EtCetera Majorana
L’editoriale 3
II | Ottobre 2020
Giacomo Longoni, 5bb
Caro complottista, ti scrivo… Caro complottista, da quando questo virus maledetto è entrato prepotentemente nelle nostre vite, cambiandole, anzi, stravolgendole, molto spesso ho sentito parlare di te. Beninteso: non che prima non ti conoscessi! Tuttavia, ad essere sinceri, nel mondo “normale” di te parlavano raramente. Una, due, tre volte l’anno, forse. Sì, sapevamo della tua esistenza ma in fin dei conti nessuno ti dava un volto, nessuno associava a te una voce, degli occhi, un naso… per non parlare di un cervello! Potrei dire, credendo di interpretare un sentire comune, che fino al febbraio scorso eri il nostro Grinch. Lo conosci? È quella creatura pelosa, verde, tanto disgustosa quanto simpatica che odia il Natale. No, non vive a Desio o nella “velenosa Brianza”, vive sul Monte Briciolaio, in un mondo a noi parallelo ma forse meno lontano di quanto possa sembrare. Ebbene, come Grinch anche tu, così almeno credevo, vivevi in disparte; disprezzavi con tutto te stesso la città dei Chi, la comunità, l’entusiasmo, finto o autentico che fosse, di un evento caratterizzante per tutti. Usavi i mezzi più disparati per collegarti col mondo, servendoti non del
fedele cane Max o di una slitta volante come nel caso del Grinch, ma della tecnologia, dei social, soprattutto Facebook, o, nel caso dei tuoi colleghi più tradizionalisti, del Codice Morse. Di te tutti parlavano con voce sommessa come quando si parla del povero zio scorbutico a cui la vita ha destinato molte sofferenze, insomma di qualcuno verso cui provare compassione, non astio se non odio. Poi è arrivato il Coronavirus e, come fosse la Vigilia di Natale della città dei Chi, anche tu come Grinch sei uscito dalla tana e hai intasato di commenti e di post le home di Facebook e Twitter di molti utenti; hai dato spazio alla fantasia e alla creatività che ti contraddistinguono per dare risposte a domande, dilemmi su cui la comunità scientifica ancora ci stava/ci sta sbattendo la testa. Ti chiederai con quale titolo io ti stia scrivendo o, molto più verosimilmente, perché mai lo stia facendo su un giornalino scolastico e non per esempio utilizzando una di quelle piattaforme digitali che tanto ami. Non lo so a dir la verità. Sono un po’ da compatire anch’io… Forse è questo che ci lega, che ci uni-