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INCAPACI DI LIBERARCI DEL PASSATO RINUNCIAMO A DISEGNARE IL FUTURO

Ci sono poi alcuni ingredienti che definirei quasi magici per ispirare e motivare le persone, infondere loro fiducia, voglia di fare e ottimismo: la passione, la gentilezza e il sorriso.

Vediamoli insieme.

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Passione vuol dire entusiasmo, fare ciò che si ama, in cui si crede veramente, con tenacia, coraggio e senza mettersi a misurare il contributo. Attraverso la propria passione, il proprio entusiasmo, il leader tocca le corde delle emozioni, suscita emozioni, creando così un legame diverso con le persone che è chiamato a guidare. La passione aiuta a trasformare valori in azioni, visioni in realtà, ostacoli in innovazioni, rischi in opportunità. Non lascia tempo e spazio ai problemi.

Importantissima poi la gentilezza verso gli altri che aiuta il benessere fisico ed emotivo, consolida legami e senso di fiducia. Un leader gentile riesce a creare un clima di lavoro più sereno, apre nuovi canali di comunicazione e in tal modo stimola la creatività e quindi la produttività. Essere gentili, dimostrare attenzione alle persone, “spinge” le persone avanti. Oltre i limiti autoassegnati.

E poi il sorriso e il senso dello humor che permettono di costruire connessioni autentiche, creano senso di benessere e rendono le persone più predisposte alla collaborazione. Tutti sappiamo quanto una risata aiuti il cervello a rilasciare una certa quantità di ormoni che rendono più felici e fiduciose le persone.

Gli scenari in continua evoluzione richiedono poi ai leader di essere aperti, open minded, interconnessi, pronti ad affrontare sfide sempre nuove sviluppando nuove capacità e competenze. Flessibilità, agilità, predisposizione al cambiamento sono parole chiave.

E in questo contesto occorre mettere in conto anche la possibilità di commettere errori, necessari per progredire e maturare nuove competenze, capacità, esperienze. Un vero e proprio diritto di errore. Per tutti!

Abbiamo oggi bisogno di leadership coraggiose e audaci di sperimentare, di percorrere strade mai battute, che si lasciano “contaminare” da esperienze provenienti da mondi e settori diversi. Leader curiosi. Creativi.

Leader che sanno andare oltre la “paura” dell’insuccesso e che anzi trasformano quella paura in uno stimolo a osare, per migliorarsi, per progredire. Leader che conoscono, comprendono e insegnano il valore dell’insuccesso. Che vedono nell’insuccesso un’occasione di crescita e miglioramento continuo. Perché l’insuccesso è parte del percorso che porta al raggiungimento dei propri obiettivi. Attraverso gli insuccessi, gli errori e gli insegnamenti che si riescono a trarne è possibile promuovere quei cambiamenti necessari per migliorare e per realizzare tutte le proprie potenzialità. Gli errori, gli insuccessi sono opportunità per perfezionare le proprie competenze e accrescere la propria conoscenza, possono portare a idee innovative. “Sono i portali di nuove scoperte”, come diceva Joyce.

I leader devono poi essere autentici, capaci di dimostrarsi fragili e vulnerabili e quindi umani. Veri esseri umani, come ognuno di noi.

Leader che sono consapevoli e che accettano le proprie imperfezioni e i propri limiti, che sono alla costante ricerca di feedback, che sono quindi in grado di chiedere aiuto e di delegare a compagni di squadra più bravi quelle attività per le quali sanno di non avere le giuste competenze. Che conoscono e credono quindi nella forza della squadra e nell’importanza della sua composizione. Perché non è più il tempo di un solo uomo o una sola donna al comando. I cambiamenti repentini e gli scenari complessi in cui viviamo richiedono ai leader di creare le condizioni affinché le persone siano in grado di rispondere prontamente e in autonomia alle sfide e ai problemi. I leader devono dare la direzione e, al tempo stesso, essere capaci di creare radici e donare ali. Valorizzando le persone e creando ambienti di lavoro aperti e realmente inclusivi, basati sulla cultura del rispetto di tutte le diversità, non solo di genere, ma anche di generazione, di geografia, di formazione professionale, di esperienze, di competenze. Ambienti di lavoro in cui convivono in armonia generazioni diverse e dove ciascuno possa sentirsi apprezzato, rispettato e libero di esprimere il proprio potenziale, le proprie attitudini ed inclinazioni. Più una persona riesce a condividere la propria unicità più quell’ambiente attira talenti. E il talento porta innovazione ed eccellenza.

L’inclusione è un imperativo di business.

Imprescindibile, poi, la capacità di ascolto che è la prima forma di generosità, di comprensione, di crescita. Ascoltare per entrare in sintonia con le persone, riuscire a gestire situazioni di conflitto, percepire le emozioni non verbali. Ma anche per sapere cosa ci circonda, per sapere dove sono le forze e le debolezze.

Ascoltare per conoscere e comprendere le persone a cui ci si rivolge per anticiparne esigenze e motivazioni.

Perché quando una persona si sente ascoltata, apprezzata, quando sa di poter dare il proprio contributo partecipando liberamente, in un’atmosfera di fiducia, con anche il diritto all’errore, allora si sente a proprio agio e performa di più e meglio.

Le persone felici sono più motivate sul posto di lavoro. Le sensazioni positive sono come un lubrificante dell’efficienza mentale: aiutano a comprendere meglio le informazioni, a pensare in maniera più flessibile, a essere creativi. Predispongono alla collaborazione.

L’infelicità ha un costo! Un costo che paghiamo tutti. Paese, aziende, nuclei familiari.

Fondamentale poi per un leader definire purpose, valori e cultura per ispirare e motivare le proprie persone e creare le condizioni per raggiungere gli obiettivi prefissati senza necessariamente un intervento diretto o un controllo costante.

Il purpose, lo scopo, è il motivo per cui l’azienda esiste - ovvero la consapevolezza di cosa il mondo, la società perderebbero se l’azienda scomparisse dal mercato. Il purpose aiuta le persone a capire il motivo delle loro azioni e crea senso di appartenenza. I valori danno indicazione di come le cose devono essere fatte, definiscono e dividono i comportamenti giusti da quelli sbagliati.

E infine la cultura, che deve essere allineata a purpose e valori e che definisce come le persone all’interno dell’organizzazione lavorano le une con le altre. Si riferisce a come vengono fatte le cose, le attitudini e i valori che informano e indirizzano i comportamenti. La cultura è come il vento per una barca a vela: è invisibile ma i suoi effetti si possono vedere e sentire facilmente. Se soffia nella giusta direzione la navigazione è facile ma se soffia in maniera contraria, è difficile mantenere la rotta.

Infine, l’importanza di una comunicazione efficace. Autentica, chiara, trasparente. Sia all’interno della propria organizzazione per tenere informate e aggiornate le proprie persone e renderle consapevoli di ciò, sia all’esterno come leva strategica e di business per l’impresa.

La lista è lunghissima ma la soluzione del rebus è facile. Il segreto sta nel guardare a cosa sappiamo portare, a cosa dobbiamo cercare altrove, nella capacità di attrarre e trattenere i talenti perché trovino ambienti di lavoro inclusivi, felici e stimolanti. Gentili.

Insomma, ormai lo sappiamo: si vince solo insieme!

Claudia Parzani

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