ДЕТИ (BAMBINI)

Nel nostro mondo convivono ormai 2 differenti società: la società analogica e la società digitale. La società analogica si fonda sul principio della rappresentanza, sui corpi intermedi, sulla trasparente elezione della classe politica e sul controllo del suo operato. Il leader politico è quello che prende più voti. E ne risponde al suo elettorato.
La società digitale è caratterizzata dalla disintermediazione, dal superamento della rappresentanza, dalla decisione politica diretta ed immediata. Tutti possono dialogare con tutti e coi membri della classe politica, senza bisogno di intermediari.
Nella società digitale il leader politico è quello che
ha più follower. E del suo operato non ne risponde a nessuno. Infatti nella Rete vige il principio che c’è libertà senza responsabilità.
In sintesi i Mediatori della società analogica si presentavano al pubblico in veste ufficiale, erano eleggibili, avevano un codice di comportamento. I nuovi Mediatori, quelli della società digitale, non si presentano ufficialmente come tali, non sono eleggibili, non hanno un codice, una regola e, spesso, non hanno un’identità. Inoltre da tempo forniamo a loro - gratuitamente e spontaneamente - tutti i nostri dati.
Fabrizio Favini
Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.
Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta
avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.
Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,
confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.
Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore
di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!
Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!
Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 6 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che abbiamo sempre più bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!
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INTESTATO A DELTAVALORE
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L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.
Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.
E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.
Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci
limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.
Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.
rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
20 06 16 12
Esperto di innovazione del comportamento
La Positività è una risorsa!
Imprenditore della consulenza e docente universitario
Riuscirà a sopravvivere l’Europa? La guerra occulta degli USA contro l’Europa
Esperto di geopolitica asiatica
Modello Asia
CEO di Satispay
Stock option a tutti i Collaboratori
pg. 24
Autori
pg. 28 Manifesto
Ultima pagina Il Pianeta di plastica
Nel modello comportamentale convenzionale le organizzazioni – scuola, istituzioni, imprese, comunità, enti – sono tradizionalmente orientate alla stabilità, alla continuità, alla conservazione, all’abitudine, alle consolidate liturgie organizzative quotidiane.
Tutto ciò nel tempo ha prodotto in noi la chimica della negatività, portandoci ad essere insicuri, insoddisfatti, individualisti, indifferenti.
In questo gioca un potente ruolo la forte complicità del nostro cervello che ama gli automatismi, la pigrizia, la conservazione dell’energia e non il suo dispendio. In sintesi, inseriamo il pilota automatico e procediamo spediti senza usare spirito critico, intelligenza creativa, confronto oggettivo, carica emotiva. Ci costano troppa fatica.
Ma questo modello comportamentale convenzionale non basta più, non è più
funzionale ad un contesto umano in grande evoluzione o, per meglio dire – oggetto di un’autentica rivoluzione. Una rivoluzione positiva, appunto.
Dobbiamo essere consapevoli che ognuno di noi è dotato di gigantesche risorse interiori, disponibili ad essere utilizzate per migrare finalmente da un modello comportamentale negativo ad uno positivo.
Una Organizzazione Positiva è un ambiente che riesce a far prosperare la Persona e che soddisfa le sue legittime esigenze di sicurezza, motivazione, connessione umana, coerenza, fiducia, prospettiva di sviluppo. In una parola: benessere.
Il modello mentale positivo mette al centro le persone che riescono a dare il meglio di sé e che coltivano il loro benessere se sentono di poter realizzare obiettivi e finalità condivisi. Infatti, quando le persone sono orientate ad un bene superiore tendono ad unirsi, a trascendere gli interessi personali e a sacrificarsi per il gruppo. E se il Leader sa ispirare gli altri, attira a sé sostenitori, clienti, collaboratori che agiscono per il bene comune non per doverismo ma perché scelgono spontaneamente di farlo.
Ricordo poi che ognuno di noi è naturalmente portato a dare un senso alla propria vita, perseguendone anche la dimensione estetica - elemento fondamentale che muove il desiderio e, quindi, l’entusiasmo, l’energia, la voglia di fare e il senso di responsabilità della Persona.
Infatti tutti noi vogliamo un mondo non solo più giusto ma anche più bello. Qualsiasi prospettiva deve quindi possedere anche estetica, ovvero essere attraente per muovere il desiderio. Senza la spinta del desiderio nulla accade.
In contrapposizione a quanto sopra, ricordiamoci che il doverismo non ha mai mosso le forze profonde che spingono l’essere umano a cambiare il mondo. È ora che cominciamo ad esserne finalmente consapevoli!
LA POTENZA DEGLI STATI D’ANIMO.
Dobbiamo quindi sfidare il modello organizzativo convenzionale, il sistema dei valori, i principi e le credenze sulla base dei quali oggi la maggior parte dei leader – manager, insegnanti, imprenditori, amministratori pubblici, politici – decide il proprio approccio al mondo del lavoro e, quindi, al complesso sistema delle relazioni interpersonali.
Dobbiamo essere aperti e disponibili ad accogliere nuovi stimoli per abbracciare il paradigma delle positività.
I fondamentali focus del Modello Positivo sono:
• autoconsapevolezza
• apprendimento e azione creativa
• lavoro gratificante
• ottimismo e contagio positivo
• pieno coinvolgimento, impegno, collaborazione
• comportamento responsabile
• azione veloce e risolutiva
• riconoscenza ed espressioni di apprezzamento.
Il modello mentale con cui siamo stati educati non è più sufficiente e rischia di renderci insicuri, insoddisfatti, scollegati gli uni dagli altri.
Dobbiamo quindi aiutare la mente con l’esercizio costante del pensiero positivo, proprio come quando andiamo in palestra ad allenare il nostro fisico.
Tutti gli ingranaggi della nostra società esercitano pressioni enormi sull’essere umano. E tutti gli atteggiamenti negativi che ne conseguono sono il prodotto di modelli mentali non più funzionali alla nostra vita.
Ecco perché dobbiamo indirizzarci verso Organizzazioni Positive, ossia strutture, pensieri e contesti operativi orientati alla soluzione dei problemi, organizzazioni che fanno fiorire e prosperare le persone.
Ciò si verifica quando:
• i bisogni di sicurezza, soddisfazione, connessione sociale vengono esauditi e tutto il nostro organismo è fisiologicamente in equilibrio
• padroneggiamo le reazioni impulsive e negative perché siamo consapevoli che non ci portano da nessuna parte.
“Stai lontano dalle persone negative. Hanno un problema per ogni soluzione”.
Le 3 leve per costruire una Organizzazione Positiva sono:
• il senso, un perché forte che trascende gli interessi individuali, dunque riconoscibile e condiviso da tutti i membri dell’Organizzazione. Le persone riescono a dare il meglio se sentono di poter realizzare obiettivi ed utilità collettivi
• una leadership diffusa, lungimirante, attiva, consapevole, responsabile
• la coerenza di tutti gli aspetti organizzativi: obiettivi, cultura, risorse, comportamenti, processi, procedure, ambienti.
Le neuroscienze hanno da tempo dimostrato che:
• siamo naturalmente predisposti per la socialità, caratteristica che influisce sul nostro benessere, non solo mentale ma anche fisico. Siamo naturalmente cablati per il NOI, non per l’IO
• quando le persone sono orientate ad un bene superiore tendono ad unirsi, a superare gli interessi personali e ad impegnarsi per il benessere del gruppo/ della comunità di appartenenza.
La fisica quantistica ci conferma che noi siamo tutti interconnessi in un unico campo di energia. “L’interconnessione non
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è un fatto sentimentale o filosofico ma una realtà fisica” (Albert Einstein).
Dunque, abbandoniamo il riduzionismo e abbracciamo l’olismo perché ogni cosa interagisce con ogni altra cosa.
La forza di una Organizzazione Positiva risiede nel saper parlare al cuore delle persone, non solo alla testa: coinvolgere i sentimenti e i valori innesca un flusso di energia positiva, cosa questa per cui le persone sono disposte a dare di più, ad agire in autonomia, a contribuire con la loro creatività, a partecipare perché si sentono parte di qualcosa che va ben oltre il compito per cui sono pagate.
Per commentare l’attuale situazione umana e comportamentale, riporto il sintetico contributo di 3 autorevoli Pensatori.
Edgar Morin, filosofo e sociologo francese.
Stiamo vivendo una crisi molto insidiosa, invisibile e profonda, la crisi del pensiero. Risvegliamoci! Ridestiamo le nostre coscienze!
Si tratta di un degrado che investe molti ambiti e che il flusso di una vita frenetica – in cui la riflessione è ormai un lusso – ci impedisce di percepire.
Oggi dilaga l’accettazione passiva dello stato delle cose; il futuro si rivela sempre più incerto ed inquietante; servirebbe un movimento sovranazionale in grado di promuovere coraggio, speranza e solidarietà.
Il vero problema oggi non è aumentare la potenza dell’Uomo – che sta già provocando il degrado ecologico e la rovina del Pianetabensì rafforzare le relazioni umane.
Alessandro Baricco, scrittore e sceneggiatore.
Bisogna riuscire a creare un movimento contrario alla paura, che sta ghermendo le nostre coscienze e le nostre menti. In questo momento la paura sta prevalendo sui nostri sogni, sui nostri desideri, sul nostro futuro.
Il Pianeta è ormai un posto quasi sempre in emergenza, dominato dalla paura. Arriverà il giorno in cui il mondo reale sarà talmente inospitale ed il metaverso così confortevole e rassicurante che ci scivoleremo dentro tutti con facilità?
Come reagire? Bisogna impedire al mondo reale di perdere speranza, forza e bellezza. Da qui l’urgente necessità di un Umanesimo contemporaneo.
Aaron Benanav, professore di sociologia, esperto di automazione.
Il malessere dei lavoratori non è colpa dell’avvento dei robot o degli algoritmi, bensì è un problema sociale, una questione politica ed economica.
Quando le persone si sentono sicure, quando hanno tempo libero e accesso al benessere, fanno cose meravigliose e a beneficio dell’Umanità.
Quello che manca oggi è la fiducia in un mondo migliore e l’idea di come arrivarci.
Abbiamo smesso di cercare di comprendere la straordinaria complessità di questo mondo. Oggi il modo tradizionale di percepire l’essere umano subisce un drammatico cambiamento non solo per la crisi climatica, le epidemie e la scoperta dei limiti del nostro modello economico non più sostenibile, bensì per come ci vediamo allo specchio.
La globalizzazione ci ha portato complessità, molteplicità, eterogeneità, influsso reciproco, interdipendenza: sono queste le nuove chiavi di lettura tramite le quali traguardare il mondo e decidere il nostro futuro. Questo è il complicato intreccio di cui dobbiamo senza più indugio assumerne consapevolezza!
E il nostro approccio alla complessità dei problemi non può che essere interfunzionale, multidisciplinare, globale!
CONSAPEVOLEZZA AUMENTATA E SENSO DI RESPONSABILITA’.
Che effetto hanno le nostre azioni sul futuro della Società?
La pandemia, la guerra, la sostenibilità ci offrono 2 alternative: la consapevolezza aumentata oppure la pericolosa rimozione del problema dalle nostre menti.
Tutti dobbiamo iniziare a chiederci che impatto hanno le nostre decisioni e i nostri comportamenti. È infatti fondamentale capire che nessun nostro gesto è neutro; oggi la responsabilità è collettiva, interconnessa, globale, olistica.
La pandemia, ad esempio, ci ha insegnato la circolarità della nostra salute. Dobbiamo consapevolmente cambiare il comportamento del singolo, delle aziende, della politica; questo è l’unico modo per evitare l’effetto domino e il conseguente disastro.
Fabrizio Favini
Il pessimismo genera debolezza, l’ottimismo produce forza. William James
Negli ultimi decenni gli Stati Uniti hanno perpetrato nei confronti dei cittadini europei, spesso inconsapevoli, un continuo inganno.
La prima forma di inganno è stata gestita da multinazionali statunitensi monopolistiche e oligopolistiche che pagano imposte risibili e che fanno parte del nuovo capitalismo della sorveglianza. Questo capitalismo selvaggio è basato sulla diffusione capillare della digitalizzazione in grado di scardinare, tramite i social media (tutti statunitensi), ogni forma di autonomia di pensiero individuale e sociale, oscurando l’approccio critico e diffondendo il pensiero unico
Questa operazione è stata definita una sorta di arma di distrazione di massa tipica delle attuali guerre ibride. Le multinazionali citate - molte delle quali create con il contributo della CIA e del Pentagonoraccolgono subdolamente ogni genere di dato e di informazione per trasformarlo in business o in manipolazione politica. In questo modo, la cosiddetta rivoluzione digitale sta originando danni quasi totalmente non percepiti e, purtroppo, in rapida diffusione.
L’ampia e progressiva perdita della capacità di concentrazione, soprattutto dei giovani, non è affatto compensata dai vantaggi conclamati di natura economica, di risparmio di tempo e di affidabilità di esecuzione che la tecnologia informatica dovrebbe fornire. Anzi, affidarsi alla digitalizzazione spesso significa perdersi nei meandri del cattivo funzionamento dei supporti e dei programmi, spesso diffusi senza collaudi preliminari.
La seconda forma di inganno ha consentito di trasformare la sana economia dello sviluppo in turbo-capitalismo esaltato dal monetarismo esasperato, basato sulla speculazione finanziaria globale e sulla
PRESUPPOSTO DELLA LIBERTÀ È LA RESPONSABILITÀ
leva dell’esplosione del debito pubblico e privato a vantaggio dell’economia degli Stati Uniti - in default a seguito delle guerre e delle enormi spese militari – e a vantaggio di una ridottissima percentuale di perversi monopolisti. È difficile riuscire a svelare il distruttivo ed enormemente diffuso approccio adottato dalla finanza speculativa, nella quale figurano anche tutte le multinazionali che gestiscono il citato capitalismo della sor veglianza
Infine, per consolidare l’egemonia politica ed economico-finanziaria sul pianeta, gli Stati Uniti hanno utilizzato diffusamente devastanti interventi militari giustificati dalla necessità di esportare la democrazia Dall’11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno speso 21.000 miliardi di dollari per finanziare guerre e tenere efficiente l’intero loro sistema militare. Dei 250 anni dalla sua istituzione come nazione, gli Stati Uniti ne ha trascorsi solamente 16 senza guerre. Dal 1775 a oggi gli Stati Uniti sono stati coinvolti in guerre in 56 diverse nazioni del mondo.
Va riconosciuto che questa situazione è stata enormemente favorita dal reiterato masochismo manifestato dall’Europa nel secolo scorso, in quanto per ben 2 volte ha scatenato guerre di diffusione mondiale affidandosi, per venirne fuori, agli Stati Uniti e finendo per ritrovarsi asservita all’egemonia di questa nazione.
Altri fenomeni, molti dei quali importati dalla sudditanza culturale nei confronti degli Stati Uniti, aggravano ulteriormente la situazione di profonda crisi dell’Europa. Ad esempio, si sta consolidando, tramite la diffusione martellante della rivoluzione digitale e della conseguente spersonalizzazione da questa originata, una crescita dell’incompetenza e dell’ignoranza. Alcuni studiosi la definiscono ignoranza attiva in quanto
non percepita come una carenza. Molti credono di essere competenti perché con un click possono conoscere e approfondire in tempo reale qualsiasi argomento. Il mito dell’Intelligenza Artificiale rischia poi di aggravare questo pericolosa illusione.
La realtà imprenditoriale tradizionale, in grado di creare reale ricchezza con lungimiranti investimenti basati su una visione strategica, viene scoraggiata e accerchiata da una pseudo-imprenditoria multinazionale che punta al brevissimo termine e alla speculazione costruita su prodotti finanziari sempre più sofisticati e, in sostanza, simili al gioco d’azzardo. Tutto viene misurato in termini di ritorno finanziario a brevissimo termine rappresentato dal mito della trimestrale.
Per quanto riguarda il comparto bancario, si sono manifestati disastri affrontati e “risolti” a spese della collettività, secondo il criterio too big to fail. Si è affermata una presenza multinazionale elefantiaca e incombente e un comparto finanziario sempre più complesso e oscuro che deriva da due manovre fondamentali imposte,
nel passato, dagli Stati Uniti.
La prima: l’abbandono del gold standard - concordato in modo lungimirante e condiviso dall’intero Occidente nel 1944 a Bretton Wood – avvenuto durante la presidenza Nixon nel 1971. Questa operazione ha avuto il fine di rendere il dollaro, dopo il default susseguente alla guerra del Vietnam, il nuovo oro del pianeta, oro stampabile senza limiti.
La seconda: la costituzione internazionale forzosa delle banche universali superando la fondamentale separazione tra istituti di credito e banche d’affari, decisa dopo la depressione del 1929 per evitare il ripetersi di quella tremenda bolla speculativa. Questa decisione, presa dal governo Clinton nel 1999, che cercava di combattere la bancarotta dell’economia americana, guarda caso ha visto la successiva esplosione di una bolla speculativa nel 2007/2008, simile a quella del 1929 - fortunatamente un poco meno devastante per i correttivi esistenti a livello internazionale.
Non viene poi adeguatamente rilevata la crescente diffusione dell’uso delle droghe - da quelle tradizionali e quelle sintetiche - che riguarda persone sempre più giovani e che si accompagna alla presenza di altre dipendenze come la ludopatia e, soprattutto, la diffusa dipendenza digitale, della quale è quasi proibito parlare. Nei confronti di questo devastante fenomeno, fino a non molti anni fa si poteva riscontrare una condivisa preoccupazione espressa dalle istituzioni, dalle famiglie e dai mass media. Attualmente questa preoccupazione appare assopita, come se si fosse trasformata in una sorta di rassegnazione fatalistica. Eppure oggi la diffusione del Fentanil risulta devastante.
Risulta poi ormai incontrollabile la diffusione del superconsumismo
parossistico culturalmente importato dal “modello americano”, nato in quel continente all’inizio del secolo scorso ed esploso come manifestazione di una cultura che esalta il denaro e tutto ciò che ne dimostra il possesso.
Si tratta di una serie di problemi, che spesso vengono presentati in forma isolata e senza alcun legame tra loro, ma che in realtà rappresentano le diverse sfaccettature di una influenza generale che, vista nella sua organica interezza, ci riporta al titolo dell’articolo: a fronte di queste minacce riuscirà a sopravvivere l’Europa?
Purtroppo, in risposta a quando illustrato, l’Europa ha continuato a oscillare tra la sudditanza asservita e il velleitario ribellismo nei confronti degli Stati Uniti. Alla luce dei recentissimi avvenimenti, se non si vuole lo sfaldamento totale del Continente, è indispensabile ricorrere ad una totale rifondazione federale della Nazione Europa, per recuperare un rapporto equilibrato con gli Stati Uniti (non certo di conflittuale contrapposizione, come auspicano diversi “esperti” e “opinionisti”) e interrompere la spirale distruttiva nelle relazioni con la Russia, che rappresenta, comunque, una nazione che potenzialmente è sintonica con le nazioni europee per cultura e per convenienza economica.
Con questo articolo si intende lanciare un allarme non per spaventare o per preannunciare catastrofi, ma per fornire alcuni strumenti in grado di aiutare a comprendere e affrontare i pericolosi inconvenienti che si stanno manifestando e che tendono a peggiorare, ma che nel panorama generale vengono vissuti solo in forma irrazionale e frammentaria
Gian Carlo Cocco
Modello Asia fornisce un breve affresco dell’Asia di oggi, con particolare focus su Cina, India e Sud-Est Asiatico, le regioni più dinamiche del continente e quelle da cui arriverà la maggior crescita economica, oltre ad essere regioni che raccolgono appena 3,4 miliardi di abitanti, 7 volte l’Europa.
Il libro si inserisce nel solco di altre opere che parlano di questo secolo come il secolo dell’Asia e lo fa guardando sia all’interno dei Paesi cercando di individuare caratteristiche comuni nella gestione della cosa pubblica e nel modello di sviluppo economico, sia descrivendo l’impatto che questa marcia verso il benessere di miliardi di abitanti ha sull’Europa.
Non a caso si parte dalla descrizione delle sempre più sofisticate vie di comunicazione tra Europa e Asia su cui viaggiano merci e
PRESUPPOSTO
servizi ma anche turisti, per poi soffermarsi a lungo sulla transizione della Cina da produttrice di beni a basso valore aggiunto a potenza tecnologica spiegando le sfide che tutto questo sta ponendo alla società e al Partito che ancora la domina in tutti gli aspetti, dal calo demografico al peso delle imprese statali al ruolo nuovo che l’economia privata deve trovare.
Il libro passa poi a descrivere quanto accade in una parte dell’Asia che in Italia si conosce poco: il Sud-Est Asiatico, raccolto all’interno dell’ASEAN - l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico - che sta gestendo molto bene il suo essere faglia di attrito tra due potenze concorrenti: Cina e USA.
È inevitabile fare un paragone con le vicende di casa nostra: da una parte l’ASEAN che si pone come nettamente terzo
tra i due contendenti e si è ritagliata uno spazio di azione politica ed economica che impedisce che diventi campo di battaglia di altri; dall’altra un’Europa che invece è già da tempo campo di battaglia.
Il libro passa poi a descrivere la rincorsa dell’India, Paese che ha superato la Cina come numero di abitanti, ma che ha trovato molto più in ritardo rispetto al Dragone le leve dello sviluppo economico e che sta raggiungendo risultati più lusinghieri sotto i governi del BJP, il più grande partito politico del mondo.
Governi che però (coincidenza?) da molti esperti vengono descritti come meno democratici. Ci si chiede quindi se il ritardo nello sviluppo economico dell’India sia stato legato direttamente alla dialettica politica estrema e alle inefficienze di un modello decentrato e federale.
Un capitolo poi è dedicato a studiare le modalità con cui l’Asia si sta integrando, di nuovo nettamente diverse da quelle sperimentate in Occidente: più includenti in Asia, cioè in grado di tenere insieme anche Paesi molto diversi se non addirittura avversari, per obiettivi comuni. Tendenzialmente poi escludenti, come il G7, o che richiedono assoluta uniformità, come l’Unione Europea, a casa nostra. In questo scenario complesso, l’Italia fa fatica ad individuare linee guida solide per i rapporti, economici soprattutto, ma anche politici, con questo continente, condizionata come è dalle pretese degli alleati d’oltreoceano ed il giudizio di Bruxelles. I numeri purtroppo lo dimostrano: esportiamo nel complesso in Cina, India e ASEAN – ossia 3,7 miliardi di persone - meno di quello che esportiamo verso gli USA - 330 milioni. Per
non parlare poi di investimenti diretti dove ci superano abbondantemente Francia e Germania. Molto lavoro da fare insomma, se vogliamo farlo.
Ampio spazio viene anche dedicato alle sfide per il continente: dall’energia – i cui consumi non possono che aumentare vertiginosamente con un impatto sulle emissioni di CO2 globali – all’alimentazione che resta una sfida per l’Asia meridionale e infine alle possibili guerre che cancellerebbero le conquiste faticosamente ottenute e si allargherebbero rapidamente al resto del mondo.
Il libro finisce con alcune previsioni su questi temi e con una scommessa, che poi è anche un augurio: che la Cina e l’India, i due giganti asiatici saranno le potenze che avranno il predominio dell’Asia.
I numeri ci sono tutti: il rallentamento della crescita cinese dovuto a problemi strutturali ed alla transizione difficile spiegata nel libro non le toglie il secondo posto al mondo come PIL (secondo alcuni calcoli potrebbe già essere il primo), mentre l’India sta risalendo la classifica dei Paesi per PIL rapidamente ed in una evoluzione storicamente significativa dato che 2 anni fa ha sorpassato il Regno Unito, l’ex potenza coloniale.
Un’India che si tiene fuori, ma non si sa ancora per quanto, dai grandi accordi di libero scambio asiatici incentrati sulla Cina, come il RCEP di cui si parla nel capitolo 5, e cerca di creare una sua sfera di influenza autonoma, guardando sia verso il Medio Oriente che verso Est, e quindi verso quella Via del Cotone che dovrebbe raggiungere Trieste in concorrenza con la Via della Seta:
una via indiana annunciata ma ancora molto poco realizzata.
Il Giappone, infine, resterà elemento fondamentale e innovatore in economia ma, a causa della sua eccessiva dipendenza dalla politica estera americana, non potrà giocare un ruolo predominante.
La chiave del futuro pacifico del continente Asia resta invece nella capacità di India e Cina, ora rivali, di trovare un modus vivendi. E, visto che si tratta di due potenze nucleari, ciò anche nell’interesse del futuro dell’intero pianeta. Buona lettura.
Marco Marazzi
Vengo da una famiglia che ha sempre intrapreso. Da una provincia e una regione con una radicata storia e cultura imprenditoriale e, a mia volta, dal fatto che ho sempre desiderato fare azienda. Ho avuto molto chiaro da subito che desideravo sviluppare un progetto che potesse incidere e diventare molto grande e, per questo, che non avrei mai potuto farlo da solo.
In 10 anni di presenza sul mercato, Satispay è passata da 3 a 700 Collaboratori, con oltre 5 milioni di Clienti e con un modello di circuito di pagamento di nuova generazione che, attraverso una app ha contribuito, e sta contribuendo, a cambiare le abitudini di pagamento delle persone e di fruizione dei servizi che hanno alla base un pagamento.
Essere una Tech Company ci ha dato – e dàil vantaggio, rispetto ai business tradizionali basati su infrastrutture fisiche, di poter scalare più rapidamente nella crescita, ma questo da solo non basta. I primi traguardi che abbiamo tagliato li abbiamo raggiunti grazie a ogni singolo Collaboratore che si è unito a noi sul cammino perché fin dagli
PRESUPPOSTO DELLA LIBERTÀ
inizi - con i miei co-founder Dario Brignone e Samuele Pinta - abbiamo sentito la necessità di avere al nostro fianco persone che condividessero la nostra visione e i nostri valori.
Davanti a noi ci sono ancora molte sfide e progetti da sviluppare per portare cambiamento positivo al pari di quanto fatto sul fronte dei pagamenti o, più recentemente, sul fronte dei servizi Welfare che abbiamo sviluppato per permettere a ogni impresa di offrire ai propri Collaboratori dei benefit quotidiani - come i buoni pasto o i buoni acquisto - con un’esperienza d’uso semplice e completamente diversa e, al contempo, che potessero riversare valore sulle attività commerciali di prossimità grazie all’abbattimento delle commissioni.
In entrambi i casi - pagamenti e welfaresiamo partiti muovendoci in mercati molto complessi, presidiati da grandi operatori, dove portare cambiamento può sembrare impossibile. In verità non lo è mai, ma sicuramente serve che tutta la squadra sia più che determinata a smontare lo status quo e a credere nella possibilità di farlo.
Per questo in testa ai valori che chi lavora in Satispay deve sentire propri e sposare ci sono coraggio e responsabilità. Per noi significa superare gli ostacoli, prendere l’iniziativa con sicurezza, non temere le sfide ma affrontarle con creatività. Significa pensare in grande per realizzare cose ancora più grandi.
Il nuovo mondo dei servizi welfare che stiamo disegnando è il perfetto esempio di come la buona riuscita di questo progetto sia legato a doppio filo col commitment delle nostre persone. Lo definisco la start up nella start up per comprendere il livello di impegno richiesto da tutti. La spinta iniziale è nata dall’ascolto del nostro team, dopo che avevamo introdotto il welfare in azienda e abbiamo ricevuto lamentele per la frustrazione nell’utilizzo dei buoni pasto. Parallelamente tanti bar e ristoranti del nostro circuito ci chiedevano aiuto per risolvere le difficoltà di accettazione.
Da qui abbiamo visto un’opportunità e una responsabilità.
L’opportunità di business di cavalcare un altro macrotrend, come lo furono i pagamenti, perché il Welfare Aziendale èe sarà sempre più - elemento essenziale per
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qualsiasi Governo nel medio e lungo termine per sostenere i Cittadini sul fronte sanità, pensioni, e per far fronte all’inflazione. Nel contesto europeo, caratterizzato da invecchiamento demografico e crescenti pressioni economiche, le aziende sono chiamate a ripensare il proprio ruolo sociale.
E abbiamo visto la responsabilità di essere noi, gli ultimi arrivati anagraficamente ma che per questo più degli altri faremo i conti con il futuro, a costruire il cambiamento necessario mettendo a disposizione delle tante imprese che da decenni lottano e crescono sul mercato, e dei loro Collaboratori, tutto quello che abbiamo velocemente imparato – essendo digitali e interagendo ogni giorno con milioni di Clienti - in termini di efficienza, esperienza d’uso e sviluppo di servizi che hanno anche una forte componente etica e valoriale.
Seppur perfettamente coerente con la linea di evoluzione tracciata fin dall’inizio di sviluppare servizi innovativi in qualsiasi interessante contesto con alla base un pagamento, lo sbarco nel welfare è stato un innesto in termini di linea di business disruptive anche per noi.
Si è trattato di reinterpretare e rileggere tutto ciò che abbiamo imparato nel mercato del Business-to-Consumer per metterlo in pratica nel Business-to-Business. Di nuovo, non ci saremmo riusciti se non avessimo potuto contare su una Squadra coraggiosa, ambiziosa, creativa e responsabile.
Questo tipo di commitment si crea naturalmente attirando e trattenendo le persone giuste facendo leva su tante diverse componenti: oltre alla cultura valoriale già menzionata, serve creare un ambiente che garantisca una crescita professionale e personale, un sistema di welfare molto efficace ma, soprattutto, serve allineare sugli obiettivi.
Perché ciò avvenga credo che la leva più forte sia quella di distribuire l’ownership. Nell’evoluzione del panorama imprenditoriale contemporaneo, emerge con sempre maggior forza un elemento che sfida le tradizionali dinamiche tra Datori di lavoro e Collaboratori: l’importanza di democratizzare la proprietà attraverso la compartecipazione dei Collaboratori alla Società, che nel nostro caso gestiamo con le stock option. Quando abbandonai il mio lavoro da dipendente per fondare Satispay, non stavo solo compiendo una scelta professionale ma stavo tracciando per me quello che poi sarebbe diventato il paradigma su cui si fonda oggi Satispay, un’opportunità per tutte le persone che ci lavorano. Quando abbiamo deciso di arrivare a destinare il 15% del nostro capitale a tutti i nostri talenti, non stavamo facendo un’operazione contabile, ma costruendo un patto di fiducia, perché ogni Professionista che entra in Satispay non è l’ingranaggio di una macchina, ma un co-imprenditore chiamato a contribuire alla crescita collettiva per sé e per gli altri.
Le stock option rappresentano in questo senso molto più di un benefit. Sono il simbolo di una rivoluzione culturale che sta ridisegnando il rapporto tra Impresa e Lavoratori. Sono lo strumento espressione di una nuova cultura aziendale basata sulla condivisione, sulla trasparenza e crescita comune, per costruire senso di appartenenza allineando interessi individuali e aziendali e spingere tutti insieme sull’acceleratore, per creare quella che definisco un’opportunità di discontinuità economica. Abbiamo visto Colleghi usare questa opportunità per estinguere il mutuo dei genitori; altri forse un giorno venderanno per avviare la propria startup.
La nostra ambizione è contribuire a costruire un nuovo ecosistema, non solo una grande azienda. Significa creare connessioni,
PRESUPPOSTO
generare opportunità, supportare la crescita non solo interna ma dell’intero settore dell’innovazione italiana e, con esso, dell’intero comparto industriale.
L’innovazione non è solo tecnologica, ma anche culturale e relazionale. Significa ripensare il concetto di gerarchia, di ruolo, di appartenenza. In Satispay stiamo sperimentando modelli organizzativi orizzontali, dove la competenza e la passione prevalgono sui titoli formali. Le stock option riflettono questa visione: non più Dipendenti che eseguono ordini, ma Professionisti che co-progettano, che sentono l’Azienda come una loro creatura.
In sintesi vedo nella compartecipazione il pilastro portante di un nuovo modello da costruire per tracciare nel ventunesimo secolo una nuova prospettiva del lavoro.
Alberto Dalmasso
Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.
È Presidente della Time to Mind SA con sede a Lugano (società internazionale che gestisce una piattaforma telematica di Assessment e sviluppo multilingua (www.timetomind. ch) e docente alla Facoltà di Economia
dell’Università telematica e-Campus di Economia del Capitale Umano e di Neuroscienze applicate all’organizzazione. È iscritto all’Albo degli Psicologi. Dal gennaio 1993 a tutto il 2006 è stato Presidente e fondatore della
società di consulenza IdeaManagement. È stato Presidente del Consorzio Costa Smeralda e docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi. La sua ultraquarantennale carriera professionale si è svolta prima in qualità di
manager aziendale, poi in qualità di imprenditore nella consulenza d’impresa e infine nell’insegnamento universitario. Ha pubblicato 25 libri nel campo del management, dell’organizzazione e del neuromanagement.
Gli ultimo libri pubblicati presso l’editore Franco Angeli sono: Time to Mind, Governare l’impresa con il capitale umano, Neuromanagement, Intelligenze manageriali, Life Management e Gestire un’Associazione.
È avvocato d’affari ed ha lavorato a Pechino, Shanghai, Singapore e Hong Kong. Dal 2013 è a capo del China Desk dello studio
internazionale Baker Mckenzie a Milano e viaggia regolarmente in vari Paesi asiatici per motivi di lavoro. Nel 2018 ha pubblicato
sempre con Gangemi Editore Intervista sulla Cina, insieme a Luca Ciarrocca. Scrive regolarmente per varie riviste su temi di economia e geopolitica legati all’Asia orientale. Nel 2017 ha fondato il think tank Easternational, che esaminava l’impatto sull’Europa del
progetto Le Vie della Seta. Dal 2020 siede nel CDA della Italy China Council Foundation.
Nato nel 1984, appassionato di design e sport all’aria aperta, Alberto Dalmasso si è laureato in economia all’Università di Torino. Nel 2008
ha iniziato la sua carriera nel settore del retail e dell’import-export, lavorando tra Italia, Stati Uniti e Australia. Dopo 3 anni di esperienza
nella divisione marketing e business development di Ersel (Private Banking e Asset Management) nel 2013 ha fondato Satispay, insieme a Dario Brignone
e Samuele Pinta. Da allora Alberto guida Satispay, come CEO, nella continua crescita che ha portato la Società a conquistare milioni di utenti
che prediligono l’innovativo sistema per i propri pagamenti quotidiani.
Perché Rivoluzione Positiva?
Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,
quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
Oggi chi non si ferma a
guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad
una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
img: it.wikipedia.org
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