

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UNA ENORME OPPORTUNITÀ,
SE GESTITA IN MODO RESPONSABILE
Non dobbiamo temere una tecnologia, ossia una espressione del talento umano. Il problema, viceversa, siamo noi, umani. Infatti, ogni abuso di questa tecnologia è imputabile al nostro latitante o inadeguato senso di responsabilità.
Non dobbiamo dimenticare che il senso di responsabilità nasce dalla consapevolezza di noi stessi: senza consapevolezza non esiste
comportamento responsabile: è inutile tergiversare su questo dato di fatto!
Se finalmente diventiamo consapevoli di ciò, i problemi, tanti problemi, li possiamo risolvere.
Fabrizio Favini
PROGETTO
Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.
Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta
avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.
Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,
confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.
Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore
di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!
Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!
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IL NOSTRO PERCORSO
L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.
Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.
E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.
Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci
limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.
Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.
rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
BENVENUTI A BORDO!
INDICE
22 06 16 12
FABRIZIO FAVINI
Esperto di innovazione del comportamento
Dobbiamo ridurre l’abbandono
scolastico dei nostri Giovani!
CARLO BUONTEMPO
FRANCO DE MASI
GIANFRANCO MINUTOLO
Direttore servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus
Il clima che cambia: dalla consapevolezza all’adattamento
pg. 28 Autori
pg. 32 Manifesto
Psichiatra, psicoanalista, saggista
No smartphone. Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti
Esperto di networking I robot non sanno fare networking (per adesso)
Progetto arcobaleno (*)

Dobbiamo ridurre l’abbandono scolastico dei nostri giovani!
(*) “Non troverai mai arcobaleni se guardi in basso”. Charlie Chaplin
VIVIAMO IN UN CONTESTO
SOCIALE SEMPRE PIÙ
COMPLICATO
In questi ultimi 20 anni si è accentuata la complessità sociale, con crescenti e critiche conseguenze: clima contrappositivo, tensioni, isolamento, esclusione –soprattutto a carico dei segmenti giovanili. Il tutto deriva da una serie di cause che possiamo così sintetizzare:
• negli ultimi 20 anni è stata progressivamente avviata una formazione scolastica come mai in passato, ma non è stata impostata in modo innovativo ed efficace. Ciò ha portato ad una pesante conseguenza: una formazione inadeguata con frequente interruzione degli studi da parte degli Studenti, creando conseguenze sociali complesse: giovani che si erano illusi di poter raggiungere ruoli sociali interessanti e che, invece, per mancanza di una soddisfacente istruzione sono caduti nel precariato cominciando a generare climi sociali contrappositivi;
• negli ultimi 5 anni, poi, queste complessità si sono aggravate a causa di eventi che hanno avuto conseguenze soprattutto sui segmenti giovanili che già vivevano in condizioni di disagio, come ad esempio il lockdown a seguito della pandemia, che ha sottratto relazionalità fisica, proprio nel momento in cui era fondamentale per la propria formazione.
La responsabilità del disagio è da attribuire anche all’inadeguato contributo della formazione scolastica: i Giovani non portano a termine la loro istruzione soprattutto
perché la Scuola è severa, non coinvolgente, non attraente, non gratificante, dato che non contribuisce con una formazione completa, abilitante ed innovativa.
E’ una Formazione popolata da Insegnanti interessati più alle loro materie che all’efficacia della loro docenza; essi sono incapaci di coinvolgere ed appassionare gli Studenti anche perché non tengono conto delle loro peculiarità ed esigenze e, quindi, della necessità di adattare e personalizzare il rapporto interpersonale.
Due sono i pilastri formativi che la Scuola deve oggi trasmettere:
1. sviluppare intelligenza critica ed intelligenza emotiva
2. sviluppare senso sociale, cioè l’aspetto più umano: vita relazionale, rispetto degli altri, correttezza, etica, coinvolgimento reciproco, collaborazione, …
ALCUNI DATI SU CUI RIFLETTERE:
in Italia il 20% dei Giovani tra i 15 e i 34 anni NON completa il ciclo di istruzione media superiore. Impatto sull’occupazione: solo il 57% dei 25-34enni senza diploma di maturità trova lavoro
il 27% della popolazione tra i 25 e i 64 anni non diplomata guadagna la metà/meno della metà del reddito medio
dei 5,9 milioni di Italiani che oggi vivono stabilmente all’estero, 2,6 milioni - il 44% - sono costituiti da Giovani tra i 18 ed i 34 anni (Rapporto Censis 2023)
più del 75% degli Studenti vive la Scuola come stressante e priva di fascino
il 44% ha dichiarato di sentirsi del tutto non considerato. Ne consegue che solo ¼ decide di proseguire con gli studi universitari.
Viceversa, l’attuale Formazione sviluppa solo capacità critica fine a se stessa e centrata su di sé, trascurando l’aspetto umano, ad iniziare dalla buona relazionalità con gli altri.
Tutto ciò ha portato, e continua a portare, verso logiche di contrapposizione, con
conseguenti depressioni e sofferenze generando nel futuro contesto lavorativo isolamento, distanza, insoddisfazione, insicurezza, indifferenza, individualismo.
Peraltro questa situazione critica sta aumentando, alimentando anche disturbi mentali che sono in netta crescita. Secondo una ricerca di Fondazione Cariplo, in Lombardia ci sono 253mila giovani con la salute mentale a rischio.
Bisogna urgentemente provvedere con una logica formativa decisamente orientata allo Studente per aiutarlo a superare le difficoltà, trovare fiducia in se stesso, incentivandolo a completare la formazione, mai dimenticando che tutte le forme di vita, umana e professionali, si basano su una relazionalità attiva, diffusa, positiva.
Ma per preparare lo Studente ad una vita sociale interessante e gratificante è necessario coinvolgerlo con momenti formativi che lo inducano a partecipare, ad essere attore protagonista e collaborativo in un contesto sociale col quale intende interagire e contribuire, senza alcuna contrapposizione.
Evidentemente una fondamentale condizione che deve essere soddisfatta è che questa integrazione della Formazione sia gestita da Docenti in grado di applicare con successo e continuità questi valori.
SERVE PERTANTO UNA
NUOVA FORMAZIONE
Ci si deve porre l’obiettivo di abilitare individui equipaggiati per vivere una vita equilibrata e soddisfacente, dai riscontri positivi in tutte le espressioni di vita, anche e soprattutto professionale.
Sono tanti gli obiettivi da raggiungere, attualmente ancora molto lontani.
Parliamo di obiettivi che completano la propria istruzione, come ad esempio:
• favorire l’autostima, la fiducia in se stessi
• stimolare lo sviluppo cognitivo
• promuovere il ragionamento logico
• sviluppare il pensiero critico costruttivo
ma anche di obiettivi decisamente innovativi che diano spazio all’aspetto umano e relazionale, come ad esempio:
• promuovere la cultura del lavoro di gruppo e lo sviluppo empatico verso gli altri
• promuovere le abilità sociali e la consapevolezza per gli altri
• favorire le logiche di inclusione e di collaborazione.
Sono tutti risultati che possono essere ottenuti tramite tecniche di coinvolgimento dove ci siano stimoli giudicati interessanti e coinvolgenti - veicolati da Docenti orientati agli Studenti - e che in qualche modo li rendano protagonisti, con ritorni ritenuti interessanti, soddisfacenti, gradevoli e vincenti.
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COME RAGGIUNGERE
QUESTI RISULTATI
Sono necessari importanti interventi abilitanti dell’attuale sistema di docenza, che aggiungano fondamentali elementi di trasmissione e di attrattività che rendano la Scuola attraente, coinvolgente e quindi desiderabile.
Peròlaprobabilitàdiraggiungereconcretamente questi obiettivi è molto modesta, tenendo conto sia che i tempi richiesti per rifondare il tutto non sarebbero brevi, sia del fatto che il Sistema Politico – molto orientato a decisioni che forniscano ritorni di breve periodo – non sarebbe affatto favorevole a prendere ora decisioni i cui benefici non fossero propri ma che dovessero ricadere su altre entità politiche.
Tuttavia l’esigenza è troppo importante e urgente perché possa essere abbandonata o rinviata.
Quindi, se il Sistema Politico non riesce ad essere di supporto, il Sistema Economico può essere di determinante aiuto.
E questa è una opportunità molto interessante per il Sistema Economico perché le nostre Aziende, attraverso l’organizzazione ed il sostegno di interventi adeguativi e abilitanti, potrebbero riscuotere riconoscimenti sociali di grandissima rilevanza con – ovviamente –importanti ritorni in fatto di gratitudine, immagine, reputazione, consenso e, quindi, di attrattività per i propri prodotti/servizi.
Non potendo quindi noi intervenire sulla rifondazione della Scuola, le nostre Aziende potrebbero supportare lo sviluppo di attività complementari di elevato valore:
• Formazione Docenti: organizzare e avviare iniziative con l’obiettivo di fare in modo che gli Insegnanti interpretino il proprio ruolo non solo di esperti nella propria materia ma anche di Docenti abilitati nel senso più ampio possibile, riuscendo ad attirare l’attenzione ed il coinvolgimento dei Giovani nel modo più proficuo, consistente e duraturo. L’obiettivo è di stimolare nei Giovani lo sviluppo delle risorse intellettuali più importanti, fondamentali per la vita sociale: l’intelligenza emotiva e la relazionalità positiva, consapevole e diffusa.
Come si accennava in precedenza, il coinvolgimento organizzativo di queste attività, da parte di una Azienda o di un pool di Aziende Sponsor, porterebbe sicuramente ad un forte ritorno di immagine. In altri termini, si tratta di iniziative con anche forti
ritorni di business per le Aziende Sponsor.
Stanti queste premesse, assieme alla Graduate School of Management del Politecnico di Milano stiamo progettando l’Academy finalizzata ad avviare un programma di abilitazione a base di Intelligenza Emotiva a beneficio dei numerosi Docenti/Professori sprovvisti di adeguato equipaggiamento mentale nella gestione del rapporto interpersonale coi loro Studenti.
Dati gli straordinari obiettivi del Progetto Arcobaleno, vi terremo al corrente dei suoi più significativi sviluppi.
Fabrizio Favini e Remo Lucchi

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UNA ENORME OPPORTUNITÀ, SE GESTITA IN MODO RESPONSABILE
Il clima che cambia: dalla consapevolezza all’adattamento
Un pomeriggio di maggio, prima ondata di calore dell’anno: nel cuore dell’Europa, il termometro supera i 35 gradi. Non è un record assoluto, ma non dovrebbe succedere così presto. In un altro angolo del continente, le piogge torrenziali allagano campagne e città. Scene come queste, sempre più frequenti, non appartengono più a un futuro ipotetico: sono la nuova realtà. Anche se è importante non fare di tutta l’erba un fascio - e ogni evento estremo ha una sua storia che può non dipendere necessariamente dal cambiamento climatico - è vero che ci troviamo ad affrontare minacce medio-ambientali associate a eventi spesso più estremi di quelli storici. In questo senso il cambiamento climatico non è più una minaccia da prevenire, piuttosto è un presente da analizzare, capire e affrontare.
In pochi anni, siamo passati dal parlare di scenari futuri a fare necessariamente i conti con conseguenze tangibili. Di fronte a questa trasformazione, una consapevolezza sta emergendo con forza: al netto delle nostre scelte in tema di mitigazione (riduzione delle emissioni) dobbiamo rapidamente imparare a confrontarci con un clima che è fondamentalmente differente da quello che ha caratterizzato l’evoluzione della nostra civiltà.
Per decenni, la comunità scientifica ha lanciato allarmi su quello che sarebbe successo se avessimo continuato a emettere gas serra nell’atmosfera. Oggi, quelle previsioni sono diventati cronaca. Dal 2023, il mondo ha superato in modo ricorrente la soglia simbolica di +1.5ºC rispetto all’era preindustriale fino a rendere il 2024 il primo anno a superare questa soglia psicologicamente importante. Non si tratta ancora del superamento definitivo previsto dagli accordi di Parigi, che prevede una media su almeno 20 anni, ma è un chiaro avvicinamento a quella soglia che verosimilmente potrebbe essere superata
INTELLIGENZA
prima della fine di questo decennio.
L’atmosfera è più calda, l’energia in eccesso si accumula negli oceani che si espandono, i ghiacciai si ritirano. Come ha sottolineato l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), ogni decimale in più aumenta la frequenza e/o l’intensità di eventi estremi come ondate di calore, incendi, alluvioni, siccità. La crisi climatica non è un evento improvviso, ma una pressione costante e crescente che cambia il nostro profilo di rischio in modi spesso prevedibili.
Sfortunatamente non ci sono aree sicure ma diverse regioni sono esposte in modo diverso ai rischi associati a questa progressiva modifica del clima. Le regioni mediterranee, per esempio, stanno vivendo estati sempre più torride e inverni più secchi e non si prevede un cambio di tendenza nel prossimo futuro, anzi!
Il Nord Europa sperimenta invece piogge intense e allagamenti sempre più frequenti. In Italia, nel 2023, oltre il 30% del territorio è stato interessato da condizioni di siccità severa o estrema, secondo i dati Copernicus. Nel 2024, l’Europa - non solo Valencia - ha assistito alle alluvioni più estese dell’ultimo decennio coinvolgendo in momenti diversi l’arco alpino orientale, l’Italia e la Spagna.
Vale la pena di sottolineare come la variabilità climatica sia sempre esistita e questo è uno dei motivi per cui è stato per molto tempo difficile determinare una tendenza climatica chiara. Oggi però si può notare una tendenza chiara in molte delle variabili climatiche e l’aumento nella frequenza e/o intensità di molti fenomeni estremi sta mettendo a dura prova le nostre capacità di risposta. Ciò che un tempo era eccezionale, oggi diventa abituale. E questo sposta la soglia della nostra normalità.
Parlare di adattamento al cambiamento
climatico suscita spesso la sensazione di resa. Ma adattarsi non vuol dire arrendersi, né tanto meno rinunciare a combattere il riscaldamento globale. Significa prendere atto della realtà e ridurre i danni, proteggere le persone e i territori, rendere le nostre comunità più resilienti. L’adattamento in questo senso può essere considerato come la risposta naturale alla necessaria presa di consapevolezza del contesto climatico in cui ci troviamo a vivere ed operare.
È lo stesso spirito con cui si costruiscono argini per contenere un fiume in piena: non siamo in grado di fermare il flusso d’acqua, ma possiamo gestire il rischio ed evitare che l’inondazione devasti tutto.
L’adattamento è una forma di intelligenza collettiva, che si basa sulla conoscenza, sull’analisi impietosa dei dati, ma anche sulla memoria storica e sull’innovazione.
L’adattamento può assumere forme molto diverse. Nelle città, può voler dire piantare più alberi, ridurre la cementificazione delle superfici, creare spazi d’ombra, ripensare la gestione delle acque piovane. In agricoltura, può voler dire scegliere varietà più resistenti alla siccità, introdurre tecniche di irrigazione efficienti, o diversificare le colture.
Le infrastrutture devono essere progettate tenendo conto di eventi sempre più estremi: ponti, reti elettriche, ospedali e scuole devono poter resistere a condizioni che prima non erano previste. Anche i sistemi sanitari devono prepararsi a gestire gli effetti delle ondate di calore sulla nostra salute. È davvero difficile fare un sommario esaustivo delle strategie di adattamento perché, per essere efficaci, queste devono essere determinate a livello locale, settore per settore, coinvolgendo gli attori principali.
Ma questo, che potrebbe sembrare un fattore limitante, in realtà può essere
considerato un vantaggio. A differenza della mitigazione, che può solo funzionare attraverso un accordo globale vincolante, l’adattamento può essere unilaterale e locale. E il ritorno sull’investimento iniziale è spesso più facilmente contabilizzabile.
Strumenti decisionali basati su dati climatici solidi e aggiornati si stanno diffondendo in Europa e fuori da essa. I servizi climatici, come quelli offerti dal programma Copernicus della Commissione Europea, forniscono previsioni stagionali, scenari futuri ed informazioni essenziali per pianificare in modo efficace e razionale. Adattarsi significa trasformare dati e conoscenza in azioni concrete.
Non si tratta solo di ingegneria o tecnologia. L’adattamento richiede infatti una trasformazione culturale.
Dobbiamo ripensare il nostro rapporto con il rischio, con la natura, con il tempo. Riconoscere i limiti e le vulnerabilità delle nostre società non come segni di debolezza, ma come punti da cui partire per costruire un futuro più solido.
Serve anche valorizzare i saperi locali, la memoria delle comunità, la capacità di trovare soluzioni nate dall’esperienza e dal buon senso. Ma questa conoscenza storica deve essere riadattata al nuovo contesto in cui operiamo perché il passato già ora non è più una buona guida per rischi ambientali che ci troveremo ad affrontare nel futuro. L’adattamento è un esercizio di umiltà e di responsabilità.
Parlare di adattamento non significa rinunciare alla mitigazione. Al contrario, ogni grado di riscaldamento evitato rende più facile l’adattamento. Le due strategie devono camminare insieme: agire oggi per ridurre le emissioni, e al tempo stesso prepararsi a vivere in un mondo più caldo.
Il futuro non è scritto. Nonostante tutto, siamo ancora in tempo per scegliere. E ogni scelta conta.
Il clima cambia. Ma possiamo cambiare anche noi. L’adattamento non è la fine della storia: è l’inizio di una nuova forma di coesistenza con il nostro pianeta.
Carlo Buontempo
No smartphone
Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti
Il libro NO Smartphone. Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti, pubblicato il 3 giugno 2025, è una riflessione profonda e critica sull’impatto dell’uso eccessivo degli smartphone sulla salute mentale dei più giovani.
Franco De Masi ci guida nella complessità di una realtà in cui la tecnologia gioca un ruolo centrale nelle vite degli adolescenti, mettendo in luce i rischi e le insidie che ne derivano.
NO Smartphone si propone come un importante strumento di riflessione ed una guida per genitori, educatori e ragazzi, in un’epoca caratterizzata da continui cambiamenti e sfide globali. L’autore offre anche raccomandazioni pratiche per genitori e educatori, suggerendo di limitare l’accesso dei più piccoli a dispositivi senza l’ingresso sui social, incoraggiando l’uso di cellulari semplici e creando spazi per una
comunicazione autentica. Insiste quindi sull’importanza della presenza di adulti capaci di mediare e guidare i giovani in un uso responsabile della tecnologia.
Il libro si compone di 4 sezioni principali: *L’incanto della tecnologia*, *Normalità e patologia nella rete*, *Un mondo alternativo*, e *Verso un futuro responsabile*.
Ognuna di queste parti esplora in modo critico come l’interazione con il mondo virtuale possa disturbare lo sviluppo psichico ed emotivo dei bambini e degli adolescenti, inebriati dal fascino e dal potere che lo smartphone ha sulla loro psiche.
Lo smartphone viene regalato sovente in occasione della prima comunione, come se fosse una sorta di rito di passaggio, simbolicamente l’ingresso in un’età “social-e”.
Ha sicuramente dei vantaggi: garantisce informazioni in tempo reale in un ambiente potenzialmente infinito e ci connette alla polis, in un qui e ora senza confini, illudendoci a volte di conoscere il mondo anche senza averlo sperimentato e scoperto davvero e di persona.
Al fascino dell’infinita offerta si può incorrere nel rischio che lo smartphone diventi uno strumento invasivo, costituendo una finestra sempre aperta sul mondo virtuale. Fornendoci tutte queste gratificazioni, può creare facilmente una dipendenza, diventando da strumento di comunicazione a strumento di isolamento, in quanto si sostituisce alle relazioni con il mondo che ci circonda.
Di fatto i social media hanno troppo spesso favorito un processo di perversione della comunicazione, radunando nelle loro piattaforme persone bisognose di conferme narcisistiche e di approvazione, passando dal dialogo all’esibizione.
Se TikTok, Instagram, Facebook, Snapchat e YouTube sono strumenti inizialmente ideati per connettersi con gli altri e condividere post, immagini e istantanee di vita, col tempo e per alcuni soggetti sono diventati soltanto mondi in cui appartenere per forza per non sentirsi esclusi, diversi e isolati.
Negli ultimi anni si è aperta una causa legale contro questi social network, accusati di essere responsabili di un aumento dei problemi di salute mentale tra i giovani. Vengono elencati rischi come il calo del rendimento scolastico, la depressione e addirittura l’istigazione al suicidio.
Ma in quale misura l’abuso di questi strumenti può creare effetti negativi sullo sviluppo emotivo e relazionale, senza alcuna nostra consapevolezza?
Dalla nostra esperienza clinica emerge che questo fenomeno si è accentuato durante la pandemia di Covid-19, in cui alcuni adolescenti, già portati ad un ritiro psichico e ad abusare della rete come una difesa dal disagio, si sono immersi nel mondo virtuale dello smartphone, perdendo progressivamente il contatto con i coetanei e la realtà esterna.
La pandemia, imponendo un necessario isolamento sociale, ha così aggravato il loro ritiro.
Lo smartphone per i giovani più vulnerabili può facilmente diventare una via di fuga per
allontanarsi dalle frustrazioni, dalla solitudine e dalla noia.
Quando l’isolamento diventa patologico e continuativo si parla del fenomeno di Hikikomori, nome coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito per riferirsi a quegli adolescenti che si ritirano completamente dalla società e stanno sempre davanti al computer o allo smartphone, che diventa una calamita che attrae e cancella il resto del mondo e la vita stessa.
La realtà virtuale è così seducente perché si presenta come un mondo stimolante e alternativo a quello reale; è una realtà sensoriale che appaga superficialmente i sensi in modo immediato, ma non arricchisce la realtà psichica, perché inibisce lo sviluppo della creatività.
Tutto questo può non solo ostacolare la crescita emotiva, ma anche la formazione di un’identità personale solida e la consapevolezza di sé.
Come De Masi (2023) ci ricorda “Jean Baudrillard (1999) ritiene che il mondo virtuale tende a far scomparire la realtà, ma più ancora le illusioni, intese come parte integrante dell’organizzazione simbolica del mondo. Il pericolo minaccia l’universo reale, pieno di contraddizioni e conflitti, ma anche animato dal desiderio, dalla speranza e dagli sviluppi imprevedibili che caratterizzano l’esperienza umana”.
Si parla di dipendenza da smartphone, o da altri dispositivi analoghi, quando l’uso è compulsivo e può portare a un’alterazione del funzionamento mentale, alla distrazione, alla trascuratezza dei compiti principali della vita e all’isolamento sociale.
I segni tipici della dipendenza da internet sono la difficoltà di portare a termine le attività quotidiane, le ridotte prestazioni scolastiche, gli stati di euforia, l’isolamento da amici e familiari e, infine, la perdita totale della cognizione del tempo. Tale dipendenza non è solo un problema personale, ma un sintomo di più ampia portata, spesso legato a dinamiche familiari e sociali complesse.
Questa dipendenza viene chiamata nomofobia, termine derivante dall’espressione inglese «No Mobile Phobia» e indica il panico di non avere con sé il cellulare, vissuto come un mezzo insostituibile.
La nomofobia è anche conosciuta come sindrome da disconnessione e si manifesta con un’ansia eccessiva quando si dimentica il telefono, lo si perde, si scarica la batteria o non c’è campo.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR) dell’American Psychiatric Association ha riconosciuto la gravità di questo disturbo, definendolo come abuso della rete telematica (o Internet Addiction Disorder, IAD) e lo ha inserito nella sezione dedicata alle «condizioni che necessitano di ulteriori studi». La dipendenza dal mondo virtuale, pur avendo analogie con quella delle droghe, si differenzia per un elemento significativo: mentre nella tossicomania la sostanza proviene dall’esterno, nella dipendenza dai media è il cervello stesso che la produce.
Che significato assume la sessualità quando ha come stimolo il mezzo informatico? Si tratta di una modalità simile alla perversione, o bisogna creare una categoria nuova e specifica? Nella rete scompare l’interesse
affettivo e la cura per l’oggetto d’amore e si cerca solo il piacere personale e l’autogratificazione sensoriale. Non essendoci un contatto fisico vero e proprio, la vista assume una funzione essenziale e stimola il voyeurismo, in cui l’eccitazione nasce dall’identificarsi con il piacere sperimentato da altri. Nel cybersex le persone utilizzano parole e immagini per eccitarsi e arrivare al piacere; in questo modo viene meno il piacere dell’incontro reale e tutto rimane ad un livello concreto e superficiale. Si tratta di una sessualità totalmente all’insegna dell’esibizionismo e dell’eccitazione, che esclude gli elementi affettivi che accompagnano il desiderio amoroso e la cura per il piacere proprio e dell’altro.
E’ importante evidenziare che il piacere della realtà virtuale deriva anche dal poter diventare quello che si vuole. Dal poter essere altro rispetto a sé deriva un senso esaltante di piacere, di libertà e di onnipotenza.
De Masi scrive che se volessimo esprimerci con una metafora, internet potrebbe essere vista come una città in cui, invece di esserci uffici, esercizi commerciali, cinema e biblioteche, ci fossero solo negozi pornografici o case da gioco aperte a tutti i cittadini. In rete le biblioteche esistono ancora, così come i teatri e i cinema, ma sono stati collocate in vicoli laterali poco frequentati e con insegne poco luminose.
A chi spetta il compito di organizzare e pianificare meglio questa città in modo che i luoghi socialmente e culturalmente utili abbiano altrettanta visibilità?
In fine… NO Smartphone non è solo un avvertimento sui pericoli dell’uso smodato della tecnologia, ma una chiamata all’azione
per adulti e giovani affinché si costruisca un futuro in cui il mondo digitale e quello reale possano coesistere senza compromettere lo sviluppo della mente e delle relazioni umane. La comprensione e l’educazione al consumo consapevole degli smartphone possono diventare strumenti per prevenire il rischio di una generazione sempre più disconnessa dalla realtà e dalle relazioni autentiche.
Franco De Masi

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UNA ENORME OPPORTUNITÀ, SE GESTITA IN MODO RESPONSABILE

I robot non sanno fare networking (per adesso)
La guida per coltivare relazioni autentiche
nell’era digitale
In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando ogni aspetto del lavoro e della vita quotidiana, esiste ancora qualcosa che rimane esclusivamente umano: la capacità di costruire relazioni autentiche e durature.
È questo il messaggio centrale del libro I robot non sanno fare networking (per adesso) di Gianfranco Minutolo, una guida pratica che trasforma l’arte delle relazioni interpersonali in una competenza metodica e allenabile, scritta nel 2019 ma tuttora valida e attuale visti i quasi 100 percorsi formativi aziendali costruiti dall’Autore.
LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DELLE RELAZIONI
“Non cresce quello che semini, cresce quello che innaffi” - questa citazione, pronunciata dall’autore, sintetizza perfettamente la filosofia che permea l’intero libro.
Come spiega Minutolo, le relazioni non sono un evento sporadico da attivare nel momento del bisogno, ma richiedono la stessa cura costante che un contadino dedica al proprio terreno.
Il libro nasce dall’esperienza diretta quarantennale dell’autore, che ha anche rilanciato e gestito a livello internazionale la rete di oltre 115.000 Alumni dell’Università Bocconi, trasformandola in una community attiva e contributiva. Durante questo percorso, Minutolo ha sviluppato un approccio metodico che ha portato a organizzare più di 300 eventi all’anno e a riattivare oltre 80.000 contatti dormienti.
I 4 PILASTRI DEL NETWORKING AUTENTICO
Dall’uscita del libro e dal costante studio che si riverbera nelle decine di percorsi formativi, è nata una metodologia di potenziamento delle capacità relazionali alla base della costruzione di una sana fiducia all’interno dei team fondata su 4 meta-comportamenti:
• Vulnerabilità coraggiosa: la capacità di mostrarsi autenticamente, ammettendo le proprie difficoltà e imperfezioni. Come sottolinea l’autore, “nessuno vuole essere usato come uno strumento, mentre tutte le persone vogliono, per natura, sentirsi parte di qualcosa”. I team saltano quando non ci si trova in un ambiente accogliente che permetta di essere sinceri e trasparenti. Allenarsi ad essere vulnerabili si può.
• Dialogo autentico: comprende empatia, ascolto attivo e comunicazione trasparente. Il libro evidenzia come “lo strumento prioritario è l’orecchio” e come l’ascolto attivo permetta di restare al passo con il contesto. L’essere umano è prevalentemente comunicazione “paraverbale”. Spesso non ci si comprende perché non si gestiscono in modo metodico e strutturato questi comportamenti.
• Rispetto attivo: non si tratta di semplice cortesia, ma di un riconoscimento profondo del valore di ogni persona all’interno della rete. In contesti sempre più internazionali, intergenerazionali, interraziali, intergender è fondamentale imparare le tecniche per non permettere ai team member di “isolarsi” ma di sentirsi coinvolti e “visti”.
• Affidabilità dimostrata: basata su efficacia, integrità e sincerità. Praticare ciò che si predica è una delle azioni più complesse sulle quali occorre allenarsi con metodo.
Secondo Minutolo, “la rete si mantiene viva se circola la fiducia” e la fiducia è il frutto di una sana gestione delle relazioni. Nient’altro.
DAL DATABASE ALLA
COMMUNITY: IL TEST DELLA RETE REALE
Una delle intuizioni più potenti del libro riguarda la distinzione tra avere molti contatti e possedere una vera rete. Minutolo propone il test della rete reale, ossia prendere la propria rubrica, scorrere 30 contatti casuali e chiedersi per ognuno: mi fido di questa persona? Questa persona si fida di me?”
Come rivela l’autore: “Le persone che ottengono la doppia spunta sono il vostro network reale. Il numero iniziale calerà vertiginosamente, ma recupererete il peso specifico della vostra capacità relazionale”. È una rivelazione che spesso sorprende: molte persone scoprono di avere migliaia di numeri in rubrica ma pochissimi contatti realmente significativi.
I CINQUE COMANDAMENTI
DEL NETWORKING EFFICACE
Il libro delinea una tabella di priorità chiara per chi vuole costruire una rete solida:
1. volontà: riconoscere il valore della gestione delle relazioni e dedicarvi
ogni giorno una porzione del proprio tempo
2. metodo: restituire volti e voci al proprio database, agendo con criterio anziché raccogliere contatti casualmente
3. ascolto: utilizzare l’ascolto attivo per raccogliere le esigenze e le opportunità della propria rete
4. selezione: imparare a riconoscere ed escludere le persone opportuniste che potrebbero compromettere il funzionamento della rete
5. reciprocità: mettere a disposizione il meglio di sé, dimostrando di essere custodi meritevoli della fiducia altrui.
L’ERRORE PIÙ COMUNE: IL NETWORKING TRANSAZIONALE
Una delle critiche più acute del libro riguarda quello che Minutolo definisce networking transazionale, dove le persone vengono viste come taxi su cui salire per il tempo di una corsa.
Questo approccio utilitaristico è strategicamente miope perché tiene l’attenzione bloccata sulla situazione critica immediata.
L’autore cita un episodio significativo: “Una persona che ha letto il mio libro mi ha contattato via LinkedIn. Avrei potuto semplicemente ringraziare in modo veloce, ma mi sono reso disponibile a un colloquio di conoscenza. Da quella telefonata si è consolidata una fiducia reciproca che ci ha portato a costruire, insieme, una nuova iniziativa imprenditoriale”.
IL FUTURO DEL LAVORO E L’IMPORTANZA
CRESCENTE DELLE SOFT SKILLS
Il sottotitolo del libro, per adesso, non è casuale. Come evidenzia l’autore, i dati sono eloquenti: l’85%% dei lavori si trova tramite relazioni personali e, secondo McKinsey, entro il 2030 sempre l’85% dei lavori disponibili allora sul mercato, che oggi non esistono ancora. In questo scenario di cambiamento accelerato, le competenze tecniche diventano sempre più delle commodity, necessarie ma commodity, mentre la capacità di gestire le relazioni emerge come l’unico vantaggio competitivo sostenibile.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA QUOTIDIANA
Il libro fornisce strumenti concreti e immediatamente applicabili. Non si limita a teorizzare sull’importanza delle relazioni, ma offre una serie di take away pratici, esercizi e aneddoti personali che permettono di tradurre i concetti in azioni quotidiane.
Come scrive Paolo Gallo - autore di successo in tema di Leadership e già Chief HR di World Economic Forum e Banca Mondiale - nel suo contributo al volume: “Noi siamo le relazioni che costruiamo nel tempo. La madre di tutte le competenze è la competenza relazionale”. È un messaggio che risuona particolarmente forte in un’epoca di grandi dimissioni e di ridefinizione del rapporto tra persone e organizzazioni.
UN INVESTIMENTO NEL
FUTURO
“I robot non sanno fare networking (per adesso)” non è solo un manuale di crescita professionale, ma un manifesto per un nuovo modo di concepire le relazioni nell’era digitale. Come sottolineano le numerose recensioni positive, il libro riesce a restituire “lo spirito sano del networking” e a riportarci “al gusto del fare due chiacchiere davanti a una tazzina di caffè”.
La forza del volume risiede nella capacità di trasformare quello che molti considerano un talento innato in una competenza metodica e allenabile. Come ribadisce Minutolo: “Il networking è l’attività svolta con costanza, sincerità, curiosità e responsabilità, destinata a produrre opportunità e benefici reciproci”.
CONCLUSIONI: INVESTIRE NEL CAPITALE RELAZIONALE
In un mondo che cambia alla velocità della luce, dove le innovazioni tecnologiche vengono rapidamente replicate e i vantaggi competitivi tradizionali sono sempre più effimeri, il libro ci ricorda una verità fondamentale: la qualità delle relazioni umane rappresenta l’unico vantaggio competitivo realmente sostenibile nel lungo periodo.
Come ci insegna la ricerca di Paul J. Zak citata dall’autore, chi lavora in organizzazioni ad alta fiducia dichiara il 70% di minor stress, il 70% di maggior soddisfazione lavorativa, il 69% di maggior mantenimento del lavoro, il 28% di maggior energia, il 33% di minori giorni di assenza, il 19% di maggior produttività e il 17% di maggior soddisfazione della loro vita.
Non si tratta solo di numeri, ma di una diversa qualità della vita professionale e personale.
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DOMANDE DI RIFLESSIONE:
• Quando è stata l’ultima volta che hai dedicato tempo deliberato a coltivare una relazione senza aspettarti nulla in cambio?
• Se dovessi fare il test della rete reale sui tuoi contatti, quante persone otterrebbero davvero la doppia spunta di fiducia reciproca?
• Quali dei 4 meta-comportamenti (vulnerabilità coraggiosa, dialogo autentico, rispetto attivo, affidabilità dimostrata) senti di dover allenare maggiormente nella tua vita professionale?
Gianfranco Minutolo


AUTORI

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
FABRIZIO FAVINI
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

CARLO BUONTEMPO
sviluppo di servizi climatici operativi a supporto di decisioni pubbliche
e private. Guida iniziative europee volte a trasformare i dati climatici in
strumenti utili per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

FRANCO DE MASI
È psichiatra e psicoanalista della Società Italiana di Psicoanalisi, fondata in Italia 100 anni fa. È anche membro della International Psicoanalitical Association, la società creata da Sigmund Freud per diffondere la psicoanalisi.
Il suo interesse principale è la cura psicoanalitica dei pazienti gravi, in particolare psicotici. Per questo motivo è spesso invitato
all’estero per tenere conferenze e seminari. I suoi libri sono tradotti in diverse lingue: inglese, francese, spagnolo, tedesco, polacco e russo. È autore di numerosi libri, tra i quali
“La perversione sado-masochistica” (Bollati-Boringhieri). Il libro “Il limite dell’esistenza. Un contributo psicoanalitico al problema della caducità della vita” (Bollati-Boringhieri,
2002), ha ricevuto in Italia il premio Gradiva nel 2003 come il migliore libro di psicoanalisi italiano dell’anno.

Classe 1965, Alumnus Bocconi dal 1991, Dottore Commercialista dal 1994, founder
GIANFRANCO MINUTOLO
Corporate Consulting srl dal 1998.
Direttore Alumni Bocconi globale (2010-2018). Dal 2020 rilancia 4 community universitarie: Humanitas, Campus Bio Medico, San Raffaele e LIUC.
Autore “I robot non sanno fare networking (per adesso)”, tiene corsi sul networking & trust nei team (86 in 3 anni). Insegna alla ESCP, LIUC e LUMSA e scrive sul Sole24Ore.
Perché Rivoluzione Positiva?
Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.
MANIFESTO
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,
quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
Oggi chi non si ferma a
guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad
una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
DIDA

img: it.wikipedia.org
Allegra compagnia in un interno Jacob Duck 1650 circa
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STUDIO BETTINARDI BOVINA



GIOVENTÙ
La gioventù è un periodo della vita, è uno stato d’animo; non è una questione di guance rosse, labbra rosse e ginocchie agili; è un fatto di volontà, forza di fantasia, vigore di emozioni.
È la freschezza delle sorgenti profonde della vita.
Gioventù significa istintivo dominio del coraggio sulla paura, del desiderio di avventura sull’amore per gli agi. E, spesso, se ne trova di più in un uomo di 60 anni che in un giovane di 20. Nessuno invecchia semplicemente perché gli anni passano. Si invecchia quando si tradiscono i propri ideali.
Gli anni possono far venire le rughe alla pelle, ma la rinuncia agli entusiasmi riempie di rughe l’anima. Le preoccupazioni, la paura, la sfiducia in se stessi fanno mancare il cuore e piombare lo spirito nella polvere.
A 60 anni o a 18 c’è sempre nel cuore di ogni essere umano il desiderio di essere meravigliati, l’immancabile infantile curiosità di sapere cosa succederà ancora e la gioia di partecipare al grande gioco della vita.
Al centro del vostro cuore e del mio cuore c’è una stazione di telegrafo senza fili: finché riceverà messaggi di bellezza, speranza, gioia, coraggio e forza resteremo giovani.
Quando le antenne riceventi sono abbassate, e il vostro spirito è coperto dalla neve del cinismo e dal ghiaccio del pessimismo, allora siete vecchi, anche a 20 anni.
Ma finché le vostre antenne saranno alzate per captare le onde dell’ottimismo c’è speranza di morire giovani a 100 anni.
Samuel Ullman