NUMERO 54 . apr2023 . Incapaci di liberarci del passato rinunciamo a disegnare il futuro

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ДЕТИ (BAMBINI)

INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

Il modo italiano di essere è andato bene fino ad un po’ di anni fa. Da tempo non regge più. Siamo prigionieri del nostro passato, nel quale cerchiamo il nostro futuro. Abbiamo lo sguardo costantemente fisso allo specchietto retrovisore. Cerchiamo di autoconvincerci sempre con gli stessi discorsi, con le stesse dispute, con lo stesso modo di pensare, con gli stessi immarcescibili interlocutori politici, aziendali, istituzionali, sindacali. Non innoviamo, bensì conserviamo;

siamo diventati un Paese che non scopre più niente, al massimo recupera e riscopre. Non buttiamo via mai niente del passato; il Paese è diventato una sconfinata conservatoria nazionale. Ogni cosa è potenzialmente per sempre, in modo da evitarci ansia e stress nel doverla metterla in discussione e nel dover nuovamente decidere; ogni ruolo, ogni carica è a vita. Abbiamo paura della creatività innovativa di pochi sconsiderati, orientati al merito, all’iniziativa e

al successo, che quindi riteniamo inaffidabili, pericolosi e molto scomodi: una indebita minaccia alla nostra paciosa tranquillità! Risultato: il 9,8% dei cittadini del più bel Paese al mondo è andato a risiedere all’estero - ossia oltre 5,8 milioni di persone, di cui 1,2 milioni tra i 18 e i 34 anni. Figuriamoci se fossimo anche brutti!

APRILE 2023

N.54

PROGETTO

Invitiamo i nostri lettori a passeggiare insieme a noi nel bosco della complessità e della positività. Vedremo come la Ricerca - scientifica, sociopolitica, culturale, etica, economica e produttiva, insieme all’Innovazione - tecnologica, di metodo, di comportamento, di processo, di

prodotto, cambia la nostra vita. Vedremo come l’innovazione creativa concorra, giorno dopo giorno, alla costruzione di nuovi modelli di relazione economica, sociale, produttiva e organizzativa procedendo instancabilmente, in parallelo, alla distruzione di quelli precedenti.

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PERCORSO

Un appuntamento mensile. Brevi articoli monotematici che rimandano ad approfondimenti, per chi desidera; repertori iconografici scelti in virtù di criteri estetici; l’impegno di affrontare e di interpretare in modo semplice, ma non semplicistico, la complessità; il piacere della scoperta, dello scambio e della relazione positiva con i nostri Lettori.

Benvenuti a bordo!

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

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FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento

Le trappole mentali dell’Azienda

CLAUDIA PARZANI

Partner di Linklaters e Presidente di Borsa Italiana

Le caratteristiche dei nuovi leader

ENZO RISSO

Direttore Scientifico IPSOS e Professore all’Università La Sapienza di Roma

Gli italiani tra la sindrome di Sisifo e la voglia di andare oltre il grigiore

MAURIZIO SCALTRITI

Professore, ricercatore, oncologo a livello internazionale

Combattere il cancro: un approccio multidisciplinare al futuro

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INDICE 20 06 14 10 pg.
Autori pg.
Manifesto NB. È ENTRATA IN FUNZIONE LA PALESTRA DEL COMPORTAMENTO. LEGGI IN ULTIMA PAGINA
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Le trappole mentali dell’azienda

Gli esseri umani hanno l’abilità tutta particolare di rimanere intrappolati nelle loro proprie trappole, arrivando a costruire organizzazioni simili a delle prigioni psichiche dove i membri di queste organizzazioni restano ingabbiati da costruzioni della realtà che rappresentano un’immagine imperfetta e distorta del mondo (*).

La storia e la letteratura d’impresa sono ricche di esempi di organizzazioni eccellenti che si sono rinchiuse all’interno dei loro successi celebrandone in continuo i fasti e i meriti senza accorgersi che nel frattempo il mondo questi successi li metteva in archivio. In altre parole i successi ed i punti di forza di queste aziende sono rapidamente

FABRIZIO FAVINI APPROFONDISCI
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diventati altrettante debolezze - il successo rende arroganti - che hanno prodotto gravi problemi di mercato, nonché ampie opportunità di crescita e di sviluppo per i concorrenti.

In queste culture aziendali è venuta clamorosamente a mancare la percezione del futuro in quanto molte persone credono tuttora che il loro futuro sia uguale al loro passato.

La natura delle prigioni psichiche è questa. Tutta una serie di schemi di pensiero e di azione finiscono con il cristallizzarsi dando luogo a delle vere e proprie trappole che imprigionano gli individui in mondi socialmente precostituiti e consolidati impedendo la creazione di mondi diversi.

Ne risulta che gli essere umani sono prigionieri della propria storia psichica, personale e collettiva. Il passato viene percepito come qualcosa che deve sopravvivere nel presente; in tal modo si dà vita a rapporti distorti e svianti con il mondo esterno.

Ad esempio, una mentalità conservatrice soffre di evitamento dell’incertezza; ha una marcata esigenza di ordine, struttura e chiusura accompagnate da dogmatismo e intolleranza dell’ambiguità; tutto ciò induce ad una resistenza al cambiamento e il ricorso a consistenti e inflessibili credenze e abitudini.

Di converso, anche la mente progressiva soffre di inclinazioni mentali altrettanto anomale, come, ad esempio: una indecisione provocata dal timore patologico della chiarezza, l’ingenua illusione che tutti siano dotati dello stesso talento e della stessa percezione, che spetti allo Stato porre rimedio a tutte le ingiustizie sociali.

Gli archetipi sono modelli che strutturano il pensiero, ovvero strutture di pensiero e di

esperienza che ci inducono a conformare la nostra concezione del mondo ed il nostro modo di pensare in forma predeterminata e confortevole.

Pensare comporta un notevole dispendio di energie, anche fisiche.

(*). Il concetto di prigione psichica è stato elaborato per la prima volta da Platone nella Repubblica.

Nel nostro cervello vengono quindi immagazzinati ricordi ed esperienze passate, soluzioni usate in occasioni analoghe, cose che sono capitate a noi e ad altri e di cui noi conserviamo notizia e i tanti modi in cui da un flusso disordinato di sensazioni riusciamo di solito a ricavare una immagine del mondo esterno abbastanza regolare e controllabile, la nostra personale idea di come le cose vanno normalmente.

Gli archetipi sono collegamenti abituali, categorie mentali piuttosto che modelli

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interiori che “girano” nel nostro cervello così come i software “girano” nei nostri calcolatori. Nel valutare, ad esempio, la probabilità che si verifichi un certo evento - soprattutto se questo evento comporta un pericolo o una situazione spiacevolenon siamo né affidabili né realisti perché confondiamo quello che ci appare con quello che noi vorremmo che (non) si verificasse. Analogamente le nostre decisioni vengono influenzate dal modo in cui il problema ci viene posto: è più probabile che un paziente dia il suo consenso ad un’operazione chirurgica se il medico gli dice che “novanta pazienti su cento sopravvivono” piuttosto che “dieci pazienti su cento muoiono”.

Decidere di fare qualcosa di nuovo, forzare le nostre abitudini, modificare le nostre certezze sappiamo che richiedono uno sforzo cognitivo ed emotivo: dobbiamo valutare cose nuove, verificare le ipotesi di fattibilità e di presunta soddisfazione, confrontare i pro e i contro delle conseguenze delle varie alternative. Spesso ne deriva che, per evitare questa fatica, si tende a protrarre lo status quo per lungo tempo ancora (**). Pertanto si decide di non decidere.

Governi, compagnie di assicurazione, carrier telefonici, banche, esperti di marketing giocano quotidianamente con la nostra propensione allo status quo, sfruttando questa trappola e rendendola particolarmente pervasiva.

Ne deriva che, di sovente il nostro comportamento viene influenzato da quella che viene definita l’euristica del ma sì, è uguale. Una chiara esemplificazione di questo atteggiamento consiste nell’effetto-traino durante la visione dei programmi televisivi. Il management delle emittenti televisive sa bene che un telespettatore che inizia la serata su un canale tende a restarci. Infatti quando il programma finisce, un numero

sorprendentemente elevato di telespettatori inconsciamente dice ma sì, è uguale e continua a guardare il programma successivo sul medesimo canale. Analogamente, i responsabili delle distribuzione di giornali e periodici sanno per esperienza che molto spesso il rinnovo è automatico perché il cliente si astiene dal comunicare la formale disdetta dell’abbonamento.

Quindi, per via dell’automatismo delle decisioni, l’opzione default rappresenta una sostanziosa quota di mercato.

Questo è il quadro che emerge dalla generalità dei comportamenti di individui che, presi da tante cose, non possono permettersi di ragionare a fondo ogni volta che devono prendere una decisione, per poco importante che sia.

Il sociologo Max Weber ha notato che tanto più la burocrazia si afferma all’interno dell’organizzazione, tanto più essa riesce a sopprimerne le caratteristiche umane ed emozionali.

(**).William Samuelson e Richard Zeckhauser (1988) hanno chiamato distorsione verso lo status quo la tendenza da parte degli individui a prediligere la situazione in cui essi vivono d’abitudine.

L’aggressività, l’invidia, il risentimento, al pari di numerose altre dimensioni della nostra vita nascosta, sono insite nelle strutture organizzative e nella loro cultura. Il ruolo che ha l’inconscio nei processi organizzativi può essere paragonato ad un buco nero nel senso che l’organizzazione può inghiottire buona parte delle energie degli individui che vi lavorano.

Ma perché rimaniamo intrappolati nei nostri abituali schemi di pensiero? Perché

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ci crogioliamo nelle nostre illusioni? Perché troviamo tanto difficile modificare il nostro comportamento? Perché tendiamo a crearci tanti problemi e a scatenare ansia?

Le norme, i modelli, le credenze che definiscono una organizzazione non sono dei fenomeni semplicemente ed asetticamente organizzativi bensì personali nel più profondo del termine. Pertanto ogni tentativo mirato a modificare la realtà organizzativa è destinato a mobilitare una serie di resistenze riconducibili al fatto che gli individui ed i gruppi difendono lo status quo nel tentativo di difendere la propria identità.

È pertanto inutile parlare di learning organization o tentare di sviluppare culture aziendali favorevoli al cambiamento se si ignora la dimensione inconscia della natura umana.

L’eccesso di razionalità è spesso una forma di irrazionalità mascherata: la tendenza ad ubriacarsi di lavoro di certi manager,

l’insistere ossessivamente su obiettivi, tenere comportamenti aggressivi coi colleghi sono spesso segni che denotano il tentativo di nascondere una serie di insicurezze personali.

L’eccesso di controllo, poi, nega inclusione e diversità mortificando quindi il potenziale innovativo perché l’attenzione del management viene occupata dalle norme e dai controlli interni invece di concentrarsi su sfide, prospettive ed opportunità provenienti dal mondo esterno.

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Fabrizio Favini

Le caratteristiche dei nuovi leader

CLAUDIA PARZANI

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Pensate che vadano bene le persone di sempre mentre tutto intorno cambia?

Gli scenari complessi e incerti, i mutamenti continui e improvvisi, la trasformazione digitale e l’attenzione ai temi della sostenibilità richiedono, infatti, una riflessione sulle caratteristiche di coloro che ricoprono ruoli di guida e di leadership.

Sono certa che siamo tutti d’accordo che la leadership perfetta non esiste e che non è vecchia o nuova e che non ha genere o nazionalità. Probabilmente l’approccio più efficace è quello del leader situazionale, un leader in costante mutamento capace di adattarsi alle persone con cui si interfaccia, al contesto e alle sfide contingenti. Un leader intelligente, camaleontico.

Ci sono però alcune caratteristiche che a mio avviso non possono mai mancare in qualsiasi leader e in qualsiasi tempo: la credibilità e il suo presupposto, la competenza.

I leader devono essere provvisti di quello che è chiamato capitale intellettuale, devono avere lavorato per una solida preparazione nel loro campo specifico, avere esperienza e capacità di giudizio.

Dalla competenza nasce poi la credibilità che porta fiducia e considerazione e quindi impegno e motivazione da parte di chi lavora con il leader

I leader devono poi essere capaci di avere visione, guardando avanti, al futuro, con l’esperienza del passato e la consapevolezza del presente. Visione che io chiamo “a doppia elle”: “di lungo”, ben oltre il breve e oltre il medio termine ma anche “di largo”, che includa differenti prospettive e punti di vista, tenga in considerazione aspettative e bisogni.

INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

Ci sono poi alcuni ingredienti che definirei quasi magici per ispirare e motivare le persone, infondere loro fiducia, voglia di fare e ottimismo: la passione, la gentilezza e il sorriso.

Vediamoli insieme.

Passione vuol dire entusiasmo, fare ciò che si ama, in cui si crede veramente, con tenacia, coraggio e senza mettersi a misurare il contributo. Attraverso la propria passione, il proprio entusiasmo, il leader tocca le corde delle emozioni, suscita emozioni, creando così un legame diverso con le persone che è chiamato a guidare. La passione aiuta a trasformare valori in azioni, visioni in realtà, ostacoli in innovazioni, rischi in opportunità. Non lascia tempo e spazio ai problemi.

Importantissima poi la gentilezza verso gli altri che aiuta il benessere fisico ed emotivo, consolida legami e senso di fiducia. Un leader gentile riesce a creare un clima di lavoro più sereno, apre nuovi canali di comunicazione e in tal modo stimola la creatività e quindi la produttività. Essere gentili, dimostrare attenzione alle persone, “spinge” le persone avanti. Oltre i limiti autoassegnati.

E poi il sorriso e il senso dello humor che permettono di costruire connessioni autentiche, creano senso di benessere e rendono le persone più predisposte alla collaborazione. Tutti sappiamo quanto una risata aiuti il cervello a rilasciare una certa quantità di ormoni che rendono più felici e fiduciose le persone.

Gli scenari in continua evoluzione richiedono poi ai leader di essere aperti, open minded, interconnessi, pronti ad affrontare sfide sempre nuove sviluppando nuove capacità e competenze. Flessibilità, agilità, predisposizione al cambiamento sono parole chiave.

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E in questo contesto occorre mettere in conto anche la possibilità di commettere errori, necessari per progredire e maturare nuove competenze, capacità, esperienze. Un vero e proprio diritto di errore. Per tutti!

Abbiamo oggi bisogno di leadership coraggiose e audaci di sperimentare, di percorrere strade mai battute, che si lasciano “contaminare” da esperienze provenienti da mondi e settori diversi. Leader curiosi. Creativi.

Leader che sanno andare oltre la “paura” dell’insuccesso e che anzi trasformano quella paura in uno stimolo a osare, per migliorarsi, per progredire. Leader che conoscono, comprendono e insegnano il valore dell’insuccesso. Che vedono nell’insuccesso un’occasione di crescita e miglioramento continuo. Perché l’insuccesso è parte del percorso che porta al raggiungimento dei propri obiettivi. Attraverso gli insuccessi, gli errori e gli insegnamenti che si riescono a trarne è possibile promuovere quei cambiamenti

necessari per migliorare e per realizzare tutte le proprie potenzialità. Gli errori, gli insuccessi sono opportunità per perfezionare le proprie competenze e accrescere la propria conoscenza, possono portare a idee innovative. “Sono i portali di nuove scoperte”, come diceva Joyce.

I leader devono poi essere autentici, capaci di dimostrarsi fragili e vulnerabili e quindi umani. Veri esseri umani, come ognuno di noi.

Leader che sono consapevoli e che accettano le proprie imperfezioni e i propri limiti, che sono alla costante ricerca di feedback, che sono quindi in grado di chiedere aiuto e di delegare a compagni di squadra più bravi quelle attività per le quali sanno di non avere le giuste competenze. Che conoscono e credono quindi nella forza della squadra e nell’importanza della sua composizione. Perché non è più il tempo di un solo uomo o una sola donna al comando. I cambiamenti repentini e gli scenari complessi in cui viviamo richiedono ai leader di creare le condizioni affinché le persone siano in grado di rispondere prontamente e in autonomia alle sfide e ai problemi. I leader devono dare la direzione e, al tempo stesso, essere capaci di creare radici e donare ali. Valorizzando le persone e creando ambienti di lavoro aperti e realmente inclusivi, basati sulla cultura del rispetto di tutte le diversità, non solo di genere, ma anche di generazione, di geografia, di formazione professionale, di esperienze, di competenze. Ambienti di lavoro in cui convivono in armonia generazioni diverse e dove ciascuno possa sentirsi apprezzato, rispettato e libero di esprimere il proprio potenziale, le proprie attitudini ed inclinazioni. Più una persona riesce a condividere la propria unicità più quell’ambiente attira talenti. E il talento porta innovazione ed eccellenza.

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L’inclusione è un imperativo di business.

Imprescindibile, poi, la capacità di ascolto che è la prima forma di generosità, di comprensione, di crescita. Ascoltare per entrare in sintonia con le persone, riuscire a gestire situazioni di conflitto, percepire le emozioni non verbali. Ma anche per sapere cosa ci circonda, per sapere dove sono le forze e le debolezze.

Ascoltare per conoscere e comprendere le persone a cui ci si rivolge per anticiparne esigenze e motivazioni.

Perché quando una persona si sente ascoltata, apprezzata, quando sa di poter dare il proprio contributo partecipando liberamente, in un’atmosfera di fiducia, con anche il diritto all’errore, allora si sente a proprio agio e performa di più e meglio.

Le persone felici sono più motivate sul posto di lavoro. Le sensazioni positive sono come un lubrificante dell’efficienza mentale: aiutano a comprendere meglio le informazioni, a pensare in maniera più flessibile, a essere creativi. Predispongono alla collaborazione.

L’infelicità ha un costo! Un costo che paghiamo tutti. Paese, aziende, nuclei familiari.

Fondamentale poi per un leader definire purpose, valori e cultura per ispirare e motivare le proprie persone e creare le condizioni per raggiungere gli obiettivi prefissati senza necessariamente un intervento diretto o un controllo costante.

Il purpose, lo scopo, è il motivo per cui l’azienda esiste - ovvero la consapevolezza di cosa il mondo, la società perderebbero se l’azienda scomparisse dal mercato. Il purpose aiuta le persone a capire il motivo delle

loro azioni e crea senso di appartenenza. I valori danno indicazione di come le cose devono essere fatte, definiscono e dividono i comportamenti giusti da quelli sbagliati.

E infine la cultura, che deve essere allineata a purpose e valori e che definisce come le persone all’interno dell’organizzazione lavorano le une con le altre. Si riferisce a come vengono fatte le cose, le attitudini e i valori che informano e indirizzano i comportamenti. La cultura è come il vento per una barca a vela: è invisibile ma i suoi effetti si possono vedere e sentire facilmente. Se soffia nella giusta direzione la navigazione è facile ma se soffia in maniera contraria, è difficile mantenere la rotta.

Infine, l’importanza di una comunicazione efficace. Autentica, chiara, trasparente. Sia all’interno della propria organizzazione per tenere informate e aggiornate le proprie persone e renderle consapevoli di ciò, sia all’esterno come leva strategica e di business per l’impresa.

La lista è lunghissima ma la soluzione del rebus è facile. Il segreto sta nel guardare a cosa sappiamo portare, a cosa dobbiamo cercare altrove, nella capacità di attrarre e trattenere i talenti perché trovino ambienti di lavoro inclusivi, felici e stimolanti. Gentili.

Insomma, ormai lo sappiamo: si vince solo insieme!

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Gli italiani tra la sindrome di sisifo e la voglia di andare oltre il grigiore

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ENZO RISSO
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La società italiana è sotto i colpi dell’incrociarsi, in successione e in simultanea, di molteplici crisi. Una polifonia convergente, un succedersi senza soluzione di continuità di stati di crisi. Dal Covid alla crisi climatica; dall’aumento dei costi dell’energia alla corsa dell’inflazione; dal rombo dei cannoni all’accentuarsi delle tensioni tra globale e locale; dall’evoluzione tecnologica, con l’affermarsi della robotica e dell’intelligenza artificiale, alla crisi delle identità contemporanee e il suo portato di ripiegamento nostalgico; dall’aumento del costo del denaro e dei mutui, al riesplodere dei rischi nel mondo bancario - la Silicon Valley Bank ha aperto le danze e subito dopo è arrivato Credit Suisse. La polifonia di crisi genera uno stato di tensione costante, un susseguirsi e sovrapporsi di fattori di pressione che

inducono le persone a un incessante sforzo di adattamento e ridisegno delle proprie prospettive, senza la certezza di vie d’uscita. Una dinamica avvolgente in cui le persone vivono in una sorta di sindrome di Sisifo, in cui speranza di luce e nuvole all’orizzonte si rincorrono in un incedere randomico che riduce le possibilità di progettazione e di visione di lungo periodo e che fa ripiombare le persone sull’istante, sulla necessità di cogliere il momento, di godere l’attimo.

LE FRATTURE SOCIALI

Le dinamiche in atto nelle viscere della società italiana sono marcate da segnali e fattori spesso contrapposti e ossimorici. In crescita, in primo luogo, risultano le fratture sociali.

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Solo il 5% del Paese guarda al futuro con ottimismo e sente la propria posizione sociale ed economica in miglioramento. Le prospettive, tuttavia, non sono distribuite in modo omogeneo. A fronte di un 10% del ceto medio che prevede un quadro in ulteriore miglioramento, fa riscontro nei ceti popolari solo l’1%. Di contro la quota della popolazione che prevede una diminuzione del proprio status ammonta al 34%. Anche in questo caso il trend non è omogeneo e a fronte di un 9% del ceto medio che ipotizza una riduzione delle proprie possibilità economiche, nei ceti popolari il calo ulteriore è previsto dal 34%. L’ascensore sociale appare attivo solo per i ceti benestanti, mentre per i ceti popolari e medio-bassi è in funzione solo lo scivolo sociale.

LE DINAMICHE IN CORSO

Il quadro delle spinte e controspinte che agiscono nella realtà mostrano una società italiana che non è ripiegata, prona di fronte

al futuro. Nuovi impulsi crescono. La crisi inflattiva e il caro energia sospingono le persone a essere sempre più attente a quanto spendono (43%), a considerare lo spreco una perdita e non più un mero effetto collaterale del consumismo. Mentre la parsimonia si afferma come modello esistenziale quotidiano, le persone ricercano sempre di più un lavoro che le faccia sentire realizzate (88%). Una spinta ben evidente in quei oltre due milioni di persone che hanno lasciato il lavoro lo scorso anno. Il tempo, lo spazio per sé e per le proprie aspirazioni, è divenuto sempre più un bene prezioso e per il 72% dell’opinione pubblica oggi il tempo è il vero lusso. Di fronte all’incedere delle crisi e alla sindrome di Sisifo, crescono le spinte nostalgiche. Nostalgici che ruotano intorno all’idea idilliaca di un mondo di ieri migliore di quello di oggi (62%). Infine, cresce la voglia di leggerezza (25%), la voglia di riprendersi la vita, il desiderio di lasciarsi tutte le preoccupazioni alle spalle e divertirsi.

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GLI EFFETTI SUI COMPORTAMENTI DI CONSUMO

La complessità della situazione incide in varie forme e a vario titolo sulle dinamiche di consumo delle persone. Se da un lato la scure dell’austerity si abbatte sulle scelte di consumo con riduzioni, tagli e forme di resistenza all’inflazione, dall’altro lato ci troviamo di fronte a driver di acquisto compositi, che riflettono il complesso delle dinamiche che vanno a comporre una stella a cinque punte. Al vertice della stella c’è la convenienza, l’attenzione ai prezzi dei prodotti, la ricerca di sconti e offerte che coinvolge il 90% dei consumatori.

Al secondo posto troviamo l’incedere della nostalgia, con la sua spinta all’autenticità e alla tipicità. La ricerca di italianità (85%), di provenienza e origine certificata (81%), di tipicità dei prodotti, di local e genius loci (76%) sono costanti che continuano a contraddistinguere le scelte.

La terza punta è quella del ben-essere, del bisogno di cura di sé. L’attenzione è rivolta ai valori nutrizionali (73%) e alla ricerca di prodotti che garantiscano salute e naturalezza (70%).

La quarta punta è quella dell’ecologicità. La crisi ambientale non è affatto passata di mente ai cittadini; nonostante il caro prezzi, resta alta l’attenzione al biologico (59%), alla sostenibilità ambientale delle produzioni (71%) e alle forme di confezionamento (65%).

Ultimo driver: il valore del brand e della novità. In una fase di crisi le marche soffrono per i loro prezzi, ma ciononostante restano un emblema di garanzia, di senso di ben vivere, di posizione sociale, di aspirazione. La marca permane un valore per il 65% degli italiani, mentre cresce anche il livello di apprezzamento e fiducia verso le private label delle catene della GDO (61%). La novità, il prodotto nuovo, non perde il suo

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fascino e agisce come fonte di aspirazione di acquisto per il 59% dei consumatori. Nonostante la crisi, anzi, è in crescita sia il numero dei consumatori che adora esibire i propri acquisti sui social (26%), sia quanti fanno acquisti per avere la stima degli altri (41%).

MUTAMENTI DI PARADIGMI DI CONSUMO

Siamo in una fase di transizione permanente. Segnali di cambiamento e contraddizioni, spinte positive e frenate regressive si muovono dialetticamente nella realtà, generando alcuni tracciati in divenire, alcune traiettorie che caratterizzano il mood attuale e che sembrano destinate a durare per un po’.

1. Oltre il grigiore. È la voglia di uscire e riprendersi la vita, di scrollarsi di dosso dimensioni obsolete e il senso di oppressione delle troppe crisi. La fluidità è diventata il must. Colori, vivacità e audacia sono i leit motiv.

2. Parsimoniosità. Il senso del risparmio si è espanso oltre la necessità ed è divenuto un obiettivo in sé. È ricerca di una qualità accessibile in tempi di incertezza; di una qualità a un prezzo clemente. È

attenzione allo spreco e la propensione a fare scelte che fanno sentire le persone di essere e fare la cosa giusta.

3. Nostalgia dei momenti spensierati. In essa troviamo l’attenzione alla genuinità, all’origine (con preferenza al local e al Km 0). In essa il bisogno di autenticità si lega a un orientamento tradizional-classico, al ritorno a un passato immaginifico, a comunità immaginate.

4. Nidificazione. Casa dolce nido. Il bisogno di nuovi elementi di comfort. La ricerca di relax e di spazi ospitali e invitanti, in cui riaccoccolarsi, in cui trovare salde mura che isolano dall’esterno.

5. Investire in passioni ed emozionalità. La spinta edonistica, il bisogno di realizzare le proprie passioni e aspirazioni. È la ricerca di un po’ di leggerezza e piacere, non solo per sfuggire al peso della realtà, ma per dare soddisfazioni a sé stessi. Se i soldi non sono tanti, le possibilità non sono infinite, occorre cercare prodotti e attività che accarezzino l’animo, che appaghino il proprio essere. I brand, le marche sono un sussulto di gioia, sono garanzia di valore e qualità, mantengono la loro potenza evocativa, ma incappano nella costosità.

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6. Ricerca di applausi. Il gusto di mettersi in mostra, della ricerca di ammirazione per il proprio modo di essere e fare, per le cose che si comprano e si mettono in scena.

7. Green-salutismo. Salubrità e green marcianosemprepiùinsieme.L’attenzione è concentrata sulla naturalezza, sulla sostenibilità e sull’essere ben informati sui prodotti, sui componenti, sulle caratteristiche strutturanti.

8. Impegno umanistico per le imprese. Le spinte verso nuove dimensioni relazionali, verso nuovi legami comunitari, nuove forme di solidarietà, condivisione e mutualismo, mettono sotto la lente i comportamenti delle aziende. Non basta declarare il proprio purpose, non è sufficiente l’impegno verso la sostenibilità, le imprese sono chiamate a essere parte attiva della ripresa, del

cambiamento atteso. Alle aziende è richiesto un passo in più, dal purpose al sense providing, alla infrastrutturazione della società, a essere parti attive della comunità di domani.

9. Green-local. Il tema del green, del bio, della sostenibilità è sempre più connesso al local, alla comunità atavica, al genius loci. Esso è il risultato di una congiunzione elettiva tra locale, naturale, artigianale e genuino.

10. New shopping experience. L’aumento dei prezzi riduce gli spazi di acquisto e fa crescere il bisogno di emozionalità non solo verso i prodotti, ma anche verso il processo di acquisto. Le persone, che hanno meno possibilità di comprare, vogliono continuare a vivere l’esperienza dello shopping e dalla spesa come un momento di piacere e non come una corsa ad ostacoli tra rinunce e il non posso permettermelo.

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Enzo Risso INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

Combattere il cancro: un approccio multidisciplinare al futuro

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APPROFONDISCI MAURIZIO SCALTRITI

Ogni tumore è una patologia genetica: quando una cellula si divide, trascrive il proprio materiale genetico nella “figlia”. Se la duplicazione del DNA è imperfetta, c’è il rischio che la nuova cellula accumuli alterazioni genetiche, che i meccanismi che ne controllano la proliferazione vengano scardinati e che diventi maligna.

Tra forme benigne (tumore) e forme maligne (cancro) classifichiamo circa 200 tipi di patologie. Ciascun tipo può poi presentare caratteristiche specifichetalvolta uniche - del singolo paziente capaci di determinare l’aggressività della malattia, la resistenza a certi trattamenti e la sensibilità ad altri.

“Your cancer is unique” è il claim di una grande azienda biochimica, ed è vero: ogni cancro, di ogni singolo paziente, è unico.

Appare dunque evidente perché ancora non abbiamo “la cura universale” per il cancro: dovremmo disporre non solo della cura per 200 malattie diverse ma anche per ogni variante caratterizzata da alterazioni molecolari - genetiche, proteiche - su base individuale. Eppure, i passi compiuti dalla scienza negli ultimi anni sono significativi e le prospettive entusiasmanti in tutti i contesti della lotta al cancro: prevenzione, diagnosi e trattamento.

PREVENZIONE

Per prevenzione si intende innanzitutto creare la cultura di stili di vita sani che minimizzino i fattori predisponenti come fumo, alcol, obesità. Significa anche diffondere consapevolezza, fiducia e buone prassi sugli strumenti preventivi già implementati: il vaccino contro il papillomavirus, lo screening per la prevenzione del tumore del colon-retto,

INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

gli screening femminili per i tumori al seno e al collo dell’utero (PAP Test).

DIAGNOSI

Quanto alla diagnosi, negli ultimi anni la tecnologia ci ha concesso di sequenziare su larga scala il DNA tumorale per individuare quelle anomalie molecolari che rappresentano punti deboli, da sfruttare, o punti di forza, da aggirare, della patologia. Il tumore della mammella, un tempo considerato un unicum, è oggi distinto in tre patologie, ciascuna con linee di trattamento specifiche. La percentuale di guarigioni è passata da circa il 70% a più del 90% in pochi decenni. Inoltre, diagnostiche molecolari come l’analisi genetica NGS o l’analisi proteomica ci consentono di rilevare eventuali anomalie espresse dalla malattia su base individuale, una conoscenza che può indirizzare le scelte terapeutiche e determinare aspettativa e qualità di vita dei pazienti. Il futuro promette analisi molecolari capaci di intercettare le recidive di malattia prima che siano rilevabili a qualsiasi altra diagnostica consolidata (TAC, PET, RMI). Più avanti, ma non troppo, riusciremo a fare altrettanto con l’insorgenza di ogni tumore, ossia diagnosticarlo prima che acquisisca il carattere di patologia conclamata e direttamente osservabile.

TRATTAMENTO

Passando infine ai trattamenti, i risultati raggiunti sono eclatanti. Se fino a pochi decenni fa contavamo esclusivamente su chemioterapia e radioterapia, oggi stiamo liberando la potenza delle cosiddette terapie mirate (o a bersaglio molecolare) e dell’immunoterapia. Gli anticorpi coniugati (ADC) individuano le cellule tumorali per eliminarle selettivamente. L’immunoterapia risveglia e addestra il

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sistema immunitario perché sia più efficace nel riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Le combinazioni di farmaci sfruttano le debolezze della patologia e ne aggirano le resistenze.

LA RICERCA TRASLAZIONALE

Se è vero che non abbiamo la cura universale per il cancro, è altrettanto vero che i progressi di scienza e tecnologia disegnano una chiara accelerazione. Il merito va anche a un nuovo approccio interdisciplinare e altamente collaborativo, la ricerca traslazionale, capace di creare un canale bidirezionale tra due contesti storicamente separati: la ricerca di base, che mira a creare conoscenza, e la pratica clinica, che mira alla salute del paziente. Tutto ciò è possibile nel segno dell’approccio che abbiamo definito come interdisciplinare e collaborativo: in tal caso il team di medicina traslazionale è composto da ricercatori, da clinici, ma anche da esperti di biologia molecolare, chimica, patologia, bioinformatica, farmacologia. La sinergia tra differenti e complementari competenze innesca un ciclo virtuoso in cui la ricerca fornisce strumenti alla Clinica e i feedback della Clinica danno nuovi spunti alla Ricerca.

Un simile approccio è alla base dei Molecular Tumor Board, unità attive in numerose regioni italiane in cui team multidisciplinari dalle competenze diversificate gestiscono pazienti selezionati in base a criteri medico-clinici. Simili iniziative interpretano di fatto il concetto di una medicina personalizzata orientata più alla singolarità della patologia del paziente che all’implementazione di lineeguida basate su classificazioni prestabilite.

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UN FUTURO DI SINERGIA TRA PUBBLICO E PRIVATO?

Il che ci conduce all’ultimo punto: è evidente che un Servizio Sanitario Nazionale universale deve attuare il proprio mandato attraverso protocolli validati, efficaci ma anche economicamente sostenibili. Anche per questo esistono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e lo Standard of Care (SoC). Nel contempo, sebbene la medicina personalizzata sia un approccio promettente e forse necessario, risulta difficile da compendiare con i sacrosanti vincoli di un Sistema Sanitario Nazionale universale. Si creano così nicchie - talvolta geografiche, talvolta di opportunità - in cui il comparto privatistico può fornire prestazioni con un livello di accuratezza altrimenti non sostenibile.

Inoltre, l’implementazione su scala nazionale di strumenti innovativi è talvolta rallentata da cautele attuative necessarie alla scala di applicazione. Entità privatistiche potrebbero dunque porsi come attuatori di innovazione scientifica in armonia con le strutture pubbliche a cui garantire dati e riscontri utili per aggiornare i protocolli del pubblico.

È proprio perché esistono queste nicchie di intervento, a mio avviso importanti, che nel 2017 ho fondato, insieme a Giorgio Pasetto, Medendi (www.medendi.org), una società che dispone di un Comitato Scientifico di rilevanza internazionale e si pone come un ponte verso soluzioni diagnostiche innovative e approfondite al servizio di pazienti e di oncologi.

PER CONCLUDERE

I numerosi traguardi già raggiunti, e un orizzonte costellato di opportunità e vicine frontiere, disegnano un panorama

INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

dell’oncologia ricco di speranza e di fondate aspettative. Tutto ciò è merito di una chiara evoluzione della scienza verso modelli multidisciplinari, collaborativi, altamente integrati che esprimono al meglio il potenziale di virtuose sinergie e di limpida comunione d’intenti.

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Nel mondo del management consulting da 45 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

AUTORI
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CLAUDIA PARZANI

Claudia Parzani, avvocato, è partner di Linklaters, Presidente di Borsa Italiana e Vice Presidente de Il Sole 24 Ore spa. È inoltre Vice Presidente del gruppo italiano della Commissione Trilaterale.

Appassionata di inclusione e di temi sociali, è stata Presidente di Valore D e oggi è membro dell’organo consultivo di UNHCR Italia; siede nel Comitato Scientifico di Parks - Liberi e Uguali e presiede il

Consiglio Strategico della Fondazione Italia per il dono onlus – F.I.Do. È inoltre fondatrice di Breakfast@Linklaters e ambasciatrice per l’Italia della campagna internazionale “Inspiring Girls”.

É autrice di “Meravigliose.Tour guidato all’interno di noi stesse”, scritto con l’attrice e autrice teatrale Francesca Isola incentrato sui temi di genere e sul talento e più di recente ha pubblicato per

Garzanti, insieme a Sandro Catani, consulente e saggista, “Si vince solo insieme” che sottolinea il valore di diversità, sostenibilità e capitale umano per qualsiasi organizzazione.

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ENZO RISSO

realizzato per Ivrea

con il prof. Andrea Segrè l’osservatorio internazionale sullo spreco alimentate Waste Watcher. Ha pubblicato molteplici

volumi di analisi sociale, politica e valoriale; solo per citare gli ultimi:

“Il consumatore narratore si sé, L’immaginario collettivo e il suo ruolo nelle scelte di consumo” (Guerini & associati, 2023); “Lo

spreco alimentare in Italia e nel mondo. Quanto, cosa e perché. I rapporti dell’Osservatorio

Waste Watcher

International 20222023 ” (con Andrea Segré, Castelvecchi 2023); “Elezioni e partiti nell’Italia

Repubblicana” (con P. Ignazi e S. Wellhofer, Il Mulino 2022);

“Oltre il Rancore. Viaggio nel ceto medio” (Rubbettino 2021).

AUTORI
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Classe 1973, laurea a Bologna e dottorato tra Modena e York, si trasferisce a Barcellona come ricercatore postdoc sotto il coordinamento di José Baselga.

Nel 2010 è al Mass General Hospital

MAURIZIO SCALTRITI

(Boston) e nel 2013 passa al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York dove, nel 2016, è Associate Director of Translational Science e dirige il proprio laboratorio di ricerca. Nel 2020 accetta la proposta

di AstraZeneca presso cui, oggi, è Vice President of Translational Medicine, Early Oncology, Oncology R&D.

È esperto internazionale di terapie a bersaglio molecolare e di

scienza traslazionale: il suo lavoro si concentra sul colmare il divario tra la Clinica e il Laboratorio. Più di 150 pubblicazioni peer-reviewd e oltre 20.000 citazioni ne testimoniano le fondamentali scoperte nell’ambito

della resistenza farmacologica nelle terapie anti-HER2 e degli inibitori di PI3K nel carcinoma mammario.

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DIDA

img: wikipedia.org
Cristo morto Andrea Mantegna
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470-1474 circa o 1483 circa

Perché Rivoluzione Positiva?

Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

MANIFESTO

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i

presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro

modo di pensare e, quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci

rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

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Oggi chi non si ferma a guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare,

di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali

di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si

uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

STUDIO BETTINARDI BOVINA DOTTORI COMMERCIALISTI E REVISORI CONTABILI
STUDIO BETTINARDI BOVINA Dottori Commercialisti e Revisori Contabili Galleria Unione, 1 - 20122 MILANO, ITALIA Tel: +39 02 805 804 210 - Fax: +39 02 936 602 65 Via Bacchini Delle Palme, 1 - 37016 GARDA, ITALIA Tel: +39 04 562 703 11 studio@studiobettinardibovina.it
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PREGATO DI INVIARE UNA EMAIL A INFO@RIVOLUZIONEPOSITIVA.COM 32
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Ci danno il loro supporto:

Deltavalore Progetti per l’innovazione del comportamento mobile 335.6052212

info@rivoluzionepositiva.com

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Applicazioni web based mobile 329-2115448

tommasocrippa@tamberlow.com

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È ENTRATA IN FUNZIONE LA PALESTRA DEL COMPORTAMENTO!

Chi desidera allenarsi scriva a fabrizio.favini@fastwebnet.it

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