N. di accordi (dx) 200 160 120 80 40 0 2016 450 360 270 180 90 0 2017 2018 2019 2020 2021 2022 ‘23YTD

denze negative, alle quali si sono aggiunti ulteriori venti contrari quali valutazioni relative non più attrattive, costi di finanziamento più elevati, impatto negativo sui multipli dei rialzi dei tassi d’interesse e le potenziali pressioni sui prezzi dei farmaci causate dall’Inflation Reduction Act.

L’accumulo di notizie negative ha di fatto allontanato gli investitori da questi sotto-settori, a favore di altri comparti come quello delle tecnologie mediche che per contro ha beneficiato del ritorno alla normalità dell’attività ospedaliera, e continuerà a farlo vista la mole di procedure mediche e interventi a tuttora ancora arretrati. Le prospettive per questo sotto-settore restano promettenti e dovrebbero tradursi in tassi di crescita organica e profitti sopra la media. Innovazione . Malgrado i primi timidi segnali di rallentamento lanciati dalle Cdmo, l’attività di ricerca e sviluppo continua, per il momento, a ritmo elevato.

Negli ultimi mesi sono stati annunciati importanti sviluppi con risvolti significativi per il settore. Tra questi la pubblicazione di un secondo studio positivo di fase-3 su un trattamento contro l’Alzheimer che sebbene non abbia dissipato del tutto il dibattito sull’efficacia clinica dovrebbe aumentare la pressione sulla presa a carico del costo del trattamento e la raccomandazione positiva da parte dell’Fda Advisory Committee riguardante una terapia genica contro la distrofia muscolare che potrebbe aprire la porta a ulteriori trattamenti basati su questa tecnologia.

L’innovazione resta la chiave di sviluppo del settore e non sorprendono quindi le reazioni negative su notizie che potrebbero in qualche modo frenarla o rallentarla. Attività M&A. Le attività di fusione/acquisizione hanno storicamente rappresentato una via d’uscita importante per le società emergenti in ambito biotecnologico che non disponevano di una struttura commerciale oltre che un’importante fonte di finanziamento.

La recente decisione delle autorità antitrust americane (“Us Federal Trade Commission - Ftc) di bloccare l’acquisizione di Horizon Therapeutics da parte di Amgen ha sorpreso molti in quanto non giustificata da sovrapposizioni delle attività delle due società. La Ftc ha di fatto bloccato la transazione sulla base della teoria del raggruppamento, ovvero sul fatto che Amgen possa fare pressione su compagnie assicurative e/o altri attori

del settore affinché vengano favoriti i prodotti di Horizon precludendo lo sviluppo di alternative da parte della concorrenza.

Al di là della questione specifica, che potrebbe essere impugnata e portata dinanzi alla Corte Suprema, il rischio maggiore è che lo stesso argomento possa essere utilizzato per bloccare altre operazioni di M&A ponendo ostacoli importanti (con i relativi costi) per le società nelle prime fasi di sviluppo e limitandone il potenziale di innovazione che la stessa Ftc cerca di proteggere. Le attività di M&A hanno rappresentato un importante fattore di crescita per il settore farmaceutico. Solo negli ultimi 6 anni, le principali società farmaceutiche hanno generato 1,3 trilioni di dollari di flussi di cassa (pre-spese per ricerca e sviluppo), dei quali circa 350 miliardi sono stati reinvestiti in operazioni di finanza straordinaria. Nei prossimi 6 anni ci si aspetta che le principali aziende farmaceutiche europee generino 900 miliardi di cash flow dei quali il 20% a disposizione per attività di M&A, mentre negli Stati Uniti i cash flow dovrebbero superare gli 1,2 trilioni dei quali circa il

Il grande mondo della Salute nel post pandemia ha accusato il colpo, dopo un biennio all’insegna dell’emergenza, e dunque anche di profitti e ricavi da record, negli ultimi mesi la droga sembra essere finita, con risultati modesti, e sotto la media, che si sono rifletti inevitabilmente in una performance azionaria molto deludente. Quando qualcosa cambierà?

38% potrebbe essere utilizzato per M&A. Le nubi sul settore healthcare non si sono ancora dissipate. Le difficoltà e i costi di finanziamento continuano a rappresentare uno scoglio importante, in particolare per le società biotecnologiche a piccola capitalizzazione.

Opportunità più interessanti le si trovano tra le società farmaceutiche più importanti grazie a dividendi attrattivi e valutazioni più convenienti rispetto al settore e nel comparto delle tecnologie mediche che beneficia delle tendenze positive post-Covid.

Giugno 2023 TM · 77
Fonte: Bloomberg La salute nel post pandemia Confronto tra l’Healthcare e il mercato mondiale (ytd, 100: I-2023) 90 95 100 105 110 115 01.2023 02.2023 03.2023 04.2023 05.2023 Msci
World Healthcare Msci World
Fonte: DrugAnalyst La salute nel post pandemia Andamento dei ricavi nell’Healthcare per segmento (in mld usd) 0 20 40 60 80 100 2020 2021 2022 2024E 2025E 2023E
■ Vaccini ■ Terapie

Biodiversità: quanto conta?

Micheli, Senior Investment Manager di Pictet Am. A lato, il consumo intensivo di risorse naturali ha trainato gli investimenti in beni capitale, come le infrastrutture.

la crescita della popolazione. Tuttavia, la maggior parte degli investimenti confluisce ancora in attività economiche che, sia in modo consapevole che inavvertitamente, causano danni ambientali e sociali.

La prosperità umana è cresciuta più negli ultimi 30 anni che in tutti i secoli passati messi assieme. Un numero crescente di persone vive più a lungo e in modo più sano; accedere all’istruzione non è mai stato così facile. Dal 1820, il Pil pro capite medio è cresciuto di oltre 15 volte. Più del 95% dei neonati arriva al 15esimo anno d’età: nel XIX secolo era solo uno su tre.

Tuttavia, questo progresso ha avuto un costo: mentre gli esseri umani prosperavano, la natura ha sofferto. L’umanità sta portando all’estinzione animali e vegetali, distruggendo i loro habitat. Inoltre, da alcuni decenni, gli uomini consumano più risorse naturali di quelle che la Terra è in grado di rigenerare naturalmente.

Per mettere fine a questo rapporto insostenibile è necessaria una comprensione più approfondita dell’impatto che il mutamento della biosfera può avere sul benessere umano e sul suo contributo alla crescita economica. I policymaker considerano ormai la protezione della biodiversità una priorità tanto urgente quanto il riscaldamento globale.

La Cop-15 di Montreal dello scorso dicembre potrà probabilmente essere considerata il più importante evento per la biodiversità del decennio, in direzione di un accordo globale sull’impegno da assumere a protezione della natura per il 2030. Tali sforzi, però, non andrebbero limitati alla sfera politica. Trovandosi a gestire grandi capitali su scala globale, il settore finanziario è in una posizione di rilievo per contribuire a costruire un’economia che lavori in accordo con la natura.

La finanza può facilitare una transizione positiva per la natura, trasformando il modo in cui alloca il capitale alle imprese e sviluppando nuovi modelli per valutare in maniera più accurata i rischi e le opportunità legati alla biodiversità. Senza dimenticare il ruolo che ha comunque già giocato nel migliorare l’efficienza in diversi settori. Ad esempio, con lo sviluppo dell’AgriTech, il mondo è oggi in grado di produrre sullo stesso appezzamento di terra una quantità di cereali pari quasi a tre volte quella del 1961.

Il tasso con cui la resa media di cereali è migliorata è stato superiore a quello del-

In questo si inserisce il programma Finance to Revive Biodiversity (FinBio), sotto la supervisione dello Stockholm Resilience Centre dell’Università di Stoccolma, che punta a sviluppare ricerche di valore a supporto del settore finanziario, volte a trasformare le pratiche attuali (che premiano la crescita, spesso a scapito della biodiversità) in nuovi modelli, in grado di analizzare e attribuire un valore economico alle caratteristiche di un’azienda, in relazione con la natura.

Finanziato dalla Swedish Foundation for Strategic Environmental Research (Mistra), il programma aprirà nuovi orizzonti, riunendo in un consorzio eterogeneo ricercatori accademici, oltre che Partner del settore finanziario. Il consorzio si è prefissato obiettivi ambiziosi. Il primo è tradurre i dati sulla biodiversità e sul capitale naturale in parametri che i gestori e gli investitori possano comprendere e utilizzare. Il secondo obiettivo è stabilire un quadro finanziario che faciliti lo sviluppo di una nuova classe di attivi allineati alla natura: un capitale che può essere sfruttato per il raggiungimento degli obiettivi di biodiversità e che possa costruire un’economia effettivamente sostenibile. I servizi ecosistemici. Privilegiando lo

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osservatorio / tematici
Gabriel
100% 80% 60% 40% 20% 0% -20% -40% 1992 1995 1998 2001 2004 2007 2010 2014 Capitale prodotto Capitale umano Capitale naturale Fonte: Pictet Am Il
uomo-natura
(dati 1992
2014)
Le aziende e gli investitori hanno ignorato troppo a lungo i rischi legati alla perdita di biodiversità. È dunque tempo di agire per correggere la rotta, e rimediare ai danni del passato.
conflitto
Stock di capitale globale pro capite
-

sviluppo economico, l’umanità ha causato notevoli danni alla natura e agli ecosistemi. Il degrado della biosfera avrà un impatto diretto sulla crescita e sul benessere umano nei prossimi decenni.

Il modo in cui si terrà conto del ruolo della natura all’interno dell’economia è diventato la sfida decisiva di oggi. Capire la complessa relazione che lega sviluppo economico e mondo naturale, attribuendo un valore ai servizi ecosistemici, potrebbe essere un primo grande passo verso un’economia davvero sostenibile. Rischi e investimenti. La biodiversità è il nuovo cambiamento climatico. Primo accordo di ampio respiro, il Global Biodiversity Framework frutto della Cop-15 dovrebbe accelerare gli sforzi per affrontare l’emergenza, e allineare gli interessi degli investitori.

La biodiversità si contende con il cambiamento climatico la corona di preoccupazione ambientale predominante, è dunque legittimo aspettarsi nuove tasse, permessi e compensazioni che si integrino ad esempio nelle statistiche economiche nazionali, Pil in primis. Tale operazione dovrebbe inoltre favorire una maggior presa di consapevolezza da parte degli investitori su rischi oggi sottostimati. La finanza della biodiversità. Anche se aziende e investitori faranno progressi nel cercare di comprendere quale sia il loro impatto e in che modo la biodiversità impatti a sua volta su di loro, tali sforzi non arriveranno a nulla se non saranno accompagnati da una rivoluzione riguardante il capitale che si lega alla biodiversità.

Storicamente, il rapporto tra finanza e biodiversità si è concentrato sulla conservazione del capitale naturale. Tuttavia, di recente, l’investimento in biodiversità e nel capitale naturale è cresciuto costantemente e comprende ora titoli che mirano esplicitamente a minimizzare la perdita delle specie e a sfruttarne al meglio il potenziale di crescita a lungo termine.

Nell’ultimo biennio sono state lanciate numerose strategie che investono in società specializzate nel ripristino della biodiversità e nei servizi ecosistemici; nove fondi di questo tipo su undici hanno debuttato nel 2020. Il patrimonio gestito in questo ambito è più che raddoppiato, fino a toccare 1,3 miliardi di dollari rispetto ai soli 525 milioni di inizio decennio.

L’obiettivo di questi fondi è contribuire a integrare pratiche aziendali più sostenibili e rigenerative in tutta la catena del

Le tasse sono la soluzione?

N. di imposte correlate alla biodiversità nei Paesi Ocse

valore nei settori più vari: agricoltura, silvicoltura, It, materiali, Pharma...

L’Ocse stima che gli investimenti per proteggere la biodiversità ammontino attualmente a meno di 100 miliardi di dollari l’anno. Una somma irrisoria anche rispetto ai 632 nel cambiamento climatico.

Un rapporto del 2019 della Food and Land Use Coalition, ad esempio, giunge alla conclusione che gli sforzi per integrare pratiche rigenerative, produttive e circolari nell’attuale mercato del cibo e del suolo, rivoluzioneranno le catene del valore, spalancando un mercato da 4,5 trilioni entro il 2030.

Progettare un sistema finanziario positivo per la natura. Per oltre 10mila anni, la prosperità umana si è concentrata sul consumo del capitale naturale, vale a dire lo stock di risorse della Terra, il cui utilizzo è fortemente aumentato nel tempo.

Gli accordi che stanno maturando, legalmente vincolanti, e tesi a ridurre la perdita di biodiversità, come la Cop-15 di Montreal, vanno a braccetto con il rivoluzionario progetto di includere il valore del capitale naturale e dei servizi ecosistemici

Sopra, la salvaguardia della biodiversità può passare anche dalla imposizione di nuove tasse, come sta avvenendo. Del resto i rischi di perderla restano notevoli.

nel bilancio nazionale degli Stati Uniti entro il 2036. Il che rispecchia lo sforzo profuso da autorità e Governi in materia. Come afferma l’economista Peter Drucker: ciò che viene misurato, migliora. Ma la sola Politica non è sufficiente, è il resto della società a dover sposare il progetto di una crescita più sostenibile, suffragata da una migliore informazione. Le minacce per le imprese non sono solo fisiche, ma anche normative, legali e reputazionali, con la finanza che può giocare un ruolo chiave investendo.

Sviluppando il fiorente mercato legato al capitale naturale, gli investitori possono agilmente riorientare i flussi di capitale verso iniziative e progetti rigenerativi. La natura è sempre stata il bene economico più importante. Ed è giunto il momento che anche la finanza lo riconosca.

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Fonte:
Pictet Am, Ocse Pine 2022
250 200 150 100 50 0 1980 1990 2000 2010 2020 ■ N. di imposte in unità
Fonte: Pictet Am I rischi della deforestazione Confronto tra i due indici Eikon Environmental Esg score 160 140 120 100 80 60 40 20 0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 Deforestation risk score

Grandi complicazioni

Giovanni Rickenbach, Responsabile Strategia di Pkb. A lato, la sovraregolamentazione sta penalizzando gli azionisti delle banche, dal 2008.

che acquistate da attori esteri e di trovarsi quindi in situazione di forte dipendenza.

La grande Crisi finanziaria del 2008-12 ha avuto le banche quale suo epicentro. Preceduta da un boom del credito accompagnato dal rilassamento degli standard di controllo del rischio da parte delle banche e dalla successiva formazione di bolle immobiliari, è stata scatenata dall’aumento di tassi d’interesse e dalla discesa dei prezzi degli attivi utilizzati come collaterali.

L’aumento delle sofferenze sui portafogli di credito ha eroso i capitali propri e spinto i Governi ad agire per evitare gli errori della Grande Depressione, sfociati in fallimenti a catena delle banche, contrazione del credito e quindi delle imprese. In certi casi, i Governi hanno agito come garanti e le Banche Centrali da creditori di ultima istanza. In altri, i Governi hanno ricapitalizzato le banche.

Nell’Eurozona quest’ultima modalità ha prodotto un forte aumento dei debiti pubblici che ha messo sotto stress diversi Paesi membri e di nuovo il sistema bancario, detentore di obbligazioni governative. A dispetto di tutti gli sforzi, le economie sviluppate hanno subito una contrazio-

ne del credito, più ampie o più lunghe a seconda dei casi. Il “credit crunch” ha provocato una distruzione permanente di capacità produttive. Non deve quindi stupire che gli eventi del 2008-12 abbiano prodotto un aumento marcato della regolazione bancaria e delle prerogative delle autorità di controllo.

Per risolvere il problema alla radice, gli impieghi delle banche sono stati subordinati alla dotazione adeguata di capitale. Il tetto sulla leva nei bilanci serve a rimuovere il rischio di rivedere nuovi boom del credito bancario. Il settore è frammentato, ma la concentrazione viene per quanto possibile frenata.

La formazione di banche troppo grandi aumenterebbe il rischio sistemico in caso di problemi specifici e il pericolo che il denaro dei contribuenti venga di nuovo utilizzato. La frammentazione viene poi considerata necessaria per garantire la competizione tra le banche a vantaggio dei clienti, ovvero le imprese e le famiglie.

All’interno dell’Ue, la concentrazione è inoltre vista con sospetto da quei Paesi che rischiano di vedere le proprie ban-

Dal 2008, l’investitore azionario è confrontato a un’evoluzione frustrante delle azioni del settore bancario nelle economie avanzate. Le regole sul capitale e la desiderata frammentazione del sistema hanno creato un mondo in cui l’intensità in capitale dell’attività riduce le possibilità di crescita interna e la redditività dei mezzi propri. Le banche non possono d’altro canto aumentarla attraverso fusioni e acquisizioni che invece permetterebbero ampie economie di scala, oltre a migliorare le prospettive di crescita esterna. La bassa redditività e i bisogni in capitale limitano inoltre lo spazio per aumentare la bassa distribuzione agli azionisti.

L’estensione dell’edificio normativo ha senza dubbio ridotto i rischi sistemici, ma ha reso troppo bassa la reddittività delle singole banche aumentandone i rischi specifici che restano ben superiori alla media del mercato. Sono per di più mal retribuiti dai dividendi e dalle prospettive sugli utili.

In alternativa all’attesa di migliori condizioni d’entrata, ovvero prezzi più bassi e dividendi più alti che remunerino adeguatamente i rischi, l’investitore può cercare ed esaminare le rare situazioni speciali in cui il rischio è più contento e meglio remunerato, ovvero banche che seguono politiche di distribuzione più attraenti della media, ben capitalizzate, con portafogli di credito di maggior qualità, meglio ancora se diversificate in attività di nicchia e attive in economie stabili.

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osservatorio / settori
Fonte: Bloomberg Indice dei mercati azionari delle economie avanzate in Chf 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 Indice del settore bancario delle economie avanzate in
Confronto tra borse e titoli bancari (12.2006: 100) 29.12.06 29.12.11 29.12.16 29.12.21
Il settore bancario è uscito cambiato dalla Crisi del 2008. Sono ormai anni che si trova confrontato con diversi problemi, che a sua volta l’investitore azionario non può non considerare.
Chf Il post 2008

Quali impatti in Europa

finanza dovrebbe aprire la strada.

In un contesto di mercati e normative in rapida evoluzione, anche la finanza deve fare la propria parte nel focalizzare, adattare e rafforzare il suo contributo per un impatto positivo, concentrandosi sulla transizione verde. La banca si basa su una visione sistemica e scientifica del mondo, che tiene conto delle interconnessioni tra società, ambiente e mercati, al fine di ridurre gli impatti negativi delle proprie attività su clienti, dipendenti, comunità locali e biosfera. Entusiasmo Esg. Nonostante le turbolenze del 2022, gli investimenti sostenibili continuano ad aumentare al pari dello scetticismo dei clienti, che sta obbligando a fornire loro informazioni più dettagliate. Bisogna anche considerare le differenze tra ciò che i consumatori dicono di voler fare e dove poi effettivamente mettono i loro soldi. Una ricerca legittima del rendimento è un fattore importante, soprattutto nella gestione patrimoniale discrezionale. Per di più, durante i periodi di crisi gli investitori tendono a rivolgersi a ciò che già conoscono.

L’allocazione del capitale è sempre più focalizzata sulla performance corretta in riferimento al rischio e sul perseguimento di un impatto positivo. Quattro i fattori: un crescente consenso scientifico sui rischi biofisici a lungo termine, come i cambiamenti climatici e la biodiversità, lo spostamento dei consumatori verso prodotti e servizi sostenibili, la competitività economica a lungo termine delle imprese e rapidi cambiamenti normativi.

Per valutare i rischi e l’impatto delle aziende, devono essere considerati vari parametri, come le emissioni di carbonio, la catena di approvvigionamento e la strategia a lungo termine. Le industrie più esposte a lungo termine sono anche

quelle che sono state le prime a tenere conto dei rischi climatici. Rispettare le norme europee... La Commissione europea deve conseguire una crescita economica a basse emissioni di carbonio, efficiente sotto il profilo delle risorse e socialmente inclusiva. Con questo in mente, ha sviluppato una tassonomia dell’economia verde che fornisce un quadro per le attività economiche in linea con sei obiettivi ambientali e tre sociali.

Nonostante i dibattiti geopolitici e le divergenze di opinione, l’Unione conti-

«La transizione verso un’economia sostenibile è un processo complesso e in evoluzione, che richiede alle istituzioni finanziarie, agli investitori e alle autorità di regolamentazione di lavorare insieme per navigare in questo ambiente incerto. Un ruolo importante dovrebbe essere giocato soprattutto dagli istituti più grandi»

nua a progredire con la recente conclusione di un accordo sulla regolamentazione delle obbligazioni verdi in Europa. Goldman Sachs e Bloomberg stimano che l’emissione di green bond raggiungerà i 600 miliardi di euro nel 2023. ...mantenere rendimenti interessanti. La transizione verso un’economia verde richiederà tempo ed è probabile che sia volatile, con un impatto sul P/E storico in tutti i settori, classi di attività e regioni. Le attività economiche in linea con la tassonomia dovrebbero beneficiare dell’accesso al capitale e delle opportunità di crescita. L’Agenzia internazionale per

l’energia prevede investimenti in energia pulita di oltre 2 trilioni di dollari entro il 2030, in crescita del 50% rispetto al 2022.

È anche importante notare che non tutti gli investimenti verdi o di impatto genereranno rendimenti più elevati. Gli investitori dovranno adottare un approccio prudente ed equilibrato per modificare i loro portafogli per gestire i rischi e le opportunità associati alla transizione verso un’economia verde.

È quindi fondamentale che gli investitori prendano in considerazione la possibilità di allineare il proprio portafoglio alla transizione climatica su orizzonti temporali di tre, cinque o dieci anni, o almeno pensino a come farlo. In effetti, non è ragionevole aspettarsi che tutti i loro investimenti diventino immediatamente sostenibili. È essenziale determinare da dove iniziare ed adottare un approccio graduale per l’integrazione degli investimenti sostenibili nei portafogli.

La transizione verso un’economia sostenibile è un processo complesso e in evoluzione, che richiede alle istituzioni finanziarie, agli investitori e alle autorità di regolamentazione di lavorare insieme per navigare in questo ambiente incerto. Un ruolo importante dovrebbe essere giocato soprattutto dagli istituti più grandi del settore, adeguandosi rapidamente ai cambiamenti normativi, e rafforzando l’impegno per un impatto positivo, concentrandosi sulla sostenibilità e attuando strategie di investimenti responsabili. Lavorando insieme, ci si può sicuramente muovere verso un futuro più sostenibile e resiliente, per tutti.

Giugno 2023 TM · 81
osservatorio / sostenibili
Jon Duncan, Chief Impact Officer di Reyl Intesa Sanpaolo.
È tempo che gli attori economici prendano coscienza degli effetti delle loro azioni, e che dunque reagiscano di conseguenza. La

Qualità di famiglia

Nel contesto attuale caratterizzato da scarsa visibilità e rapidi cambiamenti tiene sempre più banco il dilemma sul posizionamento da avere per beneficiare delle opportunità che il mercato propone con regolarità, mantenendo però una strategia di lungo termine.

L’evidenza empirica suggerisce che le società a conduzione familiare generano maggiori rendimenti nel lungo termine, si caratterizzano per un approccio più responsabile e assorbono meglio gli shock. Hanno dunque dimostrato che il giusto equilibrio tra resilienza e adattabilità possa fornire una risposta alle sfide odierne.

Queste imprese sono considerate da secoli la linfa vitale della società e si stima che contribuiscano al 70% del Pil mondiale e della forza lavoro. A questo proposito, le 500 maggiori hanno un fatturato di oltre 7 trilioni di dollari e garantiscono oltre 24 milioni di posti di lavoro.

Nelle aziende di questo tipo, i fondatori e i loro discendenti restano coinvolti direttamente nella gestione dell’attività anche dopo la quotazione in borsa, sceglien-

do di non diluire totalmente la proprietà. Questo passo viene compiuto tramite la limitazione del capitale flottante, riducendo il numero di azioni in circolazione, o creando un sistema dual share, in cui la famiglia conserva la maggioranza dei diritti di voto pur detenendo una minima quota delle azioni in circolazione. Grazie a questi meccanismi, la famiglia è in grado di mantenere un maggiore controllo sulla direzione strategica dell’attività.

La ricerca accademica, oltre a confermare la bontà di queste società, pone l’accento sulla loro capacità di rispondere a uno dei principali problemi in ambito di Governance, ossia il disallineamento degli interessi tra management e proprietari (il cosiddetto principal-agent problem), caratterizzato da un’asimmetria informativa tra le due parti che crea spesso una condizione di inefficienza per gli azionisti. Le società a conduzione familiare riescono a ovviare a questo problema, essendo il proprietario parte del management.

Studi più recenti dimostrano inoltre che tali aziende hanno imparato ad adattare il loro modello operativo e societario

al contesto evolutivo dell’azienda stessa, dando vita a sistemi più complessi caratterizzati da una Governance strutturata (ad esempio creando holding).

Cornèr Banca ha potuto verificare le caratteristiche uniche di questo universo e i risultati che ne derivano sia in termini di creazione di valore per gli azionisti che di distribuzione del rischio. L’analisi poggia infatti su un database proprietario sviluppato con il supporto del Centre for Family Entrepreneurship and Ownership (CeFeo) della Jönkoping International Business School (Jibs), che si colloca tra i migliori atenei al mondo nell’attività di ricerca sulle imprese familiari.

L’universo di indagine presenta dei requisiti minimi in termini di liquidità e segue una metodologia in grado di individuare in modo univoco le società considerate ‘familiari’ secondo le linee guida della comunità accademica. In linea con i risultati conseguiti dai principali studi sul settore, sono state identificate alcune caratteristiche comuni in grado di spiegare la longevità di tali aziende.

Un rapporto di indebitamento inferiore del 25% rispetto alla media di mercato, ad esempio, suggerisce come queste prediligano l’autofinanziamento rispetto al ricorso a forme di indebitamento verso terze parti. Inoltre è possibile osservare una gestione più efficiente in termini di ricerca e sviluppo, come effetto della propensione a perseguire opportunità d’investimento continue e sistematiche coerenti con una crescita organica.

82 · TM Giugno 2023
osservatorio / tematici
Gaetano Graziani, Fund Manager di Cornèr Banca per il fondo AcrossGen Global Equity. A lato, le aziende di famiglia corrono in borsa.
Corrono le aziende di famiglia
Indice
p.a. Fonte: Cornèr Banca Cornèr Family Owned Companies 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 +7.36
L’universo delle imprese a conduzione familiare continua a mostrare caratteristiche particolarmente interessanti in un contesto di mercato ancora complesso, e volatile.
Performance a confronto (dati 2005-2023, in % y/y)
Msci Ac World +4,94%
% p.a.

Economia circolare

Alla base della transizione verso un mondo più sostenibile si trova un radicale cambiamento di modello economico, da lineare a circolare. Ma quali imprese ci credono davvero?

lare. Purtroppo, questo ruolo si scontra con la mancanza di una tassonomia e di indicatori condivisi; sebbene le aziende, le autorità di regolamentazione e l’industria della finanza abbiano compiuto passi importanti verso la creazione di un linguaggio comune nel campo della sostenibilità, questo linguaggio non è ancora stato adattato per misurare la circolarità dal punto di vista di un investitore.

L’attuale modello di produzione e consumo potrebbe mettere a rischio le generazioni future, dal momento che mantenendo il ritmo di estrazione di materiali non rinnovabili in essere si rischia un esaurimento delle risorse naturali nei prossimi decenni. In questo contesto, i regolatori pubblici e le organizzazioni private riconoscono l’insostenibilità dell’attuale modello economico e concordano che per invertire questa tendenza sia indispensabile favorire la transizione da un’economia lineare a un’economia circolare.

Oggi, la maggior parte dei processi di produzione di beni e servizi comporta un costo ambientale significativo. L’economia circolare nasce con l’obiettivo di ridurre al minimo questi costi e promuovere l’ottimizzazione dei materiali e dei rifiuti estendendone la vita utile, in breve un sistema che sfrutta le risorse esistenti e dà una nuova vita ai rifiuti.

In questa logica investire nelle aziende leader, più orientate in questo percorso di trasformazione, significa puntare sulle imprese che offrono un vantaggio competitivo rispetto ai peer, grazie alla loro

capacità di anticipare le tendenze del mercato. Nel medio e lungo termine, si prevede che saranno le aziende leader dell’economia circolare a ottenere profitti e flussi di cassa più stabili, nonché livelli più elevati di fedeltà dei clienti. L’economia circolare descrive un sistema in cui prodotti e risorse sono mantenuti in uso e in cui i rifiuti sono ridotti al minimo dalla progettazione, riorientando il modo in cui si produce e consuma, con l’obiettivo di rigenerare il capitale naturale.

Molte importanti realtà del mercato, anche finanziario, sono fermamente convinte che una transizione globale verso il Capitale naturale sia necessaria per evitare un esaurimento irreversibile delle risorse naturali e per raggiungere l’obiettivo di emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2050. Al pari è riconosciuto il duplice ruolo che in questo schema gli asset manager dovrebbero ricoprire: da un lato, in qualità di investitori attivi, nel coinvolgimento delle aziende nell’adozione della circolarità; dall’altro, nell’integrazione all’interno del processo d’investimento delle conseguenze finanziarie stimate del passaggio all’economia circo-

Si inserisce in questo dialogo il framework sviluppato e implementato internamente da Eurizon a partire dal 2021 attraverso un’analisi basata sulle aziende dell’indice Msci Esg World, con un focus sulle società manifatturiere dei Paesi sviluppati. Si tratta di un approccio modulare e adattabile, in quanto valuta il grado di circolarità delle aziende attraverso tre dimensioni: il processo produttivo, il modello di business e la qualità delle iniziative adottate.

A essere utilizzati sono solo dati pubblici, il che rende l’approccio replicabile e applicabile a qualsiasi azienda manifatturiera. Dalla ricerca emergono due risultati: le aziende attive nella circolarità sono attualmente concentrate sulla trasformazione del processo produttivo, con timidi segnali solo nella seconda dimensione; su una scala da 0 a 10, il grado di circolarità medio delle grandi aziende occidentali è solo 0,6 (ossia il grado di circolarità è di circa solo il 6%), e dunque evidenzia notevoli margini di miglioramento.

L’elemento chiave dell’intera strategia è però la metodologia stessa, volta individuare i leader della transizione circolare, dunque i leader di mercato di domani.

Giugno 2023 TM · 83
osservatorio / sostenibili
Corrado Gaudenzi, Responsabile Long Term Sustainable Strategies di Eurizon.

La corsa ai veterinari

Christoph Wirtz, Analista azionario e Gestore di Rothschild&Co Wealth Management. A lato, il mercato potenziale della veterinaria, al pari della sua crescita è notevole.

frequentemente possono permettersi di curare i loro amici a quattro zampe. Pertanto si prevede entro il 2025 l’impennata della spesa per terapie veterinarie dagli odierni 34 miliardi di dollari ad oltre 44, con un incremento annuo del 5,5%.

Si avvantaggeranno di questa maggiore domanda non solo i tradizionali fabbricanti di farmaci, vaccini e antiparassitari, ma anche un crescente numero di produttori di dispositivi diagnostici e aziende specializzate nella genetica animale. Anche la prevenzione acquista un’importanza sempre maggiore, particolarmente in agricoltura, settore in cui la medicina veterinaria si incentra principalmente su questa. Le infezioni parassitarie sono tra le affezioni più gravi degli animali da fattoria. Gli agenti patogeni, capaci di infettare anche gli umani, possono essere individuati con test di laboratorio.

L’immagine della famiglia tipo è mutata: nelle città aumentano la solitudine e il numero di nuclei unipersonali. Un animale da compagnia può alleviare la solitudine e la sensazione di isolamento. Specie nelle grandi città, anche tra i giovani, la solitudine è un malessere sempre più frequente, che la pandemia ha persino intensificato...

Oggi, metà dell’umanità vive con un animale da compagnia. Questa tendenza

è molto diffusa negli Stati Uniti, dove il 70% delle famiglie possiede animali domestici, tra i quali 85 milioni di cani e 65 milioni di gatti. Nella sola Svizzera vivono 1,8 milioni di gatti e oltre mezzo milione di cani. Da anni, grazie al maggiore benessere, il numero di animali domestici è in aumento anche negli Emergenti.

Tassi di crescita elevati. Anche gli animali da compagnia invecchiano, proprio come gli umani, che oggi sempre più

Altri importanti aspetti di questo quadro sono l’aumento della popolazione mondiale e la crescente prosperità nei Paesi in via di sviluppo, dove i consumi di carne sono in rapida accelerazione. In Cina, ad esempio, si prevede che nei prossimi anni il consumo di questo alimento aumenterà al ritmo del 6% annuo. Più aumenta la capacità di spesa e più si consumano proteine animali.

Un mercato concentrato. I leader di mercato nella medicina e nella diagnostica veterinarie sono Idexx Laboratories e Zoetis, che praticamente privi di concorrenti vantano capitalizzazioni di mercato

84 · TM Giugno 2023
osservatorio / tematici
Fonte: Idexx 2022 America Latina Europa Asia Pacifico La medicina veterinaria Mercato potenziale (mld usd) e sfruttamento attuale (in %) Nord America 22% 8% 9% 2% 13 6 6 12 Fonte: Idexx 2022 Volano le vendite Ricavi della vendita di servizi medici e cure veterinarie (in mln usd, cagr y/y) 2014 2011 2015 2016 2017 2018 2019 2012 2013 2010 2020 2021 0 200 600 400 800 1.000 1.200 +9% +7% +9% +11% +11% +14% +13% +11% +11% +13% +17% ■ Vendite di cure e servizi Margini stabili al 50%
È un fenomeno che presenta ormai dimensioni delle più significative, gli animali da compagnia sono sempre più diffusi, e la loro salute assorbe sempre più risorse dei proprietari.

Emblematico il caso degli Stati Uniti, dove il settore è quasi raddoppiato nell’arco di un decennio.

rispettivamente pari a 31 e 81 miliardi di dollari. Per entrambe ottima redditività.

La sola Idexx Laboratories, con sede negli Stati Uniti, impiega più di 10mila persone ed è presente in 175 Paesi. I suoi prodotti le hanno procurato una quota di mercato del 66%, che negli Stati Uniti sale all’80%. L’attività preminente è la diagnostica per animali domestici, come cani e gatti, da cui proviene il 90% del fatturato. Praticamente ogni animale visitato da un veterinario usufruisce di un prodotto Idexx. Fondata nel 1983, l’anno scorso ha fatturato 3,2 miliardi di dollari. Un settore in espansione. Il futuro si annuncia roseo per i grandi operatori della medicina veterinaria, che grazie alla preponderante quota di mercato possono imporre aumenti dei prezzi. L’investimento in queste aziende rappresenta anche una salvaguardia dall’inflazione, per la costanza della generazione di ricavi. Se il Pharma ormai non ha quasi più margini

di crescita, la medicina veterinaria corre. Si può ragionevolmente presumere che nei prossimi anni si realizzerà la massima crescita nell’Asia-Pacifico. Quest’incremento dipende dalla maggiore attenzione dei proprietari di animali di compagnia verso le terapie, ma all’espansione del settore veterinario in Asia contribuisce anche l’aumento dei redditi disponibili. Nonostante la diffusione dell’alimentazione vegetariana, l’incremento dei red-

diti favorisce i maggiori consumi di carne non solo in Asia ma anche in Africa.

Tutte queste dinamiche rappresentano opportunità per gli investitori. L’ultima considerazione, ma non in ordine d’importanza, è la dimostrazione, derivante dalla pandemia, dell’importanza della salute degli animali per l’intera umanità. Possedere azioni di operatori nella medicina veterinaria è una strategia oculata per ogni portafoglio di lungo periodo.

10.5% 9% 9% 3% 8% 6.5% 5.5% 5.5 % 4 % 5.5% 2015-2021 2010-2015 Cagr per segmento ■ Diagnostica ■ Servizi sanitari ■ Pharma & Vaccini ■ Altri prodotti 1.0 1.2 1.8 2010 2015 2021 Tot. Stati Uniti Ricavi medi per segmento in mln
e cagr
Fonte: Idexx 2022
usd
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La fu Wall Street

Nel corso degli ultimi anni gli equilibri del fu Tempio della finanza sono radicalmente mutati, con profonde implicazioni per gli equilibri dei mercati globali. Perché ignorarlo?

La struttura del mercato finanziario americano è radicalmente cambiata dal 2008, ma molti non l’hanno considerato. Wall Street è oggi più un’attrazione turistica che un mercato azionario; i volumi trattati sono solo il 30% dei volumi giornalieri, la maggior parte transita ora su mercati Otc.

Il ‘tempio della finanza’ ha oggi un ruolo simbolico, non è più il mercato di riferimento della finanza mondiale. Per uno che ha iniziato il proprio percorso professionale nel 1984, dunque passando dalle ‘grida’ sul floor agli scambi elettronici, molto è cambiato. L’efficienza del mercato era sempre stata collegata a tre principi: concentrazione degli scambi, liquidità e trasparenza dei prezzi.

Oggi il 70% dei volumi giornalieri transita su piattaforme elettroniche possedute dalle grandi banche internazionali, le quali incrociano gli ordini di vendita e acquisto dei loro clienti istituzionali e lasciano a Wall Street quello che avanza, il risultato di forti pressioni lobbistiche.

Esistono oggi oltre 10 mercati elettronici, sono aumentate le commissioni, a

detrimento della liquidità, dato che nel frattempo è sparito il ruolo di market maker. Nuovi intermediari sono entrati nel mercato, e oggi il 70% dei volumi sono fatti da società di High Frequency Trading e algoritmi. Il loro ruolo è quello di fornire liquidità ma in realtà i meccanismi operativi sono finalizzati a massimizzare gli utili derivanti dallo spread tra bid e ask.

Tali operatori hanno accesso all’intero book di ordini che transitano sulle piattaforme. Sono quindi in grado di modificare in anticipo i livelli di bid e ask a seconda dei flussi attesi e di ampliare lo spread dei prezzi. Se vedono entrare un importante ordine di vendita possono spostare al ribasso il bid prima dell’esecuzione, viceversa nel caso di un acquisto, l’offer si alza ancora prima che venga eseguito.

Questo ha procurato in particolare notevoli danni agli Hedge Fund e ai Mutual Fund, che spesso operavano con grandi volumi in un unico ordine. Questo fa scendere e salire i prezzi ancora prima che gli ordini vengano eseguiti. I prezzi che si vedono sul mercato sono quindi spesso limitati a importi molto modesti

e si spostano in modo rapido. Il risultato è illiquidità, scarsa trasparenza dei prezzi, peggioramento della best execution e facile manipolazione dei prezzi.

Un altro problema è lo strutturale shift verso la Gestione passiva e l’esplosione degli Etf. Più si acquistano Etf più si concentra il mercato, dato che la parte rilevante del capitale raccolto viene allocato sulle società a maggiore capitalizzazione. Si provoca così la distorsione del capitalismo, da un sistema in cui il capitale si distribuisce in modo differenziato a un sistema in cui il capitale si distribuisce in modo concentrato, il che dà luogo a oligopoli o monopoli, e viene meno anche la diversificazione di portafoglio.

Gli istituzionali hanno cercato di sfuggirvi dirottando ingenti risorse sui Private Market (9 trilioni di dollari), ma la fuga ha creato una bolla speculativa anche in questo segmento illiquido. Ma a venir meno è quindi stata anche la liquidità.

Il risultato accentua l’emergere di nuove crisi finanziarie. Dal 2008 decine di trilioni di dollari dei contribuenti hanno tenuto insieme un sistema che produce ricchezza per pochi, e perdite per molti. Nel 2021 le banche americane hanno fatto lobby su Congresso e Fed per minimizzare l’impatto sui ratio patrimoniali degli investimenti in titoli di stato, il conto per il contribuente è arrivato ora. L’eccesso di deregulation avviene a costi marginali crescenti... prevalentemente a carico di chi non ne ha alcun beneficio.

86 · TM Giugno 2023
osservatorio / commento
Maurizio Novelli, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest, innovative and liquid Alternative investments division. A lato, la sostenibilità del sistema è merito solo dello Stato.
Fonte: Bloomberg Paga sempre pantalone? Borse e sovvenzioni pubbliche viaggiano di pari passo (dati 2008 - 2023) 800 1300 1800 2300 2800 3300 3800 4300 4800 5300 0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 12.2008 12.2010 12.2012 12.2014 12.2016 12.2018 12.2020 12.2022 Interventi governativi cumulati (sx, mld usd) Indice S&P500 (dx)

Se la volatilità diventa fissa?

Il persistere dell’inflazione e altri fenomeni congiunturali sono la migliore assicurazione a che nei prossimi mesi la volatilità resti alta, al pari dei tassi. Potrebbe derivarne però dell’alpha.

gli istituti terranno fermi i tassi prima di passare ai cicli di riduzione. In generale, alcuni Paesi selezionati potrebbero iniziare a ridurre i tassi nel 2023.

La volatilità dei titoli obbligazionari è destinata a persistere a causa delle continue preoccupazioni legate all’inflazione vischiosa, al rallentamento della crescita, al settore bancario. Attraverso questa volatilità, si trovano opportunità di alpha potenzialmente interessanti nello spazio dei tassi di interesse, in un contesto di maggiore dispersione della politica delle banche centrali. Nei mercati del rischio, la finestra di opportunità per aggiungere credito potrebbe essere passata per ora. Sebbene i fondamentali continuino a essere favorevoli, i mercati si trovano di fronte a sfide derivanti dal rallentamento della crescita o da ulteriori tensioni. Condizioni mature per potenziali opportunità. Per quanto riguarda i tassi, il panorama attuale è più favorevole alla generazione di alpha, poiché l’aumento della volatilità crea dislocazioni di cui si può potenzialmente approfittare. Ne sono un esempio gli Stati Uniti, dove le turbolenze bancarie hanno portato i mercati a prezzare molteplici tagli dei tassi d’interesse nel corso dell’anno. Anche se la Fed potrebbe sospendere i rialzi dei tassi a breve, è improbabile che passi a taglia-

re i tassi così rapidamente, date le attuali dinamiche dell’inflazione e del mercato del lavoro statunitensi.

È probabile che i tassi di interesse statunitensi rimangano più alti di quanto attualmente previsto dai mercati. Perché? Le pressioni sui prezzi si stanno raffreddando, ma solo moderatamente e non abbastanza velocemente da costringere la Fed a un ciclo di tagli anticipato, dato che l’inflazione rimane sostanzialmente al di sopra del target del 2%. Il mercato del lavoro potrebbe allentarsi, ma solo gradualmente e da una posizione di estrema rigidità. In questo contesto, i tagli ai tassi d’interesse statunitensi sono probabilmente fuori discussione per il 2023. Dispersione nel ciclo di politica monetaria. Un’altra tendenza favorevole alla potenziale generazione di alpha nei tassi è la dispersione del ciclo di politica monetaria. Non tutti i Paesi si trovano allo stesso punto: le Banche Centrali dei mercati emergenti, ad esempio, hanno iniziato ad aumentare i tassi d’interesse prima e quindi sono vicine al picco o hanno terminato il loro ciclo di rialzo. Nei mercati emergenti l’attenzione si concentra ora sulla sequenza, ossia su quanto a lungo

Nei mercati sviluppati, alcune Banche Centrali, come l’Australia, ammorbidiscono le indicazioni sul futuro inasprimento, mentre altre, come la Bce, rimangono aggressive nella loro battaglia per ridurre l’inflazione. La Banca del Giappone resta un’eccezione nella sua posizione accomodante di politica monetaria. Tuttavia, a un certo punto dell’anno, la BoJ potrebbe modificare la sua politica di controllo della curva dei rendimenti quando le condizioni di mercato sono più calme. Importanza della flessibilità. La volatilità dovrebbe rimanere elevata nel mercato del reddito fisso a causa di un’inflazione vischiosa, del rallentamento della crescita, dei rischi geopolitici in corso e delle preoccupazioni per il settore finanziario.

Con il persistere di una forte volatilità, in futuro emergeranno altre opportunità per aggiungere credito. Sebbene i solidi fondamentali del credito continuino a essere di supporto, i mercati del rischio potrebbero dover affrontare alcune sfide. L’impatto dell’inasprimento della politica monetaria è di solito ritardato, quindi è possibile che a un certo punto emergano altre tensioni, soprattutto se si considera il ritmo aggressivo dei rialzi dei tassi dal 2022. Inoltre, le recenti turbolenze del settore bancario potrebbero portare a un inasprimento delle condizioni di credito in futuro, aggiungendo un altro vento contrario all’economia globale.

Giugno 2023 TM · 87
osservatorio / obbligazionario
Arif Husain, Chief Investment Officer Responsabile del reddito fisso internazionale di T. Rowe Price.

Verde Indonesia

È

L’Indonesia, il quarto paese più popoloso del mondo beneficia di un boom globale nelle risorse di cui dispone in abbondanza. Oltre al nichel, l’Indonesia estrae più nichel dei successivi tre maggiori produttori globali messi insieme, tra le risorse di cui è un attore molto importante del mercato mondiale si trovano petrolio, rame, cobalto, bauxite, olio di palma e gomma. La ‘transizione verde’ sarebbe quasi impossibile senza le proprietà conduttive del rame, ad esempio. Gli ingegneri lo utilizzano per rendere più efficienti i sistemi solari, eolici e idrici; utilizzano invece ingenti quantità di cobalto per produrre magneti per turbine eoliche e per produrre biogas.

L’energia verde. L’abbondanza di cobalto e nichel rendono l’Indonesia un soggetto chiave nella catena di fornitura e approvvigionamento delle batterie per veicoli elettrici (Ev). I suoi politici hanno da tempo coltivato buone relazioni sia con l’Occidente che con la Cina. Dopo la sua elezione nel 2014, il presidente indonesiano Joko Widodo ha vietato alcune esportazioni di materie prime non raffinate, a partire dal minerale di nichel. Ciò ha costretto le aziende straniere a processare le risorse all’interno dei parchi industriali locali, in modo che l’Indonesia potesse trarre maggior valore dalle sue risorse naturali.

Finora, la politica sulle materie prime del presidente Widodo ha attirato investimenti esteri per oltre 25 miliardi di dollari, con la cinese Catl e la sudcoreana Lg Energy in prima fila. Inoltre, il Governo è in trattative con Tesla riguardo alla costruzione di una gigafactory per la produzione di automobili, avendo già firmato un accordo da 5 miliardi di dollari

per fornire prodotti a base di nichel. Altri investimenti diretti esteri stanno venendo effettuati in luoghi specifici quali il parco industriale di Tanah Kuning. La sua costruzione nel Borneo copre 30mila ettari, più dell’intero cantone di Ginevra. Sarà il più grande sito produttivo al mondo alimentato da fonti rinnovabili, e specializzato nella produzione di batterie per auto elettriche.

Trasporti e digitale. La notevole crescita del Pil indonesiano è sostenuta anche da aziende che beneficiano dal rapido fiorire dei consumi interni. La sua popolazione, di circa un quarto di miliardo di persone, è giovane, e la classe media è in una

«Dopo decenni di torpore si può affermare che finalmente l’Indonesia stia mettendo a frutto il suo enorme potenziale, facendosi finalmente strada nel mondo, anche emergente»

davvero rapida crescita. Uno dei diretti e principali beneficiari è Pt Bank Rakyat Indonesia, leader del microcredito nei mercati emergenti.

La rete di filiali dell’istituto è particolarmente estesa e capillare, rappresentando un formidabile vantaggio nei confronti dei concorrenti. Decenni di dati sui clienti e conoscenze locali permettono alla società di fissare i prezzi dei prestiti in modo efficace e redditizio, mantenendo un forte e indiscusso vantaggio competivo.

Anche Astra International sta beneficiando di un aumento della prosperità

della popolazione. Il conglomerato distribuisce e commercializza automobili e camion, vende servizi finanziari oltre a noleggiare attrezzature industriali pesanti. Ha una notevole quota di mercato e annovera tra i suoi principali partner i blasonati grandi Gruppi occidentaliToyota, Bmw e Honda, leader del settore.

Il presidente Widodo ha avviato con successo la deregolamentazione dell’economia e la ristrutturazione delle imprese statali, una mossa decisamente lungimirante rispetto al resto degli Emergenti, dove tale politica è invece ancora agli albori.

Nel frattempo, Internet e gli smartphone hanno attenuato gli svantaggi di un Paese distribuito su oltre 17.500 isole spesso montuose e ricoperte dalla giungla. Jakarta è ora un importante incubatore regionale di aziende tecnologiche, giovani e innovative. Dal 2014 sono stati completati 2mila km di nuove strade e arterie infrastrutturali, due volte e mezzo rispetto a quanto i predecessori del Presidente avevano sviluppato nei tre decenni precedenti. In più, ci sono nuovi porti, aeroporti e dighe idroelettriche.

Sono stati migliorati i sistemi di trasporto di massa per alleviare il traffico notoriamente congestionato di Jakarta, e Java dispone ora del primo collegamento ferroviario ad alta velocità del Paese. Dopo decenni in cui le sue performance faticavano a eguagliare sia le sue dimensioni, e quelle del relativo mercato domestico, sia la sua rilevanza in termini di potenziale nel settore delle materie prime, l’Indonesia sta finalmente decollando.

88 · TM Giugno 2023
osservatorio / emergenti
il quarto Paese al mondo per popolazione, e finalmente dopo decenni di immobilismi una Politica decisa e lungimirante sta sortendo i suoi buoni risultati, sociali ed economici.
Roddy Snell, Investment Manager Mercati Emergenti di Baillie Gifford.

Tra Etf e volatilità

Nonostante la prolungata volatilità del mercato, dovuta in parte all’attuale crisi di liquidità del settore bancario e all’incertezza degli istituti centrali, nel secondo trimestre dell’anno i mercati globali degli Etf stanno registrando afflussi costanti, dopo che nel 2022 i volumi erano generalmente diminuiti. Secondo Etfgi, la raccolta è stata di quasi 20 miliardi di dollari di afflussi netti a febbraio, raggiungendo quasi 80 miliardi di dollari da inizio anno, con un patrimonio totale investito a livello globale di 9,6 trilioni di dollari. In particolare, gli Etf obbligazionari a reddito fisso hanno raccolto un maggior volume di flussi in entrata, rappresentando quasi il 30% di tutti i flussi in entrata. Questi flussi sono giunti nel corso di alcune delle maggiori oscillazioni fatte segnare dai titoli di Stato e dai tassi d’interesse dal 2008. A marzo la volatilità implicita dei tassi d’interesse sui rendimenti dei titoli di Stato ha subito un’impennata e un numero significativo di investitori ha cercato rifugio nei titoli di Stato statunitensi a 2 anni, dopo le notevoli vi-

cissitudini nel settore bancario. Sebbene tale instabilità possa causare nervosismo, per gli investitori più attenti sono emersi aspetti positivi e valutazioni convincenti sul mercato. In particolare, gli investitori potrebbero volersi posizionare a lungo termine scegliendo temi strutturalmente solidi ed esposti a promettenti tendenze secolari, come la sicurezza informatica e le materie prime innovative.

Gli investimenti tematici. La sicurezza informatica può rappresentare un’importante copertura tematica in presenza di inflazione e rischio geopolitico, dato che le richieste di ‘difese’ solide tendono a crescere durante i periodi di instabilità. Secondo Verizon, sono in aumento soprattutto gli attacchi ai dispositivi mobili, con il 45% delle aziende che ha subito una violazione nell’ultimo anno, e si prevede che questa cifra aumenti ancora.

Più in generale, la sicurezza informatica sta registrando una crescita delle vendite del 24%, ma le sue valutazioni rimangono in linea con le medie a lungo termine, con un rapporto Ev/S pari a 0,36. La sicurezza informatica tende a beneficiare di una

domanda abbastanza anelastica rispetto all’inflazione, e ciò la rende oggi un’opportunità interessante.

Allo stesso modo, un’altra tendenza secolare, ossia l’aumento della capacità produttiva globale di tecnologie verdi per contrastare il cambiamento climatico, rende le materie prime innovative un altro potenziale ambito favorito.

L’Unione Europea ha dichiarato di voler produrre il 40% della propria tecnologia pulita entro il 2030, in un contesto di triplicazione del mercato globale delle tecnologie a zero emissioni. Una crescita così rapida non sarebbe possibile senza l’estrazione delle materie prime alla base di questa tecnologia, come rame, nichel, litio, manganese e minerali di terre rare. Sia in base al P/S che in base all’Ev/S, queste materie prime innovative sono scambiate leggermente al di sotto delle loro medie a lungo termine, offrendo un’opportunità interessante per investire nei fattori produttivi.

Indubbiamente, il secondo trimestre del 2023 ha scosso molti investitori, poiché l’instabilità bancaria è stata accentuata dai timori di inflazione, geopolitica e aumento dei tassi d’interesse nei principali mercati globali. Per questi motivi, molti investitori si stanno comprensibilmente spostando verso un posizionamento difensivo per evitare ulteriori ribassi. Tuttavia, gli investitori più attenti continuano a esaminare i punti di ingresso interessanti negli Etf tematici che li espongono ai trend strutturali con validi strumenti di investimento a lungo termine.

Giugno 2023 TM · 89
osservatorio / tematici
Pedro Palandrani, responsabile della ricerca di Global X Etf. A lato, terre rare e transizione ecologica si parlano.
Fonte: Bloomberg ■ Ev/Vendite medio ■ Ev/Vendite attuale ■ P/S attuale A buon mercato? Principali indicatori per settore 0.00 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00 6.00 7.00 8.00 Tecnologia pulita Idrogeno Produttori di energia rinnovabile Solare Energia Eolica Estrazione di rame Materiali innovativi 2.54 2.23 7.40 2.01 1.69 4.82 5.49 3.21 2.31 2.17 2.38 2.23 1.21 1.26 3.58 2.33 1.50 0.69 1.40 2.33 1.33
In una fase di mercato segnata da forte incertezza, e molte incognite, puntare sugli investimenti di lungo periodo, e tematici, potrebbe essere una via. Ma come farlo?

Il rosso dei record

Battuta per 34,8 milioni di dollari da Sotheby’s, è la pietra di colore più preziosa mai venduta a un’asta. Estrela de Fura, con 55.22 carati, è anche il rubino più grande al mondo.

Èstato tagliato partendo da un grezzo del peso eccezionale di centouno carati; scoperto ed estratto l’anno scorso nella miniera di rubini di Fura Gems a Montepuez (Mozambico), uno dei più grandi depositi di rubini al mondo.

Dopo essere stato lavorato, ‘Estrela de Fura’ è il più grande rubino ‘gem quality’ mai apparso in un’asta ed è stato appena venduto a New York, da Sotheby’s. Prezioso e raro, con i suoi 55.22 carati, è stato battuto per l’incredibile cifra di 34,8 milioni di dollari, sorpassando il precedente record mondiale, detenuto dal ‘Sunrise Ruby’, un rubino birmano da 25.59 carati, battuto da Sotheby’s a Ginevra, nel maggio 2015, per 30,3 milioni di dollari.

Una vendita storica, quella di Estrela de Fura, evidenziata come tale anche da Quig Bruning, Head of Sotheby’s Jewelry, America.

«Con Estrela de Fura, abbiamo fissato un nuovo record mondiale per la vendita della più grande e preziosa pietra colorata mai presentata in un’asta», aggiunge Dev Shetty, fondatore e Ceo di Fura Gems, «È una pietra sensazionale, che rappresenta a pieno l’eccellente qualità dei rubini del Mozambico stabilendo, per questi ultimi, un precedente significativo, che li eleva al rango di quelli birmani». La descrive così Gianluca Maina, direttore marketing e comunicazione di Fura

Gems: «La sua grandezza senza precedenti, il suo straordinario colore e il rarissimo grado di trasparenza e purezza lo rendono ufficialmente il rubino più leggendario al mondo».

«L’incredibile risultato dell’asta rappresenta un passaggio saliente nel cam-

mino della nostra società che, nell’arco di un quinquennio, ha percorso già tanta strada», sottolinea Dev Shetty, a capo di Fura Gems, azienda mineraria che, fondata nel 2017, è attiva nell’estrazione e nella commercializzazione di pietre preziose colorate. Con sede a Dubai, Fura Gems conta oltre 1.600 dipendenti in tutti i continenti ed è riconosciuta come la prima azienda veramente pionieristica, creativa ed etica a coprire l’intero spettro delle gemme colorate. Con tre filiali operative in Colombia, Mozambico e Australia, che producono rispettivamente smeraldi, rubini e zaffiri, è l’azienda di estrazione di gemme colorate in più rapida crescita, intenta a garantire un approvvigionamento affidabile e tracciabile di gemme colorate estratte in modo etico e sostenibile. L’azienda destinerà il 2% del ricavato della vendita alla creazione della Fura Training Academy a sostegno della comunità in cui opera in Mozambico; al fine di promuovere l’accesso a un’istruzione qualificata e alla formazione tecnica della popolazione locale in diversi settori come l’estrazione mineraria, la falegnameria, l’ingegneria e l’agricoltura, per fornire loro un reddito.

90 · TM Giugno 2023
Dev Shetty, Fondatore e Ceo di Fura Gems.
finanza / investimenti /aste
Accanto ai più noti giacimenti presenti Tanzania, Madagascar, Cina, Sri Lanka, Tailandia e Vietnam, e alle rinomate miniere di Mogok in Birmania, con Estrela de Fura anche i rubini del Mozambico conquistano uno spazio alla ribalta.

di

foto Architettura

Design speciale nuove collezioni

Simona Manzione Armando Carlo Adamo © Gabriele Basilico. Per gentile concessione di Flexform

the designers

Il designer traduce in un oggetto, sintetizzandole, le richieste dell’Azienda e le aspettative del mercato. Il designer affida alla sua creatività - con un mix di esperienza, conoscenza e audacia - il compito di realizzare pezzi di arredo capaci di apportare funzionalità ed estetica al quotidiano di chi ne fruirà

A sinistra Piero Lissoni (Porro) ©Veronica Gaido

Sotto Philippe Starck (Driade)

Sopra Rodolfo Dordoni (Minotti)

©Federico Cedrone

A destra Patricia Urquiola, Cassina Art Director ©Valentina Sommariva

A sinistra Studio Contromano: Stefania Crippa e Marco Gottardi

Sotto Christophe Delcourt (Baxter)

Sopra a sinistra, Christoph Radl, Art Director di Flexform e, a destra, Antonio Citterio

A destra atelier oï: Armand Louis, Aurel Aebi, Patrick Reymond

speciale nuove collezioni
Design

Il nuovo LESSICO

Editoriale

Più che mai attuale, la parola ‘design’ è molto usata. Il significato tuttavia non è unico e non permane identico. Il senso e la pratica del design si rinnovano infatti nel tempo, in risposta ai cambiamenti dell’individuo e della società. Mutano le forme espressive del design, ma non la sua natura di interfaccia che permette all’uomo di interagire con il mondo che lo circonda, sia dentro casa che oltre i suoi confini domestici; e magari, un domani, tra le piante di una foresta tropicale o in una stazione orbitante tra le galassie. Mentre l’attualità pungola, con temi come l’intelligenza artificiale e la sostenibilità, in tanti si fanno una domanda, soprattutto i designer: che cos’è il design oggi? (cos’è diventato? dove sta andando?). Loro, i designer, progettano mobili e automobili, padiglioni per le fiere, produzioni per il web, e così via. Design oggi significa quindi progettazione di prodotti, ma anche di artefatti tridimensionali. Significa (anche) progettazione di artefatti visivi, comunicativi, virtuali. Artefatti tridimensionali e artefatti visivi sono sempre più interconnessi, e la progettazione di questi nuovi scenari si intreccia con l’arte, la fotografia, il video, il web. Nella terza fase della rivoluzione industriale (o seconda modernità che dir si voglia) ci si trova per quanto riguarda il design di fronte a un nuovo modello. Un modello che nell’assecondare le esigenze del vivere quotidiano traghetta la tradizione nel futuro. Che è poi l’essenza del progettare: a partire dall’etimologia, ‘pro-gettare’ indica proprio l’atto del lanciare in avanti, con una direzione, un proposito e un sistema intorno.

Viste al Salone del Mobile.Milano 2023 le NOVITÀ di

antoniolupi Baxter Cassina Driade Fendi Casa Flexform Flou Gallotti&Radice Hermès Maison Lema Minotti Porro Tom Dixon & Ataliashopcomo
Melt
Portable Family Tom Dixon
Foto Architettura
karladamsphoto Design speciale nuove
Armando Carlo Adamo con LEICA Q2 Monochrom
collezioni

Un design atemporale

Tre generazioni, un’evoluzione attraverso decenni. Il costante dialogo con l’architetto Antonio Citterio. Un design nato dall’esclusivo savoir-faire del distretto del mobile per antonomasia, oggi conosciuto e apprezzato dagli Stati Uniti all’Asia. Ovunque.

Qual è l’orizzonte verso cui guarda Flexform?

Noi guardiamo a Flexform come a un progetto di grande valore iniziato molto tempo fa. Con strategie a lungo termine, miriamo a rafforzare la solidità aziendale mediante un consolidamento della nostra presenza in punti vendita qualificati, atti a presentare Flexform sul territorio nazionale e a livello internazionale, per condividere con il nostro pubblico di riferimento i risultati del nostro lavoro.

Che cosa caratterizza l’attuale conduzione rispetto a quella delle generazioni che l’hanno preceduta alla testa dell’Azienda?

Per iniziativa e passione di tre fratelli, l’azienda è nata come piccola realtà artigianale, la Flexform di Galimberti. Si deve ai loro figli la successiva trasformazione del laboratorio in un’industria. Trasformazione a cui si accompagnò, nel 1967, anche il cambiamento del

nome in quello che ancora oggi porta, con il logo disegnato da Pino Tovaglia. Le curve sinuose delle lettere stilizzavano le forme morbide e confortevoli degli arredi realizzati a Meda.

Grazie alla seconda generazione della famiglia, quindi, l’azienda è cresciuta e ha stretto collaborazioni con alcuni protagonisti del design degli anni Settanta, come Joe Colombo, Rodolfo Bonetto, Asnago-Vender, che hanno proiettato il brand nel mondo del Made in Italy d’alta gamma soprattutto a livello nazionale. Fino ad arrivare alla terza generazione, entrata in punta di piedi circa venticinque anni fa. Siamo quattro cugini e ognuno di noi si occupa di uno specifico settore: R&D, commerciale estero, commerciale Italia e logistica. Siamo coadiuvati da uffici dedicati ai differenti aspetti industriali, che lavorano in sinergia grazie al contributo e alle idee di tutti. La seconda generazione ha assistito non solo alla crescita e affermazione del marchio ma all’evoluzione del mondo nel suo complesso: dall’apertura di mercati di cui fino a tre decenni fa non si immaginava neppure l’esistenza, fino all’avvio di un programma di internazionalizzazione che passa attraverso l’apertura di flagship stores dedicati esclusivamente a Flexform. L’avvento del digitale, la rivoluzione sostenibile, nuove strategie di comunica-

Design speciale nuove collezioni
FLEXFORM Supermax (Antonio Citterio design) 94 · TM Giugno 2023

zione hanno contribuito a definire lo scenario contemporaneo. Devo ammettere che hanno prevalso il senso di famiglia, valore che rende questa una realtà davvero esemplare, e la fiducia verso i più giovani.

In un mondo globale, in cui le conoscenze e il saper fare sono condivisibili e condivisi a volte con un semplice ‘click’, è - ancora - possibile preservare la propria unicità?

Preservare la propria storia e la propria unicità rappresenta una sfida, e un dovere, che tutte le aziende devono oggi fronteggiare. L’identità non deve essere scalfita dalle pressioni del mercato, al contrario: è il mercato a dover accettare le peculiarità di ogni marchio. La personalità di Flexform è stata plasmata da una storia aziendale lunga, corale, che grazie ai legami solidi nel passato si è evoluta costantemente e oggi guarda al futuro.

Tra gli elementi che hanno contribuito al successo di Flexform, anche la comunicazione ha giocato un ruolo importante. Con un approccio moderno, fin dagli inizi…

Dagli anni Ottanta, il racconto dell’elegante mondo Flexform si porta, sotto la direzione artistica di Na-

FLEXFORM

Tra le novità 2023, Indoor Collection Perry Up (Antonio Citterio design)

talia Corbetta, verso l’espressività intensa delle foto chiaroscurali in bianco e nero delle campagne pubblicitarie, tutte firmate da fotografi di grande spessore. Scarni di tutto tranne che di emozioni, gli scatti dei grandi maestri della fotografia - Aldo Ballo, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Giovanni Gastel, Gian Paolo Barbieri, Maria Vittoria Backhaus, Mario Ciampi, Fabrizio Ferri - tracciano il solco di una dimensione narrativa unica e originale. Negli ultimi anni, la direzione artistica è stata affidata a Christoph Radl che ha chiamato uno dei fotografi più acclamati di oggi a scrivere un nuovo capitolo della storia della comunicazione di Flexform. La nuova campagna viene così affidata all’occhio irriverente e ironico di Pierpa-

Giugno 2023 TM · 95
Giuliano Galimberti, Export Sales Director & Member of the Board, Flexform.
Design speciale nuove collezioni

FLEXFORM

olo Ferrari. Dal bianco/nero si passa a un’interpretazione cromatica vivida, tipica dello stile di Pierpaolo Ferrari e le immagini raccontano storie enigmatiche interpretate da donne dalla spiccata personalità. La filosofia, se così possiamo chiamarla, che accomuna queste decadi di comunicazione è la collaborazione con artisti dell’immagine a cui Flexform ha affidato il compito di interpretare i valori dell’azienda attraverso la loro sensibilità artistica.

Per tutto il settore ‘arredo’, la flessione della domanda interna, nel corso degli anni Duemila, in Italia, fu compensata da un incremento delle esportazioni. Un trend interrotto bruscamente, nel 2020, dal Covid. Come si connota, per Flexform, la fase attuale, nel post-pandemia?

Confermo che il Covid ha inizialmente portato a una battuta d’arresto, ma è stata un’interruzione contingente data dalla chiusura a catena di fabbriche e ne-

96 · TM Giugno 2023 Design speciale nuove collezioni
© Pierpaolo Ferrari

gozi. Superato quel momento possiamo asserire che la pandemia ha innescato o scatenato delle dinamiche che hanno riportato la casa e il design al centro dell’interesse delle persone. Sicuramente abbiamo assistito a una reinterpretazione del nostro spazio di vita: la casa che diventa luogo di lavoro, di ricreazione, dove si vuole fruire meglio degli spazi a disposizione. Una casa ancora più da vivere, che offra un comfort totale a tutti coloro che vi abitano. Forse questa spinta si attenuerà, ma ci piace pensare che la ritrovata centralità dello spazio domestico resti un valore.

Quali sono per Flexform i mercati più giovani e quelli che generano i numeri più significativi?

Abbiamo assistito a un interessante sviluppo dei Paesi del Golfo: importanti le prospettive dell’Arabia Saudita, anche grazie al mutato approccio - di maggior apertura - verso il turismo. Questo ha dato la spinta a progetti avveniristici e investimenti corposi.

Anche l’area degli Emirati Arabi è diventata una destinazione più stanziale rispetto al passato, quando il turismo era perlopiù di passaggio. Oggi è in crescita il numero di quanti vi si stabiliscono, investendo in case e nell’arredamento delle loro case.

FLEXFORM

Ad eccezione di Brasile e Messico, mercati ormai da tempo consolidati, l’America Latina è un mercato giovane, con opportunità per l’immediato futuro. È un’area ancora non ben sviluppata per quanto riguarda la distribuzione del mobile, c’è ancora molto da fare.

In un contesto geografico di prossimità, il mercato svizzero riveste da sempre un’importanza particolare per noi. La clientela, esigente, apprezza il design contemporaneo e il comfort impareggiabile che connota i nostri prodotti. Nel network distributivo molto avanzato, è stato recentemente inserito uno spazio monomarca a Lucerna e, prossimamente, inaugureremo anche il flagship store Flexform Genève.

Qual è il prodotto Flexform best-seller e quale quello di cui lei personalmente non si priverebbe?

Se dovessi proprio sceglierne uno tra tutti, quello sarebbe il divano Groundpiece.

Al di là del suo successo commerciale, è un prodotto che trasmette un senso di sicurezza ineguagliabile.

Una dimensione di assolutezza, equilibrio, armonia senza tempo è percepibile non appena ci si siede. Un progetto che ha cambiato il modo stesso di sedersi, immaginando il sofa come uno spazio conviviale, destinato alla conversazione ma anche al totale relax, favorito dalla seduta profonda e da generose cuscinature.

FLEXFORM

Nella pagina accanto, Groundpiece, 2022 Pierpaolo Ferrari. In questa pagina, Soft Dream, 2011

Gianni Berengo Gardin

Design speciale nuove collezioni
©Berengo Gardin
©ARMANDO CARLO ADAMO Design speciale nuove collezioni

Nell’orbita dello stile

Dall’alto

MINOTTI

Anish Wood (Rodolfo Dordoni design)

BAXTER, Jodie Chair (Christophe Delcourt)

FLOU, Pierre (Studio Contromano)

Giugno 2023 TM · 99
Design speciale
nuove collezioni

Sintesi di forma e materia

MINOTTI Pilotis consolle (Rodolfo Dordoni design)
100 · TM Giugno 2023
speciale nuove collezioni
©ARMANDO CARLO ADAMO
Design

CASSINA

«Credo che i nuovi prodotti presentati con Cassina quest’anno al Salone esprimano appieno il momento storico in cui ci troviamo. Un periodo che richiede sensibilità ed empatia, di tante contaminazioni, e in cui ogni oggetto ha il potenziale di definire un nuovo codice di bellezza. Se pensiamo a Moncloud, per esempio, siamo di fronte a un nuovo linguaggio, un avanzamento progettuale cruciale, dove le forme abbondanti non sono ottenute con stampi in poliuretano, ma grazie a una struttura che viene scolpita direttamente nell’ovatta di Pet riciclato.»

Specchio dei tempi

Patricia Urquiola, Cassina Art Director Patricia Urquiola, Cassina Art Director © Valentina Sommariva CASSINA Moncloud Un divano che celebra il comfort guardando alla circolarità
Design speciale nuove collezioni
© Francesco Dolfo

Un flusso di linee armoniose

HERMÈS MAISON

Tappeto Cordélie Arçon (design Pierre Carpin), scatole Patine d’Hermès (design Studio Hermès), porcellane Saute d’Hermès (design Jochen Gerner)

© Studio des Fleurs
102 · TM Giugno 2023 Design speciale nuove collezioni
©ARMANDO CARLO ADAMO
Giugno 2023 TM · 103
© Maxime Tetard FENDI Casa Blossom (design atelier oï) mobile divisorio
speciale
© Studio des Fleurs
Design
nuove collezioni

©ARMANDO CARLO ADAMO

Sferico e basta

GALLOTTI & RADICE

Tavolini Monete (design Massimo Castagna)

nell’inedita finitura in metallo total color laccato lucido

speciale nuove collezioni
Design

Storie in dialogo

«Il bello di progettare la casa Porro 2023 è stato disegnare dei sistemi molto complessi, che in qualche maniera dialogano tra di loro. Glide è il nuovo sistema di divisori scorrevoli, fissi e pivottanti che dialoga con il sistema di contenitori Modern, con le librerie System, con gli armadi Storage, con le cabine armadio Mast: insomma è una specie di alfabeto che parla e racconta delle storie, con le altre parti della storia. Ho pensato che degli elementi architettonici avessero bisogno anche di altri elementi per aprire il dialogo. Per esempio un tavolo che abbiamo da alcuni anni, Materic, secondo noi doveva essere ancora più familiare. Abbiamo lavorato su altre materie, abbiamo lavorato sui legni: si è definita questa superficie, il frassino Latte, che recupera una mano secondo me un pochino perduta; in questo agire, non ci siamo fermati lì.

Abbiamo recuperato lavorazioni molto semplici, abbiamo lavorato su alcune proporzioni molto ‘da falegnami’, ed ecco, alla fine del processo, una sedia: Nebbia. Un tavolo a mio avviso è uno dei gesti più accoglienti che un essere umano possa offrire a un altro. Un tavolo per appoggiare un bicchiere d’acqua, un pezzo di pane. Ecco Ryoba, con questa nuova matericità, il frassino Olivato, che fa venire in mente quei mondi, quelle sensazioni: quando qualcuno ti offre un bicchiere d’acqua perché hai sete e ti dà un pezzo di pane perché hai fame.»

PORRO

Nebbia

(design Piero Lissoni) sedia con gambe in legno massello di frassino tinto nero, dalla sezione importante, che danno vita ai braccioli elegantemente curvati

PORRO

Piero Lissoni, Porro Art Director © Veronica Gaido
Design speciale nuove collezioni
speciale nuove collezioni
Design
©ARMANDO CARLO ADAMO

ANTONIOLUPI

Fusto (design Nevio Tellatin)

Lavabo freestanding dalla geometria rigorosa e dalle linee nette e decise. Qui nella versione in marmo Verde Alpi

Rigoresullepunte

DRIADE

Pratfall (design Philippe Starck), qui in mogano. Riedizione, a 40 anni dalla sua creazione

Valentina Sommariva

Giugno 2023 TM · 107
©
Design speciale nuove collezioni

L’istinto di elevarsi

Melt portable gold Melt Portable LED amplia la collezione, offrendo lo stesso ipnotico effetto di vetro soffiato a caldo in un design portatile. Melt evoca il vetro fuso, l’interno di un ghiacciaio che si scioglie o immagini dello spazio profondo. Melt Portable LED è disponibile in un’ampia gamma di finiture e offre fino a dieci ore di autonomia

TOM DIXON
speciale nuove collezioni
©ARMANDO CARLO ADAMO
Design

Una prospettiva scintillante

Per il mercato globale delle pietre preziose, si prevede una possibile crescita del 6,53% entro il 2029, fino a raggiungere un valore di oltre 53,2 miliardi di dollari. Gli investimenti, specie se a lungo termine, in pietre di colore, continuano a esercitare il loro fascino.

Utilizzate per creare splendidi gioielli o pezzi decorativi unici, le pietre preziose hanno sempre avuto un ruolo importante nel mondo dei beni di lusso. Non sorprende scoprire che negli ultimi anni, il loro mercato abbia registrato una crescita straordinaria, trainata da alcune tendenze e fattori chiave. Recenti ricerche e proiezioni indicano che il mercato globale delle pietre preziose dovrebbe crescere del 6,53% dal 2022 al 2029, raggiungendo un valore di oltre 53,2 miliardi di dollari entro il 2029. Questo sviluppo è dovuto non solo alla crescente

domanda di gioielli da parte dell’industria della moda, nella quale diversi stilisti siglano la produzione di pezzi unici che incorporano gemme, ma è dovuto anche alla loro riscoperta da parte delle nuove generazioni che stanno sostituendo, o perlomeno affiancando, alla classica scelta del diamante l’opzione di pietre di colore. Tale entusiasmo è stato riscontrato lo scorso maggio alla fiera GemGenève di Ginevra che ha accolto 4320 visitatori, 230 espositori 192 commercianti di gioielli e pietre preziose provenienti da 20 Paesi nonché i rappresentanti di scuole di design, laboratori e partner culturali.

Sopra, un’ametista allo stato grezzo. Nella pagina accanto, alcune realizzazioni presentate a Ginevra qualche settimana fa, in occasione di GemGenève, l’evento annuale dedicato a gioielli e pietre preziose.

La prima edizione di GemGenève risale al 2018 e da allora è diventato un esclusivo hub in cui creatori di gioielli, commercianti di pietre preziose, rivenditori, collezionisti, intenditori, acquirenti professionisti e privati possono incontrarsi. Per quattro giorni l’evento

110 · TM Giugno 2023
arte /preziosi/eventi

offre l’occasione di acquistare straordinari pezzi di valore e di farsi ispirare da una community di veri e propri maestri nell’arte della gemmologia e della gioielleria. Un laboratorio creativo e innovativo dove i più famosi designer sono presenti accanto ai talenti emergenti del

«A

Ronny Totah, co-fondatore GemGenève

settore. «A GemGenève diamo grande importanza ai giovani, alla formazione, alla trasmissione del sapere e soprattutto alla passione per ogni aspetto della gioielleria», nota Ronny Totah, co-fondatore di GemGenève e così - anche in questa edizione - ampio spazio è stato dato ai

GemGenève è un’importante vetrina anche per Talenti Emergenti e Nuovi Designer. Tra i primi, abbiamo incontrato Aso Leon (a sinistra una sua realizzazione sui toni dell’azzurro). Tra i designer, degno di nota è Austy Lee (sua la creazione in basso a sinistra). La creazione qui accanto è del marchio cinese A.win. Siu, che non è passato inosservato.

Talenti Emergenti e i Nuovi Designer.

Tra i talenti emergenti, anche Aso Leon, pluripremiato artista di gioielli in Cina, che ha iniziato a utilizzare il titanio nel 2005 e lo ha applicato all’alta gioielleria, tanto da essere chiamato il ‘Principe del Titanio’ nell’industria cinese della gioielleria, e l’artista di gioielli Wallis Hong.

Tra i nuovi designer, risalta il lavoro di Austy Lee che trae ispirazione da una gamma eclettica di temi che mescolano pop-punk, cultura psichedelica, religione, antichità e moda; nonché il marchio cinese di gioielli A.win.Siu e Serendipity Jewelry. Ad accomunarli sono il punto di vista e un messaggio forte e singolare. Non assomigliando a nessun altro, il loro lavoro non è semplicemente innovativo per il gusto di esserlo, ma per la scelta di materiali e tecniche che rispettano e allo stesso tempo riflettono un senso di raffinatezza artigianale.

Giugno 2023 TM · 111
GemGenève diamo grande importanza ai giovani, alla formazione, alla trasmissione del sapere e soprattutto alla passione per ogni aspetto della gioielleria»
© András Barta © András Barta © András Barta

Il superlativo qui è assoluto

Una dimensione orologiera in cui tutto è possibile. Visione e audacia conferiscono nuovi codici alla tradizione, traghettandola nel futuro. Con un approccio radicale e senza compromessi l’Hyper Horology spinge le lancette in avanti, dando al tempo possibilità prima inimmaginabili. E inimmaginate.

Dall’incontro del talentuoso orologiaio Roger Dubuis con il noto designer Carlos Dias nasceva, a Ginevra nel 1995, il marchio Sogem, ribattezzato poi, nel 1999, Roger Dubuis.

L’azienda è stata rilevata, nel 2008 per il 60%, dal Gruppo Richemont.

A caratterizzare il Marchio, un Dna immediatamente riconoscibile nel panorama orologiero. «Puntando a un nuovo orizzonte di espressività contemporanea, la Maison ha definito un approccio audace, conosciuto come Hyper Horology», esordisce Gregory Bruttin, direttore della strategia di prodotto di Roger Dubuis.

Un approccio con il quale realizza segnatempo puntualmente sorprendenti, ogni volta in modo diverso e più estremo. Tra i più recenti, è il caso del

112 · TM Giugno 2023
arte / haute horlogerie/maison

A destra, Gregory Bruttin, Direttore della strategia di prodotto di Roger Dubuis.

Sotto l’Excalibur Monobalancier

Titanium Edition, nuova icona di leggerezza del Marchio. Moderno e sofisticato, grazie al calibro automatico RD720SQ ha 72 ore di riserva di carica (foto in basso).

Nella pagina accanto, Monovortex

Split-Seconds Chronograph.

Monovortex Split-Seconds Chronograph, presentato in occasione del salone ginevrino Watches & Wonders 2023, una creazione senza precedenti. «Volevamo presentare un concept watch che potesse mostrare perfettamente l’evoluzione delle prestazioni e dell’innovazione di Roger Dubuis», sintetizza Gregory Bruttin, che prosegue, «Nel mondo automobilistico, dal quale traiamo ispirazione, vengono spesso svelati concept futuristici e all’avanguardia che evidenziano bene la progressione tecnologica del settore. Questo

ci ha dato l’idea di presentare il futuro della nostra orologeria, con diverse innovazioni avanzate in un unico segnatempo. In totale, abbiamo presentato tre brevetti, un nuovo design meccanico e un nuovo incredibile materiale. Tra queste innovazioni s’inquadra la reinvenzione del tourbillon e della massa oscillante, associata a una delle complicazioni più complesse dell’alta orologeria tradizionale: il cronografo rattrappante. Nel complesso, il progetto si è spinto oltre i confini della nostra abilità orologiera e ha messo in evidenza l’entusiasmante direzione che sta prendendo la nostra Maison».

Al centro dell’Hyper Horology, l’approccio unico di Roger Dubuis all’Alta Orologeria, «c’è la volontà di creare segnatempo espressivi e contemporanei,

realizzati con il nostro rinomato patrimonio e la nostra padronanza delle grandi complicazioni. Questo impone di sfidare sempre i nostri limiti di innovazione, che si tratti dell’uso di nuovi materiali, della reinterpretazione del design o di calibri trasformativi in grado di resistere meglio agli effetti della gravità. La nostra arte è in costante movimento, con una ricerca dell’eccellenza e una genuina determinazione a superare noi stessi con ogni nuovo segnatempo che lanciamo. Questo atteggiamento porta molto spesso a brevetti e anteprime mondiali, e siamo molto orgogliosi di avere una visione così convincente. Ci sentiamo di poter rassicurare chiunque che Hyper Horology continuerà a mettere in discussione le regole e a rivelare novità sempre più sorpren-

Giugno 2023 TM · 113

Sopra, Excalibur Spider Huracán Sto Carbon 45mm, in edizione limitata (88 pezzi): una delle tappe della collaborazione di Roger Dubuis con Lamborghini, iniziata nel 2018. Sotto, Excalibur Single Flyer Tourbillon (e, a destra, il disegno preparatorio).

denti». Andare oltre è l’asse lungo il quale corre tutto ciò che viene fatto in Roger Dubuis; i team cercano costantemente di

superare i limiti e immaginare nuove possibilità; partendo dalla tradizione dell’alta orologeria per reinventarla sotto il profilo estetico e tecnico. Attraverso la ricerca di nuovi design e materiali e la creazione di nuovi calibri, come il Marchio ha sempre fatto, ma accentuando questo approccio innovativo. L’andare oltre porta Roger Dubuis a individuare partner che abbiano caratteristiche analoghe alle proprie: è il caso per esempio di Pirelli e Lamborghini. Quest’ultima non si limita a progettare supercar ma ne arricchisce il concetto con audacia, soprattutto dal punto di vista estetico. Lo stesso vale per l’arte contemporanea e per gli artisti che pensano fuori dagli schemi e rivoluzionano le loro discipline, come il graffitaro Gully e il tatuatore Dr. Woo, per citare solo due dei tanti membri facenti oggi parte della tribù Roger Dubuis, una tribù in continua crescita. Guardando agli ultimi anni, il Marchio ha rifinito il proprio profilo, attraverso una serie di scelte e azioni. Ha riequilibrato la rete di distribuzione e raddoppiato il numero di boutique in Cina, mercato in continua espansione, potenziando al contempo il canale dell’e-commerce, che rappresenta un importante pilastro della distribuzione. Per quanto riguarda i prodotti, ha eliminato l’entry level (il costo minimo di un segnatempo Roger Dubuis è oggi di 45mila franchi), affermandosi con una propria riconoscibilità nel settore degli scheletrati.

I risultati hanno premiato queste scelte: «L’ultimo esercizio finanziario si è chiuso con risultati migliori rispetto al 2019, prima del Covid», conclude Gregory Bruttin. L’audacia della Maison, adeguatamente supportata da una Manifattura integrata, si fonda su uno spirito innovativo.

Scavalcando le convenzioni, l’universo Roger Dubuis vibra di avanguardia e design inediti. Ne fanno parte segnatempo destinati a chi vuole vivere l’iper orologeria. Senza regole, con emozione. Ogni giorno, ogni istante.

In una nuova era tutta da scoprire.

114 · TM Giugno 2023
Simona Manzione

GIO 28.09.2023

18:00 - 20:00

SUFFP LuganoMassagno

Partita

GIO 23.11.2023

18:00 - 20:00

Auditorium CPT

Lugano-Trevano

doppia La politica alla prova della sostenibilità
TICINO SC UOLA UNIVER SI TA RIA FEDERALE PER LA F ORMAZIONE PROFES SIONALE SUFFP

Due idoli della contemporaneità.

Andy Warhol e Jean-Michel

Basquiat. A farne incrociare traiettorie e mani, il loro gallerista a Zurigo, Bruno Bischofberger, motore di una collaborazione straordinaria fra la superstar all’apice della sua fama e l’outsider pronto a una folgorante ascesa. Da scoprire alla

Fondation Louis Vuitton di Parigi.

Un’intesa creativa

Due icone dell’arte contemporanea. Tanto diversi nella loro effige - l’esile figura tormentata dalla capigliatura metallica contro la spregiudicatezza black dell’angelo ribelle, l’uno figlio di emigrati cecoslovacchi, l’altro di origini afro-caraibiche - quanto distanti per estetica, stile e metodo di lavoro. Cerebrale e costruita la pittura di Andy, impulsiva e provocatoria quella di Jean-Michel. Quando a inizio anni Ottanta le loro traiettorie si incrociano, il padre della pop art, a 54 anni, rappresentava l’epicentro della scena creativa newyorkese, con la sua ambigua celebrazione della cultura di massa, mentre l’irrequieto graffitista ventunenne guardava a quel mondo dai margini della sua controcultura incandescente.

Dal loro incontro sarebbero nate nel corso di due anni 160 opere: tele, spesso di

dimensioni monumentali, dove i rispettivi linguaggi espressivi, così singolari, stabiliscono una simbiosi che è molto più della giustapposizione delle rispettive identità. Una catalisi. Opere che hanno però avuto bisogno di tempo - foriero di interesse, oltre che artistico, commerciale - affinché venissero apprezzate in tutto il loro valore. In questi mesi sono al centro di una mostra spettacolare che, di attenzione, ne sta riscuotendo a ogni latitudine: la Fondation Louis Vuitton di Bernard Arnault ha messo a segno un altro coup majeur, fissando un appuntamento imperdibile del calendario espositivo del 2023. In programma fino al 28 agosto in quel di Parigi, partirà poi alla volta di New York per la seconda tappa alla Brandt Foundation, coproduttrice, da ottobre.

Lo spunto per scriverne non lo offre soltanto il successo e l’indiscutibile im-

portanza dell’evento, ma un dettaglio di non poco conto: all’origine della collaborazione tra i due titani è stata l’intuizione di uno zurighese, Bruno Bischofberger, classe 1940, titolare dell’omonima Galleria che all’epoca rappresentava entrambi. Per quanto Basquiat avesse tentato di introdursi nell’ambiente della Factory e nutrisse una profonda ammirazione per Warhol, quest’ultimo lo guardava con distacco. Bischofberger aveva presentito come dall’incontro fra le loro sensibilità potesse scaturire una svolta per entrambi, in un momento in cui la carriera di Warhol, offuscata dall’eccesso di produzioni meccaniche, aveva bisogno di nuovi stimoli, quanto l’arte di Basquiat cercava nutrimento, proprio mentre il graffitismo dei suoi lavori monocromatici incominciava a incendiarsi dei colori di una pittura viscerale. L’iniziativa del gallerista di Zu-

116 · TM Giugno 2023
arte /mostre
© Estate of Jean-Michel Basquiat Licensed by Artestar, New York / Photo © Robert McKeever

travolgente

rigo fu determinante. «Nell’autunno del 1982 portai Jean-Michel alla Factory», ricorda Bruno Bischofberger. «Avevo un accordo con Warhol che mi autorizzava a proporre articoli per Interview - una rivista che avevamo fondato insieme nel 1969 - su giovani artisti che mi sembravano interessanti e anche a portarne per farsi ritrarre da lui. Quando gli feci il nome di Jean-Michel Basquiat, sembrò piuttosto sorpreso. Non conosceva il suo lavoro recente e, in un paio di occasioni in cui lo aveva visto, lo aveva trovato troppo sfacciato. Fidandosi del mio giudizio accettò: il giorno della sessione, il 4 ottobre 1982, Warhol fotografò Basquiat con la sua Polaroid. Jean-Michel fece altrettanto e mi chiese di ritrarli anche in qualche scatto insieme. Poi si congedò rapidamente senza partecipare al tradizionale buffet freddo che conclu-

deva queste occasioni. Avevamo appena finito di pranzare quando l’assistente di Basquiat comparve con un doppio ritratto di Warhol e Basquiat su una tela di 150 x 150 centimetri, ancora fresca», ricorda il gallerista. Il quadro, che tutti i visitatori e dipendenti della Factory ammirarono, venne battezzato Dos Cabezas, ed è quello che apre oggi il percorso della mostra. Subito dopo Warhol contraccambiò ritraendo Basquiat. La scintilla era innescata.

In prima battuta ne nacque, su proposta di Bischofberger, un progetto a distanza che coinvolgeva anche un terzo artista della sua scuderia, l’italoamericano Francesco Clemente: sul modello del cadavre exquis surrealista, diede origine a una quindicina di lavori che espose poi nella sua galleria e che costituiscono un nucleo di grande interesse anche dell’odierna mostra. Entusiasti, i due decisero

Celeberrimo, uno fra gli scatti iconici realizzati dal fotografo Michael Halsband per promuovere la mostra che a New York presentava per la prima volta, nel 1985, le opere frutto della collaborazione fra Warhol e Basquiat (Andy Warhol and Jean-Michel Basquiat #143 NY City, 10 luglio 1985, stampa ai sali d’argento ed. 1/1, 2019-2023, 152,4 x 121,92 cm). Altrettanto efficace nel cogliere le due personalità, il dipinto con cui Jean-Michel si era conquistato l’attenzione di Andy, il 4 ottobre 1982: Dos Cabezas, acrilico e matita grassa su tela, 152,4 × 152,4 cm, Collezione privata.

di proseguire, loro soltanto, e la collaborazione si fece più assidua e organica, portandoli a dipingere fianco a fianco alla Factory.

«Quando incontrai nuovamente Warhol, nella primavera del 1985, mi disse che lui e Jean-Michel stavano collaborando intensamente alla Factory da diversi mesi. Sembrava un po’ imbarazzato, probabilmente perché nessuno dei due me ne aveva parlato prima. Dato che ero sia il suo mercante che quello di Basquiat, malgrado non avessi questa volta commissionato io i lavori, accettarono di affidarmeli. Mi mostrò un buon numero di queste opere - grandi, la maggior parte intorno ai 200 × 300 centimetri, alcune di 300 x 500 o 600 cm - che mi sorpresero e mi entusiasmarono. Nel complesso, Warhol aveva adottato uno stile da poster, con ingrandimenti araldici dipinti a mano di immagini pubblicitarie, titoli di giornali e loghi aziendali, ma anche aggiungendo pennellate molto libere, come in alcune delle sue prime opere, quelle del 1961 e dell’inizio del 1962. Basquiat, che di solito era il secondo a intervenire, fondeva la sua iconografia spontanea, espressiva ed espansiva con quella di Warhol. Gliene comprai un intero gruppo, che decidemmo di esporre a New York, alla Tony Shafrazi Gallery», racconta Bruno Bischofberger. Fu però anche l’episodio

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Courtesy of the artist © Michael Halsband

Due fra le opere più iconiche del sodalizio artistico di Basquiat e Warhol: dall’alto, 6.99, 1985, acrilico e pastelli a cera su tela, 297,2 x 410 cm, Collection Nicola Erni, e OP OP, 1984-85, acrilico su tela, 287 x 417 cm, Collection Bischofberger, Männedorf-Zurich.

Sotto, uno scatto d’epoca li ritrae con il loro gallerista Bruno Bischofberger e, alla sua destra, Francesco Clemente, coinvolto nell’iniziale collaborazione a tre.

che portò all’allontanamento: colpito dalle recensioni negative, Basquiat rimase infastidito soprattutto che lo si presentasse come la mascotte di Warhol e preferì proseguire per la propria strada, pur senza che la stima venisse meno e si mantennero sempre in contatto e attenti alle rispettive opere. «Dopo la scomparsa di Warhol, nel febbraio del 1987, Basquiat era così sconvolto che mi chiese di selezionare per lui, alla Factory, metà dei dipinti che non avevo ancora comprato, perché non era in grado di farlo da solo. Fu così che ebbi la possibilità di acquisire altre di queste opere straordinarie», spiega il gallerista. Come all’epoca il suo ruolo è stato determinante per far nascere una grande amicizia e collaborazione, lo è stato adesso per allestire la mostra della Fondation Louis Vuitton, di cui è consulente speciale, nonché

prestatore di una trentina fra le ottanta collaborazioni esposte.

«Il fatto che due artisti così importanti abbiano lavorato insieme è un unicum. Soprattutto Warhol, che sono sempre stato convinto sia l’artista più importante della seconda metà del XX secolo: attraverso tutto ciò che ha realizzato, ha influenzato una moltitudine di persone, incoraggiandole a sviluppare un modo diverso di guardare il mondo. Basquiat, all’epoca del loro primo incontro, vendeva le sue cartoline per strada e non riusciva a guadagnare con i graffiti che firmava SAMO© sui muri delle case. Ma la sua carriera è decollata grazie alla sua pittura, che è stata straordinaria fin dall’inizio, soprattutto quando, dopo i primi lavori, quasi monocromatici e ancora vicini alla scrittura dei graffiti, ha iniziato a dipingere a colori, alla fine del 1981 o all’inizio del 1982. È stato allora che ho capito che aveva un talento incredibile», rivela Bruno Bischofberger.

Il percorso allestito negli spazi della Fondation Louis Vuitton riesce finalmente a testimoniare in tutto il loro valore artistico gli esiti di questo potente connubio: le 160 opere presentate includono una ottantina di dipinti firmati congiuntamente, e dieci realizzati con Clemente, oltre a lavori individuali, e una serie di opere di altri grandi nomi come Keith Haring, Jenny Holzer e Kenny Scharf che evocano l’energia della scena artistica della downtown newyorkese di quegli anni. Una chicca è la Sezione 5 che presenta la celebre serie di scatti Boxing Gloves realizzata dal fotografo Michael Halsband, in cui i due artisti vengono ritratti mentre si atteggiano a boxeur, rivelando una complicità giocosa. Splendide immagini in bianco e nero che Basquiat aveva commissionato per promuovere la fatidica mostra alla Tony Shafrazi Gallery. È stata scelta proprio una rielaborazione grafica, virata sulle tonalità pop del giallo e del fucsia, del più iconico fra questi scatti come locandina della mostra: braccia incrociate sul petto con i guantoni ben in evidenza sotto il mento, espressioni fisse e serie, un improbabile maglioncino a collo alto sopra i calzoncini da pugilato per Andy, scolpito anche nella sua pettinatura afro Basquiat, guardano dritto negli occhi lo spettatore. Per un incontro che lascia il segno.

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© The Estate of Jean-Michel Basquiat. Licensed by Artestar, NY © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc./ Licensed by ADAGP, Paris 2023 © Reto Pedrini Photography © Galerie Bruno Bischofberger. Photo: Beth Phillips.

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Il lirismo soffuso di un animo genuino

Filippo Boldini, l’artista e l’uomo. La mostra in corso alla Pinacoteca Züst torna a portare al centro dell’attenzione un pittore che la rifuggì sempre, ma la cui statura è confermata dalla stima e dall’affetto di tante fra le personalità più significative della scena culturale dell’epoca.

Garbato e riflessivo come la sua pittura, Filippo Boldini ha attraversato quasi un secolo sotto traccia (1900-1989), con la modestia e la misura che contraddistinguevano la sua elegante figura. Sin dalla scelta di non frequentare l’Accademia a Brera, ma di coltivare lo studio sostanzialmente da autodidatta, intraprese un percorso appartato, inaugurato sotto il segno della sua passione per la pittura del Quattrocento toscano che aveva scoperto in un suo raro viaggio giovanile a Firenze che troverà poi un corrispettivo nella passione per Morandi e Carrà. Fiori, nature morte, figure, temi religiosi, paesaggi sono i soggetti di un pittore pascolianamente delle ‘piccole cose’: dalle opere ancora di stampo naturalistico degli anni Trenta al passaggio postidivisionista di ispirazione segantiniana, dalla fase novecentista, virata poi su un’espressività cubisteggiante, con lo sguardo a Cézanne e Braque, fino al superamento della fase analitica puntando

a una progressiva stilizzazione, che mai però sconfina nell’astratto. Una maggiore notorietà arrivò nel 1959, quando la personale che Virgilio Gilardoni gli dedicò alla Casa del Negromante di Locarno gli aprì la partecipazione a mostre di pregio, anche oltre i confini regionali. Ma la sua carriera rimase appartata, come riservata fu la sua vita privata, in cui il quotidiano esercizio dell’arte non è mai venuto meno, nonostante le difficoltà economiche e la profonda frattura provocata dalla scomparsa precoce, a soli 26 anni, dell’amata figlia Annaly, colpita da una malattia degenerativa. Quella che Boldini avrebbe in seguito raggiunto non si può che descrivere, come ebbe a fare Giuseppe Curonici, come una sofferta serenità morale.

L’occasione per ricordarlo l’ha suggerita alla Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate la segnalazione di sedici bozzetti per pittura murale di proprietà privata, realizzati da Filippo Boldini tra gli anni ’40 e ’50 per partecipare a concorsi pub-

Anche Filippo Boldini partecipò a concorsi per la decorazione murale di edifici pubblici, come molti artisti della sua epoca in ristrettezze. Un aspetto su cui fa luce la mostra presso la Pinacoteca Züst di Rancate. Sopra, Studio per concorso, Motto “Fiordaliso N.2”, 1950-55, olio su masonite, Collezione privata.

blici. Si tratta di pannelli, da eseguirsi poi ad affresco, spesso dipinti su Heraklith, lana di legno compressa utilizzata di solito come isolante nelle costruzioni. Una pratica, quella dei concorsi pubblici, diffusa fra gli artisti ticinesi che vivevano in uno stato di forte precarietà nel periodo fra le due guerre, in un momento congiunturale estremamente difficile e aggravato dal ripiegamento regionalistico del territorio. Basti pensare che Boldini molto spesso poteva far affidamento solo sullo stipendio della moglie, cassiera al Supercinema

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arte /mostre

di Lugano - dove peraltro si tenne la sua prima personale nel 1938. Dietro le insistenti richieste delle associazioni di categoria e in linea con quanto avveniva a livello federale, anche in Ticino venne istituito un sussidio annuo per l’incremento delle belle arti, in parte anche dettato dalla volontà di coinvolgere gli artisti nel rafforzamento dell’identità del paese attraverso opere pubbliche. I soggetti scelti, di norma non imposti, lo confermano privilegiando edificanti temi religiosi oppure scene di vita agreste o di emigrazione, attingendo ampiamente all’iconografia locale. Anche Boldini, accanto alla pittura di cavalletto, frequentò dunque i generi della pittura murale o del mosaico. Pur giungendo spesso in finale, dove veniva anche insignito con riconoscimenti pecuniari, non ottenne però quasi mai un incarico.

Si è quindi deciso di presentare per la prima volta al pubblico questo materiale praticamente inedito, affidandone lo studio a Cristina Brazzola del Museo d’arte della Svizzera italiana. Non ci si è però fermati qui. A quasi quarant’anni dalla ultima importante personale organizzata nel 1985 a Villa Malpensata e a venti dalla presentazione del fondamentale volume di Claudio Guarda, si è infatti sentita l’esigenza di sfruttare l’occasione per un’immersione più ampia nell’arte di Filippo Boldini, proponendo una selezione dai ricchi fondi donati dal pittore alle collezioni pubbliche luganesi: circa 280 dipinti e disegni che alla sua morte lasciò generosamente a Paradiso, suo Comune di nascita, e una ventina alla Città di Lugano e allo Stato, con l’integrazione di alcuni acquisti effettuati da questi ultimi. Lasciti di cui per la prima volta nel catalogo che accompagna la mostra si presenta l’inventario, del quale nello specifico si è occupata, insieme alla ricostruzione dell’elenco delle esposizioni, la direttrice della Pinacoteca

Züst Mariangela Agliati Ruggia.

La mostra, curata da Alessandra

Brambilla, proseguirà fino al 3 settembre e diventa così l’occasione per rivelare come, pur conducendo una vita lontana dalla mondanità, Boldini non fosse il carattere schivo e chiuso che tanti si immaginano, ma un uomo cordiale e generoso nei rapporti personali, amante delle conversazioni

Sopra, il ritratto della dolce Annaly a cui Boldini era più legato, ma che volle donare alla città di Lugano prima di morire (1933, olio su tela, Masi Lugano, Collezione Città di Lugano). L’amatissima figlia si era spenta a soli ventisei anni colpita da una malattia degenerativa. I teschi dipinti come nature morte in tarda età non volevano essere un soggetto funebre, ma fanno parte della sua ricerca sulla luce. Sotto, Interno con figura, 1982, olio su cartone telato, Comune di Paradiso.

con i fedeli amici, scelti con cura e custodi della sua preziosa confidenza. Il suo stesso atelier apparteneva a quel viale Cassarate di Lugano su cui si affacciavano case e studi di molti altri esponenti della cultura dell’epoca, fra cui Emilio Oreste Brunati, Giuseppe Foglia, Tita Carloni, Nag Arnoldi e Giuseppe Curonici. E tante altre erano le personalità che transitavano dal suo studio e che dialogavano con lui. Malgrado la sua situazione precaria era anche generoso con i bisognosi e i giovani, che non esitava a sostenere. Per fare un solo esempio celebre, Nag Arnoldi, che era coetaneo della figlia Annaly e vicino di casa, aiutava spesso Boldini nella preparazione di colori e supporti, oltre a posare per lui, come testimonia un piccolo dipinto con dedica “In omaggio al Bambino Arnoldi - Arnaldo che gentilmente mi ha posato”. Radunando qui diverse fra le opere - in molti casi presentate per la prima volta al pubblico - che Boldini donò in segno di tangibile ricordo ai suoi amici di penna e di pennello, viene ricostruita (in particolare nella seconda sala) la rete di rapporti personali di amicizia che nella sua lunga vita seppe intessere e nutrire con altri pittori, scultori, ma anche intellettuali, critici e scrittori, ricevendo spesso sincere attestazioni di stima e affetto che coglievano il suo grande valore di uomo e artista: insieme al già nominato Virgilio Gilardoni, Piero Bianconi, Adriano Soldini, Mario Agliati, Remo Beretta, Giorgio Orelli, Eros Bellinelli, Mario Barzaghini, Angelo e Pierre Casè, Nag Arnoldi, Giovanni Genucchi, Mario Bernasconi, Mario Moglia, Ubaldo Monico, Pietro Salati, Mario Marioni, per citare i principali. Uno spazio speciale è poi riservato alla dolce Annaly: fra i tanti ritratti che ne realizzò, è qui esposto anche quello, del 1933, a cui il pittore era più legato e che tuttavia scelse di donare quando ancora era in vita alla Città di Lugano, non senza la sofferenza di separarsi da quello che definiva “un toc dal me cör”. Proprio accanto a lei riposa in eterno, insieme all’altrettanto amata moglie Marily, nel Cimitero monumentale di Lugano, con la lapide ornata da un mosaico da lui stesso realizzato.

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La spirale di una cieca ambizione

Sarà l’“Anna Bolena” di Donizetti a inaugurare il 4 settembre la stagione del LAC, che ha scelto questo capolavoro, poco rappresentato, per la sua terza produzione lirica. Un impegno organizzativo, finanziario e creativo, quello sollecitato dalla realizzazione di un’opera, che conferma la maturità e la qualità raggiunte dal centro culturale luganese.

All’opera il LAC di Lugano ha iniziato a mettersi, nel senso ‘musicale’ del termine, a soli tre anni dalla sua inaugurazione. Una sfida notevole, per un centro culturale appena avviato, far fronte all’enorme impegno organizzativo, finanziario e creativo che richiede una produzione di questa complessità. Uno sforzo premiato sin dall’esordio, nel 2018, con Il Barbiere di Siviglia, cui ha fatto seguito l’anno scorso La traviata

Lo sfalsamento di calendario causato dalla pandemia fa sì che a stretto giro, senza ottemperare alla prevista cadenza biennale, già il prossimo settembre il pubblico possa godersi un altro capolavoro dell’opera lirica. D’altronde il genere non è estraneo alla città luganese quanto si potrebbe supporre: già nell’Ottocento contava ben tre teatri, dove fra gli altri passavano i nomi di Rossini e Verdi.

Per il 2023, ci si sarebbe potuti attendere un Flauto magico, un Don Giovanni o una Bohème, … invece la scelta è caduta

su Anna Bolena , un titolo sicuramente importante ma non fra i più celebri della settantina di opere di Gaetano Donizetti. «Si tratta di un autore gigantesco, uno dei più grandi compositori della storia della musica e, soprattutto, della musica vocale operistica italiana. Al momento l’attenzione è su altri suoi titoli, lo si è visto recentemente con la Lucia di Lammermoor alla Scala, ma Anna Bolena è un capolavoro assoluto, che segna una svolta nell’estetica di Donizetti anche dal punto di vista strumentale», spiega il Maestro Diego Fasolis che dirigerà per l’occasione i suoi Barocchisti e il Coro della Radiotelevisione svizzera. Utilizzando strumenti storici e il diapason dell’epoca a 430 hz, che rende più confortevole e morbido il canto. «Proprio quest’impostazione più vicina alle sonorità originarie potrebbe distinguere in futuro le produzioni operistiche della Svizzera italiana, con regie rispettose della musica e del testo. Un approccio che consente di rinnovare il repertorio, attirare un nuovo pubblico,

anche dalla vicina Italia che rappresenta un bacino di milioni di spettatori, e interessare anche le case discografiche», osserva il direttore musicale.

Sin dal suo debutto al Teatro Carcano di Milano il 26 dicembre 1830, Anna Bolena fu accolta con entusiasmo: “Delirio, pareva che il pubblico fosse impazzito, tutti dicono che non ricordano di aver assistito mai ad un trionfo siffatto”, scriveva lo stesso autore in una lettera alla moglie Virginia dopo la prima. Un suc-

Sopra, il dipinto di Daniel Maclise

(1835) ritrae il primo incontro fra Anna Bolena ed Enrico VIII, inizio di una tragica rovina. La spazio scenico oscuro e labirintico ideato dal direttore artistico Carmelo Rifici insieme a Guido Buganza per la coproduzione del LAC, che inaugurerà la stagione 2023/24 il 4 settembre, esplicita la sensazione di perdizione e smarrimento che domina l’Anna Bolena di Donizetti.

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LAC Lugano Arte e Cultura

cesso che gli dischiuse le porte dei grandi teatri, dall’Italia settentrionale all’estero. Composta di getto in un solo mese, è un lavoro poderoso, di tre ore e mezzo, che infatti nella versione che la rilanciò nel 1957, diretta da Gianandrea Gavazzeni, con la regia di Luchino Visconti e la Callas protagonista, fu drasticamente tagliata. «Da questo punto di vista faremo solo qualche mirato intervento per renderla fruibile agli spettatori del XXI secolo che non entrano ed escono dai palchetti come accadeva all’epoca. Donizetti aveva avuto a sua disposizione due vere e proprie leggende di inizio Ottocento, il soprano Giuditta Pasta e il tenore Giovanni Battista Rubini, per i quali creò una partitura in cui potessero dispiegare tutte le loro virtù. Conseguenza: senza un cast eccezionale non si può fare una grande Bolena», sottolinea Diego Fasolis. Bel canto e interpretazione drammatica raggiungono un equilibrio unico grazie alla perfetta rispondenza fra la musica magistrale di un ispiratissimo Donizetti e l’introspezione psicologica del libretto di Felice Romani. Il cast si compone di Carmela Remigio (Anna Bolena – ruolo grazie a cui ha vinto nel 2016 il prestigioso Premio Abbiati come miglior cantante al Festival Donizetti Opera), Marco Bussi (Enrico VIII), Arianna Vendittelli (Giovanna Seymour), Ruzil Gatin (Lord Riccardo Percy), Luigi De Donato (Lord Rochefort), Paola Gardina (Smeton), e Marcello Nardis (Sir Hervey).

A firmare la regia, il direttore artistico del LAC Carmelo Rifici che ha confermato la fiducia al suo team creativo: lo scenografo Guido Buganza, la costumista

Margherita Baldoni, il disegnatore luci Alessandro Verazzi, il coreografo Alessio Maria Romano. Un binomio perfetto, il

Recentemente insignito del prestigioso Premio Doron per il suo lavoro con I Barocchisti e il Coro della Radiotelevisione svizzera, il Maestro Diego Fasolis torna a dirigere le due formazioni nell’Anna Bolena di Donizetti, che porterà al LAC per la terza volta l’opera, dopo Il Barbiere di Siviglia e La traviata

«Anna Bolena è un capolavoro assoluto, che segna una svolta nell’estetica di Donizetti. Eseguirla con strumenti storici consente di rinnovare il repertorio, con una versione più vicina alle sonorità originarie. Un’impostazione grazie alla quale la Svizzera italiana potrebbe ritagliarsi un ruolo nel panorama operistico»

suo con Fasolis, di cui condivide la capacità di condurre nei meandri di un’opera, ciascuno attraverso la propria arte - entrambi prestatisi pro bono per il progetto.

Confrontarsi con una delle opere emblematiche del romanticismo, portata in scena per la prima volta proprio nell’anno in cui si fa nascere lo stesso movimento, ha un significato particolare per Rifici che a questo periodo storico è particolarmente sensibile. «Peraltro Anna Bolena fu madre di Elisabetta I, sotto il cui regno il teatro conoscerà la sua stagione più alta, quella di Shakespeare, Marlowe e Jonson. Ciò che della Bolena di Donizetti mi ha affascinato e spinto ad accettare la sfida, sta nella sua capacità ed elevatezza drammatica. Sin dall’inizio è consapevole della tragica conclusione che una cieca ambizione è destinata a subire. Ho pensato di rappresentarlo attraverso uno spazio scenico dinamico, cangiante e minaccioso: mentre nelle opere precedenti avevo cercato di allargarlo e alleggerirlo otticamente il più possibile, qui invece l’ho stretto molto, creando un labirinto-prigione dell’anima, una sorta di fortezza di cemento che nasconde e contiene una violenza che continua ad affiorare. Le stanze che i protagonisti percorrono sono interiori, aprono le porte alle loro paure, alle pulsioni più brutali, senza lasciare protezione o conforto», spiega Carmelo Rifici, molto soddisfatto della scena ideata insieme a Guido Buganza.

Ci sono voluti ben tre coproduttori per realizzare la struttura girevole, complessa da progettare, costruire e far funzionare, con porte che non si chiudono e pareti che si muovono introducendo nel labirinto di passioni e turbamenti; una soluzione che permette di sposare la dinamica scenica alla possibilità per i personaggi di esprimere tutta la loro potenza interpretativa e vocale. Coerentemente s’è deciso di eliminare i dettagli troppo realistici, così come i costumi di Margherita Baldoni non sono storici ma di un’astratta eleganza, con la forza strutturale che emana dai colori accesi, dalla matericità e dal taglio contemporaneo, per creare un immaginario universale capace di parlare allo spettatore odierno, proprio come quest’opera.

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Diego Fasolis, direttore musicale di “Anna Bolena” Foto@ D.Vass

«Ho pensato di rappresentare la sensazione di minaccia inarrestabile che emana da quest’opera attraverso uno spazio scenico cangiante e minaccioso, che contiene una violenza che continua ad affiorare. Le stanze che i protagonisti percorrono sono interiori, aprono le porte alle loro paure, alle pulsioni più brutali, senza lasciare protezione o conforto»

L’opera a Lugano

Primo teatro di Lugano, il Sociale venne costruito a inizio Ottocento, su progetto dell’architetto Rocco Torricelli, nell’attuale piazza Manzoni. Nella prima metà del secolo vennero messe in scena con successo opere significative, fra cui proprio il Barbiere di Siviglia di Rossini. Restaurato e rilanciato nel 1852 da due appassionati melomani come i fratelli Ciani, che già avevano finanziato i lavori di ampliamento della Scala e della Canobbiana a Milano, dopo le felici stagioni con cartelloni fitti della presenza di Verdi e Donizetti, il Sociale venne demolito nel 1889. Nel 1892 fu la volta del Rossini in piazza Castello (odierno Quartiere Maghetti): all’inaugurazione andò in scena… Il Barbiere di Siviglia, e si capisce così perché si sia voluto riprendere per il battesimo operistico del LAC nel 2018. Un’impresa notevole fu quella di una personalità eccentrica come il Barone Paul von Derwies. Nel Castello di Trevano, che si era fatto costruire con un investimento da 12 milioni di franchi dell’epoca (1870), volle che fosse realizzato un teatro in stile greco-moderno. Arrivava da Nizza per trascorrere il periodo estivo con al seguito un’orchestra e la propria compagnia d’opera ‘familiare’, fino alla sua misteriosa morte nel 1881. Lo avrebbe poi acquistato, nel 1900, il violinista e direttore d’orchestra Louis Lombard che lo riportò all’antico splendore. Occasionalmente impiegava una trentina di elementi della Scala, affiancati dai migliori musicisti, fra cui i maestri Leoncavallo, Mascagni, Massenet, Fauré. La sua era una vera e propria istituzione orchestrale che, tra Lugano, Como e Milano, realizzò oltre 850 concerti a scopo benefico. In pieno fermento sociale e culturale, a fine Ottocento la città di Lugano si dotò infine di un vero e proprio teatro, l’Apollo (in foto), con 700 posti a sedere, che sorse al posto del Rossini, abbattuto dopo soli 4 anni. Nei decenni, poi ribattezzato Kursaal, inanellerà molti nomi illustri, ospitando per la prima volta nel suo 50mo l’Orchestra della Scala. A metà Novecento i melodrammi operistici proseguirono anche negli spazi del Padiglione Conza e del Parco Ciani, con poi nel 1960 l’inaugurazione del nuovo Teatro Kursaal e, negli anni ’70, l’Anfiteatro del Palazzo dei Congressi. Cfr. “Opera prima, Incontri storico-lirici tra Milano e Lugano”, a cura di Alberto Dell’Acqua, Fontana Edizioni, 2006

Se grossomodo la vicenda di Anna Bolena è nota, non fosse che da ultimo per una recente serie che ha fatto molto discutere, il servizio di mediazione culturale nell’ambito di LAC edu ha previsto in questi mesi un calendario di proposte per avvicinare il pubblico agli aspetti musicali, storici e drammaturgici dell’opera attraverso incontri, conferenze e le proiezioni di una rassegna cinematografica incentrata sulla figura di Anna Bolena e la dinastia dei Tudor.

Oltre alla capacità di costituire una squadra artistica e tecnica dei più alti livelli, per sostenere l’impegno di un’opera è fondamentale la capacità di attirare sponsor e di mettersi in rete con altri coproduttori internazionali: in questo caso la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, la Fondazione Teatri di Piacenza e la Fondazione Teatro Comunale di Modena, che ospiteranno la successiva tournée nel febbraio 2024 sui palcoscenici dei loro teatri. Buona parte dei costi musicali è supportata dall’Associazione I Barocchisti, Rsi Radiotelevisione svizzera, in collaborazione con LuganoMusica. La perfetta partnership tra pubblico e privato, vede anche il sostegno della Fondazione Lugano per il Polo culturale e della Danish Research Foundation. Collaborazioni che confermano la qualità ormai riconosciuta alle produzioni operistiche firmate dal LAC. Un’organizzazione che consente di avere le risorse per autofinanziare completamente l’iniziativa - e si parla di cifre che vanno da diverse centinaia di migliaia di franchi, anche a volte più di un milione per un’opera. Con oltretutto biglietti dai prezzi accessibili rispetto alla vicina Italia e al nord della Svizzera.

Oltre al ritorno finanziario, da sottolineare è il valore aggiunto di un progetto corale, un Gesamtkunstwerk che suggella lo spirito e il lavoro di quello che è un centro culturale, al di là della canonica programmazione annuale, anch’essa sempre portata avanti con grande cura, intuito e qualità dal direttore artistico Carmelo Rifici, che ha appena svelato anche gli appuntamenti della prossima stagione, sotto il titolo Il libro dei sogni. Che proprio da Anna Bolena sarà aperta il 4 settembre, con repliche il 6, 8 e 10 settembre.

Per informazioni: www.luganolac.ch

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Carmelo Rifici, direttore artistico di “Anna Bolena” © collezione Knijnenburg © Photo Michela di Savino. Nebula Agency per Luminanza

Alla buca 14, con vista mozzafiato

Reale in tutti i sensi. Il Real Golf de Pedreña è considerato tra i migliori della Spagna e mondialmente famoso per essere stato la culla di uno dei più grandi giocatori di golf del secolo XX, se non il più grande di tutti: Severiano Ballesteros. Affacciato sulla baia di Santander, riserva ai giocatori uno splendido spettacolo, anche a tavola.

Penso che sia comune a tutti i praticanti di questo nobile sport un ossimoro di entusiasmo e frustrazione (chi ha passato giorni in un bunker cercando di uscirne per imbucare successivamente un ‘hole in one’ mi capisce perfettamente). Non è così strano che, parlando di golf con la Redazione di Ticino Management - che desiderava ospitare tra le proprie pagine dei contributi sull’argomento -, abbia approfittato di questo input per arrogarmi, senza troppo pudore, l’onore di un ‘tee shot’ sapendo che stavo privando dell’occasione giocatori e scrittori più degni del sottoscritto.

Questa è la parte dell’entusiasmo. La frustrazione, consustanziale con l’entusiasmo (e con un eclettismo fuori controllo dell’autore), si è subito materializzata al momento di trovare il tempo per adempiere all’obbligo assunto come un ‘bonus vir’ (anche se non passo i miei giorni in un

bunker o cercando la palla nella steppa, ho, come tutti i professionisti attivi, le tipiche tribolazioni di un cinese in Cina). Serva questo ‘incipit’ come una ‘excusatio non petita’ alla Redazione.

Per contestualizzare questo contributo ritengo sia necessario accennare brevemente alla mia esperienza golfistica. Sono stato iniziato alla nobile arte quando avevo 15-16 anni presso il Golf Club di Lugano (se non erro, sono stato nominato più volte come il ‘passeggero più assiduo dell’anno’ del trenino Lugano-Ponte Tresa. Probabilmente non me l’hanno mai dato per i danni inflitti alle carrozze con il legno 1). Ho avuto l’occasione di perfezionarmi un poco presso lo straordinario Circolo del Golf dell’Acquasanta; ricordo qui le sorgenti nel campo dove sgorgava l’acqua naturalmente frizzante, la vista degli acquedotti romani e la imponente bacheca lignea nella ‘Club House’ dove appresi che sua Eminenza il Cardinale

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società
/turismo/ i quaderni del golfista

Paul Marcinkus giocava con un ‘handicap’ 2 (probabilmente sarebbe diventato uno ‘scratch’ se non avesse perso tempo con questioni così futili come l’Ambrosiano). Purtroppo nel corso degli anni una malattia si è divertita a saldare le mie vertebre lombari e a procurarmi una generale rigidità ossea e muscolare che, se non fosse per i provvidenziali medicamenti somministrati, avrebbe ridotto la mia attività golfistica ad incarnare il tipico trofeo di bronzo con un perfetto ‘finish” per il vincitore del torneo sociale natalizio. Oggi continuo a giocare con un handicap 28 il più assiduamente che posso, senza spe-

ranze concrete di vincere un qualche torneo (sto cercando meticolosamente un Torneo Matusalemme e di approfittare per l’occasione del mio handicap) e con la rassegnazione di ricevere, come regalo per il mio imminente compleanno, un carrello elettrico di ultima generazione (giocata maestra da parte di chi mi vuole bene perché, oltre a risparmiarmi le pene di Sisifo, mi costringe a correre come un etiope dietro il carrello con i conseguenti, teorici, vantaggi cardiovascolari).

Se il lettore ha resistito fin qui alla lettura dell’incipit come alle prime venti pagine del celebre libro Il nome della rosa (si noti bene, la comparazione si limita all’umana sopportazione non chiaramente alla qua-

Qui a sinistra e nella pagina accanto, la 14esima buca e scorci del Real Golf de Pedreña con vista sulla baia di Santander. Ubicato in una delle zone più belle della Cantabria, il campo è stato inaugurato nel 1928.

lità letteraria), cercherò di entrare finalmente in materia senza però rinunciare a presentare il piano di questo e (l’auspicio è vivo) di futuri quaderni golfistici. L’idea è quella di scrivere principalmente sui campi di Golf in Spagna. Dato che ve ne sono più di quattrocento, conto sull’opportunità di assicurarmi una rendita vitalizia (ahimè non in termini finanziari ma sicuramente in fonte d’ispirazione). Al 31 dicembre 2022 si contavano 293.560 giocatori federati, di cui 1.587 professionisti (naturalmente il sottoscritto fa parte del gruppo dei 291.973). Abbondano nella rete siti che offrono informazioni dettagliate e tecniche della maggior parte dei campi di golf al mondo e non è certo mia intenzione far loro concorrenza. Anche se l’idea non è redigere un quaderno guida, non posso però rinunciare a trattare la meta finale della stragrande maggioranza degli entusiasti del Golf: la ‘buca 19’. Siamo nell’area di partenza, la palla sul tee dietro gli indicatori gialli (un giorno scriverò su quanti giocatori, nonostante le ferree regole del golf, tendano ad avvicinarsi con astuzia alla buca di un par 4 di 475 metri posizionando il tee e la palla ben 10 cm davanti gli indicatori di partenza), il ‘driver’ inquadrato in uno ‘stance’ perfetto e via: voliamo a Santander, una perla del Mar Cantabrico e uno dei paradisi del golf. La città di Santander si trova in una posizione privilegiata sul mare ma anche vicina alla cordigliera cantabrica, con un

126 · TM Giugno 2023

clima che tradizionalmente viene apprezzato in estate da chi fugge il caldo torrido di Madrid. Ed è proprio grazie al suo clima e all’auge delle prime talassoterapie, i ‘baños de ola’ (bagni d’onde) che la famiglia reale spagnola con la sua corte scelse questa città per trascorrere le sue ferie. Nel 1908 la città regalò al re Alfonso XII un terreno sito in una splendida penisola dove venne edificato un palazzo, detto della Maddalena, inaugurato nel 1912. Contemporaneamente vengono costruiti gli edifici emblematici del Casinò del Sardinero, l’Hotel Real, un aerodromo (è del 1913 il primo volo Santander-Madrid con un Bleriot IX) e, lupus in fabula, il Real Club Pedreña (oggi Real Golf de Pedreña) inaugurato il 29 dicembre 1928. Ancora oggi questo Club è considerato tra i migliori della Spagna e mondialmente famoso per essere stato la culla di uno dei più grandi giocatori di golf (se non il più grande) del secolo XX: Severiano Ballesteros. Oriundo di Pedreña, ‘Seve’ nato nel 1957 si iniziò al golf come “caddie” all’età di 9 anni e sfruttò fino alle ultime conseguenze le prestazioni di un ferro 7 (il primo di sua proprietà) fino ad arrivare a vincere, tra gli oltre 80 titoli, due Masters di Augusta, 3 British Opens e 4 Ryder Cup (a scanso di equivoci Seve giocava già da tempo con una sacca completa anche se sono mitiche le situazioni disperate salvate per l’appunto dal buon vecchio ferro 7).

Un giornalista una volta chiese: “Quello che hai fatto, è stato con molta fortuna,

vero?” e Seve rispose: “Può darsi che sia fortuna, non lo so, ma ti posso dire che più mi alleno, più ho fortuna”. Mio suocero, Vicente Miera, pure cantabro e grande sportivo (giocò negli anni ’60 nel Real Madrid ed ebbe molti successi come allenatore, anche della nazionale spagnola, tra i quali la prima medaglia d’oro olimpica di calcio nel ’92), aveva avuto modo di conoscere personalmente Seve già agli inizi della sua carriera e in un’occasione gli aveva espresso una certa invidia rispetto agli sport di squadra come il calcio perché evidentemente soffriva certa solitudine nella pratica del golf d’élite. Gli raccontò che a volte nella stanza di albergo si allenava ad accendere e spegnere la luce colpendo la palla con un ‘wedge’ (nonostante l’ispirazione immediata provocata da questo luminoso aneddoto dovetti rinunciare a imitare il Sommo Maestro, soprattutto in casa, per non dover ascoltare altre interessanti storie da un ‘ex’ suocero…).

Il Campo del Real Golf Pedreña è una meraviglia per ogni giocatore. Grazie anche al sostegno personale della famiglia

Botín (fondatrice e azionista di riferimento della famosa Banco Santander) la manutenzione è straordinaria, tanto che l’erba dei ‘tees’ sembra quella dei ‘green’ di molti altri percorsi di golf in giro per il mondo. Si gioca tra gli alberi carezzati dalla brezza marina, con dislivelli, bunkers e greens veloci come specchi e con il premio speciale di arrivare alla meta della buca 14 con una vista mozzafiato sulla baia di Santander, il Palazzo della Maddalena, l’isola di Mouro e la spiaggia del Puntal. Per la buca 19, mi riservo per il prossimo quaderno succulenti suggerimenti nella città di Santander. A Pedreña, oltre il ristorante della ‘Club House’ (dove vale la pena osservare il salone, con il suo pavimento ligneo messo alla prova da quasi cento anni di scarpe chiodate), per chi ama il pesce freschissimo senza esigere il lusso, la ‘trattoria’ Asador el Tronky offre probabilmente le migliori sardine alla brace ed un incredibile ‘besugo’ (occhione).

Principale handicap: non prende riservazioni e, soprattutto in estate, le code possono essere lunghe (chi viene dall’estero e non segue i particolari orari spagnoli, pranzo tra le 14.00 e le 16.00 e cena tra le 22.00 e le 23.00, forse ha migliori chance). Carino, con buona materia prima e sito nel porto sportivo, il ristorante Asador Itxaski può essere una buona opzione per coronare in loco una grande e decisamente ‘reale’ giornata di golf.

Giugno 2023 TM · 127

Far strada alle nuove generazioni

Anche i modelli di Suv più affermati si innovano, cavalcando l’onda delle motorizzazioni alternative, aggiornando il look e migliorando comfort e qualità degli interni, dalla capienza all’infotainment. Accattivanti, efficienti e ideali per affrontare qualsiasi fondo stradale.

La terza generazione dalla Bmw X1 è tra le migliori della categoria, con un livello di maturità mai visto, che ne fa un’auto equilibratissima, che ci si sente subito addosso. In ordine cronologico è l’ultima dei Suv Bmw, apparsa nel 2009, eppure si è ritagliata un ruolo fondamentale, con grandi soddisfazioni quale modello X più venduto. Solo 5 cm più lunga della precedente generazione ma con design evoluto e nuove proporzioni, appare più grande e decisa, merito sicuramente della nuova calandra squadrata con sguardo a led dei proiettori. I passaruota squadrati le danno l’aria di Suv robusto e i cerchi da 17 a 20 pollici fanno il resto. Grazie a carrozzeria più larga e interasse maggiorato sfrutta meglio gli spazi interni e a seconda del livello di elettrificazione e della presenza

della trazione integrale la capacità del bagagliaio offre mediamente da 500 litri a 1500 litri. Lontani i tempi in cui la plancia della Bmw aveva decine di tasti fisici, la nuova X1 ha un look futuristico. L’abitacolo è spazioso e arioso con ottima qualità costruttiva, scelta dei materiali e cura degli assemblaggi con rivestimenti morbidi e ricercati, con soluzioni originali tra cui le casse audio lavorate a laser con logo Harman/Kardon retroilluminato, accessoristica e infotainment a regola d’arte.

Utilizza la piattaforma della nuova Bmw Active Tourer, che consente motori termici, ibridi mild hybrid e plug-in o 100% elettrici. Attualmente propone due motori a benzina, un millecinque 3 cilindri con 136 Cv per la sDrive 18i o 170 CV con il supporto mild hybrid per la 20i e un 2mila con 218 Cv destinato alla

XDrive 23i, oggetto del nostro Testdrive. Sono affiancati dalle versioni xDrive 25 da 245 Cv e xDrive 30 ida 326 Cv, ibride plug in con circa 90 km di autonomia elettrica, e le versioni diesel e diesel hybrid sDrive 18d, xDrive 20d e xDrive 23d. Tutte con cambio Steptronic a sette rapporti a doppia frizione. Più in là anche una versione elettrica. A partire da 57.200.- Chf.

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BMW X1
società /auto
BMW X1

Mercedes GLC 220 d 4Matic

La nuova generazione della Mercedes Glc convince per il comfort e con le ruote posteriori sterzanti offre un’agilità inedita. È accattivante su ogni tipo di strada con le sue linee pulite e proporzioni dal carattere sportivo. L’abitacolo fissa parametri di riferimento, dal display centrale inclinato verso il conducente, al volante sportivo multifunzione, passando per i pregiati elementi decorativi con materiali di alta qualità che garantiscono un comfort di prima classe. Lunga 472 centimetri, la seconda generazione della Mercedes Glc, che è il modello più venduto della Casa ed è basato sull’attuale Classe C, è più lunga di 6 cm e propone unicamente motori elettrificati. Cresce anche il bagagliaio con un minimo di 620 litri, 70 litri in più.

Dite addio ai listini lunghi decine di pagine, che richiedevano giorni per configurare l’auto desiderata, ora la maggior parte delle dotazioni sono raggruppate in pacchetti. L’abitacolo riprende le forme ispirate al mondo della nautica viste sulle più recenti Mercedes, la plancia si unisce al tunnel centrale e lo schermo centrale Touch da 11,9” è di serie e integra il sistema multimediale Mbux. Non manca l’assistente vocale evoluto e il lettore di impronte digitali. Su strada e nel fuoristrada in condizioni ambientali avverse vanta doti nettamente migliorate dai comandi facilitati e schermata Offroad, che migliora la visibilità grazie al cofano del motore trasparente, effetto dovuto alle varie telecamere e ai massimi livelli di trazione e sicurezza di guida. Molto innovativo infine il nuovo retrotreno sterzante: sotto i 60 km/h le ruote posteriori si spostano fino a 4 gradi e mezzo in direzione contraria a quelle anteriori e nella stessa quando la velocità aumenta. Così si ha un’agilità inaspettata, per un’inversione bastano meno di 11 metri, come le piccole crossover. Motore Turbodiesel 2.0 ibrido, per 197 Cv diesel più 23 Cv elettrici con un totale di 400 Nm e un consumo medio di 5,9 litri. A partire da 65.800.-Chf.

Dopo un periodo di assenza ritorna la Nissan X-Trail, con un innovativo powertrain E.Power che prevede un 1.5 turbo benzina che fa da range extender alimentando uno o due motori elettrici a seconda della trazione e una batteria. I vantaggi sono tanti. La X-Trail della nostra prova è a trazione integrale con un sistema Awd con secondo motore elettrico da 136 Cv sull’asse posteriore e una potenza totale di 213 Cv, con un vantaggio rispetto a uno tradizionale poiché distribuisce istantaneamente la coppia e grazie alla rigenerazione su tutte e quattro le ruote riduce rollio e beccheggio. Il tutto regolato da una centralina che ottimizzata i flussi di energia per massimizzare il tempo in cui il motore termico rimane spento. Viaggiando a bassa velocità, l’energia prodotta va in parte al motore elettrico e in parte

alla batteria e, quando è completamente carica, il 1.5 si spegne. In accelerazione, l’energia necessaria al movimento arriva sia dal termico che dalla batteria. Il comfort è uno dei punti di forza di questa Nissan ed è di altissimo livello sotto tutti i punti di vista con insonorizzazione aerodinamica curata, i sedili comodi e grazie alle ampie superfici vetrate e la visibilità è ottima. A partire da 57.690.- Chf.

Giugno 2023 TM · 129
Nissan X Trail 1.5 e-Power Nissan X Trail 1.5 e-Power Mercedes GLC 220 d 4Matic

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Far strada alle nuove generazioni

4min
pages 130-133

Alla buca 14, con vista mozzafiato

6min
pages 127-129

La spirale di una cieca ambizione

8min
pages 124-126

Il lirismo soffuso di un animo genuino

5min
pages 122-123

travolgente

4min
pages 119-120

Un’intesa creativa

1min
page 118

Il superlativo qui è assoluto

3min
pages 114-118

Una prospettiva scintillante

2min
pages 112-113

Storie in dialogo

1min
page 107

FLEXFORM

1min
pages 99-100

FLEXFORM

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pages 98-99

Un design atemporale

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Il nuovo LESSICO

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Design speciale nuove collezioni

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pages 93-94

Il rosso dei record

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pages 92-93

Tra Etf e volatilità

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Verde Indonesia

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Se la volatilità diventa fissa?

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page 89

La fu Wall Street

2min
page 88

La corsa ai veterinari

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pages 86-87

Economia circolare

2min
page 85

Qualità di famiglia

2min
page 84

Quali impatti in Europa

2min
page 83

Grandi complicazioni

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page 82

Biodiversità: quanto conta?

5min
pages 80-81

Segnali di ripresa

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pages 78-79

L’estate si avvicina

1min
page 77

Questione di monitoraggio

5min
pages 74-76

Quotarsi per aprirsi

7min
pages 70-73

Come gestire i rischi di cambio

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pages 68-69

La musica dà spettacolo

1min
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Imporre con correttezza

3min
page 66

Il digitale si mette all’opera

4min
pages 64-65

Start up to new heights

1min
page 63

L’egida intellettuale

3min
page 62

Guardando oltre

2min
pages 60-61

Problemi cronici

4min
pages 58-59

L’incertezza del pioniere

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pages 56-57

Eureka!

1min
page 55

Pmi: tempo di responsabilità

2min
page 54

Il business del turismo d’affari

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pages 50-53

Un inossidabile filo conduttore

10min
pages 46-49

La grandezza dei piccoli

9min
pages 42-45

Alloggi turistici accomodanti

5min
pages 40-41

È solo un numero

29min
pages 28-39

Ma poi, sarà vera gloria?

2min
pages 26-27

Contro gli infortuni? Assicurazione complementare!

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Dialoghi previdenziali

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Un clima di tensioni

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pages 22-23

Terreno inesplorato

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pages 20-21

L’impronta statale cresce

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pages 18-19

Democrazia scavalcata

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pages 16-17

Il Big Data spaziale

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pages 14-15

Il grande cantiere

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