La Nuova Alimentazione - Triennio A - Prodotti dolciari

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UDA Esame di Stato Educazione civica Videolezioni Curiosità dal mondo Tradizioni di cultura dell’alimentazione

PRODOTTI DOLCIARI

A

T R I E N N I O

La nuova Alimentazione Pasticceria

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE

Il piacere di apprendere

TECNICHE DI PASTICCERIA


PERCORSI FORMATIVI PLAN

Un ambiente interamente dedicato a Docenti e studenti degli Istituti alberghieri per essere sempre aggiornati sul mondo dell’enogastronomia, dell’alimentazione e dell’ospitalità

FORMAZIONE E ORIENTAMENTO STUDENTI EDUTAINMENT E GAMIFICATION

Il Progetto Didattico Nazionale Cooking Quiz prevede l’incontro degli studenti con un professionista di ALMA - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana - che terrà alla classe una lezione pratica altamente professionalizzante, seguita da una sfida a quiz tra le classi, basata sui princìpi della Gamification e dell’Edutainment. Per la classe vincitrice della Finale Nazionale, in palio un corso di formazione presso ALMA, nella prestigiosa sede di Parma. La partecipazione è gratuita.

Evento patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo.

INCONTRI DIDATTICI

I Docenti del Corso di laurea in Scienze gastronomiche dell’Università degli Studi di Camerino incontrano gli studenti degli Istituti alberghieri. Gli eventi online prevedono la partecipazione di professionisti, formatori e aziende del settore enogastronomico. Si offre anche un servizio di Orientamento per conoscere il Corso di laurea in Scienze gastronomiche, che fornisce competenze specifiche nell’ambito dell’intera filiera. La partecipazione è gratuita.

PERCORSI PER LE COMPETENZE TRASVERSALI E PER L’ORIENTAMENTO

La collaborazione con Club Academy ha dato vita a Percorsi didattici per lo sviluppo delle Competenze Trasversali e per l’Orientamento, dedicati alle classi seconde, terze, quarte e quinte. I corsi online sono dedicati alla pratica di cucina e di pasticceria: un’ottima occasione per permettere a tutti gli studenti di integrare l’alternanza scuola-lavoro con un percorso di alta formazione. Per saperne di più visita www.gruppoeli.it/plan


WWW.GRUPPOELI.IT/PLAN FORMAZIONE DOCENTI Tutti gli eventi di formazione sono erogati dal gruppo editoriale ELI di cui Edizioni PLAN fa parte. ELI è Ente riconosciuto per la formazione del personale della scuola ai sensi della direttiva 170 del 2016.

Edizioni PLAN offre ai Docenti la possibilità di partecipare a corsi di formazione e seminari di aggiornamento. Gli incontri sono tenuti dai Docenti di ALMA - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana - e del Corso di laurea in Scienze gastronomiche dell’Università degli Studi di Camerino. Scopo del progetto è favorire il dibattito sul mondo dell’istruzione negli Istituti alberghieri, con particolare attenzione alle tematiche più attuali. La partecipazione è gratuita. Un corpo docente di alto livello, costituito da professionisti dell’ospitalità e della cultura enogastronomica, tiene ogni anno eventi di formazione e aggiornamento per i Docenti PLAN. ALMA è la Scuola Internazionale di Cucina Italiana con sede nella Reggia di Colorno (Parma). Forma cuochi, pasticceri, sommelier, panificatori, professionisti di sala, artigiani del gelato e della pizza e manager della ristorazione provenienti da tutto il mondo per farne veri protagonisti dell’ospitalità grazie ai programmi di alta formazione realizzati con gli insegnanti più autorevoli.

Edizioni PLAN organizza ogni anno eventi formativi in collaborazione con l’Università degli Studi di Camerino, dedicati alla scienza e cultura dell’alimentazione, ai temi della sostenibilità, di educazione civica e dell’Agenda 2030. Il Corso di laurea in Scienze gastronomiche approfondisce i temi di scienze degli alimenti e della nutrizione, del management e marketing, del food design, del diritto alimentare e della storia dell’alimentazione. Per saperne di più visita www.gruppoeli.it/plan


IV

Indice

Indice

Didattica Digitale Integrata Approfondimenti ed esercizi interattivi Audio Video esplicativi e videolezioni

Unità di Apprendimento 1

L’alimentazione oggi STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione 1 2 3 4 5 6 7

Unità di Apprendimento 2

Che cosa sono gli alimenti ........................................... 4 Come si classificano gli alimenti ................................... 5 Che cosa si intende per dieta equilibrata ...................... 7 Come si valuta il peso corporeo ................................... 8 Che cosa sono le Tabelle di composizione degli alimenti .............................................................. 9 Che cosa sono i LARN ................................................ 10 Che cosa sono le Linee guida ..................................... 15

Approfondimento Consigli speciali ............................ 21 8 9

Che cosa sono i modelli nutrizionali ........................... 23 Che cosa si intende per dieta mediterranea ................ 25

Educazione civica La doppia piramide alimentare e ambientale .................................................................. 26 Approfondimento La ristorazione collettiva .............. 28 FAQ: Domande frequenti ............................................... Mappa concettuale La dieta equilibrata .......................... Verifiche ........................................................................ Laboratorio delle competenze . . ....................................

32 33 34 36

FACCIAMO IL PUNTO Il dibattito sull’Agenda 2030 ................................. 37 Il compito di realtà .................................................. 37

La merceologia alimentare STEP 1

Cereali e derivati 1 2 3 4 5 6 7 8

Che cosa sono i cereali e qual è il loro valore nutrizionale .............................................................. Che cos’è il frumento e come è strutturata la sua cariosside .................................................................. Quali sono le sostanze che caratterizzano gli impasti di farine .................................................................... Come si impastano i prodotti lievitati ........................ Altre farine, farine senza glutine e amidi .. ................... Che cos’è il pane e quali sono i suoi ingredienti .......... Che cos’è la pasta ...................................................... Che cos’è il riso ..........................................................

FAQ: Domande frequenti ............................................... Mappa concettuale I cereali ............................................ Verifiche ........................................................................ Laboratorio delle competenze ......................................

40 40 45 48 49 51 55 55 56 57 58 60

STEP 2

Uova 1 2 3 4 5

Che cosa sono le uova ............................ ................... Qual è il valore nutrizionale delle uova .... ................... Come si classificano le uova ....................................... Come devono essere etichettate le uova .................... Come si conservano le uova ......................................

62 64 64 65 66

FAQ: Domande frequenti ............................................... Mappa concettuale Le uova ........................................... Verifiche ........................................................................ Laboratorio delle competenze ......................................

67 68 70 72


V

STEP 3

Latte e formaggi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Che cos’è il latte ........................................................ Qual è il valore nutrizionale del latte .......................... Che cosa si intende per latti naturali ........................... Che cosa sono i latti speciali ....................................... Che cosa prevede l’etichettatura del latte ................... Che cosa sono i formaggi ........................................... Come si producono i formaggi ................................... Come si classificano i formaggi .................................. Qual è il valore nutrizionale dei formaggi ................... Come si conservano i formaggi .................................. Che cosa prevede l’etichettatura dei prodotti lattiero-caseari ..........................................................

74 75 76 79 82 83 83 85 87 87 87

Approfondimento I derivati del latte più usati in pasticceria dolce e salata ........................................... 88 FAQ: Domande frequenti ............................................... Mappa concettuale Il formaggio o cacio ......................... Verifiche ........................................................................ Laboratorio delle competenze . . ....................................

90 91 92 94

STEP 5

Agenti lievitanti 1 2 3

Che cosa sono i lieviti ............................. ................. 118 In che cosa consiste la lievitazione .......... ................. 121 Come avviene la cottura ......................... ................. 123

Approfondimento La fermentazione ........................ 124 FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale La lievitazione ............................... Verifiche ..................................................... ................. Laboratorio delle competenze ....................................

125 126 128 131

STEP 6

Frutta secca 1 2

Qual è il ruolo della frutta secca in pasticceria ........... 132 La frutta secca a guscio ........................... ................. 133

Approfondimento La frutta secca disidratata ........... 136

STEP 4

Grassi e oli 1 2 3 4 5 6

Che cosa sono i grassi e gli oli .................................... 96 Che cos’è la crema di latte .......................................... 97 Che cos’è la panna da montare .................................. 97 Che cos’è il burro ....................................................... 98 Che cos’è lo strutto .................................................. 100 Che cosa sono gli oli vegetali ................................... 101

Approfondimento Che cosa sono gli oli di semi ........ 103 7 8

Che cos’è la margarina e come si produce ................ 105 Che cos’è l’olio d’oliva .............................................. 107

Educazione civica Tipologie di cottura ed effetti sui grassi ..................................................................... 111 FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale Gli oli e i grassi da condimento ....... Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze ....................................

112 113 114 116

FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale La frutta secca ............................... Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze ....................................

137 138 139 141

STEP 7

Alimenti accessori 1 2 3 4 5 6 7

Che cosa si intende per alimenti accessori ................ Che cosa sono i condimenti ..................................... Quali sono i principali dolcificanti ............................ Che cosa caratterizza erbe aromatiche e spezie ........ Che cos’è il cacao ..................................................... Il cioccolato ............................................................. Che cosa si intende per prodotti dolciari ..................

142 142 146 148 151 152 155

FAQ: Domande frequenti ............................................. 157 Verifiche ...................................................................... 158 Laboratorio delle competenze .................................... 159


VI

Indice

Unità di Apprendimento 3

Il territorio STEP 1

La tradizione pasticcera delle regioni italiane 1 2

STEP 8

Acque e bevande 1 2 3

Che cos’è l’acqua ..................................................... 160 Quali sono le caratteristiche delle acque destinate al consumo umano ................................................. 160 Che cosa sono le bevande analcoliche ..................... 163

Educazione civica Le bevande zuccherate ............... 164 4

Che cosa sono le bevande nervine ........................... 165

Approfondimento Caffè e tè ..................................... 167 5

Che cosa sono le bevande alcoliche ......................... 171

Educazione civica L’assunzione di alcol etilico ......... 173 FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale Le bevande ................................... Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze . . ..................................

175 176 177 179

Additivi ad azione fisica e coloranti Che cosa sono e a che cosa servono gli additivi ........ 180 Che cosa sono i coloranti ......................................... 181

Approfondimento La classificazione degli additivi ad azione fisica ............................................................. 182 FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale Gli additivi ad azione fisica ............. Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze ....................................

Approfondimento L’alimentazione nella storia ........ 215 Approfondimento La promozione delle risorse enogastronomiche ..................................... ................. 219 Laboratorio delle competenze .................................... 223

STEP 9 1 2

Che cosa si intende per tipicità ............... ................. 194 L’enogastronomia: un’opportunità per la valorizzazione del Made in Italy ....................... 196 Valle d’Aosta ........................................................... 198 Piemonte ................................................................ 198 Lombardia .............................................................. 200 Trentino-Alto Adige ................................................. 201 Friuli-Venezia Giulia ................................................. 202 Veneto ................................................... ................. 202 Liguria ................................................... ................. 203 Emilia-Romagna ..................................... ................. 204 Toscana .................................................................. 204 Marche .................................................. ................. 205 Umbria ................................................................... 206 Lazio ......................................................................... 206 Abruzzo ................................................. ................. 207 Molise ..................................................................... 208 Campania ............................................................... 208 Puglia ..................................................................... 210 Basilicata ................................................................ 211 Calabria .................................................................. 212 Sicilia ...................................................................... 212 Sardegna ................................................................ 214

184 185 186 188

FACCIAMO IL PUNTO Il dibattito sull’Agenda 2030 ............................... 190 Il compito di realtà ................................................ 190 L’Esame di Stato ..................................................... 191

FACCIAMO IL PUNTO Il dibattito sull’Agenda 2030 ............................... 224 Il compito di realtà ................................................ 224 L’Esame di Stato ..................................................... 225


VII

Unità di Apprendimento 4

STEP 3

L’analisi microbiologica degli alimenti

Il laboratorio di microbiologia

STEP 1

1 2 3

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari 1

Quali microrganismi si sviluppano negli alimenti . . .... 228

Approfondimento I probiotici . . ................................. 230

Che cos’è il rischio biologico .................................... 264 Come comportarsi in laboratorio di microbiologia . . .. 265 Quali strumenti usa il microbiologo ........ ................. 265

FAQ: Domande frequenti ............................................. 270 Verifiche ...................................................................... 271 Laboratorio delle competenze .................................... 272

Approfondimento La cellula batterica ...................... 235 Approfondimento Gli organismi eucarioti e procarioti .................................................................. 236 2

Come avviene la contaminazione degli alimenti in pasticceria ........................................................... 238

FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale Microrganismi negli alimenti .......... Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze . . ..................................

244 245 246 247

FACCIAMO IL PUNTO Il dibattito sull’Agenda 2030 ............................... 274 Il compito di realtà ................................................ 274 L’Esame di Stato ..................................................... 275

Appendici CLIL ............................................................ .................. 276 Lessico specialistico . . ............................... .................. 278 Esame di Stato • Esercitazioni ....................................... 280

STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica 1 2 3 4

Qual è l’obiettivo dell’analisi microbiologica ............. Come si effettua l’analisi microbiologica ................... Quali sono le fasi della crescita batterica .................. Come si identificano i microrganismi .......................

250 250 256 257

FAQ: Domande frequenti ............................................. Mappa concettuale L’analisi microbiologica .................. Verifiche ...................................................................... Laboratorio delle competenze ....................................

260 261 262 263


UDA

1

L’alimentazione oggi

Competenze disciplinari Conoscenze • Gli alimenti

• Linee guida per una sana alimentazione: princìpi nutritivi, nutrizione e alimentazione

• Elementi di dietetica e nutrizione

• Criteri di scelta

delle materie prime

Abilità • Applicare criteri di selezione delle materie prime

Competenze interdisciplinari di indirizzo Competenza n. 4 Predisporre prodotti, servizi e menù coerenti con il contesto e le esigenze della clientela (anche in relazione a specifici regimi dietetici e stili alimentari), perseguendo obiettivi di qualità, redditività e favorendo la diffusione di abitudini e stili di vita sostenibili e equilibrati

Competenze interdisciplinari di area generale

Competenze chiave per l’apprendimento permanente

Competenze di cittadinanza

Competenza n. 1 Agire in riferimento a un sistema di valori, coerenti con i princìpi della Costituzione

• Competenza alfabetica

• Imparare

• Competenza

• Progettare

Competenza n. 2 Utilizzare il patrimonio lessicale ed espressivo della lingua italiana

• Competenza matematica

Competenza n. 8 Utilizzare le reti e gli strumenti informatici Competenza n. 11 Padroneggiare l’uso di strumenti tecnologici Competenza n. 12 Utilizzare i concetti e i fondamentali strumenti degli assi culturali in campi applicativi

e funzionale

multilinguistica

• Competenza digitale

a imparare

• Comunicare • Risolvere problemi

• Competenza personale,

• Individuare

• Competenza in materia

• Acquisire e

sociale e capacità di imparare a imparare di cittadinanza

collegamenti e relazioni interpretare l’informazione


CURIOSITÀ DAL MONDO Un alimento, per essere considerato tale, deve avere proprietà nutritive, deve essere gradevole al palato, può essere di origine vegetale, animale, fungina o minerale. La paella è un gustoso piatto spagnolo che unisce ingredienti di origine diversa e con differenti proprietà nutrizionali, come riso, verdure, carne, frutti di mare e spezie. Originaria della zona di Valencia, la paella deve il suo nome alla larga padella in ferro, munita di due impugnature, che veniva originariamente utilizzata per prepararla. Per saperne di più, vai al libro digitale.

I RACCORDI INTERDISCIPLINARI Matematica • Esercizi di calcolo calorico-nutrizionale Laboratorio di Cucina • La redazione di un menu • La ristorazione collettiva

INDICE STEP

1

Elementi di dietetica e nutrizione

L’AGENDA 2030 Obiettivo 12: Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili

IL DIBATTITO La dieta mediterranea è un modello di dieta sostenibile?

IL COMPITO DI REALTÀ Creare le “carte d’identità” dei principali alimenti protagonisti della dieta mediterranea, classificandoli in base ai criteri illustrati nel testo e associando a ognuno di essi un’immagine significativa.


4

Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

Elementi di dietetica e nutrizione

STEP

1

1

CHE COSA SONO GLI ALIMENTI

Gli alimenti sono sostanze che servono all’essere umano per nutrirsi e poter così svolgere le attività quotidiane in condizioni

di salute. Per essere considerato tale, un alimento deve essere commestibile, deve avere caratteristiche organolettiche gradevoli, deve avere proprietà nutritive e non deve contenere sostanze velenose o tossiche per l’organismo.

Un alimento è una sostanza: ● ● ● ● ● ●

Glossario Nutrienti

I nutrienti (o princìpi nutritivi) sono sostanze chimiche contenute negli alimenti necessarie all’organismo umano per svolgere i processi di crescita, sviluppo e mantenimento delle funzioni vitali.

solida o liquida; di origine animale, vegetale, fungina o minerale; commestibile; destinata a essere ingerita; consumabile cruda o cotta; consumabile da sola o in miscela;

Che cosa sono i nutrienti (o princìpi nutritivi) Per avere proprietà nutritive, gli alimenti devono essere fonte di nutrienti, cioè di glucidi, lipidi, proteine, vitamine, sali minerali e acqua. I nutrienti sono assunti con gli

● consumabile allo stato naturale ● ● ● ●

o trasformata; organoletticamente gradevole; con proprietà nutritive; priva di sostanze velenose o tossiche; disponibile e accessibile.

alimenti ma, poiché nessun alimento singolo contiene nella giusta quantità tutti i nutrienti necessari all’organismo, solo consumando una grande varietà di alimenti nelle opportune combinazioni è possibile fornire all’organismo tutte le sostanze delle quali ha bisogno.

La classificazione dei nutrienti

(in base al fabbisogno giornaliero e alle quantità presenti negli alimenti) Macronutrienti Sono molecole mediamente presenti nell’ordine dei grammi su 100 g di alimento, di cui il nostro organismo ha bisogno quotidianamente in quantità elevate. Sono macronutrienti l’acqua, i glucidi, i lipidi e le proteine. Micronutrienti

Sono molecole presenti negli alimenti nell’ordine di milligrammi o microgrammi e necessarie all’organismo in piccole quantità, vale a dire vitamine e sali minerali.

Nutrienti essenziali

Sono quei nutrienti che l’organismo non è in grado di sintetizzare a partire da altre molecole e che, essendo indispensabili e insostituibili per lo svolgimento delle funzioni fisiologiche, devono essere assunti obbligatoriamente ogni giorno con gli alimenti. Sono otto amminoacidi per l’adulto, dieci per il bambino nei primi anni di vita.


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

5

La classificazione dei nutrienti dal punto di vista chimico Nutrienti di natura organica

Possiedono catene carboniose. Sono i glucidi, i lipidi, le proteine e le vitamine.

Nutrienti di natura inorganica

Non presentano catene carboniose. Sono i sali minerali e l’acqua.

Quali sono le funzioni dei nutrienti I nutrienti possono svolgere prevalentemente tre funzioni. Funzione energetica

È la capacità di alcuni nutrienti di fornire energia all’organismo. Questa funzione è svolta prevalentemente da glucidi, lipidi e proteine, che sono detti nutrienti energetici. Tale energia si misura in calorie (kcal): • glucidi e proteine forniscono 4 kcal per grammo; • i lipidi forniscono 9 kcal per grammo.

Funzione bioregolatrice

È svolta da acqua, vitamine e sali minerali, che sono detti nutrienti non energetici perché non forniscono energia. Anche se non forniscono energia, i nutrienti non energetici svolgono la funzione di bioregolatori dei processi metabolici (molecole regolatrici).

È la capacità di alcuni nutrienti di fornire i materiali da costruzione necessaria Funzione per il rinnovamento e la crescita di tessuti e organi. Questa funzione è svolta plastica (o costruttrice) principalmente dalle proteine, seguite dai lipidi e dai glucidi.

2

COME SI CLASSIFICANO GLI ALIMENTI

Gli alimenti possono essere classificati secondo vari criteri, ad esempio in base a: origine; stato fisico; disponibilità in natura; modalità d’uso; rilevanza nutrizionale; origine e categoria merceologica; funzione nutrizionale prevalente. In base all’origine, si distinguono: • alimenti di origine animale (carne, pesce, latte e derivati, uova, miele); • alimenti di origine vegetale (cereali, ortaggi, frutta e legumi); • alimenti di origine minerale (acqua e sale da cucina). In base alla rilevanza nutrizionale, si distinguono: • alimenti primari, indispensabili dal punto di vista nutrizionale per la sopravvivenza dell’organismo (cereali, prodotti ortofrutticoli, legumi, uova, latte, carni, prodotti ittici, oli e grassi, acqua);

• alimenti accessori, sostanze non

indispensabili aggiunte al cibo per renderlo più piacevole (condimenti, erbe aromatiche, spezie) o alimenti consumati per piacere (prodotti dolciari, bibite zuccherate, bevande nervine e alcoliche).

In base alla funzione che svolgono nell’organismo, si distinguono: • alimenti con funzione energetica: fonti di glucidi complessi e lipidi (cereali e derivati, tuberi, oli e grassi, frutta secca oleosa); • alimenti con funzione plastica o costruttiva: fonti di proteine (carni, prodotti ittici, uova, latte e prodotti lattiero-caseari, legumi secchi); • alimenti con funzione bioregolatrice o protettiva: fonti alimentari di vitamine, sali minerali e composti bioattivi (prodotti ortofrutticoli e legumi freschi) o alimenti consumati per piacere (prodotti dolciari, bibite zuccherate, bevande nervine e alcoliche).


6 Glossario CREA Alimenti e nutrizione

È il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari. Raccoglie le competenze, le attività di ricerca, formazione e divulgazione dello storico Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN).

Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

Che cosa si intende per classificazione in cinque gruppi Un’alimentazione varia ed equilibrata è alla base di una vita in salute: un’alimentazione scorretta, infatti, oltre a incidere sul benessere psico-fisico, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose malattie. Per facilitare la composizione di una dieta equilibrata, il CREA ha proposto nel 2003 una classificazione degli alimenti primari in cinque gruppi in base alla concentrazione di princìpi alimentari. Alternando in modo corretto gli alimenti di tutti i cinque

gruppi nel corso della settimana, si ottiene un regime alimentare adeguato dal punto di vista nutrizionale. Lo scopo di questa classificazione è quindi facilitare la composizione di una dieta corretta, varia ed equilibrata. Va ricordato che gli alimenti del gruppo V (grassi e oli da condimento) vanno consumati in quantità limitate e preferibilmente a crudo; è preferibile limitare l’assunzione di grassi animali e impiegare preferibilmente olio extravergine di oliva, che è costituito principalmente da acidi grassi monoinsaturi ed è ricco di antiossidanti.

La classificazione in cinque gruppi Gruppo I

Cereali e derivati Tuberi

Glucidi complessi (amido) Proteine a basso valore biologico Fibra alimentare (soprattutto i prodotti integrali) Vitamine idrosolubili (complesso B) Folati nei prodotti integrali

Gruppo II

Ortaggi e frutta fresca

Vitamine (C e provitamina A) Sali minerali Acqua Fibra alimentare Fruttosio Composti antiossidanti e bioattivi

Gruppo III

Latte e derivati

Proteine ad alto valore biologico Sali minerali (calcio e fosforo) Vitamine liposolubili (A, D) Vitamine idrosolubili (complesso B) Grassi saturi (formaggi)

Gruppo IV

Carni Prodotti ittici Uova Legumi secchi

Proteine ad alto valore biologico (carne, prodotti ittici e uova) Sali minerali (ferro, zinco e rame) Vitamine idrosolubili (complesso B) Proteine a medio valore biologico (legumi) Amido (legumi) Fibra alimentare (legumi) Folati (legumi)

Gruppo V

Grassi e oli da condimento

Lipidi Acidi grassi essenziali (AGE) Acidi grassi saturi Vitamine liposolubili (A, D, E, K)


STEP 1

3

Elementi di dietetica e nutrizione

CHE COSA SI INTENDE PER DIETA EQUILIBRATA

Una dieta equilibrata dovrebbe non solo garantire il soddisfacimento dei fabbisogni di energia e nutrienti, ma dovrebbe anche essere predisposta in modo tale da non arrecare rischi per la salute perché, al contrario, dovrebbe essere in grado di garantire il benessere. L’espressione dieta equilibrata o dieta bilanciata definisce pertanto uno schema dietetico che, basandosi sulla scelta razionale degli

7 alimenti ai fini della ripartizione armonica dei vari nutrienti, è in grado di: • assicurare un corretto apporto calorico; • fornire tutti i princìpi nutritivi in quantità adeguate alla copertura dei fabbisogni e nei migliori rapporti reciproci; • risultare appetibile e accettabile sotto il profilo economico, etnico e culturale; • garantire la sicurezza e la varietà degli alimenti; • aiutare il mantenimento di un buono stato di salute, prevenendo carenze o eccessi nutrizionali.

Le caratteristiche della dieta equilibrata o bilanciata

Sufficiente apporto calorico

Apporto di princìpi nutritivi adeguato ai fabbisogni

Apporto di princìpi nutritivi nei migliori rapporti reciproci

Nella formulazione di una dieta equilibrata, è necessario partire dalla valutazione del peso corporeo. Per una corretta pianificazione, si deve tenere conto inoltre delle indicazioni contenute in tre strumenti fondamentali:

Appetibilità

Adeguatezza economica, etnica e culturale

Varietà alimentare

Sicurezza alimentare

Promozione dello stato di salute

• le Tabelle di composizione degli alimenti; • i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia);

• le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana.

ESERCIZIO 1 La dieta equilibrata dovrebbe essere in grado di garantire il benessere del soggetto 2 La dieta equilibrata dovrebbe assicurare un corretto apporto calorico 3 Tra le caratteristiche della dieta equilibrata, finalizzata al mantenimento di un buono stato di salute, non rientra l’appetibilità 4 La varietà degli alimenti non è una caratteristica della dieta equilibrata 5 La dieta equilibrata dovrebbe fornire soprattutto proteine e carboidrati

V V

F F

V V V

F F F


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

8

4

COME SI VALUTA IL PESO CORPOREO

Che cos’è l’Indice di Massa Corporea (IMC)

Nell’adulto il peso corporeo tende a rimanere stabile per lunghi periodi per effetto di sistemi di controllo a breve e a lungo termine. Tuttavia le alterazioni del peso corporeo in eccesso e in difetto sono comuni. Il concetto di peso forma (o peso ideale) non è definibile in termini assoluti; si può individuare però una fascia di peso ottimale entro la quale si riduce al minimo il rischio di malattie e si conserva lo stato di salute. Questo peso desiderabile è valutato tenendo conto di parametri che mettono in relazione il peso con l’altezza, il sesso, la composizione corporea e lo stato di salute.

Tra i parametri più utilizzati per il calcolo del peso corporeo desiderabile e la valutazione dello stato di nutrizione di soggetti adulti vi è l’Indice di Massa Corporea (IMC), più comunemente noto come BMI (Body Mass Index), che mette in relazione peso e altezza, indipendentemente dal sesso e dalla composizione corporea. Il BMI è calcolato applicando la formula seguente.

BMI = peso (kg) : altezza2 (m) In alternativa, si può ricorrere al grafico seguente, in cui è sufficiente incrociare il valore dell’altezza con quello del peso.

Grafico per il calcolo del BMI Sottopeso Magrezza moderata

Magrezza grave

Altezza (m)

BMI 16,0

2,00

17,0

Normopeso

Sovrappeso

BMI 18,5

BMI 25,0

1,95 BMI 30,0

1,90 1,85 1,80

Obesità moderata

1,75 1,70

BMI 40,0

1,65 1,60

Obesità grave

1,55 1,50 1,45

110,0

105,0

95,0

90,0

85,0

100,0

Peso (Kg)

80,0

75,0

70,0

65,0

60,0

55,0

50,0

45,0

40,0

1,40

La misura della circonferenza addominale è invece un metodo di facile utilizzo per valutare l’accumulo di grasso a livello addominale. Tale valore rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e il diabete mellito. Il rischio cardiovascolare inizia ad aumentare per valori di circonferenza addominale superiori a 94 cm per l’uomo e a 80 cm per la donna, e diventa più elevato per valori superiori rispettivamente a 102 e 88 cm.


STEP 1

5

Elementi di dietetica e nutrizione

CHE COSA SONO LE TABELLE DI COMPOSIZIONE DEGLI ALIMENTI

Le Tabelle di composizione degli alimenti sono uno strumento fondamentale nella pianificazione di una dieta equilibrata. Esse sono utili per: • conoscere il valore nutritivo degli alimenti; • programmare diete e interventi di educazione nutrizionale. Le Tabelle di composizione degli alimenti contengono i dati sui contenuti in nutrienti e in fibra alimentare degli alimenti maggiormente consumati in Italia. Sono state elaborate a cura dell’INRAN e vengono aggiornate periodicamente sulla base di nuovi dati prodotti dagli studi più recenti. L’aggiornamento dei dati al 2019 può essere consultato nella Banca Dati del sito CREA: www.alimentinutrizione.it. Questa revisione contiene circa 900 alimenti suddivisi in 20 categorie: Cereali e derivati; Legumi; Verdure e ortaggi; Frutta; Frutta secca a guscio e semi oleaginosi; Carni fresche; Carni trasformate e conservate; Fast-food a base di carne; Frattaglie; Prodotti della pesca; Latte e yogurt; Formaggi e latticini; Uova; Oli e grassi; Dolci; Prodotti vari; Bevande alcoliche; Ricette italiane; Alimenti Etnici; Alimenti tradizionali. Le Tabelle di composizione degli alimenti sono strutturate in colonne riportanti il valore energetico e la composizione in micronutrienti degli alimenti. I valori dei singoli nutrienti sono riferiti a 100 g di parte edibile dell’alimento.

9 Per alcuni alimenti sono riportati anche i contenuti in fibra solubile e insolubile.

Glossario

Le proteine sono state ottenute determinando l’azoto totale e moltiplicandolo per specifici fattori di conversione.

Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, la cui ricerca è focalizzata sul sistema agroalimentare, con l’obiettivo di tutelare, informare ed educare il consumatore.

I carboidrati sono presenti come amido (espresso come polisaccaride), come zuccheri solubili (espressi come monosaccaridi) e come fibra alimentare. I carboidrati disponibili sono la somma di amido e zuccheri, espressi entrambi come monosaccaridi. Polisaccaridi e disaccaridi sono stati convertiti in monosaccaridi utilizzando specifici fattori di conversione.

INRAN

Parte edibile

È rappresentata dalla parte dell’alimento che è effettivamente consumata dopo aver allontanato lo scarto (il pesce privato delle lische, della testa e delle interiora, la banana privata della buccia).

Le vitamine maggiormente presenti sono: la tiamina, la riboflavina, la niacina, la vitamina A, la vitamina C e la vitamina E. Per alcuni alimenti sono state inserite altre vitamine del gruppo B e i folati. L’energia è stata espressa in kcal (kilocalorie) e kJ (kilojoule). I kJ sono stati calcolati sulla base dell’equivalenza:

1 kcal = 4,184 kJ Per la determinazione dell’energia, i fattori usati per il calcolo sono: • proteine ➝ 4 kcal/g; • lipidi ➝ 9 kcal/g; • carboidrati disponibili ➝ 3,75 kcal/g; • amido (espresso come polisaccaride) ➝ 4,13 kcal/g; • alcol etilico ➝ 7 kcal/g.

ESERCIZIO 1 Le Tabelle di composizione degli alimenti sono strumenti utili per conoscere il valore nutritivo degli alimenti ma non per programmare diete 2 Le Tabelle di composizione degli alimenti vengono aggiornate periodicamente: la versione più recente risale al 2009 3 La parte edibile di un alimento è costituita dallo scarto 4 Nelle Tabelle di composizione degli alimenti, le proteine sono contenute moltiplicando l’azoto totale per specifici fattori di conversione 5 Nelle Tabelle di composizione degli alimenti, l’energia è espressa in chilocalorie (kJ) e chilojoule (kJ)

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Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

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CHE COSA SONO I LARN

Per alimentarsi in modo corretto occorre conoscere e seguire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana). I LARN sono un sistema di valori di riferimento per la dieta della popolazione e del singolo individuo sano, che costituiscono la base per la stesura di linee guida e obiettivi nutrizionali. I LARN sono utilizzabili: • per la ricerca e pianificazione nutrizionale nel singolo individuo, in gruppi di individui o in segmenti di popolazione;

• per la definizione di politiche sanitarie; • per la formulazione di indicazioni

salutistiche, per l’etichettatura nutrizionale e per lo sviluppo di nuovi alimenti e integratori alimentari.

Nello sviluppo dei LARN, sono stati identificati i seguenti gruppi (ulteriormente suddivisi in classi di età): • lattanti (6-12 mesi) e bambini, indipendentemente dal sesso; • maschi; • femmine; • donne in gravidanza; • donne in allattamento.

I valori di riferimento dei LARN Fabbisogno medio (Average Requirement, AR)

Livello di assunzione del nutriente sufficiente a soddisfare i fabbisogni del 50% di soggetti sani in uno specifico gruppo di popolazione.

Assunzione raccomandata per la popolazione (Population Reference Intake, PRI)

Livello di assunzione del nutriente sufficiente a soddisfare il fabbisogno di quasi tutti (97,5%) i soggetti sani della popolazione.

Assunzione adeguata (Adequate Intake, AI)

Livello di assunzione del nutriente che si ritiene adeguato a soddisfare i fabbisogni della popolazione.

Intervallo di riferimento per l’assunzione di macronutrienti (Reference Intake range for macronutrients, RI)

Intervallo di assunzione di lipidi e glucidi che consente il mantenimento dello stato di salute e permette un’introduzione adeguata di tutti gli altri micro- e macronutrienti.

Obiettivi nutrizionali per la prevenzione (Suggested Dietary Target, SDT)

Obiettivi (quantitativi o qualitativi) di assunzione di nutrienti o di consumo di alimenti e/o bevande che, se raggiunti, determinano la riduzione del rischio di malattie cronicodegenerative nella popolazione generale.

Limite massimo tollerabile di assunzione (tolerable Upper intake Level, UL)

Il valore più elevato di assunzione del nutriente che si ritiene non associato a effetti avversi sulla salute nella totalità degli individui di uno specifico gruppo di popolazione.

Grazie alle indicazioni contenute nei LARN, è possibile valutare i fattori fondamentali nella pianificazione di una dieta equilibrata, cioè: • calcolare il fabbisogno energetico; • stabilire gli apporti giornalieri di nutrienti; • pianificare i pasti della giornata; • determinare le porzioni standard.


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

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Come si calcola il fabbisogno energetico

• assegnano a ogni categoria un fattore di

Nella formulazione di una dieta equilibrata, i riferimenti dei LARN ci aiutano a determinare il fabbisogno energetico in base ai parametri dell’età, del sesso, dell’attività fisica e lavorativa e del metabolismo basale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il fabbisogno energetico totale (FET) come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di un individuo nelle 24 ore. Per il calcolo del fabbisogno energetico totale si applica quindi la formula:

Per gli adulti, in genere, il livello di attività fisica è compreso tra 1,4-2 (sedentarietà/ impegno motorio). I quattro valori esemplificativi di LAF corrispondono a: • 1,45 per attività fisica minima (individui sedentari ipocinetici); • 1,60 per uno stile di vita prevalentemente sedentario; • 1,75 per uno stile di vita moderatamente attivo; • 2,10 per uno stile di vita con attività fisiche impegnative.

FET = metabolismo basale (MB) × livello di attività fisica (LAF) In primo luogo, si determina il metabolismo basale (MB) e, successivamente, si calcola il costo energetico dell’attività fisica (AF). Il metabolismo basale (MB) Il metabolismo basale (MB o metabolismo di base o dispendio energetico di base) è definito come la quantità di energia utilizzata da un individuo, a digiuno da 12-14 ore, a temperatura ambientale di circa 20 °C, in condizioni di riposo fisico assoluto e di completo rilassamento psicologico, ma sveglio. È quindi l’energia necessaria all’organismo per svolgere le funzioni fisiologiche di base. Il metabolismo basale rappresenta circa il 60-70% della spesa energetica totale ed è influenzato da diversi fattori, tra i quali l’età, il sesso e la composizione corporea. Il livello di attività fisica (LAF) Per calcolare il livello di attività fisica, è possibile compilare “diari di attività”, nei quali registrare il tipo di attività svolta e il tempo dedicato, quindi, utilizzando tabelle specifiche per diverse tipologie di attività, determinare con precisione il dispendio energetico totale. In alternativa, è possibile utilizzare i Livelli di Attività Fisica (LAF) che: • identificano tipologie di attività fisica sulla base dello stile di vita prevalente (attività fisica scarsa, leggera, moderata, pesante);

moltiplicazione per il metabolismo di base.

Nei LARN, i Livelli di Assunzione di Riferimento dell’energia sono espressi come fabbisogno medio (AR, Average Requirement) di energia per gruppi di individui dello stesso sesso con eguale età, medesime caratteristiche antropometriche (peso e altezza) ed equivalente attività fisica. In tutte le fasce di età (con l’eccezione dell’intervallo 6-12 mesi), il fabbisogno energetico è stato stimato con il calcolo FET = MB × LAF. • Nell’età evolutiva (1-17 anni) i fabbisogni energetici sono condizionati dalla crescita dell’organismo. • Nell’individuo adulto (18-59 anni), i fabbisogni energetici corrispondono al dispendio energetico totale. • In età geriatrica (≥ 60 anni) il dispendio energetico totale è condizionato dall’invecchiamento, dalle modificazioni della composizione corporea e dalla presenza di malattie con effetti sull’autonomia motoria.

Glossario Ipocinesia

Ridotta attività motoria dovuta a cause psichiatriche o a difficoltà a eseguire i movimenti.

Raccordi interdisciplinari Matematica

Esercizi di calcolo calorico-nutrizionale


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

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Come si stabiliscono gli apporti giornalieri di nutrienti Stabilito il fabbisogno energetico giornaliero, la quota calorica deve essere ripartita nell’arco della giornata tra i nutrienti calorici

(glucidi, lipidi, proteine), assicurando il corretto apporto di proteine e altri nutrienti non calorici e di fibra alimentare. Il riferimento ancora una volta è rappresentato dagli standard nutrizionali fissati dai LARN. Glucidi: 45-60%

Distribuzione giornaliera dei macronutrienti energetici (valori percentuali riferiti all’apporto calorico giornaliero totale)

Lipidi: 20-35% • Costituiti per i 2/3 da lipidi di origine vegetale (acidi grassi insaturi) e soltanto per 1/3 da lipidi di origine animale (acidi grassi saturi). • L’apporto di acidi grassi saturi non deve superare il 10% delle chilocalorie. • L’apporto di colesterolo non deve superare i 300 mg/die. • Gli acidi grassi trans, particolarmente dannosi per l’organismo, vanno ridotti al minimo. Glucidi: 45-60% • Vanno preferite le fonti alimentari di amido (cereali integrali, legumi) per il suo basso indice glicemico. • Va limitata l’assunzione di glucidi semplici (saccarosio, fruttosio), che non devono superare il 15% dell’apporto calorico giornaliero.

Lipidi: 20-35% Proteine: 10-15%

Proteine: 10-15% Per un uomo adulto di 70 kg, l’assunzione raccomandata è di 63 g al giorno; per una donna adulta di 60 kg, l’assunzione raccomanda è di 54 g al giorno (0,9 g/kg di peso corporeo), derivanti: • per i 2/3 da vegetali; • soltanto per 1/3 da alimenti di origine animale; • per i soggetti in crescita (bambini e adolescenti), la distribuzione proteica equilibrata prevede invece che le proteine siano per metà vegetali e per metà animali.

Non va dimenticato che i LARN si occupano di stabilire anche: • il fabbisogno giornaliero di acqua (mediamente pari a 2,5 litri per l’uomo e 2 litri per la donna);

• il fabbisogno giornaliero di fibra

alimentare (che per gli adulti deve corrispondere ad almeno 25 g); • i livelli di assunzione di vitamine e sali minerali, attraverso una dieta ricca di frutta e verdura.

ESERCIZIO 1 Nella distribuzione giornaliera dei macronutrienti energetici, la quota di lipidi dovrebbe rappresentare il 40-45% 2 Nella distribuzione giornaliera dei macronutrienti energetici, la quota di glucidi dovrebbe rappresentare il 45-60% 3 Nella distribuzione giornaliera dei macronutrienti energetici, la quota di proteine dovrebbe rappresentare il 20% 4 L’apporto di colesterolo non deve superare i 300 mg/die 5 Per i soggetti in crescita, la distribuzione proteica equilibrata prevede che le proteine siano per la maggior parte di origine animale

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STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

13 Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina

La redazione di un menu

Come si pianificano i pasti giornalieri Infine, i LARN ci ricordano che in una dieta equilibrata gli alimenti devono essere razionalmente distribuiti nei pasti nell’arco della giornata. Pur tenendo conto del fatto che la distribuzione dei pasti è spesso personale, è comunque consigliabile una suddivisione dell’apporto energetico in tre pasti principali e due pasti secondari, di cui:

• la prima colazione ha lo scopo di

ripristinare le riserve di energia e acqua consumate durante il riposo notturno; • gli spuntini (l’uno al mattino e l’altro al pomeriggio) hanno lo scopo di evitare aumenti eccessivi di fame; • il pranzo e la cena devono essere complementari tra loro, garantendo all’organismo un apporto di nutrienti adeguato ai fabbisogni e alternando l’assunzione di alimenti appartenenti ai cinque gruppi.

Scelte alimentari consigliate

Spuntino: 5% Cena: 30-35%

Pranzo: 40-45%

Prima colazione • Cereali o prodotti da forno (pane, fette biscottate, biscotti) • Marmellata, miele ed eventualmente burro • Alimenti liquidi e bevande (latte, yogurt, spremute, succhi di frutta, tè, cioccolata, caffè) • Frutta fresca di stagione Spuntini • Frutta secca • Ciambellone o crostata • Gelato (saltuariamente) • Piccolo panino con salumi o formaggio (nel caso di attività sportiva)

Prima colazione: 20-25% Spuntino: 5%

Pranzo e cena • Piatti unici (pasta e fagioli, riso e piselli, torte salate, pizze, sformati) • Un primo piatto in brodo o asciutto • Un secondo piatto • Verdura e frutta a completamento del pasto


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

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Come si determinano le porzioni standard La necessità di esprimere i fabbisogni in nutrienti ed energia indicati dai LARN in quantità di alimenti ha portato a quantificare in modo standardizzato le porzioni di alimenti. Indipendentemente dal contenuto di nutrienti, la porzione deve essere conforme alla tradizione alimentare

e di dimensioni ragionevoli, perché alimentarsi è e deve rimanere comunque un piacere della vita. Le porzioni standard, definite dai LARN, costituiscono uno strumento pratico da utilizzare per quantificare gli alimenti consumati: esse individuano infatti la quantità di un alimento, espressa in grammi, che dovrebbe essere consumata normalmente da una persona adulta.

Alcuni esempi di standard quantitativi delle porzioni Latte e derivati

Latte Yogurt Formaggio fresco Formaggio stagionato

125 ml 125 g 100 g 50 g

Carne

Carne rossa Carne bianca Carne conservata (salumi, affettati) Pesci, molluschi, crostacei freschi/surgelati

100 g 100 g 50 g 150 g

Legumi

Legumi freschi o in scatola Legumi secchi

150 g 50 g

Cereali

Pane Pasta, riso, mais, farro, orzo, ecc. Patate

50 g 50 g 200 g

Verdure e ortaggi

Insalate a foglia Verdure e ortaggi, crudi e cotti

80 g 200 g

Frutta

Frutta fresca Frutta secca in guscio

150 g 30 g

Oli e grassi

Olio extravergine di oliva, olio di semi Burro

10 ml 10 g

Bevande analcoliche

Tè caldo Caffè

250 ml 30-50 ml

Bevande alcoliche

Vino Birra

125 ml 330 ml

ESERCIZIO 1 2 3 4

Le porzioni standard sono individuate dai LARN La porzione standard deve essere conforme alla tradizione alimentare La porzione standard deve essere di dimensioni molto abbondanti La porzione standard è costituita dalla quantità di un alimento che dovrebbe essere consumata normalmente da un soggetto in crescita

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STEP 1

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Elementi di dietetica e nutrizione

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CHE COSA SONO LE LINEE GUIDA

Che cosa sono le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana

Gli standard nutrizionali, come i LARN, sono uno strumento tecnico rivolto principalmente ai professionisti della nutrizione umana, ma sono di difficile utilizzo per la popolazione generale. Pertanto, negli ultimi decenni, organismi scientifici e istituzioni pubbliche hanno creato, in vari Paesi, delle Linee guida di corretta alimentazione (periodicamente aggiornate) che si riferiscono: • alla scelta degli alimenti; • alla combinazione di alimenti; • alla distribuzione degli alimenti nei pasti. Lo scopo delle Linee guida è: • indirizzare il consumatore verso scelte alimentari salutari; • fare in modo che il consumatore diventi consapevole e attivo nelle sue scelte.

In Italia, le prime Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana sono state elaborate nel 1986 dall’INRAN. Le revisioni successive, l’ultima delle quali risale al 2018, hanno portato all’individuazione di 13 Linee guida, suddivise in quattro blocchi: • Bilancia i nutrienti e mantieni il peso: bilanciamento dei nutrienti per il mantenimento del peso; • Più è meglio: alimenti o gruppi di cui incentivare il consumo; • Meno è meglio: nutrienti critici nella dieta attuale di cui ridurre il consumo; • Scegli la varietà, la sicurezza e la sostenibilità: “come fare” a garantirsi un’alimentazione completa e salutare di tutti i nutrienti in base all’età e alle condizioni di vita.

Le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana

Controlla il peso e mantieniti sempre attivo

Più frutta e verdura

Bilancia i nutrienti e mantieni il peso

Grassi: scegli quali e limita la quantità

Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: meno è meglio

Il sale? Meno è meglio

Meno è meglio

Bevande alcoliche: il meno possibile

Più cereali integrali e legumi

Bevi ogni giorno acqua in abbondanza

Più è meglio

Varia la tua alimentazione

Consigli speciali

Attenti alle diete e all’uso degli integratori

La sicurezza degli alimenti dipende anche da te

Scegli la varietà, la sicurezza e la sostenibilità

Sostenibilità delle diete: tutti possiamo contribuire


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Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

1 Controlla il peso e mantieniti sempre attivo La Linea guida fornisce indicazioni sui rapporti tra peso e salute e sui rischi legati sia all’eccesso ponderale sia all’eccessiva magrezza; indica inoltre come valutare il proprio peso corporeo attraverso il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (IMC) e della circonferenza della vita e come mantenerlo nella norma attraverso la corretta alimentazione e l’esercizio fisico. Come comportarsi • Pesarsi almeno una volta al mese controllando che l’IMC sia nella norma. • Se il peso è al di fuori dei limiti accettabili, attivarsi per ricondurlo in modo graduale a valori nella norma. • In caso di sovrappeso, consultare il medico, ridurre le entrate di energia (mangiare meno e preferire cibi a ridotto apporto energetico e maggior potere saziante, come ortaggi e frutta), aumentare le uscite di energia (fare regolarmente attività fisica) e distribuire adeguatamente gli apporti di energia nel corso della giornata (non trascurare mai la prima colazione). • In caso di sottopeso, consultare il medico, praticare regolarmente attività fisica, seguire una dieta equilibrata e varia e consumare i pasti normalmente previsti. • Fare ogni giorno attività fisica (camminare, salire e scendere le scale, fare piccoli lavori domestici).

CLASSE CAPOVOLTA

• Evitare di seguire diete fai-da-te o

squilibrate con l’obiettivo di perdere peso drasticamente: un buon regime dimagrante deve sempre essere equilibrato e comprendere tutti gli alimenti.

2 Più frutta e verdura La Linea guida sottolinea l’importanza di un’alimentazione ricca di alimenti di origine vegetale come frutta e verdura perché forniscono fibra, vitamine e minerali, oltre ad avere azione protettiva antiossidante. Inoltre, evidenzia che la somministrazione di singoli componenti sotto forma di integratori non svolge gli stessi effetti benefici derivanti dall’ingestione di frutta e vegetali. Come comportarsi • Consumare giornalmente più porzioni di ortaggi e frutta fresca, privilegiando prodotti di stagione. • Limitare sempre l’uso di oli e grassi: un buon prodotto di stagione è buono di per sé e non ha bisogno di troppe aggiunte. • Scegliere frutta e verdura anche come spuntino: finocchi crudi o carote, pomodorini, ecc. • Usare frutta e verdura come ingredienti di dolci e piatti elaborati. • Evitare di cuocere le verdure troppo a lungo. • Introdurre piccole quantità di frutta secca a guscio nell’alimentazione.

Le fake news su frutta e verdura

Sulla frutta e sulla verdura sono assai diffuse false credenze che rischiano di confondere le idee. A casa: analizza le seguenti fake news e spunta quelle che ritieni maggiormente condivise o che ti è capitato di sentire o di leggere più spesso. La frutta consumata durante i pasti fa male La frutta gonfia Un succo di frutta sostituisce un frutto Frutta secca a guscio (noci, nocciole, mandorle ecc.) e frutta essiccata (fichi secchi, prugne secche ecc.) si equivalgono In classe: con l’aiuto del Docente, provate a spiegare che cosa c’è di scorretto nelle affermazioni analizzate e che cosa, secondo voi, ha portato alla loro diffusione. Infine, confrontate le vostre riflessioni con quanto indicato nel testo ufficiale della Linea guida.


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

3 Più cereali integrali e legumi La Linea guida sottolinea l’importanza del consumo di cereali integrali e legumi come fonte di nutrienti ed energia: questi alimenti apportano amido, fibre, proteine, vitamine e minerali. Negli ultimi decenni sempre maggiore attenzione è stata rivolta ai cereali integrali per il loro ruolo di prevenzione delle cosiddette malattie del benessere, in particolare diverse forme di tumore e malattie cardiovascolari (patologie delle arterie coronarie, ipertensione, infarto), cataratta, malattie dell’apparato respiratorio (asma e bronchiti) e di quello digerente (diverticolosi, stipsi). Come comportarsi • Incrementare il consumo di legumi sia freschi sia secchi. • Consumare regolarmente pane, pasta, riso, cereali e derivati, accordando la preferenza a quelli integrali. • In caso di fastidi a seguito dell’assunzione di cereali, la diagnosi di celiachia o ipersensibilità al glutine deve essere fatta da un medico: eliminare i cereali dalla dieta non è raccomandabile senza il consulto di uno specialista.

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4 Bevi ogni giorno acqua in abbondanza La Linea guida evidenzia la necessità per il mantenimento della salute di garantire un adeguato apporto giornaliero di acqua per mantenere l’equilibrio del nostro bilancio idrico. Come comportarsi • Bere in media 1,5-2 litri di acqua al giorno, assecondando sempre il senso di sete e tentando di prevenirlo. • Bere frequentemente, in piccole quantità e lentamente (soprattutto se l’acqua è fredda, perché un abbassamento repentino della temperatura dello stomaco può determinare l’insorgenza di congestioni). • Prediligere il consumo di acqua (imbottigliata o del rubinetto, entrambe sicure), consumando con moderazione le altre bevande (aranciate, cole, succhi di frutta, caffè, tè) per l’apporto di composti calorici (zuccheri semplici) o farmacologicamente attivi (caffeina, teina). • Non evitare di bere per il timore di ingrassare o di sudare: l’acqua non apporta calorie e la sudorazione è un fondamentale meccanismo di regolazione della temperatura corporea. • Reintegrare i liquidi persi durante e dopo l’attività fisica bevendo prevalentemente acqua. • Reintegrare nel tempo più breve possibile i liquidi persi a causa di particolari condizioni patologiche (febbre, diarrea).

Le fake news sull’acqua

CLASSE CAPOVOLTA Sull’acqua sono assai diffuse false credenze che rischiano di confondere le idee.

A casa: analizza le seguenti fake news e spunta quelle che ritieni maggiormente condivise o che ti è capitato di sentire o di leggere più spesso. L’acqua deve essere bevuta esclusivamente al di fuori dei pasti L’acqua fa ingrassare Bere molta acqua provoca maggiore ritensione idrica Il calcio presente nell’acqua non viene assorbito dall’organismo

L’acqua gassata fa male Bere acqua fredda fa male Bere uno o due bicchieri al giorno di acqua tiepida purifica l’organismo Le acque a basso contenuto di sodio sono utili per chi soffre di ipertensione

In classe: con l’aiuto del Docente, provate a spiegare che cosa c’è di scorretto nelle affermazioni analizzate e che cosa, secondo voi, ha portato alla loro diffusione. Infine, confrontate le vostre riflessioni con quanto indicato nel testo ufficiale della Linea guida.


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Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

5 Grassi: scegli quali e limita la quantità

• Prediligere i formaggi più magri o, per

La Linea guida sottolinea l’importanza dei grassi nell’alimentazione, ma richiama l’attenzione sia sui rischi connessi a un consumo eccessivo (quantità), sia sulle diverse tipologie di acidi grassi (qualità): sono specificate le differenti tipologie di acidi grassi (saturi, mono e polinsaturi, trans) e i rapporti con la salute, in particolare con il rischio cardiovascolare. Come comportarsi • Limitare l’uso di grassi e oli nella preparazione e nella cottura, prediligendo l’impiego di utensili realizzati con rivestimento antiaderente e scegliendo cotture “leggere” (al cartoccio, a microonde, al vapore). • Moderare l’impiego di grassi di origine animale (burro, lardo, strutto, panna). • Prediligere gli oli vegetali, in particolare l’olio extravergine d’oliva e gli oli di semi. • Condire preferibilmente a crudo. • Non riutilizzare i grassi e gli oli già cotti. • Limitare il consumo di cibi fritti. • Consumare 2-3 volte alla settimana il pesce (fresco o surgelato). • Prediligere le carni magre ed eliminare il grasso visibile. • Consumare fino a 4 uova alla settimana, suddividendole in più pasti. • Prediligere il latte scremato o parzialmente scremato, che non pregiudica l’apporto di calcio.

quelli con un maggiore contenuto lipidico, consumare porzioni più piccole. • Leggere le etichette alimentari per conoscere il contenuto in grassi.

6 Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: meno è meglio La Linea guida si sofferma sui rischi per la salute correlati a un apporto eccessivo di zuccheri semplici. Come comportarsi • Limitare il consumo giornaliero di alimenti e bevande dolci. • Prediligere i prodotti da forno tradizionali (biscotti, torte non farcite) che contengono più amido e hanno un contenuto minore di grassi e zuccheri. • Consumare in quantità controllata prodotti dolci spalmabili (marmellate, confetture di frutta, miele e creme). • Moderare il consumo di alimenti ad alto contenuto di saccarosio, specialmente di quelli che aderiscono ai denti (caramelle morbide, torroni), e lavare sempre i denti dopo averli assunti. • Scegliendo prodotti alimentari e bevande ipocalorici, preparati con edulcoranti sostitutivi, leggere l’etichetta per conoscere il tipo di edulcorante e le relative avvertenze.

Le fake news sugli zuccheri

CLASSE CAPOVOLTA Sugli zuccheri sono assai diffuse false credenze che rischiano di confondere le idee.

A casa: analizza le seguenti fake news e spunta quelle che ritieni maggiormente condivise o che ti è capitato di sentire o di leggere più spesso. Il consumo di zuccheri provoca disturbi nel comportamento e nell’attenzione del bambino Nello zucchero bianco sono presenti pericolosi residui di lavorazione I succhi di frutta “senza zuccheri aggiunti” sono privi di zuccheri

Il miele ha caratteristiche salutari I prodotti light o senza zucchero non fanno ingrassare, quindi possono essere consumati liberamente Non esiste una vera e propria dipendenza dallo zucchero

In classe: con l’aiuto del Docente, provate a spiegare che cosa c’è di scorretto nelle affermazioni analizzate e che cosa, secondo voi, ha portato alla loro diffusione. Infine, confrontate le vostre riflessioni con quanto indicato nel testo ufficiale della Linea guida.


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

7 Il sale? Meno è meglio La Linea guida descrive i rapporti tra consumo di sale (come apporto di sodio) e salute sottolineando la necessità di limitarne il consumo giornaliero; fornisce inoltre informazioni sulle fonti alimentari di sodio e raccomanda anche l’utilizzo del sale iodato. Come comportarsi • Ridurre progressivamente l’impiego di sale nella preparazione dei pasti e a tavola. • Prediligere l’impiego di sale iodato. • Almeno nel primo anno di vita, non aggiungere sale da cucina alle pappe dei bambini. • Usare i condimenti contenenti sodio con molta moderazione (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape). • Impiegare erbe aromatiche (aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) e spezie (pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano, curry) per insaporire le preparazioni. • Utilizzare limone e aceto per esaltare il sapore delle preparazioni. • Preferire i prodotti a ridotto contenuto di sale (pane senza sale, tonno in scatola a basso contenuto di sale). • Consumare con molta moderazione gli alimenti ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, olive da tavola, alcuni salumi e formaggi). • Bere semplicemente acqua per reintegrare i liquidi perduti con l’attività sportiva moderata.

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8 Bevande alcoliche: il meno possibile La Linea guida sottolinea che l’alcol è una sostanza tossica da assumere con moderazione e molta cautela e da evitare in presenza di precise situazioni fisiologiche come l’accrescimento, la gravidanza e l’allattamento. Fornisce anche indicazioni sulle quantità di alcol presenti nelle bevande alcoliche (Unità Alcolica). Come comportarsi • Consumare bevande alcoliche solo con moderazione, durante i pasti come da tradizione italiana o comunque immediatamente prima o dopo il pasto. • Prediligere le bevande a basso tenore alcolico (vino e birra). • Non assumere mai alcol durante l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza e l’allattamento. • Moderare il consumo di alcol in età senile. • Evitare l’assunzione di alcol se si deve guidare o usare apparecchiature che potrebbero essere pericolose per sé o per gli altri. • Non assumere alcol contemporaneamente a farmaci (o ridurne l’assunzione), senza aver ottenuto l’autorizzazione del medico curante. • Moderare o evitare il consumo di alcol in caso di sovrappeso, obesità o familiarità verso alcune patologie (diabete, ipertrigliceridemia).

CLASSE CAPOVOLTA

Le fake news sul sale

Sul sale sono assai diffuse false credenze che rischiano di confondere le idee. A casa: analizza le seguenti fake news e spunta quelle che ritieni maggiormente condivise o che ti è capitato di sentire o di leggere più spesso. Al posto del sale iodato si può usare il sale marino integrale (non raffinato) Il sale è un alleato per stimolare l’appetito del bambino Possiamo usare tanto sale dietetico quanto ne vogliamo Spezie ed erbe aromatiche sono una fonte significativa di vitamine e minerali In classe: con l’aiuto del Docente, provate a spiegare che cosa c’è di scorretto nelle affermazioni analizzate e che cosa, secondo voi, ha portato alla loro diffusione. Infine, confrontate le vostre riflessioni con quanto indicato nel testo ufficiale della Linea guida.


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

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9 Varia la tua alimentazione La Linea guida enfatizza i vantaggi di una dieta variegata in termini di assunzione di tutti i nutrienti e le sostanze non nutrienti di cui l’organismo necessita sottolineando che non esistono alimenti “completi” che possano assicurare un perfetto stato di salute. Per ogni alimento è definita la porzione standard, cioè la quantità in grammi che dovrebbe essere consumata normalmente da una persona adulta. Come comportarsi • Consumare alimenti appartenenti a tutti i gruppi, in porzioni adeguate, e alternarli nei diversi pasti della giornata. • Evitare di stare a digiuno a lungo o di mangiare di fretta, ad esempio davanti al computer.

necessitano di un fabbisogno di energia e di nutrienti più elevato rispetto a quello degli adulti. • Le donne in menopausa devono praticare attività fisica e consumare giornalmente verdura e frutta. • Gli anziani devono seguire una dieta varia e appetibile, evitare pasti pesanti e preferire alimenti “morbidi”. • Chi soffre di malnutrizioni o specifiche patologie, come obesità o diabete mellito, deve seguire regimi alimentari controllati.

11 Attenti alle diete e all’uso degli integratori senza basi scientifiche

Durante la gravidanza, l’allattamento, la crescita, l’età senile o la menopausa, per preservare la salute della donna, del bambino, dell’adolescente o dell’anziano, sono richiesti “consigli speciali” in materia di stile alimentare e di vita.

Scelte alimentari consapevoli, stile di vita sano e attività fisica dovrebbero aumentare le possibilità di prevenire malattie e mantenere lo stato di salute del soggetto. Il ricorso a integratori è spesso finalizzato alla necessità di perdere peso, ma non può assolutamente sostituire una dieta sana e variegata. Sono da evitare anche diete estreme o sconsiderate: le diete dimagranti devono infatti essere prescritte da medici specializzati sulla base di rigorosi criteri scientifici.

Come comportarsi • In gravidanza, mantenere la propria salute e permettere un corretto sviluppo del feto, introducendo 300 kcal aggiuntive al giorno, astenendosi dal consumare bevande alcoliche e alimenti crudi o poco cotti. • Bambini e ragazzi in età scolare (6-12 anni) e adolescenti (12-18 anni)

Come comportarsi • Affidarsi a personale qualificato con competenze di nutrizione per perdere peso. • Non saltare la prima colazione per dimagrire. • Fare attenzione ai cibi consumati fuori pasto. • Non assumere integratori di propria iniziativa.

10 Consigli speciali

ESERCIZIO 1 La donna in gravidanza dovrebbe assumere 100 kcal aggiuntive al giorno 2 Adolescenti, bambini e ragazzi in età scolare necessitano di un fabbisogno di energia e di nutrienti minore rispetto a quello degli adulti 3 Gli anziani dovrebbero preferire alimenti morbidi che facilitino la masticazione 4 Le diete dimagranti devono essere prescritte da medici specializzati e competenti 5 È sconsigliato assumere integratori di propria iniziativa

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Approfondimento

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Consigli speciali Come indicato dai LARN, alcune categorie di persone necessitano di seguire “consigli speciali” in materia di stile alimentare e di vita. Si tratta di persone in specifiche fasi della vita, come donne in gravidanza e in allattamento, bambini e ragazze, donne in menopausa e anziani. Gravidanza Per mantenere la propria salute e permettere un corretto sviluppo del feto, la donna incinta: • dovrebbe introdurre circa 300 kcal aggiuntive al giorno; • deve incrementare l’assunzione di folati, prediligendo spinaci, asparagi, carciofi, broccoli, arance, kiwi; • deve astenersi dal consumo di bevande alcoliche; • deve evitare alimenti crudi o poco cotti e lavare con cura frutta e verdura per evitare il rischio di infezioni. Bambini e ragazzi in età scolare (6-12 anni) Nel periodo della crescita il fabbisogno di energia e di nutrienti è più elevato rispetto a quello degli adulti, quindi bambini e ragazzi devono: • consumare sempre la prima colazione, con una tazza di latte o uno yogurt accompagnati da cereali; • abituarsi al consumo di due spuntini; • fare regolarmente esercizio fisico. Adolescenti (12-18 anni) Durante l’adolescenza, il fabbisogno di nutrienti è particolarmente elevato. In generale, gli adolescenti dovrebbero evitare di seguire le mode alimentari del momento o schemi alimentari molto disordinati, dovrebbero ridurre il consumo di junk food e fare costantemente attività fisica. Donne in menopausa Intorno ai 50 anni di età la donna va incontro alla cessazione definitiva del ciclo mestruale (menopausa). In questa fase, la donna deve praticare regolarmente attività fisica e fare attenzione a: • limitare il consumo di latte e latticini; • consumare giornalmente verdura e frutta; • utilizzare l’olio extravergine di oliva come condimento. Anziani Gli anziani devono: • seguire una dieta variata e appetibile, che preveda frutta e verdura in abbondanza e un bicchiere di latte o uno yogurt a colazione; • evitare pasti pesanti, alimenti precotti e pasti freddi; • preferire alimenti “morbidi” più facili da masticare e da digerire.


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Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

12 La sicurezza degli alimenti dipende anche da te

13 Sostenibilità delle diete: tutti possiamo contribuire

La sicurezza degli alimenti, che il produttore ha il dovere di garantire, coinvolge anche il consumatore, che rappresenta l’ultimo anello della catena e che ha la responsabilità di conservare e preparare correttamente il cibo acquistato. Questa Linea guida, quindi, responsabilizza il consumatore, che deve in primo luogo sapere leggere e interpretare le etichette per ridurre al minimo eventuali rischi.

Questa Linea guida vuole indirizzare le scelte alimentari del consumatore affinché siano salutari e al tempo stesso sostenibili, promuovendo modelli di consumo alimentare che abbiano un impatto ambientale più basso possibile. Infatti produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti hanno un forte impatto sull’ambiente dovuto a riduzione della biodiversità, inquinamento, danni al paesaggio, consumo di acqua e produzione di gas ad effetto serra. Tali effetti devono essere ridotti al minimo attraverso produzioni agricole rispettose dell’ambiente, scelte alimentari consapevoli da parte dei consumatori e riduzione di sprechi e rifiuti.

Come comportarsi • Variare le scelte alimentari per evitare il rischio di ingerire sostanze indesiderate in modo continuativo. • Evitare alimenti animali crudi o poco cotti. • Non lasciare a lungo senza coperchio una pietanza già cotta fuori dal frigorifero. • Non scongelare gli alimenti a temperatura ambiente (meglio scongelare in frigorifero o utilizzando l’apposita funzione del microonde). • Lavare accuratamente frutta e verdura. • Sostituire gli utensili che presentano segni di usura.

CLASSE CAPOVOLTA

Come comportarsi • Prediligere nella dieta gli alimenti vegetali (frutta, verdura, ortaggi, cereali, legumi) rispetto ai prodotti animali, che hanno maggiori costi ambientali. • Consumare latte e yogurt, riducendo il consumo di carne. • Ridurre al minimo lo spreco alimentare domestico, programmando accuratamente la spesa familiare. • Organizzare la dispensa mettendo in evidenza gli alimenti più prossimi alla scadenza, così che siano più visibili. • Strutturare ricette con materie prime meno costose e prediligere l’acqua del rubinetto.

Le fake news sulle diete sostenibili

Sulle diete sostenibili sono assai diffuse false credenze che rischiano di confondere le idee. A casa: analizza le seguenti fake news e spunta quelle che ritieni maggiormente condivise o che ti è capitato di sentire o di leggere più spesso. Le diete sostenibili sono prive di carne Un prodotto locale o a “chilometro zero” è sempre sinonimo di sostenibilità ambientale Una dieta sana è necessariamente costosa

La scritta “Da consumarsi preferibilmente entro” indica che dobbiamo buttare via il prodotto dopo quella data Le filiere corte sono disponibili solo per prodotti vegetali freschi

In classe: con l’aiuto del Docente, provate a spiegare che cosa c’è di scorretto nelle affermazioni analizzate e che cosa, secondo voi, ha portato alla loro diffusione. Infine, confrontate le vostre riflessioni con quanto indicato nel testo ufficiale della Linea guida.


STEP 1

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Elementi di dietetica e nutrizione

CHE COSA SONO I MODELLI NUTRIZIONALI

Per invitare la popolazione a seguire i consigli dietetici proposti sono stati elaborati alcuni modelli grafici. Uno dei modelli grafici di maggiore successo e più ampiamente utilizzato è rappresentato dalla piramide alimentare: la piramide infatti mostra in modo semplice e intuitivo “che cosa bisogna fare” per seguire una dieta salutare ed equilibrata. La piramide alimentare è articolata in diverse sezioni, in cui sono collocati gli alimenti dei vari gruppi: • gli alimenti situati alla base della piramide sono quelli che bisogna consumare con più frequenza e in quantità maggiori; • gli alimenti al vertice della piramide sono quelli che dovrebbero essere consumati in piccole quantità e con moderazione.

Che cos’è la piramide alimentare italiana Anche in Italia, i ricercatori hanno elaborato una piramide alimentare adattata alle abitudini alimentari e allo stile di vita della popolazione italiana di oggi:

23 la piramide alimentare italiana. Questa rappresentazione comprende un modello giornaliero e un modello settimanale, in quanto non tutti gli alimenti sono consumati con frequenza quotidiana. La piramide giornaliera italiana si articola in sei piani, in cui sono disposti i vari gruppi di alimenti con colori diversi. Iniziando dalla base della piramide si trovano gli alimenti di origine vegetale e, salendo da un piano all’altro, si trovano gli alimenti a maggiore densità energetica e, quindi, da consumare in minore quantità. Nell’ordine sono collocati: • al primo piano frutta e verdura; • al secondo piano gli alimenti ricchi di glucidi complessi (pane, pasta, riso, biscotti e patate); • al terzo piano i grassi da condimento (olio extravergine d’oliva e burro); • al quarto piano il latte e i prodotti lattiero-caseari (yogurt e formaggi); • al quinto piano gli alimenti ricchi di proteine di alta qualità biologica (carne e salumi, pesce e prodotti ittici, legumi, uova); • al sesto piano gli alimenti non fondamentali per la dieta, ovvero gli alcolici (vino e birra) e i dolci.

Dolci 1 porzione al giorno Carni, pescato, uova, legumi, salumi 1-2 porzioni al giorno Latte, yogurt e formaggi 2-3 porzioni al giorno Condimenti: olio e grassi 2-3 porzioni al giorno Pane, pasta, riso, biscotti, patate 4-5 porzioni al giorno Frutta e ortaggi 5-6 porzioni al giorno

La piramide giornaliera (fonte: Istituto di Scienza dell’Alimentazione dell’Università “La Sapienza” di Roma).

Approfondimenti I modelli nutrizionali nel mondo

Nel mondo sono stati elaborati diversi modelli nutrizionali: ad esempio, lo statunitense MyPlate, la Asian Diet Pyramid asiatica, oppure lo svedese The Food Circle. Per saperne di più, vai al libro digitale.


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

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La piramide dello stile di vita settimanale associa al regime alimentare anche l’attività fisica da svolgere (indicata con A.F., per la quale si consigliano almeno 30 minuti al giorno). Così come il modello giornaliero, anche la piramide dello stile di vita settimanale è costituita da sei piani: • il più basso è occupato dagli alimenti con una maggiore frequenza di consumo (frutta 21 porzioni settimanali, ortaggi 14) e dall’acqua (6-8 bicchieri al giorno); • cereali e tuberi occupano il piano successivo, con 7 porzioni di pasta (o riso o altre farine come quella di mais), 14-21

porzioni di pane (a seconda dei differenti fabbisogni), 7 di prodotti da forno e 2 di patate; • al terzo piano si trovano gli alimenti proteici, con la carne (5 porzioni), il pescato (almeno 2 porzioni), le uova (2 porzioni) e i legumi (2 porzioni); • il quarto piano è occupato dal gruppo latte e derivati (14 porzioni tra latte e yogurt e 4 di formaggi) e dal gruppo dei grassi e oli da condimento (14-21 porzioni a seconda del fabbisogno); • il gradino più alto è rappresentato dagli zuccheri aggiunti (21 porzioni) e dalle bevande alcoliche (7 porzioni).

La piramide settimanale dello stile di vita italiana (fonte: Istituto di Scienza dell’Alimentazione dell’Università “La Sapienza” di Roma).

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

La piramide alimentare è l’unico modello alimentare utilizzato nel mondo Gli alimenti posti alla base della piramide alimentare sono quelli da consumare con frequenza minore La piramide giornaliera italiana si articola su quattro piani Al primo piano della piramide giornaliera italiana si trovano frutta e verdura La piramide dello stile di vita settimanale indica anche l’attività fisica da svolgere Il gradino più alto della piramide dello stile di vita settimanale prevede al gradino più alto grassi e oli da condimento

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STEP 1

9

Elementi di dietetica e nutrizione

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CHE COSA SI INTENDE PER DIETA MEDITERRANEA

Se in passato lo scopo principale dell’alimentazione era soddisfare i fabbisogni nutrizionali dell’individuo, in anni più recenti gli sviluppi della ricerca scientifica hanno dimostrato che lo stile alimentare è uno strumento di salute fondamentale anche nella prevenzione di numerose patologie. L’attenzione si è quindi spostata verso la valutazione della dieta nel suo complesso: si è sviluppato il concetto di dieta ottimale, intesa come il modello alimentare che apporta non solo una quantità sufficiente di energia e nutrienti per rispettare i fabbisogni dell’organismo, ma anche tutte le sostanze che garantiscono il mantenimento del migliore stato di salute. Una corretta alimentazione non è però sufficiente da sola per mantenere lo stato di salute. Accanto a un’alimentazione equilibrata, occorre seguire infatti sani stili di vita, cioè: • fare attività fisica; • non fumare; • limitare il consumo di alcol; • limitare lo stress psico-fisico. Oggi, inoltre, viene posta attenzione anche a particolari tipologie dietetiche, come la dieta mediterranea: numerosi studi hanno dimostrato che il modello alimentare mediterraneo è in grado di diminuire

il rischio di patologie come obesità, diabete, ipertensione, alcuni tipi di tumore e forse anche la demenza. Gli effetti benefici della dieta mediterranea sulla salute dipendono: • dalla combinazione dei cibi; • dalla varietà della dieta; • dallo stile di vita. Gli alimenti protagonisti della dieta mediterranea sono: frutta e verdura in abbondanza; cereali, legumi e noci; olio extravergine d’oliva; yogurt e formaggio in quantità moderata; uova (non più di 4 alla settimana); carne rossa in piccole quantità e non frequentemente; pesce e pollame in piccole quantità; vino in bassa quantità. L’apporto calorico giornaliero è coperto: • per il 55-60% dai glucidi; • per il 25-30% dai lipidi; • solo per il 10-15% dalle proteine. La piramide della dieta mediterranea moderna è costituita da tre parti principali: • prima parte: cereali (pane, pasta, riso, polenta, cous-cous preferibilmente integrali), in misura di 1-2 porzioni ai pasti principali; • seconda parte: frutta e ortaggi, in quantità di cinque porzioni al giorno (tre ortaggi e due frutti); • terza parte: olio extravergine d’oliva (3-4 porzioni al giorno).

Dolci

Settimanalmente Patate, carne rossa, carni lavorate Carni bianche, pesce, frutti di mare Uova, legumi Latticini (preferibilmente a basso contenuto di grassi)

Ogni giorno

Olive, noci e semi Erbe, spezie, aglio, cipolle (meno sale aggiunto): varietà di sapori Olio di oliva; pane, pasta, riso, cous-cous, altri cereali (preferibilmente integrali) Frutta e ortaggi: varità di colori e di consistenza (cotto o crudo) Attività fisica regolare Adeguato riposo, Convivialità Biodiversità e stagionalità Prodotti tradizionali, locali ed ecologici Attività gastronomiche

Pasto principale


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Educazione civica

La doppia piramide alimentare e ambientale Tutte le fasi della filiera di un alimento, dalla produzione primaria fino al trasporto, all’utilizzo e allo smaltimento dei rifiuti, hanno conseguenze a carico dell’ambiente (emissioni di gas serra, impiego di risorse idriche, sfruttamento del suolo, smaltimento di rifiuti). Ogni alimento si caratterizza quindi per un diverso impatto ambientale (Ecological Footprint). La doppia piramide alimentare e ambientale, elaborata dal Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), mette in relazione la piramide alimentare mediterranea e gli studi riguardanti l’impatto ambientale degli alimenti che contiene. Si compone di due piramidi: la piramide alimentare è collocata a sinistra, con il vertice verso l’alto, mentre la piramide ambientale è disposta a destra, con il vertice verso il basso. La piramide alimentare raffigura i vari gruppi di alimenti in modo scalare, dal basso verso l’alto. Alla base si trovano i prodotti per i quali è consigliabile un consumo più frequente, gli alimenti di origine vegetale (caratteristici della dieta mediterranea) ricchi di nutrienti (vitamine, sali minerali, acqua) e di composti protettivi (fibre e composti bioattivi di origine vegetale) e con ridotta densità energetica, seguiti da cereali, tuberi e legumi. Salendo progressivamente, si trovano gli alimenti a densità energetica crescente, che andrebbero consumati con moderazione e con una frequenza minore. La piramide ambientale è stata realizzata studiando gli impatti ambientali associati a ogni singolo alimento tramite l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA), un metodo di valutazione oggettiva dei carichi energetici e ambientali relativi a un processo (sia esso un’attività o un servizio).

Che cosa ha evidenziato l’analisi dell’impatto ambientale dei cibi Gli alimenti per i quali è consigliato un consumo più frequente sono anche quelli che presentano il minore impatto ambientale. Gli alimenti per i quali è raccomandato un consumo meno frequente sono anche quelli che hanno maggior impatto sull’ambiente.


Educazione civica

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La doppia piramide alimentare e ambientale per gli adulti PIRAMIDE AMBIENTALE BASSO

ALTO Carne bovina

Dolci Carne bovina

Pesce Formaggio

SU

NS

Dolci Yogurt Pasta Biscotti Riso Latte Pane

CO

Olio Frutta Secca

Frutta Secca Legumi Uova

IM PA TT O

UM O

Latte Yogurt

Carne suina Olio Carne avicola

AM BIE

GG

ER

NT AL E

ITO

Formaggio Uova Carne avicola Pesce Biscotti

Pane, Pasta, Riso, Patate, Legumi

Patate Frutta Ortaggi

Frutta Ortaggi ALTO

BASSO

PIRAMIDE ALIMENTARE

La doppia piramide alimentare e ambientale per i soggetti in crescita PIRAMIDE AMBIENTALE BASSO

ALTO Carne rossa

Grassi/Oli Dolci

Formaggio Pesce

Carne rossa

PA TT O

Legumi Uova

Dolci Cereali (50% integrali)

IM

SU MO

Frutta e verdura Cereali (50% integrali), Pane, Pasta, Riso ALTO

Grassi/Oli Carne bianca

Yogurt Pasta Riso Pane Latte e latticini

CO N

Latte e latticini Yogurt

AM

SU GG

BIE

ER

ITO

NT AL E

Legumi Carne bianca Pesce Uova Formaggio

Frutta e verdura

PIRAMIDE ALIMENTARE

BASSO

La doppia piramide alimentare e ambientale per gli adulti e per i soggetti in crescita (fonte: Barilla Center For Food and Nutrition Foundation, 2015).


Approfondimento

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La ristorazione collettiva Quali sono le forme di ristorazione Considerando che cosa si vuole produrre, per chi si vuole produrre (individuando una tipologia di cliente), come si vuole servire (in relazione a modalità di preparazione, luoghi e tempi), è possibile individuare quattro tipologie ristorative.

Le classi ristorative

Classificazione dei pubblici esercizi (legge n. 287/1991) Ristorazione commerciale

Comprende strutture di servizio o di produzione-servizio come, per esempio, ristoranti, trattorie, pizzerie, snack-bar, fast food, self-service, distributori automatici.

Ristorazione collettiva

Comprende tutte le strutture che provvedono ai pasti di consumatori riuniti in comunità, come mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, carcerarie, militari e istituzionali (ospizi, convitti).

Catering

Riunisce le operazioni di preparazione, consegna e somministrazione di alimenti e bevande in un luogo diverso da quello di produzione. Quindi presuppone l’utilizzo di tecniche e procedure specifiche per il mantenimento della temperatura e per il rinvenimento delle preparazioni.

Ristorazione viaggiante

È una particolare modalità di soluzione del pasto che comprende le strutture ristorative dislocate lungo strade e autostrade, nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti, ed è realizzata anche su strutture in movimento (aerei, navi, traghetti, treni).

Che cos’è la ristorazione collettiva La ristorazione collettiva – detta anche sociale o industriale – si rivolge a persone che si trovano lontano da casa per motivi di malattia, di lavoro, di studio o di detenzione e che devono consumare pasti fuori casa. Si tratta di soggetti accomunati dalla necessità di usufruire abitualmente di un servizio ristorativo. La ristorazione collettiva deve garantire la massima attenzione alle esigenze dei singoli individui, proponendo menu equilibrati dal punto di vista nutrizionale e conformi a quanto disposto dai LARN e dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana (elaborate periodicamente dal Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione). La formulazione dei menu deve avvenire tenendo conto della fascia d’età degli utenti (pediatrica, adulta, geriatrica) e di eventuali particolari necessità dovute a malattie, allergie, intolleranze, tradizioni culturali e religiose.

Tipologie di ristorazioni collettive ● Ristorazione scolastica: scuole di ogni ordine ● ● ● ● ●

e grado Ristorazione universitaria: università Ristorazione aziendale: aziende pubbliche e private Ristorazione sanitaria: strutture sanitarie Ristorazione assistenziale: case di cura e di riposo Ristorazione in comunità: carceri e strutture militari


Approfondimento

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Come e perché si è diffusa la ristorazione collettiva La diffusione di questi particolari servizi ristorativi è legata a una serie di trasformazioni sociali come: • la mobilità richiesta dal mercato del lavoro (molte persone lavorano in un luogo distante da quello in cui vivono); • la trasformazione della famiglia (dal modello patriarcale a quello mononucleare); • l’incremento delle iscrizioni dei bambini negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia; • l’aumentata scolarizzazione, unita al maggior numero di ore di insegnamento; • l’incremento dell’istruzione universitaria; • lo sviluppo dell’assistenza sanitaria; • l’aumento delle comunità di anziani. Che cos’è la ristorazione aziendale Questo servizio ristorativo viene applicato nelle mense aziendali e deve essere efficiente, oltre che di alto livello qualitativo e igienico. La fornitura dei pasti è commissionata a ditte esterne all’azienda che, in genere, propongono la modalità self-service, con menu a rotazione composti da un numero limitato di piatti. La proposta gastronomica deve prevedere menu bilanciati, ma anche diete per soggetti celiaci, allergici o intolleranti. Deve garantire inoltre l’alternanza periodica delle proposte. Che cos’è la ristorazione di comunità Questa forma di ristorazione interessa realtà particolari, come carceri e strutture militari. I pasti possono essere preparati nella sede di consumo oppure preparati in un centro di produzione e successivamente trasportati al luogo di consumo. La gestione del servizio deve tenere conto del fatto che a farsi pienamente carico del suo costo è l’intera collettività. Quali sono le caratteristiche della ristorazione scolastica e universitaria La ristorazione scolastica e universitaria rappresenta un servizio che si rivolge agli studenti e agli operatori del mondo scolastico e universitario. La dieta proposta deve essere conforme ai LARN, alle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana e alle tabelle dietetiche approvate dall’azienda sanitaria di riferimento. Il Ministero della Salute e le singole Regioni hanno emanato specifiche Linee guida per la ristorazione scolastica, con l’intento di uniformare questo servizio a tutela della salute. Specialmente nella scuola, il pasto assume una valenza educativa e, di conseguenza, la sicurezza e l’equilibrio nutrizionale delle preparazioni devono integrarsi a progetti di educazione alimentare che contribuiscano a consolidare sane abitudini. Considerando l’età degli utenti e le eventuali esigenze dietetiche personali, i menu devono essere proposti con rotazione di almeno 4-5 settimane, in modo da non ripetersi. È favorito l’impiego di prodotti di stagione, per garantire la varietà alimentare e consentire un apporto adeguato dei nutrienti necessari per una crescita armonica. Educare alla stagionalità dei prodotti alimentari ha una doppia valenza educativa: da un lato (nutrizionale), coniuga il principio della varietà alimentare alla migliore qualità organolettica, dall’altro (generale) insegna anche il rispetto per l’ambiente e getta le basi per un’alimentazione ecosostenibile.

Le diete speciali nella ristorazione scolastica e universitaria Dieta per i soggetti affetti da allergie o intolleranze alimentari, siano esse singole o multiple, e da favismo Dieta per i soggetti affetti da morbo celiaco Dieta per i soggetti diabetici Dieta per i soggetti affetti da particolari malattie metaboliche che prevedano, a scopo terapeutico, l’esclusione di particolari alimenti Dieta per i soggetti in diverso stato di sovrappeso Dieta in bianco, rivolta ai soggetti con gastriti e gastroduodeniti persistenti, con stati di chetosi transitori (acetone) secondari a disordini alimentari, con enteriti in via di risoluzione e/o a soggetti con sindromi postinfluenzali di diverso grado


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Approfondimento

Quali sono le peculiarità della ristorazione ospedaliera La ristorazione ospedaliera è erogata a favore dei soggetti ricoverati nelle aziende ospedaliere. Deve prevedere menu equilibrati, redatti in base alle indicazioni dei LARN e delle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. Inoltre, tali menu devono prevedere scelte sufficienti per soddisfare i gusti, le abitudini e le necessità terapeutiche dei pazienti. Le preparazioni devono essere di alta qualità e il servizio va garantito anche al di fuori degli orari dei pasti per quei pazienti non presenti durante la distribuzione. Sono compresi vitto comune, diete standard e diete personalizzate.

I menu per la ristorazione ospedaliera Vitto comune

Diete standard

Insieme di menu adeguati alle situazioni patologiche che non richiedono un trattamento dietetico e comprendente anche i menu per pazienti pediatrici.

Schemi dietoterapeutici adatti a specifiche patologie (dieta iposodica, ipocalorica, ipoproteica, senza glutine, a ridotto apporto di fibre, a consistenza modificata, ad alta densità nutrizionale, di rialimentazione).

Diete ad personam Schemi dietoterapeutici ricettati individualmente per soggetti con problematiche nutrizionali complesse che necessitano di schemi individualizzati.

Che cosa sono le diete standard nella ristorazione ospedaliera Le diete standard sono destinate a soggetti con patologie che hanno bisogno di diete modificate, ma che tuttavia non necessitano di diete individuali. Tali diete possono essere preparate modificando i piatti dell’alimentazione comune (menu del giorno e/o piatti fissi), opportunamente adattati: in questo modo si garantisce una maggiore accettazione della restrizione dietetica da parte del paziente, che si sente meno discriminato, e si favorisce una migliore organizzazione a livello di cucina.

Dieta

Caratteristiche

Iposodica

Prevede controllo e/o riduzione del sodio e diminuzione del sale aggiunto

Ipocalorica

Prevede un apporto calorico inferiore rispetto al fabbisogno (es. cura del sovrappeso, dell’obesità e di malattie metaboliche che richiedano un calo ponderale, come il diabete)

Ipoproteica

Si basa sulla limitazione dell’apporto di proteine

Senza glutine

Prevede impiego di alimenti naturali o speciali senza glutine per soggetti affetti da morbo celiaco

A contenuto ridotto di fibre

Prevede riduzione o eliminazione della componente non digeribile degli alimenti

A consistenza modificata

Prevede alimenti liquidi, frullati o tritati

Ad alta densità nutrizionale

Prevede un apporto nutriente ed energetico in quantità superiore al fabbisogno (es. per correggere la malnutrizione)

Di rialimentazione

Si predispone per i pazienti appena operati


Approfondimento

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Che cos’è la ristorazione assistenziale La ristorazione assistenziale avviene all’interno di case di cura o di riposo, spesso provviste di una propria cucina interna. Si rivolgono a utenti particolarmente delicati: l’anziano è infatti un soggetto fragile. I pasti devono essere adeguati alle esigenze energetiche e metaboliche degli ospiti anziani, rispettando le indicazioni quantitative dei LARN e le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. È importante che gli ospiti consumino tutti i piatti proposti, vanno monitorati quindi gli scarti e bisogna accertarsi che l’anziano sia in grado di assumere gli alimenti, adottando tutte le misure necessarie affinché questo avvenga. È preferibile che gli ambienti siano accoglienti, familiari e confortevoli, per invogliare maggiormente a mangiare, e che gli anziani mangino insieme per mantenere la valenza conviviale del momento del pasto. Gli orari dei pasti devono rispettare i ritmi fisiologici degli ospiti, i quali devono disporre di un tempo sufficiente per consumare i pasti. I menu vanno impostati su quattro settimane, per evitare la ripetizione delle preparazioni, devono essere vari e stagionali. Che cosa sono i centri cottura Un centro cottura è una struttura esclusivamente o prevalentemente dedicata alla produzione di pasti, solitamente per tipologie di utenza omogenee. Una struttura può essere definita centro cottura se: • produce più di 500-600 pasti, dei quali almeno l’85% destinato al consumo esterno al centro; • produce pasti con legame fresco-caldo, refrigerato o misto; • è gestita con un’ottica manageriale e industriale. I pasti prodotti dal centro cottura devono essere poi trasportati in multiporzione (gastronorm) o in monoporzione, considerando attentamente la tecnica migliore (detta legame) per aumentare la durata del prodotto mantenendo intatte le caratteristiche igieniche e organolettiche. Il momento della preparazione, infatti, è separato, in termini di tempo e spazio, dal momento del consumo.


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Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono gli alimenti? Gli alimenti sono sostanze commestibili, organoletticamente gradevoli, che costituiscono per l’organismo umano una fonte di nutrienti (glucidi, lipidi, proteine, vitamine, sali minerali, acqua). Quali funzioni hanno i nutrienti? I nutrienti contenuti negli alimenti possono svolgere prevalentemente tre tipi di funzione: energetica (glucidi e lipidi), plastica (proteine), bioregolatrice (vitamine e sali minerali). Come si classificano gli alimenti? Gli alimenti possono essere classificati secondo vari criteri, ad esempio in base a: origine (animale, vegetale, fungina, minerale); rilevanza nutrizionale (alimenti primari o accessori); funzione nutrizionale prevalente (energetica, plastica, bioregolatrice). Come sono suddivisi gli alimenti primari nei cinque gruppi? La classificazione CREA del 2003 divide gli alimenti primari in cinque gruppi in base al principale nutriente che apportano: gruppo I – cereali e derivati, tuberi (glucidi complessi); gruppo II – ortaggi e frutta fresca (vitamine, sali minerali); gruppo III – latte e derivati (proteine ad alto valore biologico, calcio e fosforo); gruppo IV – carni, prodotti ittici, uova e legumi secchi (proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine del gruppo B); gruppo V – grassi e oli da condimento (lipidi). Che cosa si intende per dieta equilibrata? La dieta equilibrata è uno schema dietetico che assicura un apporto adeguato di energia e di nutrienti, è appetibile e accettabile sotto il profilo economico, etnico e culturale, garantisce sicurezza e varietà degli alimenti, aiuta a mantenere un buono stato di salute. Nella formulazione di una dieta equilibrata è necessario partire dalla valutazione del peso corporeo.

Come si valuta il peso corporeo? Per ciascun individuo si può individuare una fascia di peso ottimale entro la quale si riduce al minimo il rischio di malattie e si conserva lo stato di salute. Il peso corporeo desiderabile può essere ricavato a partire dal Body Mass Index (BMI), calcolato dividendo il peso, espresso in chilogrammi, per il quadrato dell’altezza, espressa in metri. Quali sono gli strumenti fondamentali per pianificare una dieta equilibrata? Per pianificare una dieta equilibrata, oltre alla valutazione del peso, si deve tener conto delle indicazioni di tre strumenti fondamentali: 1. le Tabelle di composizione degli alimenti (elaborate a cura dell’INRAN, raccolgono i dati sui contenuti in nutrienti e in fibra alimentare degli alimenti maggiormente consumati in Italia); 2. i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana, sono valori di riferimento, cioè indicazioni inerenti gli apporti giornalieri di energia e nutrienti che assicurano la copertura dei fabbisogni in soggetti sani. Sono pubblicati dalla SINU); 3. le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana (sono raccomandazioni rivolte all’intera popolazione, che si pongono l’obiettivo di fornire indicazioni conformi ai LARN sull’uso degli alimenti nella quotidianità). Che cos’è la piramide alimentare italiana? La piramide alimentare è un modello nutrizionale, una rappresentazione grafica che illustra le raccomandazioni da seguire per garantirsi un’alimentazione equilibrata, nell’arco di una giornata o di una settimana. Si basa sul concetto che la frequenza di consumo degli alimenti rappresentati diminuisce a mano a mano che si sale verso il vertice, inoltre veicola il messaggio di associare l’attività fisica (A.F) all’alimentazione equilibrata.


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

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Mappa concettuale LA DIETA EQUILIBRATA

garantire salute e benessere deve soddisfare i fabbisogni di energia e nutrienti

una scelta bilanciata di alimenti

tramite

fa riferimento a

che sono classificabili per

Tabelle di composizione degli alimenti che contengono

funzione energetica (glucidi e lipidi)

funzione plastica (proteine)

valore energetico e composizione in micronutrienti di circa 900 alimenti

LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana)

calcolare il fabbisogno energetico

che contengono indicazioni per

stabilire gli apporti giornalieri di nutrienti

pianificare i pasti della giornata

Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana

determinare le porzioni standard

che sono indicazioni per il consumatore su scelte alimentari salutari e corrette

Bilancia nutrienti ed energia (per il controllo del peso)

costituite da 13 raccomandazioni

suddivise in

Più è meglio (alimenti di cui incentivare il consumo)

Meno è meglio (nutrienti critici di cui ridurre il consumo)

4 blocchi Varietà, sicurezza e sostenibilità (indicazioni per un’alimentazione completa di tutti i nutrienti in base a età e condizioni di vita)

funzione bioregolatrice (vitamine, sali minerali, acqua)


Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

34

Verifiche

LARN e Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana

Gli alimenti

1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta.

1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 È sufficiente che una sostanza non contenga sostanze tossiche per l’uomo perché possa essere considerata un alimento 2 Esistono singoli alimenti che contengono nella giusta quantità tutti i nutrienti necessari all’organismo 3 L’acqua è un macronutriente 4 I nutrienti essenziali vanno assunti obbligatoriamente ogni giorno con gli alimenti 5 Vitamine e sali minerali sono esempi di nutrienti essenziali 6 Dal punto di vista chimico le vitamine rientrano tra i nutrienti di natura inorganica 7 Sono nutrienti energetici glucidi e lipidi, non lo sono le proteine 8 Acqua e sale da cucina sono alimenti di origine minerale 9 Gli alimenti con funzione plastica sono fonti di proteine 10 Gli alimenti del gruppo V (grassi e oli da condimento) vanno consumati in quantità limitate e preferibilmente previa cottura 11 La classificazione degli alimenti primari in cinque gruppi ha lo scopo di facilitare la composizione di una dieta corretta, varia ed equilibrata 12 L’acqua, poiché non apporta calorie, non rientra in nessuno dei cinque gruppi

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

V F V F

La dieta equilibrata 1 Domande a completamento Elenca le caratteristiche della dieta equilibrata. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

.................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... ....................................................................................

1 I LARN sono utilizzabili: A per la ricerca e la pianificazione nutrizionale nei singoli e nelle collettività B per l’etichettatura nutrizionale degli alimenti in commercio C per la definizione di politiche sanitarie D tutte le opzioni sono corrette 2 La distribuzione percentuale dei macronutrienti raccomandata nei LARN è: A glucidi 45-60%, lipidi 15-20%, proteine 20-25% B glucidi 40-45%, lipidi 20-35%, proteine 20-25% C glucidi 45-60%, lipidi 20-35%, proteine 10-15% D glucidi 55-75%, lipidi 10-15%, proteine 10-15% 3 Per quanto riguarda i glucidi, i LARN suggeriscono che in una dieta equilibrata: A vanno preferiti bevande e prodotti contenenti fruttosio B vanno limitate le fonti di amido a basso indice glicemico C i glucidi semplici non devono superare il 15% dell’energia giornaliera D nessuna delle opzioni è corretta 4

Il fabbisogno energetico dipende: A dall’età e dal sesso di un individuo B dall’attività fisica e lavorativa svolta C dal metabolismo basale D tutte le opzioni sono corrette

5 Con riferimento alle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana è corretto affermare che: A il pesce andrebbe consumato 2-3 volte alla settimana B è preferibile consumare latte scremato o parzialmente scremato C si deve limitare il consumo di alimenti ad alto contenuto di saccarosio D tutte le opzioni sono corrette 6 Nelle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana si consiglia di: A saltare la prima colazione per dimagrire B consumare in abbondanza cibi fuori pasto per non arrivare affamati ai pasti principali C non assumere integratori di propria iniziativa D nessuna opzione è corretta


STEP 1

Elementi di dietetica e nutrizione

7 Per ridurre l’apporto di grassi saturi occorre controllare l’ingestione di: A grassi di origine animale B oli vegetali C olio extravergine di oliva D tutte le opzioni sono corrette

2 Domande a completamento Completa il grafico che rappresenta la distribuzione giornaliera percentuale dei macronutrienti energetici fissata dai LARN. 1 .......................... ..........................

35

4 Domande a completamento Elenca i quattro slogan sotto cui possono essere raggruppati i vari princìpi delle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. 1. 2. 3. 4.

.................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... ....................................................................................

I modelli nutrizionali e la dieta mediterranea 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

3 .......................... ..........................

2 .......................... ..........................

3 Domande a completamento Completa il grafico inserendo i valori relativi alla suddivisione dell’apporto energetico nei cinque pasti giornalieri. 1 .......................... .......................... 5 .......................... 2 .......................... .......................... ..........................

1 2 3 4 5 6 7 8 9

I modelli nutrizionali sono modelli grafici elaborati per proporre in modo semplice e intuitivo dei consigli dietetici V La piramide alimentare mostra che cosa bisogna fare per seguire una dieta salutare ed equilibrata V Al vertice della piramide sono collocati alimenti che dovrebbero essere consumati con moderazione V Alla base del modello giornaliero della piramide alimentare italiana ci sono pane, riso, pasta, patate e biscotti V La piramide alimentare italiana non contempla raccomandazioni inerenti l’attività fisica V Nella piramide ambientale della doppia piramide gli alimenti sono collocati dal basso verso l’alto in ordine crescente di impatto ambientale V L’ultimo livello della piramide alimentare italiana è occupato dai dolci V Gli effetti benefici della dieta mediterranea sono dovuti ad alimenti specifici V Nella dieta mediterranea il 25-30% dell’apporto calorico giornaliero è rappresentato da proteine V

F F F F F

F F F F

2 Domande a completamento Completa scrivendo gli alimenti previsti in ciascuna delle tre parti in cui può essere suddivisa la piramide della dieta mediterranea moderna. 4 .......................... ..........................

3 .......................... ..........................

1. Prima parte: ................................................................ 2. Seconda parte: ........................................................... 3. Terza parte: .................................................................


36

Unità di Apprendimento 1 • L’alimentazione oggi

Laboratorio delle competenze Le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana Descrivi tre regole di comportamento utili per mettere in pratica:

• • •

la Linea guida 1 (Controlla il peso e mantieniti sempre attivo). la Linea guida 3 (Più cereali integrali e legumi). la Linea guida 7 (Il sale? Meno è meglio).

Descrivi tre regole di comportamento per ciascuna delle categorie previste dalla Linea guida 10 (Consigli speciali).

Dieta e Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana Compila un diario alimentare di una settimana, indicando gli alimenti e le bevande consumati ai pasti e fuori pasto con le relative quantità. Valuta:

• •

le frequenze di consumo; l’entità delle porzioni consumate.

Commenta rispondendo alle domande seguenti.

• • •

Ci sono differenze o errori rispetto alle raccomandazioni nutrizionali e, in caso affermativo, quali? Vi è il rischio di carenze o eccessi? Come potresti ridurlo? Quali cambiamenti possono essere apportati?

La piramide alimentare della tua dieta Sulla base del diario alimentare redatto all’esercizio precedente, costruisci la piramide alimentare della tua dieta e confrontala con la piramide alimentare italiana e con la piramide della dieta mediterranea moderna. Commenta rispondendo alle domande seguenti.

• • •

Ci sono differenze o errori rispetto alle raccomandazioni nutrizionali e, in caso affermativo, quali? Vi è il rischio di carenze o eccessi? Come potresti ridurlo? Quali cambiamenti possono essere apportati?

Apporti nutrizionali e distribuzione dell’energia Compila un diario alimentare di 2-3 giorni non consecutivi (dei quali uno non scolastico). Indica il più esattamente possibile la grammatura degli ingredienti e delle porzioni (pesi a crudo) e compila uno schema con lo scopo di calcolare gli apporti nutrizionali di ogni giorno con riferimento a:

• • • •

glucidi disponibili, amido e zuccheri solubili; proteine; lipidi; ferro;

• • • •

calcio; vitamina C; colesterolo; energia totale.

Calcola quindi gli apporti nutrizionali medi e la distribuzione percentuale dell’energia tra i diversi nutrienti per ogni giorno e la media dei 2-3 giorni. Esprimi i dati in un grafico (istogramma e aerogramma). Confronta i risultati ottenuti con le raccomandazioni nutrizionali e commenta.

Esempio di menu settimanale Facendo riferimento alle scelte consigliate e alle frequenze di consumo secondo il modello della dieta mediterranea elabora un menu settimanale.

Gli esercizi di calcolo calorico-nutrizionale si trovano nel fascicolo Tabelle di composizione degli alimenti.


Facciamo il punto

37

Il dibattito sull’Agenda 2030 La dieta mediterranea è un modello di dieta sostenibile? L’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 si propone di garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. Ogni anno, circa un terzo del cibo prodotto, corrispondente a 1,3 miliardi di tonnellate, per un valore pari a circa mille miliardi di dollari, finisce nella spazzatura dei consumatori e dei commercianti, oppure va a male a causa di sistemi di trasporto o pratiche agricole inadeguati. Appare quindi evidente la necessità di coinvolgere anche i consumatori in iniziative di sensibilizzazione al consumo e a stili di vita sostenibili, offrendo loro adeguate informazioni su standard ed etichette. La dieta mediterranea, prediligendo il consumo di verdura, frutta e cereali (preferibilmente integrali), è considerata un modello di dieta sostenibile, cioè una dieta a basso impatto ambientale che contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Nel 2010 è stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. E tu che cosa ne pensi? Partecipa al dibattito in classe! Di seguito proponiamo una serie di motivazioni legate al riconoscimento della dieta mediterranea come dieta sostenibile. Guidati dall’insegnante, dividetevi in due gruppi: il gruppo A e il gruppo B. Ciascun gruppo dovrà proporre ulteriori osservazioni per descrivere la sostenibilità della dieta mediterranea. Potete partire dalle osservazioni proposte di seguito e arricchire l’elenco.

La dieta mediterranea Gruppo A

Gruppo B

Predilige il consumo di frutta, verdura e cereali (preferibilmente integrali)

Prevede un consumo moderato o limitato di uova, pesce, carne, latte e suoi derivati

Contribuisce al miglioramento della salute dei soggetti

Ha un minor impatto ambientale

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

Il compito di realtà Creare le “carte d’identità” dei principali alimenti protagonisti della dieta mediterranea Al termine dell’Unità di Apprendimento 1 hai imparato a conoscere gli alimenti e a classificarli. Ora mettiti alla prova realizzando le “carte d’identità” dei principali alimenti protagonisti della dieta mediterranea, descrivendone le caratteristiche, classificandoli e corredando le schede di immagini significative. Di che cosa hai bisogno? Libro di testo; materiale di cancelleria; computer provvisto di connessione internet e collegato a stampante per stampare le immagini. In alternativa, puoi scattare fotografie nel Laboratorio di Cucina per rendere il lavoro più personale. Ecco come procedere • Raccogli le informazioni e il materiale di riferimento: oltre al libro di testo puoi usare gli approfondimenti del libro digitale, riviste specializzate, materiale tratto dal web. • Elabora testi brevi mettendo in evidenza quali sono le caratteristiche e le funzioni degli alimenti e come si classificano. • Realizza le carte d’identità inserendo i testi e le immagini stampate dal web o le fotografie scattate nel Laboratorio di Cucina, curando sia i contenuti sia l’aspetto grafico. • Presenta il compito all’insegnante e alla classe, esprimendo considerazioni personali sull’argomento.


UDA

2

La merceologia alimentare

Competenze disciplinari Conoscenze • Criteri di scelta delle materie prime

• Le materie prime sotto

il profilo organolettico, merceologico, chimicofisico, igienico, nutrizionale e gastronomico

• Merceologia, standard di qualità e sicurezza delle materie prime

Abilità • Applicare modalità di trattamento e trasformazione delle materie prime

• Leggere e interpretare le etichette alimentari

• Applicare criteri di selezione delle materie prime

• Applicare procedure di

analisi dei rischi e controllo delle materie prime

Competenze interdisciplinari di indirizzo

Competenze interdisciplinari di area generale

Competenze chiave per l’apprendimento permanente

Competenze di cittadinanza

Competenza n. 2 Supportare la pianificazione e la gestione dei processi di approvvigionamento

Competenza n. 1 Agire in riferimento a un sistema di valori, coerenti con i princìpi della Costituzione

• Competenza alfabetica

• Imparare

• Competenza

• Progettare

Competenza n. 3 Applicare correttamente il sistema HACCP, la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro

Competenza n. 2 Utilizzare il patrimonio lessicale ed espressivo della lingua italiana

• Competenza digitale

Competenza n. 5 Valorizzare l’elaborazione e la presentazione di prodotti dolciari e di panificazione

Competenza n. 7 Individuare e utilizzare le moderne forme di comunicazione visiva e multimediale Competenza n. 8 Utilizzare le reti e gli strumenti informatici Competenza n. 12 Utilizzare i concetti e i fondamentali strumenti degli assi culturali in campi applicativi

e funzionale

multilinguistica

• Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare

• Competenza in materia di cittadinanza

a imparare

• Comunicare • Collaborare

e partecipare

• Risolvere problemi

• Individuare

collegamenti e relazioni

• Acquisire e

interpretare l’informazione


CURIOSITÀ DAL MONDO I cereali sono ampiamente utilizzati in Nord Europa per produrre pani di diverse tipologie e varietà, spesso a base di farine integrali e arricchiti con semi. Tra questi, il knäckebröd svedese si caratterizza per la forma circolare, con un buco al centro, che in passato serviva per appenderlo al soffitto con dei bastoni per conservarlo a lungo. Si tratta di un pane croccante simile a un cracker: la parola knäcke, infatti, è un suono onomatopeico che imita il rumore del pane croccante che si spezza. Per saperne di più, vai al libro digitale.

I RACCORDI INTERDISCIPLINARI

INDICE STEP

1

STEP

Cereali e derivati

STEP

Frutta secca

STEP

Alimenti accessori

6

2

Uova

STEP

Latte e formaggi

STEP

Grassi e oli

STEP

3

STEP

4

STEP

5

Agenti lievitanti

7 8 9

Acque e bevande Additivi ad azione fisica e coloranti

Storia • Il fondamentale ruolo del frumento per le prime civiltà Italiano • Letture consigliate Laboratorio di Cucina • La panificazione • Le paste fresche e quelle ripiene Laboratorio di Sala-Bar e vendita • Il latte nel servizio della prima colazione Diritto e tecniche amministrative • Norme sulla produzione e commercializzazione del latte Ulteriori raccordi interdisciplinari sono suggeriti all’interno del testo

L’AGENDA 2030 Obiettivo 1: Porre fine a ogni forma di povertà nel mondo

IL DIBATTITO Come sensibilizzare i consumatori verso l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale?

IL COMPITO DI REALTÀ Organizzare una colazione che preveda l’impiego di ingredienti e prodotti provenienti dal commercio equo e solidale: stesura del menu, realizzazione di una brochure informativa e realizzazione delle preparazioni.


40

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

1

Approfondimenti Grano saraceno

Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum, Facopyrum tataricum) è una Poligonacea di origine asiatica che cresce nei climi freddi e umidi. Per saperne di più, vai al libro digitale. Pseudocereali

L’importanza nutrizionale degli pseudocereali (o cereali minori) va rintracciata nella necessità di fronteggiare intolleranze alle componenti proteiche (glutine). Per saperne di più, vai al libro digitale. Kamut®

La farina di Kamut® è ottenuta dal frumento orientale, noto anche come grano rosso o grano Khorasan. Per saperne di più, vai al libro digitale.

1

Cereali e derivati

CHE COSA SONO I CEREALI E QUAL È IL LORO VALORE NUTRIZIONALE

I cereali sono piante erbacee della famiglia delle Graminacee, coltivate sin dai tempi antichi per i loro frutti (cariossidi) sia nel periodo invernale, sia nel periodo estivo. La distribuzione geografica dei cereali dipende dalle condizioni climatiche: • nelle zone a clima caldo si coltivano prevalentemente il riso, il mais e il sorgo; • nelle zone a clima freddo o temperato sono diffusi il frumento, la segale, l’orzo e l’avena. Anche il grano saraceno, che appartiene però alla famiglia delle Poligonacee, è considerato un cereale. Amaranto, manioca, quinoa e sagù sono considerati pseudocereali (o cereali minori), anche se non fanno parte delle Graminacee. Questi alimenti, essendo privi di glutine, possono essere consumati dai celiaci e usati negli alimenti per l’infanzia destinati al divezzamento. Il valore nutrizionale dei cereali risiede nell’elevato contenuto in amido e nel minimo contenuto in grassi delle cariossidi. Sono inoltre un’ottima fonte energetica a basso costo, che deve però essere associata a cibi che completino il pool proteico. Le proteine sono presenti in quantità limitata ed essendo legate a strutture cellulosiche, non sono facilmente assimilabili. Gli amminoacidi essenziali sono carenti, in particolare la lisina. Per ovviare alle carenze nutrizionali dei cereali sono state selezionate sementi più ricche in proteine oppure si addizionano le farine di amminoacidi e vitamine.

2

CHE COS’È IL FRUMENTO E COME È STRUTTURATA LA SUA CARIOSSIDE

Il frumento, più conosciuto come grano, appartiene al genere Triticum ed è il cereale più coltivato e consumato in Italia. • Il grano duro è la specie più coltivata in Italia meridionale e insulare. Si distingue per il maggior contenuto proteico. Appartiene a questa specie anche il frumento orientale, meglio noto come Kamut®. • Il grano tenero è la specie più diffusa nell’Italia centrale e settentrionale. Dal punto di vista nutrizionale il grano tenero è assimilabile al farro, progenitore dell’attuale frumento che produce chicchi scuri e piccoli, contenenti anche glutine. Il frutto del frumento è la cariosside, che ha forma ovoidale ed è lunga da 6 a 8 mm e larga 3-4 mm. Alle sue estremità si trovano, da una parte, il germe e, dall’altra, una barbetta. Nella cariosside si distinguono diverse parti: il tegumento esterno, l’endosperma e il germe. L’endosperma, situato internamente, è la parte più importante dal punto di vista alimentare.


STEP 1

Cereali e derivati

41

La struttura della cariosside di frumento

Raccordi interdisciplinari Storia

Endosperma Tegumento esterno (o crusca) Fibra insolubile Vitamine del gruppo B Sali minerali Proteine Sostanze fitoattive

Glucidi Proteine Fibra solubile Strato aleuronico

Germe (o embrione) Grassi buoni Vitamine del gruppo B Vitamina E Sali minerali Proteine Sostanze fitoattive

Qual è il valore nutrizionale del frumento La composizione chimica della cariosside dipende da numerosi fattori, quali la specie di appartenenza, il terreno, il clima e lo stato di conservazione.

La composizione chimica della cariosside Acqua

È presente in una quantità variabile tra l’8 e il 18% (mediamente arriva al 12%).

Glucidi

Rappresentano mediamente il 72% del peso della cariosside.

Amido

Rappresenta mediamente il 72%, ed è la componente più importante per la sua capacità di assorbire acqua. Inoltre, per la presenza di enzimi idrolitici, è idrolizzato in zuccheri fermentescibili indispensabili per la lievitazione degli impasti.

Proteine

Rappresentano mediamente il 12% e sono principalmente albumine, globuline, prolamine (gliadina) e glutenine (glutenina). La composizione chimica di prolamine e glutenine ha un’importanza sia nutrizionale sia tecnologica (attitudine alla panificazione): la gliadina e la glutenina, a contatto con l’acqua, si uniscono con legami intermolecolari formando il glutine, sostanza lipoproteica che conferisce all’impasto viscosità, coesione ed elasticità.

Lipidi

Sono presenti (1,5-2%) quasi esclusivamente nel germe. Nell’endosperma e nello strato aleuronico si trovano anche fosfolipidi, glicolipidi e steroli.

Sali minerali

Tutti i sali minerali sono presenti, con un contenuto totale dell’1,5-2%.

Vitamine

Tra le vitamine sono presenti il complesso B (nello strato aleuronico) e la vitamina E (nel germe).

Nella cariosside sono presenti anche pentosani, cellulosa e lignina.

Il fondamentale ruolo del frumento per le prime civiltà


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

42

La composizione chimica della cariosside di frumento Regione anatomica

Raccordi interdisciplinari Italiano

Il pane nei Promessi Sposi (Cap. XII)

Percentuale della cariosside

Glucidi

Proteine

Lipidi

Cellulosa Emicellulosa Pentosani

Sostanze minerali

Tegumento esterno

9%

14%

12,8%

2,4%

65,2%

5,6%

Strato aleuronico

8%

12%

32%

8%

38%

10%

Germe

3%

20%

38%

15%

22%

5%

Endosperma

80%

83%

11%

3%

2%

1%

Quali enzimi e fattori antinutrizionali contiene il frumento

Quali sfarinati sono ottenuti dal frumento

Gli enzimi, pur essendo presenti in piccole quantità nella cariosside, hanno una grande importanza per i processi di fermentazione. Sono principalmente diastasi, proteasi, lipasi, fitasi. Nel frumento sono presenti anche sostanze antinutrizionali come: • tannini, sostanze che legano le proteine formando complessi indigeribili, e svolgono questa stessa azione nei confronti degli enzimi digestivi, compromettendo così i processi di assorbimento anche degli altri nutrienti; • inibitori enzimatici di proteasi e amilasi, presenti nell’endosperma della cariosside; • lecitine, che interferiscono con l’assorbimento dei nutrienti, interagendo con le cellule della mucosa intestinale.

Tra gli sfarinati di frumento si distinguono: • le farine, che sono ottenute dal grano tenero, hanno granuli piccoli e tondeggianti e colore bianco e sono adatte alla produzione di pane (le farine di grano tenero possono essere prodotte solo nei tipi 00, 0, 1, 2 e integrale); • le semole e i semolati, che sono ricavati dal grano duro, hanno granuli grossi, spigoli netti e colore leggermente ambrato e sono adatti alla produzione di paste alimentari; è consentita anche la produzione di farina di grano duro, da destinare alla panificazione. Per ottenere una migliore panificabilità, si utilizzano anche farine di forza, ricche di gliadina e glutenina, ottenute dalla macinazione di un grano tenero impropriamente chiamato semiduro e spesso miscelate con altre farine.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7

Il tegumento esterno è formato da strato aleuronico ed endosperma Il germe ha un elevato contenuto proteico ma non lipidico La composizione chimica delle proteine influenza l’attitudine alla panificazione Gliadina e glutenina formano il glutine in assenza di acqua Gli enzimi non hanno alcun rilievo per la lievitazione degli impasti Tra i fattori antinutrizionali contenuti nel frumento vi sono tannini e lecitine Il glutine è una sostanza glucidica

V V V V V V V

F F F F F F F


STEP 1

Cereali e derivati

43

Gli sfarinati di grano tenero: caratteristiche Tipo e denominazione

Umidità massima

Ceneri (% su sostanza secca)

Proteine (N × 5,7) (% su sostanza secca)

Minima

Massima

Minima

Farina 00

14,50%

-

0,55

9,00

Farina 0

14,50%

-

0,65

11,00

Farina 1

14,50%

-

0,80

12,00

Farina 2

14,50%

-

0,95

12,00

Farina integrale

14,50%

1,30

1,70

12,00

Gli sfarinati di grano duro: caratteristiche Tipo e denominazione

Umidità massima

Ceneri (% su sostanza secca)

Proteine (N × 5,7) (% su sostanza secca)

Minima

Massima

Minima

Semola

14,50%

-

0,90

10,50

Semolato

14,50%

0,90

1,35

11,50

Semola integrale

14,50%

1,40

1,80

11,50

Farina di grano duro

14,50%

1,36

1,70

11,50

I cereali: valutiamo l’esposizione orale

PEER TO PEER A coppie: rivolgi alla compagna o al compagno le domande seguenti. • Che cosa sono semole e semolati? • Quali caratteristiche presentano e per che cosa sono usati? • Che cosa sono le farine? • Quali caratteristiche presentano e per che cosa sono usate? • Che cosa sono le farine di forza?

Dopo aver ascoltato attentamente le risposte, prova a fornirne una valutazione oggettiva, attribuendo a ciascuno dei seguenti aspetti un voto da 1 a 5 e rispondendo alle domande. Chiarezza Completezza Precisione

1 1 1

2 2 2

3 3 3

4 4 4

5 5 5

Quali sono stati, a tuo avviso, i punti di forza nell’esposizione della compagna o del compagno? Quali sono stati, a tuo avviso, i punti di debolezza? Ora è il tuo turno. Sarà la compagna o il compagno a rivolgerti le domande e a valutare le tue risposte. Dopo aver terminato l’esercizio, potrete confrontarvi sulle rispettive valutazioni, scambiandovi consigli e considerazioni personali volti a migliorare l’esposizione.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

44 Glossario Abburattamento

L’abburattamento è il processo di setacciatura graduale dei cereali macinati. Il termine abburattare significa infatti setacciare ed è usato in riferimento alla molitura dei cereali.

Come avviene la molitura del frumento La molitura delle cariossidi dei cereali produce: • sfarinati (75-80%) costituiti prevalentemente dall’endosperma della cariosside; • scarti (20-22%), costituiti da crusca, cruschello, tritello. Il processo di molitura del frumento si articola in diverse fasi: • la pulitura, che consiste nell’eliminazione di tutte le impurità e delle sostanze estranee (mediante setacci, aspiratori, spazzolatrici o mediante lavaggio con acqua); • il condizionamento, che consiste nel mettere a riposo i chicchi in appositi cassoni per standardizzare l’umidità della massa (umidificazione superficiale dei chicchi) e serve a migliorare la macinazione e a ottenere sfarinati con maggiore attitudine all’impasto, per aumento della forza del glutine; • la miscelazione, che è eseguita quando si utilizzano diversi tipi di grano;

• la macinazione, che si effettua per

separare gli elementi esterni del chicco e ridurre in polvere più o meno fine la mandorla farinosa.

In particolare, la fase della macinazione comprende: • la triturazione, durante la quale le cariossidi sono sottoposte a rottura attraverso il passaggio in cilindri di rottura o laminatoi; • l’abburattamento, che consente di separare la farina dagli altri componenti della cariosside e si effettua in buratti (setacci) a piani oscillanti. La farina integrale contiene tutte le parti del chicco macinato, crusca compresa. Non è infatti abburattata e, di conseguenza, il suo tasso di abburattamento è maggiore rispetto a quello delle altre farine. Le farine di grano tenero commerciali hanno invece i seguenti tassi di abburattamento: • farina tipo 00 ➝ 50%; • farina tipo 0 ➝ 72%; • farina tipo 1 ➝ 80%; • farina tipo 2 ➝ 85%.

ESERCIZIO 1 2 3 4

La molitura del frumento non produce scarti Il condizionamento produce sfarinati con maggiore attitudine all’impasto L’abburattamento è applicato ai cereali macinati La farina 00 è quella con il maggior tasso di abburattamento

V V V V

F F F F


STEP 1

3

Cereali e derivati

45

QUALI SONO LE SOSTANZE CHE CARATTERIZZANO GLI IMPASTI DI FARINE

Quali sono le caratteristiche principali delle farine Ciascuna farina presenta specifiche proprietà: • estensibilità; • viscosità; • tenacità; • adesività. • elasticità;

Le sostanze contenute nella farina che svolgono un ruolo fondamentale nella produzione di impasti sono, oltre ad alcuni enzimi, due proteine: • la gliadina; • la glutenina. Durante l’impastamento, la farina assorbe acqua (in quantità diversa in relazione al grado di macinazione, alla quantità e alla qualità delle proteine presenti, all’umidità sia della farina sia dell’ambiente). La gliadina e la glutenina, a contatto con l’acqua e per l’azione meccanica dell’impastamento, si legano tra loro e formano un complesso proteico, il glutine, che costituisce la struttura portante dell’impasto. Si crea così una sorta di reticolo, che assorbe l’acqua (da una volta e mezzo a due volte il peso del glutine) e, durante la lievitazione, trattiene i gas (anidride carbonica) prodotti dai lieviti, rendendo l’impasto compatto ed elastico. La quantità di gliadine e di glutenine presenti nella farina condiziona le caratteristiche dell’impasto. Le farine hanno quindi caratteristiche e proprietà diverse in relazione alla quantità di gliadina, glutenina e amidi contenuti.

Ciascuna farina è caratterizzata inoltre da una diversa attitudine fermentativa, determinata dall’azione degli enzimi che attaccano gli amidi formando gli zuccheri necessari ai lieviti per la fermentazione. Verificare la qualità della farina (cioè il contenuto in gliadina, glutenina e amidi) e il suo comportamento durante la fase dell’impastamento, della lievitazione e della cottura è fondamentale per la riuscita del prodotto finale. Inoltre, conoscere le caratteristiche delle farine permette di determinare: • la percentuale ottimale di acqua da aggiungere alla farina per avere la giusta consistenza; • il tempo di sviluppo dell’impasto, ossia il tempo necessario per la formazione del glutine; • la stabilità dell’impasto, ossia l’intervallo di tempo durante il quale l’impasto rimane alla massima consistenza; • l’indice di caduta o sfibramento dell’impasto, cioè il tempo che l’impasto impiega a perdere la sua consistenza.

Glossario Viscosità

La viscosità è la resistenza di un liquido allo scorrimento ed è originata dalle forze di attrazione intermolecolari. Di conseguenza, all’aumentare della temperatura la viscosità diminuisce perché diminuiscono le forze intermolecolari.

Le proprietà della farina Estensibilità

• Indica il grado

• •

di deformazione che si può raggiungere prima della rottura dell’impasto. Dipende dalla quantità di gliadina presente nella farina. Serve per dare un prodotto voluminoso.

Tenacità

• È necessaria

per sopportare il lavoro meccanico delle impastatrici e la pressione della lievitazione. Dipende dalla quantità di glutenine presenti nella farina.

Elasticità

• Indica la capacità

dell’impasto di opporre resistenza meccanica alle forze che agiscono su di esso e di riacquistare la forma iniziale al cessare di queste forze. Dipende dalla quantità di glutenine presenti nella farina.

Viscosità

• Dipende dalla

proprietà di gelatinizzazione dell’amido, che porta a un incremento della viscosità e delle proprietà elastiche per rigonfiamento dei granuli.

Adesività

• È il lavoro

necessario per vincere le forze di attrazione tra la superficie dell’alimento e gli altri materiali con i quali l’alimento può venire in contatto.


46 Glossario Manitoba

Le manitoba (> 350 W) sono farine speciali di frumento tenero ad alto contenuto proteico. Sono chiamate così perché originariamente erano prodotte nell’omonima regione del Canada. Oggi vengono prodotte anche in altre aree, pur avendo mantenuto la denominazione originaria. Sono usate per rafforzare (tagliare) farine deboli come quelle di segale, miglio e avena.

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Che cosa si intende per forza della farina La forza della farina (W) − detta anche capacità panificabile − indica il grado della farina di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione. È infatti la capacità della farina di: • assorbire l’acqua durante l’impastamento; • mantenere l’anidride carbonica durante la lievitazione.

La forza della farina dipende, quindi, soprattutto dalla quantità e dalla qualità del glutine. La farina, infatti, si definisce forte quando: • assorbe un’elevata percentuale d’acqua; • sviluppa una maglia glutinica resistente, con un’alta capacità di trattenere l’anidride carbonica, che permette all’impasto di sopportare lunghe fermentazioni e di dare prodotti voluminosi.

Questo parametro suddivide le farine in quattro categorie: • farine deboli; • farine medie; • farine forti; • farine speciali, che comprendono le manitoba.

Classificazione delle farine in base alla forza Farine deboli (90-160 W)

• • • •

Hanno un basso contenuto proteico (solitamente 9%) Contengono meno glutenine rispetto alle gliadine Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua Sono usate per biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria

Farine medie (160-250 W)

• • •

Assorbono dal 55 al 65% del loro peso in acqua Sono quelle più utilizzate in pizzeria Sono usate per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all’olio o alcuni tipi di pizza

Farine forti (250-310 W)

• •

Oppongono una forte resistenza alla deformazione del glutine Hanno una percentuale di proteine superiore e un rapporto glutenine/gliadine maggiore Assorbono circa il 65-75% del loro peso in acqua Sono usate per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioche, pasticceria lievitata naturalmente e pizza

• •

Farine speciali (310-370 W)

• • •

Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua Sono indicate per impasti a lunghissima lievitazione (impasto con biga) Sono usate per prodotti a lunga lievitazione come i panettoni


STEP 1

Cereali e derivati

47

La forza della farina è influenzata anche: • dall’amido; • dalla sua attaccabilità dagli enzimi (le amilasi). I granuli di amido, se messi in acqua calda (60-75 °C), assorbono acqua e si rigonfiano (gelatinizzazione), determinando anche un aumento della viscosità del liquido. Infatti per effetto del calore, dai granuli di amido

si crea un reticolo che intrappola l’acqua, formando un gel. Se i granuli dell’amido sono stati maggiormente frantumati con la macinazione, la loro attaccabilità da parte degli enzimi risulta più alta. In questo modo, si favorisce anche l’assorbimento dell’acqua da parte della farina, in quanto i granuli dell’amido frantumati assorbono più acqua rispetto ai granuli integri.

La forza della farina

Glossario Amido e amilasi

L’amido è un composto organico presente nei carboidrati (o glucide polisaccaride), comunemente contenuto in alimenti come pane, pasta, riso, patate. Le amilasi sono gli enzimi che attaccano l’amido scindendolo in glucosio.

La farina è forte quando ● Ha un elevato contenuto proteico (gliadine e glutenine) ● Ha una quantità adeguata di amido frantumato, che assorbe più acqua ● L’attività delle sue amilasi è moderata

ESERCIZIO 1 Estensibilità, tenacità, elasticità, viscosità e collosità sono proprietà delle farine 2 Ciascuna farina presenta una attitudine fermentativa simile 3 La riuscita del prodotto finale dipende dal comportamento della farina durante impastamento, lievitazione e cottura 4 La forza della farina è detta anche capacità panificabile 5 Le farine si dividono in farine deboli, medie, forti ed extra forti 6 Le farine deboli hanno un alto contenuto proteico e contengono meno glutine

V V

F F

V V V V

F F F F


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

48 Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina La panificazione

Quali sono i fattori che influenzano la formazione del glutine Oltre che da un’adeguata fase di impastamento, la formazione del glutine è influenzata: • dall’acqua; • dall’ordine di mescolamento degli ingredienti. Per formarsi, il glutine ha bisogno infatti di acqua. • Se l’acqua è carente, il glutine non si sviluppa. • Se l’acqua è troppa, si verifica un’eccessiva diluizione delle gliadine e delle glutenine; ciò rende impossibile la formazione di un reticolo con maglia fitta.

4

COME SI IMPASTANO I PRODOTTI LIEVITATI

L’impastamento consiste nel miscelare gli ingredienti tra di loro. È una fase fondamentale per la riuscita del prodotto. Durante questa operazione, ha luogo la

formazione del glutine che, trattenendo i gas prodotti dai lieviti, determina la formazione della mollica alveolata, caratteristica del pane e dei dolci lievitati. Gli elementi che giocano un ruolo fondamentale nella riuscita dell’impasto sono molteplici: • la tipologia di lavorazione; • il tipo di impastamento; • l’umidità; • la temperatura. In particolare, nei prodotti lievitati, la temperatura delle materie prime e dell’ambiente è importante per determinare l’inizio della trasformazione degli amidi in zuccheri e l’inizio della lievitazione. La temperatura ottimale dell’impasto in lavorazione, per evitare che la lievitazione inizi anzitempo, varia tra 23 e 25 °C. Per tenere sotto controllo tale temperatura, l’acqua aggiunta nella fase di impastamento non deve provocare né un rialzo, né un abbassamento del livello termico. L’impasto va conservato alla temperatura di 28-30 °C e va tenuta sotto controllo anche l’umidità dell’aria.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

L’ordine di mescolamento degli ingredienti non influenza la formazione del glutine Per formarsi, il glutine ha bisogno di acqua Se l’acqua è troppa, è impossibile la formazione di un reticolo a maglia fitta L’impastamento consiste nel miscelare gli ingredienti tra loro La temperatura ottimale dell’impasto in lavorazione varia tra 20 e 25 °C

V V V V V

F F F F F


STEP 1

5

Cereali e derivati

ALTRE FARINE, FARINE SENZA GLUTINE E AMIDI

Con il termine farina si intende genericamente la farina derivata dal frumento. Nella pratica di cucina e di pasticceria sono usate però anche altre farine, e in questo caso è sempre necessario specificarne l’origine. Alcune farine sono prive di glutine quindi adatte alle produzioni per soggetti celiaci (intolleranti al glutine). Tra le farine senza glutine ricordiamo: • la farina di riso; • la farina di grano saraceno; • la farina di mais.

Farina di riso La farina di riso deriva dalla macinazione di questo cereale ed è molto ricca in amido ma povera in proteine, lipidi e fibre. Può essere di diversi tipi: semola bianca di riso, semola integrale di riso, farina bianca di riso e farina integrale di riso. Dal riso si ricava anche l’amido, ottenuto invece dalle cariossidi sottoposte a una diversa lavorazione. L’amido di riso ha una grana molto fine, è insapore e insolubile in acqua fredda e alcol.

Farina di grano saraceno La farina di grano saraceno conferisce agli impasti colore scuro e buona aromaticità, ma va impiegata in miscela con altre farine per prodotti da forno lievitati e pane perché non è soggetta a lievitazione.

49

Farina di mais La farina di mais è disponibile in diverse versioni, tra cui per esempio la farina bramata, piuttosto grossolana, il fioretto o il fumetto, progressivamente più sottili, o la farina bianca, tipica del Veneto, ottenuta dalla macinazione di un mais autoctono (mais bianco perla). Dal mais si ricava anche l’amido di mais (o maizena), usato principalmente come addensante. È ottenuto mediante eliminazione della crusca e del germe del mais e successiva macinatura. Non contiene glutine ma contiene più amido e meno acqua, proteine, lipidi e fibre non viscose rispetto alle altre farine. Questa particolare composizione gli conferisce un maggior potere addensante e antiagglomerante rispetto agli altri derivati. L’utilizzo dell’amido di mais, per il suo elevato potere addensante, consente di ottenere dolci con una struttura più solida e al tempo stesso con una consistenza più morbida. Dalla fermentazione dell’amido di mais, successivamente purificato, essiccato e polverizzato, si ottiene lo xantano (o gomma di xantano). Questo polisaccaride si presenta come polvere color crema solubile in acqua e insolubile in alcol etilico. Rappresenta un prezioso alleato per la produzione di pane e dolci senza glutine perché è in grado di rendere collosa la farina, mimando l’attività del glutine. Consente quindi una buona lievitazione e conferisce morbidezza e consistenza all’impasto. Trova impiego come additivo alimentare e modificatore reologico (è indicato con la sigla E 415).

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

Le farine prive di glutine sono adatte alle produzioni per soggetti celiaci Le farine prive di glutine sono adatte alle produzioni per soggetti intolleranti al lattosio La farina di riso è povera di amido La farina di grano saraceno conferisce agli impasti colore dorato e buona aromaticità L’amido di mais (maizena) contiene glutine ed è usato principalmente come addensante Lo xantano ostacola la lievitazione e conferisce croccantezza ai prodotti

V V V V V V

F F F F F F


50

Glossario Fecola

Amido in forma di polvere bianca, insolubile in acqua fredda, che si ricava da tuberi come le patate e dai fusti di varie piante.

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Farina di segale

Farina di castagne

Questa farina è diffusa soprattutto nei Paesi mitteleuropei e del Nord Europa per la produzione di prodotti da forno, pane a lievitazione naturale, crackers e grissini.

Dalla molitura delle castagne, sottoposte a una particolare lavorazione dopo la raccolta e poi essiccate, viene ricavata una farina dal profumo intenso, utilizzata soprattutto per torte (miscelata o da sola), biscotti di pasta frolla (miscelata) e creme.

Farina di avena La farina di avena viene usata in pasticceria in miscela con altre farine per produrre prodotti di biscotteria e panificazione.

Farina di soia La farina di soia, ottenuta dalla macinazione dei semi di questa leguminosa, è ricca in proteine che, trattenendo acqua, conferiscono morbidezza all’impasto. In pasticceria è usata in miscela con altre farine.

Fecola Va infine ricordato che in pasticceria viene utilizzata anche la fecola di patate, che: • dona ai prodotti friabilità e leggerezza; • migliora la conservabilità; • addensa creme e salse.


STEP 1

6

Cereali e derivati

CHE COS’È IL PANE E QUALI SONO I SUOI INGREDIENTI

Per pane si intende il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenzionalmente lievitata preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (Legge 4 luglio 1967, n. 580 e successive modifiche). Tra gli sfarinati, le farine idonee alla panificazione sono quelle di grano tenero e di segale, ma è possibile usare anche farine di altri cereali, da sole o miscelate a quella di frumento. Le farine più idonee alla panificazione sono quelle più ricche in proteine, in particolare gliadine e glutenine, che danno origine al glutine. Secondo la normativa europea, il tenore in proteine degli sfarinati, riferito alla sostanza secca, deve essere almeno dell’11,50%. Anche la capacità di consentire l’idrolisi dell’amido e la conseguente fermentazione

51 è fondamentale per una buona panificazione: la legge prevede a questo scopo l’aggiunta di cereali maltati, estratti di malto e amilasi (alfa e beta). Con il Decreto ministeriale n. 351/1994, è consentita l’aggiunta di glutine alle farine di grano tenero per aumentare il tenore proteico e migliorare le caratteristiche reologiche. L’acqua è importante per la panificazione in quanto concorre alla formazione del glutine e apporta anche sali minerali (calcio, magnesio) che aumentano la rigidità dell’impasto, migliorando così le caratteristiche meccaniche del glutine. La temperatura dell’acqua deve essere di 21-25 °C per non ostacolare l’attività dei lieviti; la quantità di acqua da aggiungere dipende dalle caratteristiche delle farine. Le direttive europee prevedono l’aggiunta di additivi in numero limitato e in base al criterio del “quanto basta” per aumentare la forza delle farine.

Perché aggiungere il sale (cloruro di sodio) all’impasto ● Per migliorare le caratteristiche organolettiche ● Per aumentare la qualità e la quantità del glutine (la gliadina è meno solubile in acqua salata e, di conseguenza, dà origine a maggiori quantitativi di glutine, rendendo l’impasto più compatto e lavorabile) ● Per la sua blanda azione antisettica, che riduce le fermentazioni secondarie ● Per conferire alla crosta una colorazione più marcata e renderla più croccante

Quali lieviti sono usati in panificazione In panificazione il lievito utilizzato è il Saccharomyces cerevisiae, che fermenta il glucosio, derivato dall’idrolisi dell’amido, in alcol etilico e anidride carbonica. Sono usate tre diverse tipologie di lievito: • il lievito industriale compresso, che è attivo anche con le farine più deboli e consente tempi rapidi di lavorazione e produzione di pane di piccola pezzatura;

• il lievito naturale (o di pasta acida), che

è costituito da acqua e farina (esposte per qualche tempo all’aria in modo da arricchirsi di microrganismi presenti nell’ambiente, oppure che derivano da un impasto precedente) e che presenta diversi vantaggi, tra i quali sapori e aromi tipici, una maggiore digeribilità, una struttura del pane più regolare, ma richiede tempi di lavorazione più lunghi. • il lievito secco attivo, che è ottenuto da colture di ceppi diversi sottoposte a essiccazione.

Approfondimenti La segale e il triticale

La segale è il cereale tipico dei Paesi nord-europei, dove è usata da sola o mescolata al frumento. Il triticale è ottenuto invece incrociando il grano duro con la segale. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Glossario Caratteristiche reologiche La reologia, nel caso specifico degli alimenti, in particolare degli impasti, studia le proprietà reologiche che definiscono la deformazione e la viscosità. Additivi

Sono composti naturali (componenti abituali degli alimenti) come l’acido acetico, l’acido lattico, le lecitine, i mono e digliceridi degli acidi grassi, l’acido ascorbico e i suoi esteri. È possibile anche l’aggiunta di amilasi (alfa e beta) per favorire l’idrolisi dell’amido. L’acido acetico e l’acido lattico sono aggiunti anche per inibire il Bacillus mesentericus.


52

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Come si prepara il pane La preparazione del pane consiste in tre fasi: • preparazione dell’impasto; • lievitazione; • cottura. Durante la preparazione dell’impasto, gli ingredienti sono mescolati fino a ottenere una miscela omogenea. In questa fase gliadine e glutenine, per la presenza dell’acqua, si uniscono generando il glutine, che conferisce estensibilità e una struttura stabile molto coesiva ed elastica. Il reticolo tridimensionale del glutine si intreccia attorno ai granuli di amido, intrappolando bolle di aria, dentro le quali diffonderà l’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione, determinando l’aumento dell’impasto. Durante la lievitazione, i lieviti

trasformano il glucosio, prodotto dall’idrolisi dell’amido, in alcol etilico e anidride carbonica e anche altri prodotti (aldeide acetica, acido succinico e alcoli superiori). Accanto alla fermentazione alcolica, avvengono altre fermentazioni: • la fermentazione lattica, che porta alla formazione di acido lattico, successivamente trasformato in acido butirrico; • la fermentazione acetica, che produce invece acido acetico. Tempi prolungati di fermentazione provocano la rottura del glutine con perdita delle caratteristiche reologiche. La temperatura ottimale è tra 23-25 °C con un’umidità relativa dell’80-85%. L’impasto, una volta lievitato, è suddiviso e lavorato nelle forme e nelle pezzature volute.

La panificazione Farina Acqua Sale Lievito

Impastamento

Lievitazione

VIDEOLEZIONE

CLASSE CAPOVOLTA A casa: sul libro digitale, accedi alla videolezione e schematizza il contenuto in una mappa concettuale. Puoi cercare ulteriori informazioni in rete per aggiungere nuovi nodi alla tua mappa. In classe: confronta la mappa con quelle elaborate dalle compagne e dai compagni. Con l’aiuto dell’insegnante, elaborate una mappa sommativa.

La cottura del pane

Cottura


STEP 1

Cereali e derivati

53

Come avviene la cottura La cottura avviene in forni, a una temperatura che varia da 200 a 300 °C. All’interno dell’impasto la temperatura sale gradualmente, fino a un massimo di 100 °C; all’esterno aumenta ulteriormente.

Le fasi della cottura del pane Temperatura

Fenomeni

45-50 °C

I lieviti muoiono.

70 °C

Il glutine inizia a coagulare, l’alcol e altri composti aromatici evaporano.

100 °C

L’impasto diventa rigido per l’evaporazione dell’acqua.

120-140 °C

La crosta solidifica e comincia a diventare gialla a causa della trasformazione degli amidi in destrine, glucidi maggiormente digeribili rispetto all’amido (la digeribilità della crosta è infatti superiore a quella della mollica).

140-150 °C

Avviene la caramellizzazione di tutti gli zuccheri.

> 200 °C

Il pane carbonizza.

Contenuto in acqua del pane a cottura completa Pezzatura

Acqua

Fino a 70 g

29%

100-250 g

31%

300-350 g

34%

600-1000 g

38%

> 1000 g

40%

I valori indicati sono validi qualunque sia lo sfarinato impiegato. Solo per il pane integrale è ammesso un aumento del 2% dei suddetti valori.

Qual è il valore nutrizionale del pane Il pane apporta principalmente glucidi. L’apporto proteico non fornisce invece tutti gli amminoacidi essenziali (carenza di lisina) e la quota lipidica è piuttosto bassa. Il contenuto in vitamine e sali minerali aumenta passando dalle farine a basso tasso di abburattamento a quelle integrali. Il pane integrale è più ricco in lipidi, sali minerali, vitamine e ovviamente fibra, mentre la quota glucidica diminuisce.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

54 Approfondimenti Diversamente pane: cracker e grissini

La legge italiana disciplina le caratteristiche che devono possedere i prodotti da forno diversi dal pane per poter essere denominati con particolari nomi. Per saperne di più, vai al libro digitale. I pani d’Italia

L’Italia vanta una grande tradizione di prodotti di panificazione, assai apprezzati in tutte le regioni. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Quali tipologie e sostitutivi del pane esistono Esistono diverse tipologie di pane, così come sono numerosi i suoi sostitutivi, spesso preferiti per la maggiore conservabilità e facilità d’uso. I pani speciali La legge (Legge 4 luglio 1967, n. 580, Decreto ministeriale 5 febbraio 1970, D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502 e successive modifiche) ammette la produzione e la vendita di pani speciali ottenuti con l’impiego di ingredienti aggiuntivi, come, ad esempio, sostanze grasse (> 3% sulla sostanza secca), latte e polvere di latte, mosto d’uva, fichi, olive e noci. Questi pani speciali devono recare l’indicazione degli ingredienti aggiunti. Il pane azzimo Il pane azzimo (o azimo) è composto solo da farina e acqua, senza lievito. Il pane integrale Il pane integrale può essere prodotto con farine integrali complete ottenute dal chicco del cereale integro. Esistono anche farine semintegrali, alle quali è stata eliminata solo la parte esterna del chicco, e farine ricostituite, che sono farine bianche alle quali è aggiunta una parte di crusca ottenuta a parte.

CLASSE CAPOVOLTA

Il pane in cassetta Il pane in cassetta è ottenuto da impasti teneri lievitati e cotti in stampi dalla tipica forma rettangolare e ha un discreto tenore di umidità. Nel pane in cassetta confezionato è consentita l’aggiunta di alcol etilico (< 2% sulla sostanza secca) purché sia dichiarata in etichetta. Il pane precotto Il pane precotto (o parzialmente cotto) deve essere indicato come “pane… parzialmente cotto”, mentre il pane precotto surgelato deve essere indicato come “pane… parzialmente cotto surgelato”. Secondo la Legge n. 580/1967, bisogna indicare anche la modalità da applicare prima del consumo (ad esempio, “Modo d’uso: terminare la cottura in forno a 200 °C per 5 minuti”). Questi tipi di pane devono essere sistemati in scaffali a parte e possono essere venduti esclusivamente confezionati. I grissini, i cracker e le fette biscottate I grissini e i cracker sono ottenuti dalla cottura di una pasta lievitata preparata con gli sfarinati di frumento utilizzabili nella panificazione, acqua e lievito, con o senza sale e grassi. Possono contenere anche altri ingredienti (olive, pomodori) e hanno un apporto calorico e di nutrienti maggiore rispetto al pane, a parità di peso, perché hanno un minor contenuto in acqua. Le fette biscottate sono preparate anch’esse a partire da un impasto per il pane, sottoposto a doppia tostatura e, per questo, friabile e di colore tipicamente dorato.

I pani d’Italia

A casa: consulta sul libro digitale l’approfondimento relativo ai pani d’Italia. Per ogni tipologia di pane tipica della tua regione, elabora una scheda tecnica in cui siano evidenziati: • brevi cenni storici; • aspetto; • area di produzione e diffusione; • lievitazione; • ingredienti; • cottura. In classe: confronta il tuo lavoro con quello delle compagne e dei compagni e, con l’aiuto dell’insegnante, raccogliete le informazioni in una scheda tecnica sommativa.


STEP 1

7

Cereali e derivati

55

CHE COS’È LA PASTA

Approfondimenti

La pasta è il prodotto ottenuto da trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di un impasto preparato con acqua e: • semola di grano duro; • semolato di grano duro; • semola integrale di grano duro.

La pasta e il riso: tipologie in commercio e valori nutrizionali

Le paste sono alimenti ricchi di glucidi, il riso ha un elevato contenuto di amido. Per saperne di più, vai al libro digitale.

La pasta prodotta in Italia e destinata alla commercializzazione è realizzata soltanto in queste tipologie e con le caratteristiche riportate in tabella.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina

Le paste fresche e quelle ripiene della tradizione italiana

La pasta italiana: tipi e caratteristiche Denominazione

Umidità massima

Ceneri1 (% su sostanza secca) Minimo

Massimo

Italiano

Proteine minime1 (N × 5,70)

Acidità massima in gradi2

Pasta di semola di grano duro

12,50%

-

0,90

10,50

4

Pasta di semolato di grano duro

12,50%

0,90

1,35

11,50

5

Pasta di semola integrale di grano duro

12,50%

1,40

1,80

11,50

6

Ceneri e proteine sono calcolate su 100 parti di sostanza secca. Il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di soluzione alcalina normale occorrente per neutralizzare 100 g di sostanza secca.

1 2

8

CHE COS’È IL RISO

Il riso appartiene alla famiglia delle Graminacee, del genere Oryza. La specie più comune è la Oryza sativa, coltivata in tre sottospecie: • indica; • japonica; • javanica. In Italia, si coltiva prevalentemente la specie Oryza sativa japonica. La semina avviene in primavera e il raccolto a fine ottobre, dopo che le risaie sono state prosciugate.

Si ottiene così il risone (o riso grezzo), che presenta ancora la glumella che lo ricopre. Il risone, una volta raccolto, è subito essiccato perché l’elevato tenore in umidità (> 20%) potrebbe determinare alterazioni del riso o favorire la crescita di muffe. Il riso ha un elevato contenuto in amido (75-80%) e un basso tenore proteico (6-7%), che è localizzato soprattutto nello strato aleuronico. La quota proteica è carente in lisina. I lipidi, già scarsi nel prodotto integrale (circa 3%), si riducono ulteriormente in seguito alla lavorazione. È basso anche il contenuto di sali minerali e vitamine.

F. T. Marinetti, Manifesto della cucina futurista. Contro la pastasciutta, 1931

G. Prezzolini, Maccheroni & C., Milano, 1998


56

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono i cereali? I cereali sono piante erbacee annuali della famiglia delle Graminacee. Comprendono riso, mais e sorgo, frumento, segale, orzo e avena. Sono cereali anche il grano saraceno (famiglia delle Poligonacee) e gli pseudocereali (o cereali minori, cioè amaranto, manioca, quinoa e sagù) che non fanno parte delle Graminacee e sono privi di glutine. Il valore nutrizionale risiede nell’elevato contenuto in amido e nel minimo contenuto in grassi. Le proteine sono presenti in quantità limitata e sono carenti in amminoacidi essenziali. Che cos’è il frumento? Il frumento (o grano) appartiene al genere Triticum. È il cereale più coltivato e consumato in Italia: il grano duro in Italia meridionale e insulare, il grano tenero nell’Italia centrale e settentrionale. Il grano duro ha un contenuto proteico maggiore. La cariosside è costituita da acqua (12%), glucidi (72%, principalmente amido), proteine (12%), lipidi (1,5-2%, presenti quasi esclusivamente nel germe), sali minerali (1,5-2%), vitamine del complesso B e vitamina E, enzimi e sostanze antinutrizionali. Tra gli sfarinati di frumento si distinguono semole e semolati (ricavati dal grano duro e adatti alla produzione di paste alimentari) e farine nei tipi 00, 0, 1, 2 e integrale (ottenute dal grano tenero e adatte alla produzione di pane). Che cos’è il pane? Il pane è il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenzionalmente lievitata preparata con sfarinati (di grano tenero, segale o altri cereali, da soli o in miscela) con acqua e lievito (colture di Saccharomyces cerevisiae) con o senza aggiunta di sale comune. La preparazione del pane consiste in preparazione dell’impasto, lievitazione (durante la quale si innesca principalmente una fermentazione alcolica, ma anche lattica e acetica), cottura (in forno). Il pane apporta principalmente glucidi.

Che cos’è la pasta? La pasta è il prodotto ottenuto dalla lavorazione di un impasto preparato con acqua e semola di grano duro, semolato di grano duro o semola integrale di grano duro. Le fasi della lavorazione sono trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento dell’impasto. La pasta apporta prevalentemente glucidi, con un irrilevante quota lipidica e un discreto contenuto proteico. In commercio esistono numerose varietà di pasta, tra le quali le paste secche, fresche, stabilizzate, speciali e all’uovo. Che cos’è il riso? Il riso (Oryza sativa) è coltivato in tre sottospecie: indica, japonica (la più coltivata in Italia) e javanica. È il prodotto ottenuto dalla lavorazione del risone. Il riso ha un elevato contenuto in amido (75-80%), un basso tenore proteico (6-7%) e scarso contenuto lipidico.


STEP 1

Cereali e derivati

57

Mappa concettuale I CEREALI apportano

sono commercializzati

appartengono alla famiglia delle

Graminacee

di cui i più usati a scopo alimentare sono

interi

tranne i

in fiocchi soffiati avena

macinati

grano (o frumento)

in forma di sfarinati

cereali minori (o pseudocereali)

mais quantità elevata

in

amido

quantità minima

in

lipidi

limitata

in

proteine

miglio

che sono

orzo riso grano saraceno

e

segale amaranto sono alimenti

carenti di amminoacidi essenziali

manioca quinoa sagù

primari di origine vegetale da consumare regolarmente

e non contengono

con funzione energetica del gruppo I

glutine


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

58

Verifiche

2 Domande a completamento Completa la tabella con riferimento agli sfarinati di frumento.

I cereali

Tipo di sfarinato

1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Motiva le affermazioni false scrivendo le tue osservazioni nelle righe sottostanti. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

L’endosperma è la parte più esterna del chicco Le cariossidi possono essere usate esclusivamente intere I cereali minori contengono glutine Il glutine è un complesso lipidico che si forma a contatto con l’acqua Gli sfarinati sono ottenuti dalla molitura dei cereali La preparazione del pane si articola in impastamento, lievitazione e cottura Il sale diminuisce la quantità e la qualità del glutine Nella panificazione vanno preferite farine ricche di proteine Il pane è ottenuto da sola farina di frumento La temperatura dell’acqua per l’impasto del pane deve essere di 15 °C per non inattivare i lieviti La quantità di acqua da usare nella panificazione dipende dal tipo di farina usata

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................

Come è ottenuto

Quali caratteristiche ha

Per che cosa è usato

Farina

...................

....................

....................

Semola e semolato

...................

....................

....................

3 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

I cereali sono la principale fonte alimentare di: A amido B proteine C grassi D tutte le opzioni sono corrette

2

Il germe è: A l’involucro più esterno della cariosside B ricco in proteine e lipidi C ricco in cellulosa D nessuna delle opzioni è corretta

3

Le proteine del frumento sono: A localizzate nel tegumento esterno B albumine, globuline, prolamine, glutenine C presenti in percentuali irrilevanti D tutte le opzioni sono corrette

4

Dal grano duro si ottengono: A farine B semole e semolati C fumetto D farina bramata

5

Durante la fermentazione alcolica il glucosio è fermentato in: A acido lattico e acido butirrico B anidride carbonica e alcol etilico C acido acetico D alcol etilico e acido acetico

6 I lipidi contenuti nella cariosside del frumento: A sono rappresentati solo da acidi grassi saturi B sono presenti quasi esclusivamente nel germe C comprendono anche glicolipidi, ma non fosfolipidi e steroli D tutte le opzioni sono corrette


STEP 1

Cereali e derivati

59

7 I glucidi contenuti nella cariosside del frumento comprendono: A pentosani B amido C cellulosa e lignina D tutte le opzioni sono corrette 8

Nella cariosside del frumento: A sono assenti le vitamine del complesso B e la A B è assente la vitamina E C sono presenti vitamine del complesso B D nessuna delle opzioni è corretta

4 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7

Le farine raffinate contengono maggiori quantità di fibra alimentare rispetto a quelle integrali Per il loro contenuto in amidi, cereali e tuberi hanno funzione prevalentemente energetica I cereali sono fonti alimentari di proteine a basso valore biologico Le farine si ottengono dalla macinazione del grano tenero Gliadina e glutenina, in presenza di acqua, si legano a dare il glutine Le farine più idonee alla panificazione sono quelle povere in proteine Il sale è addizionato all’impasto per il pane per favorire fermentazioni secondarie

V F V F V F V F V F V F V F

5 Domande a risposta aperta Descrivi brevemente le fasi di preparazione del pane. ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................

6 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1 Nella panificazione l’acqua: A va aggiunta in quantità diversa in base alle caratteristiche della farina B migliora le caratteristiche meccaniche del glutine C va aggiunta alla temperatura di 21-25 °C D tutte le opzioni sono corrette

2

Il lievito di pasta acida: A consente tempi di lavorazione rapidi B è costituito da acqua e farina C è ottenuto per essiccazione D riduce la digeribilità

3

Il sale è aggiunto all’impasto per pane: A in quantità massima del 5% B per aumentare la quantità e la qualità del glutine C per rendere la crosta meno colorata D per inibire la formazione di glutine

4

La crosta del pane: A inizia a colorarsi di giallo intorno a 70 °C B solidifica a 150-200 °C C è meno digeribile della mollica D nessuna delle opzioni è corretta

5

Per la loro preparazione l’impasto per pane è sottoposto a doppia tostatura: A fette biscottate B cracker C grissini D nessuna delle opzioni è corretta

7 Domande a risposta aperta Descrivi le principali caratteristiche delle farine senza glutine. ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................ ............................................................................................

8 Domande a completamento Completa descrivendo le principali caratteristiche di tipologie e sostitutivi del pane. Pane in cassetta: ............................................................... ........................................................................................... Pane integrale: .................................................................. ........................................................................................... Pane azzimo: ..................................................................... ........................................................................................... Pani speciali: ..................................................................... ........................................................................................... Pane precotto: . ................................................................. ........................................................................................... Grissini, cracker, fette biscottate: . .................................... ...........................................................................................


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

60

Laboratorio delle competenze L’etichettatura delle farine Indica con quale sfarinato o altra farina sono realizzate le seguenti preparazioni. Piatto

Sfarinato

Piatto

Sfarinato

Bordatino

............................................

Panelle

............................................

Castagnaccio

............................................

Pasta fresca

............................................

Cous-cous

............................................

Pasta secca

............................................

Farinata ligure

............................................

Pizza/Focaccia

............................................

Gnocchi alla romana

............................................

Pizzoccheri

............................................

Michetta milanese

............................................

Polenta bianca

............................................

Migliaccio

............................................

Polenta taragna

............................................

Necci

............................................

Porridge

............................................

Pane di Altamura

............................................

Tortilla

............................................

Il pane nel mondo Indica il Paese di origine delle seguenti tipologie di pane. Piatto

Sfarinato

Piatto

Sfarinato

Arepas

............................................

Hallulla

............................................

Baguette

............................................

Himbasha

............................................

Bammy

............................................

Katmer

............................................

Bauernbrot

............................................

Knackebrod

............................................

Bolo do caco

............................................

Lefse

............................................

Borodinsky

............................................

Mantou

............................................

Broa de milho

............................................

Naan

............................................

Coca mallorquina

............................................

Pão de queijo

............................................

Damper

............................................

Roggenbrot

............................................

Ruisreikaleipa

............................................

Tortilla de harina

............................................


STEP 1

Cereali e derivati

61

L’etichettatura delle farine Confronta le confezioni di due tipologie di farina e riporta di seguito le informazioni. Se presente nella confezione, inserisci anche il claim. Il termine claim, nel linguaggio settoriale del marketing, indica la principale promessa fatta ai consumatori, il testo centrale riportato sulle confezioni in commercio che definisce un prodotto e le sue caratteristiche. Farina 1 Denominazione commerciale ............................................ Ingredienti . ........................................................................ Termini di conservazione ................................................... Informazioni nutrizionali .................................................... Stabilimento di produzione e confezionamento . .......................................................... Claim .................................................................................

Farina 2 Denominazione commerciale ............................................ Ingredienti . ........................................................................ Termini di conservazione ................................................... Informazioni nutrizionali .................................................... Stabilimento di produzione e confezionamento . .......................................................... Claim .................................................................................

La classificazione delle farine di grano tenero Le farine di grano tenero in commercio in Italia si classificano in base a fattori come umidità, ceneri e proteine. Svolgi una ricerca e confronta i seguenti tipi di farina, specificando per ognuna di essi gli impieghi possibili. • • • • •

Farina di grano tenero tipo 00 ...................................................................................................................................... Farina di grano tenero tipo 0 ........................................................................................................................................ Farina di grano tenero tipo 1 ........................................................................................................................................ Farina di grano tenero tipo 2 ........................................................................................................................................ Farina integrale di grano tenero ...................................................................................................................................

Le proprietà della farina Definisci le principali caratteristiche delle farine. Estensibilità ........................................................................................................................................................................ Tenacità .............................................................................................................................................................................. Elasticità ............................................................................................................................................................................. Viscosità ............................................................................................................................................................................. Adesività . ...........................................................................................................................................................................

L’analisi delle tipologie di farine Osserva e manipola un cospicuo numero di farine/semole, di origine e provenienza diversa (di frumento, riso e mais) e valuta analogie e differenze nel colore e nella finezza. ............................................................................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................


62

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

2

1

Uova

CHE COSA SONO LE UOVA

Il Regolamento (CEE) n. 1907/1999 (modificato dal Regolamento CE n. 2295/2003) intende le uova come “le uova di gallina in guscio, adatte al consumo umano diretto o alla utilizzazione nell’industria alimentare, escluse le uova rotte, le uova incubate e le uova cotte”. Per le uova di provenienza diversa dalla gallina si rende quindi necessaria la specificazione (uova di faraona, di anatra, di oca, di tacchino, di quaglia, di piccione, di fagiano).

Un uovo presenta forma ovoidale, con un polo acuto e uno ottuso; pesa mediamente 60 g ed è costituito da tre strutture che, a partire dall’esterno, sono: • il guscio; • l’albume (o chiara); • il tuorlo. Le uova hanno sapore delicato e gradevole (modificabile però dall’alimentazione dell’animale di origine) e sono prive di odore. Possono però assorbire, per la struttura porosa del guscio, quello delle sostanze con le quali sono conservate.

albume fluido

tuorlo camera d’aria

albume denso

calaza membrana testacea guscio

nucleo germinale membrana vitellina

Le principali proprietà funzionali delle uova Potere coagulante

La denaturazione a caldo e la coagulazione delle proteine, con passaggio dallo stato fluido a quello solido o semisolido, sono indispensabili nell’industria dei prodotti da forno.

Capacità di montare a neve

La sbattitura dell’albume o del tuorlo determina la formazione di una schiuma, che coagula se sottoposta a cottura.

Potere emulsionante

È dovuto alla presenza di lecitina, pertanto l’uovo è utilizzato per la preparazione di salse.

Potere colorante

Le elevate quantità di pigmenti conferiscono una colorazione gialla.


STEP 2

Uova

63

Che cos’è il guscio Il guscio è lo strato più esterno dell’uovo, composto per il 98% da sostanza organica (carbonato di calcio per il 96%, carbonato di magnesio e fosfato di calcio per il 2%), e per il restante 2% da sostanza inorganica.

Gli strati che costituiscono il guscio dell’uovo Cuticola esterna

È una sottile pellicola che ha lo scopo di creare una barriera dall’ambiente esterno (la sua scomparsa, quando l’uovo è lavato, incrementa la penetrazione dei batteri attraverso i pori).

Strato calcareo

Si tratta del guscio vero e proprio, costituito da microscopiche colonne di cristalli di calcite, inserite in un reticolo proteico, che danno origine a pori.

Membrana testacea

Separa il guscio dall’albume ed è costituita da due sottili foglietti, l’uno esterno e l’altro interno, che sono formati da fibre proteiche. Questi foglietti, in corrispondenza del polo ottuso, si separano originando, dopo la deposizione, la camera d’aria. Lo spessore della camera d’aria (all’inizio è di 3 mm) aumenta con l’invecchiare dell’uovo ed è quindi un parametro per valutare la freschezza dell’uovo.

Il guscio svolge principalmente tre funzioni: • costituisce una barriera protettiva, anche nei confronti di aggressioni microbiche; • consente gli scambi respiratori dell’embrione attraverso numerosi pori; • costituisce una riserva di calcio per lo scheletro del pulcino, riducendosi di spessore durante il periodo di incubazione. Il colore del guscio è determinato da particolari pigmenti (ovoporfirine) e dipende dalla razza di appartenenza della gallina. Non è in alcun modo legato alla qualità o al valore nutrizionale, ma influenza comunque le vendite.

Che cos’è l’albume L’albume (o chiara) è composto da tre strati: • il primo è uno strato esterno fluido; • il secondo è uno strato intermedio più spesso e gelificato che contiene una proteina fibrosa, insolubile in acqua (ovomucina); • il terzo è costituito da uno strato interno fluido. Complessivamente l’albume è una soluzione acquosa che contiene le seguenti sostanze: • proteine, che svolgono il ruolo di difesa dell’embrione e di conservazione dell’uovo; • sali minerali (Na+, K+, Mg+);

• vitamine del gruppo B (B1, B2, PP, acido pantotenico, biotina, B12); • glucosio libero (0,8%).

Che cos’è il tuorlo Il tuorlo ha consistenza vischiosa e presenta strati concentrici alternati: • più chiari (a più alto contenuto di acqua); • più scuri (a più alto contenuto lipidico). Il tuorlo è avvolto dalla membrana vitellina ed è tenuto sospeso nell’albume dalle calaze, cordoni di albume ispessito che partono dalla membrana vitellina e si estendono verso i due poli dell’uovo. Sulla componente bianca della membrana vitellina riposa un dischetto di colore grigio chiaro del diametro di 3,5-4 mm: è il disco germinativo (o vescicola germinativa), che contiene il nucleo femminile da cui si svilupperà l’embrione. Gli acidi grassi sono prevalentemente insaturi (65%) soprattutto oleico e linoleico; la parte restante (35%) è rappresentata da acidi grassi saturi, principalmente palmitico e stearico. La parte acquosa (o plasma) presenta lipoproteine a bassa densità (LDL) e proteine globulari (livetine). Il tuorlo contiene inoltre ferro e fosforo legati alle proteine, modeste quantità di calcio, vitamine liposolubili e del gruppo B e caroteni.

Approfondimenti I fattori che influenzano la battitura dell’albume

La freschezza delle uova, il pH, la temperatura dell’albume e la presenza di altri ingredienti possono influenzare la riuscita del processo di battitura dell’albume. Per saperne di più, vai al libro digitale.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

64 Approfondimenti I fattori che influenzano la coagulazione delle proteine dell’uovo

Alcuni ingredienti, come amidi, zuccheri, grassi, latte e acqua, modificano il processo di coagulazione delle proteine dell’uovo. Per saperne di più, vai al libro digitale.

2

QUAL È IL VALORE NUTRIZIONALE DELLE UOVA

Le uova sono alimenti primari con funzione plastica. Sono fonti ben bilanciate di nutrienti (proteine, lipidi, vitamine, sali minerali, pur risultando carenti in glucidi e vitamina C). L’apporto energetico medio di un uovo è di 68 kcal (52 kcal dal tuorlo e 16 kcal dall’albume). L’alimentazione della gallina influenza la composizione in acidi grassi ma non il contenuto in lipidi. Le uova, se cotte con pochi grassi, sono digerite rapidamente: due uova à la coque transitano nello stomaco in meno di due ore. Le uova à la coque sono anche più digeribili delle uova sode. L’uovo ha un contenuto di proteine ad alto valore biologico, equamente distribuite tra albume e tuorlo, con un elevato contenuto in metionina e cisteina. La cottura a basse temperature, coagulando le proteine, ne consente un’utilizzazione al 91%. Le proteine del tuorlo sono ben digeribili allo stato crudo, mentre la cottura eccessiva ne peggiora la digeribilità.

3

COME SI CLASSIFICANO LE UOVA

I criteri usati per la classificazione delle uova comprendono la freschezza, il peso e il tipo di allevamento. Come si classificano le uova in base alla freschezza Le categorie di qualità relative alla freschezza sono tre: categoria A, categoria B e categoria C. Si possono commercializzare anche uova di categoria A extra, che sono uova extra fresche, con camera d’aria di altezza inferiore a 4 mm. Le uova sono considerate extra fresche fino a 9 giorni dalla deposizione e 7 giorni dalla data di confezionamento. Come si classificano le uova in base al peso Le denominazioni relative al peso sono quattro: • XL (grandissime): peso maggiore di 73 g; • L (grandi): peso compreso tra 63 e 73 g; • M (medie): peso compreso tra 53 e 63 g; • S (piccole): peso minore di 53 g. Come si classificano le uova in base al tipo di allevamento Le uova sono inoltre classificate anche in base al tipo di allevamento delle galline, che può essere biologico con sistema estensivo, all’aperto, a terra, in gabbia.

La classificazione per freschezza delle uova Categoria

Caratteristiche

A

Sono uova fresche, suddivise in base al peso, con particolari caratteristiche qualitative: • guscio e cuticola normali netti e intatti; • camera d’aria di altezza non superiore a 6 mm di altezza, immobile; • albume chiaro esente da corpi estranei; • tuorlo visibile all’osservazione contro una forte sorgente luminosa (speratura); • germe a sviluppo impercettibile; • assenza di odori estranei.

B

Sono uova fresche di seconda scelta, con camera d’aria sino a 9 mm di altezza. Questa categoria comprende anche le uova refrigerate a temperature inferiori a 8 °C e quelle conservate in una miscela di gas diversa da quella atmosferica.

C

Sono uova declassate (ad esempio, per peso troppo basso o forma non perfetta) destinate all’industria alimentare.


STEP 2

4

Uova

65

COME DEVONO ESSERE ETICHETTATE LE UOVA

L’etichettatura delle uova destinate al consumo diretto, ai sensi del Regolamento (CE) n. 2295/2003, è obbligatoria e non può essere eseguita a discrezione del produttore. Le uova sono vendute in confezioni da due a dodici pezzi e sull’etichetta sono stampate le informazioni fondamentali relative alla produzione e al consumo.

Le informazioni da riportare sulla confezione ● ● ● ● ● ●

Nominativo del centro d’imballaggio Numero di uova Categoria di qualità relativa alla freschezza Categoria di qualità relativa al peso Data di deposizione delle uova Data ultima per l’immissione delle uova al consumo (in genere 9 giorni)

LAVORO COOPERATIVO

● Data di scadenza, cioè la dicitura

“Da consumarsi entro il …” con l’indicazione di giorno, mese e anno ● Sistema di allevamento ● Codice alfa-numerico che ne consente la tracciabilità

La freschezza delle uova

Tutti insieme: prendete in esame alcuni campioni di uova e valutatene attentamente la freschezza. Come si valuta la freschezza delle uova? Procedete applicando a turno i seguenti metodi. • Verificare l’entità della camera d’aria (< 6 mm) e la posizione del tuorlo (centrale) osservando l’uovo controluce (speratura). • Accertarsi del peso specifico immergendo le uova in una soluzione di acqua e sale (le uova fresche affondano, quelle vecchie tendono a galleggiare). • Verificare le caratteristiche di albume e tuorlo sgusciando l’uovo in un piatto: l’uovo fresco presenta albume bianco, compatto, denso, gelatinoso e brillante, tuorlo ben centrato, compatto, intero e globoso; nell’uovo vecchio l’albume è di colore giallo e tende ad adagiarsi, mentre il tuorlo è appiattito e si rompe facilmente.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

66

La tracciabilità delle uova La normativa dispone che ogni uovo posto in commercio deve essere contraddistinto da un preciso codice alfa-numerico. Tale codice indica da sinistra verso destra:

il tipo di allevamento (0 per quello biologico, 1 per quello all’aperto, 2 per quello a terra, 3 per quello in gabbie) lo Stato di produzione (IT per l’Italia)

la provincia nella quale si trova l’allevamento (due lettere)

l’allevamento (tre cifre) il comune nel quale si trova l’allevamento (tre numeri)

5

COME SI CONSERVANO LE UOVA

La conservazione delle uova intere o sgusciate avviene in genere utilizzando metodi fisici: basse temperature (refrigerazione, congelamento), alte temperature (pastorizzazione) e sottrazione d’acqua (essiccazione). • Con la refrigerazione le uova intere si conservano sino a 6 mesi a temperatura di –1 °C e al 90% di umidità relativa. Le uova intere sono conservate anche mediante verniciatura: il guscio è trattato con olio di vaselina e soluzioni saline per chiuderne i pori e permettere la conservazione in frigorifero a 0-4 °C anche per alcuni mesi. • Con il congelamento le uova sgusciate (oppure albume e tuorlo separati) sono confezionate, previa pastorizzazione, in contenitori metallici e poi congelate (–20 °C) e conservate a temperature comprese tra –5 e –10 °C.

• Con la pastorizzazione le uova intere

o il solo tuorlo sono esposti alla temperatura di 65 °C per pochi minuti, quindi confezionate. Con l’essiccazione artificiale (su tamburi cilindrici o spray drying) sono trattati uova sgusciate, soltanto tuorli o soltanto albumi, per ottenere polveri d’uovo, largamente usate in pasticceria.

Le uova contaminate crude o con cottura insufficiente (à la coque o in camicia, tiramisù, maionese) possono trasmettere la salmonellosi.

ESERCIZIO 1 Con il congelamento le uova sono portate alla temperatura di: –20 °C / –30 °C 2 Con la pastorizzazione, le uova sgusciate sono esposte alla temperatura di: 65 °C per pochi minuti / 100 °C per 3 minuti 3 Con la refrigerazione le uova sono conservate a: –1 °C / –5 °C 4 Con la verniciatura il guscio è trattato: con olio di oliva e sale / con olio di vaselina e soluzioni saline 5 L’essiccazione delle uova avviene: con il metodo spray drying / per liofilizzazione 6 Sono conservate mediante verniciatura: le uova con il guscio / le uova senza guscio 7 L’essiccazione artificiale è applicata: solo ai tuorli / anche alle uova intere sgusciate


STEP 2

Uova

67

FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono le uova? Le uova sono prodotte dalle femmine dei volatili e degli animali ovipari e contengono il materiale nutrizionale necessario allo sviluppo dell’embrione e alla crescita del pulcino. Se non diversamente specificato, per uovo si intende quello di gallina. Un uovo pesa mediamente 60 g ed è costituito da tre strutture: il guscio, l’albume (o chiara) e il tuorlo. Il guscio è lo strato più esterno, costituito da più strati (cuticola esterna, strato calcareo e membrana testacea che origina, dopo la deposizione, la camera d’aria). L’albume è una soluzione acquosa contenente proteine, sali minerali (Na+, K+, Mg+), vitamine del gruppo B (B1, B2, PP, acido pantotenico, biotina, B12) e glucosio libero (0,8%). Il tuorlo ha consistenza vischiosa e presenta strati concentrici alternati più chiari (a più alto contenuto di acqua) e più scuri (a più alto contenuto lipidico). Contiene acidi grassi prevalentemente insaturi (65%), proteine, ferro e fosforo legati alle proteine, modeste quantità di calcio, vitamine liposolubili e del gruppo B e caroteni. Qual è il valore nutrizionale delle uova? Le uova sono alimenti primari, con funzione plastica. Apportano proteine ad alto valore biologico, lipidi, sali minerali e vitamine, ma risultano carenti in glucidi e vitamina C. L’apporto calorico dell’uovo è ridotto (68 kcal), ma come la digeribilità dipende dalla modalità di preparazione. Quali proprietà hanno le uova? Le uova hanno potere coagulante, capacità di montare a neve e di formare schiume che coagulano se sottoposte a cottura, potere emulsionante e potere colorante. Come si classificano le uova? Le uova possono essere classificate in base alla freschezza in uova di categoria A extra (extra fresche, con camera d’aria inferiore a 4 mm), uova di categoria A (fresche, con camera d’aria immobile, di dimensioni inferiori a 6 mm), uova di categoria B (di seconda scelta, con camera d’aria inferiore a 9 mm),

uova di categoria C (declassate per peso troppo basso o forma non perfetta). In base al peso sono distinte in XL (grandissime, peso maggiore di 73 g), L (grandi, peso di 63-73 g), M (medie, peso di 53-63 g), S (piccole, peso minore di 53 g). Sono classificate anche in base all’allevamento, che può essere biologico con sistema estensivo, all’aperto, a terra o in gabbia. Come si valuta la freschezza delle uova? La freschezza di un uovo è valutata verificando entità della camera d’aria, posizione del tuorlo, peso specifico, caratteristiche di albume e tuorlo (l’albume deve essere bianco, compatto, denso, gelatinoso e brillante, il tuorlo ben centrato, compatto, intero e globoso). Che cosa prevede l’etichettatura delle uova? Le uova sono vendute in confezioni da due a dodici pezzi e l’etichetta deve riportare: nominativo del centro d’imballaggio, numero di uova, categoria di qualità relativa alla freschezza e al peso, data di deposizione, data ultima per l’immissione al consumo, data di scadenza, sistema di allevamento. Ogni uovo riporta un codice alfa-numerico che ne consente la tracciabilità. Come si conservano le uova? Le uova con il guscio sono conservate mediante refrigerazione (a –1 °C con umidità relativa del 90%) o verniciatura (con olio di vaselina e soluzioni saline). Le uova senza guscio sono conservate mediante pastorizzazione, congelamento o essiccazione artificiale (mediante spray drying).


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

68

Mappa concettuale LE UOVA devono riportare un

hanno

codice alfa-numerico

rapidamente

tipo di allevamento che indica

sono digerite

se cotte

Stato di produzione con pochi grassi comune di produzione

si classificano in base a provincia di produzione si conservano mediante

allevamento di origine potere coagulante refrigerazione

capacità di montare a neve

se con guscio verniciatura e refrigerazione

potere emulsionante pastorizzazione congelamento

potere colorante se senza guscio

essiccazione

peso

freschezza

tipo di allevamento

in

in

che può essere

XL (> 73 g)

Extra (extra fresche, camera d’aria < 4 mm)

biologico con sistema estensivo

L (63-73 g)

A (prima scelta, camera d’aria immobile < 6 mm)

all’aperto

M (53-63 g)

B (seconda scelta, camera d’aria < 9 mm)

a terra

S (< 53 g)

C (declassate per peso troppo basso) o forma non perfetta

in gabbia


STEP 2

Uova

69

apportano possono essere sottoposte al controllo della freschezza valutando

entità della camera d’aria posizione del tuorlo (speratura) comportamento in acqua per immersione in soluzione salina sono caratteristiche di albume e tuorlo

alimenti primari

con

funzione plastica

proteine ad alto valore biologico lipidi sali minerali vitamine

ma sono carenti in

glucidi vitamina C

l’uovo fresco va a fondo, quello vecchio galleggia


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

70

Verifiche Le uova 1 Domande a completamento Inserisci gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli elencati. Acidi grassi Acqua Calaze Calcio Camera d’aria Consistenza Cuticola Disco germinativo Ferro Fosforo

Glucosio Insaturi Lipidi Liposolubili Proteine Proteine Sali minerali Soluzione acquosa Testacea Vitellina

Il guscio è lo strato più esterno, costituito da più strati (................................. esterna, strato calcareo e membrana ................................. che origina, dopo la deposizione, la .................................). Il tuorlo è avvolto da una membrana, la membrana ................................., ed è tenuto sospeso nell’albume dalle ................................. . Nel tuorlo è presente il ................................., dal quale, in caso di fecondazione, si sviluppa l’embrione. Ha ................................. vischiosa e presenta strati concentrici alternati più chiari (a più alto contenuto di .................................) e più scuri (a più alto contenuto di .................................). Contiene ................................. prevalentemente ................................. (65%), ................................., ................................. e ................................. legati alle proteine, modeste quantità di ................................., vitamine ................................. e del gruppo B e caroteni. L’albume è una ................................. contenente ................................., ................................. (Na+, K+, Mg+), vitamine del gruppo B (B1, B2, PP, acido pantotenico, biotina, B12) e ................................. libero (0,8%).

2 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3

Il guscio è costituito per il 98% da sostanza organica Il guscio protegge anche da aggressioni microbiche Lo spessore della camera d’aria diminuisce con l’invecchiare dell’uovo

V F V F V F

4 La membrana testacea separa il guscio dall’albume V 5 La camera d’aria si forma dopo la deposizione dell’uovo V 6 L’albume è composto da quattro strati V 7 Lo strato intermedio dell’albume contiene ovomucina V 8 La membrana vitellina avvolge l’albume V 9 Gli strati più scuri del tuorlo hanno un più alto contenuto lipidico V 10 La parte acquosa del tuorlo contiene lipoproteine ad alta densità V 11 Il tuorlo contiene anche vitamine del gruppo B e caroteni V 12 L’albume contiene proteine che svolgono il ruolo di difesa dell’embrione V 13 Il tuorlo contiene ferro e fosforo legati alle proteine V 14 Il colore del guscio dipende dalla razza di appartenenza del volatile V 15 Il guscio è costituito per il 98% da sostanza inorganica V

F F F F F F F F F F F F

3 Domande a completamento Completa la figura con gli elementi mancanti. 5 ......................

1 ...................... 2 ......................

4 ......................

3 ......................

4 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

Le uova di categoria M hanno peso: A maggiore di 73 g B inferiore a 53 g C compreso tra 63 e 73 g D compreso tra 53 e 63 g

2 Il guscio dell’uovo è costituito da: A cuticola esterna, strato calcareo, membrana testacea B cuticola esterna, strato calcareo, membrana vitellina C strato esterno rigido, strato intermedio, strato interno fluido D cuticola esterna, strato intermedio, membrana vitellina


STEP 2

Uova

3

Nell’albume sono presenti: A proteine, grassi, sali minerali B carbonato di calcio, proteine, sali minerali C proteine, minerali, vitamine, glucosio D amidi, proteine, lipidi

4

Si allontana dal guscio formando una specie di camera d’aria: A la membrana testacea B la membrana vitellina C l’albume D il tuorlo

5

Ne fanno parte anche le uova refrigerate a temperature inferiori a 8 °C: A categoria C B categoria B C categoria A D categoria extra

6

L’uovo pesa mediamente: A 70 g B 50 g C 80 g D 60 g

7

Il tuorlo contiene: A acidi grassi prevalentemente insaturi B ferro e fosforo C vitamine liposolubili D tutte le opzioni sono corrette

8

Hanno camera d’aria inferiore a 6 mm: A le uova di categoria A B le uova di categoria B C le uova di categoria C D le uova di categoria extra

9

Le uova hanno prevalentemente funzione: A energetica B bioregolatrice C plastica D energetica di riserva

10 La cottura: A peggiora la digeribilità delle proteine del tuorlo B non influenza la digeribilità delle uova C determina una migliore digeribilità di albume e tuorlo D nessuna delle opzioni è corretta 11

Le uova di categoria A extra sono: A uova fresche B uova di seconda qualità o conservate C uova declassate destinate alle industrie alimentari D nessuna delle opzioni è corretta

71

5 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Le uova possono essere classificate in funzione del peso Le uova sono carenti di vitamina C e glucidi L’uovo è usato nella preparazione di salse per il suo potere emulsionante Le uova sono classificate in quattro categorie di qualità relative alla freschezza Gli acidi grassi presenti nel tuorlo sono sia insaturi sia saturi Per valutare la freschezza delle uova si deve verificare la misura della camera d’aria e la posizione del tuorlo L’apporto energetico medio di un uovo è di 68 kcal Il codice alfa-numerico impresso sul guscio dell’uovo ne permette la tracciabilità Il potere coagulante delle uova è indispensabile per l’industria dei prodotti da forno Albume e/o tuorlo sottoposti a sbattitura formano una schiuma Le uova sono alimenti primari con funzione prevalentemente energetica I pigmenti contenuti nell’uovo conferiscono una colorazione gialla Nelle uova fresche il tuorlo è spostato lateralmente verso il guscio Le uova fresche in una soluzione di acqua e sale galleggiano, quelle vecchie affondano Nell’uovo fresco sgusciato in un piatto il tuorlo è ben centrato e compatto

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

L’etichettatura delle uova 1 Domande a completamento Completa la figura con gli elementi mancanti. ...................... ...................... ...................... ......................

...................... ...................... ...................... ......................

...................... ...................... ......................

...................... ...................... ...................... ...................... ...................... ......................


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

72

Laboratorio delle competenze Strani tipi di uova Assegna a ogni uovo la relativa descrizione.

• • • • • • • • •

Accentuato sapore di olio di pesce Grandi con peso di 80-160 g; guscio bianco e liscio; rapporto tra tuorlo-albume superiore rispetto alle uova di gallina; guscio di colore rosso-giallastro cosparso di macchioline marroni; peso di 70-90 g Medie dimensioni; sapore dolciastro Peso 40-45 g; guscio punteggiato e granuloso Peso di 800-1500 g; guscio di colore bianco, granuloso molto duro Piccole con peso di circa 10-15 g; guscio picchiettato di scuro; sapore delicato Piccole; guscio rosato; sapore che ricorda il salmì Saporite; tuorlo maggiore dell’albume Tuorlo che non si rassoda; albume di colore verdognolo che con il calore diviene opaco e duro come una pietra Tipologia di uovo

Anatra Fagiano

Caratteristica ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Faraona

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Gabbiano

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Oca

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Pavoncella/Vanetta

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Pavone

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Quaglia

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Struzzo

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................

Tacchina

......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................


STEP 2

Uova

73

I fattori che influenzano la battitura dell’albume Con riferimento a I fattori che influenzano la battitura dell’albume (p. 63), individua, a partire dalla descrizione, quali sono i fattori che influenzano la sbattitura dell’albume. Fattore

Descrizione

..................................

Deve essere piuttosto lungo, soprattutto in presenza di ingredienti che possono ritardare la formazione della schiuma, come nel caso dello zucchero.

..................................

La fuoriuscita di acido carbonico attraverso i pori del guscio porta all’invecchiamento dell’uovo e anche alla variazione di un elemento fondamentale per la stabilità della schiuma.

..................................

Influenza la velocità di denaturazione delle proteine dell’albume e, quindi, il tempo di battitura.

..................................

Rallenta la formazione della schiuma, ne riduce il volume ma ne aumenta la densità; rallenta la coagulazione delle proteine; rende l’albume più viscoso, determinando un aumento della stabilità della schiuma.

..................................

Riducono la formazione della schiuma.

..................................

Prodotto igroscopico che riduce la stabilità della schiuma, che perde liquido.

..................................

Aumenta la montabilità dell’albume; aumenta la stabilità della schiuma.

I fattori che influenzano la coagulazione delle proteine dell’uovo Con riferimento a I fattori che influenzano la coagulazione delle proteine dell’uovo (p. 64), individua, a partire dalla descrizione, quali sono i fattori che influenzano la coagulazione delle proteine dell’uovo. Fattore

Descrizione

..................................

Impediscono alle proteine di entrare in contatto tra loro e impediscono così la coagulazione. La temperatura necessaria alla coagulazione proteica è tanto più elevata quanto maggiore è la quantità aggiunta.

..................................

Impediscono la formazione dei legami tra le proteine denaturate e impediscono così la coagulazione. Questi prodotti sono utilizzati per la preparazione di creme che vanno portate a ebollizione. Nella preparazione delle creme, per disattivare le alfa-amilasi presenti nell’uovo, è necessario raggiungere temperature elevate (tali enzimi hanno la proprietà di idrolizzare questi polisaccaridi con successiva perdita della struttura gelificata dell’amido).

..................................

Favoriscono la coagulazione perché riducono la repulsione tra le proteine; sono igroscopici e quindi trattengono l’acqua; la struttura della preparazione è più morbida; aumenta la temperatura minima di coagulazione.

..................................

Rallentano la coagulazione in quanto riducono il tempo necessario per la formazione dei legami tra le proteine, determinando quindi un aumento della temperatura minima di coagulazione.

..................................

Diluisce la preparazione, riducendo così la possibilità di legame tra proteine e aumenta la temperatura di coagulazione. La struttura della preparazione risulta così indebolita. L’eliminazione di questo elemento dal tuorlo (per osmosi o estrazione) favorisce la coagulazione delle proteine.

..................................

Contiene sia acqua sia grassi. Aumenta la temperatura minima di coagulazione in quanto le proteine di questo prodotto, se riscaldate, coagulano e partecipano alla formazione del gel, influenzando così la struttura del prodotto finito. La presenza di ioni calcio, presentando una doppia carica negativa, riduce la repulsione tra le proteine rinforzando così la struttura del gel.

..................................

Sfavoriscono la formazione dei legami tra le proteine che contengono zolfo e determinano la formazione di un gel più morbido.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

74

STEP

3

Approfondimenti I latti alternativi

Per rispondere alle esigenze del mercato, sono diffusi latti alternativi rispetto al latte vaccino, tra i quali figurano il latte di capra, il latte di soia e il latte di riso. Per saperne di più, vai al libro digitale.

1

Latte e formaggi

CHE COS’È IL LATTE

Il latte è il prodotto di secrezione ed escrezione della ghiandola mammaria che le femmine dei mammiferi cominciano a secernere al termine della gravidanza. Il periodo di lattazione, cioè il tempo che intercorre tra l’inizio e l’arresto della produzione di latte, dura nella vacca 200-220 giorni. Le quantità prodotte variano da 10-12 a 40

litri al giorno. Il latte alimentare, secondo la legislazione italiana, è “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, completa ed ininterrotta di animali in buono stato di salute e di alimentazione e in corretta lattazione” (Regio Decreto n. 994/1929 e successive modifiche). Il termine latte, se usato da solo, indica quello di vacca: il latte di provenienza diversa deve essere accompagnato dalla specificazione dell’origine (come nel caso del latte di capra).

Le due categorie di latte destinato al consumo Latti naturali

Si tratta di latte crudo o di latte risanato, sottoposto cioè a trattamenti che ne garantiscono la salubrità e conservabilità, come il latte pastorizzato, UHT, sterilizzato, microfiltrato.

Latti speciali (o modificati)

Si tratta di prodotti che sono stati sottoposti a trattamenti particolari allo scopo di modificarne alcune caratteristiche chimico-fisiche, organolettiche o nutrizionali, come i latti fermentati, yogurt, latte in polvere, latte delattosato, latte vitaminizzato.

Come si presenta il latte Il latte è un liquido bianco opalescente, con sapore dolciastro e odore delicato, di composizione complessa. I principali macrocomponenti (acqua, lipidi, proteine, glucidi, sali minerali) sono presenti nel latte in stati fisici diversi. La conoscenza della eterogenicità fisica del latte consente

I fattori che determinano la composizione del latte Razza dell’animale (fattori genetici)

Tipo di alimentazione

Periodo di lattazione

Fattori tecnologici (tipologia e modalità della mungitura)

Fattori stagionali e ambientali

di comprendere gli equilibri chimicofisici che si instaurano naturalmente o in seguito a processi tecnologici: le diverse fasi sono caratterizzate infatti da una certa instabilità che comporta la possibilità di separarle singolarmente e ottenere una vasta gamma di prodotti, diversi per proprietà nutrizionali, organolettiche e funzionali.

I macrocomponenti del latte e il loro stato fisico Componente

Stato fisico

Grassi e vitamine liposolubili

Emulsione

Proteine (caseina)

Sospensione colloidale

Lattosio, proteine del siero e sali minerali

In soluzione vera

Cellule e microrganismi

In sospensione


STEP 3

2

Latte e formaggi

75

QUAL È IL VALORE NUTRIZIONALE DEL LATTE

Il latte è un alimento primario con funzione plastica, in quanto fonte alimentare di proteine ad alto valore biologico. I suoi principali componenti sono acqua, caseine, proteine del siero (sieroproteine), lipidi, glucidi (lattosio), sostanze minerali, microelementi e vitamine.

Sono presenti anche acidi organici, ormoni (tiroidei, ipofisari, surrenalici) e cellule provenienti dal sangue e dall’epitelio mammario. Infine, il latte, prelevato asetticamente, presenta all’inizio della mungitura da qualche centinaio a qualche migliaio di microrganismi per millilitro (batteri lattici, propionici, enterobatteri, Clostrìdi, lieviti e muffe), anche se l’animale è sano.

Composizione media percentuale (g/100 ml) del latte di alcune specie Specie

Acqua

Proteine

Lipidi

Lattosio

Sali minerali

Vacca

87,5

3,2

3,5

4,8

1,0

Pecora

81,0

6,0

7,5

4,5

1,0

Capra

87,8

3,3

3,5

4,5

0,9

Bufala

82,2

4,8

7,5

4,7

0,8

Quali sono i principali componenti del latte Oltre che l’acqua, il latte contiene sostanze azotate, lipidi, glucidi, vitamine e sali minerali. Acqua La percentuale di acqua varia a seconda della specie animale, con valori che vanno dal 32% all’89%. Nel latte di mucca l’acqua è mediamente l’87,5%. Sostanze azotate Le sostanze azotate sono costituite per il 95% da proteine (ad alto valore biologico) e per il 5% da sostanze non proteiche (amminoacidi liberi, nucleotidi, urea, ammoniaca, creatina). La frazione proteica è costituita: • per l’80% da differenti tipi di caseine; • per il 20% da proteine del siero. Le caseine sono proteine ad alto valore biologico che non coagulano con il calore e non subiscono perdite in conseguenza di pastorizzazione o sterilizzazione. Coagulano invece per acidificazione o per l’azione di enzimi proteolitici, caratteristica sfruttata nella produzione di yogurt.

Le proteine del siero sono anch’esse proteine ad alto valore biologico che coagulano però per azione del calore e possono denaturare durante i trattamenti termici di pastorizzazione e sterilizzazione.


76 Approfondimenti Le tipologie di latte alimentare

Sono riepilogate le diverse denominazioni di latte alimentare in commercio, specificando conservabilità e tipologie esistenti. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Lipidi Nel latte vaccino i lipidi rappresentano circa il 3,5% e si trovano in emulsione sotto forma di globuli, che hanno diametro medio di circa 3 μm e sono avvolti da una membrana lipoproteica che ne impedisce l’aggregazione. La frazione lipidica del latte può essere separata dalle altre componenti mediante centrifugazione oppure per affioramento spontaneo. Il latte è caratterizzato dalla prevalenza di acidi grassi saturi (circa il 70%). Caratteristica peculiare del latte vaccino è la presenza di acidi grassi a catena corta e media, come l’acido butirrico (C4:0), l’acido capronico (C6:0), l’acido caprilico (C8:0) e l’acido caprinico (C10:0), che conferiscono aromi e sapori caratteristici. Il rimanente 30% degli acidi grassi è costituito da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e polinsaturi (linoleico, arachidonico). Glucidi Il lattosio è il glucide maggiormente presente (4,5%) e costituisce la base per moltissime fermentazioni che si sviluppano nel latte in modo spontaneo o artificiale (per aggiunta di ceppi microbici selezionati, come avviene nella preparazione di latti fermentati e formaggi). Vitamine Le vitamine liposolubili si trovano all’interno dei globuli associate ai grassi, mentre quelle idrosolubili sono in soluzione nel siero. Nonostante nel latte crudo siano presenti tutte le vitamine, hanno importanza significativa solo la vitamina A e i caroteni (derivano soprattutto dal foraggio del quale si nutre l’animale), la tiamina (B1), la riboflavina (B2), la B12 e l’acido pantotenico (B5). Sali minerali Rappresentano circa l’1% del latte. Tra i macroelementi prevalgono il potassio e il calcio, mentre tra i microelementi i più significativi sono lo zinco e il rame.

3

CHE COSA SI INTENDE PER LATTI NATURALI

Il gruppo dei latti naturali comprende il latte crudo e il latte risanato. Latte crudo È il prodotto che non è stato sottoposto a temperature superiori a 40 °C. Si tratta di latte di vacca appena munto, sottoposto a filtrazione e refrigerazione, vendibile al consumo diretto nelle aziende produttrici. Inoltre, deve provenire da animali riconosciuti idonei ed essere prodotto e commercializzato in condizioni igieniche ineccepibili. Latte risanato Il latte risanato è invece quello venduto in confezioni che, in base al tipo di trattamento termico subito, si divide in latte pastorizzato, latte UHT e latte sterilizzato. Ad essi si aggiunge il latte microfiltrato.

Quali sono le conseguenze del trattamento termico Il trattamento termico determina modificazioni delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali (in particolare a carico dei nutrienti termolabili come le vitamine idrosolubili) che sono tanto più rilevanti quanto più prolungata è l’esposizione al calore e quanto più elevata è la temperatura applicata. La pastorizzazione produce alterazioni minime, mentre la sterilizzazione ha effetti di maggiore entità: può conferire un sapore di “cotto”, per alterazione della frazione proteica (con produzione di solfuro di idrogeno), oppure può alterare la colorazione, per la reazione lattosioamminoacidi (che si attiva al di sopra dei 100 °C).


STEP 3

Latte e formaggi

77

Che cos’è il latte pastorizzato

Come si produce il latte pastorizzato

Per latte pastorizzato si intende il latte che ha subito “un trattamento che comporti una temperatura elevata per un breve periodo di tempo (almeno 71,7 °C per 15 secondi o qualsiasi altra combinazione temperaturatempo con effetto equivalente) o mediante un trattamento di pastorizzazione che impieghi diverse combinazioni di tempo e temperatura raggiungendo un effetto equivalente”. Dopo il trattamento, il latte va portato a una temperatura non maggiore di 6 °C nel minor tempo possibile. In base al trattamento termico, il latte pastorizzato si classifica in: • latte pastorizzato: quando ha subìto un trattamento termico più elevato; • latte fresco pastorizzato: quando ha subìto il trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura; • latte fresco pastorizzato “alta qualità”: quando proviene da allevamenti selezionati ed è pastorizzato dopo un breve intervallo di tempo dalla mungitura.

Il latte che arriva alle centrali è centrifugato al fine di allontanare le parti solide in sospensione e, quindi, inviato al risanamento, che si articola in varie fasi: • preriscaldamento a 40-45 °C; • omogeneizzazione, durante la quale il latte è “spruzzato” in modo che si rompano i globuli di grasso e si elimini la tendenza alla formazione della crema in superficie (l’omogeneizzazione conferisce anche un sapore più gradevole e migliora la digeribilità); • degasazione, durante la quale il latte è portato a 45 °C sotto vuoto parziale per allontanare le bolle d’aria; • pastorizzazione con metodo HTST (High Temperature Short Time), con cui un sottile strato di latte viene fatto passare tra piastre ravvicinate; • raffreddamento fino a 2-3 °C; • confezionamento nei classici contenitori da latte; • distribuzione in camion a temperatura controllata di 4 °C.

Inoltre, il latte fresco pastorizzato è prodotto in tre tipologie: • intero (sostanza grassa pari al 3,5%); • parzialmente scremato (sostanza grassa compresa tra 1,5 e 1,8%); • scremato (sostanza grassa inferiore a 0,3%). Il latte fresco pastorizzato “alta qualità” è prodotto invece solo nella tipologia intero. Il latte pastorizzato va conservato a temperatura refrigerata (4 °C) per un massimo di 4-6 giorni.

Il processo di lavorazione del latte pastorizzato Preriscaldamento Omogeneizzazione Degasazione Pastorizzazione con metodo HTST Raffreddamento fino a 2-3 °C Confezionamento Distribuzione


78 Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Sala-Bar e vendita Il latte nel servizio della prima colazione

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Che cosa sono il latte UHT, quello sterilizzato e quello microfiltrato Il latte UHT è ottenuto per riscaldamento ad almeno +135 °C per non meno di un secondo in modo tale da inattivare i microrganismi e le spore. Si tratta quindi di latte a lunga conservazione, sottoposto a sterilizzazione con il metodo UHT (Ultra High Temperature) diretto o indiretto: • nel metodo diretto (o ultrapastorizzazione), il latte e il mezzo di riscaldamento (vapore) sono in diretto contatto; • nel metodo indiretto il latte e il mezzo di riscaldamento sono separati da una parete, che costituisce la superficie di scambio. Prima della sterilizzazione vera e propria, il latte è sottoposto anche in questo caso a preriscaldamento e omogeneizzazione. Il latte UHT si conserva per tre mesi a

temperatura ambiente. Una volta aperto, va conservato in frigorifero e consumato entro pochi giorni. La sterilizzazione del latte, nella maniera classica, avviene utilizzando l’autoclave. Il latte confezionato viene trattato a 120 °C per 15-20 minuti e poi rapidamente raffreddato. Il latte microfiltrato, prima di subire il trattamento termico, è fatto passare attraverso una membrana che possiede fori microscopici, in grado di far passare i princìpi nutritivi ma di trattenere la grande maggioranza dei batteri naturalmente presenti nel latte (microfiltrazione). In questa fase, si separa anche il grasso. Il grasso e la parte rimanente del latte sono pastorizzati separatamente, poi miscelati nuovamente al latte che, dopo l’omogeneizzazione, è pronto per la commercializzazione. In questo modo il latte possiede una carica batterica inferiore rispetto al latte pastorizzato e conserva più a lungo le sue caratteristiche naturali.

Il processo di lavorazione del latte microfiltrato Latte Materia grassa

Altri componenti Microfiltrazione

Pastorizzazione ad alta temperatura

Pastorizzazione Miscelazione Omogeneizzazione Commercializzazione


STEP 3

4

Latte e formaggi

79

CHE COSA SONO I LATTI SPECIALI

Approfondimenti Latte concentrato e latte in polvere

I latti speciali comprendono: • i latti fermentati, che comprendono lo yogurt; • i latti funzionali (latte delattosato, latte con omega-3, latte con probiotici e prebiotici, latte vitaminizzato, latte fortificato con calcio); • il latte concentrato e il latte in polvere.

Che cosa sono i latti fermentati I latti fermentati sono ottenuti inoculando, nel latte pastorizzato o sterilizzato, particolari ceppi microbici, che determinano cambiamenti della composizione chimica del latte e delle sue caratteristiche.

Il latte concentrato e il latte in polvere sono conserve di latte, ottenute dal latte intero, scremato o parzialmente scremato, dalla crema di latte o da una loro miscela, mediante eliminazione dell’acqua. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Questi microrganismi fermentano il lattosio determinando: • un abbassamento del pH; • la coagulazione delle caseine e la relativa formazione di un coagulo soffice e poco compatto.

Leben

Le tipologie di latti fermentati Latti acidi

Yogurt, leben e gioddu

Latti acido-alcolici

Kefir e kumis, a base di latte fermentato rispettivamente di capra e di giumenta

In questi latti i batteri fermentano il lattosio e lo trasformano in acido lattico e altri prodotti intermedi responsabili dell’aroma. Il lactobacillus bulgaricus produce sostanze viscose che danno consistenza vellutata al prodotto. In questi latti la fermentazione origina acido lattico e alcol etilico.

È un alimento compatto o liquido, tradizionalmente consumato nei Paesi musulmani del Mediterraneo. Gioddu

Il gioddu (o miciuratu, mezzoraddu o latte ìschidu) è un latte fermentato tipicamente sardo, ottenuto da latte di pecora o di capra di razza Sarda.

I probiotici

CLASSE CAPOVOLTA A casa: guarda la videolezione sul libro digitale e rispondi sul quaderno alle domande. • Che cosa sono i probiotici? • A quali generi batterici appartengono? • Quali sono le proprietà benefiche dei probiotici per gli adulti e per i bambini? • In quali forme puoi trovare i probiotici? In classe: confronta le tue risposte con quelle delle compagne e dei compagni. Valuta il tuo lavoro, rispondendo alle domande. • Hai avuto difficoltà nella memorizzazione delle informazioni contenute nella videolezione? • Ti ritieni soddisfatto del tuo lavoro? Perché? • Ritieni di aver fornito risposte chiare, precise ed efficaci? Perché? • La videolezione ha acceso in te qualche curiosità?

Glossario

VIDEOLEZIONE

I probiotici


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

80

Che cos’è lo yogurt Lo yogurt è un latte acido prodotto inoculando nel latte pastorizzato una coltura mista di due lattobacilli termofili (Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus in rapporto 1:1 o 1:0,5). Come si produce lo yogurt Il latte omogeneizzato è sottoposto a un trattamento termico piuttosto drastico (95 °C per 5 minuti o 80-85 °C per 20-30 minuti), necessario per indurre cambiamenti sulle proteine e sui minerali e ottenere così un coagulo più omogeneo. Terminata l’esposizione al calore, il latte è portato a 42-43 °C, quindi inoculato delle colture microbiche, che operano una fermentazione omolattica in grado di trasformare il lattosio del latte in acido lattico, abbassando il pH (fino a 4,6) e determinando così la coagulazione caseinica. La lavorazione varia in base al prodotto da ottenere: • per lo yogurt compatto, non vi è rottura del coagulo e gli eventuali ingredienti (frutta, aromi) vanno aggiunti prima della fermentazione; • per lo yogurt alla frutta, dopo la rottura del coagulo, sono aggiunti marmellata, frutta a pezzi scottata, succhi di frutta fino a un massimo del 30%; • per lo yogurt fruttato, dopo la rottura del coagulo, sono aggiunti aromatizzanti e coloranti naturali; • per lo yogurt da bere, dopo la fermentazione si procede con la miscelazione e l’omogeneizzazione.

Quali tipologie esistono in commercio Gli yogurt in commercio sono distinti anche in base al contenuto lipidico in: • yogurt interi, con un contenuto minimo di lipidi del 3%; • yogurt magri, con un contenuto massimo di lipidi dell’1%. Gli yogurt light sono invece prodotti meno calorici, spesso preparati a partire da yogurt magro con dolcificanti artificiali, come l’aspartame. Quali sono le caratteristiche nutrizionali dello yogurt Dal punto di vista nutrizionale lo yogurt, rispetto al latte di partenza: • contiene meno lattosio perché si è trasformato in acido lattico ed è quindi adatto a chi è intollerante al lattosio; • apporta quantità maggiori degli altri princìpi nutritivi in seguito alla riconcentrazione; • contiene calcio e fosforo maggiormente disponibili e assorbiti in quantità più elevata a causa dell’ambiente acido. La legislazione italiana vieta l’uso di addensanti, gelificanti e di latte in polvere. Il sorbato di potassio e l’acido sorbico sono talvolta utilizzati negli yogurt alla frutta. La dicitura “aromi naturali”, riferita a volte agli yogurt alla frutta, indica in genere sostanze estratte da vegetali, mentre le diciture “aromi” o “aromi artificiali” fanno riferimento a sostanze di sintesi chimica.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

Per lo yogurt compatto, eventuali aromi vengono aggiunti dopo la fermentazione Per lo yogurt alla frutta, i succhi di frutta sono ammessi fino a un massimo del 40% Per lo yogurt fruttato, sono aggiunti aromatizzanti e coloranti naturali prima della rottura del coagulo In base al contenuto lipidico, gli yogurt in commercio sono distinti in yogurt interi e yogurt compatti Rispetto al latte di partenza, lo yogurt contiene più lattosio

V V V V V

F F F F F


STEP 3

Latte e formaggi

81

La preparazione dello yogurt

Glossario Funzionale

Latte filtrato e standardizzato

È definito funzionale un alimento, un componente naturale o un ingrediente aggiunto, in grado di svolgere una “funzione” importante per il benessere del consumatore, che si affianca e va oltre quella prettamente nutrizionale.

Omogeneizzazione Pastorizzazione Concentrazione Inoculazione Eventuale aggiunta di aromi e frutta

Incubazione (fermentazione)

Incubazione (fermentazione)

Confezionamento

Raffreddamento

Miscelazione

Incubazione (fermentazione)

Rottura del coagulo

Omogeneizzazione

Raffreddamento Yogurt compatto

Eventuale aggiunta di frutta, marmellata, succo di frutta, aromatizzanti e coloranti naturali Omogeneizzazione

Raffreddamento Confezionamento Yogurt da bere

Confezionamento Yogurt cremoso (bianco, alla frutta o fruttato)

Che cosa sono i latti fermentati Tra i più diffusi alimenti funzionali vi sono i probiotici e i prebiotici. Anche altri prodotti, come quelli dietetici e quelli arricchiti (latte fortificato con calcio o latte con omega-3) sono indicati sempre più spesso con questo termine. Gli intolleranti al lattosio possono consumare il latte delattosato, ricavando lo stesso beneficio nutrizionale del normale latte. Le “azioni” che possono essere intraprese per trasformare il latte in un alimento funzionale adatto a tutti i consumatori, anche a quelli con esigenze dietetiche specifiche, possono essere: • l’eliminazione, la riduzione, la modifica di alcuni componenti naturali (eliminazione del lattosio, riduzione del grasso, modifica delle proteine);

• l’aumento della concentrazione di alcuni componenti naturali (arricchimento con calcio, vitamine, proteine, peptidi); • l’aggiunta di ingredienti assenti o poco presenti nel prodotto naturale (integrazione con ferro, acidi grassi polinsaturi, fibra, fitosteroli).

Approfondimenti I latti fermentati

Comprendono latti con probiotici e prebiotici, latte delattosato e latte con omega-3. Per saperne di più, vai al libro digitale.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

82 Raccordi interdisciplinari Diritto e tecniche amministrative

Norme sulla produzione e commercializzazione del latte

5

CHE COSA PREVEDE L’ETICHETTATURA DEL LATTE

L’etichetta delle confezioni di latte deve riportare: • la denominazione di vendita, ovvero la dicitura della tipologia di latte a seconda del trattamento termico che ha subito e del tenore in materia grassa; • il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nell’Unione Europea; • la data del trattamento; • le modalità di conservazione, ovvero la temperatura alla quale va conservato (obbligatoria per il latte fresco e facoltativa per il latte a lunga conservazione); • la quantità netta, cioè il contenuto della confezione; • l’indicazione della provenienza del latte o della zona di mungitura nel caso sia possibile risalire agli allevamenti di produzione;

LAVORO COOPERATIVO

• la dichiarazione nutrizionale; • la data di scadenza o il termine minimo di conservazione.

La data di scadenza è espressa con la dicitura “Da consumarsi entro il...” seguita da giorno, mese e anno.

• Per il latte fresco pastorizzato e per

quello fresco pastorizzato di alta qualità tale termine non può superare il sesto giorno successivo a quello della pastorizzazione. • Per il latte microfiltrato il termine massimo è di dieci giorni. • Per il latte a lunga conservazione (sterilizzato e UHT) la data di scadenza è sostituita dal termine minimo di conservazione (TMC), indicato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro …”. Il TMC per il latte sterilizzato è di 180 giorni e per il latte UHT è pari a 90 giorni a partire dalla data di confezionamento.

L’analisi del latte in commercio

Tutti insieme: insieme all’insegnante recatevi al supermercato più vicino e fate un inventario delle tipologie di latte in commercio, elaborando per ciascuno di esse una scheda tecnica che evidenzi: • denominazione di vendita; • valori nutrizionali; • trattamenti subiti; • modalità di conservazione.


STEP 3

6

Latte e formaggi

CHE COSA SONO I FORMAGGI

Il formaggio è il prodotto lattiero-caseario risultante dalle trasformazioni operate sul latte dall’azione enzimatica del caglio (coagulazione presamica) e da quella fermentante dei microrganismi lattici (coagulazione acida). La normativa non specifica l’origine del latte da utilizzare: si possono quindi produrre formaggi con latti di diversa origine, purché siano ricchi in caseine, dal momento che la coagulazione di queste proteine è fondamentale. Tra i latti caseinici ricordiamo quello di mucca, di pecora, di bufala e di capra, che possono essere utilizzati anche in miscela tra loro.

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COME SI PRODUCONO I FORMAGGI

Le principali fasi attraverso le quali si sviluppa la produzione del formaggio sono: • preparazione del latte; • coagulazione del latte per precipitazione della caseina; • rottura della cagliata; • eventuale cottura della cagliata; • estrazione della cagliata e sgocciolamento; • messa in forma e pressatura; • salatura; • stagionatura/maturazione.

Glossario Prodotti lattiero-caseari

muffe, ottenendo formaggi erborinati (Gorgonzola, Roquefort). Si addizionano spore di muffe del genere Penicillium roqueforti e P. glaucum. Prima di essere sottoposto a cagliatura, il latte deve essere fatto maturare, consentendo così ai batteri acidificanti di moltiplicarsi e agire, conferendogli il pH desiderato.

La produzione del formaggio Preparazione del latte Coagulazione Rottura della cagliata Cottura

Come avviene la preparazione del latte Una volta munto, il latte va refrigerato e utilizzato entro due giorni. Nel caso dei formaggi freschi si procede con la pastorizzazione, che non è invece necessaria per le tipologie stagionate. Non vanno mai superati i 75 °C per evitare la denaturazione delle proteine e la perdita della loro capacità di cagliare. La pastorizzazione riduce la flora naturale del latte che va reintegrata aggiungendo fermenti a base di batteri lattici, sia acidificanti sia aromatizzanti. Per alcuni formaggi possono essere aggiunti altri microrganismi, in particolare delle

Formaggi crudi Estrazione della cagliata Messa in forma

Siero Ricotta Salatura Formaggi freschi Stagionatura/Maturazione Formaggi stagionati

I prodotti lattiero-caseari sono alimenti “derivati esclusivamente dal latte (possono essere aggiunte sostanze necessarie per la loro fabbricazione)” (Regolamento UE n. 1308/2013). Oltre ai formaggi, appartengono a questa categoria i latti fermentati, la panna, il burro e la ricotta, che nel linguaggio comune sono chiamati per consuetudine latticini. Formaggi erborinati

I formaggi erborinati (detti anche blu o prezzemolati) devono il nome all’espressione dialettale milanese erborìn (prezzemolo), che va ricondotta alla presenza di striature verde-blu che ricordano il prezzemolo tritato e che sono dovute alle muffe, nella maggior parte dei casi inoculate durante la lavorazione del latte.


84 Approfondimenti La coagulazione

La coagulazione consiste nella gelificazione della frazione caseinica per precipitazione delle micelle e può essere acida o presamica. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Come avviene la coagulazione Con la coagulazione si forma la cosiddetta cagliata, ovvero un reticolo gelatinoso, tra le cui maglie rimangono intrappolati globuli di grasso e goccioline di siero (latticello). La coagulazione, secondo la legge, può essere di natura acida o presamica.

Coagulazione acida

Con la coagulazione acida, particolari batteri fermentano il lattosio ad acido lattico, determinando un abbassamento del pH e una coagulazione delle proteine. Il coagulo è più lasso e morbido rispetto a quello ottenuto dal trattamento con enzimi e, per questo, la coagulazione acida è utilizzata per formaggi freschi e molli, dal sapore acido e da consumare nel giro di pochi giorni.

Coagulazione presamica

Nella caseificazione si applica solitamente la coagulazione presamica, che prevede l’aggiunta di presame (o caglio) al latte a una temperatura di 30-37 °C. Il presame è ricco di enzimi proteolitici (peptidasi) che agiscono sulle caseine e ne permettono la coagulazione. Anche il tipo di caglio contribuisce a determinare le caratteristiche organolettiche del formaggio. Il presame può essere infatti di origine animale o vegetale. Quello di origine animale (disponibile in forma di pasta, polvere o liquido) è ricavato dall’abomaso (stomaco ghiandolare dei ruminanti o quarto stomaco) del vitello, dell’agnello o del capretto lattante, mentre quello vegetale è ottenuto dal fiore del cardo selvatico o dal carciofo. Il caglio vegetale è più neutro ed è indicato per formaggi a latte crudo.

Come avviene la rottura della cagliata e quando si procede con la cottura Il latticello intrappolato nelle maglie della cagliata va allontanato. Per questo motivo, la cagliata viene rotta, facilitando lo spurgo del siero e prolungando la conservabilità del formaggio. La rottura in frammenti più o meno piccoli determina la fuoriuscita del siero e la consistenza finale del formaggio. La cottura è applicata per i formaggi a pasta semicotta e cotta e prevede che la cagliata sia portata a 38-60 °C per tempi variabili (da 15 minuti a un’ora e mezza) in base alla tipologia di formaggio. Con la cottura si completano la contrazione e lo spurgo dei grumi paracaseinici.

In che cosa consistono l’estrazione e la messa in forma L’estrazione consiste nell’allontanamento della massa gelatinosa (cagliata) dal resto del siero. La cagliata è poi posta infatti in stampi o fascere circolari, bucherellati per consentire lo spurgo del siero residuo, ulteriormente facilitato da una leggera pressatura. Quest’ultima conferisce la compattezza e la forma al formaggio. Per la preparazione di formaggi freschi a pasta molle si procede con un periodo di stufatura in locali caldo-umidi per tempi variabili, così da favorire la formazione di acido lattico e il proseguimento dello spurgo. I formaggi a pasta dura e semidura sono lasciati invece a riposo ed è l’aumento di acidità a favorire lo spurgo; in questa fase inizia la maturazione del formaggio.


STEP 3

Latte e formaggi

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Come avviene la salatura

Glossario Formaggi fusi

La salatura può avvenire a secco, sfregando e cospargendo con sale grosso la superficie delle forme, oppure, nel caso di formaggi più morbidi, immergendo le forme in salamoia (NaCl al 18-24%). La durata varia da prodotto a prodotto e dipende da dimensioni del formaggio, temperatura, quantità di acqua e grado di sapidità che si vuole ottenere.

Come avviene la maturazione La maturazione è il periodo che segue la salatura e prosegue fino a quando il formaggio non ha acquisito le caratteristiche previste per la varietà

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di appartenenza. La fase maturativa può richiedere da pochi giorni fino a due anni o più (come per il Parmigiano Reggiano DOP) e avviene in celle di stagionatura a temperatura e umidità controllate. Nel corso della maturazione si operano trasformazioni che determinano il gusto e l’aroma.

COME SI CLASSIFICANO I FORMAGGI

La classificazione dei formaggi avviene in base a diversi criteri. Specie dell’animale di origine

Formaggi vaccini, formaggi caprini, formaggi ovini, formaggi bufalini, formaggi di latte misto

Eventuale trattamento termico del latte

Formaggi a latte crudo, formaggi a latte termizzato, formaggi a latte pastorizzato

Particolare tipo di pasta

Formaggi a pasta filata, formaggi a pasta pressata, formaggi erborinati, formaggi aromatizzati

Presenza di crosta

Formaggi senza crosta, formaggi con crosta e tipo di crosta (formaggi a crosta pulita, formaggi a crosta trattata, formaggi a crosta fiorita, formaggi a crosta lavata)

Durata della maturazionestagionatura

Formaggi freschi, formaggi semistagionati, formaggi stagionati

I formaggi possono essere classificati anche in base alla tecnologia di lavorazione utilizzata (distinguendo ad esempio i formaggi a pasta filata e i formaggi fusi) oppure in base alla tutela ottenuta a livello europeo o nazionale (formaggi DOP, formaggi IGP, formaggi STG, PAT e Presìdi Slow Food). Tra i criteri fondamentali per la classificazione dei formaggi i tre parametri di maggior rilievo sono:

• il trattamento termico della cagliata

(formaggi a pasta cruda, formaggi a pasta semicotta, formaggi a pasta cotta); • la consistenza della pasta (formaggi a pasta molle, formaggi a pasta tenera, formaggi a pasta semidura, formaggi a pasta dura, formaggi a pasta extra dura); • il contenuto in grassi (formaggi magri, formaggi leggeri, formaggi grassi).

I formaggi fusi sono ottenuti da formaggi precostituiti fatti fondere in caldaie sottovuoto a 70-75 °C; possono essere aggiunti burro, margarina e additivi (coloranti, conservanti come fosfati, polifosfati e citrati) che facilitano la fusione e mantengono un giusto grado di idratazione.

Approfondimenti Forme e marchi di tutela dei formaggi

Accanto ai formaggi DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta), esistono anche i formaggi STG (Specialità Tradizionale Garantita), i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) e i Presìdi Slow Food. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Sala-Bar e vendita Il servizio dei formaggi


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

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La classificazione dei formaggi in base alla consistenza Pasta molle

Casatella Trevigiana DOP, Squacquerone di Romagna DOP, Taleggio DOP, Quartirolo DOP, Salva Cremasco DOP

Pasta tenera

Pecorino Toscano DOP, Bra Tenero DOP

Pasta semidura

Fontina DOP e Asiago DOP (prodotti rompendo la cagliata in frammenti abbastanza piccoli, che sono cotti, compressi e lasciati stagionare per un tempo non molto lungo)

Pasta dura

Parmigiano Reggiano DOP, Grana Padano DOP, Pecorino Romano DOP, Montasio DOP (ottenuti rompendo la cagliata in frammenti molto piccoli, cotti a 50-60° e rimescolati di continuo, quindi compressi, salati e sottoposti a stagionatura per mesi o anni)

Extra dura

Bitto DOP, Nostrano Valtrompia DOP, Piacentinu Ennese DOP

La classificazione dei formaggi in base alla temperatura di cottura della cagliata

Glossario Disciplinare di produzione Il disciplinare di produzione è la norma che definisce i requisiti di un prodotto che ha ottenuto la tutela europea dell’origine geografica.

Tipo di pasta

Temperatura

Tipologia

Cruda

Inferiore a 38 °C

Casatella Trevigiana DOP, Squacquerone di Romagna DOP e Fiore Sardo DOP

Semicotta

38-48 °C

Casciotta di Urbino DOP, Fontina DOP, Monte Veronese DOP, Asiago DOP, Pecorino Sardo DOP e Toma Piemontese DOP

Cotta

Superiore a 48 °C

Piave DOP, Valtellina Casera DOP, Bitto DOP, Parmigiano Reggiano DOP, Grana Padano DOP e Pecorino Romano DOP

Per classificare i formaggi in base al contenuto in grassi occorre distinguere in primo luogo i formaggi DOP e IGP da tutti gli altri formaggi. Secondo la Legge n. 142/1992, i formaggi DOP e IGP devono avere infatti il contenuto in grassi specificamente indicato nei rispettivi disciplinari di produzione. Lo stesso provvedimento distingue i formaggi non DOP e non IGP in magri, se il tenore di grassi è inferiore al 20% sul secco, leggeri se la quota lipidica è compresa tra il 20% e il 35% sul secco. La legge non

CLASSE CAPOVOLTA

stabilisce una qualifica precisa per i formaggi con un contenuto lipidico superiore al 35% sul secco, che sono però comunemente definiti grassi. Il Regolamento (UE) n. 1924/2006 definisce formaggi leggeri (light) quelli contenenti almeno il 30% di grasso in meno rispetto al normale contenuto in prodotti simili. Spesso sono applicati parametri diversi che, in base al contenuto lipidico, distinguono i formaggi in magri (< 20%), semigrassi (20-42%) e grassi (> 42%).

I formaggi del territorio

A casa: stila una lista dei formaggi tipici della tua zona e classificali in base ai criteri appresi. In classe: confronta il tuo lavoro con quello di compagne e compagni e, con l’aiuto dell’insegnante, elaborate una classificazione sommativa che tenga conto delle valutazioni effettuate.


STEP 3

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Latte e formaggi

QUAL È IL VALORE NUTRIZIONALE DEI FORMAGGI

Non è possibile esprimere valori nutritivi assoluti per il formaggio, data la variabilità delle diverse tipologie. Si possono comunque delineare dei caratteri generali, validi per qualsiasi tipo di formaggio. Ad esempio, una porzione da 100 g di formaggio tipo Parmigiano Reggiano DOP corrisponde, in valore nutritivo, a 200 g di carne di vitello, 160 g di prosciutto e 300 g di pesce (trota). Il formaggio è un alimento ricco di proteine ad alto valore biologico e altamente digeribili, grazie all’idrolisi delle caseine. Il contenuto in colesterolo è correlato alla quantità di grasso presente (da 100 mg/100 g nel Brie a 42 mg/100 g nella ricotta di pecora). Il lattosio, presente in soluzione nel siero, è contenuto solo in piccole quantità. Per questo motivo, il formaggio è ben tollerato anche da chi non digerisce il lattosio. Il formaggio contiene vitamine liposolubili, soprattutto vitamina A, e vitamine del gruppo B. È praticamente privo di vitamina C, che si trova in minime quantità solo nei formaggi di capra. È ricco in calcio e fosforo, in un rapporto ideale per l’utilizzazione ottimale del calcio. Il contenuto in cloruro di sodio dipende dal tipo di formaggio: si passa da 1800 mg/100 g nel pecorino a 78 mg/100 g nella ricotta.

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10 COME SI CONSERVANO I FORMAGGI I formaggi possono essere conservati a temperatura refrigerata, avvolti in un involucro. In alternativa, si può usare un panno in lino inumidito con acqua. Il prodotto va collocato in un contenitore a chiusura ermetica, soprattutto per i formaggi a crosta fiorita o lavata e per i formaggi erborinati (si evita così la propagazione delle muffe su altri prodotti). È possibile conservare in ambiente fresco (ad esempio, una cantina con temperatura di 10-15 °C e umidità del 70-80%), quindi fuori del frigorifero, i formaggi semiduri e duri, a patto che l’ambiente sia scarsamente illuminato e provvisto si ricambio d’aria ma senza ventilazione. Con la conservazione sottovuoto a temperatura refrigerata, il formaggio è confezionato creando il vuoto nel contenitore. Si evita così il contatto con l’ossigeno. In alcuni casi, è possibile ricorrere anche alla conservazione in liquido di governo, come ad esempio per i formaggi freschi a pasta filata (mozzarella, treccia) e del Feta DOP.

11 CHE COSA PREVEDE L’ETICHETTATURA DEI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI L’elenco degli ingredienti nelle etichette dei prodotti lattiero-caseari non è necessario; infatti, la legislazione non lo richiede né per le creme di latte fermentato (yogurt e simili), né per i formaggi e per il burro, purché non siano stati aggiunti altri ingredienti diversi dai costituenti propri del latte, dal sale o dagli enzimi e dalle colture di microrganismi necessari alla loro fabbricazione.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

Il formaggio apporta proteine a medio valore biologico ma altamente digeribili Gli intolleranti al lattosio non possono consumare formaggi stagionati Il formaggio apporta vitamina C, calcio e fosforo Il contenuto di cloruro di sodio è uguale per tutti i formaggi I formaggi non vanno mai avvolti in involucri di nessun tipo

V V V V V

F F F F F


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Approfondimento

I derivati del latte più usati in pasticceria dolce e salata Che cos’è e come si produce la ricotta La ricotta non è un vero e proprio formaggio, bensì la si classifica come latticino, poiché deriva dal siero del latte, che è acidificato e portato alla temperatura di circa 85 °C: avviene, così, il processo di coagulazione delle sieroproteine, in quanto il siero è letteralmente ri-cotto. Il termine ricotta deriva, infatti, dall’espressione “cotta due volte”, poiché le proteine e il grasso che costituiscono questo prodotto subiscono effettivamente due riscaldamenti: il primo per la produzione del formaggio e il secondo, a carico del siero residuo dalla lavorazione, per ottenere la ricotta. Essa ha un sapore che volge verso il dolce, determinato dal lattosio presente nel siero in misura variabile dal 2 al 4%, in funzione del latte utilizzato. In commercio si possono trovare ricotte prodotte con siero di latte proveniente sia da vacca che da pecora, ottenendo così, un prodotto più dolce nel primo caso e decisamente più saporito nel secondo. In pasticceria l’utilizzo di questo latticino è decisamente vario, poiché lo si impiega nelle torte, nei ripieni, nelle creme, nei semifreddi e anche nei gelati. Che cosa sono e come si utilizzano in pasticceria mascarpone e mozzarella Il mascarpone non viene prodotto partendo dal latte, ma dalla crema acidificata con acido citrico, che viene poi riscaldata, in modo tale da provocare una coagulazione fine delle proteine. Si tratta di un prodotto tipico italiano, che deve essere consumato fresco, in quanto presenta una percentuale di grassi che arriva al 47% (pertanto il prodotto può ossidarsi facilmente). Il mascarpone è impiegato come base per salse e creme, ripieni, farciture e per realizzare dolci dalla consistenza morbida, come il tiramisù. La mozzarella, invece, è realizzata partendo dal latte intero di vacca, mentre in passato era prodotta soltanto con il latte di bufala. In commercio, questo formaggio esiste in diverse forme (trecce, bocconcini, ciliegine). La mozzarella è ingrediente tipico della pizza, ma trova impiego anche per numerose preparazioni di pasticceria.

Composizione in percentuale del mascarpone e della mozzarella Prodotto

Acqua %

Grassi %

Proteine %

Lattosio %

Mascarpone

44

47

7

3

Mozzarella di bufala

47

18

22

5,5

Mozzarella di vacca

54

15

20

8,3


Approfondimento

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Che cosa sono il latte condensato e quello in polvere Il latte può essere anche convertito, grazie ad alcuni procedimenti, nelle forme di latte condensato e latte in polvere, che possono rappresentare un’alternativa in tutti i casi nei quali non è possibile reperire latte fresco. • Il latte condensato si ottiene facendo evaporare rapidamente, con la tecnica del sottovuoto, circa la metà dell’acqua contenuta nel latte naturale. Il liquido che rimane è poi sottoposto a una pastorizzazione più lunga della norma. Durante quest’ultimo processo, il lattosio, che è stato concentrato, a causa della temperatura elevata subisce una leggera caramellizzazione, che dà il sapore caratteristico al latte condensato. Nel caso in cui a questo prodotto si aggiunga lo zucchero, il latte condensato edulcorato non ha bisogno di essere pastorizzato, perché la quantità di glucidi addizionata è tale da impedire il proliferare di eventuali microrganismi. Questo tipo di latte mantiene quasi tutte le proprietà di quello fresco, può conservarsi per diversi mesi e rientra come ingrediente negli impasti di prodotti da forno. • Il latte in polvere si ottiene facendo evaporare l’acqua originaria quasi totalmente, riducendo così al minimo lo sviluppo di batteri. Per ottenere il latte in polvere si preferisce scegliere un latte contenente pochi grassi (nonostante lo si produca anche dal latte intero) per evitare che irrancidisca facilmente e che le proteine contenute vengano ricoperte dai grassi, rendendo difficile solubilizzare tale latte nell’acqua impiegata per ricostruirlo. Infatti, il reintegro idrico avviene versando a pioggia, in 900 grammi di acqua fredda, 100 grammi di latte in polvere, miscelando poi il tutto con una frusta.

Composizione del latte condensato e in polvere Latte condensato dolce

Latte in polvere magro

Latte in polvere intero

9-10%

1-1,5%

26-28%

Proteine

10%

36-37%

27-28%

Lattosio

9-10%

50%

38-39%

Sali minerali

1,5-2%

7-8%

6%

25%

3-5%

2-3%

Grassi

Acqua Zucchero

42-43%

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

Il latte condensato si ottiene facendo evaporare la totalità dell’acqua contenuta nel latte naturale Il sapore caratteristico del latte condensato è dato dalla caramellizzazione del lattosio Il latte condensato può essere conservato per qualche settimana Il latte in polvere si ottiene facendo evaporare la metà dell’acqua contenuta nel latte naturale Per produrre il latte in polvere è opportuno utilizzare un latte ricco di grassi

V V V V V

F F F F F


90

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

FAQ: Domande frequenti

Che cos’è il latte? Il latte alimentare è il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, completa ed ininterrotta di animali in buono stato di salute e di alimentazione e in corretta lattazione. Per il latte diverso da quello vaccino è necessaria la specificazione dell’origine. La composizione del latte varia in base alla specie dell’animale, alla razza, al periodo di lattazione, all’alimentazione, a fattori stagionali, ambientali e tecnologici. Il latte è un alimento primario con funzione plastica che apporta proteine ad alto valore biologico. I suoi principali componenti sono acqua, caseine e proteine del siero, lipidi, glucidi, vitamine, sali minerali. Il latte appena munto, sottoposto a filtrazione e refrigerazione e vendibile al consumo diretto nelle aziende produttrici, senza essere esposto a temperature superiori a 40 °C, è detto latte crudo. Il latte sottoposto a trattamenti termici e confezionato è detto latte risanato e può essere distinto in latte pastorizzato, latte UHT e latte microfiltrato. I latti speciali comprendono i latti fermentati, i latti funzionali, il latte concentrato e il latte in polvere. Che cos’è lo yogurt e quali sono i suoi impieghi? Lo yogurt è ottenuto mediante inoculazione nel latte pastorizzato di Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, che operano la fermentazione del lattosio con produzione di acido lattico e altri prodotti intermedi. In commercio vi sono yogurt compatti, yogurt alla frutta, yogurt fruttati e yogurt da bere, che possono essere interi o magri. Che cosa prevede l’etichettatura del latte? L’etichetta delle confezioni di latte deve riportare denominazione di vendita, data del trattamento, modalità di conservazione, termine di conservazione (data di scadenza o termine minimo di conservazione), quantità netta, provenienza, dichiarazione nutrizionale.

Che cosa sono e come si producono i formaggi? Il formaggio è il prodotto ottenuto dal latte intero, parzialmente scremato o scremato, oppure dalla crema, in conseguenza delle trasformazioni operate dall’azione enzimatica del caglio e da quella fermentante dei microrganismi lattici. Il latte può essere di diversa origine, purché ricco in caseine. Le principali fasi attraverso le quali si sviluppa la produzione del formaggio sono: preparazione del latte, coagulazione del latte per precipitazione della caseina, rottura della cagliata, eventuale cottura della cagliata, estrazione della cagliata e sgocciolamento, pressatura e formatura, salatura, maturazione/stagionatura. I formaggi sono classificati in base a: specie dell’animale di origine, trattamento termico del latte, tipo di pasta, tipo di crosta, durata della maturazione/stagionatura, tecnologia di lavorazione. I parametri principali per la classificazione sono: trattamento termico della cagliata, consistenza della pasta e contenuto in grassi. I formaggi sono conservati a temperatura refrigerata o sottovuoto a temperatura refrigerata (per impedire il contatto con l’ossigeno). Per la conservazione in ambiente refrigerato, il prodotto va avvolto in un involucro, chiuso in un contenitore preferibilmente ermetico. Alcune tipologie sono conservate in liquido di governo. Il formaggio è un alimento primario, ricco di proteine ad alto valore biologico e altamente digeribili, con contenuto in colesterolo correlato alla quantità di grasso presente. Contiene anche piccole quantità di lattosio (è ben tollerato anche da chi non lo digerisce). Apporta vitamine liposolubili (vitamina A) e idrosolubili (gruppo B) ed è ricco in calcio e fosforo. Il contenuto in cloruro di sodio dipende dal tipo di formaggio. Che cosa prevede l’etichettatura dei formaggi? L’elenco degli ingredienti nelle etichette dei prodotti lattiero-caseari non è necessario, purché non siano stati aggiunti altri ingredienti diversi dai costituenti propri del latte, dal sale o dagli enzimi e dalle colture di microrganismi necessari alla loro fabbricazione. Va indicato l’eventuale impiego di latte crudo.


STEP 3

Latte e formaggi

91

Mappa concettuale IL FORMAGGIO O CACIO

è il prodotto ottenuto da

latte intero, parzialmente scremato o scremato

crema di latte

ha

è prodotto in

è classificato in base a

composizione chimica variabile

numerose tipologie

diversi parametri

che dipende da

attraverso la

quali

numerosi fattori

caseificazione

quali

che si articola nelle fasi

di

latte

diversa origine

flora microbica utilizzata

purché

procedimenti di lavorazione

ricco di caseine

grado di maturazione/ stagionatura in conseguenza delle

con l’eventuale aggiunta di

del

del

caglio (coagulazione presamica)

microrganismi lattici (coagulazione acida)

tipo di pasta (formaggi a pasta filata, formaggi a pasta pressata, formaggi erborinati, formaggi aromatizzati) presenza di crosta (formaggi senza crosta, formaggi con crosta)

preparazione del latte

tipo di crosta (formaggi a crosta pulita, formaggi a crosta trattata, formaggi a crosta fiorita, formaggi a crosta lavata)

operate da

azione fermentante

trattamento termico del latte (formaggi a latte crudo, formaggi a latte termizzato, formaggi a latte pastorizzato)

ambiente di maturazione/ stagionatura

trasformazioni

azione enzimatica

specie dell’animale di origine (formaggi vaccini, formaggi caprini, formaggi ovini, formaggi bufalini, formaggi di latte misto)

fermenti

coagulazione (acida o presamica) del latte

cloruro di sodio

rottura della cagliata estrazione della cagliata e sgocciolamento pressatura e formatura salatura maturazione/ stagionatura

durata della maturazione/ stagionatura (formaggi freschi, formaggi semistagionati, formaggi stagionati) tecnologia di lavorazione (formaggi a pasta filata, formaggi fusi) tutela ottenuta a livello europeo o nazionale (DOP, IGP, STG, PAT e Presìdi Slow Food)


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

92

Verifiche

2 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta.

Il latte 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 In base al trattamento tecnologico effettuato il latte è distinto in microfiltrato, sterilizzato, pastorizzato V 2 Il latte vaccino non richiede la specificazione dell’origine V 3 Il latte è distinto in intero, parzialmente scremato o scremato in base al contenuto in lipidi V 4 Latte e derivati sono fonti alimentari di amido, lattosio e proteine a medio valore biologico V 5 L’alimentazione dell’animale e il periodo di lattazione influiscono sulla composizione del latte V 6 Il latte parzialmente scremato ha un contenuto lipidico massimo dello 0,5% V 7 I prodotti lattiero-caseari comprendono soltanto alimenti freschi a breve conservazione V 8 La composizione del latte varia in base alla specie ma non alla razza V 9 Il latte risanato non comprende il latte microfiltrato V 10 Le proteine più rappresentate nel latte sono le proteine del siero V 11 Il latte pastorizzato è un latte sottoposto a trattamento termico a una temperatura di almeno 71,7 °C per 15 secondi V 12 Lo yogurt è un latte acido-alcolico V 13 Il processo alla base della produzione dei latti acidi è la fermentazione alcolica V 14 Il latte delattosato è un latte funzionale V 15 Lo yogurt intero ha un contenuto lipidico massimo dell’1% V 16 Il latte crudo viene riscaldato a 50 °C prima della commercializzazione V 17 Lo yogurt alla frutta può contenere succo di frutta fino a un massimo del 30% V 18 Gli yogurt fruttati contengono frutta a pezzi scottata V 19 Lo yogurt magro ha un contenuto lipidico del 3% V

F F F F F F F F F F F F F F F F F F F

1

Il latte intero ha un contenuto lipidico: A inferiore allo 0,3% B compreso tra l’1,5 e 1,8% C superiore al 4,5% D del 3,5%

2

Il latte risanato si divide in: A pastorizzato, UHT, sterilizzato B latte crudo, latte fresco C latti speciali, latti fermentati, yogurt D latti funzionali, latti speciali

3 Il latte microfiltrato: A è fatto passare attraverso una membrana prima di subire il trattamento termico B ha un contenuto in nutrienti inferiore rispetto al latte pastorizzato C ha un tenore in grassi inferiore rispetto al latte pastorizzato D si ottiene mediante un processo di riscaldamento continuo 4 Il latte UHT è ottenuto: A mediante passaggio attraverso una membrana prima di subire il trattamento termico B mediante un processo di riscaldamento continuo ad almeno 135 °C per non meno di un secondo C mediante trattamento termico a una temperatura di almeno 71,7 °C per 15 secondi D per immersione della confezione di latte in acqua a 120 °C per 15-20 minuti 5 Lo yogurt è ottenuto dalla fermentazione del latte per opera di: A Streptococcus termophilus e Lactobacillus bulgaricus B Lactobacillus bulgaricus C Streptococcus termophilus D Saccharomyces kefir 6 L’etichettatura del latte deve riportare: A la provenienza del latte o la zona di mungitura, qualora non sia possibile risalire agli allevamenti di produzione B la data del trattamento C la dichiarazione nutrizionale D tutte le opzioni sono corrette


STEP 3

Latte e formaggi

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3 Domande a completamento Completa indicando il tipo di latte al quale l’affermazione fa riferimento. 1. . 2. . 3. . 4. 5. 6. 7. . 8.

Ha un contenuto lipidico pari al 3,5%: .................................................................................... Ha contenuto lipidico inferiore a 0,3%: .................................................................................... Ha contenuto lipidico compreso tra 1,5 e 1,8%: .................................................................................... Ha subito trattamenti termici per renderlo stabile durante la conservazione: .......................................... Subisce il trattamento termico di pastorizzazione entro 48 ore dalla mungitura: ..................................... È latte appena munto, sottoposto solo a filtrazione e refrigerazione: ............................................................. È latte proveniente da allevamenti selezionati, pastorizzato dopo un breve tempo dalla mungitura e disponibile solo nella tipologia intero: .................................................................................... È latte a lunga conservazione, ottenuto per sterilizzazione: ............................................................

4 Domande a completamento Completa inserendo le fasi del ciclo produttivo del latte pastorizzato.

............................. .............................

1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

I formaggi sono classificati in base a: A specie dell’animale di origine del latte B trattamento termico al quale è sottoposto il latte C durata della maturazione-stagionatura D tutte le opzioni sono corrette

2

Un formaggio magro ha un tenore di grassi: A compreso tra il 20 e il 25% B inferiore al 20% C inferiore al 25% D intorno al 15%

3 Un formaggio è a pasta cruda: A quando la temperatura applicata alla cagliata è inferiore a 48 °C B quando la temperatura applicata alla cagliata è di 38-48 °C C quando la temperatura applicata alla cagliata è maggiore di 48 °C D nessuna delle opzioni è corretta 4

Il formaggio è ricco in: A calcio e fosforo B calcio e ferro C fosforo e ferro D calcio e sodio

2 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

............................. ............................. ............................. ............................. .............................

Il formaggio

1 Alcuni formaggi possono essere conservati in liquido di governo V 2 Gli acidi grassi contenuti nel formaggio sono principalmente saturi V 3 I formaggi contengono vitamine idrosolubili, in particolare vitamina C V 4 I formaggi erborinati contengono muffe spesso inoculate durante la lavorazione del latte V 5 I formaggi non possono essere ottenuti da latte crudo V 6 I formaggi semiduri e duri vanno sempre conservati a temperatura refrigerata V 7 I formaggi stagionati sono ben tollerati anche da chi non digerisce il lattosio V 8 Il contenuto di cloruro di sodio del formaggio dipende dalla tipologia V 9 Il formaggio è ottenuto solo dal latte intero o dalla crema di latte V

F F F F F F F F F


94

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Laboratorio delle competenze L’apporto calorico di latti di diversa origine Calcola l’apporto energetico in chilocalorie e chilojoule dei seguenti latti. Acqua

Lipidi

Glucidi

Proteine

kcal

kJ

Asina Bufala Capra Pecora Renna Soia Vacca intero Vacca parzialmente scremato

La degustazione dei formaggi Devi preparare un piatto con otto assaggi dei seguenti formaggi. Indica come li disporresti sul piatto in ordine di consistenza della pasta e freschezza. Caprino della Carnia Castelmagno DOP Fontina DOP Mozzarella di Bufala Campana DOP Parmigiano Reggiano DOP Piave DOP Primusali Squacquerone di Romagna DOP ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ......................................................................................


STEP 3

Latte e formaggi

95

La classificazione del latte Individua a quale tipologia di latte si fa riferimento. Tipologia di latte

Caratteristiche

....................................

Latte sottoposto a temperatura inferiore a 40 °C.

....................................

Latte prodotto con pastorizzazione alta e rapida (si raggiungono temperature di 72-78 °C per 10-20 secondi).

....................................

Solo latte intero proveniente da stalle nazionali controllate, caratterizzato da elevati contenuti di grasso (> 3,5%) e proteine (> 3,2%); la pastorizzazione avviene a 72 °C per 15 secondi.

....................................

Latte con sostanza grassa pari a 3,5%.

....................................

Latte che, prima di subire il trattamento termico, viene fatto passare attraverso una membrana che possiede fori microscopici, in grado di far passare i princìpi nutritivi ma di trattenere la grande maggioranza dei batteri naturalmente presenti.

....................................

Latte con sostanza grassa compresa tra 1,5 e 1,8%.

....................................

Latte prodotto con pastorizzazione bassa e lenta; è portato a 63 °C per circa 30 minuti.

....................................

Latte con sostanza grassa inferiore a 0,3%.

..................................

Latte portato a 140-145 °C per 4 secondi; la lavorazione avviene per iniezione diretta di vapore nel latte.

....................................

Latte portato a 120 °C per 30 secondi per scambio termico attraverso scambiatori.

La classificazione dei formaggi Indica la consistenza della pasta (molle, tenera, semidura, dura, extra dura) dei seguenti formaggi DOP.

• • • • • • •

Asiago: ...................................................................... Bitto: .......................................................................... Bra Tenero: ................................................................ Fontina: ..................................................................... Grana Padano: .......................................................... Montasio: .................................................................. Nostrano della Valtrompia: ........................................

• • • • • • •

Parmigiano Reggiano: ............................................... Pecorino Romano: ..................................................... Pecorino Toscano: ..................................................... Quartirolo: .................................................................. Salva Cremasco: ....................................................... Squacquerone di Romagna: ..................................... Taleggio: ....................................................................

Indica se i seguenti formaggi DOP sono a pasta cruda, semicotta o cotta.

• • • • • • • •

Casatella Trevigiana: ................................................. Toma Piemontese: ..................................................... Squacquerone di Romagna: ..................................... Piave: ......................................................................... Fiore Sardo: ............................................................... Valtellina Casera: ....................................................... Casciotta di Urbino: .................................................. Bitto: ..........................................................................

• • • • • • •

Fontina: ..................................................................... Parmigiano Reggiano: ............................................... Monte Veronese: ....................................................... Grana Padano: .......................................................... Asiago: ...................................................................... Pecorino Romano: ..................................................... Pecorino Sardo: .........................................................


96

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

Grassi e oli

4

Approfondimenti Burri vegetali

Tra i burri vegetali figurano il burro di cacao, di arachidi, di mandorla e di cocco. Per saperne di più, vai al libro digitale.

1

CHE COSA SONO I GRASSI E GLI OLI

I grassi e gli oli da condimento sono particolarmente ricchi di lipidi. La distinzione tra oli e grassi riguarda la consistenza: a temperatura ambiente i grassi sono solidi, mentre gli oli sono liquidi. La differenza dello stato fisico a temperatura ambiente è determinata dalla diversa composizione chimica. In base all’origine, oli e grassi da condimento sono classificati in due gruppi: • quelli di origine animale, ottenuti da animali terrestri o acquatici; • quelli di origine vegetale, ottenuti da frutti o semi o in qualità di sottoprodotto di altre lavorazioni.

Il sego è un grasso animale ottenuto per fusione dei grassi di animali da macello diversi dai suini. Non trova però largo impiego in alimentazione.

La classificazione delle sostanze grasse Regno animale Animali terrestri Burro, strutto, sego

Regno vegetale

Animali marini Oli di pesce

Da frutti Oliva, cocco, palma

Da semi

Da sottoprodotti

Arachide, cacao, girasole, palmisti, soia, colza

Enologica (vinacciolo), conserviera (pomodoro), amidacea (mais), tessile (cotone)

La classificazione merceologica delle sostanze grasse usate a scopo alimentare Grassi del latte

Crema e burro di latte

Grassi di origine animale

Lardo, pancetta, strutto, grasso d’anatra e d’oca

Burri vegetali e margarina

Burro di cacao, di arachidi, di cocco e di mandorla, margarina vegetale

Oli d’oliva

D’oliva, extravergini e vergini e di sansa

Oli di semi

Arachide, girasole, mais, soia


STEP 4

2

Grassi e oli

CHE COS’È LA CREMA DI LATTE

Per crema di latte (o panna) si intende “il prodotto ottenuto dal latte, sotto forma di un’emulsione di grassi in acqua, con tenore minimo, in peso, di grassi lattieri del 10%” (Regolamento 2991/94/CE). La crema di latte fresca è, come il burro, un prodotto deperibile e va conservata a temperatura refrigerata (0-4 °C). La crema di latte è la materia prima dalla quale si ottiene anche il burro ed è prodotta mediante affioramento o centrifugazione. L’affioramento della crema avviene lasciando a riposo per 12 ore a 15 °C il latte in bacinelle di acciaio inox della capacità di 1,5-2 quintali. Lo strato che affiora (crema) contiene il 20-30% di grasso. Il lungo stazionamento del prodotto in vasche o bacinelle di acciaio favorisce lo sviluppo e la riproduzione dei batteri e la conseguente produzione di acido lattico e di metaboliti aromatizzanti. La crema così ottenuta è, infatti, parzialmente acida e, se usata nella burrificazione, permette di ottenere un burro più aromatico, ma di difficile conservazione. Con la centrifugazione, il latte è sottoposto a forza centrifuga affinché le parti di grasso, meno dense, si separino dal resto del latte,

3

CHE COS’È LA PANNA DA MONTARE

In pasticceria il ruolo più importante è quello della panna da montare, che presenta una quantità di grassi intorno al 33-35%. La panna da montare può essere usata in diverse preparazioni come creme, salse, gelati, impasti, decorazioni, farciture. La panna appena centrifugata, tuttavia, non può essere montata, ma deve prima essere lasciata a riposo in frigorifero per 24 ore. Durante questa fase di riposo, il lattosio si trasforma in acido lattico, che: • conferisce il caratteristico sapore al prodotto; • migliora l’inglobamento successivo dell’aria.

97 portandosi verso il centro (verso l’asse di rotazione). L’operazione richiede pochi minuti ed è condotta a temperature che favoriscono la separazione del grasso (32-55 °C). La crema di centrifuga è detta dolce perché, data la rapidità del processo, non si instaura nessun fenomeno fermentativo acidificante spontaneo. Dal punto di vista nutrizionale, la crema di latte è ricca di acidi grassi saturi e colesterolo, contiene sali minerali (calcio, fosforo) e vitamine (A, D e alcune del complesso B). È però povera di lattosio e caseina.

Approfondimenti La panna vegetale

È usata in sostituzione di quella naturale ed è costituita da una miscela di grassi vegetali. Per saperne di più, vai al libro digitale.

La classificazione della crema di latte % materia grassa

Utilizzo

≥ 10%

Crema o panna da caffetteria

≥ 20%

Crema o panna da cucina

≥ 30%

Crema o panna da montare o per pasticceria

20-30%

Crema destinata alla preparazione di mascarpone

35-40%

Crema per burrificazione discontinua

80%

Crema per burrificazione continua

Infatti, quando la panna viene sbattuta si sviluppano bolle d’aria che sono incorporate dalle particelle di grasso, rese sempre più minuscole dalla sbattitura e avvicinate fra loro fino a formare un reticolo, rinforzato dalla presenza delle proteine. Tuttavia, se si prosegue più del necessario in questa operazione di sbattitura, la struttura perde stabilità per la quantità eccessiva di aria inglobata, tanto che si possono formare piccoli grumi di burro. Per mantenere la stabilità della schiuma d’aria è bene: • lavorare in un ambiente fresco; • utilizzare utensili più freddi possibile, poiché i grassi del latte iniziano a sciogliersi già a 28 °C, rendendo così inutilizzabile il preparato.


98

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

4

CHE COS’È IL BURRO

Secondo la legge italiana (Legge n. 202/1983) la denominazione “burro” si riferisce al “prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte di vacca e al prodotto ottenuto dal siero di latte di vacca”. Non può contenere grassi diversi aggiunti, come obbligatoriamente dichiarato in etichetta. Secondo i Regolamenti (CE) n. 2991/1994 e n. 445/2007, la denominazione “burro” è riservata al prodotto che presenta le seguenti caratteristiche: • tenore minimo di grassi dell’82%-90%; • tenore massimo di acqua del 16%; • tenore massimo di estratto secco del 2%. In etichetta può comparire la dicitura “burro tradizionale” quando il prodotto è ottenuto direttamente dal latte o dalla crema di latte, in stabilimenti autorizzati e controllati dalle autorità competenti per territorio. Il burro di qualità è ottenuto invece da sola crema di latte pastorizzata. La normativa inerente l’etichettatura non prevede la presenza obbligatoria dell’elenco degli ingredienti purché il prodotto non

contenga prodotti di natura diversa dal latte e/o dal sale. In commercio si trovano però anche tipologie di burro con un tenore lipidico inferiore, come: • il burro leggero a ridotto tenore di grasso (60-62%); • il burro leggero a basso tenore di grasso (burro metà) con un tenore di grassi del 39-41%; • il burro salato, al quale è stato aggiunto un 2% massimo di sale e che ha un quantitativo di materia grassa ridotto anche fino all’80%. Questi prodotti a minor tenore di grasso risultano più spalmabili e sono, quindi, idonei per un consumo diretto, piuttosto che per la cottura. Vi sono poi anche il burro concentrato (oltre il 90% di materia grassa) e il burro a ridotto contenuto di colesterolo. Le frodi più comuni riguardano la vendita di burro con quantità di grassi inferiore al valore stabilito per legge, addizionato di grassi di natura diversa da quelli del latte o di burro anidro (destinato all’uso industriale).

La distinzione del burro in base al criterio di qualità Burro centrifugato

Di alta qualità, prodotto direttamente dalla centrifugazione del latte appena munto e proveniente da una filiera sempre a bassa temperatura.

Burro di affioramento (o burro di caseificio)

Ottenuto generalmente come sottoprodotto della produzione casearia, sottoponendo la crema a pastorizzazione per ridurne la carica batterica elevata.

Burro di siero

Ottenuto non direttamente dal latte ma come sottoprodotto dei grassi residui nel siero di origine casearia.

Come si produce il burro La burrificazione è l’insieme delle operazioni che consentono la trasformazione della crema (emulsione di grasso in acqua) in burro (emulsione di acqua in grasso). Per ottenere un chilogrammo di burro occorrono mediamente 23-25 kg di latte.

Per produrre il burro è necessario che i globuli di grasso della crema formino una massa unica inglobando anche parte del latticello. Le attuali disposizioni di legge consentono di aggiungere, durante la lavorazione, additivi antimicrobici, antiossidanti, coloranti naturali (zafferano, annatto) e sale.


STEP 4

Grassi e oli

99

Come avviene la burrificazione discontinua Per ottenere il burro con il metodo tradizionale (discontinuo), la crema, estratta dal latte mediante affioramento o centrifugazione, deve essere violentemente sbattuta (zangolata), rompendo i globuli di grasso, amalgamandoli e facendo fuoriuscire la parte residua di acqua. Questo processo, detto zangolatura, è favorito da condizioni di acidità e da temperature inferiori a 15 °C, che rendono il globulo di grasso più fragile. La crema di latte ottenuta per centrifugazione è dolce e, quindi, è preventivamente pastorizzata, poi inoculata Burrificazione discontinua

Crema dolce raffreddata

con fermenti acidificanti e, infine, lasciata a riposo per circa 18-20 ore alla temperatura di 12-15 °C. Le zangole sono costituite da recipienti in acciaio inox che ruotano sul proprio asse; internamente possono presentare dei rulli che impastano il burro e lo amalgamano. Il liquido che si elimina con la zangolatura è chiamato latticello e contiene una minima percentuale di grasso (0,3-0,4%) e di proteine. Prima di essere impastato, il burro è lavato con acqua due-tre volte, al fine di favorire uno spurgo completo del latticello. Può essere poi sottoposto a leggera salatura o all’aggiunta di coloranti naturali, come lo zafferano, e successivamente confezionato.

Zangolatura

Lavaggio

Impastamento

Come avviene la burrificazione continua

Quali sono i principali componenti del burro

La burrificazione continua è usata per produrre burro su larga scala. I processi e le fasi sono sempre gli stessi, con l’unica differenza che tutti i passaggi avvengono all’interno dello stesso impianto.

Il burro si presenta, a temperature ≤ 23 °C (fonde, infatti, tra 28 e 33 °C), come una massa plastica, di consistenza solida e colore giallino, con odore e sapore gradevoli. I componenti principali sono acqua, grassi (2/3 acidi grassi saturi, 1/3 acidi grassi insaturi), lattosio, proteine. Tra le sostanze presenti in tracce, ma molto importanti per i caratteri organolettici, si ricordano il diacetile, l’acetilmetilcarbinolo, le aldeidi, i chetoni e i lattoni. È ricco di vitamina A, vitamina E, sali minerali (selenio e soprattutto calcio) e, come tutti i grassi animali, ha un elevato contenuto di colesterolo.

Le altre importanti sostanze contenute nel grasso del latte Sostanza

Proprietà

Acido linoleico coniugato (CLA)

Sembra avere proprietà antitumorali, antiaterogeniche, immunomodulanti, antiadipogeniche e di promozione della crescita.

Sfingomielina

Sembra avere attività anticancerogena.

Acido butirrico

È un inibitore della proliferazione delle cellule cancerose, prodotto anche nel colon per fermentazione batterica della fibra e ha un effetto di protezione nei confronti dei tumori al colon.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Sala-Bar e vendita Il burro nella prima colazione


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Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

5

CHE COS’È LO STRUTTO

Lo strutto è un prodotto alimentare animale ottenuto per fusione dei grassi presenti nel tessuto adiposo del maiale. È commercializzato in tre diverse qualità: • liscio; • granuloso • a fiocchi.

Lo strutto è ricavato da tutte le parti grasse del maiale, ma preferibilmente dal tessuto adiposo surrenale (sugna) che non presenta cotenna, è povero di tessuto fibroso e ha poca consistenza. Il grasso dorsale sottocutaneo (cotenna), invece, presenta una buona percentuale di tessuto fibroso ed è solitamente sottoposto a salagione e stagionatura, ottenendo così il lardo.

Le fasi di produzione dello strutto 1

Dopo aver rimosso la cotenna, il grasso è tagliato a pezzetti e mescolato con la sugna e con altri ritagli di grasso di recupero dal maiale.

2

Successivamente il grasso in pezzetti è messo a cuocere a fuoco lento, così da ottenerne la fusione e consentire l’evaporazione dell’acqua tissutale.

3

Durante la cottura, per effetto del calore, i pezzetti di grasso rilasciano lo strutto, che è progressivamente rimosso per colatura.

4

Deposto ancora caldo nei contenitori che serviranno per la sua conservazione, viene quindi lasciato raffreddare.

5

I pezzetti di grasso residui sono pressati con un torchio per recuperare l’ultima porzione di strutto, quindi conditi con sale ed eventualmente altre spezie o aromi e venduti come ciccioli.

Come si conserva lo strutto Lo strutto può essere conservato anche per diversi mesi, purché in frigorifero con un confezionamento tale da garantire l’isolamento del prodotto dall’aria e in assenza di contaminanti. Può essere anche congelato, sempre in contenitori chiusi, conservandosi così per un tempo ancora più lungo.

Quali sono i componenti dello strutto e qual è il suo valore nutrizionale Lo strutto di maiale pesante (sovralimentato) è più ricco di acidi grassi saturi rispetto a quello da maiale leggero, proporzionalmente più ricco in acidi grassi monoinsaturi. Inoltre, anche la scelta del tipo di mangime influenza la composizione. Per esempio, i tessuti del Maiale Nero dei Nebrodi (che si alimenta prevalentemente di ghiande, frutta secca, bulbi e tuberi) sono addirittura ricchi in acidi grassi polinsaturi essenziali

della serie omega-6. Lo strutto è costituito prevalentemente da acidi grassi saturi (acido palmitico per il 26-30%), ma contiene anche un discreto quantitativo (7-10%) di acidi grassi insaturi, soprattutto acido linoleico. La presenza degli acidi grassi saturi lo rende un alimento da assumere con moderazione, anche per la concomitante presenza di colesterolo. La densità energetica dello strutto è quasi sovrapponibile a quella di un olio vegetale puro. Lo strutto ha un alto punto di fumo, contrapposto però a una bassa resistenza allo stress ossidativo (forte tendenza all’irrancidimento). Lo strutto è quindi abbastanza idoneo all’impiego in cottura, ma poco adatto alla conservazione in ambiente non controllato (luce, temperatura, ossigeno). Per la presenza di acidi grassi insaturi e per l’assenza di sostanze antiossidanti naturali, irrancidisce facilmente se tenuto all’aria, acquisendo un colore giallognolo e un odore piuttosto sgradevole.


STEP 4

6

Grassi e oli

CHE COSA SONO GLI OLI VEGETALI

Gli oli vegetali sono ricavati per spremitura o estrazione dai semi e dai frutti di molte piante. Oltre all’olio di oliva, i più noti e utilizzati in campo alimentare sono l’olio di semi di arachide, l’olio di semi di girasole, l’olio di semi di lino, l’olio di semi di mais (dal germe), l’olio di semi di soia, l’olio di semi di sesamo, l’olio di semi di colza, l’olio di palma (dalla polpa del frutto), l’olio di semi di palmisti (dal seme), l’olio di cocco (dal frutto), l’olio di cartamo, l’olio di frumento (dal germe), l’olio di vite (vinaccioli), l’olio di canapa, l’olio di cotone.

• L’olio di semi di arachidi ha un punto

di fumo elevato e, per questo, è indicato per la frittura. • L’olio di semi di girasole è usato nella produzione di margarine e nella conservazione sott’olio.

101

• Gli oli di semi di mais e di girasole sono

ricchi di acidi grassi polinsaturi, quindi indicati per il consumo a crudo. • L’olio di noci ottenuto dalla doppia pressatura (a freddo e a caldo) delle noci mature essiccate è indicato per l’impiego a crudo. • L’olio di cocco è ricco di acidi grassi saturi.

I principali impieghi degli oli vegetali sono: • industria alimentare, soprattutto per confezionare prodotti dolciari e da forno; • consumo diretto (margarina e olio alimentare), dopo essere stati sottoposti a rettifica; • industria farmaceutica, chimica o cosmetica; • zootecnica, poiché il residuo dell’estrazione può essere utilizzato per la preparazione di mangimi, come fertilizzante o come combustibile.

I requisiti previsti dalla legge per gli oli di semi commercializzati 1

Le caratteristiche organolettiche devono essere buone, senza difetti di sapore e di odore.

2

Devono essere denominati “Oli di semi di…” con il nome della specie del seme oleaginoso.

3

Nel caso di miscele di due o più oli monoseme, deve essere utilizzata sull’etichetta la denominazione “Olio di semi vari” (non è obbligatorio specificare la percentuale degli oli che compongono la miscela, che vanno elencati in ordine decrescente di quantità).

4

L’acidità libera, espressa in acido oleico, deve essere inferiore allo 0,5%.

5

Devono essere stati rettificati se estratti con solventi.

6

Non devono contenere più del 5% di acido erucico, qualora la miscela contenga anche olio di colza.

7

Non ci deve essere traccia di coloranti o di altri additivi chimici, tranne quelli permessi.

8

Vanno venduti in recipienti sigillati di peso netto inferiore a 5 kg.

9

Sulla confezione va stampigliato il termine minimo di conservazione.


102

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

È invece vietato: porre in commercio oli di semi che contengano un’acidità libera, calcolata in acido oleico, superiore allo 0,50%; preparare e smerciare miscele di olio di oliva con altri oli vegetali commestibili; procedere con la raffinazione degli oli di qualsiasi specie e dei grassi concreti destinati a usi commestibili, con metodi diversi da quelli ammessi per la raffinazione degli oli di oliva destinati agli stessi usi; l’impiego del processo di esterificazione o di sintesi. Infine, va sottolineato che gli oli di semi destinati al consumo alimentare devono essere esenti da coloranti. Spesso, tuttavia, per impartire agli oli di semi la colorazione perduta nella raffinazione, è aggiunto olio di carota. Quest’olio, che è una soluzione oleosa di betacarotene a forte concentrazione vitaminica e intensamente colorata, non può essere considerato un olio di semi, ma solo un colorante. La sua aggiunta agli oli di semi costituisce pertanto una frode.

Come avviene l’estrazione dell’olio da frutti e semi oleaginosi I metodi fisici di estrazione del grasso da frutti e semi oleosi prevedono il ricorso a sistemi meccanici o a solventi: • i sistemi meccanici di estrazione consentono di utilizzare il grasso estratto senza rettifiche, come può a volte accadere nel caso dell’olio extravergine di oliva; • l’impiego di solventi prevede sempre la rettificazione per l’immissione in commercio dell’olio a uso alimentare.

LAVORO COOPERATIVO

Le fasi della produzione dell’olio di semi ● Raccolta, accettazione e pulitura ● Preparazione della materia prima ● ● ● ●

(sgusciatura, decorticatura, depellicolazione) Macinazione (matrici ad alto contenuto lipidico) e/o laminazione (matrici a minor contenuto lipidico) Riscaldamento e condizionamento Estrazione con procedimenti meccanici o con solventi Rettifica (o raffinazione)

Qual è il valore nutrizionale degli oli vegetali Le materie prime dalle quali sono estratti gli oli vegetali sono ricche di sostanze importanti per la salute: sali minerali, vitamine, acidi grassi essenziali, amminoacidi, fibre, lecitina, fitosteroli e altri componenti minori. • Con l’estrazione meccanica, sono eliminati le proteine, le fibre e alcuni sali minerali e vitamine, mantenendo però inalterati gli altri componenti. • Sottoponendo gli oli a raffinazione, si perdono invece la gran parte delle vitamine e dei minerali, la lecitina, i fitosteroli e i componenti minori. La maggior parte degli oli vegetali contiene acidi grassi mono e polinsaturi e pochi acidi grassi saturi. Fanno eccezione gli oli tropicali (palma e cocco) che contengono invece una grossa percentuale di grassi saturi. La presenza dei doppi legami rende gli oli di semi particolarmente suscettibili alla luce, al calore e all’ossigeno.

Gli oli vegetali

A gruppi di tre: per ciascuno dei seguenti oli vegetali utilizzati in campo alimentare, raccogliete le informazioni più importanti e presentatele nella forma che ritenete più idonea: un depliant, una presentazione ppt, una mappa concettuale, un cartellone. Relazionate poi al resto della classe quanto avete appreso, a partire dall’elaborato prodotto. Olio di semi di arachidi • Olio di semi di girasole • Olio di semi di mais • Olio di semi di soia • Olio di cocco • Olio di palma • Olio di palmisti • Olio di riso • Olio di noce, nocciola, mandorle


STEP 4

Grassi e oli

Approfondimento

103

Che cosa sono gli oli di semi Oltre all’olivo, molte altre piante forniscono semi da cui estrarre oli dalle diverse caratteristiche. Olio di arachide Dall’arachide, o nocciolina americana, per l’alta percentuale di grassi che contiene (quasi il 40%), è possibile ottenere l’olio e anche un burro. L’olio di arachide rientra spesso tra gli oli usati per realizzare margarine, ma risulta anche il migliore per friggere, ha un buon sapore ed è ricco di acidi grassi insaturi. La composizione media di questo tipo di olio comprende il 55% di acido oleico, il 25-30% di acido linoleico e l’8% di acido palmitico. Inoltre, è ottimo crudo come condimento, da solo o in miscela con altri oli. Olio di colza I semi della colza, da cui si ricava quest’olio, contengono fino al 45% di grassi. Nella composizione chimica dell’olio è presente un acido grasso monoinsaturo, detto erucico, che, se introdotto con l’alimentazione ad alte quantità è tossico. Per questo motivo, l’olio di colza si trova in commercio miscelato con altri oli, in modo tale che la quantità di acido erucico non superi il 5%. Vale la pena segnalare, però, che, grazie a selezioni continue delle varietà botaniche, si sta raggiungendo il traguardo di ottenere olio di colza senza questo pericoloso acido. Olio di soia L’olio di soia è totalmente privo di tossicità. Si ricava dai semi di una leguminosa di origine orientale, la soia, ed è caratterizzato da un colore giallo chiaro e dal sapore gradevole. Poco adatto per friggere, in media contiene il 50% di acido linoleico, il 25% di acido oleico, l’8% di linolenico e il 15% di grassi saturi. In cucina si usa per condire, per realizzare dolci particolari e alcune salse.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

L’olio di arachide contiene pochissimi acidi grassi insaturi L’olio di arachide non è indicato per friggere L’acido grasso erucico, contenuto nell’olio di colza, è tossico se ingerito in grandi quantità L’olio di soia è tossico per l’organismo umano L’olio di soia è poco adatto per friggere

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104

Approfondimento Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Olio di palma Resistente al calore, questo olio rientra tra quelli usati sia per realizzare margarine sia per friggere. Lo si ricava dai frutti di alcune specie di palma e, appena spremuto, è di colore molto scuro: soltanto le successive lavorazioni gli daranno il classico colore giallo, anche se manterrà comunque un odore particolare. È composto dal 45% di grassi insaturi e dal 50% di grassi saturi, per la maggior parte acido palmitico. Olio di palmisti Deriva dai semi di alcune varietà di palma, con un contenuto di grassi pari al 50%. L’olio di palmisti, tuttavia, arriva ad avere l’85% di acidi grassi saturi e soltanto il 15% di insaturi. Si tratta di un olio resistente alle alte temperature. Olio di mais Dalle cariossidi del mais si ottiene un olio dal sapore eccellente e dal colore giallo intenso, composto per il 50% di acido linoleico, per il 30% di acido oleico e di acidi grassi saturi per il restante 20%. È ottimo come condimento, ma non è adatto alle fritture. Viene anche usato per la preparazione di margarine. Olio di girasole Colore giallo chiaro e ottimo sapore sono le caratteristiche di questo olio ricavato dai semi di girasole, una pianta di origine sudamericana. L’olio di girasole contiene circa il 90% di acidi grassi insaturi, per lo più linoleico, e circa il 7-8% di insaturi. Usato spesso come condimento, rientra anche tra i componenti di margarine o degli oli di semi vari. Olio di semi vari È costituito dalla miscela di diversi oli di semi. È il meno indicato per l’alimentazione umana, in quanto non sempre è possibile sapere da quali oli è composto. Oli di semi dietetici Alcuni oli di mais, di arachidi e di soia, dalle buone qualità organolettiche, vengono addizionati, per usi dietetici, soprattutto con vitamine. Sono anche impiegati ogni qualvolta ci sia bisogno di integrazioni di acidi grassi insaturi.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

L’olio di palma è usato sia per friggere sia per realizzare margarine L’olio di palmisti è un olio resistente alle alte temperature L’olio di mais è ideale per le fritture L’olio di girasole contiene circa il 90% di acidi grassi insaturi L’olio di semi vari è costituito dalla miscela di diversi oli di semi L’olio di semi dietetici è addizionato spesso con vitamine

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STEP 4

Grassi e oli

Che cosa prevede l’etichettatura degli oli vegetali La denominazione olio di semi si riferisce all’olio ottenuto dall’estrazione a mezzo solvente o dalla pressione meccanica di semi oleosi e successivamente sottoposto, per essere reso commestibile, a processo industriale di rettificazione. A tale denominazione deve aggiungersi l’indicazione della specie del seme oleoso nel caso in cui l’olio di semi sia stato prodotto da una sola specie. Se l’olio di semi è costituito da miscele di oli prodotti da diverse specie di semi oleosi, va denominato

7

CHE COS’È LA MARGARINA E COME SI PRODUCE

Con il termine margarina si identificano le miscele e le emulsioni confezionate con grassi alimentari di origine animale e vegetale, diversi dal burro e dai grassi suini, contenenti più del 2% di umidità e un contenuto in materia grassa non inferiore all’80%. Attualmente i grassi animali sono utilizzati per la preparazione di margarine utilizzate prevalentemente in pasticceria, denominate oleomargarine; i grassi animali utilizzati possono essere il sego, il grasso di montone e di maiale (in particolare, lo strutto) e oli estratti dai pesci. Per ottenere la consistenza semisolida tipica della margarina, è necessario

105 invece olio di semi vari. Gli oli di semi devono essere venduti in confezione originale non superiore a 5 litri. I recipienti devono essere ermeticamente chiusi e apribili solo mediante effrazione. Sui recipienti devono risultare con caratteri indelebili, ben visibili e in lingua italiana: • denominazione di vendita dell’olio (è vietata l’aggiunta di qualsiasi aggettivo qualificativo e di qualsiasi illustrazione); • volume o peso netto della merce; • nome e cognome o ragione sociale del confezionatore e luogo di confezionamento.

eseguire l’idrogenazione che consiste nel rompere i doppi legami aggiungendo idrogeno. In base al numero di doppi legami saturati, si otterranno margarine più o meno compatte. Il processo di idrogenazione origina però isomeri trans, coinvolti nella formazione della placca ateromasica. Prima di procedere al processo di emulsione, all’acqua sono aggiunti additivi antimicrobici, aromatizzanti, coloranti e cloruro di sodio, mentre i grassi sono sterilizzati, portati a temperatura di fusione e addizionati di emulsionanti e antiossidanti. Acqua e grassi così trattati sono emulsionati, raffreddati, impastati e quindi omogeneizzati per migliorare la plasticità, eliminare l’acqua in eccesso e migliorarne la spalmabilità. La filiera si chiude con il confezionamento.

Glossario Placca ateromasica

Per placca ateromasica si intende un’eccessiva presenza di accumuli lipidici che causano un’ostruzione, di vario spessore, che impedisce una fluida circolazione del sangue.


106

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

La classificazione delle margarine e i requisiti essenziali Classificazione in base alla formula di produzione

• Margarina monoseme, se deriva da una sola specie vegetale (margarina di mais, margarina di arachide). • Margarina poliseme (o mista), se deriva da una miscela di oli vegetali.

Classificazione merceologica

• Margarina da tavola, usata solitamente a livello domestico e in genere di tipo monoseme. • Margarina industriale (o da pasticceria), che può contenere anche grassi di origine animale (sego 25%), compreso l’olio di pesce, e non può essere venduta al dettaglio. • Margarina dietetica, caratterizzata da un’elevata percentuale di acidi grassi polinsaturi. • Margarina leggera a ridotto tenore in grassi, con un contenuto lipidico del 60-62%. • Margarina leggera a basso tenore in grassi, con un contenuto lipidico del 40-42%.

Classificazione in base al tenore dei grassi

• Margarina, prodotto ottenuto da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi pari o superiore all’80%, ma inferiore al 90%. • Margarina tre quarti, prodotto ottenuto da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi minimo del 60% e massimo del 62%. • Margarina metà, prodotto ottenuto da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi minimo del 39% e massimo del 41%. • Grasso da spalmare x%, prodotto ottenuto da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi inferiore al 39%, superiore al 41% e inferiore al 60%, superiore al 62% e inferiore all’80%.

Requisiti della margarina (Regolamento CE n. 2991/94 e Legge 4 novembre 1951, n. 1316)

• Sostanza grassa non inferiore all’80%. • Assenza di grassi derivanti dal latte o di idrocarburi di origine minerale (oli sintetici). • Assenza di tracce di catalizzatore. • È consentita l’aggiunta di: - additivi antimicrobici (acido sorbico e i suoi sali) - antiossidanti, emulsionanti, addensanti; - coloranti naturali (curcumina, caroteni, annatto); - cloruro di sodio, quale sostanza conservativa ma anche come esaltatore di sapidità; - neoesperidina DC, come esaltatore di sapidità.


STEP 4

Grassi e oli

107

Che cosa prevede l’etichettatura dei grassi da spalmare L’etichettatura deve contenere le seguenti informazioni: • la denominazione di vendita; • i grassi totali, in percentuale del peso, all’atto dell’impiego nella fabbricazione; • il tenore, in percentuale del peso totale, di grassi vegetali, lattieri o di altri grassi animali, in ordine di peso decrescente, all’atto dell’impiego nella fabbricazione dei grassi composti; • la percentuale di sale (in maniera particolarmente leggibile nell’elenco degli ingredienti); • gli eventuali additivi aggiunti.

8

È permesso aggiungere: • le diciture “a ridotto tenore di grassi” o “alleggerito” per i prodotti con un tenore di grassi superiore al 41% e non superiore al 62%; • le diciture “a basso tenore di grassi”, “light” o “leggero” per prodotti aventi un tenore di grassi inferiore o pari al 41%. Queste diciture possono, tuttavia, sostituire rispettivamente i termini “tre quarti” e “metà”. L’aggettivo vegetale può essere utilizzato insieme con la denominazione “Margarina” se il prodotto contiene solo derivati vegetali con una tolleranza del 2% del tenore lipidico per i grassi di origine animale.

CHE COS’È L’OLIO D’OLIVA

La legge italiana definisce l’olio di oliva come il “prodotto ottenuto dalla spremitura dei frutti di Olea europea”. Le olive sono i frutti (drupe) dell’ulivo e hanno forma ovale o tondeggiante.

La struttura delle olive Picciolo

Permette all’oliva di rimanere vincolata alla pianta fino alla caduta/raccolta.

Epicarpo esterno o buccia (1,5-3%)

È di colore verde che vira al violaceo con la maturazione, ricoperta da una cera protettiva che ostacola la disidratazione del frutto.

Mesocarpo intermedio o polpa (75-80%)

Contiene, oltre all’acqua, i vacuoli lipidici a loro volta protetti da alcuni enzimi.

Endocarpo o nocciolo (13-23%)

È il seme della pianta ed è costituito da: • rivestimento esterno legnoso e rugoso (porzione visibile); • seme “propriamente detto” (o mandorla) costituito da episperma (più esterno), endosperma o albume (intermedio) ed embrione (più interno).

La composizione chimica dell’oliva dipende da diversi fattori: il tipo di ulivo, le condizioni climatiche e ambientali, il grado di maturazione. ESERCIZIO 1 L’etichettatura dei grassi da spalmare non prevede la percentuale di sale come indicazione obbligatoria 2 La dicitura “light” è attribuibile ai grassi da spalmare aventi un tenore di grassi inferiore al 51% 3 La dicitura “margarina vegetale” è attribuibile ai prodotti che contengono solo derivati vegetali senza alcuna percentuale di grassi di origine animale 4 L’olio di oliva è il prodotto ottenuto dalla spremitura dei frutti di Olea europea 5 L’epicarpo è ricoperto di una cera protettiva che favorisce la disidratazione del frutto


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

108

Come avviene la produzione dell’olio

Glossario Invaiatura

L’invaiatura, in botanica e agronomia, è la fase della maturazione dei frutti in corrispondenza della quale avviene il cambiamento di colore dell’epicarpo.

Il periodo migliore per la raccolta delle olive da olio coincide con la fase di invaiatura della drupa, durante la quale si raggiungono: • il massimo contenuto di olio (in quantità assoluta e non in percentuale); • il minor livello di acidità libera; • il massimo contenuto in polifenoli e tocoferoli (antiossidanti); • l’elevata presenza di sostanze che danno la componente aromatica.

La raccolta delle olive può avvenire attraverso due metodi: raccolta a terra delle olive cadute spontaneamente o direttamente dall’albero (brucatura). Dopo la raccolta, le olive sono trasportate al frantoio, dove è effettuata l’estrazione dell’olio (frangitura). A questo punto, si procede con l’estrazione dell’olio, che avviene secondo le fasi schematizzate di seguito.

Le fasi relative all’estrazione dell’olio Pulitura

Durante la pulitura le drupe subiscono uno o più passaggi in macchinari di aspirazione e vasche di lavaggio.

Molitura/ frangitura

Grosse ruote in pietra (molazze) rompono la polpa e il nocciolo per favorire la fuoriuscita dell’olio e producono la pasta di olive, un’emulsione costituita da olio e acqua.

Gramolatura

Durante questa fase, il rimescolamento della pasta di olive produce un’ulteriore lacerazione delle cellule e un’ulteriore fuoriuscita di olio dalle cellule, con il risultato che la massa assume una composizione oleosa e l’acqua di vegetazione rimane dispersa sotto forma di piccolissime goccioline.

Estrazione meccanica

Consiste nella spremitura della pasta di olive spalmata sui fiscoli (dischi filtranti) per ottenere un liquido oleoso (mosto), che è costituito da un’emulsione di olio in acqua di vegetazione ed è raccolto sul fondo della pressa (nei fiscoli rimane invece la sansa).

Centrifugazione

È necessaria per separare l’olio dall’acqua e dalle particelle in sospensione.

Filtrazione finale

Si effettua per eliminare i residui di polpa e di altre sostanze che possono rendere l’olio torbido.

Esistono macchinari che eseguono tutte le fasi di estrazione dell’olio a ciclo continuo. In questo caso, la frangitura avviene con dei martelletti, la gramolatura avviene mescolando la pasta di olive con acqua tiepida e l’estrazione dell’olio utilizzando una vite senza fine.

L’aumento della temperatura e dei tempi di gramolatura migliora la resa in olio e il suo aroma, ma influisce negativamente sulla qualità e sulla conservabilità del prodotto, in quanto il calore diminuisce il contenuto in polifenoli, mentre il tempo di gramolatura prolungato favorisce l’aumento dell’acidità libera.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7

L’olio di oliva è ottenuto dalla spremitura dei frutti di Olea europea La composizione chimica dell’oliva dipende anche dalle condizioni climatiche e ambientali La raccolta avviene quando vi è il minor livello di acidità libera Si raccolgono soltanto le olive cadute a terra spontaneamente Il prodotto della molitura è la sansa di oliva Il prodotto dell’estrazione meccanica è un’emulsione di olio in acqua di vegetazione La pasta di olive è ottenuta mediante gramolatura

V V V V V V V

F F F F F F F


STEP 4

Grassi e oli

109

L’estrazione per pressione

Raccolta

Pasta di olive

Emulsione di acqua in olio

Mosto/Sansa

Pulitura

Molitura (o frangitura)

Gramolatura

Pressatura

Olio di oliva vergine

Filtrazione

Centrifugazione Acqua di vegetazione

Quali sono i componenti dell’olio di oliva L’olio di oliva è costituito per il 98% circa da trigliceridi e per il 2% da componenti minori (acidi liberi, componenti della frazione insaponificabile, digliceridi e altri costituenti). Si possono individuare due frazioni: quella

saponificabile (trigliceridi 98-99%) e quella insaponificabile (idrocarburi, fitosteroli, vitamine liposolubili, pigmenti, polifenoli). Sono presenti anche sostanze responsabili della nota aromatica, sostanze fenoliche, flavonoidi e tocoferoli. I trattamenti necessari a migliorare le qualità di un olio sono detti rettificazione e sono schematizzati di seguito.

La rettificazione Demucillaginazione

Ha lo scopo di eliminare le sostanze insolubili.

Neutralizzazione

Serve per allontanare gli acidi grassi liberi.

Decolorazione

Ha la funzione di eliminare i pigmenti, i prodotti dell’ossidazione, eventuali tracce di saponi e componenti solforati.

Deodorazione

Consiste nell’allontanamento dei trigliceridi con alto punto di fusione che rendono torbido l’olio e migliora anche l’aspetto organolettico perché elimina quella sensazione di “oleosità” e di “grasso” che si può percepire quando l’olio è consumato a crudo.

Qual è il valore nutrizionale dell’olio di oliva e come si conserva L’olio di oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi e, in particolare, di acido oleico, al quale deve molte delle sue caratteristiche nutrizionali. Infatti, l’acido oleico, pur non essendo essenziale, è molto importante per il benessere

dell’organismo. Inoltre, l’olio d’oliva è particolarmente stabile all’ossidazione sia per la presenza di vitamina E, sia per il rapporto tra acidi grassi polinsaturi, monoinsaturi e saturi (0,5:5:1). Per mantenere inalterate le caratteristiche dell’olio di oliva è necessario che sia conservato in bottiglie di vetro scuro o latta, al riparo dalla luce e da fonti di calore.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

110 Raccordi interdisciplinari Italiano

L’olio e l’ulivo nella letteratura italiana: G. Pascoli, “Il desinare”, in Primi poemetti, 1897; G. d’Annunzio, “L’olio”, in Alcione 1903; E. Montale, “Fine dell’infanzia”, in Ossi di seppia, 1925 Laboratorio di Cucina

Gli oli extravergini di oliva del territorio italiano

Approfondimenti Gli oli di oliva DOP e IGP

Un olio di oliva DOP è ottenuto da olive coltivate e trasformate nella zona individuata dal relativo disciplinare di produzione. Per un olio di oliva IGP è sufficiente che una sola fase del processo produttivo avvenga nella zona di riferimento. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Che cosa sono gli oli di oliva vergini e quali sono gli oli non vergini in commercio

• la denominazione di vendita; • la quantità netta o la quantità nominale; • il termine minimo di conservazione che,

Gli oli di oliva vergini comprendono: • gli oli extravergini di oliva, con acidità libera massima dello 0,8% (0,8 g/100 g); • gli oli di oliva vergini, che hanno acidità libera massima del 2% (2 g/100 g); • l’olio di oliva lampante, che ha acidità libera superiore al 2% e, prima di essere consumato, va sottoposto a trattamenti di rettifica per correggere acidità e gusto.

Gli oli extravergini di oliva e gli oli di oliva vergini possono ottenere il riconoscimento della Denominazione d’Origine Protetta (DOP) o Indicazione Geografica Protetta (IGP) se possiedono le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche previste dalla normativa e dai disciplinari di produzione. Oltre agli oli di oliva vergini, in commercio si trovano: • gli oli di oliva, che sono ottenuti miscelando olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine, diverso dal lampante, e hanno acidità libera non superiore all’1% (1 g/100 g); • gli oli di sansa di oliva, che sono ottenuti dalla miscela di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine diverso dall’olio di oliva lampante, con un tenore di acidità libera non superiore a 1 g per 100 g.

Che cosa prevede l’etichettatura degli oli di oliva Secondo il Regolamento di esecuzione (UE) n. 29/2012, l’etichettatura degli oli di oliva da commercializzare nel territorio UE deve riportare:

CLASSE CAPOVOLTA

• • •

in base alla Legge n. 9/2013, non può essere superiore a 18 mesi dalla data di imbottigliamento e va indicato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro il …”; il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nell’UE; la sede dello stabilimento di produzione e di confezionamento; una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza; le modalità di conservazione.

L’indicazione dell’origine è obbligatoria per gli oli extravergini di oliva e per l’olio di oliva vergine (Regolamento CE n. 182/2009). Non sono soggetti a questa disposizione gli oli DOP e IGP, disciplinati dal Regolamento CE n. 510/2006. La normativa europea ha introdotto anche disposizioni inerenti la dimensione dei caratteri sulle etichette e l’obbligatorietà del tappo antirabbocco per la vendita nel canale Horeca (Hotel, Ristoranti, Catering). L’annata di produzione è inseribile in etichetta solo se il 100% dell’olio proviene da una stessa campagna olearia. Le diciture “Prodotto e confezionato da”, “Confezionato da” non sono obbligatorie e può essere indicata semplicemente l’azienda con i suoi recapiti. Se si sceglie di utilizzare simili diciture è bene considerare che “Prodotto e confezionato da” può essere utilizzato solo dagli olivicoltori, perché un frantoio che acquistasse le olive da terzi dovrebbe scrivere “Franto e confezionato da … con olive prodotte da…”.

Gli oli extravergini di oliva in commercio

A casa: recati in un supermercato, stila una lista degli oli extravergini d’oliva e infine prepara un report sulla varietà e qualità del materiale inventariato. In classe: confronta il tuo report con quello del resto della classe al fine di realizzare, guidati dall’insegnante, una classifica di cinque oli venduti nei supermercati della tua zona.


Educazione civica

111

Educazione alimentare Tipologie di cottura ed effetti sui grassi Quando prepariamo un pasto, per noi stessi o per gli altri, è importante ricordare che ogni tipologia di cottura che scegliamo di utilizzare apporta effetti diversi sui grassi. Le tecniche che scegliamo devono essere conosciute e padroneggiate per poter essere applicate in sicurezza. Non dimentichiamo che ogni volta che prepariamo un pasto, compiamo azioni che hanno importanti conseguenze per la salute di chi lo consuma.

I fattori che influenzano le trasformazioni dei lipidi in cottura ● Tipo di alimento ● Grado di insaturazione dei grassi (gli acidi grassi polinsaturi sono più stabili)

● Presenza di antiossidanti (vitamine E) ● Presenza di acqua ● Superficie del lipide esposta alla luce

● Presenza di metalli ● Temperatura e durata del trattamento

e all’ossigeno

Cottura in tegame o in padella È una tecnica largamente utilizzata. L’olio non sommerge completamente l’alimento (come avviene invece nella frittura a immersione), ma costituisce uno strato sul fondo della padella o del tegame, che produce maggiori prodotti di ossidazione. Tali conseguenze negative sono causate soprattutto dall’ampia superficie di contatto dell’alimento con l’aria e con l’olio che, associati al calore, danneggiano più facilmente i grassi. Frittura Va eseguita immergendo l’alimento in olio abbondante per tempi di cottura brevi a temperature elevate, senza arrivare al rilascio di fumo del grasso di cottura. Per evitare che il grasso venga assorbito dall’alimento (soprattutto se si tratta di un alimento a base amidacea, come le patatine), occorre applicare velocità di cottura e temperature elevate, così che la superficie dell’alimento si disidrati creando una crosta impermeabile. È importante suddividere l’alimento in pezzi piccoli per non abbassare significativamente la temperatura. Microonde Con la cottura al microonde non si registrano conseguenze particolari sui grassi alimentari, soprattutto se le cotture sono brevi. Forno tradizionale Come per la cottura in tegame o in padella, la degradazione dei grassi causata dal forno tradizionale è più significativa di quella causata dalla frittura. Nella cottura al forno, infatti, la degradazione è favorita non solo dal quantitativo di olio (simile a quello che si usa in padella), ma anche dall’ampia superficie di contatto, dai moti convettivi dell’aria e dai tempi di cottura prolungati. Bollitura Con la bollitura, la cottura avviene a temperature più basse rispetto ad altre tecniche. Di conseguenza non si registrano fenomeni evidenti di ossidazione dei lipidi. Grigliatura La grigliatura può causare la formazione di composti molto pericolosi come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Per questo motivo è bene rimuovere le parti più abbrustolite o bruciacchiate degli alimenti cotti alla griglia.


112

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono grassi e oli? I grassi e gli oli sono alimenti ricchi di lipidi. La composizione chimica determina lo stato fisico a temperatura ambiente: i grassi sono solidi, mentre gli oli sono liquidi. Possono essere di origine animale, ottenuti da animali terrestri o acquatici, o di origine vegetale, ottenuti da frutti o semi o come sottoprodotto di altre lavorazioni. Dal punto di vista merceologico, sono distinti in grassi del latte (crema e burro di latte), grassi di origine animale (lardo, pancetta, strutto, grasso d’anatra e d’oca), burri vegetali (burro di cacao, di arachidi, di cocco e di mandorla) e margarine, oli d’oliva (extravergini e vergini, e di sansa) e oli di semi (arachide, girasole, mais, soia). Che cosa sono crema di latte, burro e strutto? La crema di latte (o panna) è un’emulsione di grassi in acqua, con tenore minimo, in peso, di grassi lattieri del 10%, ottenuta mediante affioramento (parzialmente acida) o centrifugazione (dolce). Va conservata a temperatura refrigerata (0-4 °C). Si distinguono crema o panna da caffetteria, crema o panna da cucina, crema o panna da montare o per pasticceria, crema destinata alla preparazione di mascarpone, crema per burrificazione discontinua e crema per burrificazione continua. Il burro è il prodotto ottenuto dalla crema di latte vaccino o dal siero di latte vaccino. La denominazione “burro” è riservata al prodotto con tenore minimo di grassi dell’82-90%, tenore massimo di acqua del 16% e tenore massimo di estratto secco del 2%. La burrificazione è il processo che trasforma la crema di latte in burro e può avvenire con il metodo discontinuo o continuo (su larga scala). Lo strutto è ottenuto per fusione dei grassi presenti nel tessuto adiposo del maiale. Va consumato con moderazione, anche per la presenza di colesterolo. Che cosa sono gli oli vegetali? Gli oli vegetali sono ricavati per spremitura o estrazione con solventi dai semi e dai frutti di molte piante. Vanno denominati “Oli di semi di…” se ottenuti da una sola specie, oppure “Oli di semi vari” se costituiti da miscele. La produzione si articola

nelle seguenti fasi: raccolta, accettazione e pulitura, preparazione della materia prima, macinazione e/o laminazione, riscaldamento e condizionamento, estrazione con procedimenti meccanici o con solventi, rettifica (o raffinazione). Gli oli vegetali contengono acidi grassi mono e polinsaturi e pochi acidi grassi saturi. I recipienti devono riportare: denominazione di vendita dell’olio, volume o peso netto della merce, confezionatore e luogo di confezionamento. Che cosa sono le margarine? Le margarine sono confezionate con grassi alimentari di origine animale e vegetale, diversi dal burro e dai grassi suini, contenenti più del 2% di umidità e un contenuto in materia grassa non inferiore all’80%. In base alla formula di produzione, si distinguono la margarina monoseme e la margarina poliseme (o mista). La classificazione merceologica distingue la margarina da tavola, la margarina industriale, la margarina dietetica, la margarina leggera a ridotto tenore in grassi e la margarina leggera a basso tenore in grassi. In base al tenore di grassi si individuano la margarina, la margarina tre quarti, la margarina metà, il grasso da spalmare X%. L’etichettatura deve prevedere: denominazione di vendita, grassi totali, tenore di grassi vegetali, lattieri o di altri grassi animali, percentuale di sale e additivi eventualmente aggiunti. Che cos’è l’olio di oliva? L’olio di oliva è ottenuto dalla spremitura dei frutti di Olea europea, raccolti a terra perché caduti spontaneamente o per pettinatura o manualmente direttamente dall’albero. L’estrazione dell’olio si articola nelle seguenti fasi: pulitura, molitura/frangitura, gramolatura, estrazione meccanica, centrifugazione e filtrazione finale. I trattamenti che migliorano le qualità di un olio sono detti rettificazione. L’olio di oliva è costituito per il 98% circa da trigliceridi ed è ricco di acidi grassi monoinsaturi. In commercio vi sono gli oli di oliva vergini, che comprendono: oli extravergini di oliva; oli di oliva vergini; olio di oliva lampante. Oltre agli oli di oliva vergini, vi sono gli oli di oliva e gli oli di sansa di oliva.


STEP 4

Grassi e oli

113

Mappa concettuale GLI OLI E I GRASSI DA CONDIMENTO

sono alimenti ricchi di

sono distinti in base a

lipidi

grassi (solidi) classificazione merceologica

origine

a

consistenza

temperatura ambiente

in oli (liquidi)

in

in

che è determinata dalla

composizione chimica grassi del latte (crema e burro di latte) burri vegetali (cacao, arachidi, cocco, mandorla) e margarine grassi di origine animale (lardo, pancetta, strutto, grasso d’anatra e d’oca) oli d’oliva (d’oliva, extravergine e vergine, di sansa) oli di semi (arachidi, girasole, mais, soia)

che sono ottenuti da

animali vegetali

che sono ottenuti da

semi o frutti

come sottoprodotto di altre lavorazioni

animali terrestri o acquatici


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

114

Verifiche La classificazione delle sostanze grasse 1 Domande a completamento Completa con riferimento alla classificazione delle sostanze grasse dal punto di vista merceologico.

16

Le sostanze grasse: classificazione merceologica Categoria

Esempi

Grassi del latte

..........................................

..........................................

Lardo, pancetta, strutto, grasso d’anatra e d’oca

Burri vegetali e ..................

..........................................

Oli di oliva

..........................................

..........................................

Arachide, girasole, mais, soia

I grassi di origine animale 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

I grassi a temperatura ambiente sono solidi mentre gli oli sono liquidi V La composizione chimica delle sostanze grasse determina lo stato fisico a temperatura ambiente V La crema di latte ottenuta per affioramento produce un burro più aromatico ma più difficile da conservare V La crema di latte ottenuta per centrifugazione è parzialmente acida V La crema di latte è la materia prima dalla quale si ottengono tutti i formaggi V La crema di latte è un’emulsione di grasso in acqua V Il titolo della crema di latte indica la percentuale di grasso contenuta V La crema di latte è ricca di acidi grassi insaturi e colesterolo, lattosio e caseina V Il burro centrifugato è un burro di alta qualità prodotto dalla centrifugazione di latte appena munto V Il burro è un’emulsione di acqua in grasso V

11 12 13 14 15

F

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28

Il burro leggero a ridotto tenore di grasso ha tenore di grassi del 39-41% Il burro salato contiene al massimo il 2% di sale Le tipologie di burro con un tenore lipidico inferiore sono più spalmabili Il burro centrifugato proviene da una filiera a bassa temperatura In commercio esiste anche il burro a ridotto contenuto di colesterolo Il burro di siero è un sottoprodotto della caseificazione Il burro di qualità è ottenuto da crema di latte cruda non pastorizzata Il burro leggero a basso tenore di grassi ha un tenore di grassi lattieri massimo del 62% 2/3 dei grassi del burro sono insaturi, 1/3 sono saturi La zangolatura è favorita dalle alte concentrazioni di lattosio e da temperature superiori a 15 °C Per ottenere un chilogrammo di burro occorrono mediamente 23-25 kg di latte Lo strutto è commercializzato soltanto in forma di fiocchi La zangolatura consiste nello sbattimento della crema di latte per rompere i globuli di grasso e amalgamarli, facendo fuoriuscire l’acqua residua Lo strutto è ottenuto dalla fusione dei grassi del tessuto adiposo dei bovini Lo strutto è costituito solo da acidi grassi saturi La composizione chimica dello strutto varia in funzione del regime alimentare dell’animale di origine Lo strutto ha un punto di fumo relativamente basso La crema di latte è ricca di colesterolo

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

V F V F V F V F V F V F

F

2 Domande a completamento F F

Completa con riferimento alla classificazione della crema di latte in base al titolo.

F

Tipologia

Titolo (materia grassa)

F

...................................................

≥ 10%

F

...................................................

≥ 20%

...................................................

≥ 30%

...................................................

20-30%

...................................................

35-40%

...................................................

80%

F F F


STEP 4

Grassi e oli

115

Gli oli vegetali

Classificazione in base al tenore di grassi È ottenuta da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi pari o superiore all’80%, ma inferiore al 90%.

1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Gli oli sono unicamente di origine vegetale V Gli oli di semi vanno sottoposti a rettifica V La maggior parte degli oli vegetali contiene acidi grassi mono e polinsaturi V La margarina è un prodotto industriale ottenuto attraverso l’idrogenazione di oli vegetali V La presenza dei doppi legami rende gli oli di semi suscettibili alla luce, al calore e all’ossigeno V Negli oli di semi vari è obbligatorio specificare la percentuale degli oli che compongono la miscela V Gli oli tropicali sono ricchi di acidi grassi saturi V Negli oli di semi l’acidità libera deve essere inferiore al 10% V La raffinazione degli oli di semi preserva inalterato il contenuto vitaminico e di sali minerali V

È ottenuta da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi minimo del 60% e massimo del 62%.

F F

È ottenuta da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi minimo del 39% e massimo del 41%.

F F

È ottenuto da grassi vegetali e/o animali con tenore di grassi inferiore al 39%, superiore al 41% e inferiore al 60%, superiore al 62% e inferiore all’80%.

F F F F F

Gli oli di oliva 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

Le margarine 1 Domande a completamento Completa con riferimento alla classificazione delle margarine in commercio. Classificazione in base alla formula di produzione È ottenuta da una sola specie vegetale. È ottenuta da una miscela di oli vegetali. Classificazione merceologica È destinata all’uso domestico ed è generalmente monoseme. Può contenere anche grassi di origine animale (sego 25%), compreso l’olio di pesce, e non può essere venduta al dettaglio. È caratterizzata da un’elevata percentuale di acidi grassi polinsaturi. Ha un contenuto lipidico del 60-62%. Ha un contenuto lipidico del 40-42%.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

L’olio extravergine di oliva è costituto principalmente da acidi grassi monoinsaturi L’olio extravergine di oliva va sottoposto a rettifica Gli oli di oliva sono classificati in base all’acidità libera L’olio di oliva si ottiene miscelando olio di oliva raffinato e olio di sansa L’indicazione dell’origine in etichetta è obbligatoria anche per gli oli DOP e IGP L’estrazione dell’olio di oliva avviene esclusivamente per pressione Gli oli di oliva lampanti sono oli di qualità superiore con acidità libera inferiore allo 0,8% L’olio di oliva lampante va sottoposto a rettifica prima del consumo Gli oli extravergini di oliva hanno acidità libera massima dello 0,8% Il termine di conservazione dell’olio di oliva non può superare i 18 mesi dall’imbottigliamento L’etichetta degli oli di oliva deve riportare la quantità netta o la quantità nominale L’annata di produzione è inseribile in etichetta solo se il 100% dell’olio proviene da una stessa campagna olearia L’olio di sansa di oliva è ottenuto miscelando oli di sansa di oliva raffinati e oli d’oliva lampanti

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F


116

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Laboratorio delle competenze L’analisi delle caratteristiche dell’olio extravergine di oliva Prendi quattro tipologie di olio extravergine di oliva e descrivile seguendo lo schema. Confronta i risultati e individua le preparazioni ideali da utilizzare per le diverse tipologie.

Nome del prodotto

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Regione

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Eventuale sottozona di provenienza

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Cultivar

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Data di scadenza

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Prezzo al litro

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Analisi del contenitore

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Analisi dell’etichetta (dati riportati)

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Presenza del tappo antirabbocco

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Degustazione

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................

Caratteri visibili

............................................................................................................................ ............................................................................................................................ ............................................................................................................................


STEP 4

Grassi e oli

117 SCHEDA PER LA DEGUSTAZIONE DI OLIO EXTRAVERGINE Caratteri visibili Aspetto

Colore 0 Verde 0 Giallo Aranciato 0

Limpido Velato Torbido

1 1 1

Giudizio: .....................................................................................

2 2 2

3 3 3

4 4 4

0. assente; 1. lievi sfumature; 2. evidente; 3. netto; 4. presente

Punti: ...................... (Max 10)

Profumo Composizione

Qualità

Fruttato ............................................. Erbaceo ............................................. Altro .................................................. Eventuali difetti ..................................

Intensità

.......................................................... 1 2 3 4 5 .......................................................... .......................................................... 1. appena percettibile; 2. lieve; 3. medio; .......................................................... 4. intenso; 5. molto intenso

Giudizio: .....................................................................................

Punti: ...................... (Max 30)

Gusto/tatto Corpo Dolce Amaro Piccante

0

1

2

3

0

1

2

3

0

1

2

3

0

0. assente; 1. leggero; 2. medio; 3. intenso dominante

1

2

Untuosità

3

0

0. vuoto; 1. scarno; 2. esile; 3. pieno

1

2

3

0. fluido; 1. poco untuoso; 2. untuoso; 3. molto untuoso

Giudizio: .....................................................................................

Punti: ...................... (Max 20)

Sapore Composizione

Qualità

Intensità

Di oliva .............................................. .......................................................... Altro .................................................. .......................................................... Eventuali difetti .................................. .......................................................... Giudizio: .....................................................................................

1

2

3

4

5

1 1

2 2

3 3

4 4

5 5

Punti: ...................... (Max 20)

Gusto/tatto

Armonia

1

2

3

4

1. scarsa; 2. sufficiente; 3. media; 4. buona; 5. ottima

5

Delicatezza Finezza Ricchezza

1 1

2 2

3 3

4 4

5 5

1

2

3

4

5

Punti: ...................... (Max 20)

Giudizio: .................................................................................... Punti: .....................................................................


118

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

5

1

Agenti lievitanti

CHE COSA SONO I LIEVITI

I lieviti sono microrganismi unicellulari che si riproducono per gemmazione utilizzando come nutrimento un substrato energetico zuccherino. Sono l’ingrediente principale della panificazione in quanto responsabili della produzione di anidride carbonica e, quindi, del volume dell’impasto.

I lieviti Le funzioni

• Producono, utilizzando gli zuccheri • •

presenti nell’impasto, anidride carbonica (fermentazione) che determina l’espansione dell’impasto Determinano la maturazione dell’impasto, producendo la struttura tipica dei prodotti lievitati Conferiscono ai prodotti da forno l’aroma caratteristico

Le qualità

Le tipologie

• Forza fermentativa (capacità

• Lievito di birra • Lievito naturale o lievito madre • Lievito chimico

• •

di produrre anidride carbonica) Conservabilità, se mantenuti alla giusta temperatura Purezza microbiologica, in quanto non devono esserci contaminazioni da parte di organismi estranei

Che cos’è il lievito di birra Il lievito di birra è costituito da una coltura di lieviti (saccaromiceti) in grado di trasformare gli zuccheri in: • anidride carbonica responsabile del rigonfiamento dell’impasto; • alcol etilico, che evapora con la cottura.

Il lievito di birra fresco ● È composto principalmente da acqua (70%) e

sostanze azotate (13,5%) ● È adatto per la produzione di pani di piccola pezzatura ma di grande volume ● Deve lievitare a temperature inferiori a 27 °C, perché, a temperature superiori, si ha una riduzione del volume e durante la cottura si forma una crosta alta e dura

Il lievito di birra secco ● È costituito dagli stessi microrganismi del lievito di birra fresco, ma è in forma liofilizzata (polvere o granuli)

● Si conserva più a lungo di quello fresco; in genere

è utilizzato una volta “riattivato” sciogliendolo in acqua tiepida zuccherata ● Utilizzo e tempo di lievitazione sono simili a quelli del lievito di birra fresco


STEP 5

Agenti lievitanti

119

Che cos’è il lievito naturale o lievito madre Si tratta della porzione di un impasto lavorato precedentemente, che è aggiunta agli impasti successivi affinché abbia inizio la lievitazione. Oltre alla fermentazione alcolica operata dai lieviti, vi è anche una fermentazione lattica operata dai batteri lattici, che porta alla produzione di anidride carbonica e acidi organici (acido lattico

e acetico). Questi inibiscono lo sviluppo di muffe e migliorano le proprietà del glutine. Si ha così una lievitazione più lenta, che comporta: • maggiore crescita del prodotto; • alveolatura della mollica più omogenea; • caratteristiche organolettiche migliori (profumi e sapori); • maggiore digeribilità e conservabilità del prodotto finito.

Le caratteristiche del lievito naturale

Colore bianco avorio

Sapore e odore acido/dolce

Assenza di retrogusti estranei

Produzione di un impasto soffice e morbido, non appiccicoso, con alveoli prolungati, fini e ben sviluppati

I difetti del lievito naturale Difetto

Aspetto

Rimedio

Lievito debole

• Sapore poco acido e insipido, quasi come farina • Colore estremamente chiaro • Pasta compatta • Alveolatura scarsa e poco sviluppata • pH > 5

• Rinfrescare unendo zucchero (2 g/250 g di lievito)

Lievito forte

• Sapore acido amaro • Colore grigiastro • Alveolatura irregolare con alveoli rotondi • Impasto appiccicoso • pH < 4,2

• Lavare il lievito tagliato a fette con acqua a 20 °C e zucchero (2 g per litro di acqua), lasciare in ammollo per circa 15 minuti, quindi scolare e strizzare • Rinfrescare il lievito con farina (in quantità pari al doppio del peso del lievito) e acqua (in quantità pari alla metà del peso del lievito) • Con il secondo e il terzo rinfresco aumentare la farina di 1/10 rispetto al peso precedente

Lievito acido

• Sapore acido acetico • Odore di formaggio, forte e pungente • Colore grigio • Pasta molto viscida e appiccicosa • Alveolatura quasi assente • pH < 4

• Lavare il lievito tagliato a fette con acqua a 20 °C e zucchero (2 g per litro di acqua), lasciare in ammollo per circa 15 minuti, quindi scolare e strizzare (il lievito acido sale a galla, mentre la parte depositata non è recuperabile) • Rinfrescare il lievito con farina (in quantità pari al doppio del peso del lievito), acqua (in quantità pari alla metà del peso del lievito), 20 g di tuorlo d’uovo e zucchero (3 g/250 g di lievito) • Mettere l’impasto in un contenitore pieno di acqua e lasciarlo riposare finché non galleggia • Effettuare un secondo e un terzo rinfresco senza tuorlo e zucchero • Impastare e mettere in acqua finché non raggiunge la maturazione (cioè galleggia per un’ora a 22 °C)


120

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Quali sono i fattori che influenzano la fermentazione La fermentazione è influenzata da: • temperatura; • pressione osmotica; • pH.

La fermentazione Temperatura

Nei processi fermentativi la temperatura assume un ruolo rilevante, poiché, se sfruttata in modo corretto, si evita l’eccessivo inacidimento dell’impasto: quella ideale per la crescita dei microrganismi è compresa tra i 27 °C e i 30 °C, mentre con valori più alti si ha una produzione eccessiva, da parte dei batteri presenti nell’impasto, di acido lattico, che permane nel prodotto durante la cottura. È importante ricordare che se si raggiungono i 43 °C, l’attività dei lieviti viene ridotta, mentre a 53 °C è inattivata del tutto poiché avviene la denaturazione delle proteine, un fenomeno che coinvolge anche le molecole degli enzimi.

Pressione osmotica

La pressione osmotica è un fenomeno riguardante le soluzioni e agisce sulla membrana semipermeabile che divide l’esterno dall’interno di qualsiasi cellula. Se non si crea un equilibrio tra esterno e interno della membrana stessa, l’acqua passa, per osmosi, dal mezzo meno concentrato a quello più concentrato, cioè dall’interno verso l’esterno della cellula, che, se cede troppa acqua, si disidrata e muore. La pressione osmotica, cioè la forza che tende a rendere uguale la concentrazione delle soluzioni fra esterno e interno della cellula, è influenzata sia dal sale che dal glucosio: il primo, però, fa aumentare la pressione più dello zucchero e migliora la formazione della maglia glutinica, mentre il glucosio favorisce la fermentazione. Per questo motivo sono stati selezionati lieviti osmotolleranti, che sopportano pressioni osmotiche elevate senza rallentare l’attività fermentativa.

pH

L’acidità è fondamentale per la buona riuscita del prodotto finale, tanto che, proprio per rimarcarne l’importanza, l’impasto di lievito madre è talvolta denominato pasta acida. Infatti, se l’acidità non è controllata, e diviene troppo elevata, può provocare la formazione di un impasto finale difettoso. L’acidità del lievito madre ha un valore di pH che oscilla tra 3,5 e 4 mentre l’impasto lievita a un pH di circa 5 (infatti, l’aggiunta di farina, di acqua e la temperatura permettono di portare il pH a 5) che ha effetto sulle proteine, sugli enzimi e sulla formazione del glutine. Anche l’attività degli enzimi, che sono proteine, dipende dai valori di pH, il cui optimum è diverso per ognuno di essi. Per determinare il pH di una preparazione (come di qualsiasi soluzione acquosa) si utilizza uno strumento chiamato pHmetro.

Che cos’è il lievito chimico Il lievito chimico è composto da bicarbonato di sodio con l’aggiunta di acido tartarico e/o pirofosfato acido. Il bicarbonato di sodio, in presenza di calore e acqua, reagisce con l’acido producendo anidride carbonica, che determina il rigonfiamento dell’impasto. Il lievito chimico è commercializzato in forma di polvere, va mescolato con la farina o aggiunto all’impasto all’ultimo momento per conservare le proprietà lievitanti. Rende gli impasti particolarmente friabili ed è quindi consigliato per la preparazione di biscotti e piccola pasticceria.


STEP 5

2

Agenti lievitanti

121

IN CHE COSA CONSISTE LA LIEVITAZIONE

Con la lievitazione un impasto di farina subisce un aumento del volume per effetto di un gas prodotto al suo interno da parte di organismi viventi, oppure come risultato di una reazione innescata da sostanze chimiche.

La lievitazione Conferisce ● ● ● ●

Può essere

Forma

● Biologica ● Chimica ● Fisica

Struttura Consistenza Conservabilità

Che cos’è la lievitazione biologica La lievitazione biologica avviene grazie alla produzione di anidride carbonica per fermentazione mediante l’utilizzo di lieviti come coadiuvanti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso).

L’anidride carbonica determina un aumento del volume, mentre gli enzimi influenzano le caratteristiche organolettiche del prodotto finito.

La lievitazione biologica ● Diretta: tutti gli ingredienti sono impastati insieme (un solo impasto con lievito di birra),

producendo una lievitazione rapida con scarsa produzione di composti aromatici volatili e minor sviluppo di aromi e sapori

● Semidiretta: si usa la pasta del giorno precedente addizionata con lievito ● Indiretta: a sua volta distinta in utilizzo di biga o Poolish

Glossario Biga e Poolish

La biga è un impasto di farina, acqua e lievito di birra, lasciato lievitare e utilizzato il giorno successivo nell’impasto finale. Il Poolish è un impasto liquido a base di acqua, farina, lievito, lasciato riposare e poi addizionato alla farina restante e agli altri ingredienti.

Come avviene la lievitazione chimica Questa lievitazione è ottenuta con sostanze chimiche che producono anidride carbonica (bicarbonato e acidi) ed è solitamente utilizzata nella preparazione dei prodotti da forno che prevedono elevate dosi di zucchero (un alto tenore in zuccheri inibisce infatti lo sviluppo dei lieviti).

ESERCIZIO 1 La lievitazione determina l’aumento di volume dell’impasto ma non influisce sulla conservabilità del prodotto 2 La lievitazione può essere biologica, chimica, fisica 3 La lievitazione chimica può essere diretta, semidiretta, indiretta

V V V

F F F


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

122

Come avviene la lievitazione fisica Questa lievitazione è dovuta all’incorporazione di aria nella pasta. Le materie prime utilizzate sono fondamentali per la riuscita della lievitazione: uova, grassi ed emulsionanti sono infatti in grado di favorire e stabilizzare l’incorporazione di aria. Inoltre, la cottura determina l’espansione dell’aria e del vapore acqueo, la coagulazione delle proteine delle uova e la gelatinizzazione dell’amido delle farine responsabili della fissatura della struttura definitiva. Un esempio di lievitazione fisica è il metodo tradizionale di preparazione del pan di Spagna.

Anche la lievitazione per laminazione, tipica della pasta sfoglia, è un altro esempio di lievitazione fisica: il grasso è posto sull’impasto che è ripiegato poi su se stesso e sottoposto a una serie di laminazioni, che portano alla produzione di un unico strato sottile di impasto costituito da più strati alternati di materia grassa. I grassi rendono l’impasto impermeabile al vapore acqueo che si sviluppa durante la cottura, determinando un aumento della pressione interna agli strati, che provoca il sollevamento degli strati stessi e quindi del volume del prodotto (lievitazione per evaporazione).

La lievitazione Lievitazione chimica

Lievitazione biologica

Lievitazione fisica

Lievitazione per evaporazione

Prodotti nei quali la lievitazione è ottenuta con sostanze chimiche che producono anidride carbonica

Prodotti nei quali la lievitazione è ottenuta dalla produzione di anidride carbonica per fermentazione

Prodotti nei quali la lievitazione è dovuta alla montatura a spuma dell’albume d’uovo incorporato nell’impasto

Prodotti nei quali la lievitazione è dovuta all’evaporazione e alla dilatazione dell’acqua emulsionata con i grassi

Baking (risultato rustico con bolle regolari) Bicarbonato di sodio Bicarbonato di ammonio (risultato rustico con bolle irregolari) Cremortartaro

Lievito compresso Lievito naturale Biga Poolish

Azione meccanica della montata

Stratificazione (sfoglia)

Pasta frolla Pan di Spagna Muffin Plum-cake

Pane Pizza Panettone Colomba Brioche Veneziane

Bignè Pan di Spagna Meringhe

Pasta sfoglia


STEP 5

Agenti lievitanti

123

Durata della lievitazione e quantità di lievito

3

Durata della lievitazione (ore)

Quantità di lievito (%/kg di farina)

Quantità di lievito (g/kg di farina)

2

2,5

25

3

1,5

15

5

1

10

8

0,5

5

11

0,3

3

12-16

0,1

1

COME AVVIENE LA COTTURA

La cottura è fondamentale per lo sviluppo della massa e per conferire le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Il calore, in base al volume e alla consistenza dell’impasto lievitato, penetra nella preparazione. Alla temperatura di 100 °C, l’acqua contenuta nell’impasto evapora impedendo al calore del forno di agire troppo velocemente.

• Se l’impasto è molto sviluppato,

presenterà dei pori più aperti che lasceranno fuoriuscire il vapore: la cottura avverrà quindi più lentamente e in modo omogeneo. • Se l’impasto è poco sviluppato, uscirà meno vapore e, di conseguenza, il prodotto tenderà a colorirsi più velocemente con il rischio che al centro rimanga crudo.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7 8 9

I lieviti sono responsabili del volume dell’impasto poiché producono anidride carbonica Conservabilità e purezza microbiologica sono qualità dei lieviti Il lievito di birra secco ha utilizzo e tempo di lievitazione diversi da quello fresco Il lievito di birra fresco deve lievitare a temperature superiori a 27 °C Il lievito madre è una porzione di un impasto lavorato in precedenza aggiunta agli impasti successivi per iniziare la lievitazione Sapore e odore acido/dolce sono una caratteristica del lievito naturale Il lievito chimico va mescolato con la farina o aggiunto all’impasto all’ultimo momento La lievitazione può essere biologica, chimica e naturale La cottura è fondamentale per sviluppare la massa e per dare caratteristiche organolettiche

V V V V

F F F F

V V V V V

F F F F F


124

Approfondimento

La fermentazione La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica avvengono entrambe in assenza di ossigeno. • La fermentazione alcolica avviene ad opera di lieviti appartenenti al genere Saccharomyces. • La fermentazione malolattica avviene ad opera di alcuni batteri, principalmente lattobacilli. La fermentazione alcolica La fermentazione alcolica avviene con la trasformazione del glucosio da parte dei lieviti, i quali ricavano energia e nutrimento dal glucosio che: • è presente nell’impasto come ingrediente (saccarosio); • può essere ottenuto a partire dagli amidi o dal malto presenti nelle farine. La fermentazione alcolica è responsabile della lievitazione del pane così come della trasformazione del mosto in vino. Nella prima fase della fermentazione, il lievito scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio. Poi, durante la fermentazione, i lieviti liberano anidride carbonica, e producono anche composti secondari che determinano le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Inoltre, alcune cellule di lieviti muoiono andando così ad arricchire il valore nutrizionale dell’alimento. La fermentazione alcolica è sfruttata per: • produrre anidride carbonica, responsabile del rigonfiamento degli impasti; • produrre composti aromatici che conferiscono al prodotto precise caratteristiche organolettiche; • favorire la maturazione dell’impasto. La fermentazione malolattica La fermentazione malolattica avviene ad opera di alcuni batteri, principalmente lattobacilli, in assenza di ossigeno. Questa fermentazione determina la trasformazione del glucosio in acido lattico, con liberazione di anidride carbonica. I prodotti principali della fermentazione lattica sono quindi l’anidride carbonica, che consente il rigonfiamento dell’impasto, e l’acido lattico. L’acidità causata dalla fermentazione lattica conferisce le caratteristiche organolettiche del prodotto finito, migliorandone la digeribilità e la conservabilità.

ESERCIZIO 1 2 3 4

La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica avvengono in presenza di ossigeno Durante la fermentazione alcolica, la scissione del saccarosio in glucosio viene operata dai lieviti Durante la fermentazione viene prodotta anidride carbonica, responsabile del rigonfiamento degli impasti La fermentazione malolattica avviene ad opera dei lattobacilli

V V V V

F F F F


STEP 5

Agenti lievitanti

125

FAQ: Domande frequenti

Con la lievitazione biologica (diretta, semidiretta o indiretta con biga e Poolish) la produzione di anidride carbonica avviene per fermentazione attivata dall’utilizzo di lieviti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso). La lievitazione chimica è ottenuta con sostanze chimiche (bicarbonato e acidi) ed è utilizzata per prodotti da forno con elevate dosi di zucchero, mentre la lievitazione fisica è dovuta all’incorporazione di aria nella pasta.

Che cosa sono i lieviti? I lieviti sono microrganismi unicellulari che si riproducono per gemmazione utilizzando gli zuccheri disponibili. Sono fondamentali per la panificazione perché producono anidride carbonica (fermentazione) che fa aumentare il volume dell’impasto. Quali sono le tipologie di lievito? Tra le diverse tipologie di lieviti impiegati vi sono il lievito di birra fresco e secco, il lievito naturale e il lievito chimico. Il lievito di birra fresco (composto da acqua per il 70% e sostanze azotate per il 13,5%) è usato per pani di piccola pezzatura ma di grande volume. Il lievito di birra secco è lievito di birra fresco liofilizzato (polvere o granuli), dunque conservabile più a lungo. Il lievito naturale (o pasta acida, o lievito madre) è un impasto di farina e acqua acidificato da lieviti e batteri lattici in grado di attivare la fermentazione. Il lievito chimico, consigliato per biscotti e piccola pasticceria, è composto da bicarbonato di sodio con acido tartarico e/o pirofosfato acido che in presenza di calore e acqua producono anidride carbonica. Che cos’è la lievitazione? Con la lievitazione il volume di un impasto di farina aumenta per effetto di un gas prodotto al suo interno da organismi viventi o derivato da una reazione chimica. La lievitazione conferisce forma, struttura, consistenza e conservabilità al prodotto finito.

Come avviene la cottura? La cottura è fondamentale per lo sviluppo della massa e per conferire le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Alla temperatura di 100 °C, l’acqua contenuta nell’impasto evapora e impedisce al calore di agire troppo velocemente. Un impasto è ben sviluppato quando i pori aperti favoriscono la fuoriuscita di vapore (cuoce più lentamente ma in modo omogeneo), mentre un impasto poco sviluppato assume velocemente coloritura ma rischia di rimanere crudo al centro.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

126

Mappa concettuale LA LIEVITAZIONE

determina

conferisce

si distingue in

l’aumento del volume di un impasto di farina

biologica

per effetto di quando la produzione di

un gas

che può essere

che è sfruttata nella produzione di

anidride carbonica

prodotto al suo interno da organismi viventi

derivato da una reazione chimica

forma struttura al prodotto finito

diretta (produzione di un solo impasto con lievito di birra)

semidiretta (impiego di pasta del giorno precedente con lievito)

indiretta (impiego di biga e Poolish)

consistenza conservabilità pane avviene per

determina un

fermentazione

aumento del volume dell’impasto

che è attivata dall’utilizzo di

lieviti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso)

pizza panettone e colomba brioche e veneziana


STEP 5

Agenti lievitanti

127

chimica

quando è ottenuta con

sostanze chimiche (bicarbonato e acidi)

fisica

che è utilizzata per

che è sfruttata nella produzione di

quando è dovuta alla

che è sfruttata nella produzione di

pan di Spagna

incorporazione di aria nell’impasto

prodotti da forno con elevate dosi di zucchero

pasta sfoglia bignè

che producono

pasta frolla muffin

anidride carbonica

plum-cake

attraverso il

per

lavoro meccanico delle impastatrici

insufflamento di aria


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

128

Verifiche

C la fermentazione malolattica e quella alcolica D nessuna delle precedenti opzioni è corretta 4 Il lievito chimico è composto da: A bicarbonato di sodio B bicarbonato di calcio C alcol etilico D anidride carbonica

I lieviti e la lievitazione 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 I lieviti sono microrganismi responsabili dell’espansione dell’impasto 2 I lieviti determinano la maturazione dell’impasto producendo la struttura tipica dei prodotti lievitati ai quali conferiscono il caratteristico aroma 3 I lieviti non devono necessariamente possedere purezza microbiologica, in quanto l’eventuale presenza di organismi esterni non ha conseguenze sulla lievitazione 4 Il lievito di birra è facile e rapido da usare 5 I microrganismi presenti nel lievito di birra sono saccaromiceti 6 I lieviti si riproducono per gemmazione 7 I lieviti sono responsabili della produzione di ossigeno che fa aumentare il volume dell’impasto 8 La forza fermentativa di un lievito è data dalla sua capacità di produrre anidride carbonica 9 L’aroma caratteristico dei prodotti da forno è dovuto alla farina e non al lievito 10 Oltre al lievito di birra, esistono altre due tipologie di lievito: il lievito madre e il lievito chimico

V F

V F

V F V F V F V F V F V F V F V F

2 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1 Il lievito di birra fresco è composto principalmente da: A acqua e sostanze azotate B bicarbonato di sodio e acido tartarico C anidride carbonica ed acqua D enzimi e glucidi 2 Il lievito madre: A è una porzione di un impasto lavorato precedentemente B non contiene batteri lattici, ma solo lieviti C non contieni lieviti, ma solo batteri lattici D nessuna delle precedenti opzioni è corretta 3 La presenza di batteri lattici nel lievito naturale determina: A la fermentazione malolattica B la fermentazione alcolica

5 La reazione che determina il rigonfiamento di un impasto lavorato con lievito chimico: A necessita di calore e acqua per attivarsi B avviene in assenza di acqua C può avvenire solo a temperature molto basse D nessuna delle opzioni precedenti è corretta

3 Domande a completamento Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli elencati. viventi anidride carbonica aumento finito biologici chimici evapora conservabilità contaminazioni estranei fisici 1 2

temperatura organolettiche forma sviluppo calore forza fermentativa gas microbiologica reazione chimica struttura massa

La qualità del lievito può essere espressa in termini di: ..................................., cioè la capacità di produrre ................................... in quantità adeguata e nei tempi richiesti dai diversi tipi di impasto; ..................................., in quanto se mantenuto alla giusta ................................... deve conservare le sue caratteristiche e le sue proprietà inalterate nel tempo; purezza .............................., in quanto non devono esserci .................................. da parte di organismi ................................... . La lievitazione è un processo che determina un ................................... del volume di un impasto di farina per effetto di un ............................... prodotto al suo interno o da organismi ................................... o come risultato di una ................................... da parte di sostanze chimiche. Determina una trasformazione del prodotto originale conferendo ..................................., ..................................., consistenza e conservabilità al prodotto finito. La lievitazione può avvenire con metodi ..................................., ................................... o ................................... .


STEP 5

3

Agenti lievitanti

La cottura è fondamentale per lo ............................. della ............................. e per conferire le caratteristiche ............................. al prodotto ............................. . Alla temperatura di 100 °C, l’acqua contenuta nell’impasto ............................. impedendo al ............................. di agire troppo velocemente.

4 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

I lieviti utilizzati negli impasti determinano la produzione di anidride carbonica, la maturazione dell’impasto e l’aroma caratteristico V F Il Poolish è un impasto liquido V F Nel lievito di birra secco sono presenti gli stessi microrganismi presenti nel lievito di birra fresco ma in forma liofilizzata V F Il lievito naturale è chiamato anche pasta acida o lievito madre V F Nel lievito chimico la produzione di anidride carbonica avviene in seguito alla reazione tra il bicarbonato di sodio e l’acido tartarico in assenza di acqua e calore V F Il lievito di birra fresco è composto per il 70% da acqua V F Il lievito di birra è adatto per impasti di piccolo volume V F La biga è in tre tipologie V F Pasta sfoglia e pan di Spagna utilizzano lievitazioni biologiche V F Il Poolish è una lievitazione chimica diretta V F

5 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1 La lievitazione biologica: A può essere diretta, semidiretta o indiretta B avviene grazie alla produzione di anidride carbonica per fermentazione C contraddistingue il Poolish D tutte le opzioni sono corrette 2 La lievitazione chimica: A è ottenuta con bicarbonato e acidi B non necessita della produzione di anidride carbonica C è solitamente utilizzata nella lavorazione di impasti poco zuccherati D è resa possibile dall’evaporazione dell’acqua contenuta nell’impasto

129 3 La lievitazione fisica è dovuta: A all’azione dei lieviti naturali B all’azione di sostanze chimiche C all’azione contemporanea di lieviti naturali e sostanze chimiche D all’incorporazione di aria nell’impasto attraverso il lavoro meccanico 4 La lievitazione per laminazione: A è un esempio di lievitazione fisica B è tipica della pasta sfoglia C è dovuta all’evaporazione dell’acqua emulsionata con i grassi D tutte le opzioni sono corrette 5

La lievitazione dell’impasto di un panettone è: A chimica B biologica C fisica D per evaporazione

6 La cottura di un impasto molto sviluppato: A avviene velocemente B avviene lentamente e in modo omogeneo C presenta il rischio che al centro l’impasto rimanga crudo D presenta il rischio che il prodotto si bruci in superficie

6 Domande a completamento Completa indicando come si chiama il tipo di lievitazione descritta: 1 2 3

Si usa la pasta del giorno prima addizionata con lievito: ................................................................................... Viene fatto un unico impasto con tutti gli ingredienti e lievito di birra, il tutto lievita velocemente con scarso sviluppo di aromi e sapori: ................................................................................... Si usa la biga oppure il Poolish: ...................................................................................

7 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2

Una temperatura di 43 °C riduce l’attività dei lieviti, che si inattiva del tutto a 53 °C V F La pressione osmotica è la forza che tende a rendere disomogenea la concentrazione delle soluzioni all’interno e all’esterno della cellula, così da favorire il passaggio di acqua dall’interno verso l’esterno V F


130 3 4 5

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Per la buona riuscita di un impasto è necessaria un’acidità assai elevata Il lievito madre ha un pH compreso tra 2,5 e3 L’impasto lievita a un pH di circa 5

V F V F V F

8 Domande a completamento Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. osmotolleranti pressione osmotica fermentazione sale maglia glutinica glucosio glutine impasto inacidimento denaturazione temperatura

microrganismi acido lattico acidità ridotta elevata 30 43 53 5 pH lievito madre

1 Durante la fermentazione la .......................... è di fondamentale importanza per evitare l’eccessivo .......................... dell’impasto. La temperatura ideale per la crescita dei .......................... responsabili della fermentazione è compresa tra i 27 °C e i .......................... °C. A valori più alti i batteri presenti nell’impasto producono in maniera eccessiva .........................., che permane nel prodotto durante la cottura. Se si raggiungono i .......................... °C l’attività dei lieviti è .........................., mentre a ..........................°C è inattivata a causa della .......................... delle proteine. 2 La .........................., che tende a uguagliare la concentrazione delle soluzioni fra esterno e interno della cellula, è influenzata dal .......................... che la fa aumentare e migliora la formazione della ..........................; è influenzata anche dal .........................., che la fa aumentare meno del sale, e che favorisce la .......................... . A causa dell’insorgere di questi meccanismi negli impasti, sono stati sviluppati lieviti .........................., che sopportano pressioni osmotiche elevate senza rallentare la fermentazione. 3 L’.......................... dell’impasto è importante per la buona riuscita del prodotto finale. Infatti se l’acidità è troppo …………. può provocare un .......................... finale difettoso. L’acidità del .......................... ha un valore di pH che oscilla tra 3,5 e 4, mentre l’impasto ha un pH di circa .......................... . Il .......................... influisce sulle proteine, sugli enzimi e sulla formazione del .......................... .

9 Domande a completamento Completa descrivendo le principali caratteristiche dei seguenti tipi di lievitazione. 1 2 3 4 5

Lievitazione chimica: ................................................. ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Lievitazione fisica: ..................................................... ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Lievitazione biologica: ............................................... ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Lievitazione per evaporazione: .................................. ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Lievitazione per laminazione: .................................... ................................................................................... ................................................................................... ...................................................................................

10 Domande a risposta aperta Rispondi alle seguenti domande su lievitazione e fermentazione. 1 2 3 4 5

In che cosa consiste la lievitazione? ......................... ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... In che modo la consistenza dell’impasto lievitato influisce sulla cottura? ............................................... ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... La fermentazione avviene in presenza o in assenza . di ossigeno? .............................................................. ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Che cosa si intende per fermentazione alcolica e in quali processi interviene? ................................... ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... Che cosa si intende per fermentazione malolattica e in quali processi interviene? ................................... ................................................................................... ................................................................................... ...................................................................................


STEP 5

Agenti lievitanti

131

Laboratorio delle competenze Le tipologie di lievito Leggi la descrizione e indica di quale lievito si tratta. 1. Pasta dal sapore poco acido, di colore molto chiaro. Va rinfrescata unendo zucchero (2 g/250 g)................................... 2. Bicarbonato di sodio e acido tartarico ............................................................................................................................... 3. Pasta dal sapore di aceto e odore pungente. Va rinfrescata con farina, acqua, tuorlo d’uovo e zucchero ...................... 4. Composizione 70% acqua e 13,5% sostanze azotate. Adatto alla produzione di piccoli pani ma di grande .volume ................................................................................................................................................................................

Il lievito naturale Descrivi le caratteristiche ottimali del lievito naturale. Colore

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

Sapore e odore

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

pH

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

Impasto prodotto

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

Data di scadenza

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

Alveoli

......................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................

I metodi di lievitazione Indica il metodo di lievitazione, scegliendo tra lievitazione fisica, lievitazione chimica e lievitazione biologica. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Pan di Spagna: ................................................................................................................................................................ Pane: ............................................................................................................................................................................... Pasta sfoglia: ................................................................................................................................................................... Pizza: ............................................................................................................................................................................... Colomba: ......................................................................................................................................................................... Pasta frolla: ..................................................................................................................................................................... Muffin: ............................................................................................................................................................................. Panettone: ....................................................................................................................................................................... Bignè: .............................................................................................................................................................................. Plum-cake: ...................................................................................................................................................................... Brioche: ........................................................................................................................................................................... Veneziana: .......................................................................................................................................................................


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

132

STEP

6

1

Glossario Acidi grassi omega-3

Gli omega-3 sono una categoria di acidi grassi essenziali, caratterizzati dalla posizione del primo doppio legame che, iniziando il conteggio dal carbonio terminale, occupa la terza posizione (da cui il termine omega-3). Gli omega-3 si trovano generalmente nel pesce, nei crostacei, nella frutta secca e in oli vegetali. Hanno effetti benefici soprattutto sulla salute dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso.

Frutta secca

QUAL È IL RUOLO DELLA FRUTTA SECCA IN PASTICCERIA

Nella pasticceria, la frutta secca gioca un ruolo di rilievo perché costituisce: • un componente di molteplici impasti; • un elemento decorativo. In genere, la si distingue in due tipologie: • frutta secca a guscio, costituita da frutti che non si aprono a maturazione; • frutta secca disidratata, alla quale è stata estratta parte dell’acqua contenuta.

La frutta secca è ricca di preziosi acidi grassi omega-3, di vitamine del gruppo B ed E, di fibre e di una discreta quantità di proteine. Tuttavia, siccome il contenuto di grassi è elevato, andando dal 50 al 65%, la frutta secca è molto calorica, pertanto deve essere usata e consumata con attenzione. Inoltre, poiché i lipidi sono soggetti nel tempo a ossidarsi, soprattutto in determinate condizioni di umidità, la frutta secca irrancidisce facilmente. Per questo motivo è necessario conservarla sempre in un luogo fresco e asciutto, mantenendola al massimo per un anno.

Frutto

Acqua

Zucchero

Proteine

Grassi

Mandorla

11%

4%

16-19%

52-54%

Anacardio

5%

27-29%

25%

50%

Noce del Brasile

5-6%

15-17%

14-15%

65-67%

Castagna fresca

50-52%

42%

3,50%

1-1,80%

Noce

5-6%

6,3%

15%

63,5%

Nocciola

3,5%

1,8%

15%

55-60%

ESERCIZIO 1 La frutta secca è usata in pasticceria sia come ingrediente di molteplici impasti sia come elemento decorativo 2 La frutta secca è ricca di acidi grassi omega-3 3 La frutta secca ha un contenuto di grassi assai ridotto pertanto è poco calorica 4 La frutta secca irrancidisce difficilmente 5 La frutta secca va conservata in luogo fresco e asciutto

V V V V V

F F F F F


STEP 6

2

Frutta secca

133

LA FRUTTA SECCA A GUSCIO

La mandorla È il tipo di frutta secca a guscio più usato in pasticceria.

La mandorla Costituisce l’ingrediente principale ● Torroni ● Pasta di mandorle ● Amaretti

● Croccanti ● Confetti

In commercio, le mandorle si trovano: • con il guscio; • sbucciate, nelle due varietà piatta e tonda (la mandorla piatta, dal calibro ben definito, è impiegata nella realizzazione di torroni e confetti); • con la sottile pellicola che le riveste. Attualmente sono commercializzati anche vari semilavorati dedicati a ricette specifiche, composti da mandorle in tagli quali mezze mandorle, in granella, affettate, in farina o in pasta. La pasta di mandorle è adatta per realizzare il marzapane oppure alcune bibite, come il latte di mandorla e l’orzata. Per conservare adeguatamente le mandorle, è bene chiuderle in contenitori ermetici, riponendole in un luogo fresco e asciutto, per evitare che attirino insetti che, danneggiandole, le renderebbero inutilizzabili.

Conferisce un sapore particolare ● Torta di frutta secca ● Pasticcini ● Pasticceria morbida e da tè

La noce del Brasile e l’anacardio • La noce del Brasile è una pianta ad alto

fusto, originaria del bacino del Rio delle Amazzoni. La parte commestibile è il seme contenuto in frutti che possono arrivare a pesare più di due chili. Tali noci vengono commercializzate sgusciate e sono ricche di zinco e selenio. • Anche l’anacardio è originario della foresta amazzonica e anche in questo caso ciò che si consuma è rappresentato dal seme del frutto. È bene ricordare, però, che l’anacardio, prima di essere messo in commercio, deve essere privato del guscio, poiché contiene un olio irritante, che potrebbe contaminare il seme stesso. In pasticceria, per analogia di consistenza e di sapore, questi due frutti sostituiscono talvolta le mandorle negli impasti.

● Praline ● Guarnizioni ● Salatini


134

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

La castagna Esistono diverse varietà di questo frutto ma, generalmente, si distinguono due categorie: • i marroni, più pregiati; • le domestiche, dalla polpa gustosa e dalle dimensioni inferiori. A causa del notevole contenuto di acqua (circa il 50%) è consigliabile non conservare le castagne troppo a lungo. Lessata e passata, la castagna è l’ingrediente principale di budini, Monte Bianco, creme, salse e marmellate, mentre con la sua farina si possono realizzare, oltre al noto castagnaccio, anche biscotti e torte. Tuttavia, il dolce che ha valorizzato la castagna e l’ha riscattata dal ruolo di frutto “povero”, è senza dubbio il marron glacé, che si prepara glassandola in uno sciroppo di zucchero.

La noce La parte commestibile della noce è il seme o gheriglio, che ha polpa bianca e croccante, divisa in quattro spicchi e ricoperta da una sottile pellicola.

Nella noce completa, il gheriglio è protetto dal guscio e più esternamente ancora dal mallo, verde e ricco di tannino. In pasticceria, la noce può rientrare tra gli ingredienti di croccanti e torroni oppure in torte e crostate di frutta secca. La si impiega con successo anche nella pralineria, ad esempio accostata al marzapane o al cioccolato, mentre, sottoforma di pasta di noce è ampiamente usata per preparare gelati. Inoltre, mettendo in infusione nell’alcol le noci, complete del mallo, si ricava il nocino, un liquore tipico di alcune regioni italiane.

La nocciola La parte commestibile è il seme bianco e croccante, contenuto all’interno del frutto, un guscio legnoso di colore marrone. Sul mercato europeo le nocciole migliori sono quelle provenienti proprio dall’Italia e, tra le varietà più pregiate, ricordiamo la tonda gentile delle Langhe e la tonda di Giffoni.

Calibro regolare, assenza di macchie e di sapori estranei sono i parametri fondamentali per stabilire la buona qualità delle nocciole, il cui consumo è prevalentemente rivolto a quelle tostate e sbucciate, mentre il mercato del prodotto fresco è limitato al 10% della produzione. Nel settore della distribuzione, le nocciole possono essere acquistate in varie forme: grezze, cioè ancora con il guscio, tostate e sbucciate intere, ma anche in granella e in pasta. In pasticceria, le si impiega in molte preparazioni, come, ad esempio, associate al cioccolato o per realizzare torroni, creme, torte, biscotti, amaretti, pasticcini, budini e, non ultimi per importanza, anche gelati.


STEP 6

Frutta secca

135

L’arachide Conosciuta come nocciolina americana, è una leguminosa che spinge sottoterra i suoi baccelli a mano a mano che maturano. Usate in passato come alimento per animali, soltanto con la Seconda guerra mondiale le arachidi divennero fonte di cibo e di olio da impiegare nell’alimentazione umana. Negli Stati Uniti d’America, da esse si ricava il famoso burro di arachidi, molto energetico e più volte messo sotto accusa dai nutrizionisti per l’uso smodato che talvolta ne viene fatto. In pasticceria, l’arachide viene tostata con il guscio e può sostituire le nocciole in alcune preparazioni.

Pinoli, pistacchi e noce di cocco • In pasticceria il pinolo è impiegato nella

lavorazione di alcuni tipi di amaretti, nel ripieno degli strudel, nel castagnaccio e anche nella pasticceria da tè.

• Il pistacchio trova impiego, per il suo

sapore tipico, nella realizzazione di pasticcini, gelati e praline. • La noce di cocco, infine, è usata per la preparazione di gelati, torte e semifreddi ma anche come decorazione per pasticcini. Dalla parte interna e bianca della noce si estrae un burro piacevolmente profumato, utilizzato in pasticceria nei surrogati del cioccolato.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5

L’arachide è conosciuta anche come nocciolina brasiliana In pasticceria l’arachide può sostituire le noci in alcune preparazioni Il pinolo è utilizzato in preparazioni come amaretti, strudel, castagnaccio e pasticceria da tè Il pistacchio non è utilizzato per i gelati La noce di cocco può essere usata come decorazione per pasticcini

V V V V V

F F F F F


136

Approfondimento Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

La frutta secca disidratata Che cos’è la frutta secca disidratata La disidratazione è sicuramente uno dei più antichi procedimenti di conservazione degli alimenti, in particolare di quelli vegetali: un tempo, infatti, i frutti erano lasciati a essiccare semplicemente al sole. Oggi la frutta disidratata è ottenuta mediante un processo industriale che si effettua a temperatura controllata. Per ridare alla frutta la consistenza originale, è possibile tenerla a bagno nell’acqua, in un succo di frutta oppure in un liquido alcolico, fino a quando si gonfierà e diventerà nuovamente morbida. I frutti essiccati si consumano aggiunti ai cereali per colazione e alle macedonie, ma si impiegano anche per farcire torte, budini e pasticcini. Quali varietà di frutta disidratata si utilizzano in pasticceria Fra le diverse varietà di frutta disidratata, l’uvetta è certamente quella più impiegata in pasticceria. I tipi di uva che meglio si prestano all’essiccazione sono: • uva sultanina o di Smirne: la migliore è quella morbida, chiara e profumata; la si può acquistare anche sciroppata o sotto alcol; in pasticceria rientra tra gli ingredienti di torte lievitate e in svariati ripieni; • uva Malaga e di Corinto: essiccata a grappoli interi, può sostituire l’uva sultanina; • uva di Pantelleria: ha acini più grossi rispetto alle due varietà precedenti; è utilizzata nel pane all’uva e in dolci a pasta lievitata. Spesso sono utilizzati in forma disidratata anche i fichi, che possono essere consumati come tali oppure dopo essere stati fatti rinvenire in acqua calda e zucchero. In pasticceria sono tra gli ingredienti di pani tipici, di dolci a pasta lievitata, di ripieni e anche di gelati e torte di frutta secca. In alcune preparazioni regionali, inoltre, durante l’essiccazione, viene introdotta nei fichi altra frutta secca, come, ad esempio, mandorle o noci, arricchendoli ulteriormente. Meritano ancora di essere ricordati alcuni tipi di frutta essiccata, nonostante il loro impiego sia piuttosto limitato rispetto ai precedenti. A questo proposito ricordiamo: • ciliegie e amarene, con o senza nocciolo; sono usate per preparare sciroppi e ripieni di varia natura; • albicocche, pesche, mele e pere, che si utilizzano in ripieni oppure, dopo che le si è fatte rinvenire, in sostituzione della frutta fresca; • prugne, le quali, una volta cotte, quindi reidratate in parte, possono essere impiegate in crostate, tartellette e ripieni.

ESERCIZIO 1 2 3 4

I frutti essiccati possono essere consumati aggiungendoli a cereali e macedonie I frutti essiccati sono utilizzati per farcire pasticcini L’uva sultanina o di Smirne può essere acquistata anche sciroppata o sotto alcol L’uva Malaga ha acini più grossi rispetto all’uva di Pantelleria

V V V V

F F F F


STEP 6

Frutta secca

137

FAQ: Domande frequenti

Che cos’è la frutta secca? In pasticceria, la frutta secca costituisce sia un componente di molteplici impasti sia un elemento decorativo. La frutta secca comprende la frutta secca a guscio e la frutta secca disidratata. La frutta secca è ricca di preziosi acidi grassi omega-3, che hanno effetti benefici soprattutto sulla salute dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso. La frutta secca apporta inoltre vitamine del gruppo B ed E, fibre e proteine. La frutta secca è molto calorica, pertanto deve essere usata e consumata con attenzione. Va conservata in un luogo fresco e asciutto. Che cos’è la frutta secca a guscio? Nell’ambito della frutta secca a guscio, la più utilizzata in pasticceria è la mandorla, usata per torroni, pasta di mandorle, amaretti, croccanti, confetti; è disponibile in commercio con il guscio, sbucciata, o dotata della sottile pellicola che la riveste. Nella frutta secca a guscio sono compresi anche: noce del Brasile, anacardio, castagna, noce, nocciola, arachide, pinoli, pistacchi e noce di cocco. Della castagna esistono due varietà principali: i marroni e le domestiche. Lessata e passata, la castagna è l’ingrediente principale di budini, Monte Bianco, creme, salse e marmellate, mentre con la sua farina si possono realizzare, oltre al noto castagnaccio, anche biscotti e torte. La castagna è la protagonista del marron glacè, glassata in uno sciroppo di zucchero. La parte commestibile della noce è il seme o gheriglio, utilizzato in pasticceria per croccanti, torroni, torte, crostate di frutta secca, pralineria, e sottoforma di pasta di noce per preparare gelati. Inoltre, mettendo in infusione nell’alcol le noci, complete del mallo, si ricava il nocino, un liquore tipico di alcune regioni italiane. La parte commestibile della nocciola è il seme bianco e croccante. Tra le più pregiate nocciole provenienti dall’Italia ricordiamo la tonda gentile delle Langhe e la tonda di Giffoni. Il consumo di nocciole è prevalentemente rivolto a quelle tostate e sbucciate.

In pasticceria, sono utilizzate associate al cioccolato o per realizzare torroni, creme, torte, biscotti, amaretti, pasticcini, budini e gelati. Conosciuta come nocciolina americana, soltanto con la Seconda guerra mondiale l’arachide divenne fonte di cibo e di olio da impiegare nell’alimentazione umana. Negli Stati Uniti d’America, se ne ricava il famoso burro di arachidi. In pasticceria, l’arachide viene tostata con il guscio e può sostituire le nocciole in alcune preparazioni. In pasticceria il pinolo è impiegato nella lavorazione di alcuni tipi di amaretti, nel ripieno degli strudel, nel castagnaccio e anche nella pasticceria da tè. Il pistacchio trova impiego nella realizzazione di pasticcini, gelati e praline. La noce di cocco è usata per la preparazione di gelati, torte e semifreddi ma anche come decorazione per pasticcini. Dalla parte interna e bianca della noce si estrae un burro piacevolmente profumato, utilizzato in pasticceria nei surrogati del cioccolato.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

138

Mappa concettuale LA FRUTTA SECCA

è ricca di

acidi grassi omega-3

che hanno

è utilizzata in pasticceria come si distingue in

frutta secca a guscio

frutta secca disidratata

come

come

mandorla

uva sultanina o di Smirne

noce del Brasile

uva Malaga e di Corinto

anacardio

uva di Pantelleria

castagna

fichi

nocciola

irrancidisce facilmente quindi va conservata

componente di molteplici impasti

noce

effetti benefici sull’apparato cardiovascolare e sul sistema nervoso

elemento decorativo in luogo fresco e asciutto


STEP 6

Frutta secca

Verifiche La frutta secca 1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1 In pasticceria la frutta secca: A è usata esclusivamente a scopo decorativo B è scarsamente usata perché eccessivamente calorica C è presente come ingrediente in numerosi impasti D trova scarso impiego perché si deteriora facilmente 2 La frutta secca: A è costituita da frutti che si aprono a maturazione B può essere a guscio, oppure disidratata C è costituita esclusivamente da frutti essiccati al sole D è costituita esclusivamente da frutti con il guscio 3 La frutta secca va conservata: A in frigo B in luogo fresco e asciutto C in ambiente umido e buio D in ambiente caldo 4

La frutta secca è ricca di: A acidi grassi omega-3 B fibre C vitamina E D tutte le opzioni sono corrette

5

Per realizzare il marzapane si usano: A castagne B arachidi C mandorle D nocciole

L’anacardio: A viene commercializzato con e senza guscio B viene commercializzato solo con il guscio C prima di essere messo in commercio va privato del guscio, contenente un olio irritante D prima di essere messo in commercio va tostato 6

7

Il principale ingrediente del Monte Bianco è: A la mandorla B la castagna C la nocciola D la noce

139 8 Per circa l’11% è costituita di acqua: A la castagna B la mandorla C la noce D la nocciola 9 La tonda gentile delle Langhe e la tonda di Giffoni sono due varietà pregiate di: A anacardio B noce C nocciola D castagna 10 L’arachide: A è una leguminosa B all’inizio del secolo scorso era usata solo come cibo per gli animali C è usata per ricavarne un burro molto energetico D tutte le opzioni sono corrette 11 Nel ripieno dello strudel si possono mettere: A pinoli B pistacchi C scaglie di noce di cocco D arachidi

2 Domande a completamento Completa indicando i tipi di frutta secca che possono rientrare tra i principali ingredienti dei seguenti prodotti. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23

Amaretti: ..................................................................... Biscotti: ...................................................................... Budini: ........................................................................ Castagnaccio: ............................................................ Confetti: ...................................................................... Creme: ........................................................................ Croccanti: ................................................................... Gelati: ......................................................................... Marmellate: ................................................................. Marron glacé: ............................................................. Marzapane: ................................................................ Monte Bianco: ............................................................ Nocino: ....................................................................... Orzata: ........................................................................ Pasta di mandorle: ..................................................... Pasticceria morbida e da tè: ...................................... Pasticcini: ................................................................... Praline: ....................................................................... Salatini: ....................................................................... Strudel: ....................................................................... Surrogati del cioccolato: ............................................ Torroni: ....................................................................... Torte: ..........................................................................


140

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

3 Vero o falso

4 Domande a completamento

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Motiva le affermazioni false scrivendo le tue osservazioni nelle righe sottostanti. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

La frutta secca è povera di acidi grassi La frutta secca è ricca di vitamine del gruppo B La frutta secca va mangiata in gran quantità perché non fa ingrassare La frutta secca irrancidisce facilmente L’anacardio contiene circa il 5% di acqua La nocciola contiene circa il 15% di proteine La noce non contiene zuccheri Con la pasta di mandorle si realizza il marzapane L’orzata è una bibita a base di nocciola Noce del Brasile e anacardio hanno consistenza e sapore simili alla mandorla I marroni sono più pregiati delle castagne domestiche Della noce mangiamo il seme, ossia il gheriglio Una nocciola di buona qualità ha calibro regolare e deve presentare delle macchioline La nocciolina americana è una leguminosa Il burro di arachidi è un valido sostituto del burro, poiché contiene pochissime calorie Il burro di cocco può essere usato nella preparazione di surrogati del cioccolato

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F F F F F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F

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Completa descrivendo caratteristiche e usi in pasticceria della seguente frutta secca. Castagna: .......................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Noce del Brasile: ............................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Anacardio: ......................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Pistacchio: ......................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Arachide: ........................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Noce di cocco: .................................................................. ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Pinolo: ............................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Uva sultanina: .................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Uva di Pantelleria: ............................................................. ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Fichi disidratati: ................................................................. ........................................................................................... ........................................................................................... ........................................................................................... Mele essiccate: .................................................................. ........................................................................................... ........................................................................................... ...........................................................................................


STEP 6

Frutta secca

141

Laboratorio delle competenze Gli impieghi della mandorla in pasticceria Indica quali sono i principali impieghi della mandorla in pasticceria. 1 2 3 4 5

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Gli impieghi della frutta secca a guscio in pasticceria Indica per ognuno dei seguenti impieghi, qual è la frutta secca a guscio più indicata. Monte Bianco .......................................................................................................................................................................... Torrone .................................................................................................................................................................................... Castagnaccio .......................................................................................................................................................................... Strudel ..................................................................................................................................................................................... Burro di arachidi ...................................................................................................................................................................... Nocino ..................................................................................................................................................................................... Gelato ...................................................................................................................................................................................... Croccante ................................................................................................................................................................................ Amaretti ................................................................................................................................................................................... Torte e semifreddi .................................................................................................................................................................... Indica le seguenti varietà di frutta secca e specifica per ognuna di esse se ti è già capitato di usarla nella pratica di laboratorio e per quali preparazioni.

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142

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

7

1

Alimenti accessori

CHE COSA SI INTENDE PER ALIMENTI ACCESSORI

Gli alimenti accessori sono sostanze non indispensabili aggiunte al cibo per renderlo più appetibile, come: • i condimenti, le erbe aromatiche e le spezie; • quegli alimenti che sono consumati per piacere, come il cacao, i dolci e i prodotti dolciari; • le bibite, le bevande nervine e alcoliche, che saranno trattate nello Step 8.

2

CHE COSA SONO I CONDIMENTI

I condimenti sono quei composti aggiunti alle preparazioni, da soli o in combinazioni con altri, per arricchirle, addolcirle, acidularle e salarle, esaltandone il gusto e l’aroma. • Per acidulare le preparazioni è usato l’aceto. • Per salarle il sale. • Per dolcificarle lo zucchero, il miele e i dolcificanti.

Come si producono l’aceto e l’aceto balsamico L’aceto è il prodotto della fermentazione acetica (ossidazione del vino). La trasformazione del vino in aceto è svolta dai batteri acetici (Acetobacter aceti, A. pasterianum e A. suboxydans) che, partendo dall’alcol etilico, producono, in presenza di ossigeno, acido acetico. Solitamente il prodotto di partenza è il vino, ma è possibile ottenere aceti dalla fermentazione acetica di liquidi di origine agricola (aceto di mele).

CH3CH2OH + O2 ➔ CH3COOH ➔ H2O Alcol etilico

Ossigeno

Acido acetico

Acqua

Questa reazione dà vita anche ad altri composti volatili che, nell’insieme, concorrono a determinare le caratteristiche organolettiche dell’aceto (sapore e aroma tipico). L’aceto è prodotto con tre tecniche di fermentazione: statica, lenta su trucioli e rapida (o sommersa). Contiene più del 6% di acidità totale (espressa come acido acetico) e una quota residua di alcol inferiore all’1,5%. L’aceto balsamico è ottenuto a partire da mosto d’uva non ancora fermentato, cotto e concentrato.

Come è ottenuto e che cosa caratterizza il sale Il sale alimentare è ottenuto per evaporazione dell’acqua di mare (sale marino), da giacimenti sotterranei (salgemma) o da salamoie naturali. È commercializzato nella forma di: • sale grosso (grezzo o raffinato); • sale fino (raffinato e addizionato di carbonato di calcio e magnesio); • sale dietetico (a ridotto contenuto di sodio); • sale iodato o iodurato (addizionato di iodio o di ioduro di sodio); • sale aromatizzato (con erbe aromatiche o spezie).


STEP 7

Alimenti accessori

Che cosa sono i dolcificanti e qual è la loro funzione I dolcificanti sono sostanze, talvolta di sintesi, usate nella pratica di cucina e di pasticceria per conferire sapore dolce, in sostituzione o in miscela con il comune zucchero da tavola (saccarosio). Il saccarosio è infatti il dolcificante naturale per eccellenza, seguito dal miele. Tra le altre sostanze dolcificanti naturali usate per dolcificare figurano anche il fruttosio, la glicirizina, il glucosio, il lattosio, la stevia e alcuni polialcoli, come mannitolo, sorbitolo e xilitolo (i dolcificanti naturali diversi dal miele). I dolcificanti artificiali sono sostanze di sintesi che hanno tutte il vantaggio di conferire un sapore dolce agli alimenti o alle bevande ai quali sono aggiunti, senza però apportare energia. La presenza in etichetta della dicitura “Senza zucchero aggiunto” indica che non è stato utilizzato il saccarosio, ma che potrebbero essere presenti altri dolcificanti naturali o sintetici.

143

Che cosa caratterizza il saccarosio

Approfondimenti

Il saccarosio è il comune zucchero da tavola ottenuto dalla lavorazione della canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero. È un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio. Può essere: • grezzo (non raffinato): di colore giallobruno a causa delle impurità e contiene anche una piccola quantità di melassa; • raffinato: è il comune zucchero e ha subìto un processo di depurazione. Lo zucchero bruno di canna è lo zucchero non raffinato che si estrae dalla canna da zucchero, si presenta sotto forma di cristalli di colore bruno intenso ed è caratterizzato da un particolare retrogusto. Il miele è invece un alimento di origine animale, con valore nutritivo e potere dolcificante elevati. Esiste in commercio in varietà diverse per metodi di estrazione e caratteristiche del fiore di origine. Può essere, inoltre, di tipo “pastorizzato”, se è sottoposto a un trattamento termico che favorisce la conservazione allo stato liquido, ma ne altera in parte le caratteristiche nutrizionali, oppure “vergine integrale”, se non è sottoposto ad alcun trattamento fisico-chimico.

CLASSE CAPOVOLTA

Dolcificanti naturali

Oltre al saccarosio e al miele, sono dolcificanti naturali anche il fruttosio, la glicirizina, il glucosio, il lattosio, la stevia e alcuni polialcoli (mannitolo, sorbitolo e xilitolo). Per saperne di più, vai al libro digitale. Dolcificanti artificiali

I dolcificanti artificiali maggiormente diffusi sono l’acesulfame potassico, l’aspartame, il ciclammato, la saccarina e il sucralosio. Per saperne di più, vai al libro digitale.

L’assunzione di zuccheri

Di seguito trovi le raccomandazioni sull’assunzione di zuccheri e dolci contenute nelle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. A casa: indica se segui o meno ciascuna delle raccomandazioni, segnando Sì oppure No. Poi, per ognuna di esse, scrivi sul quaderno le tue osservazioni personali. Sì No 1 2 3 4 5 6 7

Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata Limita il numero di cucchiaini di zucchero aggiunti a bevande, caramelle e dolciumi Preferisci i dolci da forno come biscotti e torte non farcite Usa in quantità controllata marmellate, confettura di frutta e miele Limita caramelle morbide e torroni; lava i denti dopo ogni pasto o spuntino Limita il più possibile il consumo di bevande zuccherate Controlla sulle etichette alimentari il tipo di edulcorante utilizzato

In classe: confronta le tue riflessioni con quelle espresse dalle compagne e dai compagni. Aprite un dibattito sulle azioni da compiere quotidianamente per diminuire l’assunzione di grassi.


144 Glossario Idrolisi del saccarosio

Si tratta di una serie di reazioni chimiche in cui le molecole sono scisse in due o più parti per effetto dell’acqua.

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Come avviene l’estrazione del saccarosio La procedura di estrazione del saccarosio più comune avviene a partire dalla barbabietola, attraverso quattro fasi principali. Lavorazione della barbabietola Per prima cosa, le piante vengono sradicate dal suolo grazie ad appositi mezzi. Una volta trasportate alla fabbrica, le barbabietole vengono lavate e ripulite dal terriccio. Inizia quindi l’estrazione del sugo: le barbabietole vengono affettate in un macchinario, col quale si ottengono le cosiddette fettucce, che vengono fatte poi passare negli estrattori solido/liquido, che solitamente sono disposti in serie e controcorrente rispetto al solvente usato e all’acqua. Solvente e acqua devono trovarsi alla temperatura di circa 70 °C, ma comunque al di sotto degli 80 °C, altrimenti si causerebbe l’idrolisi del saccarosio rendendolo così inutilizzabile. Il sugo ottenuto contiene circa l’11-15% di zucchero, mentre la polpa racchiude ancora il 90-95% di acqua: per questo motivo la polpa è inviata a un macchinario, il pressapolpe, che ne riduce la quantità all’80%. Depurazione del sugo Il sugo che si è ottenuto è ricco di impurità; inoltre i vari tipi di sugo sono molto colorati, infatti quello di canna è verde-nero mentre quello di barbabietola è blu-nero. Il processo di depurazione è finalizzato: • a ottenere un sugo di colore giallo (più o meno intenso); • a eliminare le impurità attraverso una successione di stadi chimici.

Cristallizzazione Il processo di cristallizzazione avviene nelle cosiddette bolle di cottura, apparecchiature dove il sugo o sciroppo viene concentrato ulteriormente. Viene poi aggiunto zucchero macinato allo scopo di fornire i germi di cristallizzazione. Per “nutrire” i cristalli in formazione si associa poi altro sciroppo, mantenendo sempre il riscaldamento. Il processo avviene a temperatura inferiore agli 80 °C e in condizioni di sottovuoto. Dalla bolla di cottura si ottiene, quindi, un miscuglio di cristalli e di acque madri, al 50% in cristalli, denominato massa cotta, che viene inviata a una centrifuga mediante la quale si separa uno zucchero di prima qualità e uno scolo verde. Lo scolo verde viene concentrato, cristallizzato e nuovamente centrifugato per ottenere lo zucchero di seconda qualità e la melassa, costituita da una soluzione acquosa di saccarosio, nella quale quest’ultimo non può più essere cristallizzato. Raffinazione Lo zucchero prodotto mediante la cristallizzazione ha un colore giallo più o meno intenso. Siccome, però, l’industria alimentare e i consumatori richiedono uno zucchero bianco, occorre proseguire con il processo di raffinazione, che si compie in alcune fasi: • dapprima lo zucchero è sciolto in acqua; • si aggiunge, quindi, il carbone attivo, che decolora completamente la soluzione; • lo sciroppo viene poi filtrato, concentrato e, infine, cristallizzato, ottenendo così uno zucchero di colore bianco, con un’umidità pari a circa l’1,5%.


STEP 7

Alimenti accessori

145

Le varietà di zucchero diffuse in Italia Zucchero semolato

In forma di piccoli cristalli, quindi facilmente solubile, è impiegato per la produzione di impasti, sciroppi, meringhe, creme, gelati e per le lavorazioni di pasticceria in genere.

Zucchero cristallino

I cristalli sono più grandi di quelli dello zucchero semolato, pertanto lo zucchero cristallino si scioglie meno facilmente in acqua. È utilizzato per preparare torte da forno o biscotteria, nei casi in cui si vuole rendere il preparato un po’ più rustico.

Zucchero impalpabile o velo

È ottenuto dalla macinazione dello zucchero semolato. Siccome è un materiale molto fine, prima di usarlo lo si deve setacciare e va conservato in ambienti asciutti o in contenitori ben chiusi. Questo zucchero è adatto per: • spolverare superfici di prodotti come, ad esempio, daquoise e savoiardi, sui quali forma uno strato croccante all’esterno e umido all’interno; • essere spolverato dopo la cottura su preparati come pandoro, tartelette, macedonia e torte da forno: essendo molto fine dà al consumatore una percezione istantanea della dolcezza; • entrare nella composizione delle meringhe, dando loro una struttura più fine; • essere usato nella panna montata e nelle ghiacce da decoro; • costituire lo zucchero vanigliato, aromatizzato con la vaniglia; • essere talvolta miscelato con la fecola di patata, per fare in modo che sopporti meglio l’umidità.

Zucchero pilè

È il primo prodotto della cristallizzazione del saccarosio. Dallo zucchero pilè si ottengono poi tutte le lavorazioni in zucchero, comprese le zollette, lo zucchero in granella ecc.

Zucchero grezzo

È uno zucchero nel quale è cristallizzata anche una parte di melassa, mantenendo, quindi, un colore bruno; è di colore e di gusto differente a seconda che provenga dalla barbabietola o dalla canna da zucchero.

Sciroppo di zucchero

Si tratta di una soluzione zuccherina satura (62% di zucchero, 38% di acqua) che è preparata a partire dallo zucchero di canna. È usato in gelateria oltre che in pasticceria, ma viene impiegato anche per la preparazione di bevande.

Zucchero in granella

Derivato a sua volta dal pilè, è distinto in tre tipi: • la granella grande, usata per la decorazione di panettoni, veneziane, colombe nonché di tutte le preparazioni nelle quali non si vuole che lo zucchero si sciolga durante la cottura, oppure se si desidera che la granella, una volta in bocca, favorisca una masticazione accentuata; • la granella media, che, in genere, è usata per prodotti lievitati da forno di pezzatura più piccola, come, ad esempio, croissant e brioche, che non subiscono una cottura prolungata; • la granella fine, talvolta impiegata per la biscotteria in genere.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7

Lo zucchero semolato è poco solubile Lo zucchero cristallino è utilizzato per rendere i prodotti di pasticceria un po’ più rustici Lo zucchero impalpabile o velo è ottenuto dalla macinazione dello zucchero cristallino Lo zucchero pilè è il primo prodotto della cristallizzazione del saccarosio Nello zucchero grezzo è cristallizzata anche una parte di melassa Lo sciroppo di zucchero è una soluzione zuccherina insatura La granella fine è usata per la decorazione di panettoni e colombe

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146

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

3

QUALI SONO I PRINCIPALI DOLCIFICANTI

In pasticceria, oltre allo zucchero comune si utilizzano dolcificanti la cui origine, talvolta, è di sintesi. Vediamo i principali. Zucchero invertito Rispetto al saccarosio, lo zucchero invertito ha una capacità dolcificante maggiore ed è resistente alla cristallizzazione, qualità che lo rendono particolarmente utile nella produzione dei biscotti e dei gelati. Fruttosio o levulosio Si tratta dello zucchero presente nella frutta e, a causa del procedimento laborioso per estrarlo, è più costoso del saccarosio. È un monosaccaride estremamente idrosolubile con potere dolcificante pari a 1,5 volte quella del saccarosio. Lo si può trovare in commercio anche sotto forma di sciroppo (70% di zucchero). È impiegato anche nei prodotti dietetici specifici per i diabetici.

Glucosio o destrosio Questo monosaccaride viene estratto dai cereali, in particolare dal mais, è meno dolce del saccarosio ma, in compenso, ha la capacità di rendere morbidi gli impasti, come avviene anche con il fruttosio. Essendo uno dei componenti dello zucchero invertito, caratterizzato, inoltre, da cristalli molto piccoli, non lo si usa mai da solo ma sempre miscelato con il saccarosio. Viene utilizzato anche in gelateria per prolungare la durata del prodotto. Sciroppo di glucosio Al pari del destrosio ha proprietà ammorbidenti e, rispetto al saccarosio, è poco dolce; lo sciroppo può avere una densità che varia in relazione alla concentrazione di glucosio, che può essere bassa (30-38-42 D.E) o alta (62 D.E), dove l’acronimo D.E sta a significare Destrosio Equivalente, un parametro che indica la concentrazione di potere dolcificante. Maltodestrine Sono carboidrati costituiti da piccoli polimeri, con alcune decine di monomeri di glucosio, derivati dall’amido di patata o di mais. Le maltodestrine apportano morbidezza associata a una dolcezza modesta, determinando anche un effetto anticristallizzante. Queste sostanze hanno il D.E più basso fra i glucidi. Lattosio È il disaccaride formato da glucosio e galattosio che si ricava dal latte. Il lattosio è poco solubile, ha un potere dolcificante basso e non cristallizza. Lo si utilizza per fabbricare caramelle morbide e pasta di mandorle. Sciroppo d’acero Si tratta di un prodotto tipico del Nord America, ottenuto dalla linfa dell’acero; ha un sapore caratteristico, con note caramellate, non sempre gradito, però, agli europei. Inoltre, è molto costoso, poiché, da 40 litri di linfa si ottiene soltanto 1 litro di sciroppo.


STEP 7

Alimenti accessori

Sorbitolo Il sorbitolo prende il nome dalla pianta del sorbo; lo si estrae facilmente da mele, prugne, ciliegie e uva. Ha scarsa capacità dolcificante e durante la digestione si trasforma in fruttosio, pertanto, è particolarmente adatto per la preparazione di dolci per i diabetici. Siccome è altamente igroscopico, lo si può utilizzare per le ganache da cioccolatini, nelle quali si ha bisogno di un dolcificante che sia in grado di legare il più possibile l’acqua. Bisogna però ricordare che il sorbitolo è molto lassativo, pertanto questo effetto deve essere dichiarato nell’etichettatura dei prodotti e va usato soltanto nelle quantità prescritte dalla legislazione. Mannitolo Il nome deriva da quello della manna (cioè, la linfa) del frassino, ma lo si trova anche in alghe e funghi. L’impiego del mannitolo è previsto per quei prodotti che non necessitano di fermentazione, inoltre è meno dolce dello zucchero comune. Maltitolo È un ottimo dolcificante e, nello stesso tempo, ha circa la metà delle calorie del saccarosio, possedendo anche buone proprietà per quanto riguarda la conservazione degli alimenti. Il maltitolo è un edulcorante perfetto per frolle, cake e biscotteria in generale, ma lo si usa bene anche per realizzare prodotti dal sapore dolce meno pronunciato. Inoltre, lo si impiega quale sostituto del saccarosio nella produzione di dolci per diabetici.

147 Tuttavia, come ogni polialcol, un suo dosaggio eccessivo può provocare effetti gastrointestinali indesiderati. Isomalto Lo si produce mediante idrogenazione del saccarosio, ottenendo anche in questo caso una sostanza con carattere di polialcol. L’isomalto si presenta in forma cristallina e si presta perfettamente alla realizzazione di decorazioni in zucchero. Inoltre, avendo un potere dolcificante che è la metà di quella del saccarosio di origine, può essere utilizzato per la preparazione di dolci a basso tenore zuccherino.

Glossario Polialcoli

Si tratta di alcol dello zucchero che sono presenti in natura, per esempio il sorbitolo nella frutta e il mannitolo nella manna.

Miele È catalogato tra gli zuccheri invertiti perché la sua composizione è simile a essi, essendo costituito per circa il 40% da fruttosio e per il 35% da glucosio, maltosio e altri composti glucidici. Le caratteristiche organolettiche del miele variano, comunque, in relazione al tipo di fiori da cui le api hanno succhiato il nettare, come pure dal luogo di provenienza dei fiori stessi. Anche il miele è soggetto a un normale processo di invecchiamento e, in particolare, l’aroma e il colore sono alterati dall’esposizione prolungata alla luce diretta e all’aria. Inoltre, il miele è igroscopico quindi, se l’acqua che contiene supera il 17%, i lieviti presenti in esso possono far fermentare gli zuccheri, dando al prodotto un sapore più acidulo. Inoltre, se si utilizza il miele nelle ricette dove, invece, è richiesto uno zucchero naturale, esso potrebbe non “sposarsi” con tutti gli ingredienti, coprendo addirittura alcuni degli altri sapori.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

Il sorbitolo ha ottima capacità edulcorante Il sorbitolo è particolarmente adatto alla preparazione di dolci per diabetici Il mannitolo è utilizzato per i prodotti che necessitano di fermentazione Il maltitolo non deve essere utilizzato in dosaggio eccessivo L’isomalto è utilizzato per dolci a basso tenore zuccherino Il miele è catalogato tra gli zuccheri invertiti

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Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

148 Approfondimenti Classificazione delle spezie

Le spezie possono essere intere, fresche, macinate, candite, sotto forma di estratto o di miscela. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Nome

4

CHE COSA CARATTERIZZA ERBE AROMATICHE E SPEZIE

Le erbe aromatiche (maggiorana, basilico, timo, origano, salvia) sono piante spontanee o coltivate di solito in aree temperate, delle quali sono usate le foglie o altre parti verdi, in genere fresche ma anche essiccate. Nella tradizione gastronomica italiana sono tipicamente mediterranee.

Le spezie sono invece piante per lo più di origine tropicale o subtropicale, delle quali sono utilizzate solamente alcune parti come semi, frutti, radici, fiori, cortecce, rizomi, germogli, pistilli e bacche.

Caratteristiche

Agrumi

La scorza grattugiata, fresca o secca, di agrumi quali arancia, limone, mandarino e chinotto rappresenta un ottimo aromatizzante per torte, biscotti, caramelle, torroni, creme e liquori. Anche il succo di questi agrumi trova un largo impiego in pasticceria, ad esempio, per realizzare bagne, succhi e sciroppi. Per praticità, talvolta si usano gli oli essenziali ricavati da questi frutti, che necessitano, però, di essere conservati con molta cura, per evitare che l’aroma si alteri.

Anice

Il suo sapore delicato, che ricorda quello della liquirizia, è indicato nella preparazione di dolciumi, di alcune bevande alcoliche, ma anche di tisane digestive.

Anice stellato o badiana

Ciò che si usa di questo piccolo albero, originario di Cina e Giappone, è il frutto, dalla tipica forma di stella. L’aroma molto intenso della badiana, che ricorda quello dell’anice propriamente detto, fa sì che il suo impiego, da sola o associata ad altre spezie, sia limitato a piccole quantità.

Caffè

Le principali aree di produzione del caffè si trovano in Arabia, in Africa (Kenia, Uganda e Costa d’Avorio), in America centrale e meridionale (in particolare in Brasile). Le varietà di caffè più pregiate sono quelle che derivano dalle specie Coffea arabica e Coffea robusta ma, come per il cacao, il pregio di alcuni tipi di caffè che si trovano in commercio, oltre che dal processo di torrefazione, durante il quale il caffè acquista il colore e l’aroma caratteristici, è dato anche dalla miscelazione di varietà diverse. In pasticceria, il caffè si usa sia liquido, per inzuppare i vari impasti, sia liofilizzato o in pasta, per aromatizzare ripieni, creme, bavaresi, gelati e biscotti, bibite analcoliche e prodotti alcolici.

Cannella

La cannella è la corteccia essiccata dei ramoscelli di un arbusto tipico dell’Asia orientale. Questa spezia si trova in commercio sia in stecche arrotolate sia in polvere, più facilmente dosabile. Per il suo profumo particolarmente intenso, è usata per preparare biscotti, torte, budini, creme, ripieni e per aromatizzare bevande.


STEP 7

Alimenti accessori

Nome

149 Caratteristiche

Cardamomo

I semi scuri di questa pianticella, tipica dell’India e delle sue isole, sono impiegati per insaporire piatti a base di riso e preparazioni di pasticceria. Il suo profumo deciso lo rende adatto per insaporire ripieni.

Chiodi di garofano

In Madagascar, nelle Antille e in Brasile, cresce un albero sempreverde i cui fiori, non ancora sbocciati, vengono essiccati e utilizzati per il loro aroma molto intenso. Per questa caratteristica, quando li si impiega, interi o macinati, bisogna avere l’accortezza di non eccedere nell’uso. In pasticceria, i chiodi di garofano sono utilizzati soprattutto per aromatizzare bagne e creme.

Coriandolo

Si tratta di una spezia molto aromatica, derivata da una pianta erbacea originaria del Nord Africa e in genere del Mediterraneo. I semi del coriandolo ricordano molto quelli del pepe, e il loro sapore si armonizza bene anche con altri aromi. Questa sostanza è adatta per preparare dolci speziati e ripieni.

Cumino

È un seme aromatico, dal profumo penetrante, che viene spesso combinato con il coriandolo, per aromatizzare alcuni tipi di pane, dolci e liquori.

Curry

In questo caso non siamo in presenza di una sola sostanza aromatica, bensì di un miscuglio di diverse spezie in polvere, tra le quali vi sono pepe, peperoncino, zenzero, cumino, coriandolo, con altre eventuali aggiunte, secondo la cucina locale e il gusto personale. Per queste ragioni, nel curry potrà emergere il sapore dolce o quello piccante, in relazione al prevalere di una polvere rispetto a un’altra. Questa sostanza aromatica dal colore giallo intenso si utilizza in alcuni tipi di pasticceria salata.

Finocchio

Si tratta di una pianta spontanea tipica della fascia più calda del Mediterraneo. Di essa si usano i semi, impiegati nella pasticceria salata, nella panificazione e in alcuni piatti e dolci tradizionali.

Macis

Si tratta dell’involucro carnoso (una polpa rossastra) che riveste la noce moscata (Myristica fragrans), di cui ricorda molto il sapore, anche se in modo più delicato. Il macis si può grattugiare oppure lo si usa in polvere, anche se in quest’ultima forma perde facilmente l’aroma qualora non sia conservato adeguatamente. In pasticceria è impiegato nella panificazione e nelle creme.

Menta

È impiegata soprattutto per la preparazione di sciroppi, liquori, caramelle, ripieni, ma la si usa anche per realizzare pasticcini, gelati e torte. In particolare, le foglie fresche e sminuzzate della menta sono adatte per preparare alcune salse di pasticceria.

Noce moscata

Si tratta del seme essiccato proveniente dalla drupa di un albero tropicale da cui si ottiene anche il macis. La qualità migliore proviene dalle isole Molucche. In Italia è usata grattugiata per insaporire ripieni, anche dolci, e in pasticceria salata.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

150 Nome

Caratteristiche

Origano

In estate questa pianta erbacea si riempie di piccoli fiori rosei o bianchi che, una volta essiccati, insieme alle foglie servono per aromatizzare pizze, focacce e pasticceria salata. L’origano è una pianta spontanea, tipica del Sud d’Italia e di altre aree del Mediterraneo; in erboristeria è consigliata per le sue proprietà stimolanti.

Rosmarino

È un arbusto sempreverde tipico dei territori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Le sue foglie, che ricordano gli aghi dei pini, possono essere usate fresche o essiccate, da sole oppure mescolate con altre erbe. Il rosmarino può aromatizzare piacevolmente la pasticceria salata, ma anche ripieni, focacce e alcuni tipi particolari di confetteria.

Senape

Sinapis nigra e Sinapis alba sono le due varietà di senape che in Italia vengono coltivate in Sicilia, Puglia e Sardegna. I semi di questa pianta erbacea sono utilizzati per aromatizzare in modo diverso svariati prodotti: infatti, quelli della S. nigra hanno un odore pungente mentre quelli della S. alba sono più delicati. La polvere ricavata dalla macinazione di tali semi è impiegata in creme per salatini, in salse piccanti e tartine di carne. Se la si assume in piccole quantità, la senape è consigliata per facilitare la digestione.

Si tratta di una pianta arbustiva originaria della Cina, anche se è largamente coltivata in molte zone dell’Oriente, fra le quali il Giappone. Esistono soltanto tre tipi di tè: nero, verde e fior di tè. Per non perderne l’aroma, i rametti più giovani e le foglie più tenere, sono essiccate immediatamente dopo la raccolta. Alcuni tipi di tè sono miscele di varietà diverse della pianta, con o senza aggiunte di altre erbe, che possono essere associate allo scopo di ottenere bouquet particolari. Presso gli orientali preparare il tè è una vera arte, che certamente va al di là della semplice infusione delle foglie per qualche minuto in acqua calda, come può essere per i consumatori occidentali. Oltre che in veste di bevanda, in pasticceria il tè è usato nei ripieni per cioccolatini e caramelle.

Vaniglia

In pasticceria è la sostanza aromatica per eccellenza, ottenuta da una specie di orchidea tropicale che cresce nell’America centro-meridionale ma anche in Oceania e nelle isole dell’Oceano Indiano. Il frutto di questa pianta, una capsula lunga circa 15 centimetri, quando raggiunge la piena maturazione viene raccolto e immerso in acqua calda per fermarne lo sviluppo vegetativo. In tal modo, le capsule diventano morbide e dopo qualche mese di riposo sviluppano l’aroma vero e proprio. Vanno conservate chiuse in un vaso ermetico, per evitare che si secchino, disperdendo così il loro profumo dolce e penetrante. Per il suo aroma, e per la capacità di esaltare anche gli altri ingredienti, la vaniglia è impiegata nella preparazione di cioccolato, biscotti, torte, creme, ripieni e gelati vari.

Zafferano

Dagli stimmi di una pianta erbacea originaria dell’Asia Minore, con un fiore dal colore violetto, si ricava lo zafferano, sotto forma di una polvere gialla dal profumo molto intenso. Il suo prezzo elevato è giustificato sia dal metodo di raccolta, che deve essere svolta a mano (ogni fiore ha soltanto due-tre stimmi), sia per la quantità necessaria per la produzione. È usato prevalentemente nelle preparazioni salate, nonché per aromatizzare e colorire ripieni e impasti. In pasticceria lo si utilizza in panificazione, nelle creme e in alcuni dolci.

Zenzero

Si tratta della radice di una pianta tropicale tipica dell’Asia orientale. Per il gusto forte e leggermente agrumato della polvere che si ottiene dalla lavorazione dei rizomi, lo zenzero si abbina bene alle preparazioni dolci, oltre a essere usato per aromatizzare alcune bibite (ginger).


STEP 7

5

Alimenti accessori

CHE COS’È IL CACAO

La pianta del cacao è tipica delle regioni a clima tropicale e appartiene alla famiglia delle Sterculiacee. Il frutto (cabossa) ha forma allungata, di colore giallastro-verdognolo che diventa bruno-rossastro a maturazione, con buccia solcata da 10 strisce longitudinali. Contiene da 25 a 40 semi, immersi in una sostanza ricca di zuccheri, chiara e di consistenza gelatinosa. Il suo peso varia fra 300 e 500 grammi, mentre la lunghezza va da 10 a 15 centimetri. I semi, racchiusi all’interno di una polpa asprigna, sono ovali e piatti, a forma di mandorla, di colore bruno-violaceo, disposti in cinque file. Contengono zuccheri, grassi, albuminoidi, alcaloidi e coloranti. Un albero di cacao produce in media 30-50 cabosse, che danno al massimo 1 kg di semi secchi. I semi sono dapprima miscelati, sottoposti a fermentazione per 8-10 giorni, quindi essiccati e tostati a circa 130 °C, acquisendo così caratteristiche organolettiche distintive (profumo, sapore, aroma). Sono quindi macinati per produrre il liquore (o massa di cacao), lavorato in modo diverso in base al prodotto da ottenere. Nel cacao sono contenute più di 400 sostanze, tra le quali caffeina e teobromina, fenilalanina e triptofano (amminoacido essenziale precursore della serotonina), magnesio e fosforo. Inoltre, il cacao è ricchissimo in polifenoli, in particolare epicatechine, con una spiccata attività antiossidante.

LAVORO COOPERATIVO

151

Come si ottiene il burro di cacao

Raccordi interdisciplinari

Sottoponendo la massa di cacao a pressatura (o spremitura) si separa la frazione grassa che, dopo la raffinazione, va a costituire il burro di cacao. La particolare composizione in acidi grassi conferisce spiccate proprietà protettive ed emollienti, che sono sfruttate in ambito cosmetico. Il burro di cacao rimane comunque di largo impiego nell’industria dolciaria, che lo utilizza soprattutto nella preparazione del cioccolato (contenuto ≥ al 18%), nonostante una direttiva europea abbia stabilito che questo alimento possa contenere anche altri grassi tropicali, in misura comunque non superiore al 5%. In particolare, il cioccolato bianco è preparato miscelando latte, saccarosio e burro di cacao, senza l’aggiunta di cacao.

Storia

La scoperta dell’America e la diffusione del cacao in Europa Laboratorio di Sala-Bar e vendita

Il servizio della cioccolata

Come si ottengono il cacao in polvere e il cioccolato Rimacinando i residui della produzione di burro di cacao, si ottiene il cacao in polvere, che contiene sostanza grassa in percentuale compresa tra il 10% e il 35%. Per produrre il cioccolato, si miscelano cacao, burro di cacao, zucchero, lecitina (emulsionante) e, eventualmente, latte in polvere o condensato, frutta a guscio o secca e aromi, creando così le diverse varietà.

Le tipologie di cioccolato

I cioccolati puri possono essere classificati in base alle percentuali di massa di cacao, burro di cacao e zucchero. In classe: procuratevi un cioccolato amaro, un cioccolato fondente e un cioccolato al latte. Per ciascuno di essi, individuate quali sono i componenti e le percentuali dei diversi ingredienti (massa di cacao, burro di cacao, zucchero).


152

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

6

IL CIOCCOLATO

Il cacao destinato ai dolci o alle tavolette subisce un trattamento diverso da quello per produrre il cacao in polvere. Per ottenere le varie tipologie di cioccolato si miscelano, in diverse proporzioni: • massa di cacao; • burro di cacao; • polvere di cacao;

• zucchero; • per la produzione di cioccolato al latte

anche latte in polvere o condensato.

Per quanto riguarda i cioccolati puri, questi si classificano in base alle percentuali di massa di cacao, burro di cacao e zucchero. Nello schema seguente, è possibile confrontare le caratteristiche dei vari tipi di cioccolato.

Composizione percentuale del cioccolato Massa di cacao %

Burro di cacao %

95

5

35-50

15-20

35-50

Dolce

15

15

70

Al latte

10

25

40

15

20-25

50-55

15-18

Amaro Fondente

Bianco

Glossario

Il concaggio

Concaggio

Per stabilizzare la miscela, in alcuni casi si aggiunge la lecitina, un lipide che riduce l’utilizzo del burro di cacao del 5%. Tale miscela deve poi essere sottoposta al concaggio: durante questa procedura, i rulli del macchinario, muovendosi avanti e indietro, scaldano leggermente gli ingredienti della miscela, un’operazione necessaria per far evaporare l’acqua e gli acidi volatili, rendendo così più armonico il sapore della massa di cioccolato. Il riscaldamento avviene a 80-85 °C, per un periodo che varia da 1 a 4 ore. Per ottenere un prodotto di altissima qualità, i tempi di concaggio si possono allungare fino a 54 ore per il cioccolato fondente e fino a 30 ore per il cioccolato al latte. Dal concaggio dipendono: • il sapore; • la rotondità; • la vellutatezza.

Il concaggio è una fase fondamentale della lavorazione del cioccolato. Il termine “concaggio” deriva dal nome della macchina a forma di conchiglia usata un tempo. Le conche moderne sono vasche riscaldate in cui la miscela viene impastata lentamente.

Zucchero %

Latte %

Il concaggio Gli effetti ● La miscela diventa più morbida

e omogenea e la dimensione delle particelle si riduce

● L’umidità e l’acidità diminuiscono ● Gli aromi indesiderati vengono eliminati

e si formano nuove sostanze aromatiche

VIDEOLEZIONE

La sachertorte


STEP 7

Alimenti accessori

153

Il temperaggio Dopo il concaggio, il cioccolato è sottoposto all’ultimo passaggio, il temperaggio, affinché assuma l’aspetto e la consistenza caratteristica. Attraverso il temperaggio, il burro di cacao cristallizza in una forma compatta, priva di cristalli instabili, e si ottiene un prodotto finale lucido, liscio e omogeneo. L’aggiunta di frutta a guscio o secca, come pure di aromi e colori, dà origine alle diverse varietà di cioccolato, che poi viene versato negli stampi per conferire la forma desiderata.

Al termine della lavorazione del cioccolato, le prime caratteristiche che stabiliscono la qualità del prodotto sono il colore, la brillantezza, la superficie perfettamente liscia e il rumore sonoro e secco prodotto quando lo si spezza: queste proprietà si sviluppano mediante il temperaggio, mentre un cioccolato non temperato avrà una struttura sabbiosa e poco resistente e vedrà affiorare in superficie parte del burro di cacao. Il procedimento del temperaggio viene svolto nel corso di tre fasi.

Le fasi del temperaggio Fusione

Per ottenere la fusione perfetta del cioccolato è necessario portarlo a una temperatura intorno ai 45-50 °C, per un periodo di tempo sufficiente a scioglierlo totalmente. Quando si effettua questa operazione, se non si utilizzano le apposite macchine, si consiglia di servirsi di forni a microonde o stufe. Inoltre, la fusione deve avvenire con lentezza e deve essere sottoposta a un controllo continuo.

Raffreddamento

In questa fase la massa del cioccolato viene raffreddata a temperature diverse: 25-26 °C per il cioccolato bianco; 26-27 °C per il cioccolato al latte; 27-28 °C per il cioccolato fondente. È necessario, inoltre, che la massa di cioccolato si raffreddi in maniera omogenea e per fare ciò la si deve mescolare continuamente, perché proprio durante questa fase i cristalli si formano in maniera stabile.

Riscaldamento

Dopo il raffreddamento, si effettua un nuovo riscaldamento: • a 28-29 °C per il cioccolato bianco; • a 29-30 °C per quello al latte; • a 31-32 °C per il cioccolato fondente. Con questa operazione si eliminano i cristalli instabili, che fondono. Alla fine della messa in temperatura, il cioccolato fuso può essere utilizzato.

• • •

Il temperaggio del cioccolato, tuttavia, può essere effettuato anche mediante due altri metodi: il tablaggio e la vaccinazione.

Gli altri metodi per eseguire il temperaggio Tablaggio

Durante questa operazione si fonde il cioccolato a 45 °C, quindi, se ne versano 2/3 su un banco in marmo freddo alla temperatura di circa 20 °C (temperatura ambiente), rimestando continuamente con l’aiuto di una spatola. Di seguito, si unisce il materiale così trattato all’altra parte di cioccolato fuso, poi si mescola il tutto e la massa è pronta all’uso.

Vaccinazione o inseminazione

Per realizzare questo procedimento, è necessario fondere il cioccolato e portare la massa alla temperatura di 34-35 °C, lasciandola poi stabilizzare per circa 20 minuti. Si procede, quindi, a unire al cioccolato fuso una parte di quello in scaglie, effettuando, cioè, la cosiddetta vaccinazione, nella misura del 10% in rapporto alla massa di cioccolato fuso, mescolando poi con cura. Con questo metodo la formazione di cristalli stabili è facilitata dall’introduzione di blocchi di cioccolato solidi.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

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Perché il cioccolato fondente fa bene alla salute Il cioccolato fondente sta vivendo recentemente una forte rivalutazione in campo medico e salutistico. Una ricerca italiana ha fissato a 6,7 g al giorno la giusta dose di cioccolato fondente da assumere per ottenerne tutti i benefici. L’effetto benefico del cioccolato si riduce però se si eccede nelle quantità a causa dell’elevato contenuto calorico e dei grassi. Inoltre, se il cioccolato è al latte, la presenza del latte riduce l’assorbimento degli antiossidanti del cacao e, di conseguenza, inibisce fortemente le sue proprietà di combattere i radicali liberi.

Come si controlla e si conserva il cioccolato Trattandosi di prodotti confezionati, si deve controllare: • la conformità delle etichette; • l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia; • la data di scadenza.

La conservazione Fave di cacao

Cacao in plvere

Burro di cacao

Cioccolato

• In luogo fresco e asciutto • Al riparo dalla luce

• In luogo fresco e asciutto • Al riparo dalla luce

• In luogo fresco e asciutto • Al riparo dalla luce,

• Al riparo dalla luce • Al riparo dagli odori • A temperature comprese

• Al riparo dagli odori, che

• Con umidità massima

che può provocarne la decomposizione

può facilmente assorbire

tra 12 e 18 °C del 65%

• Evitando accuratamente sbalzi di temperatura


STEP 7

7

Alimenti accessori

155

CHE COSA SI INTENDE PER PRODOTTI DOLCIARI

Con l’espressione “prodotti dolciari” si intendono le preparazioni che hanno tra gli ingredienti principali zucchero, miele o altre sostanze che producono una sensazione gustativa dolce. I prodotti dolciari comprendono diversi alimenti, come: • prodotti da forno; • prodotti di pasticceria; • gelati; • caramelle.

I prodotti da forno e di pasticceria

Prodotti da forno

I prodotti da forno sono ottenuti dalla miscela di zucchero, farina e grassi, successivamente sottoposta a cottura in forno. I prodotti da forno dolci devono essere consumati con moderazione, per l’apporto non solo di zuccheri ma anche di grassi.

Prodotti di pasticceria

Questo gruppo riunisce tutte le preparazioni provenienti prevalentemente da una lavorazione artigianale degli ingredienti: torte, paste lievitate, creme, piccola pasticceria, dolci al cucchiaio, decorazioni e farciture. Alcune di queste preparazioni appartengono a pieno diritto alla tradizione nazionale. Visto il probabile apporto di grassi e zuccheri, devono essere consumati comunque con moderazione e inseriti in un contesto di sana alimentazione.

Come si classificano biscotti e merendine Tra i prodotti da forno rientrano i biscotti e le torte, ma anche le merendine. Gli ingredienti principali dei biscotti sono farina, zucchero e grassi, ai quali si aggiungono uova, cacao, cioccolato, spezie e aromi. I biscotti possono essere divisi in biscotti secchi e frollini. I biscotti secchi sono caratterizzati dalla presenza di meno grassi rispetto ai biscotti frollini (mediamente ≤ 13-14%). Nella lavorazione l’impasto di base è laminato, passando attraverso rulli lisci sempre più vicini fino a ottenere lo spessore desiderato. La pasta, una volta tirata, è passata in stampi che danno la forma al biscotto. I frollini prevedono in

Approfondimenti Il decalogo della sana merenda Il CREA ha stilato un decalogo per aiutare i genitori a scegliere la merenda più adeguata. Per saperne di più, vai al libro digitale.

I prodotti di pasticceria tradizionali

Per tutelare alcuni prodotti di pasticceria tradizionali (panettone, pandoro, colomba, savoiardo, amaretto, amaretto morbido), è stata disciplinata la produzione e la vendita. Per saperne di più, vai al libro digitale.

linea generale gli stessi ingredienti di base dei biscotti secchi, ma contengono una percentuale maggiore di grassi e, spesso, anche uova. L’impasto è modellato con una “rotativa”, che lo pressa negli stampi con la forma dei biscotti, e livellato in superficie con un coltello raschiatore. La presenza di farina integrale o l’aggiunta di crusca consente la produzione dei biscotti integrali. Le merendine sono generalmente prodotti industriali e possono avere caratteristiche organolettiche e nutrizionali differenti. Le caratteristiche che rendono una merendina adatta da un punto di vista nutrizionale sono: • un apporto calorico non superiore al 5-7% dell’energia totale; • un contenuto di grassi inferiore al 7% (per porzione).

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7

I prodotti dolciari non comprendono i prodotti artigianali ma solo quelli industriali Prodotti da forno e prodotti di pasticceria vanno consumati con moderazione I biscotti possono contenere anche cacao, cioccolato, spezie e aromi Gli ingredienti principali dei biscotti sono farina, zucchero, grassi I biscotti secchi contengono più grassi dei frollini L’impasto dei biscotti secchi non è sottoposto a laminazione I frollini non contengono mai uova

V V V V V V V

F F F F F F F


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

156 Approfondimenti La produzione del gelato

La preparazione del gelato dipende dalle trasformazioni chimiche e fisiche che avvengono sulle materie prime utilizzate, a partire dall’acqua, che passa dallo stato liquido a quello solido. Per saperne di più, vai al libro digitale.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina e Pasticceria

La bilanciatura del gelato Laboratorio di Sala-Bar e vendita Il servizio del gelato

Come è ottenuto e che cosa caratterizza il gelato Il gelato è ottenuto portando allo stato solido, mediante congelamento, una miscela di ingredienti quali, ad esempio, latte e suoi derivati (burro e panna), uova, zuccheri (saccarosio, monosaccaridi), grassi e oli vegetali, cacao e frutta. Il gelato può contenere additivi, impiegati per mantenere inalterate le sue qualità organolettiche, nella forma di emulsionanti e stabilizzanti (hanno lo scopo di mantenere stabile nel tempo la consistenza del prodotto) oltre che di aromi e coloranti (servono a rendere il gelato più gradevole al gusto e alla vista). Non è necessaria l’aggiunta di conservanti perché la catena del freddo è sufficiente a garantirne la conservazione nel tempo.

Come si classificano i gelati Il gelato può essere classificato in gelato al latte, gelato alla crema di latte, gelato ricoperto al cioccolato e gelato alla frutta. A queste tipologie vanno aggiunti il sorbetto alla frutta, il ghiacciolo e il ghiacciolo alla frutta. Che cos’è il gelato al latte Il gelato al latte deve contenere proteine del latte (almeno il 2%) e grassi del latte (almeno il 2,5%). Che cos’è il gelato alla crema di latte Il gelato alla crema di latte (o gelato alla panna) deve contenere panna, almeno il 2,5% di proteine del latte e almeno l’8% di grassi del latte.

Che cos’è il gelato ricoperto al cioccolato Il gelato ricoperto al cioccolato deve avere una copertura costituita almeno dal 50% di cioccolato. Nei gelati ricoperti al cacao, il cacao deve essere presente per almeno il 5%. Che cos’è il gelato alla frutta Il gelato alla frutta deve contenere succo e polpa di frutta in misura non inferiore al 15% (10% per i gelati agli agrumi o di frutta esotica, 5% per i gelati di frutta secca a guscio). Il contenuto di zuccheri totali deve essere almeno del 20%. Si possono aggiungere latte e derivati, albume d’uovo e grassi vegetali. Le proteine di origine non lattiera non devono superare l’1%. Che cos’è il sorbetto alla frutta Il sorbetto alla frutta non prevede l’aggiunta di grassi e deve contenere frutta (succo e polpa) per almeno il 25% (15% per agrumi e frutta esotica, 7% per frutta secca a guscio). Le proteine non derivate dal latte non devono superare invece l’1%. Che cos’è il ghiacciolo Il ghiacciolo è una miscela di acqua e zucchero con l’aggiunta di frutta (o ortaggi) e derivati, infusi di tè e caffè, bibite e sciroppi, vini, liquori e acquaviti, aromi. La presenza di grassi è ammessa, come pure quella delle proteine del latte, mentre le altre proteine possono arrivare fino all’1%. Che cos’è il ghiacciolo alla frutta Nel ghiacciolo alla frutta, la quantità di frutta presente (succo e/o polpa) deve essere almeno del 10% (5% per agrumi, frutta esotica e frutta a guscio). Se la quantità di frutta è inferiore, è ammessa l’aggiunta di sostanze aromatizzanti, purché la denominazione precisi “Ghiacciolo al gusto di” oppure “Ghiacciolo all’aroma di”.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

Il gelato è solidificato attraverso il freddo Tra gli ingredienti del gelato vi sono latte e derivati, uova, zuccheri, farina, frutta e cacao Il gelato non contiene grassi e oli Il gelato può contenere aromi e coloranti ma non emulsionanti e stabilizzanti Il gelato al latte contiene almeno il 2% di proteine del latte e almeno il 2,5% di grassi del latte Il gelato alla frutta contiene polpa ma non succo di frutta

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STEP 7

Alimenti accessori

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FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono gli alimenti accessori? Gli alimenti accessori sono sostanze non indispensabili e comprendono condimenti, erbe aromatiche e spezie e altri alimenti consumati per piacere (dolci, prodotti dolciari, bibite, bevande nervine e alcoliche). Che cosa sono i condimenti? I condimenti sono composti aggiunti alle preparazioni per arricchirle, addolcirle, acidularle e salarle, esaltandone il gusto e l’aroma. Comprendono l’aceto (ottenuto mediante fermentazione acetica) e l’aceto balsamico (ottenuto da mosto d’uva cotto non fermentato e concentrato), il sale (ottenuto per evaporazione dell’acqua di mare, da giacimenti sotterranei o da salamoie naturali) e i dolcificanti naturali (saccarosio, miele e altre sostanze come glucosio, fruttosio, lattosio, stevia) e artificiali. Che cosa caratterizza erbe aromatiche e spezie? Le erbe aromatiche sono le foglie o altre parti verdi, fresche o essiccate, di piante spontanee o coltivate di solito in aree temperate. Le spezie sono piante prevalentemente di origine esotica, delle quali si utilizzano semi, frutti, radici, fiori, cortecce, rizomi, germogli, pistilli e bacche. Che cos’è e che cosa caratterizza il cacao? La pianta del cacao (Theobroma cacao) produce frutti (cabosse) di forma allungata, bruno-rossastri a maturazione, che contengono da 25 a 40 semi ovali e piatti, a forma di mandorla, di colore bruno-violaceo. I semi sono miscelati, fatti fermentare, essiccati, tostati e macinati per produrre il liquore (o massa di cacao). Dalla massa di cacao si ottiene (mediante pressatura e successiva raffinazione della massa grassa) il burro di cacao, che è usato nella produzione di cioccolato. Macinando i residui si ottiene il cacao in polvere. Il cioccolato è prodotto invece miscelando cacao, burro di cacao, zucchero, lecitina (addensante) e, eventualmente, latte in polvere o condensato, frutta a guscio o secca e aromi.

Che cosa sono i prodotti dolciari? I prodotti dolciari sono preparazioni a base principalmente di zucchero, miele o altre sostanze che producono una sensazione gustativa dolce. Comprendono tra gli altri i prodotti da forno (tra cui biscotti e merendine), i prodotti di pasticceria (torte, paste lievitate, creme, piccola pasticceria, dolci al cucchiaio, decorazioni e farciture) e i gelati (classificati in gelato al latte, gelato alla crema di latte, gelato ricoperto al cioccolato, gelato alla frutta, sorbetti e ghiaccioli).


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

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Verifiche

2 Il gelato alla frutta deve contenere succo e polpa di frutta in misura: A non inferiore al 15% B non inferiore al 10% se a base di agrumi C non inferiore al 5% se a base di frutta secca a guscio D tutte le opzioni sono corrette

Gli alimenti accessori 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Gli alimenti accessori comprendono anche le bevande nervine, ma non quelle alcoliche V L’aceto è ottenuto dalla fermentazione alcolica del vino V L’aceto balsamico è ottenuto da mosto d’uva non ancora fermentato V I condimenti comprendono il sale e l’aceto, ma non lo zucchero V L’aceto è ottenuto anche da liquidi di origine agricola diversi dal vino V I batteri acetici producono acido acetico in assenza di ossigeno V Il sale ottenuto per evaporazione da giacimenti sotterranei è detto sale marino V Salgemma è l’altro nome del sale marino V Il sale dietetico è a ridotto contenuto di sodio V Il sale iodato e il sale iodurato sono addizionati di iodio e ioduro di iodio V Il sale grosso è addizionato di carbonato di calcio e magnesio V Il miele è un alimento di origine animale V Il saccarosio si ottiene dalla barbabietola e dalla canna da zucchero V Il saccarosio grezzo è di colore giallo-bruno V La pastorizzazione del miele favorisce la cristallizzazione V Anche il miele vergine integrale è pastorizzato V La dicitura “Senza zucchero aggiunto” non esclude l’aggiunta di dolcificanti naturali o sintetici diversi dal saccarosio V Le erbe aromatiche sono usate solo fresche V Le spezie sono ottenute anche da rizomi e cortecce V I dolcificanti artificiali apportano energia V

2 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

La percentuale di burro di cacao contenuto nel cioccolato: A è maggiore o uguale al 18% B è minore o uguale al 18% C è superiore al 10% D è superiore al 50%

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3

Il gelato alla crema di latte deve contenere: A almeno il 15% di grassi del latte B almeno il 5% di proteine del latte C grassi e proteine del latte in uguale quantità D nessuna delle opzioni è corretta

4

Il contenuto di burro di cacao nel cioccolato: A deve essere almeno del 20% B deve essere ≥ al 18% C non deve superare il 15% D nessuna delle opzioni è corretta

5 Riguardo ai prodotti da forno è corretto affermare che: A i frollini contengono più grassi dei biscotti secchi e spesso anche uova B l’impasto per biscotti secchi è sottoposto a laminazione C i biscotti possono contenere anche cacao, cioccolato, spezie e aromi D tutte le opzioni sono corrette

3 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Il cacao è ricco di polifenoli I biscotti secchi contengono meno grassi dei frollini I biscotti integrali contengono crusca o farina integrale L’impasto per i frollini è sottoposto a laminazione Per essere adeguate dal punto di vista nutrizionale le merendine non devono apportare più del 5-7% dell’energia totale Il gelato può contenere emulsionanti ma non stabilizzanti Il gelato ricoperto al cioccolato deve avere copertura costituita almeno dal 75% di cioccolato Il sorbetto alla frutta deve contenere frutta per almeno il 25% I ghiaccioli al gusto o all’aroma di frutta possono contenere sostanze aromatizzanti e frutta in misura inferiore ai limiti stabiliti per i ghiaccioli alla frutta Una merendina è adeguata dal punto di vista nutrizionale se non contiene grassi in quantità superiore al 20%

V F V F V F V F V F V F V F V F

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STEP 7

Alimenti accessori

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Laboratorio delle competenze La degustazione del cioccolato in tavoletta Acquista una tavoletta di cioccolato bianco e una di cioccolato fondente. Esegui la degustazione compilando la scheda seguente. Tipo di cioccolata: ............................................................. Produttore: ........................................................................ Percentuale di cacao: ........................................................ Che cosa faccio

Data e ora della degustazione: .......................................... Costo per 100 g: ................................................................ Apporto energetico: ...........................................................

Che cosa valuto Quale senso è coinvolto

Esprimo un giudizio

Lo osservo

Aspetto/Vista

Colore ......................................................................... Lucidà /opacità ........................................................... Presenza di bolle d’aria .............................................. Presenza di macchie biancastre ................................ Presenza di striature ...................................................

Lo spezzo

Snap alla rottura/Udito

....................................................................................

Profumo/Olfatto

Cacao Floreale Fruttato Vegetale

Lo avvicino a naso e labbra, lo tocco

Tatto

Liscio Vellutato Granuloso

Assaggio facendolo fondere lentamente in bocca e distribuendolo sul palato

Tatto

Liscio Vellutato Granuloso

Assaggio facendolo fondere lentamente in bocca e distribuendolo sul palato

Tempo di fusione

Lungo Medio Corto

Sapore/Gusto

Dolce Amaro Salato Acido

Assaggio facendolo fondere lentamente in bocca e distribuendolo sul palato

Aroma/Gusto e olfatto

Cacao Floreale Fruttato Vegetale

Considerazioni finali

Persistenza in bocca Intensità al naso

Lo avvicino a naso e labbra

Assaggio facendolo fondere lentamente in bocca e distribuendolo sul palato

Tostato Speziato Altro .........................................

Tostato Speziato Altro .........................................

....................................................................................


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

160

STEP

8

Approfondimenti Le fonti idriche

Le fonti idriche più utilizzate per scopo potabile sono le acque sotterranee (sorgenti e pozzi) e le acque superficiali. Per saperne di più, vai al libro digitale.

1

Acque e bevande

CHE COS’È L’ACQUA

L’acqua è un componente essenziale per la sopravvivenza degli organismi. È necessario assumere tutti i giorni una quota adeguata di acqua in modo tale da mantenere l’equilibrio idroelettrolitico. In qualità di alimento, l’acqua apporta anche una quantità variabile di sali minerali. Da un punto di vista nutrizionale non ci sono differenze tra acqua naturale e acqua addizionata in anidride carbonica. L’anidride carbonica rende l’acqua più dissetante, ma è controindicata ai soggetti con problemi di gastrite o di meteorismo.

2

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DELLE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO

L’acqua potabile deve essere: incolore, insapore, inodore, priva di particelle sospese, chimicamente pura (priva di sostanze tossiche in quantità nocive per l’organismo) e batteriologicamente pura (priva di batteri patogeni). L’acqua è disponibile tramite la rete idrica comunale (acqua del rubinetto) o in bottiglia.

Le due definizioni di “acque destinate al consumo umano” ● Acque trattate e non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori

● Acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale

LAVORO COOPERATIVO

La Giornata mondiale dell’acqua

Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e dedicata ogni anno a un aspetto particolare della protezione della risorsa idrica. A gruppi di tre: cercate informazioni in rete sulla Giornata mondiale dell’acqua rispondendo alle domande. • Qual è il tema specifico di quest’anno? • Qual è l’obiettivo della Giornata mondiale dell’acqua? • Quali informazioni potete trovate sul sito www.wordlwaterday.org? • Che cosa significa l’acqua per ciascuno di voi? • Che cosa significa l’acqua per la popolazione mondiale?


STEP 8

Acque e bevande

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Che cosa sono le acque minerali naturali L’acqua minerale naturale è un’acqua di origine sotterranea e protetta. È batteriologicamente pura all’origine e ha composizione chimica caratteristica e costante. È imbottigliata tal quale all’origine in contenitori sicuri e controllati. Per essere considerata tale e quindi commercializzata, deve ottenere un riconoscimento dal Ministero della Salute e un’autorizzazione alla commercializzazione da parte della Regione. L’acqua piovana, una volta caduta al suolo, penetra in profondità, infiltrandosi e scorrendo tra le rocce, anche per decenni. Si arricchisce, così, di sali minerali e si purifica andando ad alimentare le falde acquifere e diventando così acqua minerale naturale. Una linea con imbottigliamento generalmente esegue le seguenti azioni: • soffiaggio della preforma per ottenere la bottiglia di PET o lavaggio e sanificazione delle bottiglie in vetro; • risciacquo con acqua minerale; • sgocciolatura delle bottiglie capovolte;

• riempimento della bottiglia; • aggiunta di anidride carbonica

per le acque “frizzanti”; • tappatura ermetica; • etichettatura; • imballaggio e invio allo stoccaggio. Le acque minerali sono classificate: • in base al residuo fisso (quantità di sali minerali disciolti): valori elevati di residuo fisso, maggiori di 1000 mg/L, possono rendere l’acqua salata o amara al gusto, così come valori estremamente bassi danno la sensazione di un’acqua piatta o insipida; • per componenti caratteristici e proprietà salutari approvate dal Ministero della Salute previa sperimentazione clinico-farmacologica. La durezza dell’acqua invece è la caratteristica che misura la presenza di sali di calcio e magnesio, legata alla natura dei suoli e delle rocce attraversati dall’acqua. L’unità di misura più utilizzata per esprimerla è il grado francese (°f).

Raccordi interdisciplinari Scienze motorie

Attività fisica e idratazione Italiano

L’acqua nella letteratura: U. Foscolo, “A Zacinto” in Sonetti (1803); G. Ungaretti, “Fiumi”, in L’allegria di naufragi (1919); E. Montale, “Spesso il male di vivere”, in Ossi di seppia (1925)

Glossario Residuo fisso

Il residuo fisso indica la quantità di sali disciolta in un litro di acqua ottenuta mediante evaporazione dell’acqua a 180 °C.

La classificazione delle acque In base al residuo fisso

In base alla composizione qualitativa

• Minimamente mineralizzate Residuo fisso < 50 mg/L • Oligominerali Residuo fisso tra 50 e 500 mg/L • Mediamente mineralizzate Residuo fisso tra 500 e 1500 mg/L • Ricche di sali minerali Residuo fisso > 1500 mg/L

• • • • • • • • • •

Contenente bicarbonato Solfata Clorurata Calcica Magnesiaca Fluorata o contenente fluoro Ferruginosa o contenente ferro Acidula Sodica Povera di sodio

In base alla durezza • Acque leggere o dolci Durezza inferiore a 15 °f • Acque mediamente dure Durezza compresa tra 15 e 30 °f • Acque dure Durezza superiore a 30 °f

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6 7

L’acqua piovana si purifica scorrendo verso la falda acquifera La bottiglia in PET viene risciacquata con acqua minerale prima di essere riempita Le bottiglie in vetro vanno sanificate prima di essere riempite con acqua minerale naturale Le bottiglie vanno chiuse ermeticamente L’addizione di anidride carbonica avviene direttamente nella bottiglia L’acqua è una fonte alimentare di sali minerali L’acqua addizionata in anidride carbonica ha residuo fisso diverso dall’acqua naturale

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162

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Che cosa riporta l’etichettatura dell’acqua minerale naturale L’etichetta apposta sulle bottiglie di acqua minerale deve riportare: • il nome dell’acqua minerale naturale; • il luogo di origine, cioè la località nella quale l’acqua minerale naturale è imbottigliata; • il termine minimo di conservazione, cioè la data fino alla quale il prodotto, in adeguate condizioni di conservazione, mantiene le sue proprietà specifiche; • il lotto, che consente di individuare la partita del prodotto e la sua linea di imbottigliamento, ai fini della rintracciabilità; • l’analisi chimica, che riporta gli elementi caratteristici di ciascuna acqua minerale naturale, espressi in milligrammi per litro; • la classificazione in ragione del residuo fisso; • la dicitura “Microbiologicamente pura”, che attesta l’assenza di germi pericolosi per la salute e di indicatori di inquinamento, ma non esclude la presenza di una certa flora microbica naturale e tipica a dimostrazione che l’acqua minerale naturale non è stata trattata; • le qualità salienti, cioè le proprietà favorevoli approvate dal Ministero della Salute; • la quantità netta di acqua minerale naturale nel contenitore; • il codice a barre, che fornisce indicazioni leggibili per rilevatori elettronici riferibili al produttore e all’articolo venduto presso la distribuzione; • la dicitura ambientale, cioè la frase o il disegno che invita a non disperdere il contenitore nell’ambiente dopo l’uso; • le indicazioni per la conservazione del prodotto, per consentire all’acqua minerale naturale di mantenere le sue caratteristiche originarie. CLASSE CAPOVOLTA

Che cosa sono le acque di sorgente La denominazione “acqua di sorgente” è riservata all’acqua potabile imbottigliata alle migliori sorgenti, dalle quali proviene anche l’acqua immessa nelle reti idriche. L’acqua di sorgente può subire alcuni trattamenti, quali la filtrazione, l’eliminazione o l’aggiunta dell’anidride carbonica, il trattamento con ozono, ma non può essere sottoposta a trattamento con cloro. Non ha l’obbligo di riportare in etichetta la composizione analitica, non può vantare applicazioni terapeutiche o attributi come, ad esempio, minerale, mineralizzata, naturale.

Che cosa sono le acque da tavola Le acque da tavola sono, invece, imbottigliate direttamente al rubinetto ed eventualmente modificate con trattamenti chimico-fisici. La normativa, tuttavia, non prevede una denominazione univoca dell’acqua da tavola, che può essere chiamata anche con altri termini (acqua, acqua da bere). Le confezioni di acqua da tavola non hanno l’obbligo di riportare in etichetta la loro composizione analitica, e nemmeno possono essere vantate applicazioni terapeutiche o attributi riservati alle acque minerali. La legge consente di addizionare anidride carbonica o arricchire di calcio e sodio.

Le acque minerali in commercio

A casa: recati in un supermercato, fai una lista delle acque minerali in commercio e infine scrivi un report sulla varietà e qualità del materiale inventariato. In classe: confronta il tuo report con quelli elaborati dalle compagne e dai compagni al fine di realizzare, guidati dall’insegnante, una classifica delle acque minerali vendute nei supermercati del territorio.


STEP 8

3

Acque e bevande

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CHE COSA SONO LE BEVANDE ANALCOLICHE

Le bevande analcoliche hanno contenuto alcolico massimo pari a 1,2%. Sono divise in due categorie: • le bevande gassate, che sono prodotte diluendo l’ingrediente principale con acqua satura di anidride carbonica e dolcificate con zucchero o dolcificanti (cola, aranciata, cedrata, ginger ale, e in generale soft drink ed energy drink); • le bevande non gassate, che non contengono anidride carbonica e non sono necessariamente zuccherate. Fanno parte delle bevande analcoliche anche gli integratori salini, preparati con l’aggiunta di vitamine, sali minerali e acidi organici e assunti per il reintegro in seguito all’attività sportiva. Le bevande analcoliche sono preparate con acqua potabile, sciroppi, succhi di frutta varia, estratti di frutta, essenze minerali, infusi, piante commestibili, zuccheri di varia natura, acido citrico, acido tartarico e coloranti autorizzati dalla normativa vigente. Sono distinte in: • bibite a base di succo di frutta (limone, arancio, pompelmo), contenenti una percentuale minima del succo indicato nella denominazione pari al 12%; • bibite a base di estratto vegetale (chinotto, cedrata), prive di indicazioni legislative riguardo alla preparazione; • bibite con nomi di fantasia, scelti senza alcun particolare riferimento agli ingredienti (come l’acqua tonica o le cole).

Che cosa sono i succhi di frutta Nella categoria dei succhi di frutta, si definisce: • succo di frutta il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto con procedimento meccanico, che conservi colore, aroma e gusto del succo dei frutti dai quali deriva; • succo di frutta concentrato il prodotto ottenuto mediante l’eliminazione di parte dell’acqua (< 50%);

Glossario Energy drink

• succo di frutta da concentrato il prodotto

ottenuto reinserendo nel succo di frutta concentrato l’acqua estratta dal succo al momento della concentrazione; • succo di frutta disidratato il prodotto in polvere ottenuto dalla completa eliminazione dell’acqua; • nettare di frutta il prodotto non fermentato ma fermentescibile, ottenuto per aggiunta di acqua e zucchero al succo di frutta, al succo di frutta concentrato, alla purea di frutta concentrata o alla miscela di questi prodotti. È ammessa l’aggiunta di anidride solforosa (come antimicrobico), di anidride carbonica, di acido ascorbico e dei suoi sali (in qualità di antiossidanti) e di acido citrico (come acidificante). Dal punto di vista nutrizionale, i succhi di frutta sono ricchi di acqua, sali minerali e vitamine, ma anche di zuccheri semplici che, per l’assenza della fibra, sono facilmente assimilabili. Un consumo eccessivo di succhi di frutta potrebbe portare a un incremento della glicemia e dei trigliceridi circolanti. Qualora siano aggiunti acqua e zuccheri alla purea di frutta, si può usare la denominazione “Succo e polpa di…”.

VIDEOLEZIONE

Il servizio delle bibite in bottiglia

Gli energy drink sono bevande analcoliche che contengono sostanze in grado di stimolare il sistema nervoso (caffeina, taurina, ginseng, ginkgo biloba) e, per questo, vanno consumati con moderazione.

Approfondimenti La produzione dei succhi di frutta Un’apposita scheda in formato digitale rappresenta lo schema di produzione dei succhi di frutta. Per saperne di più, vai al libro digitale.


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Educazione civica

Educazione alimentare Le bevande zuccherate Le bevande zuccherate apportano calorie vuote, perché contengono esclusivamente zuccheri, che determinano un rapido incremento della glicemia, con un impatto negativo sul metabolismo glucidico e lipidico.

Gli effetti negativi delle bevande zuccherate Non determinano senso di sazietà. Sono molto appetibili e, di conseguenza, è facile abusarne (mezzo litro di tè freddo o di bevanda gassata si beve molto più facilmente e velocemente rispetto a mezzo litro di acqua). Contengono spesso acido ortofosforico, che sequestra calcio, magnesio e zinco, impedendone l’assorbimento. Hanno un effetto cariogeno. La loro acidità inattiva l’alfa-amilasi salivare, ostacolando la digestione degli amidi, e inibisce la secrezione di acido cloridrico, necessario alla digestione delle proteine nello stomaco.

Tra gli additivi utilizzati, un conservante chimico piuttosto comune è il benzoato di sodio (E211). Spesso le bevande analcoliche contengono anche coloranti. È diverso il discorso delle bevande addizionate di dolcificanti, come le bibite light, che non apportano calorie, ma sono comunque dolci grazie ai dolcificanti. Il loro consumo abituale è comunque sconsigliato per il rischio di assunzioni elevate di dolcificanti. Le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana raccomandano particolare attenzione verso l’assunzione di bevande zuccherate, perché per bambini e adolescenti rappresentano la principale fonte di zuccheri liberi. Senza contare che, a ogni età, aumentano il rischio di diabete di tipo 2 e di sindrome metabolica. Inoltre, se consumate in modo eccessivo, portano un aumento del peso corporeo. Il consumo di bevande zuccherate coinvolge anche altri aspetti poiché è un indicatore della qualità della dieta, perché generalmente chi le assume in modo frequente tende a trascurare l’assunzione di frutta, verdura e latte.

CLASSE CAPOVOLTA

La dipendenza da zuccheri

Hai mai sentito parlare di sugar addiction? Questo termine indica l’atteggiamento di chi ha un problema di perdita di autocontrollo nei confronti di alcuni cibi, in questo caso dello zucchero. A casa: cerca in rete informazioni e dati relativi al fenomeno della sugar addiction, individuando: • i sintomi patologici; • le fasce di età a rischio; • le conseguenze per la salute. Organizza le informazioni in una infografica. L’infografica, o informazione grafica, è una rappresentazione visiva di informazioni attraverso grafici, immagini, tabelle, schemi, illustrazioni. In classe: confronta il tuo lavoro con quello delle compagne e dei compagni, mettendo in luce analogie, differenze, punti di forza e punti di debolezza.


STEP 8

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Acque e bevande

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CHE COSA SONO LE BEVANDE NERVINE

Approfondimenti Karkadè

Le bevande nervine sono caratterizzate dalla presenza di particolari componenti chimici che svolgono un’azione sul sistema nervoso, in funzione della quale sono suddivise in: • bevande nervine ad azione stimolante (caffè, tè, cioccolata, karkadè); • bevande nervine ad azione calmante (camomilla e tisane).

Questa bevanda ad azione stimolante è ottenuta dall’infusione dei petali del fiore dell’ibisco (Hibiscus sabdariffa). Per saperne di più, vai al libro digitale.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Sala-Bar e vendita

Quali sono le bevande nervine ad azione stimolante

Il servizio delle bevande nervine

Queste bevande contengono alcaloidi (caffeina, teofillina e teobromina) che hanno azione stimolante sul sistema nervoso centrale. Comprendono il caffè, il tè e la cioccolata.

Caffeina

Teofillina

Teobromina

Le bevande e gli alimenti nervini Alimento o bevanda

Sostanza nervina principale

Caffè

Caffeina

Teofillina

Cacao, cioccolato e cioccolata

Teobromina

Guaranà

Sinefrina

Arancio amaro

Efedrina

Mate

Caffeina

Cola

Caffeina

ESERCIZIO 1 2 3 4

Le bevande nervine esercitano un’azione sul sistema nervoso L’azione delle bevande nervine è esclusivamente calmante Il cacao non contiene teobromina La cola contiene caffeina

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Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Il caffè La pianta del caffè è coltivata in tutte le zone subtropicali a clima caldo e umido e appartiene alla famiglia delle Rubiacee. Le specie del genere Coffea sono numerose e le più usate sono la Coffea arabica e la Coffea robusta. La principale sostanza nervina presente nel caffè è la caffeina. Questo alcaloide è rapidamente assorbito dal sistema nervoso centrale, favorendo una maggiore attività mentale e diminuendo il senso di affaticamento. Stimola inoltre la muscolatura cardiaca, dilata i vasi sanguigni, favorisce la secrezione gastrica e agisce sui reni, aumentando la diuresi. Oltre alla caffeina, il caffè contiene anche quantità minori di altri alcaloidi (trigonellina e teofillina). Dal punto di vista nutrizionale, il caffè non apporta nutrienti e non è calorico.

VIDEOLEZIONE

VIDEOLEZIONE

Il servizio del tè

Oltre alla teofillina, il tè contiene anche caffeina e teobromina. Questi alcaloidi costituiscono nell’insieme il 2,5-5,5% del residuo secco. In particolare, l’apporto di caffeina è nell’ordine di 40-100 mg per tazza. Grazie al contenuto di polifenoli, svolge un’azione positiva nella regolazione della circolazione sanguigna perché aumenta la permeabilità dei capillari. Apporta anche discrete quantità di sali minerali e, soprattutto nel tè verde, antiossidanti (catechine).

La cioccolata Il servizio del caffè espresso

Il tè Questa bevanda nervina è ottenuta per infusione delle foglie secche di Camellia sinensis e Camellia assamica. La principale sostanza nervina presente nel tè è la teofillina, che ha effetti stimolanti sul sistema nervoso centrale ed è ampiamente metabolizzata nel fegato (fino al 70%). Le sue principali azioni sono: • rilassamento della muscolatura liscia bronchiale; • aumento della contrattilità del muscolo cardiaco; • incremento della frequenza cardiaca; • aumento del flusso ematico renale; • funzione anti-infiammatoria; • stimolazione del sistema nervoso centrale.

Questa bevanda nervina è a base di cacao in polvere non magro, latte, zucchero e fecola di patate, in qualità di addensante. A questi ingredienti di base, possono essere aggiunti elementi aromatizzanti, nella forma di spezie (cannella, vaniglia, peperoncino), caffè, frutta a guscio (mandorla, nocciola, pistacchio), agrumi (arancia, mandarino) e liquori (al caffè, all’arancia, alle noci, alle mandorle). Il cacao contiene teobromina, l’alcaloide responsabile degli effetti sull’organismo attribuiti al cacao e ai suoi derivati. La cioccolata apporta nutrienti energetici (proteine, lipidi e glucidi semplici) e sali minerali (magnesio, ferro e fosforo) e va consumata con moderazione per l’elevato apporto calorico. Nel caso del cioccolato e degli altri preparati a base di cacao, bisogna fare attenzione a non scegliere quelli contenenti olio di palma o di cocco.


Approfondimento

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Caffè e tè Quali sono le caratteristiche della pianta del caffè La pianta del caffè, pur essendo diffusa in tutte le aree a clima tropicale, pare essere originaria della penisola arabica e dell’Etiopia. Si tratta di un sempreverde, con foglie verde chiaro, dal profumo che rimanda al gelsomino. Produce frutti (drupe) rossi a maturazione, raccolti in periodi diversi in funzione della zona di produzione. Contengono due semi (chicchi) combacianti e disposti l’uno contro l’altro, ciascuno con un lato convesso e l’altro piatto percorso da una scanalatura. Sono ricoperti di due pellicole, la prima rigida (pergamino) e la seconda di colore argenteo, e hanno colore variabile tra il giallo e il verdognolo. Oggi il principale produttore di caffè è il Brasile. Quali sono le principali qualità di caffé Delle diverse specie esistenti, soltanto due hanno rilevanza: • la Coffea arabica, detta solitamente arabica: considerata di qualità migliore, rappresenta circa i 3/4 della produzione mondiale di caffè. Presenta chicchi dalla forma appiattita e allungata, piccoli ma particolarmente aromatici. Produce un caffè aromatico, dal giusto corpo e sapore poco amaro e persistente con un contenuto in caffeina dello 0,9-1%. Cresce ad altitudini superiori a 900 m ed è sensibile al caldo e all’umidità; • la Coffea canephora, nota comunemente come robusta: considerata di qualità inferiore, rappresenta circa 1/4 della produzione mondiale di caffè. Produce grani più piccoli, di forma tondeggiante e con un contenuto di caffeina più elevato. Produce un caffè con aroma più debole, gusto più amaro, a volte astringente, e contenuto in caffeina che va dall’1,6 al 2,8%. La pianta è più robusta, resiste anche in condizioni climatiche sfavorevoli e cresce a 200-300 m di altitudine. Come avviene la lavorazione del caffè La lavorazione può avvenire: • a secco (caffè naturale o non lavato): le drupe essiccate al sole o in essiccatoi sono passate in macchine decorticatrici per rimuovere buccia e pergamino, quindi setacciate per separare i chicchi dai residui e dividerli in base alla dimensione; • in umido (caffè lavato): le drupe sono spolpate con apposite macchine che liberano i semi. Questi ultimi sono sottoposti a fermentazione, quindi lavati, essiccati al sole o in essiccatoi e, infine, privati del pergamino e setacciati mediante appositi macchinari. L’operazione più importante è la successiva torrefazione, che conferisce al prodotto colore, gusto e aroma caratteristici. Il pregio del caffè deriva però spesso dalla miscelazione di qualità diverse, che può avvenire prima o dopo la torrefazione.

Glossario Torrefazione

La torrefazione è un’operazione che consiste nell’abbrustolire i semi di caffè riscaldandoli gradatamente fino a temperature elevate.


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Approfondimento

Quali sono le caratteristiche nutrizionali del caffè Il consumo di caffè o di altre bevande nervine ad azione eccitante, come il tè e la cioccolata, ha effetti sulla salute dell’individuo, in particolare sul sistema cardiovascolare. Di conseguenza dovrebbe essere limitato. Come si controlla e si conserva il caffè Trattandosi di prodotti acquistati in confezioni sottovuoto oppure in atmosfera protettiva, si deve controllare la conformità delle etichette, nonché l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia. In particolare, è fondamentale controllare sempre la data di scadenza. Il caffè teme il calore, la luce, l’umidità e l’aria e, per questo, va conservato in contenitori a chiusura ermetica, collocati al riparo dalla luce, in ambienti freschi e asciutti. Il caffè in grani è meno delicato di quello già macinato, ma va conservato adottando gli stessi accorgimenti. Come si impiega in cucina e in pasticceria Per tradizione sono molteplici gli usi del caffè in pasticceria: • quello liquido è usato per bagnare impasti; • quello in pasta e quello liofilizzato per aromatizzare gelati, biscotti, ripieni e bavaresi. In cucina è impiegato per: • zuppe a base di cereali e legumi, risotti e primi piatti a base di pasta, non solo come polvere, quasi fosse una spezia, ma anche come ingrediente liquido; • salse a base di caffè, che si abbinano egregiamente con carni rosse, volatili e selvaggina, nonché con prodotti ittici, in particolare con pesci di acqua dolce; • salse a base di agrumi o altri frutti acidi e in quelle tagliate con il chutney. Infine il caffè è usato anche nella produzione di bibite sia analcoliche, sia alcoliche.


Approfondimento

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Quali sono le caratteristiche del tè La pianta del tè è un sempreverde tipico delle zone tropicali e subtropicali. La raccolta delle foglie avviene in genere a mano. Le differenze tra i vari tipi di tè non sono dovute però alla varietà di appartenenza, ma piuttosto: • al terroir: caratteristiche del terreno, del clima, delle tecniche colturali; • al tipo di lavorazione usata per germogli e foglie, che, dopo la raccolta, sono convogliati presso gli stabilimenti per la trasformazione in tè nero (fermentato), tè Oolong (semifermentato) e tè verde (non fermentato).

I vari tipi di tè Tè nero

È il più diffuso e consumato. Risponde alla richiesta del mercato occidentale di tè dal gusto forte che siano buoni sostitutivi del caffè. È prevalentemente di origine indiana e africana e, in misura minore, anche cinese. È ottenuto lavorando le foglie appassite in condizioni di umidità e temperatura tali da attivare la fermentazione naturale. Terminata la fermentazione, le foglie vengono essiccate mediante esposizione al calore. La fermentazione totale conferisce a questo tè colore scuro e aroma marcato, ma lo priva della maggior parte degli antiossidanti e aumenta la concentrazione di caffeina.

Tè verde

È il più consumato in Cina e Giappone. È ottenuto bloccando la fermentazione naturale esponendo le foglie appena raccolte all’azione del vapore (in Giappone) oppure sottoponendole a cottura ed essiccazione immediata in forni ventilati (in Cina). Le foglie sono lavorate poi a mano, conferendo la forma desiderata (arrotolate in palline, ripiegate, avvolte a spirale). Il tè verde cinese più diffuso è il Gunpowder. L’infuso di tè verde è chiaro e profumato.

Tè Oolong

È ottenuto bloccando la fermentazione prima del suo completamento mediante torrefazione. Le foglie destinate alla produzione di questo tè sono lavorate subito dopo la raccolta, appassendole alla luce del sole e lasciandole fermentare per il tempo desiderato in recipienti di bambù. L’infuso di tè Oolong è corposo e intenso.

Tè bianco

Prodotto a partire dalle foglie e dalle gemme più giovani, ancora ricoperte di una sottile lanugine bianca che conferisce un delicato riflesso argenteo. La lavorazione dei germogli è simile a quella del tè verde, dalla quale si differenzia però perché è prevista una leggerissima fermentazione e l’essiccazione avviene al sole. Il tè bianco produce un infuso molto chiaro e delicato.

Tè Pu-erh

È ottenuto a partire da tè verde o tè nero, sottoposto a una lavorazione particolare, in presenza di batteri selezionati, che determina il particolare sapore di terra umida. Commercializzato in foglie sciolte, panetti, torte e palline, è l’unico tè che può essere conservato a lungo, tanto che alcune tipologie sono lasciate affinare anche per anni.

Tè aromatizzati

Sono preparati a partire da tè nero, Oolong o verde, con l’aggiunta di petali o boccioli di fiori, come avviene per tradizione in Cina, oppure usando oli essenziali scelti tra gli aromi più diversi. Gli elementi aromatizzanti più diffusi sono il gelsomino, il crisantemo dolce, il loto e la rosa, ma sono usati anche frutti ed erbe aromatiche.

Tè mélange

È frutto di ricette segrete di proprietà dei produttori, ottenute miscelando tè diversi, oli essenziali, fiori, frutti, scorze di agrumi ed erbe aromatiche.


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Approfondimento Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Quali sono le caratteristiche nutrizionali del tè Il tè contiene sia caffeina sia teofillina, in concentrazioni che vanno da 40 a 100 mg per tazza. Apporta sali minerali e composti antiossidanti. In particolare, il tè verde ha effetti protettivi per il sistema cardiovascolare e un’azione preventiva contro i tumori. Il tè verde non andrebbe associato a latte e derivati, perché la caseina neutralizza i polifenoli preservati dal processo di lavorazione. Come si controlla e si conserva il tè Trattandosi di prodotti acquistati in confezioni, vanno verificate: • la conformità dell’etichettatura; • l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia; • la data di scadenza. Il tè in foglie assorbe umidità e odori e teme la luce. Va conservato quindi in luoghi freschi e asciutti, debitamente separato da alimenti che potrebbero alterarlo, utilizzando recipienti non trasparenti. Quali sono gli impieghi del tè in cucina e in pasticceria Il tè trova impiego per la preparazione di granite, gelati, sorbetti, gelatine, così come per creme e salse. Può essere usato anche nella preparazione di prodotti da forno, sia dolci sia salati. Non manca di essere utilizzato nella preparazione di risotti, talvolta nelle versioni aromatizzate (gelsomino e vaniglia). In infusione in brodo di pesce o di pollo può essere usato come elemento aromatizzante alternativo e insolito per carni e pesci.

ESERCIZIO 1 Le drupe, i frutti della pianta del caffè, contengono due semi (chicchi) combacianti, ricoperti di due pellicole e di colore variabile 2 La specie arabica ha chicchi di forma appiattita e allungata particolarmente aromatici 3 La specie robusta ha chicchi più piccoli ma produce il caffè migliore 4 La specie arabica genera un caffè con sapore poco amaro ma persistente e con un contenuto in caffeina dello 0,9-1% 5 La specie robusta produce un caffè con meno caffeina e aroma più debole 6 La torrefazione del caffè fa parte della lavorazione a secco 7 Nel caffè colore, gusto e aroma sono conferiti al prodotto tramite la torrefazione 8 Il pregio del caffè deriva spesso dalla miscelazione di qualità diverse, prima o dopo la torrefazione 9 Il caffè va conservato in contenitori a chiusura ermetica in ambienti freschi e asciutti 10 Salse a base di caffè non sono usate come abbinamento per piatti di carne o pesce 11 I vari tipi di tè si differenziano per terroir e tipo di lavorazione 12 Il tè verde è un tè semifermentato chiaro e profumato 13 La torrefazione è usata nel tè Pu-erh per bloccare la fermentazione 14 Il tè contiene sia caffeina sia teofillina e apporta composti antiossidanti

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STEP 8

Acque e bevande

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Che cosa sono le tisane

sul prodotto essiccato. L’infusione dura alcuni minuti, quindi si procede alla filtrazione. • La decozione si ottiene facendo bollire per un certo tempo l’acqua in cui sono immerse parti di una pianta al fine di estrarre le componenti officinali e aromatiche.

Le tisane sono bevande nervine ad azione calmante. Sono ottenute per infusione e macerazione o per decozione di una o più erbe essiccate diverse dalla pianta del tè. • L’infusione si prepara versando acqua o latte a temperatura (calda o bollente)

Le funzioni delle piante Funzione

Piante

Digestiva

Menta, timo, melissa, malva

Diuretica

Equiseto, rosa canina, borragine, sambuco

Calmante

Camomilla, melissa, valeriana, biancospino

Sedativa

Valeriana, rosolaccio, passiflora, tiglio

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CHE COSA SONO LE BEVANDE ALCOLICHE

A caratterizzare tutte le bevande alcoliche è la presenza di alcol etilico in quantità variabile. Queste bevande sono ottenute: • dalla fermentazione di soluzioni zuccherine; • dalla distillazione di soluzioni zuccherine fermentate; • disciogliendo sostanze aromatiche in soluzioni alcoliche zuccherine. Le bevande alcoliche sono classificate in due categorie: • bevande fermentate, prodotte dalla fermentazione alcolica, ossia dalla trasformazione in alcol degli zuccheri contenuti nell’uva, in altri frutti o nei cereali; • bevande distillate, ottenute attraverso il processo della distillazione.

Le bevande fermentate Vino

È ottenuto dalla fermentazione dell’uva o del succo (mosto) d’uva. Ha gradazione di 9-15% Vol.

Birra

È ottenuta dalla fermentazione del mosto di luppolo, malto, orzo mescolato ad altri cereali. Ha gradazione di 2-7% Vol.

Sidro

È ottenuto dalla fermentazione del succo di mele o di pere. Ha gradazione di 4,5-6,5% Vol.

Le bevande distillate Acquaviti (o superalcolici)

Sono ottenute dalla distillazione di bevande fermentate (vino, sidro) o di altri prodotti che hanno subito un processo di fermentazione (vinacce, cereali, melassa). Hanno alta gradazione alcolica.

Bevande liquorose (liquori dolci o secchi, ma anche digestivi o amari)

Sono ottenute da miscugli di alcol, più o meno diluito, con essenze o estratti di piante aromatiche.


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

172 Glossario Bevanda spiritosa

È una bevanda alcolica destinata al consumo umano, con particolari caratteristiche organolettiche e titolo alcolometrico minimo del 15% in volume, ottenuta mediante distillazione, macerazione o miscelazione di più componenti alcoliche, con eventuale aggiunta di altri ingredienti (aromi, zuccheri, edulcoranti).

Che cosa prevede l’etichettatura delle bevande alcoliche Il Regolamento (CE) n. 110/2008 fornisce disposizioni riguardanti l’etichettatura, disponendo che se la designazione, la presentazione o l’etichettatura di una bevanda spiritosa comprendono l’indicazione delle materie prime impiegate per ottenere l’alcol etilico, ciascun tipo deve essere riportato in ordine decrescente di quantitativo utilizzato.

Nel caso di assemblaggi, è consentito riportare il termine assemblato o assemblaggio. Il periodo d’invecchiamento può essere precisato, ma deve riferirsi al componente alcolico più giovane. Se la bevanda ha una gradazione alcolica superiore a 1,2% Vol. e contiene acido glicirrizico o il suo sale di ammonio come tali o per aggiunta di liquirizia in concentrazione superiore a 300 mg/l, occorre far comparire la dicitura “Contiene liquirizia – Evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione”.

Le indicazioni obbligatorie in etichetta ● Denominazione di vendita, tenendo conto delle eventuali disposizioni relative alle indicazioni geografiche

● Titolo alcolometrico volumico espresso in % Vol., qualora sia superiore a 1,2% Vol. ● Volume nominale ● Nome o ragione sociale o marchio depositato e la sede o del fabbricante o del ● ● ● ● ● ●

confezionatore o di un venditore stabilito nell’UE Sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento Sostanze allergizzanti, intese come ingredienti eventualmente utilizzati Dicitura per identificare il lotto di produzione che consenta la rintracciabilità del prodotto Istruzioni per l’uso se necessarie Luogo di origine o di provenienza, nel caso l’omissione possa indurre in errore l’acquirente circa l’origine o la provenienza del prodotto Elenco degli ingredienti, se presenti, con l’indicazione della quantità, se prevista

ESERCIZIO 1 Il titolo alcolometrico minimo di una bevanda spiritosa è del 15% in volume 2 Nelle etichette delle bevande alcoliche, le materie prime vanno indicate in ordine crescente di quantitativo utilizzato 3 Nelle etichette delle bevande alcoliche, il periodo di invecchiamento deve riferirsi al componente alcolico più giovane 4 Tra le indicazioni obbligatorie in etichetta non vi è l’elenco delle sostanze allergizzanti

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Educazione civica

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Educazione alla salute L’assunzione di alcol etilico L’alcol etilico apporta una notevole quantità di energia: 1 g di alcol etilico produce infatti 7 kcal. Dal punto di vista nutrizionale, le calorie contenute nell’alcol etilico sono dette “vuote” perché non apportano nutrienti. Inoltre, l’alcol etilico è un composto potenzialmente tossico, riguardo al quale vanno fatte importanti considerazioni. Come si calcola l’apporto calorico dell’alcol etilico La quantità di alcol presente nelle bevande alcoliche è espressa in grado alcolico, che corrisponde alla quantità in millilitri di alcol etilico presente in 100 ml di bevanda (titolo alcolometrico volumico, cioè volumi di alcol contenuti in 100 ml di bevanda). Per ottenere il contenuto in peso di alcol presente nelle bevande alcoliche occorre moltiplicare il volume per il valore 0,79, che equivale alla densità dell’alcol. Moltiplicando i grammi di alcol ottenuti per 7 kcal, si ottiene il valore energetico di 100 ml di quella bevanda alcolica. Ad esempio, se una bevanda ha gradazione alcolica di 12% Vol., contiene 12 ml di alcol ogni 100 ml. Volendo conoscere il contenuto in grammi di alcol di questa bevanda, si deve moltiplicare per 0,79 (densità dell’alcol) i millilitri di alcol: 12 × 0,79 = 9,48 g di alcol per 100 ml ossia 94,8 g/litro di alcol Moltiplicando i grammi di alcol per l’apporto calorico di un grammo di alcol (7 kcal/g), si ottiene il valore energetico di quella bevanda: 9,48 g/100 ml × 7 kcal/g = 66,36 kcal per 100 ml di bevanda alcolica (663,6 kcal/litro) Per esercizi di calcolo sulla quantità di alcol nei cocktail, consulta il fascicolo Tabelle di composizione degli alimenti. Come avviene il metabolismo dell’alcol etilico L’alcol etilico è assorbito molto velocemente a livello gastrointestinale e questa rapidità di assorbimento e di passaggio in circolo spiega le sue azioni quasi immediate. Una certa quantità di alcol (circa il 10%) è assorbita a livello della mucosa gastrica (“effetto barriera”, meno efficace nelle donne). L’alcol così assorbito passa in circolo raggiungendo reni, polmoni e cellule cerebrali, con effetti dannosi. Il rimanente 90% passa a livello intestinale, dove è assorbito e trasportato al fegato. Nel fegato è metabolizzato (cioè ossidato dagli epatociti) attraverso tre sistemi enzimatici con produzione di acetaldeide, anch’essa tossica. L’acetaldeide è trasformata quindi in acetato e poi in acetil-CoA, che entrerà nel ciclo di Krebs o sarà trasformato in acidi grassi e infine trigliceridi. Questi rimarranno in parte in circolo e in parte andranno a depositarsi in organi e tessuti (tra i quali anche il fegato stesso, causando steatosi epatica). In alternativa, l’acetil-CoA sarà utilizzato per la produzione di corpi chetonici, determinando, se accumulati in eccesso, acidosi metabolica. L’assunzione di alcol va evitata fino all’età adulta, così come durante la gravidanza e l’allattamento. Il consumo di alcol in dosi eccessive (abuso) determina gravi problemi a carico di tutti gli organi e apparati. In particolare, l’alcol provoca danni a carico: • dell’apparato gastroenterico, con gastrite acuta e cronica, steatosi, cirrosi, pancreatite acuta e cronica, malassorbimento intestinale; • del sistema nervoso (con sintomi come la demenza); • del sistema immunitario (immunodeficienza relativa); • dell’apparato cardiovascolare, con miocardiopatia, ipertensione e aritmie.


174

Educazione civica

L’alcol causa inoltre malnutrizione, per la riduzione dell’appetito e per la limitazione dell’apporto dei normali alimenti, e ha attività cancerogena (tumore del cavo orale, dell’esofago e del fegato). Durante la gravidanza, può indurre la sindrome fetale alcolica. Infine, non vanno dimenticati i problemi psichiatrici, che comprendono depressione, anomalie cognitive, perdita della memoria e turbe comportamentali. Quali raccomandazioni vanno osservate Nella popolazione adulta sana è probabilmente ammissibile (ma non raccomandabile) l’utilizzo delle bevande alcoliche nella seguente quantità: • 2-3 unità alcoliche al giorno per i maschi; • 1-2 unità alcoliche al giorno per la donna. Chi assume alcol dovrebbe comunque tener presente che: i grammi di alcol ingeriti sono in rapporto alla gradazione alcolica e alla quantità di bevanda assunta; va evitata l’assunzione di alcol prima dei 16-18 anni, per i potenziali effetti dannosi; non si deve assumere alcol durante la gravidanza e l’allattamento; se la bevanda alcolica è assunta al pasto e in dosi frazionate, le concentrazioni alcolemiche (alcol circolante nel sangue) sono più basse che non quando sia assunta a digiuno.

• • • •

Un’unità alcolica contiene 12 g di alcol

Un bicchierino di superalcolico (40 ml)

Una lattina di birra di media gradazione (330 ml)

Un bicchiere di vino di media gradazione (125 ml)

CLASSE CAPOVOLTA

Un aperitivo (60 ml)

I proverbi popolari sul vino

Sono ormai ben noti gli effetti tossici dell’alcol, ma sembra che alcune sostanze presenti nel vino rosso possano giocare un ruolo positivo sul sistema cardiocircolatorio: si tratta di sostanze, come il resveratrolo e gli antociani, con effetto antiossidante. Questo aspetto del vino rosso è al centro di alcuni proverbi, credenze e modi di dire popolari. A casa: stila un elenco dei proverbi, dei modi di dire e delle credenze relativi al vino, a partire da quelli diffusi nel tuo territorio per poi ampliare la ricerca in rete. In classe: confronta il tuo lavoro con quello delle compagne e dei compagni. Elaborate un cartellone con i cinque proverbi che ritenete più significativi.


STEP 8

Acque e bevande

175

FAQ: Domande frequenti

Quali sono le caratteristiche delle acque destinate al consumo umano? Le acque destinate al consumo umano sono le acque potabili trattate e non trattate fornite tramite una rete idrica o altri mezzi e le acque usate nelle industrie alimentari. Le acque minerali naturali sono classificate in base a residuo fisso (quantità di sali minerali disciolti), componenti caratteristici, durezza (presenza di sali di calcio e magnesio) e proprietà salutari. Le acque di sorgente sono acque potabili imbottigliate alle migliori sorgenti che possono subire trattamenti, ma non possono essere trattate con cloro. Le acque da tavola sono acque imbottigliate direttamente “al rubinetto”. L’etichetta dell’acqua minerale deve riportare: il nome, il luogo di origine, il termine minimo di conservazione, il lotto, l’analisi chimica, la classificazione in base al residuo fisso, la dicitura “Microbiologicamente pura”, le qualità salienti, la quantità netta, il codice a barre, la dicitura ambientale, le indicazioni per la conservazione. Che cosa sono le bevande analcoliche e le bevande nervine? Le bevande analcoliche comprendono le bibite analcoliche gassate e non gassate (bibite a base di succo di frutta, bibite a base di estratto vegetale e bibite con nomi di fantasia) e i succhi di frutta (succhi di frutta, succhi di frutta concentrati, succhi di frutta da concentrato, succhi di frutta disidratati, nettari di frutta). I nutrizionisti raccomandano un consumo moderato di bevande zuccherate. Le bevande nervine svolgono un’azione sul sistema nervoso di tipo stimolante (caffè, tè e cioccolata) o calmante (camomille e tisane). Che cosa sono le bevande alcoliche? Le bevande alcoliche contengono alcol etilico in quantità variabile. Sono classificate in bevande alcoliche fermentate (vino, birra e sidro) e bevande distillate (acquaviti e bevande liquorose). L’alcol etilico apporta 7 kcal/g. La quantità di alcol contenuta in una bevanda alcolica è espressa in grado alcolico, che individua i millilitri di alcol etilico presenti in 100 ml di bevanda (titolo alcolometrico volumico).

L’assunzione di alcol va evitata fino all’età adulta, in gravidanza, durante l’allattamento e in presenza di alcune patologie.Il consumo continuativo oltre i limiti stabiliti porta all’alcolismo. Che cosa prevede l’etichettatura delle bevande alcoliche? Le indicazioni obbligatorie in etichetta per le bevande alcoliche sono le seguenti: denominazione di vendita; titolo alcolometrico volumico; volume nominale; nome o ragione sociale o marchio depositato e sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nell’UE; sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento; sostanze allergizzanti; dicitura per identificare il lotto di produzione; istruzioni per l’uso se necessarie; luogo di origine o di provenienza; elenco degli ingredienti (se presenti).


176

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Mappa concettuale liquidi sono

alimenti

LE BEVANDE

accessori

sono classificate in bevande analcoliche

bevande nervine

rilassante (tisane)

ad azione

stimolante (caffè, cioccolata, tè, karcadè)

bevande alcoliche

che sono distinte in base alla tecnica produttiva in

bevande alcoliche fermentate

distillati

vino

di vino

birra

di vinaccia

sidro

di cereali

di frutta

da altri vegetali

liquori


STEP 8

Acque e bevande

177

Verifiche Le acque destinate al consumo umano 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

L’acqua del rubinetto non è destinata al consumo umano ma solo agli impieghi sanitari La composizione salina è una caratteristica distintiva delle acque di sorgente L’analisi chimica in etichetta delle acque minerali naturali riporta gli elementi caratteristici di ciascuna acqua minerale naturale, espressi in milligrammi per litro L’acqua potabile deve essere incolore, inodore, insapore ma non priva di particelle sospese Le acque destinate al consumo umano devono essere gradevoli, sicure dal punto di vista igienico e conformi ad alcuni requisiti chimici Le acque minerali naturali sono imbottigliate direttamente alla sorgente Il residuo fisso indica quali sali sono disciolti in un litro di acqua La composizione salina dell’acqua dipende dalle caratteristiche fisiche del luogo di origine Le acque minerali naturali non possono subire nessun trattamento prima dell’imbottigliamento L’acqua potabile deve essere chimicamente e batteriologicamente pura Il solo trattamento ammesso prima dell’imbottigliamento per le acque minerali naturali è l’aggiunta di anidride carbonica Le acque di sorgente sono imbottigliate tal quali alla sorgente La durezza indica il contenuto di sodio e sali di calcio per litro Le acque minerali naturali devono rispondere al requisito della purezza all’origine L’etichetta delle acque minerali naturali non deve riportare l’analisi chimica Il residuo fisso è misurato in gradi francesi L’acqua gassata apporta più micronutrienti dell’acqua naturale Un residuo fisso elevato può rendere l’acqua salata o amara In base alla composizione qualitativa l’acqua minerale naturale può essere calcica, magnesiaca o ferruginosa

V F V F

V F V F

Le acque di sorgente non devono riportare in etichetta la composizione analitica L’acqua di sorgente può essere trattata con cloro, mentre quella da tavola non può esserlo Le acque da tavola possono essere addizionate di anidride carbonica, calcio e sodio Le bottiglie in vetro vanno sanificate prima dell’imbottigliamento 24 L’acqua minerale naturale è più dissetante di quella addizionata di anidride carbonica 25 La dicitura “Microbiologicamente pura” non esclude la presenza di una certa flora microbica naturale e tipica

20 21 22 23

V F V F V F V F V F V F

Le bevande analcoliche 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

1 Le bevande analcoliche hanno un contenuto di alcol etilico inferiore al 12% in volume 2 Le bibite gassate non sono necessariamente zuccherate 3 Le bibite analcoliche possono avere nomi di fantasia 4 Le bibite a base di succo di frutta devono contenere il succo indicato nella denominazione in quantità non inferiore al 12% 5 Le bibite analcoliche a base di estratto vegetale devono contenere una percentuale minima dell’ingrediente indicato nella denominazione pari all’1,2% 6 Le bibite analcoliche possono essere gassate o non gassate 7 I nettari di frutta sono succhi di frutta privati di parte dell’acqua 8 La camomilla è una bevanda nervina ad azione stimolante 9 La cioccolata non è una bevanda nervina 10 Il latte è una bevanda nervina 11 La pianta del cacao cresce tipicamente nelle regioni a clima tropicale 12 Tra gli ingredienti della cioccolata vi sono anche zucchero e fecola di patate 13 La cioccolata è preparata a partire da cacao in polvere non magro 14 Il succo di frutta da concentrato è ottenuto per sottrazione dell’acqua 15 Il succo di frutta disidratato è un prodotto in polvere

V F V F V F

V F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F


178

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

16 Il nettare di frutta è un prodotto fermentato ottenuto aggiungendo acqua al succo di frutta concentrato V 17 Gli zuccheri contenuti nelle bibite analcoliche hanno effetto cariogeno V 18 L’acidità delle bibite gassate inattiva l’alfa-amilasi salivare V 19 Il consumo di bibite analcoliche favorisce il senso di sazietà V 20 Il succo di frutta è ottenuto con procedimento meccanico V

4 Domande a risposta aperta F F F F F

2 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

Sono bevande nervine ad azione stimolante: A caffè, cioccolata, tè B latte, tè, caffè C camomilla, tè, caffè D latte, caffè, cioccolata

2

Il tè contiene: A teofillina B caffeina e teobromina C polifenoli D tutte le opzioni sono corrette

3

La caffeina: A stimola la muscolatura cardiaca B dilata i vasi sanguigni C favorisce la secrezione gastrica D tutte le opzioni sono corrette

4

Nel tè verde non ci sono: A alcaloidi B sali minerali C catechine D nessuna opzione è corretta

3 Domande a completamento Completa indicando qual è la principale funzione svolta dalle seguenti piante usate nella preparazione di tisane. 1.Biancospino: .............................................................. . .................................................................................... 2.Sambuco: ................................................................... . .................................................................................... 3. Passiflora: ................................................................... . .................................................................................... 4.Malva: ......................................................................... . ....................................................................................

Rispondi alle seguenti domande sulle modalità di preparazione di una tisana. 1. Come bisogna procedere per ottenere una tisana per infusione? ................................................................... . .................................................................................... 2. Come bisogna procedere per ottenere una tisana per decozione? ................................................................. . ....................................................................................

Le bevande alcoliche 1 Domande a completamento Completa descrivendo le principali caratteristiche delle seguenti bevande fermentate. 1.Vino: ........................................................................... . .................................................................................... 2.Birra: ........................................................................... . .................................................................................... 3.Sidro: .......................................................................... . ....................................................................................

2 Domande a completamento Completa descrivendo le principali caratteristiche delle seguenti bevande distillate. 1.Acquaviti: .................................................................... . .................................................................................... 2. Bevande liquorose: .................................................... . ....................................................................................

3 Domande a completamento Completa scrivendo le indicazioni che vanno inserite obbligatoriamente nell’etichetta delle bevande alcoliche. 1. .................................................................................... 2. .................................................................................... 3. .................................................................................... 4. .................................................................................... 5. .................................................................................... 6. .................................................................................... 7. .................................................................................... 8. .................................................................................... 9. .................................................................................... 10 .....................................................................................


STEP 8

Acque e bevande

179

Laboratorio delle competenze Le acque destinate al consumo umano Completa con riferimento alla classificazione delle acque minerali naturali. Residuo fisso ..........................................................................................

< 50 mg/L

..........................................................................................

50-500 mg/L

..........................................................................................

500-1500 mg/L

..........................................................................................

1500 mg/L

Durezza Acque leggere o dolci

..........................................................................................

Acque mediamente dure

..........................................................................................

Acque dure

..........................................................................................

Il tè nel mondo Fai una ricerca e individua in quale Paese si bevono i seguenti tè. Miscela di tè verde e foglie di menta, molto dolce per l’abbondante quantità di zucchero ................................................... Burro di yak, sale, latte, foglie di tè nero e acqua calda ......................................................................................................... Tè nero e latte condensato ...................................................................................................................................................... Tè freddo, perle di tapioca, pezzi di frutta/latte condensato .................................................................................................. Tè matcha macinato a pietra, acqua calda mescolati con chasen (frustino) .......................................................................... Tè nero consumato alle cinque del pomeriggio ...................................................................................................................... Tè freddo preparato in grandi quantità ................................................................................................................................... Tè Chai consumato con latte e zucchero ................................................................................................................................ Tè verde, sovente aromatizzato, servito con la tecnica della doppia infusione ...................................................................... Bevanda preparata con tè nero broken, zucchero, spezie, da consumare a tutto pasto ....................................................... Tè nero molto concentrato bevuto freddo, con latte condensato, zucchero, spezie tipo anice stellato ................................ Tè nero Noon Chai, latte, sale, bicarbonato di sodio e in alcuni casi zucchero ..................................................................... Tè nero molto concentrato preparato nel Samovar ................................................................................................................

I termini del vino Scrivi la definizione dei termini indicati.

•. •. •. •. •. •. •.

Uvaggio: .............................................................................................................................................................................. Sboccatura: ......................................................................................................................................................................... Affinamento: ........................................................................................................................................................................ Armonia: .............................................................................................................................................................................. Fermentazione alcolica: ...................................................................................................................................................... Botrytis cinerea: ................................................................................................................................................................... Millesimo: ............................................................................................................................................................................


180

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

STEP

9

1

Additivi ad azione fisica e coloranti

CHE COSA SONO E A CHE COSA SERVONO GLI ADDITIVI

Nella pratica di pasticceria sono spesso utilizzati composti che conferiscono particolari caratteristiche (forma, consistenza) al prodotto finito. Infatti numerose preparazioni di pasticceria, come budini o bavaresi, acquistano solidità soltanto dopo essere rimaste per qualche tempo in frigorifero, ed è necessario ricorrere a sostanze che le aiutino a mantenere la forma e la consistenza ideali. Queste sostanze sono definite additivi ad azione fisica: • sono generalmente di sapore e di colore neutri; • possono essere impiegati in preparazioni salate o in quelle dolci. Gli additivi ad azione fisica: • possono essere di origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna); • possono essere di origine vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar); • oppure possono essere ottenute mediante sintesi chimica. Alcuni di questi composti sono usati da sempre per migliorare la gradevolezza, la consistenza e la palatabilità delle preparazioni, altri sono il frutto della ricerca e dell’innovazione di settore ed entrano nella composizione dei prodotti dell’industria alimentare. In pratica, questi additivi hanno la capacità di modificare la consistenza dei liquidi ai quali sono aggiunti e, in funzione della concentrazione d’impiego, possono: • produrre soluzioni viscose e dense o gelatine consistenti; • rendere stabile la densità di diverse sostanze fluide.

Si tratta, quindi, di sostanze stabilizzanti, che rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare nel tempo e che possono avere funzione: • addensante o gelificante, quando danno consistenza e aumentano la viscosità di un prodotto alimentare; • emulsionante, quando rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua. Spesso la stessa sostanza può svolgere più funzioni contemporaneamente, in relazione anche all’ambiente chimico nel quale è utilizzata. Questi additivi sono identificati dalla normativa europea con i codici alfanumerici della serie E 400 (da E 400 a E 499). I più usati sono i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 472), le farine di carrube e di guar (E 410, E 412), l’agar-agar (E 406), i polifosfati (E 459), vari tipi di gomme, tra le quali la gomma arabica e la gomma xantana (E 413-E 425), la pectina (E 440) e gli alginati (E 400-E 405). Gli additivi ad azione fisica trovano impiego nella produzione di alimenti light perché permettono di sostituire con l’acqua altri alimenti più calorici (amidi, zuccheri e lipidi).


STEP 9

Additivi ad azione fisica e coloranti

181

Addensanti

Gelificanti

Gli addensanti servono ad aumentare la viscosità di un liquido, rendendolo meno scorrevole o meno fluido. Presentano una forte affinità per l’acqua nella quale sono solubili a freddo e/o a caldo: sono quindi degli idrocolloidi. Le particelle del colloide adsorbono (cioè catturano) l’acqua, formando una sostanza gelatinosa, rendendo così più viscoso il liquido nel quale sono immerse. Da un punto di vista chimico sono delle gomme (naturali, biosintetiche o sintetiche) che, poste in soluzione acquosa, funzionano da addensanti, gelificanti o stabilizzanti. La gelatina è di natura animale, mentre gli amidi, la pectina e alcune alghe (agar-agar e carragenina) sono di origine vegetale. Quasi tutti gli addensanti, essendo privi di valore nutritivo, sono considerati additivi. Soltanto alcuni, come la gelatina e le pectine, avendo anche un valore nutritivo, sono considerati veri e propri ingredienti.

Gli agenti gelificanti sono utilizzati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi e per aggiungere consistenza. Diversamente dagli addensanti, gli agenti gelificanti formano una gelatina. Sono generalmente proteine o glucidi che, quando sono disciolti in un liquido, formano al suo interno una rete tridimensionale. Questo crea un alimento unico, che ha un aspetto solido, ma è composto per la maggior parte dal liquido, come nel caso di gelatine, marmellate e confetture. Tra gli agenti gelificanti vanno ricordati la pectina (E 440) e i carragenani (E 407).

Emulsionanti Gli emulsionanti sono sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più sostanze immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare. Questi composti, con azione stabilizzante ed emulsionante, sono usati in alimenti quali la maionese, la vinaigrette e i gelati per evitare che le varie sostanze si separino. Tra i più comuni figurano la farina di semi di carrube (E 410) e gli alginati (E 400-404), le lecitine (E 322), i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 471). Le lecitine, ottenute quasi esclusivamente dalla soia, sono usate in qualità di antiossidante ed emulsionante in molti prodotti dell’industria dolciaria, nel cioccolato e nei gelati.

2

CHE COSA SONO I COLORANTI

I coloranti si trovano in commercio in varie forme, come polvere, pellet, gel, liquidi, spray. Per lo più i pigmenti colorati alimentari sono in polvere, ma subiscono lavorazioni industriali che ne modificano la forma, mettendoli in soluzione. I diversi fluidi utilizzati per lo scioglimento dei coloranti ne determinano la classificazione in: • coloranti idrosolubili in acqua; • coloranti liposolubili in grassi; • coloranti solubili in soluzione alcolica. I coloranti idrosolubili trovano utilizzo in preparazioni in cui è prevista una parte di acqua o un ingrediente principalmente costituito da acqua (glasse, ghiacce, meringhe, macaron, pastigliaggio, zucchero artistico, paste lievitate). I coloranti liposolubili vengono utilizzati in preparazioni dove ci sia un ingrediente o componente a base di grasso (ad esempio il cioccolato). I coloranti solubili in soluzione alcolica sono utilizzati per lo più a livello decorativo, mediante l’utilizzo dell’aerografo o di pennelli. Essendo i coloranti prodotti che hanno subito lavorazioni chimiche, devono essere utilizzati con attenzione e moderazione.

Glossario Sostanze immiscibili

Sono dette immiscibili due sostanze che non si mescolano.


182

Approfondimento

La classificazione degli additivi ad azione fisica La maggior parte degli additivi ha origine vegetale, tuttavia anche dal mondo animale si possono ottenere alcuni prodotti con la funzione di additivi, nonostante in pasticceria il loro uso sia meno frequente. Infine, alcuni additivi hanno origini diverse, poiché possono derivare dall’attività biologica di microrganismi, oppure essere composti chimici che, pur essendo presenti in natura, sono ormai preparati per sintesi artificiale. Andiamo a conoscerli nel dettaglio.

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine vegetale Gomma adragante o gomma da tragacanta

La gomma adragante è una sostanza solubile in acqua, nella quale deve essere sciolta nella proporzione di circa 100 grammi per 1 litro di solvente. È impiegata prevalentemente per preparare gelatine, pastiglie e caramelle.

Gomma arabica

Questa gomma ha la proprietà di impedire la cristallizzazione degli zuccheri ed è particolarmente indicata per rendere lucidi alcuni preparati, come quelli a base di mandorla, ma la si può usare anche in confetteria e nella produzione di pastiglie gommose.

Agar-agar

È impiegato per addensare gelatine con una base liquida ed è commercializzato come polvere, fiocchi, barre o filamenti. L’agar-agar, però, non si scioglie a contatto con i grassi, quindi, per essere aggiunto a prodotti che contengono grassi, deve prima essere fuso con acqua e altri liquidi. Il suo massimo potere gelificante si riscontra con liquidi che hanno un valore di pH superiore a 4 ed è otto volte superiore a quello della gelatina in fogli. Inoltre, l’agar-agar è ben solubile in acqua calda mentre in quella fredda ha bisogno di circa 20 ore di ammollo.

Pectina

La pectina è un gelificante vegetale che reagisce in presenza di zuccheri e di un acido, solitamente il succo di limone. Dà origine a un gel termoirreversibile, cioè, che una volta formatosi può essere riscaldato senza che si distrugga. In commercio si trova come polvere e serve a stabilizzare i prodotti anche con una cottura piuttosto breve. Oltre che nelle marmellate, nelle confetture (dove, per legge, la percentuale di addensanti non deve superare l’1%) e nelle gelatine di frutta, la pectina è usata anche nella preparazione della cotognata, alla quale dà la tipica densità, e di alcuni succhi. La buona riuscita di marmellate e gelatine dipende, infatti, dalle proporzioni nelle quali si impiegano lo zucchero, la pectina e gli acidi contenuti nella frutta: in genere, per ogni chilogrammo di frutta se ne aggiunge un altro di zucchero e 6 grammi di pectina.

Alginati

Sono sostanze estratte soprattutto dalle cosiddette alghe brune. Si tratta, dal punto di vista chimico, di sali dell’acido alginico dei quali il più usato è l’alginato di sodio, che è solubile in acqua, formando soluzioni dall’aspetto gelatinoso che diventano più consistenti quando si raffreddano. Questa sostanza, che si presenta sottoforma di polvere color crema, priva di sapore e odore, non reagisce bene, però, se si trova in presenza di liquidi acidi. L’alginato di sodio è molto usato per preparare budini e gelati a base di latte, ed è adatto per realizzare miscele che devono essere pastorizzate, in quanto questo sale non si modifica con il riscaldamento.

Carragenati

Da un’alga rossa, la Chondrus crispus, conosciuta anche come muschio d’Irlanda (anche se con i muschi veri non ha nulla a che fare), vengono estratti i carragenati. Il loro nome deriva da quello del piccolo centro di Carraghen, in Irlanda, nel quale da ormai molti anni si usano queste alghe. I carragenati si impiegano nella preparazione di salse e per addensare gelati e succhi, in particolare il carragenato di sodio, noto anche come carragenina, che è privo di colore e odore, ed è commercializzato in polvere.

Farina di semi di carruba

Il carrubo (Ceratonia siliqua) è un albero sempreverde coltivato largamente nell’area mediterranea. Dalla macinazione dei semi che si trovano nel suo frutto, la carruba, si ottiene una farina di colore bianco, del tutto insapore e inodore. Questa farina è solubile nell’acqua calda e svolge le funzioni di stabilizzante e di gelificante per creme e dolci morbidi.


Approfondimento

183

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine animale Gelatina animale

Siccome in passato le lische di pesce erano le uniche fonti di gelatina animale, la gelatina animale è nota anche col nome di colla di pesce (nonostante attualmente nella produzione industriale si utilizzino la cartilagine, la pelle e le ossa di animali come il maiale e in alcuni casi il vitello). Oltre alle sue proprietà gelificanti, questa gelatina possiede anche un buon potere emulsionante. In commercio si trovano molti tipi di gelatine. La gelatina animale è venduta sia sottoforma di polvere sia di fogli sottili e trasparenti. Per utilizzarla, la si deve prima lasciare ad ammorbidire in acqua fredda per alcuni minuti, poi va strizzata molto bene, affinché sia eliminata l’acqua in eccesso. Al termine di queste operazioni, la si aggiunge al composto o al liquido, che dovrà essere molto caldo, per favorire la solubilizzazione della gelatina. Il preparato raggiungerà la consistenza desiderata soltanto quando sarà completamente raffreddato. In pasticceria, questa gelatina si utilizza per preparare, ad esempio, dolci freddi, bavaresi, mousse, panna cotta e pastiglie gommose.

Albumine

Si tratta di proteine di tipo globulare che si possono trovare facilmente in alcuni alimenti, fra cui l’albume d’uovo, il latte e il sangue, ma alcune sono presenti anche in vegetali come i legumi e i cereali. Le albumine si possono utilizzare come gelificanti oppure in veste di emulsionanti. Trovano impiego nella chiarificazione di prodotti quali brodi, succhi, sciroppi e vini.

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine biologica e chimica Gomma di gellano

Si tratta di un polisaccaride contenente glucosio, acido glucuronico e ramnosio. Lo si ottiene mediante processi fermentativi a partire da un substrato zuccherino, che in genere comprende gli amidi, grazie a un batterio, lo Pseudomonas (Sphingomonas) elodea. Questo gelificante è capace, già a concentrazioni piuttosto basse (5%), di trasformare materiali liquidi in gelatine di aspetto limpido e di consistenza solida. Le gelatine rimangono in tale stato anche se sono sottoposte a variazioni termiche, resistendo fino a 120 °C, oppure di acidità, mentre perdono le proprietà gelificanti se vengono messe in soluzioni saline concentrate. A livello industriale, la gomma di gellano si usa, ad esempio, per addensare confetture e prodotti da forno.

Gomma xantana (o gomma di Xanthano)

Si tratta di un addensante in polvere che agisce sia a caldo che a freddo, dando una gelatina trasparente. La gomma xantana si impiega miscelandola, in genere a freddo, con il liquido da trattare, badando di mescolare molto attentamente la miscela, così da non favorire la formazione di grumi. Inoltre, rispetto ad altri prodotti analoghi, la gomma xantana presenta alcuni vantaggi, in particolare quello di non alterare il sapore degli alimenti a cui viene associata e il fatto di avere una stabilità che si mantiene fino a circa 90 °C.

Monogliceridi e digliceridi

Si tratta di molecole prodotte sinteticamente con la funzione di emulsionanti e per agire hanno bisogno di temperature che superino i 60 °C; queste sostanze vengono usate aggiungendole nei prodotti da forno e nelle masse montate, per conservarne la morbidezza e il volume.

ESERCIZIO 1 2 3 4 5 6

La gomma arabica favorisce la cristallizzazione degli zuccheri L’agar-agar è impiegato per addensare gelatine con una base liquida L’alginato di sodio è impiegato per preparare budini e gelati a base di latte La farina di semi di carruba è utilizzata come stabilizzante e gelificante Le albumine sono sostanze di origine vegetale La gomma xantana ha il vantaggio di non alterare il sapore degli alimenti

V V V V V V

F F F F F F


184

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

FAQ: Domande frequenti

Che cosa sono gli additivi ad azione fisica? Gli additivi ad azione fisica sono sostanze di origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna), vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar) o di sintesi chimica usate per dare omogeneità e consistenza alle preparazioni, mantenendole inalterate anche a lavorazione ultimata, e per renderle più gradevoli e morbide. Modificando infatti la consistenza dei liquidi ai quali sono aggiunte (incorporano acqua, si rigonfiano e aumentano di volume), producono, in base alla concentrazione d’impiego, soluzioni viscose e dense o gelatine consistenti e stabilizzano la densità di diverse sostanze fluide. Quali funzioni svolgono gli additivi ad azione fisica? Gli additivi ad azione fisica sono sostanze stabilizzanti con funzione addensante o gelificante (danno consistenza e aumentano la viscosità) o emulsionante (formano o mantengono una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua). La normativa europea li individua con i codici alfanumerici della serie E 400 (da E 400 a E 495). Che cosa sono gli addensanti? Gli addensanti sono idrocolloidi, cioè sostanze solubili in acqua a freddo e/o a caldo che assorbono l’acqua e formano una sostanza gelatinosa e collosa, rendendo più viscoso il liquido nel quale sono immerse. Dal punto di vista chimico sono gomme (naturali, biosintetiche o sintetiche) che, in soluzione acquosa, agiscono da addensanti, gelificanti o stabilizzanti in base al dosaggio. Che cosa sono i gelificanti? I gelificanti sono sostanze di origine animale (gelatina alimentare) o vegetale (estratte dalle alghe marine, come agar-agar, alginati e carragenati, o da alcuni frutti, come la pectina). Sono usati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi e per aumentare la consistenza tramite la formazione di un gel. Sono usati nella produzione di gelatine, marmellate, confetture e formaggi.

Che cosa sono gli emulsionanti? Gli emulsionanti sono sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili (ad esempio, un’emulsione stabile di olio e acqua). Hanno azione stabilizzante/emulsionante e sono usati nella preparazione di salse (maionese, vinaigrette) e gelati. Tra i più comuni vi sono la farina di semi di carrube (E 410), gli alginati (E 400-404), le lecitine (E 322), i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 471). Che cosa sono i coloranti? I coloranti si trovano in commercio in varie forme, come polvere, pellet, gel, liquidi, spray. Si classificano in coloranti idrosolubili (utilizzati per glasse, ghiacce, meringhe, macaron, pastigliaggio, zucchero artistico, paste lievitate), coloranti liposolubili (utilizzati in preparazioni dove ci sia un ingrediente o componente a base di grasso), coloranti solubili in soluzione alcolica (per decorazioni mediante aerografo o pennelli). Essendo i coloranti prodotti che hanno subito lavorazioni chimiche, devono essere utilizzati con attenzione e moderazione.


STEP 9

Additivi ad azione fisica e coloranti

185

Mappa concettuale GLI ADDITIVI AD AZIONE FISICA

sono sostanze di

origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna)

modificano la

sono

consistenza dei liquidi

sostanze stabilizzanti

ai quali sono aggiunte perché

origine vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar)

si distinguono in

addensanti (thickening agent)

con funzione

addensante

quando

gelificante

sintesi chimica

emulsionante usate per

quando

dare omogeneità e consistenza alle preparazioni; rendere le preparazioni più gradevoli e morbide

formano o mantengono una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili (olio e acqua)

incorporano acqua

danno consistenza aumentano la viscosità

si rigonfiano La stessa sostanza può svolgere funzioni diverse in base all’ambiente chimico nel quale è usata

aumentano di volume

e in base alla

concentrazione d’impiego

producono

stabilizzano la densità

soluzioni viscose e dense

gelatine consistenti

di diverse sostanze fluide

emulsionanti

gelificanti


Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

186

Verifiche

2 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta.

Gli alimenti accessori 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23

Alcuni gelificanti sono ricavati da alghe marine Da un punto di vista chimico gli emulsionanti sono delle gomme Gli addensanti rendono più corposo un liquido Gli additivi ad azione fisica sono utilizzati in pasticceria come addensanti, emulsionanti o come stabilizzanti Gli additivi ad azione fisica sono utilizzati nella preparazione di prodotti light perché sostituiscono le funzioni di grassi e zuccheri che in questi prodotti sono ridotti Gli additivi stabilizzanti sono identificati dalla normativa europea con i codici alfanumerici della serie da E 400 a E 499 Gli agenti gelificanti danno consistenza tramite la formazione di gel Gli agenti gelificanti si differenziano dagli addensanti perché formano una gelatina Gli amidi sono addensanti Gli emulsionanti permettono di legare due grassi chimicamente diversi I gelificanti agiscono solidificando un liquido caldo I gelificanti sono sostanze lipidiche Il termine inglese per indicare un addensante è thickening agent, ossia agente ispessente La gelatina e le pectine, avendo anche un valore nutritivo, hanno funzione addensante, ma non sono considerati degli additivi ad azione fisica La maionese rappresenta un’emulsione nella quale l’olio si disperde nell’acqua La pectina è responsabile della caratteristica densità della marmellata Le emulsioni sono miscele molto stabili Le fecole rientrano nella categoria dei gelificanti Le lecitine si ottengono quasi esclusivamente dalle uova Le lecitine sono usate sia come emulsionanti sia come antiossidanti Pectine e carragenani sono additivi aromatizzanti Per creare un’emulsione di acqua e olio è sufficiente un’azione meccanica Tutti gli addensanti sono privi di valore nutritivo

V F V F V F V F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

1 Gli additivi ad azione fisica: A sono solitamente di sapore e colore neutri B possono essere di origine animale, vegetale oppure sintetizzati chimicamente C possono essere impiegati in preparazioni dolci o salate D tutte le opzioni sono corrette 2

Sono sostanze emulsionanti: A alginati e lecitine B pectine e carragenani C amidi e agar-agar D digliceridi degli acidi grassi

3 Sono sostanze gelificanti: A alginati e lecitine B pectine e carragenani C amidi e agar-agar D digliceridi degli acidi grassi 4 Una sostanza è addensante quando: A aumenta la viscosità di un prodotto B consente la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili C tutte le opzioni sono corrette D nessuna delle opzioni è corretta 5 Una sostanza è emulsionante quando: A aumenta la viscosità di un prodotto B consente la formazione o il mantenimento di una . miscela omogenea di due o più fasi immiscibili C tutte le opzioni sono corrette D nessuna delle opzioni è corretta 6 Una sostanza è stabilizzante quando: A aumenta la viscosità di un prodotto B consente la formazione o il mantenimento di una . miscela omogenea di due o più fasi immiscibili C rende possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare nel tempo D nessuna delle opzioni è corretta 7 Gli agenti gelificanti sono generalmente: A proteine B glucidi C proteine o glucidi D nessuna delle opzioni è corretta


STEP 9

Additivi ad azione fisica e coloranti

3 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

L’agar-agar: A è ben solubile in acqua calda B si scioglie bene e velocemente in acqua fredda C è commercializzato in fogli D deve essere raffreddato in frigo per diventare solido

2 La pectina: A è un gelificante di origine vegetale B è un emulsionante di origine vegetale C è un addensante di origine animale D è uno stabilizzante di origine chimica 3

I carragenati: A si ricavano da un’alga rossa B sono tutti di colore rosso C si utilizzano solo per addensare i gelati D tutte le precedenti opzioni sono errate

4

La farina di semi di carruba: A è solubile in acqua B ha un sapore deciso C ha un aroma intenso D è usata come emulsionante

5 Se si vogliono preparare delle caramelle usando gomma adragante bisogna: A sciogliere 100 grammi di gomma per ogni litro d’acqua B sciogliere 10 grammi di gomma in un litro d’acqua C sciogliere 100 grammi di gomma in mezzo litro d’acqua D sciogliere 10 grammi di gomma in mezzo litro d’acqua La gomma arabica: A favorisce la cristallizzazione degli zuccheri B impedisce la cristallizzazione degli zuccheri C non è adatta per la produzione di pastiglie gommose D serve a opacizzare la superficie di alcuni preparati 6

7 La gelatina animale: A si ricava esclusivamente dalle lische di pesce B ha proprietà non solo gelificanti ma anche emulsionanti C va aggiunta a composti freddi D va ammorbidita in acqua bollente prima di essere utilizzata

187 8

Le albumine: A si ricavano dalle alghe brune B si presentano come polveri color crema C sono usate nella chiarificazione di brodi e vini D sono lipidi contenuti nell’albume dell’uovo

9 Le gelatine ottenute con gomma di gellano: A resistono fino a 120 °C B rimangono inalterate anche se immerse in soluzioni saline concentrate C perdono le loro proprietà in presenza di acidità D tutte le precedenti opzioni sono corrette La gomma xantana: A è un addensante in polvere B può agire a caldo e a freddo C non altera il sapore degli alimenti a cui viene aggiunta D tutte le opzioni sono corrette 10

11 La gomma di gellano: A non contiene glucosio B deve essere usata a concentrazioni molto elevate perché dia buoni risultati come addensante C trasforma i liquidi in gelatine di aspetto limpido e consistenza solida D va conservata alla temperatura di 120 °C 12

Monogliceridi e digliceridi: A agiscono solo a temperature maggiori di 60 ° C B sono prodotti sinteticamente C hanno funzione emulsionante D tutte le opzioni sono corrette

4 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8

Monogliceridi e digliceridi sono emulsionanti di origine biologica V F I monogliceridi e i digliceridi possono essere aggiunti alle masse montate per conservare morbidezza e volume V F Con la gomma xantana si ottiene una gelatina trasparente V F L’agar-agar viene commercializzato esclusivamente in polvere V F Le albumine si possono ricavare talvolta anche da legumi e cereali V F In pasticceria la gelatina animale può essere usata per preparare bavaresi e mousse V F La farina di carruba dà origine a un gel termoreversibile V F L’alginato di sodio trova largo impiego nella preparazione di budini e gelati a base di latte V F


188

Unità di Apprendimento 2 • La merceologia alimentare

Laboratorio delle competenze La definizione di additivo alimentare La definizione di additivo alimentare nei paesi della Comunità Europea è riportata nel Regolamento (CE) n. 1333/2008. Leggila attentamente poi rispondi alla domanda. Qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti. Secondo te, per quale motivo il Regolamento specifica che l’aggiunta di un additivo a un alimento è concessa per uno scopo tecnologico?

Le categorie di additivi alimentari Nell’Unità dedicata agli additivi ad azione fisica ci siamo occupati di definire addensanti e stabilizzanti. Esistono tuttavia altre categorie di additivi. Svolgi una ricerca e indica gli scopi per cui sono utilizzati. Edulcoranti .............................................................................................................................................................................. Coloranti .................................................................................................................................................................................. Conservanti ............................................................................................................................................................................. Antiossidanti ............................................................................................................................................................................ Supporti ................................................................................................................................................................................... Acidificanti ............................................................................................................................................................................... Regolatori (correttori) dell’acidità ............................................................................................................................................ Antiagglomeranti ..................................................................................................................................................................... Agenti antischiumogeni ........................................................................................................................................................... Agenti di carica ........................................................................................................................................................................ Emulsionanti ............................................................................................................................................................................ Sali di fusione .......................................................................................................................................................................... Agenti di resistenza ................................................................................................................................................................. Esaltatori di sapidità ................................................................................................................................................................ Agenti schiumogeni ................................................................................................................................................................. Agenti gelificanti ...................................................................................................................................................................... Agenti di rivestimento .............................................................................................................................................................. Agenti umidificanti ................................................................................................................................................................... Amidi modificati ....................................................................................................................................................................... Gas d’imballaggio ................................................................................................................................................................... Propellenti ............................................................................................................................................................................... Agenti lievitanti ........................................................................................................................................................................ Agenti sequestranti ................................................................................................................................................................. Stabilizzanti ............................................................................................................................................................................. Addensanti .............................................................................................................................................................................. Agenti di trattamento delle farine ............................................................................................................................................


STEP 9

Additivi ad azione fisica e coloranti

189

I codici alfanumerici Ricerca il codice alfanumerico europeo dei seguenti additivi ad azione fisica e riportalo nell’apposito spazio. 1 2 3 4 5 6 7 8

Mono e digliceridi degli acidi grassi: .................................................................................................................................. Farina di semi di carrube: ................................................................................................................................................... Farina di guar: .................................................................................................................................................................... Agar-agar: ........................................................................................................................................................................... Polifosfati: ........................................................................................................................................................................... Pectina: .............................................................................................................................................................................. Alginati: ............................................................................................................................................................................... Carragenina: .......................................................................................................................................................................

Gli additivi ad azione fisica Confronta l’etichetta di un prodotto dolciario artigianale con l’etichetta di un prodotto dolciario industriale. Quali additivi ad azione fisica sono citati nella lista degli ingredienti? Indicali di seguito. Prodotto dolciario artigianale: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Additivi ad azione fisica: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Prodotto dolciario industriale: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Additivi ad azione fisica: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………

I coloranti Nella pratica di laboratorio ti sarà già capitato di utilizzare coloranti. In che forma? Per quali preparazioni? ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................


190

Facciamo il punto

Il dibattito sull’Agenda 2030 Il commercio equo e solidale 836 milioni di persone vivono ancora in povertà estrema. Circa una persona su cinque nelle regioni in via sviluppo vive con meno di 1,25 dollari al giorno. Sono solo alcuni dei dati relativi alla povertà nel mondo, che affligge soprattutto i Paesi fragili e colpiti da conflitti. L’Obiettivo 1 dell’Agenda 2030 si propone di porre fine a ogni forma di povertà nel mondo. Tra i traguardi fissati per il 2030, si vuole assicurare a tutti gli uomini e le donne, in particolare ai più poveri, uguali diritti alle risorse economiche, insieme all’accesso ai servizi di base. Il commercio equo e solidale è una modalità di distribuzione nata con lo scopo di permettere ai consumatori di acquistare prodotti che provengono da altri Paesi, rispettando tutti i diritti dei lavoratori che hanno contribuito alla loro realizzazione. Prevede che i prodotti, principalmente beni agricoli e artigianali, siano acquistati nei Paesi in via di sviluppo e siano venduti direttamente ai consumatori dei Paesi sviluppati, evitando in questo modo tutti i costi legati all’intermediazione commerciale. E tu che cosa ne pensi? Partecipa al dibattito in classe! Di seguito proponiamo una serie di azioni finalizzate a sensibilizzare i consumatori verso l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale. Guidati dall’insegnante, dividetevi in due gruppi: il gruppo A e il gruppo B. Ciascun gruppo dovrà proporre ulteriori azioni utili per raggiungere l’obiettivo. Potete partire dalle azioni proposte di seguito e arricchire l’elenco.

Come sensibilizzare i consumatori verso l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale? Gruppo A

Gruppo B

Svolgere iniziative di sensibilizzazione nelle principali città italiane

Diffondere la cultura del commercio equo e solidale presso le fasce più giovani attraverso campagne di informazione sui social network

................................................................................

..........................................................................................................

Il compito di realtà Organizzare una colazione che preveda l’impiego di ingredienti e prodotti provenienti dal commercio equo e solidale: stesura del menu, realizzazione di una brochure informativa e realizzazione delle preparazioni Al termine dell’Unità di Apprendimento 2 hai imparato a conoscere le materie prime sotto il profilo merceologico, chimico-fisico, igienico e nutrizionale. Ora mettiti alla prova progettando una colazione che preveda l’impiego di prodotti del commercio equo e solidale: elabora il menu, realizza le preparazioni e predisponi una brochure informativa. Per saperne di più sul commercio equo e solidale consulta il volume B a p. 330. Di che cosa hai bisogno? Libro di testo; materiale di cancelleria; computer provvisto di connessione internet per la ricerca degli ingredienti e per la realizzazione della brochure; attrezzature di cucina. Ecco come procedere • Raccogli le informazioni e il materiale di riferimento relativo ai prodotti provenienti da commercio equo e solidale disponibili nella tua zona. • Elabora il menu mettendo in evidenza quali sono i prodotti utilizzati, tenendo presenti le caratteristiche, le funzioni e i possibili impieghi. • Realizza le preparazioni nel Laboratorio di Cucina. • Produci la brochure, corredata di immagini significative, curando sia i contenuti sia l’aspetto grafico. • Presenta il lavoro all’insegnante e alla classe, esprimendo considerazioni personali sull’argomento.


Facciamo il punto

191

L’Esame di Stato Colloquio orale Esercita l’esposizione a partire dalla mappa concettuale, evidenziando i collegamenti tra le discipline.

STORIA

ITALIANO

• Il fondamentale ruolo del frumento per le prime civiltà

LABORATORIO DI CUCINA • La panificazione • Le paste fresche e quelle ripiene

• Letture consigliate

La merceologia alimentare

LABORATORIO DI SALA-BAR E VENDITA • Il latte nel servizio della prima colazione

DIRITTO E TECNICHE AMMINISTRATIVE • Norme sulla produzione e commercializzazione del latte

Esercita l’esposizione rispondendo alle domande.

• • • • • • • • • • •

Che cosa sono i cereali? Quale ruolo e valore nutrizionale hanno i cereali? Da quali parti è costituita la cariosside del frumento? Quali ingredienti costituiscono il pane? Che cosa sono pasta e riso? Quali proteine apportano le uova? Come si classificano le uova? Quali sono i principali componenti del latte? In quali fasi si articola la produzione dei formaggi? Come si classificano i formaggi? Quali sono i derivati del latte più usati in pasticceria?

• • • • • • • • • •

Come si produce la ricotta? Quali sono gli impieghi di mascarpone e mozzarella? Che cosa sono grassi e oli da condimento? Che cosa sono gli oli di semi? Quali sono i principali agenti lievitanti? Che cosa sono i dolcificanti? Che cos’è il miele? Che cosa sono le erbe aromatiche e le spezie? Che cos’è il cacao? Quali sono gli impieghi della frutta secca in pasticceria?


UDA

3

Il territorio

Competenze disciplinari Conoscenze • Caratteristiche e standard di qualità

• Criteri di scelta

delle materie prime

• Le tradizioni culturali

ed enogastronomiche

• Prodotti tipici

e assetto agroalimentare del territorio

Abilità • Identificare il legame dei prodotti con il territorio

• Applicare criteri

di selezione delle materie prime

• Individuare e

riconoscere tipicità enogastronomiche del territorio di appartenenza

Competenze interdisciplinari di indirizzo

Competenze interdisciplinari di area generale

Competenze chiave per l’apprendimento permanente

Competenze di cittadinanza

Competenza n. 1 Utilizzare tecniche tradizionali e innovative di commercializzazione dei prodotti enogastronomici

Competenza n. 1 Agire in riferimento a un sistema di valori, coerenti con i princìpi della Costituzione

• Competenza alfabetica • Imparare

Competenza n. 2 Supportare la pianificazione e la gestione dei processi di approvvigionamento

Competenza n. 2 Utilizzare il patrimonio lessicale ed espressivo della lingua italiana

• Competenza digitale

Competenza n. 4 Predisporre prodotti e menù coerenti con il contesto

Competenza n. 3 Riconoscere gli aspetti geografici, ecologici, territoriali, dell’ambiente naturale ed antropico

Competenza n. 7 Progettare eventi enogastronomici e culturali che valorizzino il patrimonio delle tradizioni e delle tipicità locali Competenza n. 11 Contribuire alle strategie di Destination Marketing attraverso la promozione delle tipicità enogastronomiche

Competenza n. 4 Stabilire collegamenti tra le tradizioni culturali locali, nazionali e internazionali Competenza n. 8 Utilizzare le reti e gli strumenti informatici

e funzionale

• Competenza

multilinguistica

• Competenza

personale, sociale e capacità di imparare a imparare

• Competenza

in materia di cittadinanza

a imparare

• Progettare • Comunicare • Collaborare

e partecipare

• Risolvere problemi

• Individuare

collegamenti e relazioni

• Acquisire e

interpretare l’informazione


CURIOSITÀ DAL MONDO Il tiramisù è un dessert al cucchiaio tipicamente italiano, diffuso in tutto il territorio nazionale. La ricetta tradizionale prevede strati di savoiardi al caffè farciti con crema al mascarpone, tuttavia nel corso del tempo sono nate numerose varianti, che vanno da quelle aromatizzate con il liquore, a quelle vegane, fino a quelle aromatizzate al tè verde. L’origine del tiramisù, che sembra essere abbastanza recente, è assai dibattuta e arricchita da miti e leggende. Alcuni studiosi attribuiscono la nascita di questo dessert al Veneto, altri al Friuli-Venezia Giulia. Per saperne di più, vai al libro digitale.

I RACCORDI INTERDISCIPLINARI

INDICE STEP

1

La tradizione pasticcera delle regioni italiane

Laboratorio di Cucina • Le cucine regionali • Il turismo enogastronomico • Il Made in Italy • La filiera corta e il chilometro zero • La certificazione di qualità • I prodotti DOP e IGP delle regioni italiane Laboratorio di Sala-Bar e vendita • Vitigni e vini delle regioni italiane • Criteri di abbinamento cibo-vino

L’AGENDA 2030 Obiettivo 10: Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni

IL DIBATTITO Nell’intero territorio italiano, la crescita economica si basa su modelli sostenibili?

IL COMPITO DI REALTÀ Elaborare delle schede tecniche relative ai prodotti di pasticceria tipici della regione di appartenenza


194

Unità di Apprendimento 3 • Il territorio

STEP

1

Glossario Territorio e terroir

Il termine territorio indica un’area definita o delimitata che include porzioni di suolo e di acque. Negli ultimi anni, il significato di questo vocabolo si è ampliato, comprendendo anche la cultura e le tradizioni. Il termine francese terroir indica un territorio omogeneo e delimitato, nel quale si ottiene un prodotto con precise peculiarità che derivano dallo sfruttamento di questo ambiente fisico da parte di una collettività. È un binomio inscindibile tra uomo che “coltiva” e spazio fisico “coltivato”: due comunità umane, in uno stesso spazio fisico, potrebbero produrre terroir diversi.

1

La tradizione pasticcera delle regioni italiane

CHE COSA SI INTENDE PER TIPICITÀ

Nel corso dell’ultimo decennio le istituzioni hanno prestato sempre maggiore attenzione ai prodotti alimentari di qualità, in particolare a quelli tipici locali perché si è riconosciuto il loro fondamentale valore economico e culturale per le popolazioni e le zone di produzione. Questi prodotti sono però fondamentali anche e soprattutto per l’economia nazionale, che vede nel settore agroalimentare e in quello turisticoristorativo due tra le sue principali fonti di ricchezza. Le produzioni tipiche rientrano infatti a pieno titolo tra le principali attrattive di specifiche zone, tanto che anche aree senza particolare vocazione turistica sono diventate mete predilette di escursionisti e viaggiatori del gusto. Per salvaguardare e tutelare la cultura e l’identità enogastronomica locale e nazionale, si è reso necessario puntare sulla qualità e sulla tipicità del prodotto agroalimentare, rendendolo più visibile e, quindi, più appetibile. Il prodotto deve emergere infatti rispetto a tanti altri prodotti simili ed essere percepito come portatore di un’idea di qualità superiore e di ecosostenibilità. La promozione dei prodotti agroalimentari interessa sia il consumatore comune, che va educato a non scegliere prodotti di scarsa qualità, sia gli operatori del settore ristorativo, che possono contribuire a far conoscere tipicità territoriali e prodotti a marchio e a comunicare il messaggio di qualità che li accompagna. La tipicità scaturisce, quindi, dalla combinazione di una serie di fattori ambientali concreti con una dimensione culturale, legata alla comunità umana e, quindi, alla sua tradizione, ai suoi saperi e alle sue competenze, diventando una

garanzia di genuinità e qualità superiore. L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi con il maggior numero di prodotti a denominazione, tra i quali figurano anche alcuni tra quelli più copiati al mondo.

Come si tutela la tipicità Il sistema europeo di tutela delle denominazioni geografiche favorisce il sistema produttivo e l’economia del territorio e, allo stesso tempo, tutela l’ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità, sostenendo la coesione sociale dell’intera comunità. Allo stesso tempo, grazie alla certificazione europea, si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto ad altri prodotti. Per quanto riguarda i prodotti agroalimentari, il Regolamento (UE) n. 1151/2012 individua le tipologie (DOP e IGP) delle denominazioni agroalimentari e precisa le caratteristiche dei relativi disciplinari. In Italia, i settori con il maggior numero di riconoscimenti sono gli ortofrutticoli e i cereali, i formaggi, gli oli extravergine d’oliva e le preparazioni a base di carni. Oltre ai marchi di tutela delle denominazioni geografiche (DOP e IGP), l’Unione Europea ha istituito un terzo marchio, la Specialità Tradizionale Garantita (STG), a vantaggio di quei prodotti che posseggono qualità determinate non dal terroir, ma dalla tradizionalità del metodo seguito o delle materie impiegate. Oltre alle forme di tutela previste in sede europea, esistono anche altri strumenti validi a livello nazionale per la salvaguardia di particolari categorie di prodotti: i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) e i De.Co.


STEP 1

La tradizione pasticcera delle regioni italiane

195

I marchi di tutela dei prodotti agroalimentari Denominazione di Origine Protetta (DOP)

Indicazione Geografica Protetta (IGP)

Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT)

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è attribuita esclusivamente ai prodotti agroalimentari con caratteristiche qualitative che sono determinate dal territorio nel quale sono prodotti. Tale ambiente geografico comprende fattori sia naturali (materie prime, caratteristiche ambientali e climatiche, localizzazione) sia umani (conoscenze, tecniche produttive tradizionali e artigianali) i quali, combinandosi, consentono di ottenere un prodotto che non è riproducibile al di fuori del luogo di origine. Tutte le fasi produttive devono avvenire nell’area geografica delimitata richiamata nel nome del prodotto: dalla produzione delle materie prime alla loro trasformazione fino al confezionamento del prodotto finito. La tracciabilità geografica è infatti un elemento determinante per ottenere la DOP di un prodotto. Inoltre, la produzione deve avvenire rigorosamente secondo le regole indicate nel relativo disciplinare di produzione, sotto il controllo di un ente di certificazione indipendente, appositamente incaricato e riconosciuto dal MiPAAF, a garanzia della massima qualità dei prodotti. Il prodotto certificato DOP gode di tutela e protezione dalle contraffazioni su tutto il territorio dell’Unione Europea.

Questa forma di tutela della denominazione geografica è attribuita a quei prodotti agroalimentari per i quali soltanto una determinata qualità dipende dall’origine geografica richiamata nel nome del prodotto. Inoltre, non è obbligatorio che tutte le diverse fasi produttive si svolgano in questa zona: uno o più passaggi possono avvenire infatti al di fuori di essa perché non esiste un vincolo territoriale per l’intera filiera ed è sufficiente che anche solo una fase (generalmente la trasformazione) avvenga al suo interno. In pratica, se i prodotti DOP devono essere al 100% prodotti in un determinato territorio e ad esso devono tutte le loro caratteristiche, quelli IGP manifestano un legame meno stretto con il territorio, tanto che possono esservi realizzati solo in parte e gli devono soltanto una determinata qualità.

Questa categoria di prodotti basa la propria specificità su una produzione (lavorazione, conservazione, stagionatura) imprescindibilmente legata a metodi tradizionali consolidati nel tempo e in uso da almeno 25 anni. A differenza di DOP e IGP, i PAT hanno produzione e diffusione limitata e, per la loro salvaguardia, è stato creato un elenco ufficiale a cura del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF). Inoltre, per ciascuno di essi è stata redatta una specifica scheda tecnica. L’inserimento di un prodotto nei PAT non prevede però alcuna riserva d’uso: il nome del prodotto può essere usato infatti anche per indicarne altri ottenuti in modo diverso da quanto indicato nella scheda tecnica o in un territorio differente.

Denominazioni Comunali (De.Co.)

Specialità Tradizionale Garantita (STG)

Questi marchi di garanzia sono delibere di un’amministrazione comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una comunità si identifica. Sono dunque un atto politico che fissa un valore, nella forma di una “carta di identità” che il sindaco rilascia dopo aver censito un passato e un presente e ipotizzato uno sviluppo futuro per un determinato prodotto.

Questa certificazione è volta a tutelare produzioni che siano caratterizzate da metodi tradizionali. Si rivolge quindi a prodotti agroalimentari che hanno una “specificità” legata alla tradizionalità del metodo produttivo o delle materie impiegate in una determinata area geografica, ma che non sono necessariamente ottenuti solo all’interno di essa.


196 Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina

Gli oli extravergini di oliva del territorio italiano Le cucine regionali Il turismo enogastronomico Il Made in Italy La filiera corta e il chilometro zero La certificazione di qualità I prodotti DOP e IGP delle regioni italiane

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L’ENOGASTRONOMIA: UN’OPPORTUNITÀ PER LA VALORIZZAZIONE DEL MADE IN ITALY

Oltre che per le ricchezze artistiche e paesaggistiche, l’Italia è conosciuta nel mondo per il cibo e per il vino: quello enogastronomico è quindi un aspetto fondamentale dell’immagine Italia e il fattore “cultura” è uno degli elementi vincenti dell’offerta turistica italiana. La capillarità dell’enogastronomia nel territorio si riflette nelle circa 20.000 aziende agrituristiche sparse nel Paese come nelle circa 165 Strade dei Vini e dei Sapori tracciate tra i territori di più di 1300 comuni. Si contano in Italia circa 10.000 feste, sagre ed eventi enogastronomici locali e un insieme di appuntamenti di promozione dell’enogastronomia dai nomi ormai noti (Vinitaly, Cantine aperte, Cibus, Cheese, BITEG, Eurochocolate). Le produzioni tipiche italiane sono considerate un veicolo e un fattore di “italianità” nei mercati internazionali, dove l’offerta enogastronomica incrementa il già ricco panorama di prodotti Made in Italy, qualificandosi come prodotti di eccellenza amati dai consumatori e dagli acquirenti esteri. Le proposte enogastronomiche sono in costante aumento, sempre più strutturate e complete.

Le connessioni tra enogastronomia e turismo L’attenzione del mondo del turismo verso i prodotti agroalimentari di qualità non è certamente un fenomeno recente. Infatti: • tutte le Regioni italiane hanno costruito appositi itinerari tematici e sono moltissime le destinazioni turistiche che si caratterizzano attraverso la valorizzazione dei loro prodotti agroalimentari; • sono numerosissimi i turisti che riservano un’attenzione particolare alle produzioni tipiche o alla gastronomia tradizionale; • i prodotti agroalimentari tipici concorrono alla costruzione dell’identità di un territorio e attivano sinergie con le altre risorse presenti (arte, cultura, ambiente, produzioni artigianali). La stretta connessione tra prodotti enogastronomici e turismo ha conseguenze positive in quanto: • i prodotti tipici, gli esercizi ristorativi, il vino, gli itinerari dei sapori e le aziende agricole diventano “portavoce” del territorio; • i territori puntano alla valorizzazione dei prodotti tipici e più in generale dell’enogastronomia; • i territori che godono di un’immagine legata alla natura e alla genuinità possono utilizzare strategicamente questi valori, oggi assai ricercati dai turisti; • l’enogastronomia può stimolare la crescita dell’economia turistica, in particolare quando è contraddistinta da elementi unici e non riproducibili (i prodotti tipici sono spesso di nicchia e a distribuzione limitata).


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

Che cosa si intende per prodotto tipico Il prodotto tipico è sì un prodotto alimentare, ma anche un prodotto che riesce a veicolare valori simbolici, culturali e storici propri del luogo di produzione. È il frutto del lavoro e dell’impegno di generazioni: è qualcosa che ha una storia da raccontare. Questa storia riguarda le modalità di produzione, le materie prime adoperate e le sue caratteristiche organolettiche e richiama per intero il contesto socio-culturale. Con il prodotto agroalimentare tipico, il cibo diventa mezzo di comunicazione culturale di un territorio.

Che cosa cerca il turista enogastronomico Il turista enogastronomico si muove per il cibo e poi per l’ambiente e il paesaggio, la cultura, l’arte, la storia. Conoscere la provenienza, i luoghi di produzione, la storia, la tradizione che si celano dietro al prodotto (vino, formaggio, salume) è un elemento imprescindibile del suo viaggio. Il turista che sceglie l’Italia può contare su un’offerta smisurata, che comprende: • ben oltre 500 vini certificati; • oltre 4600 prodotti tradizionali (i PAT, ovvero i Prodotti Agroalimentari Tradizionali) distribuiti su tutto il territorio nazionale; • oltre 160 Strade dei Vini e dei Sapori; • oltre 540 Città del Vino; • circa 50 Città del Pane; • circa 45 Città del Tartufo; • più di 100 Musei del Gusto, che conservano e valorizzano la tradizione enogastronomica locale, in stretta relazione con il territorio e i suoi prodotti; • un numero imprecisato di Scuole e corsi di cucina disseminati su tutto il territorio nazionale. Ogni regione ha poi una sua offerta, in termini di prodotti e preparazioni. I principali protagonisti sono i ristoranti, molti dei quali sono citati nelle guide gastronomiche, il cui scopo è selezionare

degli esercizi che si ispirano al concetto di “qualità”. Le guide gastronomiche hanno un ruolo spesso determinante nella scelta di un ristorante: il pubblico delle guide ama infatti scegliere informandosi.

Le caratteristiche della ristorazione italiana La forza della ristorazione italiana si racchiude in alcuni concetti basilari: • qualità, perché è indiscutibile il prestigio ormai riconosciuto a livello mondiale; • segmentazione, perché può contare su una molteplicità di formule adatte alle esigenze e alla disponibilità economica dei milioni di consumatori che ogni giorno la frequentano; • articolazione del sistema, dove convivono migliaia di piccoli ristoranti/trattorie legati alla cultura enogastronomica del territorio e centinaia di ristoranti “stellati” che di quella cultura hanno fatto la propria strategia aziendale.

197 Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Sala-Bar e vendita Vitigni e vini delle regioni italiane Criteri di abbinamento cibo-vino


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VALLE D’AOSTA Molte ricette valdostane hanno origini francesi: la Valle d’Aosta è infatti una “terra di confine” e, come spesso accade in questi casi, le influenze culturali si manifestano anche nella gastronomia. Sulla tavola valdostana manca del tutto la pasta, rimpiazzata da una grande varietà di polenta, zuppe e minestre. Anche l’olio è poco utilizzato, sostituito da lardo, burro e strutto. La pasticceria valdostana non è particolarmente ricca. Il dolce più conosciuto è il biancomangiare: si tratta di una crema a base di latte, zucchero e vaniglia e il famoso Monte Bianco, deliziosa montagnola di castagne lessate unite a zucchero, cacao, latte e rum e ricoperte di panna montata. Altrettanto famose sono le tegole, biscotti a base di mandorle e nocciole tritate.

PIEMONTE Torino è la capitale indiscussa del cioccolato e dei gianduiotti, la cui produzione iniziò in occasione del Carnevale del 1865 (da qui il nome che richiama la tipica maschera torinese). Tuttavia è lo zabaione, un composto di tuorli d’uovo, zucchero e Marsala poi cotto a bagnomaria, a rappresentare l’eccellenza tra i dolci piemontesi. Altrettanto famoso è il bonèt, un dolce al cucchiaio realizzato con uova, zucchero, latte, amaretti, cacao amaro in polvere, rhum e, in alcune zone, anche con albicocche. Altre specialità dolciarie sono gli amaretti di Mombaruzzo, i baci di Cherasco, i baci di dama (speciali quelli di Tortona), i bicciolani di Vercelli, i biscottini di Novara, i canestrelli (particolari quelli di Biella e di Novi Ligure), i coppi di Langa, i fiacà di Andorno Micca, la fugascina di Mergozzo, i celebri krumiri di Casale Monferrato, le margheritine di Stresa, diversi pani dolci (tra cui quello di Cannobio, quello di San Gaudenzio e quello di meliga e mele). Sono prodotti in tutta la regione i marron glacé, mentre caratteristiche della provincia di Cuneo sono le paste di meliga (preparate con farina di mais e di frumento).


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

Una citazione particolare va, infine, riservata al grissino, alimento nato nella corte sabauda del Seicento e che oggi ha un posto importante sulla tavola italiana. Si tratta di un lungo e sottile cilindro croccante di pasta di pane ammorbidita con olio. Secondo la tradizione, il grissino venne “inventato” nel 1668 da un fornaio della corte sabauda, tale Antonio Brunero, per stuzzicare l’appetito di Vittorio Amedeo II, allora bambino. Il giovane duca soffriva infatti di disturbi intestinali di cui si ignorava la causa. Un celebre medico dell’epoca ipotizzò che il disturbo fosse causato dal pane poco cotto, all’epoca molto diffuso. Chiese allora al fornaio di produrre un pane che fosse sottile e ben cotto. Il duca guarì e il neonato bastoncino croccante venne chiamato ghersin. Pare che, qualche secolo più tardi, anche Napoleone ne fosse particolarmente ghiotto e se ne facesse inviare a Parigi dei rifornimenti giornalieri.

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LOMBARDIA La cucina lombarda è cucina delle lunghe cotture, dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta più che al pane, del riso e delle paste ripiene più che della pasta di grano duro, del burro e del lardo più che dell’olio. I dolci tipici regionali si sono pian piano diffusi a livello nazionale; pensiamo al panettone natalizio, il simbolo dolciario della Lombardia, e alla colomba pasquale, oggi fabbricati entrambi da industrie dolciarie e pasticcerie artigianali di tutta Italia, con varianti che li allontanano dalla ricetta originaria, per esempio le farciture di creme o cioccolato. Anche le chiacchiere, le famose frittelle di farina, latte, uova e zucchero, e il torrone hanno le loro origini in Lombardia. Nella provincia di Mantova è tradizionale la torta sbrisolona, così chiamata perché essendo molto friabile si sbriciola facilmente, realizzata con farina bianca e gialla, impastata con zucchero, uova, mandorle, strutto, burro, aroma di limone e di vaniglia; a Pavia, invece, è tipica la torta paradiso, fatta di farina, uova, burro e zucchero, lasciata ben lievitare prima di passare al forno e spesso accompagnata da crema o zabaione.


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

TRENTINO-ALTO ADIGE La gastronomia fa parte della cultura di un popolo; in quest’ambito, perciò, si fanno sentire le influenze austriache e tedesche in Alto Adige, italiane e specificamente venete in Trentino. Si tratta però, in entrambi i casi, di una cucina relativamente povera, che basa le sue preparazioni sui prodotti tipici della montagna e prevede spesso sostanziosi piatti unici. I dolci sono una vera istituzione in tutta la regione. In Trentino trionfano i fiadoni, bignè al forno ripieni di mandorle tritate, miele e cannella, la rosada, budino di mandorle caramellate e polverizzate, e la pinza trentina, pane raffermo inzuppato nel latte, impastato con zucchero e fichi secchi e cotto in forno. Lo zelten rappresenta l’anello di congiunzione tra il Trentino e l’Alto Adige. Questo tipico dolce natalizio si prepara con farina di grano saraceno, uova, burro, zucchero e frutta secca (datteri, fichi secchi, uva passa, noci), cui si aggiungono per l’aroma cannella e grappa. In Alto Adige si prepara anche il famoso strudel, nato a Bisanzio, portato dai Turchi in Ungheria e approdato così nell’impero austroungarico, per diventare uno dei simboli della dolciaria austriaca. Consiste in un rotolo di pasta sfoglia ripiena di mele; si consuma preferibilmente caldo. Altri dolci tipici sono gli innicher sterz, frittelle a base di pane, latte, uova e mirtilli, la kastanientorte (torta di castagne), da servire ricoperta di panna montata quando è ancora calda di forno, e il presnitz, rotolo di pasta sfoglia farcito di marzapane, cedro candito, pinoli e noci. Non vanno dimenticati i krapfen, dolci a forma di palla schiacciata alle estremità, ottenuti con due dischi di pasta lievitata uniti e fritti nell’olio. Vengono farciti a freddo con marmellata di albicocche.

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FRIULI-VENEZIA GIULIA Semplice e genuina, ma dai sapori forti, la cucina friulana risente molto delle realtà etniche che convivono nella regione e in molti piatti si sente l’influenza della cucina veneta, ungherese e slava. Il dolce tipico della regione è la gubana, rotolo di pasta lievitata a forma di chiocciola cotto al forno, farcito di mandorle, noci, pinoli, canditi, uva passa, zucchero, liquore e scorza grattugiata di limone. Simile è la putizza, a base di pasta lievitata farcita di un morbido composto di frutta secca e sagomato a chiocciola. Lo stesso ripieno è usato per il presnitz, a base di pasta sfoglia.

VENETO Il dolce veneto più conosciuto è senza dubbio il pandoro di Verona, dolce lievitato tipico di Natale che, con il tempo, ha oltrepassato i confini regionali ottenendo diffusione nazionale. Ma il Veneto produce anche biscotti rinomati, come i baicoli, biscotti secchi di antichissima tradizione veneziana, e gli zaleti, realizzati con farina di mais e grano in parti uguali. Tra le torte ricordiamo la torta fregolotta, aromatizzata con buccia di arancia grattugiata e talvolta con l’aggiunta di mandorle tritate, e la pinza (preparata nella versione lievitata o meno, a base di farina di mais o di grano tenero e, un tempo, di pane raffermo). Notevole e antica è la tradizione del gelato artigianale in Cadore, del mandorlato di Cologna Veneta (un torrone bianco di consistenza assai dura) e dei pevarìn di Chioggia (nel cui impasto, oltre a cioccolato e mandorle, è presente il pepe, spezia diffusa dalla vicina Venezia).


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

LIGURIA Le torte salate sono molto diffuse in tutte le province liguri e ne esiste una vasta gamma, a seconda delle verdure che costituiscono il ripieno. La più famosa è senz’altro la torta Pasqualina, farcita di bietole, cagliata e uova intere. Un tempo veniva preparata solo per Pasqua con 33 strati di pasta: quanti gli anni di Cristo. Cibo povero e fragrante, la focaccia è una specialità della Liguria. L’aggiunta di altri ingredienti dà origine a numerose varianti; le più note sono la Sardenaira, con pomodoro, olive e acciughe, originaria della zona tra Imperia e Ventimiglia, e la Focaccia di Recco IGP, contraddistinta dall’aggiunta di formaggio fresco. La farinata è un piatto ricco di calorie consumato preferibilmente nel periodo autunnale. La si prepara con farina di ceci (o di grano nel Savonese), acqua, sale e olio di oliva, ed estratta dal forno deve apparire sottile, croccante, dalla superficie dorata. Anche in questo caso si possono aggiungere altri ingredienti: rosmarino, cipolle, salsiccia. Caratteristici della Lunigiana, al confine con la Toscana, sono poi i testaroli (un sottile pane azzimo dapprima cotto in testi circolari, un tempo di ghisa e oggi di terracotta, poi fatto rinvenire in acqua bollente, quindi tagliato a losanghe e infine condito con olio, formaggio o pesto al basilico), i panigacci (anch’essi azzimi e cotti su testi impilati) e gli sgabèi (ricavati friggendo strisce di pasta di pane, che per effetto del calore si gonfiano). Il tipico dolce natalizio genovese è il pandolce, basso o alto, ma sempre assai ricco nell’impasto: alla farina, infatti, lavorata non con il burro ma con l’olio e addolcita non con lo zucchero ma con il miele, vengono aggiunti uva passa, canditi (zucca, arancia e cedro) e pinoli; l’aroma caratteristico proviene dai semi di anice e dall’acqua di fiori d’arancio. La leggenda narra che il pandolce nacque nel Cinquecento, quando il doge Andrea Doria imbandì una gara tra i pasticceri genovesi per la creazione di un dolce che fosse il simbolo di Genova e della sua ricchezza e che si conservasse a lungo per i viaggi in mare. La presenza nel dolce di pinoli, semi d’anice, canditi e spezie testimonia i fitti contatti che Genova ebbe con l’Oriente. I pinoli sono inoltre l’ingrediente che caratterizza la torta chiamata “pinolata” nella Val d’Aveto. Altri dolci tipici sono la spongata dell’entroterra spezzino (dove si prepara anche una gustosa torta di riso), il latte fritto, realizzato in tutta la regione, e i friscoi (noti anche come panserossi, cugoletti o pansarole), grossi ravioli di pasta frolla ripieni di marmellata e fritti nell’olio. Farciti di marmellata sono pure i gobeletti. Tra i biscotti, celebri sono i canestrelli, gli amaretti di Gavenola e di Sassello, i biscotti di Taggia, il buccellato (tipico della zona di Sarzana) e i leggerissimi biscotti del Lagaccio, che prendono il nome da un antico quartiere di Genova. Di probabile origine orientale è il dolce chiamato “cubàite”, costituito da cialde al cui interno si colloca un ripieno per lo più a base di nocciole, noci, mandorle, scorza d’arancia e miele.

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EMILIA-ROMAGNA L’Emilia Romagna può essere suddivisa in tante zone gastronomiche, ognuna delle quali con determinate caratteristiche. Ci sono, tuttavia, molti denominatori comuni, rappresentati dai primi piatti e dagli insaccati. I dolci più famosi sono legati alle festività natalizie. Ne è un esempio il Pampapato di Ferrara IGP. Si mescolano farina, zucchero, mandorle, scorze di agrumi tritate, frutta candita, cacao, noce moscata, chiodi di garofano e cannella, fino a formare un impasto sodo e uniforme. Poi si inforna l’impasto dandogli la forma di uno zuccotto; si lascia cuocere un’ora e mezza e, a cottura terminata, si spennella con cioccolato fuso. Anche nella preparazione del pane di Natale di Modena e del pan speziale di Bologna è previsto l’utilizzo di frutta secca, con l’aggiunta di miele e semi aromatici, in misura e con modalità di preparazione diverse. Segnaliamo ancora la torta di castagne (farina di castagne con uva passa e pinoli), quella di tagliatelle (il nome deriva dalle tagliatelle di pasta frolla usate per decorare) e la torta Barozzi, secca e a lunga conservazione.

TOSCANA La cucina toscana rispecchia la varietà delle sue materie prime, trasformate in pietanze con fantasia e sapienza. I dolci toscani, tutti di origini antiche, hanno rinomanza nazionale, quando non internazionale. I cantucci sono biscotti secchi alle mandorle, ottenuti tagliando a fette il filoncino di pasta ancora caldo; si consumano rigorosamente dopo averli intinti nel Vin Santo. Lo zuccotto fiorentino, pan di Spagna inzuppato di liquore secco e farcito di panna montata e cioccolato, noci e mandorle, ha ormai acquisito fama mondiale. Da Siena vengono due ricette molto antiche: i ricciarelli, biscotti ovali di pasta di mandorle rivestiti di zucchero a velo, che si possono trovare anche sul mercato come Ricciarelli di Siena IGP, e il Panforte IGP, un dolce a lunga conservazione a base di mandorle, canditi, miele, zucchero e spezie.


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

MARCHE Quella marchigiana è cucina di terra e di mare, cui si aggiunge, più che in altri luoghi, l’influenza delle regioni vicine: il tutto crea un armonioso mosaico gastronomico. Nutrita è la famiglia delle preparazioni a base di pasta di pane, variamente modellate e chiamate, a seconda delle località, crescia (da condire con olio, sale, cipolla e rosmarino nonché, in inverno, con strutto e ciccioli), spianata (insaporita con uova e ricotta), crescia di Pasqua al formaggio (particolarmente ricca in quanto preparata con uova, strutto o burro, olio extravergine di oliva, formaggio grattugiato, pecorino a pezzi e grattugiato, lievito di birra, farina, pepe macinato e sale), pizza di Pasqua (realizzata con farina, zucchero, uova, olio o burro, uva sultanina, lievito, limone grattugiato e, talvolta, canditi, vin santo o liquore), cresciolina (pasta del pane leggermente salata, spianata col mattarello, fritta in strutto bollente e cosparsa di zucchero) o crescia fogliata (tipica di Fiuminata e ricavata farcendo una sfoglia ottenuta impastando farina, zucchero, olio extravergine di oliva e acqua bollente con un ripieno di ricotta, uvetta, noci o nocciole, zucchero, cacao, vaniglia, cannella, buccia di limone grattugiata, liquore all’anice o rum e alchermes). Per Pasqua, nel Maceratese, si prepara la pizza dolce, o recina: con farina, uova, strutto, zucchero, cannella, lievito e mistrà (un liquore tipico aromatizzato all’anice) si modella una pasta in forma di panettone che viene cotta e infine ricoperta di una glassa di albume d’uovo battuto con zucchero. La pasticceria è ricca di dolci rustici. I calcioni o caciuni sono ravioli di pasta di pane farciti con pecorino, zucchero, tuorlo d’uovo e scorza di limone grattugiata e cotti al forno. Il dolce di Natale è invece il custringu o pustringo, una torta di farina di grano e di mais arricchita da fichi secchi, noci e uva passa. Vanno poi segnalati i biscotti di mosto, la cicerchiata (ricavata da palline di pasta della dimensione di una cicerchia fritte nello strutto, amalgamate con miele sciolto e, talvolta, buccia grattugiata di arancia, canditi, pinoli e mandorle tritate e abbrustolite), il fristingo (realizzato con fichi secchi, uva sultanina, canditi, mandorle tostate, noci, noce moscata, cannella, caffè, liquore all’anice, limone, miele, pane grattugiato, farina di grano tenero e olio extravergine di oliva; ne esiste una variante con sangue di maiale), la frustenga (nel cui impasto sono utilizzati fichi secchi, uva sultanina, noci, olio e pane grattugiato come nel caso del fristingo, dal quale si differenzia per l’uso di farina di mais e mele) e il bostrengo (legato alla festività della Madonna di Loreto, che cade il 10 dicembre, e preparato con farina di castagne e di riso, cannella, frutta secca, uva sultanina, miele, cioccolato, bucce di agrumi grattugiate, latte, burro e strutto). Infine, ricordiamo i torroni: quello di mandorle e miele, senza albume di Muccia e quello di fichi di Monsanpolo. Proprio con un impasto di fichi essiccati ed amalgamati con mistrà, rum o sapa, noci e mandorle si ottiene la lonza (o lonzino), sagomato a forma di piccolo salame e avvolto in foglie sempre di fico.

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UMBRIA Il dolce più tipico dell’Umbria è l’attorta, composta da una pasta sfoglia ripiena di mele e altri ingredienti, attorcigliata su se stessa come un serpente. Simile è la rocciata di Assisi, a forma di ferro di cavallo, che ha nella farcitura, aromatizzata con il Vin Santo, anche uva passa, noci, miele, fichi secchi, prugne. Sempre in forma di serpente viene modellato l’impasto di mandorle del torciglione, glassato poi con albume e zucchero. Altri dolci tipici sono il brustengolo, polentina di farina di mais arricchita con sottili fette di mela, pinoli, noci, noccioline e uvetta, e i maccheroni con le noci, tagliatelle ripassate in padella con cannella e noci, tipico di Natale. Il panpepato di Terni è forse il dolce di più antica origine, ricchissimo per gli ingredienti impiegati: noci, mandorle, nocciole, pinoli, uvetta, cedro e arancia canditi, pepe, cannella, noce moscata e farina; proprio per tanta ricchezza di ingredienti e per il costo che ne deriva la gente umile consumava questo dolce solo in occasione delle feste. Infine, ricordiamo la torta di Orvieto, un panettone soffice tipico di Pasqua, e il torcolo, una ciambella all’anice con canditi e uva passa. Ultimi, ma non per importanza, i crostini ubriachi: fette di pane imbevute di rum e alchermes e ricoperte con una crema a base di mandorle tritate e cioccolato. Diversi dolci umbri sono modellati a forma di spirale, secondo alcuni perché questa forma richiama il serpente, ricordo dei riti pagani che lo adoravano come simbolo di vita e di vigore, per la sua proprietà di cambiare la pelle ritrovando in tal modo l’aspetto della giovinezza. Per gli abitanti della zona del Trasimeno, invece, che rivendicano l’origine di questi dolci, la forma verrebbe dall’anguilla pescata nelle acque del lago.

LAZIO Il Lazio è un territorio di pianure, colline e montagne, di laghi e di mare. Queste differenti caratteristiche fisiche influiscono sui costumi gastronomici legati ai prodotti del territorio, tracciando i contorni di aree ben definite. Nella produzione dolciaria di Roma e dintorni spesso tra gli ingredienti rientra la ricotta. I bocconotti e i ravioli di ricotta ne sono un esempio: i primi con involucro di pasta frolla, i secondi con pasta di pane. Entrambi sono cotti al forno, hanno una farcitura di ricotta, rossi d’uovo, cannella, zucchero e aroma di limone. Anche la crostata di ricotta, come già il suo nome dichiara, è a base di ricotta fresca lavorata con zucchero e tuorli d’uovo, cannella e canditi, unita a crema pasticcera e cotta al forno. Il pangiallo è invece un dolce romanesco che deve il proprio nome allo zafferano, ingrediente fondamentale di questa specialità. L’impasto è fatto di farina, lievito, zucchero, chiara d’uovo, canditi, uva passa, pinoli, mandorle, aromi e spezie


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

e viene modellato in pagnotte di media lunghezza lasciate lievitare a lungo e spalmate con una glassa di farina, acqua, olio e zafferano e infine cotte al forno. Il maritozzo è un dolce tipico del Lazio, in particolar modo della città di Roma: è costituito da pasta brioche preparata con pinoli, uva sultanina e scorzetta d’arancia candita e talvolta, tagliato in due, per lungo, viene completato con panna montata. Anche i mostaccioli sono tipici di Roma, anzi si gustavano già nell’antica Roma quando erano semplicemente biscotti impastati con il mosto. Il nome è rimasto, ma il mosto è scomparso. Oggi i mostaccioli sono preparati con un impasto di farina, noci tritate, miele, albume d’uovo, pepe e cannella, tagliato a piccoli rombi che vengono cotti al forno. A Natale, nel Viterbese si prepara la nociata, un torrone a base di miele e noci, mentre a Rieti è tipica la cicerchiata, palline di farina e uova, poi fritte e coperte con miele bollente, che prende il suo nome appunto dalla forma simile alle cicerchie.

ABRUZZO Pur essendo una cucina relativamente povera, quella dell’Abruzzo ha due “anime gastronomiche” differenziate, rappresentate dalla cucina di mare e da quella di terra. Torrone e confetti sono i dolci tipici dell’Abruzzo. Il torrone, diffuso in tutta la regione, si trova sia bianco sia al cioccolato, mentre a Chieti si produce un torrone a base di fichi secchi pressati e alternati a strati di cioccolato, mandorle tostate, cannella ed essenza di limone. I confetti, invece, provengono da Sulmona, dove una fabbrica risalente al 1783 ne produce ben trentasette tipi diversi. Il parrozzo di Pescara è un grosso pane − il nome deriva da “pane rozzo” − di farina, uova, burro, zucchero, mandorle, ricoperto di cioccolato. Una specialità di Chieti sono i bocconotti: tartellette di pasta frolla farcite con mandorle, zucchero, cacao, cannella e Aurum, un distillato di vino fortemente aromatizzato all’arancia. Della più antica tradizione abruzzese sono le ferratelle, cialde croccanti fatte con farina, uova, olio, anice, preparate con l’impiego di apposite piastre di ferro e da spalmare di miele o marmellata vengono servite soprattutto durante i banchetti nuziali. In Abruzzo ha inizio la zona dei taralli, tipici poi di tutta l’Italia meridionale. Sono ciambelline di pasta di pane aromatizzate al pepe, al peperoncino o ai semi di finocchio, alla cannella o altro e cotte al forno. C’è chi aggiunge all’impasto il vino, chi grappa o liquore all’anice, chi li fa dolci chi salati. I tarallucci di Natale, molto piccoli, sono ricoperti da una glassa di zucchero.

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MOLISE Mentre nelle zone più interne della regione, occupate da montagne e colline, dominano piatti a base di carne di maiale, salsicce e soppressate, nella sottile fascia costiera prevale una cucina più tipicamente marinara, con piatti a base di pesce. I dolci sono rustici, come tutta la cucina molisana, e anche nei dolci non manca la mollica di pane. Il pane schiavonesco, per esempio, è una miscela di mosto, mollica di pane, noci e mandorle e aromatizzato con chiodi di garofano e cannella; lo stesso impasto è utilizzato come ripieno per i ravioli dolci. I caragnoli sono frittelle di pasta dolce che vengono servite con il miele; i caggiuniti, invece, sono delle ciambelle farcite con un composto di castagne lesse e cioccolato. In occasione delle feste di Natale si prepara la copeta, un torrone artigianale di miele e mandorle, ma anche la cicerchiata, piccole palline fritte a base di farina, uova, liquore, scorza di limone, mischiate a mandorle e miele, che prende il nome appunto dalla forma del legume noto come cicerchia. Due dolci hanno di recente fatto ingresso nella pasticceria locale: il pandolce del Molise, un impasto con mandorle e nocciole ricoperto di cioccolato, e la campana di cioccolata, una specie di panettone, anch’esso ricoperto con abbondante cioccolato. Agnone vanta come primato dolciario i confetti ricci, mandorle dolci confettate. Dolce tipico pasquale è il fiadone o risciatun, composto da due sfoglie circolari sovrapposte e farcite in vario modo: nel basso Molise, viene realizzato a base di ricotta, zucchero e buccia di limone.

CAMPANIA Simbolo della gastronomia campana è senza dubbio la pizza margherita: pasta di pane cotta nel forno a legna e condita con pomodoro, mozzarella e foglie di basilico fresco. L’accostamento cromatico è un omaggio al tricolore italiano, mentre il nome fu scelto in onore della Regina Margherita di Savoia, ospite a Napoli. La pasticceria campana è estremamente ricca. Il re dei dolci napoletani è il famoso babà, dolce di pasta soffice che appena sfornato viene imbevuto di rhum. Altrettanto celebre è la sfogliatella; ne esistono di due tipi: la riccia, preparata con pasta sfoglia, e la frolla, che è invece rivestita di pasta frolla. Entrambe prevedono un ripieno di crema a base di ricotta, vaniglia e frutta candita. La maggior parte dei dolci campani è legata all’abilità delle monache dei conventi di saper rivedere e inventare sfiziose ricette. A loro si deve infatti la sfogliatella appena citata, ma anche la ricetta della pastiera napoletana. La pastiera, che si prepara in occasione della Pasqua, ha una farcitura a base di ricotta, uova e grano cotto, a cui si aggiungono frutta candita e acqua di fiori d’arancio. Questa saporita crema viene prima “adagiata” in una teglia rivestita di pasta frolla e poi decorata con la pasta frolla avanzata tagliata a striscioline.


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

Tipici delle feste natalizie sono gli struffoli, piccole palline di pasta fritte e poi ricoperte di miele e confettini colorati (che a Napoli si chiamano “diavulilli”). Le cosiddette zeppole di San Giuseppe sono ciambelline preparate con una base di farina, acqua, burro e uova; una volta fritte, le zeppole vengono poi farcite con crema pasticcera. Le paste di mandorle sono dolcetti che si servono la vigilia di Natale, preparati con pasta di mandorla a cui vengono dati le forme e i colori più svariati. Le delizie al limone consistono in una cupola di pan di Spagna farcita di crema al limone, bagnate con uno sciroppo a base di limoncello, e ricoperte di crema, sempre a base di limoncello.

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PUGLIA Il ricco patrimonio di materie prime offerto dal territorio pugliese è testimoniato da una tradizione gastronomica alquanto variegata: i piatti tipici pugliesi variano da provincia a provincia e talvolta da città a città in funzione del territorio, così le ricette di Bari, Brindisi e Taranto, affacciate sul mare, sono diverse da quelle di Foggia o di Lecce, situate nell’interno. Il protagonista dell’agricoltura pugliese è il grano, che fornisce due elementi importanti: il pane e la pasta. Il pane più famoso è quello di Altamura, in pagnotte che talvolta superano i due chilogrammi di peso, ma è doveroso citare anche il Pane tradizionale dell’Alta Murgia e il pane di Laterza, tipico del territorio ionico. Gli altri prodotti da forno della Puglia sono i taralli, aromatizzati con semi di finocchio, olive o peperoncino, e le friselle, pane biscottato a forma di ciambella che si consuma bagnato d’acqua e condito con olio e pomodoro a pezzetti. Un’altra specialità pugliese sono i panzerotti, un impasto di farina, olio, vino, acqua e sale, cui viene data la forma di mezzaluna, farciti con mozzarella e pomodoro e fritti in abbondante olio d’oliva. La Puglia vanta una notevole tradizione dolciaria. Le carteddate, dolci che si preparano in occasione delle festività natalizie, sono rosette di pasta fatte con farina, olio e vino bianco, tagliate a strisce, piegate e arrotolate a chiocciola e, infine, cotte al forno o fritte in padella: nel primo caso vengono ricoperte con vino cotto e cosparse di cannella, nel secondo caso vengono invece immerse nel miele e cosparse di zucchero e cannella. A Pasqua si prepara la scarcedda, un dolce a forma di colomba o di ciambella fatto con un impasto di farina, zucchero e uova e ricoperto di glassa. La superficie può essere decorata con piccoli confetti colorati. Tra gli altri dolci ricordiamo le intorchiate, trecce di pasta dolce ricoperte di mandorle tostate e tritate, tuorli d’uovo e zucchero, e il sanguinaccio, sangue di maiale impastato con zucchero, cioccolata, cannella, chiodi di garofano, canditi, pinoli, vaniglia, racchiuso in un budello e cotto in acqua salata. Caratteristico, infine, è il grano cotto, un dolce di origine araba preparato per Ognissanti con grano tenero e mescolato a mandorle, cioccolata, cedro candito, noci, acini di melagrana, cannella, vino cotto, il tutto passato in forno.


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

BASILICATA Benché risenta dell’influsso delle regioni vicine − Campania, Puglia e Calabria − assai più grandi e popolate, la cucina lucana ha caratteristiche proprie, legate ai prodotti del territorio, e ha dato all’Italia due specialità diventate oggi universali: le salsicce e le tagliatelle. I dolci si basano sui prodotti locali. Sono diffusi i taralli, da consumare inzuppati nel vino, ma soprattutto troviamo una grande varietà di panzarotti ripieni con crema di ceci, cioccolato e cannella oppure con miele, mele e mandorle, entrambi fritti in olio bollente. La torta di formaggio è un misto tra dolce e salato che prevede l’utilizzo di formaggio fresco, ricotta, prosciutto, mozzarelline, zucchero e uova. La cicirata consiste in palline di pasta prima fritte in olio d’oliva e poi unite con miele, mandorle tritate, canditi e cioccolato fuso per formare una ciambella. Il falagone, invece, è a forma di saccottino allungato: all’esterno è giallo-bruno, mentre l’interno è candido di ricotta ovi-caprina con macchioline verdi per la presenza di menta. Il dolce pasquale per eccellenza è la scarcedda, pasta frolla farcita con ricotta zuccherata e un uovo sodo nascosto nell’impasto. Anche il maiale viene usato per preparazioni dolci: il sanguinaccio è una crema a base di sangue, zucchero, sugna, cioccolato fondente, cacao e caffè, aromatizzata con chiodi di garofano e cannella e arricchita con uva passa e pinoli; la gelatina dolce di maiale, invece, è preparata a partire dalle parti di scarto dell’animale (piedi, orecchie, coda, ossa), cotte in acqua per ottenere una gelatina che viene poi addolcita e aromatizzata con vino cotto, sciroppo d’arancia, cacao, alloro, mandorle e zucchero.

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Unità di Apprendimento 3 • Il territorio

CALABRIA Vario nella conformazione orografica, il territorio calabrese è piuttosto omogeneo nella gastronomia. I dolci seguono in gran parte le scadenze delle festività: • per Natale si preparano i chinulilli, ravioli farciti (chinu vuol dire appunto “pieno”) con mosto cotto, noci, uva sultanina, mandorle e poi fritti; • per Carnevale le zeppole; • per Pasqua è tradizionale la cuzzupa, pasta di farina, olio, uova e zucchero modellata a forma di piccoli canestri, cuori, trecce o chiocciole, decorata con uova sode e infine cotta al forno. Sopravvive in tutta la regione la tradizione dei mostaccioli, biscotti durissimi a base di farina, miele e vino bianco. La Calabria ha anche un suo torrone tradizionale con miele, zucchero, mandorle e cioccolato, talvolta arricchito con marmellata di fichi. Questi frutti sono alla base di altri dolci: • i palloni, fichi seccati al sole, bolliti insieme a scorze di cedro e noci tritate e infine avvolti in foglie di arancio; • le crocette, fichi spaccati in quattro, sovrapposti e farciti con mandorle, noci e scorza di cedro. Un dolce particolarmente ricco è la pitta pia o di San Martino: tipica dell’Aspromonte, ha tra gli ingredienti pasta di pane, uovo, strutto, zucchero, cioccolato, fichi, noci, uva passa e mosto.

SICILIA La cucina siciliana è estremamente varia, non soltanto per la ricchezza dei prodotti regionali, ma anche per i molti popoli, Fenici, Greci, Arabi, Normanni, Francesi, Spagnoli... che si sono avvicendati sul suo territorio. La pasticceria siciliana, in gran parte di origine araba, è la più ricca dell’Italia meridionale. Famosissimi sono i torroncini, a base di miele, mandorle e pistacchi; altrettanto buona, benché meno nota, la cubbaita, una specie di torrone con semi di sesamo. Veri simboli della pasticceria regionale sono i cannoli e la cassata, che richiedono entrambi, come ingrediente principale, la ricotta di pecora: • i cannoli sono cilindri di pasta croccante farciti di ricotta di pecora zuccherata e amalgamata con semi di pistacchio tritati e frutta candita; • la cassata, inventata dagli Arabi ma modificata dagli Spagnoli con l’aggiunta fondamentale del pan di Spagna, si prepara a partire da uno stampo a forma di scodella fonda (qasa’t in arabo) foderato con pan di Spagna, che viene poi farcito di ricotta zuccherata e aromatizzata con cannella o cioccolato o pistacchio e, infine, ricoperto da glassa di zucchero decorata con frutti canditi o di pasta di mandorle.


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La tradizione pasticcera delle regioni italiane

La pasta di mandorle è alla base di un altro dolce celebre: modellata in frutti colorati con colori vegetali, diventa la frutta martorana, il cui nome deriva dal convento palermitano della Martorana, dove le monache creavano con la pasta di mandorle frutti identici a quelli freschi. La Sicilia rivendica la paternità di un altro dolce diffuso oggi in tutto il mondo: il gelato, o meglio il sorbetto, che sarebbe stato creato dagli Arabi utilizzando la neve dell’Etna. In Sicilia ci sono quello al melone rosso con profumo di gelsomino, quello di scorzonera e cannella, oltre naturalmente a quelli che tutti noi conosciamo. Parenti stretti dei sorbetti sono le granite: di caffè, di limone, ma anche di mandorla, di gelso nero, di mandarino, di pesca aromatizzata al basilico, ecc. Un altro dolce antico è la pignolata, palline di pasta all’uovo cotte al forno e immerse in glassa di albume e limone. Infine, due specialità locali: il gelo di meloni, tipico di Palermo, che consiste in polpa di anguria mescolata a zucchero, amido di mais e acqua di gelsomino, e il cuscus dolce di Agrigento (nel convento di Santo Spirito lo preparano fin dal 1300), in cui alla semola di grano si uniscono mandorle tritate, cioccolato, zucchero e crema al pistacchio.

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Unità di Apprendimento 3 • Il territorio

SARDEGNA Nel corso dei secoli, la Sardegna è passata sotto il controllo romano, bizantino, pisano, genovese, arabo e spagnolo e tutte queste popolazioni hanno lasciato un segno evidente nella cultura gastronomica dell’isola. Sono diverse le specialità di pane sardo, ma il più rinomato è il pane carasau, tipico del nuorese e costituito da sottilissimi dischi di pasta simile a quella del pane, preparata con semola, farina, acqua e lievito e passata due volte in forno per ottenere un risultato croccante (“carasare” significa, infatti, “biscottare”). Questo tipo di pane, che si conserva anche per parecchi mesi ed è diffuso anche nella variante “guttiau” (ottenuta ungendo la superficie con olio extravergine d’oliva, tostando il prodotto alla brace o su una graticola per pochi secondi e quindi cospargendolo con sale quando è ancora caldo) era l’ideale per i pastori che vivevano lontani dalle famiglie anche per lunghi periodi di tempo e lo consumavano nel brodo o con verdure di campo cotte. Tipico di Cagliari è invece il pistoccu, che a metà cottura viene svuotato della mollica interna e fatto biscottare, caratteristico del capoluogo regionale è anche il civriaxu. Vanno poi menzionati numerosi pani decorati, spesso preparati in concomitanza con occasioni particolari. Nei dolci sardi sono spesso presenti miele e mandorle e in molti si trovano anche mosto cotto, ricotta, frutta e formaggio. Tra i prodotti “rituali” (cioè preparati in occasione di momenti particolarmente significativi, specialmente in concomitanza con feste religiose) vanno menzionati: i biscotti glassati detti pabassinas (a base di uva secca, farina di grano tenero, mandorle abbrustolite, noci e lievito), gli angulis (ciambelle decorate in superficie con uova intere dipinte a vari colori, preparate a Carloforte per Pasqua) e le cuppuleddas (cestelli di pasta dolce ripieni di mandorle tritate e chiusi da una glassa di zucchero preparate per la festa di Ognissanti a Nuoro). Tra i dolci sardi si trovano vari tipi di torrone come l’aranzada, specialità di Nuoro, fatto con buccia d’arancia tagliata a strisce sottili cotte nel miele e mescolate a mandorle sminuzzate, e il rinomato torrone di Tonara. Numerosi sono i dolci ripieni, tra cui spiccano le sebadas della Barbagia (dette “seadas” in Gallura), di forma circolare, preparate con semola e strutto, farcite di casizolu o pecorino lievemente inacidito (sciolto, aromatizzato con buccia di limone o di arancia grattugiata e lasciato rapprendere), fritte nell’olio e cosparse di miele o zucchero. A forma di chiocciola sono le cuccioleddas, preparate con un sottile involucro di semola impastata con il burro e ripieno di noci, buccia d’arancia candita, mandorle tostate e tritate, cacao e miele. Vale poi la pena di ricordare i gueffus (modellati a forma sferica o di cestino, ricoperti da una sottile sfoglia e da un fine strato di glassa reale e ripieni di pan di Spagna), i sospirus di Ozieri (piccole sfere preparate con mandorle tritate, zucchero, miele e limone e glassate in superficie), i candelaus (ricavati ricoprendo con un sottilissimo velo di pasta di mandorle un morbido impasto di mandorle fresche, zucchero e acqua di fiori d’arancio e avvolti in carte colorate e sfrangiate) e gli amarettos de mendula (biscotti modellati in forme tonde od ovali e preparati con mandorle dolci e amare, zucchero, albume d’uovo e scorza di limone).


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L’alimentazione nella storia Il Paleolitico e il Neolitico Il Paleolitico è ricordato come l’età della raccolta e della caccia. I nostri più antichi progenitori (le Australopitecine vissute da 6 a 2,5 milioni di anni fa) consumavano vegetali (foglie, frutti, radici) e resti di carcasse di animali morti per cause naturali. Gli ominidi (già appartenenti al genere Homo) che succedettero alle Australopitecine tra 2 milioni e 200.000 anni fa circa, furono esperti nella raccolta di radici, frutti, bacche e tuberi. La capacità di padroneggiare il fuoco, che sembra risalire a 500.000-400.000 anni fa, consentì di cuocere cibi di diverso genere. La caccia di elefanti, rinoceronti, renne e cavalli si affermò probabilmente nello stesso periodo. Durante il Neolitico si verificò una grande rivoluzione economica e alimentare: i cacciatori portarono a compimento prima la domesticazione del maiale, poi della capra, della pecora e dei bovini, e quasi contemporaneamente si ottennero le prime forme di orzo e grano domestici, di lenticchie e piselli. La diffusione dell’agricoltura comportò un forte aumento demografico e la crescita di villaggi permanenti sempre più allargati. Le Età del Rame, del Bronzo e del Ferro Durante l’Età del Rame (III millennio a.C.), l’agricoltura si arricchì con le colture della vite, del fico, del ciliegio, del susino, del pruno e del castagno. Furono inoltre inseriti spelta, segale, avena, miglio e ceci. Miele, fichi, bacche e frutta secca permisero lo sviluppo di una produzione dolciaria sempre più variata. Il pollame, già apprezzato presso le città della Magna Grecia, si diffuse nella penisola italiana nel corso dell’Età del Ferro. L’antichità preclassica L’alimentazione degli antichi Egiziani era varia e sufficientemente equilibrata: alla base vi erano grano e orzo, utilizzati per la preparazione del pane e della birra. Abbondavano numerose varietà di verdure (cipolle, porri, aglio, sedano, cetrioli e soprattutto lupini, ceci, fave e lenticchie). Erano gustati anche alcuni tipi di tuberi e rizomi (loto, papiro) e nei frutteti erano coltivati cocomeri, meloni, fichi, palme da dattero. Si raccoglieva e apprezzava anche la frutta selvatica, come le noci di palma dum. Le proteine animali erano fornite dai latticini, dalle uova, dalla carne e dal pesce. Dal latte di bovini, ovini e caprini si ricavavano burro e formaggi. Tra le bevande aveva grande rilevanza il vino (non solo di uva ma anche di datteri, di fichi e di melagrana). Nell’antica Mesopotamia, dove vivevano i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi, si consumavano cereali, ortaggi, frutta, funghi, pesce, carne di pollo, maiale, fagiani, latte, miele, olio d’oliva, burro, strutto. Probabilmente era usato il sale per insaporire i cibi. La bevanda di base era la birra. I ricchi organizzavano anche lauti banchetti privati e ufficiali: i commensali mangiavano su vassoi in camera, sul divano, all’ingresso, in giardino e l’unica posata usata era il coltello. I Fenici facevano ampio uso di cereali, legumi (in particolare lenticchie) e ortaggi, e praticavano ampiamente la coltivazione degli alberi da frutta: in particolare il fico fenicio era molto rinomato.


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L’antica Grecia La cultura alimentare del mondo classico si caratterizzava soprattutto per tre aspetti: la convivialità, la tipologia dei consumi alimentari, la cucina unita alla dietetica. Nell’antica Grecia, l’alimento basilare era l’orzo consumato sotto forma di galletta (maza). Si consumavano anche altri cereali (miglio), legumi, semi, olive fresche o in salamoia, verdure crude e cotte, numerosi frutti. Le carni bovine, suine e ovine erano consumate in occasione dei sacrifici; ad esse si aggiungevano le carni di selvaggina. I Greci consumavano anche: pesci di mare e d’acqua dolce e frutti di mare; formaggio sia al naturale sia come dolce, mescolato a diversi ingredienti tra cui il miele; alcune spezie provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. La bevanda principale era il vino, dal retrogusto resinato (dovuto alla resina di pino che sigillava le anfore) e aromatizzato con miele, timo e altre spezie (per conservarlo più a lungo). In estate era diffuso anche il consumo di idromele (dal greco hýdor, acqua, e méli, miele), una bevanda fermentata ottenuta a partire dal miele. La cultura alimentare romana L’alimentazione romana nel periodo monarchico e nei primi anni della Repubblica (V sec. a.C.) era sobria e costituita da pochi alimenti: legumi, verdura e soprattutto polente a base di cereali (orzo, miglio, farro). La base dell’alimentazione era rappresentata dalla polta (o puls), un piatto a base di cereali bolliti in acqua salata (l’ingrediente principale era il farro). Dal II secolo a.C., la polta fu abbandonata progressivamente in seguito alla diffusione del pane, che assomigliava alle gallette. In epoca repubblicana, con la diffusione di piccoli orti, crebbe il consumo di verdure, mentre la carne era un bene che potevano permettersi solo le fasce più abbienti. Inoltre, fino al III secolo a.C., era vietato macellare i bovini, utilizzati per lavorare e per compiere sacrifici. Il latte, specialmente di pecora e di capra, era tra gli alimenti più importanti della dieta di base. Il sale aveva un’enorme importanza e il primo lusso che ogni famiglia si concedeva era proprio una saliera d’argento. Si mangiava spesso pesce di mare conservato sotto sale. I Romani utilizzavano il miele per dolcificare e apprezzavano molto anche le erbe aromatiche e le spezie. Il vino era di solito mescolato con l’acqua e bevuto annacquato. Il secolo cruciale per la svolta nelle abitudini alimentari romane è il II secolo a.C. quando, con la vittoria nelle guerre puniche e la caduta di Cartagine, la possibilità di commerciare in tutto il bacino del Mediterraneo determinò l’affluire sui mercati romani di immense quantità di prodotti provenienti dalle zone conquistate. La cucina acquistò sapori e profumi particolari e una delle sue caratteristiche divenne l’accostamento di sapori contrastanti (come nel caso del dolce con il piccante o del dolce con lo speziato). I Romani iniziarono a consumare pesce, vino, olio, ortaggi e vari tipi di carne. La gente comune mangiava per strada (dato che spesso era vietato cucinare in casa per il pericolo di incendi), nelle tabernae o presso i numerosi venditori ambulanti, che offrivano bibite, salsicce, olive, acciughe, pizzette e dolci. La suddivisione dei pasti e i banchetti I pasti principali erano tre:

• abbondante colazione al mattino, che spaziava dal pane intinto nel vino (consuetudine greca), a olive, uova o formaggio, miele e frutta secca;

• un pasto leggero a mezzogiorno, spuntino veloce e freddo, a base di formaggio di pecora o capra, pesce, pane, cipolle, frutta, legumi, vino e raramente carne; • pasto principale nel tardo pomeriggio, sempre caldo, costituito da un piatto unico, se si mangiava da soli, o occasione di convivio, con addirittura circa cinquanta portate.

I banchetti non erano in realtà prerogativa dei soli ricchi, poiché potevano essere gli stessi commensali a portare il loro contributo per il pasto. Il banchetto era articolato in tre servizi: • antipasti e stuzzichini (gustatio), accompagnati da vino mielato (mulsum); • prima mensa, di norma di sette portate, durante la quale erano serviti maiale, agnello, pollame, selvaggina e pesce; • secunda mensa, con frutti freschi o secchi, dolci, e a volte cibi salati e piccanti, come salsicce o focacce al formaggio per eccitare la sete.


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Il Medioevo Dal III al X secolo d.C. si diffuse l’economia silvo-pastorale basata sullo sfruttamento delle risorse naturali della foresta, dei pascoli naturali, delle acque interne e sulla pratica di caccia, pesca, allevamento brado e raccolta, con una grande varietà di alimenti e una dieta più equilibrata rispetto ad altre epoche. Tratto caratteristico dell’economia alto-medievale era l’allevamento di suini, capre e pecore, utilizzate per la produzione di lana e di latte. Nell’alto Medioevo si diffuse la cultura di ispirazione germanica che assegnava alla carne il ruolo di alimento simbolo del guerriero e del potere. La bevanda quotidiana era il vino. La cervogia (che solo più tardi sarebbe diventata la birra aromatizzata dal luppolo) era caratteristica della cultura germanica delle regioni del Nord Europa. Era invece assente l’acqua, anche per le carenze igieniche. A partire dall’XI secolo si affermò progressivamente l’economia agraria e i cereali, insieme a legumi e ortaggi, divennero l’elemento principale della dieta dei contadini, mentre andarono riducendosi sia lo sfruttamento dei boschi sia la presenza della carne nella loro alimentazione. Nel corso del Medioevo, il cibo divenne un elemento di distinzione tra le classi superiori, che si nutrivano d’alimenti raffinati, e quelle inferiori, che mangiavano prodotti più grossolani. Si venne inoltre a delineare sul piano alimentare l’opposizione tra città e campagna, simbolizzata: • dal pane bianco di frumento contrapposto ai pani scuri, alle polente e alle zuppe di cereali inferiori; • dalla carne fresca del mercato contrapposta alla carne salata del contadino; • dalla carne di pecora contrapposta alla cultura rurale del maiale.

Dal XV al XVII secolo Con la scoperta del Nuovo Mondo, in Europa arrivarono le patate, il mais, i fagioli, il tacchino, i pomodori e il cacao. Dall’Oriente giunsero invece caffè e tè. Le grandi trasformazioni storiche dell’età moderna ebbero importanti conseguenze sull’alimentazione: • la Riforma protestante sgretolò la regolamentazione ecclesiastica medioevale, favorendo la diversificazione di cucine nazionali; • il progresso della stampa permise la diffusione dei libri gastronomici; • l’ingrandimento delle città favorì il passaggio da un’agricoltura di sussistenza a un’agricoltura di mercato, provocando l’espansione delle terre destinate alla coltura dei cereali, a scapito dei terreni destinati all’allevamento e alla caccia; • le trasformazioni della proprietà rurale determinarono un generale impoverimento del regime alimentare contadino. Il Rinascimento La grande cucina rinascimentale prese forma in Italia con: • pratiche e piatti d’ispirazione medievale; • mescolamento dei gusti dolce e salato; • presentazioni altamente scenografiche; • abbondante uso di spezie. In questo periodo comparvero le minestre e nacque l’abitudine di avvolgere le carni in croste di pane. Alla fine del Quattrocento, comparvero le paste “all’italiana”: maccheroni e vermicelli, conditi con uvette oppure con burro e sale, e le prime paste ripiene, antenate dei tortellini. Lo zucchero, opportunamente elaborato, portò all’invenzione della “moderna” pasticceria e della confetteria. In quest’epoca, si andò notevolmente rafforzando l’uso della carne macellata, specialmente del manzo e del vitello, e nacque una vera e propria passione per le frattaglie e le interiora degli animali.


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Dal Seicento a oggi A partire dal XVII secolo, si avviò la transizione dalla grande cucina italiana alla grande cucina francese: le cucine nobiliari europee passarono nelle mani dei cuochi francesi che iniziarono a imporre la nuova moda. La cucina del Settecento privilegiava la vista, attraverso una presentazione scenografica della mensa. L’Ottocento e il Novecento furono caratterizzati da grandi cambiamenti sociali ed economici. Le conseguenze in campo alimentare furono: • maggiore disponibilità di generi alimentari; • ampliamento dei mercati, dovuto allo sviluppo dei trasporti; • passaggio dall’economia di sostentamento all’economia di mercato; • sviluppo di industrie alimentari e conserviere, che iniziarono a produrre su larga scala prodotti un tempo preparati artigianalmente; • crescita della ristorazione, che spaziava dai ristoranti di lusso alla ristorazione collettiva, alla quale si riferiva ogni giorno una clientela sempre più numerosa; • disponibilità di prodotti esteri sui mercati europei, anche grazie allo sviluppo delle tecnologie della refrigerazione; • cambiamento delle aree di approvvigionamento delle materie prime, che iniziarono ad arrivare alle industrie alimentari dalle più svariate aree geografiche; • diffusione in Europa, a partire dagli anni Settanta del XX secolo, dei supermercati: in Italia il primo supermercato fu aperto nel 1957. Negli ultimi due secoli, nella maggior parte dei Paesi europei, la proporzione degli alimenti vegetali si è ridotta a vantaggio delle proteine animali e dei grassi, con un aumento del consumo di latticini e di verdura e frutta fresca. Dopo le due guerre mondiali, a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo si assiste a un miglioramento dei consumi alimentari in concomitanza con il boom economico e la diffusione del benessere. A partire dalla fine degli anni Sessanta del XX secolo si diffonde la Nouvelle Cuisine, caratterizzata da combinazioni di piccole quantità di cibi, presentati artisticamente in piatti di dimensioni superiori al normale, guarniti e addobbati dagli stessi ingredienti delle ricette. In risposta a essa, si afferma progressivamente una cucina che si propone di conciliare le ricette della tradizione con l’innovazione.

LAVORO COOPERATIVO La fine del XX secolo e l’inizio del XXI assistono al ritorno delle carestie e della fame in molte regioni dei Paesi in via di sviluppo. Secondo i dati disponibili, circa 795 milioni di persone nel mondo – ovvero una persona su nove – sono denutrite. L’obiettivo 2 dell’Agenda 2030 si propone di porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Tutti insieme: raccogliete i dati relativi ai fatti e ai traguardi dell’obiettivo 2 dell’Agenda 2030. Alla luce di quanto appreso, analizzate le principali cause della fame nel mondo nei Paesi in via di sviluppo, elencate di seguito, mettendone in evidenza gli effetti e le conseguenze: • arretratezza dei processi produttivi rispetto all’incremento demografico; • sviluppo di monocolture a scapito delle colture tradizionali per fornire alle industrie alimentari dei Paesi industrializzati le materie prime necessarie; • conflitti frequenti e instabilità politica.


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La promozione delle risorse enogastronomiche L’Italia vanta un patrimonio agroalimentare ed enogastronomico ampio e diversificato che è sempre più un mezzo di comunicazione del territorio: esprime infatti cultura, tradizioni ed emozioni. L’accoglienza e la ristorazione giocano in questo un ruolo fondamentale; vanno costruiti infatti progetti di attrazione e di accoglienza di qualità che: • tutelino il patrimonio del territorio attraverso percorsi di sviluppo legati alla sostenibilità; • rispondano alla domanda di servizi di qualità; • facciano emergere in termini di prodotto e di mercato gli asset turistici territoriali. Per veicolare e promuovere in modo efficace un asset turistico, è necessario: • favorire la comprensione del valore della sinergia tra cultura, cibo e società; • sviluppare competenze manageriali e creare figure professionali competenti; • sviluppare adeguate misure di promozione territoriale ed enogastronomica. Che cos’è il turismo enogastronomico Il turismo gastronomico e quello del vino rappresentano una realtà economica rilevante e potrebbero costituire la chiave per il lancio e lo sviluppo di aree oggi in crisi. Il turismo enogastronomico soddisfa i criteri della nuova domanda turistica, cioè: • l’esigenza di organizzare soggiorni brevi in risposta alla frammentazione delle vacanze; • la tendenza ai viaggi personalizzati; • il desiderio di sperimentare esperienze nuove. Il turismo enogastronomico risponde alle indicazioni espresse dall’Organizzazione Mondiale del turismo (WTO, World Tourism Organization) volte alla salvaguardia della specificità dei singoli territori e alle indicazioni della legislazione italiana, in base alla quale i sistemi turistici devono caratterizzarsi per l’offerta integrata di beni culturali, ambientali e attrazioni come i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale. Il turismo enogastronomico combina e sovrappone diversi settori, integrando numerosi elementi che caratterizzano il turismo culturale, e annovera tra le sue principali attività: • escursioni guidate; • visite ad aziende agricole e vinicole; • degustazioni e acquisto di prodotti tipici; • ingresso a monumenti, mostre e musei; • partecipazione a spettacoli folkloristici e musicali; • attività sportive. Come si organizza un itinerario enogastronomico L’itinerario enogastronomico, se opportunamente organizzato, segnalato e promosso, diviene una vera e propria componente del turismo. Per organizzare un itinerario enogastronomico, si deve: • individuare il tema enogastronomico caratterizzante; • tracciare il percorso del tour, selezionando le località più rappresentative; • individuare lungo l’itinerario i punti più importanti di tradizione enogastronomica e i diversi servizi di assistenza che possono facilitare la fruizione del percorso; • associare gli attori interessati dal flusso turistico affinché tutti contribuiscano, per la parte di loro competenza, alla vitalità dell’itinerario e al miglioramento dei servizi.


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Per segnalare e promuovere un itinerario enogastronomico, bisogna dargli visibilità. Questo significa per esempio apporre cartelli che indichino la presenza e il tracciato dell’itinerario e distinguere le aziende agricole, gli artigiani alimentari, le rivendite di prodotti tipici, i ristoranti, i luoghi di studio, apprendimento e conservazione del patrimonio culturale di riferimento. La segnaletica serve però a guidare il turista enogastronomico “sul posto”. Per portare il turista “verso il posto”, entra in gioco la promozione, che deve basarsi su strumenti diversi, tra i quali per esempio un sito Internet ben costruito e aggiornato, brochure cartacee, manifestazioni fieristiche, per giornalisti, organizzazione di eventi di richiamo nelle località dell’itinerario in diversi periodi dell’anno, in coincidenza con momenti della produzione, della tradizione, della maggiore affluenza turistica. Le strade del vino, del gusto e dei sapori Le oltre 160 Strade dei Vini, del Gusto e dei Sapori disseminate nel territorio italiano sono esempi di itinerari finalizzati a sostenere il turismo enogastronomico. Si tratta di sistemi territoriali turistici che offrono prodotti e servizi direttamente o indirettamente legati ai prodotti oggetto dell’itinerario. Le Strade del Vino si concentrano solo sul vino, mentre le Strade del Gusto e dei Sapori possono concentrarsi su prodotti agroalimentari (strada del latte, strada della lenticchia), prodotti trasformati (strada del prosciutto, strada del formaggio) o preparazioni gastronomiche (strada del tortellino, strada del risotto, strada del brasato). Questi percorsi tematici sono regolamentati da specifiche normative nazionali e locali e, per essere realizzate e mantenuto nel tempo, necessitano sempre di un supporto istituzionale. Alla base della loro costruzione vi è un’analisi della domanda di servizi turistici. Come si promuove lo sviluppo turistico territoriale Lo sviluppo turistico territoriale è favorito dalla costruzione di progetti di marketing del territorio che promuovano località, produzioni e culture. Tali progetti devono: • evidenziare le caratteristiche di unicità del territorio; • promuovere azioni di cooperazione tra i diversi attori locali; • operare con l’obiettivo della massima qualità; • promuovere iniziative in linea con i princìpi di sostenibilità ambientale, socio-culturale ed economica. I soggetti coinvolti sono: • le aziende e i consorzi turistici locali; • gli Enti pubblici e nello specifico gli Assessorati al turismo; • le imprese, i network, le associazioni pubbliche e private che operano in questo settore, quali ad esempio Pro Loco, Condotte Slow Food, reti come Borghi Autentici d’Italia, Città del Vino; • tutti gli altri soggetti presenti sul territorio, attivi in campo turistico e agroalimentare, tra i quali produttori, imprese della ristorazione, sistema alberghiero ed extralberghiero, operatori del turismo incoming. Ogni progetto di sviluppo turistico del territorio volto alla valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche locali si compone di quattro elementi sostanziali: • la domanda; • la produzione agroalimentare; • il sistema di erogazione del servizio; • la sua comunicazione. La domanda Il target di riferimento, cioè i turisti del gusto, possono essere suddiviso in due grandi categorie: • food trotter, i quali considerano l’enogastronomia come l’elemento centrale della vacanza, ma sono particolarmente sensibili al territorio e alle sue caratteristiche e attribuiscono grande importanza anche al contesto territoriale e ai servizi turistici accessori; • gastronauti, che sono attratti dal prodotto locale artigianale, raro e unico, apprezzano particolarmente il binomio enogastronomia-festa e sono in genere escursionisti (concentrano, quindi, la visita in una sola giornata). In particolare, i gastronauti comprendono anche coloro che si spostano per partecipare a un evento enogastronomico.


Approfondimento

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La produzione agroalimentare Una produzione agroalimentare, per diventare asset turistico, deve presentare alcune caratteristiche, tra le quali: • la qualità organolettica elevata; • l’unicità e l’originalità che assume nella percezione del consumatore; • la rarità della produzione; • la commercializzazione prevalentemente in loco; • il forte radicamento storico-culturale. Le leve del sistema di erogazione del servizio Le principali leve del sistema di erogazione del servizio sono: • il prezzo, che deve essere preferibilmente promozionale; • la fruibilità, che va ampliata organizzando, ad esempio, un pacchetto turistico collegato; • la distribuzione dell’offerta o del pacchetto turistico, che deve avvenire attraverso canali intermedi (agenzie, tour operator, siti web). L’obiettivo della comunicazione La comunicazione deve saper trasmettere un messaggio fortemente territoriale e promuovere un’immagine omogenea e condivisa tra i diversi attori. Nell’ambito del turismo enogastronomico è fondamentale il ruolo svolto da food blogger e food writer. Queste figure professionali iniziano aprendo un blog tematico e, quando hanno successo, prestano le proprie competenze in diversi ambiti, che combinano il turismo alla buona tavola e che vanno dai progetti di sviluppo territoriale alle consulenze per i produttori. Inoltre, collaborano con guide, riviste e programmi tematici e diventano a volte veri e propri autori. Anche se il mondo del food writing può sembrare alla portata di tutti, richiede alcune competenze di base, tra le quali: • creatività e ottime capacità di scrittura; • buona conoscenza dell’enogastronomia e dei prodotti agroalimentari; • competenze nella creazione e nella gestione di siti web e social media; • basi di copywriting e SEO. Glossario SEO

L’espressione inglese Search Engine Optimization (SEO, in italiano semplicemente ottimizzazione) riunisce, nel linguaggio di Internet, tutte le attività che favoriscono il reperimento del sito da parte degli utenti che eseguono ricerche sul web. Il posizionamento del sito web nelle pagine di risposta alle ricerche degli utenti è tanto più elevato quanto migliori sono la rilevazione, l’analisi e la lettura del sito stesso da parte dei motori di ricerca.


222

Approfondimento

Come si progettano eventi e itinerari turistici L’incoming riguarda l’accoglienza turistica sul territorio attraverso l’organizzazione di eventi, la costruzione di itinerari e pacchetti di viaggio. Gli attori di questo settore sono i tour operator e le aziende turistiche locali, ma anche le associazioni e le cooperative culturali, le guide turistiche e i travel designer. Nel marketing territoriale, l’organizzazione di eventi può contribuire allo sviluppo di una località o di un’area, favorirne il rinnovamento e rafforzarne l’immagine fino a modificarne la percezione nell’immaginario collettivo. Anche gli itinerari turistici sono un importante strumento di valorizzazione del territorio. Accanto alle componenti più generiche dell’offerta presente sul territorio (strutture ricettive, punti di informazione turistica, beni culturali, paesaggio) i food trotter e i gastronauti si muovono per cercare un’esperienza che li metta in diretto contatto con i produttori (e quindi con le colture, gli allevamenti e i processi di trasformazione) oppure con le fiere e i mercati del gusto, i musei etnografici legati ai prodotti e alle tradizioni contadine. Questi viaggiatori preferiscono soggiornare in agriturismi o alberghi dalla cucina particolarmente rinomata, per gustare sia i piatti del territorio sia il vino locale. La costruzione di un itinerario di successo dovrà calibrare tutte queste componenti in modo da offrire un’esperienza complessiva indimenticabile. Come si progettano i pacchetti di viaggio Per costruire un pacchetto di viaggio, gli operatori devono: • avviare un’analisi per valutare la vocazione turistica del territorio e capire a quale clientela rivolgersi; • effettuare sopralluoghi presso le aziende e le strutture ricettive, censire i beni culturali locali unitamente ai servizi che sono erogati; • costruire l’itinerario, in base al quale progettano l’intero pacchetto; • eseguire analisi di mercato per individuare il target di riferimento, stabilire il posizionamento del prodotto e valutarne le potenzialità; • scegliere il tema conduttore del viaggio; • stabilire i mezzi di trasporto da impiegare e fissare quindi le tappe; • stabilire la durata del soggiorno; • prendere contatto con i fornitori; • fissare il prezzo del pacchetto e lanciarlo sul mercato. Il prodotto, generalmente testato prima della diffusione, è monitorato costantemente per migliorarlo e rinnovarlo con adeguati accorgimenti e variazioni.


STEP 1

La tradizione pasticcera delle regioni italiane

223

Laboratorio delle competenze Le preparazioni regionali Indica i principali prodotti delle regioni d’Italia. Valle d’Aosta .......................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Piemonte ................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................................................. Lombardia .............................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. Trentino-Alto Adige ............................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Friuli-Venezia Giulia ............................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Veneto ..................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Liguria ..................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Emilia-Romagna .................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Toscana .................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. Marche .................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Umbria .................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Lazio ....................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Abruzzo................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Molise ..................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Campania ............................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Puglia ...................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Basilicata ................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................................................. Calabria .................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................. Sicilia ...................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................. Sardegna ................................................................................................................................................................................ .................................................................................................................................................................................................


224

Facciamo il punto

Il dibattito sull’Agenda 2030 Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni L’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030 si propone di ridurre l’ineguaglianza e la disparità di accesso alla sanità, all’educazione e ad altri servizi. Se da un lato la disparità di reddito tra i diversi Paesi si è ridotta, aumenta la disparità all’interno di un medesimo Paese. Appare chiaro come l’ineguaglianza danneggi la crescita economica, la riduzione della povertà, la qualità delle relazioni nella sfera pubblica e politica e il senso di soddisfazione e di autostima del singolo. Anche nel territorio italiano, la crescita economica dovrebbe essere inclusiva e dovrebbe coinvolgere la sfera economica, la sfera sociale e quella ambientale, con occhio attento alla sostenibilità. Per ridurre la disparità, le politiche dovrebbero essere universali e prestare attenzione ai bisogni delle popolazioni svantaggiate ed emarginate. E tu che cosa ne pensi? Partecipa al dibattito in classe! Guidati dall’insegnante, dividetevi in due gruppi: il gruppo A e il gruppo B. Il gruppo A dovrà sostenere le tesi favorevoli alla diffusa presenza in tutto il territorio italiano di una crescita economica basata su modelli sostenibili; il gruppo B dovrà sostenere le tesi contrarie.

Nell’intero territorio italiano, la crescita economica si basa su modelli sostenibili? Gruppo A: tesi favorevoli

Gruppo B: tesi contrarie

In Italia sempre più aziende si stanno orientando verso produzioni sostenibili

In Italia ancora molte aziende si basano su modelli di produzione tradizionali

In ambito ristorativo, molti ristoranti si stanno impegnando nel ridurre gli sprechi alimentari

Il tema della sostenibilità interessa soltanto alcune fasce della popolazione, ma non coinvolge allo stesso modo tutti i consumatori

Sempre più consumatori si affidano a produttori locali e acquistano prodotti a chilometro zero

Vi è ancora carenza di informazione sui temi della sostenibilità, soprattutto tra i giovani e tra le fasce di popolazione più svantaggiate

Il compito di realtà Elaborare delle schede tecniche relative ai prodotti di pasticceria tipici della regione di appartenenza Al termine dell’Unità di Apprendimento 3 hai imparato a conoscere il valore del Made in Italy e a descrivere i principali prodotti di pasticceria italiani. Ora mettiti alla prova elaborando delle schede tecniche relative ai prodotti di pasticceria tipici della tua regione. Di che cosa hai bisogno? Libro di testo; materiale di cancelleria; computer provvisto di connessione internet e collegato a stampante per stampare le immagini. In alternativa, puoi scattare fotografie nel Laboratorio di Cucina. Ecco come procedere • Raccogli le informazioni e il materiale di riferimento: oltre al libro di testo puoi usare gli approfondimenti del libro digitale, riviste specializzate, materiale tratto dal web. • Elabora testi brevi mettendo in evidenza quali sono le principali preparazioni di pasticceria della tua regione: caratteristiche, stagionalità, ingredienti impiegati. • Realizza le schede tecniche inserendo i testi e le immagini stampate dal web o le fotografie scattate nel Laboratorio di Cucina, curando sia i contenuti sia l’aspetto grafico. • Presenta il compito all’insegnante e alla classe, esprimendo considerazioni personali sull’argomento.


Facciamo il punto

225

L’Esame di Stato Colloquio orale Esercita l’esposizione a partire dalla mappa concettuale, evidenziando i collegamenti tra le discipline.

LABORATORIO DI CUCINA • Ricette, preparazioni e piatti tipici delle regioni italiane • Il turismo enogastronomico • Il Made in Italy • La filiera corta e il chilometro zero • La certificazione di qualità • I prodotti DOP e IGP delle regioni italiane

LABORATORIO DI SALA-BAR E VENDITA

La tradizione pasticcera

• Vitigni e vini delle regioni italiane • Criteri di abbinamento cibo-vino

Esercita l’esposizione rispondendo alle domande.

• • • • • • • • • •

Quali sono i prodotti dolciari della Valle d’Aosta? Quali sono i prodotti dolciari del Piemonte? Quali sono i prodotti dolciari della Lombardia? Quali sono i prodotti dolciari del Trentino-Alto Adige? Quali sono i prodotti dolciari del Friuli-Venezia Giulia? Quali sono i prodotti dolciari del Veneto? Quali sono i prodotti dolciari della Liguria? Quali sono i prodotti dolciari dell’Emilia-Romagna? Quali sono i prodotti dolciari della Toscana? Quali sono i prodotti dolciari delle Marche?

• • • • • • • • • •

Quali sono i prodotti dolciari dell’Umbria? Quali sono i prodotti dolciari del Lazio? Quali sono i prodotti dolciari dell’Abruzzo? Quali sono i prodotti dolciari del Molise? Quali sono i prodotti dolciari della Campania? Quali sono i prodotti dolciari della Puglia? Quali sono i prodotti dolciari della Basilicata? Quali sono i prodotti dolciari della Calabria? Quali sono i prodotti dolciari della Sicilia? Quali sono i prodotti dolciari della Sardegna?


UDA

4

L’analisi microbiologica degli alimenti

Competenze disciplinari Conoscenze • Caratteristiche e standard di qualità

• Tecniche di realizzazione, lavorazione, erogazione del prodotto

• Fattori di rischio

professionale e ambientale

• Normative vigenti in fatto di sicurezza alimentare

Abilità • Applicare modalità di trattamento e trasformazione delle materie prime

• Utilizzare metodi, attrezzature, mezzi, per la gestione delle produzioni ed assicurare standard di qualità

• Applicare procedure per

la segnalazione delle non conformità, analisi dei rischi e controllo di materie prime e alimenti

Competenze interdisciplinari di indirizzo

Competenze interdisciplinari di area generale

Competenza n. 2 Supportare la pianificazione e la gestione dei processi di approvvigionamento, di produzione e di vendita

Competenza n. 1 Agire in riferimento a un sistema di valori, coerenti con i princìpi della Costituzione

Competenza n. 3 Applicare correttamente il sistema HACCP, la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro Competenza n. 5 Valorizzare l’elaborazione e la presentazione di prodotti dolciari e di panificazione locali, nazionali e internazionali utilizzando tecniche tradizionali e innovative

Competenza n. 2 Utilizzare il patrimonio lessicale ed espressivo della lingua italiana Competenza n. 7 Individuare e utilizzare le moderne forme di comunicazione visiva e multimediale

Competenze chiave Competenze per l’apprendimento di cittadinanza permanente • Competenza alfabetica e funzionale

• Competenza

multilinguistica

• Competenza digitale • Competenza

personale, sociale e capacità di imparare a imparare

• Competenza

in materia di cittadinanza

• Imparare

a imparare

• Progettare • Comunicare • Collaborare

e partecipare

• Agire in modo autonomo e responsabile

• Risolvere problemi

• Individuare

collegamenti e relazioni

• Acquisire

e interpretare l’informazione


CURIOSITÀ DAL MONDO Il Roquefort è un formaggio francese originario di Roquefort-sur-Soulzon. Prodotto con latte di pecora, è caratterizzato da venature blu-verdi dovute allo sviluppo di una muffa, il Penicillium roqueforti. Il Roquefort presenta crosta umida e pasta untuosa e compatta. Per saperne di più, vai al libro digitale.

I RACCORDI INTERDISCIPLINARI Laboratorio di Cucina Laboratorio di Sala e vendita • La contaminazione alimentare • La conservazione degli alimenti Diritto e tecniche amministrative • Le norme vigenti per confezionamento ed etichettatura degli alimenti Italiano • Primo Levi, chimico e scrittore. Il sistema periodico, Einaudi, 1975 Storia • L’invenzione del microscopio Chimica • Gli strumenti di laboratorio

INDICE STEP

1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

STEP

2

Le fasi dell’analisi microbiologica

STEP

Il laboratorio di microbiologia

3

L’AGENDA 2030 Obiettivo 2: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti

IL DIBATTITO Quali sono le regole da seguire per lavorare in condizioni di sicurezza in un laboratorio di Chimica?

IL COMPITO DI REALTÀ Elaborare schede tecniche relative ai principali strumenti di laboratorio, descrivendone caratteristiche, scopi e funzionalità e associando a ognuno di essi un’immagine significativa.


Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

228

STEP

1

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina

Laboratorio di Sala-Bar e vendita La contaminazione alimentare La conservazione degli alimenti

1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

QUALI MICRORGANISMI SI SVILUPPANO NEGLI ALIMENTI

I microrganismi sono presenti nella maggior parte degli alimenti, che risultano popolati dai microrganismi provenienti da fonti di contaminazione naturale. Ad esempio: • per gli alimenti di origine vegetale, la contaminazione avviene a partire dalla loro superficie (e per alcuni tuberi dalla loro porosità); • per gli alimenti di origine animale, la contaminazione può derivare dalle varie parti del corpo dell’animale stesso (pelo, penne, mammella, tratto intestinale, ecc.).

Al di là della sua natura, un alimento può acquisire i microrganismi da fonti esterne (quali acqua, aria, suolo, insetti, ingredienti che lo compongono, strumenti di lavorazione e packaging). È importante capire quali siano le possibili fonti di contaminazione per sviluppare metodi di contenimento e possibilmente di eliminazione, così da raggiungere un livello di qualità e sicurezza dell’alimento. I microrganismi che si sviluppano negli alimenti determinano con il loro metabolismo la trasformazione dei componenti in sostanze che possono essere gradevoli dal punto di vista organolettico, oppure al contrario in sostanze tossiche che provocano rischi per la salute del consumatore.

ESERCIZIO 1 2 3 4

La contaminazione da parte di microrganismi è un fenomeno frequente negli alimenti Negli alimenti di origine vegetale la contaminazione avviene prevalentemente attraverso la loro superficie Gli alimenti di origine animale non sono soggetti a contaminazioni da parte di microrganismi Tutti i microrganismi di interesse alimentare provocano rischi per la salute del consumatore attraverso la produzione di sostanze tossiche

V V V

F F F

V

F


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

229

I microrganismi presenti negli alimenti Microrganismi

Azione

Di trasformazione Sono utilizzati nella produzione, nella conservazione e per la (protecnologici) sicurezza degli alimenti

Esempi Naturalmente presenti • Microrganismi responsabili delle fermentazioni spontanee dei vegetali e dei salami • Lieviti responsabili della fermentazione del mosto • Batteri acetici delle madri per aceto artigianale Preparati e selezionati in laboratorio • Colture per yogurt, burro, formaggi • Ceppi batterici selezionati per salami e formaggi • Ceppi fungini selezionati per formaggi erborinati • Lieviti selezionati per la vinificazione

Probiotici

Svolgono azione benefica per la salute di chi li consuma

Batteri acido lattici, bifidobatteri, lieviti

Deterioranti

• Svolgono azione deteriorante

• Alcune specie appartenenti

verso il colore, la tessitura, la forma, l’odore e il gusto del prodotto Causano accumulo di gas o schiuma

• •

ai generi Pseudomonas, Aeromonas, Photobacterium, Xanthomonas, Vibrio, Flavobacterium, Bacillus, Enterobacteriaceae, Clostridium, Brochothrix thermosphacta Batteri lattici Miceti

Indicatori

Sono indicatori di qualità, indicatori Coliformi, Enterobatteri, di idoneità del processo di Escherichia coli, Streptococcus produzione, predittori della shelf-life faecalis, Clostridi

Patogeni

Causano infezioni e intossicazioni (tossinfezioni)

• Batteri: Salmonella spp., Yersinia

enterocolitica, Escherichia coli, Shigella, Campylobacter, Aeromonas, Vibrio, Bacillus cereus, Clostridium botulinum, Clostridium perfringens, Staphylococcus aureus, Listeria monocytogenes Miceti, virus, protozoi


230

Educazione civica Approfondimento

I probiotici I probiotici sono definiti dalla FAO/OMS come microrganismi vivi che, somministrati in adeguata quantità, apportano un beneficio alla salute dell’ospite. Il Ministero della Salute riprende la definizione della FAO/OMS aggiungendo un riferimento agli integratori alimentari: i probiotici sono microrganismi vivi e vitali che conferiscono benefici alla salute dell’ospite quando consumati in adeguate quantità, come parte di un alimento o di un integratore. La funzione benefica dei probiotici è rappresentata dal mantenimento dell’equilibrio tra le varie componenti del microbiota intestinale, che svolge funzioni di nutrimento e di protezione, digestive, immunitarie e antimicrobiche. La definizione “microbiota intestinale” da diversi anni ha sostituito la vecchia denominazione “microflora” e si riferisce alla componente microbica dell’ecosistema intestinale. La sua composizione è estremamente complessa, comprendendo batteri, virus, lieviti. I batteri del microbiota hanno una funzione protettiva, prevenendo la colonizzazione di batteri patogeni. La selezione e la caratterizzazione dei batteri utili a ripristinare e rafforzare questa funzione di protezione, porta a ottenere i batteri probiotici che possono essere utilizzati come componente funzionale negli alimenti o direttamente come integratori. Un componente funzionale è un ingrediente dell’alimento funzionale che ha la proprietà di essere attivo (funzionale), per cui capace di dare un beneficio a chi lo consuma, aldilà del valore nutrizionale di base dell’alimento. I probiotici, essendo batteri vivi che devono essere consumati come tali, naturalmente sono nemici della cottura; quindi, pensando di ideare un alimento funzionale probiotico, bisogna pensare a un alimento che non deve essere sottoposto a cottura. Infatti, gli alimenti funzionali probiotici più diffusi sono alimenti del settore lattierocaseario (yogurt, latti fermentati, formaggi, gelato, ecc.). Molti altri settori (dolciario, bevande, ortofrutticolo) si sono interessati all’introduzione dei probiotici in matrici alimentari, con l’intento di mantenere intatta la vitalità dei microrganismi nel processo di produzione e nella shelf-life del prodotto. Si stanno utilizzando strategie come la scelta di matrici alimentari appropriate, ad esempio il cioccolato, metodi di incapsulamento del probiotico, come pellicole edibili di alginato, sistemi di inserimento adeguati alla tipologia dell’alimento, come l’utilizzo di tappi dispensatori nelle bevande da attivare prima del consumo. Ampiamente diffusi nell’alimentazione funzionale sono anche i prebiotici, che sono dei substrati, cioè dei componenti alimentari che giungono all’intestino crasso non digeriti e qui vengono utilizzati dai batteri del microbiota. La caratteristica del prebiotico è quella di essere selettivo, promuovendo la crescita e la produzione di metaboliti da parte di specifici gruppi batterici, che generano effetti benefici per la salute dell’ospite. Questi composti possono essere polisaccaridi complessi, polifenoli e acidi grassi introdotti con la dieta. Si parla infine di sinbiotici (dall’inglese synbiotic) quando probiotici e prebiotici vengono usati in combinazione per ottenere in sinergia un risultato benefico dato dai vantaggi portati delle singole componenti. La combinazione deve essere pensata con un microrganismo probiotico che sappia utilizzare quel particolare substrato. VIDEOLEZIONE CLASSE CAPOVOLTA A casa: guarda la videolezione sul libro digitale e schematizza i contenuti in una mappa concettuale. Puoi realizzare la mappa sul quaderno o sul libro digitale cliccando l’icona Mappe nella barra laterale: il libro digitale ti permette di aggiungere alla mappa risorse tratte dal web o dal tuo computer, link e note audio. In classe: esponi al resto della classe quando appreso, a partire dalla mappa concettuale. Con l’aiuto dell’insegnante, analizza il tuo elaborato evidenziando punti di forza e di debolezza.

I probiotici


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

231

Quali sono i principali batteri di interesse alimentare

Glossario

Esistono ordini e famiglie di batteri che comprendono specie di interesse nel settore alimentare per le loro caratteristiche positive oppure, al contrario, per il loro coinvolgimento in infezioni e tossinfezioni alimentari.

Le colture starter (o di avviamento) sono colture microbiche utilizzate per la produzione di formaggi e di altri alimenti fermentati in genere.

Famiglia Enterobacteriaceae L’habitat naturale degli enterobatteri è l’intestino umano e animale; sono comunque diffusi largamente anche nell’ambiente (suolo, acqua, aria e piante). La loro morfologia è quella di bacilli. Gli enterobatteri vengono utilizzati come indicatori di processo a cui gli alimenti vengono sottoposti, come ad esempio trattamenti in grado di controllare i microrganismi patogeni, trattamenti termici, utilizzo di conservanti, fermentazioni. La loro presenza indica di solito, la non corretta applicazione del trattamento durante il processo di produzione. Ne ricordiamo alcuni: Escherichia coli, Proteus spp., Salmonella spp., Shigella spp., Yersinia enterocolitica. Per gli aspetti relativi alla patogenicità di alcune di queste specie si rimanda alle pp. 446 e seguenti del volume B. Ordine Lactobacillales Questo gruppo comprende batteri che si trovano come componenti del microbiota intestinale umano e animale, e anche negli alimenti. Tra i batteri lattici possiamo ricordare i Lactobacillus, di forma bastoncellare, che vengono classificati come omofermentanti, se producono solamente acido lattico, o eterofermentanti, quando i prodotti del metabolismo sono CO2, etanolo e/o acido acetico, e non solo acido lattico. Appartengono a questo gruppo i batteri che si trovano nel latte, nel formaggio e nello yogurt. Alcuni di essi possono provocare un’alterazione dei prodotti carnei e di alcune bevande (birra, vino, succhi di frutta). Alcune specie di lattobacilli vengono utilizzate per la panificazione, poiché sono delle componenti importanti di quello che viene chiamato lievito naturale.

Starter

Ricordiamo inoltre: • Pediococcus: cocchi (forma tondeggiante) omofermentanti che insieme ad altri batteri lattici, come Lactobacillus e Leuconostoc, partecipano alla fermentazione del cavolo nella produzione dei crauti. Hanno un ruolo importante nella stagionatura di alcuni formaggi. Tuttavia, possono essere contaminanti nel vino e nella birra, dove provocano alterazioni; • Streptococcus: le proprietà di questi cocchi, come lo S. thermophilus e lo S. lactis, vengono utilizzate nelle bevande fermentate, compreso lo yogurt, e nella produzione di formaggi. La presenza di streptococchi di origine fecale nelle materie prime o negli alimenti è considerata indice di scarse condizioni igieniche durante i processi di produzione; • Leuconostoc: cocchi ovoidali, alcuni ceppi sono coinvolti nel deterioramento, con produzione di gas, di alimenti refrigerati sottovuoto. Altri, capaci di produrre sostanze antimicrobiche, sono utilizzati come bioconservanti negli alimenti. Famiglia Staphylococcaceae Questa famiglia comprende batteri a forma di cocchi disposti singolarmente, a coppie o in gruppi di cellule a forma di grappolo. Sono largamente presenti in natura poiché sono molto resistenti e riescono a sopravvivere in condizioni ambientali avverse. S. carnosus è utilizzato, insieme a lattobacilli e pediococchi, come starter per la fermentazione di prodotti carnei insaccati. La presenza di S. aureus, molto sensibile ai trattamenti per il controllo dei microrganismi patogeni, indica invece scarse condizioni igieniche nella preparazione degli alimenti. Per gli aspetti relativi alla patogenicità degli stafilococchi si rimanda alle pp. 446 e seguenti del volume B.


Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

232 Glossario Termodurici

Microrganismi capaci di sopportare facilmente le temperature della pastorizzazione, ma incapaci di sviluppare a queste temperature.

Famiglie Bacillaceae e Clostridiaceae Queste due famiglie raggruppano bacilli sporigeni, quindi capaci di formare spore in situazioni avverse, resistenti ai trattamenti termici. I due generi unici all’interno delle due famiglie sono rispettivamente: · Bacillus: presenti nel suolo, nella polvere e nei prodotti vegetali, possono causare deterioramento degli alimenti perché sono in grado di produrre degli enzimi che degradano carboidrati, proteine e lipidi. B. cereus, è implicato in intossicazioni alimentari, associate a diverse tipologie di alimenti sia di origine animale sia vegetale; · Clostridium: si trovano nel suolo, nell’acqua, negli scarichi fognari e fanno parte del microbiota gastrointestinale umano e animale. Alcune specie sono patogene per la produzione di tossine, tra questi ci sono gli agenti del tetano, del botulismo e della cancrena gassosa. Alcune specie, a causa della loro attività metabolica, danno origine a gonfiore nei formaggi a lunga stagionatura e in conserve con poca acidità. Famiglia Propionibacteriaceae Tra i batteri propionici ricordiamo Propionibacterium, che si trovano nel tratto gastrointestinale e sulla pelle dell’uomo e degli animali. Producono acido propionico, acido acetico e CO2. Alcuni vengono isolati dal latte e dai latticini; la loro capacità di produrre gas è la causa dell’occhiatura tipica dei formaggi come l’Emmental, dove contribuiscono anche a conferire il tipico sapore. In altri formaggi invece possono agire da contaminanti indesiderati

CLASSE CAPOVOLTA

provocando gonfiore, sapore e colorazioni anomale (per esempio nel Parmigiano Reggiano o nel Grana Padano). Famiglia Micrococcaceae I batteri che appartengono a questa famiglia sopravvivono in ambienti salini e in presenza di zuccheri. Batteri appartenenti al genere Micrococcus vengono trovati nell’epitelio dell’uomo e degli animali. Presentano spesso colori vivaci perché producono carotenoidi, modificando il colore naturale dell’alimento. M. luteus (di colore giallo) è ubiquitario, lo si trova anche in alimenti e bevande lattierocaseari, birra e prodotti fermentati. Alcuni sono termodurici e sono stati isolati da prodotti pastorizzati. Molte specie si trovano nelle salamoie per formaggi dove hanno un ruolo importante nella stagionatura (per esempio il taleggio e il provolone). Famiglia Pseudomonadaceae La maggior parte delle specie appartenenti al genere Pseudomonas è in grado di produrre pigmenti fluorescenti. Sono batteri ubiquitari in grado di colonizzare qualsiasi tipo di ambiente (umano, animale, vegetale), suolo e acqua. Alcune specie sono patogene per l’uomo, gli animali e le piante. Alcune hanno un impatto importante nell’industria degli alimenti, dove sono in grado di causare deterioramento di carne, pollame e pesce conservati a basse temperature. In anni recenti, ad esempio, alcuni consumatori hanno denunciato l’acquisto di mozzarelle dalla strana colorazione bluastra, causata da batteri di Ps. aeruginosa, che produce colonie verdi-blu.

I batteri: realizziamo una mappa concettuale

A casa: organizza in una mappa concettuale le informazioni sui principali batteri di interesse alimentare. Puoi scegliere di: • elaborare una mappa cartacea sul quaderno; • utilizzare il programma Word del computer, inserendo caselle di testo, forme e simboli adeguati; • utilizzare il libro digitale utilizzando la funzione Mappe. In classe: confronta il lavoro con quello svolto dalle compagne e dai compagni. Alla luce di quanto elaborato dalla classe, quale strumento ritieni più efficace per presentare le informazioni in modo chiaro e leggibile? Perché?


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

233

Quali sono le principali muffe di interesse alimentare

Quali sono i principali lieviti di interesse alimentare

Glossario

Le muffe sono largamente distribuite nell’ambiente e sono di grande interesse nel settore alimentare. Sono prevalentemente aerobie, quindi colonizzano gli alimenti con patine superficiali, causando alterazioni di molti prodotti, sia di origine animale sia vegetale. Alcune sono coinvolte nella produzione e maturazione di formaggi e insaccati carnei fermentati. Altre possono essere patogene perché producono negli alimenti delle tossine, le micotossine. Le muffe Aspergilllus producono micotossine, come ad esempio A. flavus che produce aflatossine. Anche le muffe che si trovano sulla superficie di formaggi e insaccati possono essere tossigene, perché penetrando con le ife all’interno dei prodotti, possono determinare la presenza delle micotossine. D’altro canto, altre specie, come A. niger, vengono utilizzate nelle fermentazioni industriali per produrre acido citrico, usato nell’industria alimentare come conservante. Botrytis è una muffa presente in molte varietà di piante; provoca marciume nella frutta, sia in campo che durante lo stoccaggio. Fusarium è associata al marciume di diversi frutti e cereali, diverse specie producono micotossine dannose all’uomo e agli animali. Le muffe Penicillium sviluppano su svariati tipi di substrati: frutta, pane, farina, formaggio, cartoni umidi. P. italicum e P. digitatum sono gli agenti del marciume di aranci e mandarini, il primo, e dei limoni il secondo. Numerose specie di questo genere hanno un ruolo fondamentale nella produzione di formaggi e prodotti carnei: P. camemberti e P. roqueforti per la produzione di Camembert, Brie e Roquefort; P. nalgiovense è usato per migliorare il gusto di salami e prosciutti. Molte specie di Penicillium sono coinvolte nelle produzioni industriali di enzimi e altre macromolecole, nonché di antibiotici.

I lieviti sono una categoria di funghi unicellulari. Sono eucarioti di grande interesse nel settore alimentare, presenti in vari ambienti, in prevalenza sulla superficie di frutti e vegetali. • Alcuni sono molto importanti come agenti fermentativi nella produzione di vino, birra, pane e altri prodotti da forno, oltre a essere coinvolti nella produzione di superalcolici ottenuti dalla distillazione dei loro fermentati. • Altre specie sono invece responsabili di alterazioni alimentari. La loro temperatura ottimale di crescita è intorno ai 25-45 °C, ma esistono specie che sono capaci di sviluppare anche alle basse temperature.

Sono i filamenti che formano il micelio, ovvero il corpo vegetativo dei funghi (le muffe fanno parte dei funghi). Sono di forma cilindrica allungata e possono essere unicellulari o pluricellulari, uninucleati o polinucleati.

Di seguito alcuni esempi di lieviti importanti dal punto di vista tecnologico. • Saccharomyces: è caratterizzato da una attività fermentativa molto energica, dato che riesce a fermentare rapidamente numerosi tipi di carboidrati. Saccharomyces cerevisiae è il lievito più importante, utilizzato nella maggior parte delle fermentazioni industriali, per la produzione di vino, birra e pane. È fondamentale anche dal punto di vista scientifico: è la prima cellula eucariota della quale è stato completamente sequenziato il genoma, e costituisce un eccellente modello per studi genetici e molecolari, utilizzato in tutto il mondo scientifico.

Ife

Genoma

Indica l’insieme del patrimonio genetico che caratterizza ogni organismo vivente.


234 Glossario Batteriofagi

I batteriòfagi o fagi sono virus che infettano esclusivamente i batteri e sfruttano il loro apparato di sintesi cellulare per effettuare la replicazione virale. L’infezione virale del batterio ne causa la morte per lisi, ossia mediante rottura della membrana plasmatica dovuta all’accumulo della progenie virale nel citoplasma.

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

• Pichia: alcune specie formano delle

pellicole sulla superficie di sistemi liquidi, per esempio vini e salamoie. • Zygosaccharomyces: questo lievito è responsabile del deterioramento di alimenti con elevata acidità, come salse, ketchup, conserve sotto aceto, mostarde, maionese, condimenti per insalate. Z. bailii è utilizzato soprattutto in enologia, tollera molto bene alte concentrazioni zuccherine, è resistente a elevate dosi di anidride solforosa e all’alta gradazione alcolica. • Candida: le numerose specie sono coinvolte nel settore alimentare, in processi sia positivi sia negativi. Alcune specie sono molto comuni nelle uve e nei mosti, altre sono coinvolte nella fermentazione di chicchi di cacao, grani di kefir, ecc. Molte specie sono agenti contaminanti che provocano alterazioni a carico di insaccati, latte e burro e di alimenti a elevato contenuto in sale o zucchero.

Quali sono i principali virus di interesse alimentare Un importante pericolo biologico (equivalente alle tossinfezioni provocate da batteri e funghi) è rappresentato dalle infezioni virali dovute alla trasmissione

Il fago si attacca alla cellula batterica.

Il fago inietta il DNA.

dei virus mediante gli alimenti (si rimanda alle pp. 446 e seguenti del volume B). Sempre in ambito alimentare, un altro aspetto legato ai virus è il loro utilizzo come bioconservanti, per esempio nel settore di produzione di alcuni alimenti pronti all’uso. Questo impiego è legato a una particolare tipologia di virus, i batteriofagi o fagi (mangiatori di batteri). Si tratta di virus che infettano i batteri, ma non l’uomo. Nel 2006, negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato un nuovo approccio per prevenire la listeriosi, provocata da Listeria monocytogenes: l’utilizzo di batteriofagi (come conservanti) nel trattamento degli affettati già pronti e della carne in scatola, alimenti che sono a rischio di contaminazione da parte di questo batterio. Il metodo non è rischioso perché i batteriofagi attaccano solo la Listeria e non il consumatore. I batteriofagi tuttavia hanno un ruolo negativo se vanno a contaminare le colture batteriche starter implicate nelle produzioni industriali: si tratta di un problema molto sentito specialmente nel settore lattiero-caseario, dove una contaminazione da fagi può causare il fallimento dell’acidificazione che porta alla produzione di yogurt e di formaggi, provocando gravi danni e perdita della produzione del prodotto finale.

Il DNA fagico induce la cellula ospite a produrre altro DNA fagico e proteine. Si producono nuovi fagi.

La cellula si rompe (lisi) e libera nuovi fagi. Il ciclo litico di un batteriofago. Il virus si replica e il batterio muore.


Approfondimento

235

La cellula batterica I batteri sono organismi unicellulari che hanno dimensioni comprese tra 0,3 e 100 micron e fanno parte di tutti quei microrganismi che vivono nel suolo, nelle acque o nell’aria. Tutti gli esseri viventi sono popolati dai batteri esternamente, ma i batteri sono presenti anche in alcuni distretti interni del corpo umano e degli animali, e anche le piante possono avere con i batteri delle relazioni più strette. Com’è strutturata la cellula batterica Le principali componenti della cellula batterica sono: la parete cellulare (anche se alcuni batteri possono vivere senza); la membrana cellulare; il citoplasma e il suo contenuto, il nucleoide.

Glossario Micron

Unità di misura corrispondente a un milionesimo di metro. Polimero

Molecola formata dalla combinazione di più molecole uguali tra loro, dette monomeri.

Parete cellulare La parete cellulare è una struttura rigida che conferisce la forma alla cellula stessa. È costituita prevalentemente da peptidoglicano, un polimero di zuccheri e amminoacidi che si trova esclusivamente nei batteri. La diversa struttura della parete cellulare permette di distinguere i batteri in due gruppi: i Gram-positivi e i Gram-negativi (si veda p. 258). Membrana cellulare La membrana cellulare si trova all’interno della parete cellulare. È composta da un doppio strato fosfolipidico, struttura caratteristica di tutte le cellule. È coinvolta in diverse funzioni biochimiche, come il trasporto di sostanze nutritive e di rifiuto, la trasmissione di segnali. La sua integrità è fondamentale per la vita della cellula. Citoplasma La membrana circonda il citoplasma, costituito prevalentemente da acqua in cui sono disciolti o sospesi proteine, sostanze organiche e ioni. Immersi nel citoplasma ci sono anche i ribosomi (protagonisti della sintesi delle proteine) e varie inclusioni. Il citoplasma, data la concentrazione di tutte queste componenti, risulta nel suo aspetto finale come un gel. Nel citoplasma avvengono i processi di duplicazione del DNA, di trascrizione del RNA messaggero e della sintesi proteica. Nucleoide Il materiale genetico costituito da DNA è accolto nel citoplasma e, al contrario di quanto avviene nella cellula eucariota, non è circoscritto dalla membrana nucleare ma è immerso nel citoplasma e costituisce parte del suo contenuto. Ecco il perché del nome di “nucleoide” e non di “nucleo” (struttura ben più definita). Flagelli Si tratta di appendici filamentose lunghe e sottili che hanno funzione motoria: permettono cioè il movimento della cellula.


236

Approfondimento

Gli organismi eucarioti e procarioti In base alla struttura delle loro cellule, tutti gli organismi viventi si possono classificare in due grandi gruppi: • i procarioti, che comprendono batteri e archea, sono costituiti da cellule semplici; • gli eucarioti, che comprendono alghe, protozoi, protisti e funghi, sono costituti da cellule più complesse.

Le principali differenze tra procarioti ed eucarioti Glossario Scissione binaria

È una riproduzione asessuata, in cui una cellula madre si divide in due cellule figlie più piccole di dimensioni e geneticamente uguali. Ogni cellula figlia riceve una copia di DNA, una quantità di composti organici e inorganici e macromolecole, sufficienti a poter vivere autonomamente.

Procarioti

Eucarioti

Nucleo

Non hanno un nucleo ma una regione Il nucleo è delimitato da una chiamata nucleoide. doppia membrana.

DNA

È presente in singola copia e È suddiviso in coppie di circolare. Molti procarioti contengono, cromosomi. oltre al cromosoma, altri pezzi di DNA circolari, chiamati plasmidi.

Organizzazione cellulare

Sono sprovvisti di organelli, ma presentano spesso inclusioni citoplasmatiche che servono come riserve di energia, di carbonio o che hanno funzioni speciali.

Presentano organelli che sono in relazione con la membrana: i mitocondri, l’apparato del Golgi, i lisosomi, il reticolo endoplasmatico.

Citoscheletro

Si pensava non presente nei procarioti, ma recenti studi hanno messo in luce alcune proteine coinvolte in un citoscheletro più semplice e primitivo.

È un’intelaiatura formata da una complessa rete di proteine fibrose che, sotto forma di filamenti, attraversa tutta la cellula dandole la forma caratteristica. La rete del citoscheletro consiste di microtubuli, microfilamenti e filamenti intermedi.

Ribosomi

Hanno dimensioni più piccole.

Hanno dimensioni più grandi.

Divisione cellulare

Avviene tramite scissione binaria.

Avviene tramite due processi: mitosi e meiosi.

Per molti anni i Bacteria e gli Archaea sono stati considerati appartenenti allo stesso dominio. Gli Archaea (o archeobatteri) oggi sono riconosciuti come dominio a sé. La loro struttura cellulare è simile a quella dei batteri, cioè sono come dei procarioti, contemporaneamente hanno delle molecole nella loro struttura cellulare che sono uniche o simili a quelle degli eucarioti. Le soluzioni adottate da questi organismi per vivere in ambienti estremi possono svelarsi utili per un gran numero di applicazioni, in settori diversi della nostra vita quotidiana. Tali organismi, infatti, producono enzimi (estremozimi) resistenti a range estremi di pH, salinità, temperatura o pressione e in grado di mantenere un’elevata attività, anche in presenza di solventi organici, detergenti, proteasi o inquinanti. Di particolare interesse per l’industria alimentare sono gli enzimi ipertermofili, attivi a temperature che superano i 70 °C, che permettono di ridurre tempi e costi di lavorazione. Vengono studiati per essere impiegati, ad esempio, nei processi di panificazione e di chiarificazione dei succhi di frutta, nella produzione della birra e nel controllo della produzione di acrilammide e altri derivati dalle reazioni di Maillard.


Approfondimento 4LTIYHUH WSHZTH[PJH

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CELLULA EUCARIOTA

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237


238

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

2

COME AVVIENE LA CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI IN PASTICCERIA

La sicurezza alimentare è di fondamentale importanza in pasticceria e non può prescindere dall’analisi dei pericoli. Si tratta di una fase importantissima perché conoscere adeguatamente i rischi significa poterli prevenire. Per ogni fase di lavoro vanno descritti i possibili pericoli ad essa associati e le misure preventive messe in atto per il loro contenimento. Si identificano le seguenti categorie di pericoli.

Pericolo

Caratteristiche

Pericolo fisico

È rappresentato dalla contaminazione corpuscolare di natura biologica e non (peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica).

Pericolo chimico

Consiste nella contaminazione da xenobiotici, cioè molecole estranee all’alimento derivanti sia dalla produzione primaria animale e vegetale (fitofarmaci, zoofarmaci, pesticidi e metalli pesanti), sia dalle fasi di sanificazione (detergenti e disinfettanti), sia da procedure di disinfestazione e di derattizzazione (disinfettanti e ratticidi).

Pericolo biologico e microbiologico

Deriva dalla contaminazione da parte di infestanti (topi, scarafaggi, insetti), parassiti e microrganismi alterativi e patogeni, che possono determinare fenomeni di infezione, intossicazione o tossinfezione alimentare.

Il pericolo microbiologico è statisticamente il più probabile e può indurre negli alimenti modificazioni tali da renderli dannosi per la salute dei consumatori. A questo proposito, vale la pena precisare che: • le infezioni sono originate da virus (epatite A) e microrganismi patogeni (colera, listeriosi, salmonellosi) che si moltiplicano nell’apparato digerente del soggetto che ha consumato l’alimento contaminato; • le intossicazioni sono causate dalle tossine prodotte dai microrganismi contenuti nell’alimento (Clostridium botulinum, Staphylococcus aureus);

• le tossinfezioni si caratterizzano

per la presenza nell’alimento sia del microrganismo sia delle sue tossine (Clostridium perfringens, Bacillus cereus); • le infestazioni (o parassitosi) sono originate da organismi sia unicellulari (protozoi, come nel caso della toxoplasmosi) sia pluricellulari (elminti, come nel caso della teniasi, dell’anisakidosi, della trichinellosi) che passano da un ospite a quello successivo, veicolati da acque o alimenti che contengono il parassita o le sue uova. L’indice di rischio, cioè la possibilità che un pericolo si verifichi, è ottenuto applicando la formula seguente:

IR (INDICE DI RISCHIO) = PROBABILITÀ DI ACCADIMENTO DEL PERICOLO × GRAVITÀ DEL DANNO INDOTTO


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

239

Nella tabella seguente sono elencati i principali microrganismi patogeni legati alle attività di pasticceria. Pericolo microrganismo

Fonte o causa

Staphylococcus aureus

Uova (in particolare nelle uova sgusciate) Operatori (ferite o foruncoli)

Salmonella spp.

Uova Spezie Operatori

Listeria monocytogenes

Latte e derivati

Escherichia coli

Uova Farina Operatori Mancato rispetto delle norme igieniche

I microrganismi patogeni si sviluppano entro diversi range di temperatura, pH e attività dell’acqua (Aw, ossia la quantità di acqua libera nell’alimento a disposizione dei microbi per crescere). Nella tabella seguente sono elencati i valori di tali parametri per i principali patogeni. Patogeni

T di sviluppo (°C)

pH

Aw minima

Bacillus cereus

4 – 50

4,3 – 9,0

0,91

Campylobacter jejuni

32,2 – 45

4,9 – 8

-

Clostridium botulinum

10 – 47,5

4,6 – 9,0

0,94

Clostridi tipo A e ceppi proteolitici

10 – 47,5

4,6 – 9,0

0,94

Clostridi tipo E e ceppi non proteolitici

3,3 – 45

5,0 – 9,0

0,97

Clostridium perfringens

15 – 52,3

5,0 – 9,0

0,95

Escherichia coli O157:H7

10 – 42

4,5 – 9,0

0,95

Listeria monocytogenes

0 – 44

4,5 – 9,5

0,93

Salmonella spp.

5,5 – 45,5

4,1 – 9,0

0,95

Staphylococcus aureus

6,5 – 50

4,5 – 9,3

0,83

Yersinia enterocolitica

0 – 44

4,6 – 9,0

-

Shigella

5,5 – 45,5

4,1 – 9,0

0,95

Muffe tossinogene

0 – 31

2,1 – 10

0,8

ESERCIZIO 1 L’analisi dei pericoli è una fase fondamentale per garantire la sicurezza alimentare 2 Il pericolo fisico è rappresentato dalla contaminazione da xenobiotici 3 Il pericolo chimico è rappresentato dalla contaminazione da peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica 4 Il pericolo microbiologico è statisticamente il meno probabile

V V

F F

V V

F F


Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

240

Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria freschi I prodotti di pasticceria freschi hanno durata di conservazione limitata a uno o pochi giorni, per questo i rischi di alterazioni sono sempre in agguato. Staphylococcus aureus Le intossicazioni da stafilococco sono tipicamente associate a prodotti come paste farcite, maionesi, creme pasticcere, salse (ad esempio quella tonnata), ripieni e, in generale, a preparazioni molto elaborate, conservate a temperature non idonee. La tossina, una volta che si è formata, in genere, non viene distrutta nemmeno dalla cottura.

Cause della contaminazione ● Foruncoli, ferite, tagli esposti infetti ● Pelle e capelli ● Naso, bocca (starnuti, tosse, goccioline di saliva) ● Guscio delle uova (uova non lavate) ● Crescita batterica dovuta alla conservazione a temperature intermedie (10-50 °C) per tempi prolungati (4 e più ore)

Azioni di prevenzione • Evitare i comportamenti a rischio da parte del personale. • Proteggere i prodotti dalla contaminazione durante le lavorazioni. • Non lasciare i prodotti a raffreddare all’aria né sottoporli per lunghi periodi a temperatura ambiente.

Clostridium perfringens La tossinfezione da clostridi è associata a prodotti a base di uova, latte e carne, cotti e raffreddati lentamente. Il germe ha origine fecale o tellurica e può contaminare le carni all’atto della macellazione. La cottura, seppur prolungata, non uccide le spore del batterio. Inoltre, se la fase successiva di raffreddamento non è abbastanza rapida, si ha una moltiplicazione del batterio con conseguente tossinfezione. La riproduzione del germe è molto veloce, basti pensare che a temperature di 43-47 °C si ha un raddoppio del numero di unità ogni dieci minuti. Azioni di prevenzione • Assicurare un rapido raffreddamento dei prodotti cotti: entro tre ore la temperatura al cuore del prodotto deve scendere sotto i 10 °C e, in particolare, è da considerare ad alto rischio la fascia compresa tra i 15 e i 55 °C. • Mantenere i prodotti a temperatura superiore a 60 °C fino alla vendita. • Se il prodotto ha sostato nella fascia a rischio per tempi prolungati, è possibile eliminare il patogeno con un riscaldamento ad almeno 80 °C, al cuore del prodotto, prima del consumo.

VIDEOLEZIONE

La maionese

ESERCIZIO 1 2 3 4

Ferite o foruncoli degli operatori sono fonti o cause di pericolo da Staphylococcus aureus Latte e derivati sono fonti o cause di pericolo da Salmonella Le spezie sono fonti o cause di pericolo da Listeria monocytogenes Uova, farina, operatori e mancato rispetto delle norme igieniche sono fonti o cause di Escherichia coli

V V V V

F F F F


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

Salmonella Le infezioni alimentari da salmonelle (salmonellosi, gastroenteriti da Salmonella spp.) derivano da trasmissione diretta o indiretta del germe. Tipicamente si verificano infezioni a causa dei seguenti fattori: • cottura insufficiente o nessuna cottura, ad esempio nel caso del tiramisù e della maionese; • contaminazione per contatto anche indiretto tra prodotti crudi e prodotti bonificati; • trasmissione del germe agli alimenti da parte di un portatore sano che non si è lavato le mani dopo l’utilizzo dei servizi igienici.

Cause della contaminazione ● Portatori sani (per scarsa igiene delle mani) ● Carni infette e relative preparazioni ● Uova infette o contaminate in superficie ● Latte e derivati contaminati ● Cioccolato contaminato ● Molluschi contaminati ● Verdure in foglia ● Spezie

Azioni di prevenzione • Cottura completa dei prodotti. • Lavaggio accurato delle uova prima dell’uso (o meglio l’uso di uova pastorizzate). • Netta separazione (tramite contenitori e utensili) tra prodotti contaminati (carni crude, verdure, uova) e prodotti già bonificati. • Astensione dalle operazioni di manipolazione nel caso si sospetti un’infezione in corso.

Bacillus cereus Le tossinfezioni e intossicazioni da Bacillus cereus sono associate solitamente a prodotti elaborati, ricchi di proteine e amido, nonché a prodotti a base di creme e salse. L’inquinamento deriva dagli alimenti normalmente contaminati a bassi livelli di microrganismi, dall’ambiente (polvere, terreno) e spesso dalle spezie. Il rischio si alza se l’alimento è contaminato e poi conservato a una temperatura scorretta (tra 10 e 50 °C) e per periodi prolungati (alcune ore). In queste condizioni vengono prodotte tossine che non sono distrutte dalla cottura o dal riscaldamento. Azioni di prevenzione • Assicurare un rapido raffreddamento dei prodotti cotti: la temperatura al cuore del prodotto deve scendere sotto i 10 °C entro 3 ore. • Mantenere i prodotti a temperatura superiore a 60 °C fino alla vendita.

241


242

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Quali sono i rischi per i prodotti refrigerati I prodotti refrigerati sono generalmente a breve durata, quindi necessitano di una conservazione in frigorifero e comunque a temperature inferiori a +4 °C. Listeria monocytogenes La Listeria monocytogenes è un batterio capace di crescere a temperature molto basse e in grado di provocare gravi infezioni, con disturbi neurologici e aborto spontaneo in donne in gravidanza. È associato ai prodotti a base di latte e ai pasticci di carne, ma può contaminare anche altri prodotti, come quelli di pasticceria. Il germe si sviluppa a temperature di conservazione leggermente superiori ai 4 °C. Il germe, essendo tipicamente ambientale (diffuso su tutte le superfici, non soltanto sugli alimenti), è presente praticamente ovunque. Spesso lo sviluppo avviene anche a temperature di +2/+4 °C. Azioni di prevenzione

• Assicurare l’igiene degli ambienti

di lavorazione, delle superfici, dei macchinari e degli utensili. • Procedere con trattamenti periodici di disinfezione.

Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria secchi I prodotti di pasticceria secchi come i biscotti, le crostate, gli amaretti, le torte lievitate ma non farcite e altri dolci non

necessitano di essere conservati in frigo, ma non per questo sono esenti da eventuali pericoli per la salute dell’uomo. Insetti Il problema principale nella conservazione di questi prodotti è dato dalla possibile infestazione da parte di insetti come punteruoli o farfalle. In un ambiente infestato, gli insetti invadono le confezioni perforando l’involucro e deponendo le uova nel contenuto, che è ricco di amido. In condizioni ottimali, cioè con una temperatura di circa 20-25 °C, i cicli di riproduzione degli insetti si succedono al ritmo di una generazione ogni 10-20 giorni. Azioni di prevenzione • Assicurare la rotazione dei prodotti (tramite l’utilizzo di quelli con la data di scadenza più ravvicinata). • Tenere ben chiuse le confezioni e mantenere la temperatura al di sotto dei 15 °C. • Utilizzare sistemi di lotta come trappole a feromoni. • Controllare di frequente i prodotti depositati sugli scaffali dei magazzini o delle dispense. Micotossine I prodotti da forno, i cereali e la frutta secca possono essere contaminati dalle micotossine, che sono tossine prodotte dalle muffe (funghi microscopici). Questo può accadere all’origine, cioè con la contaminazione delle materie prime, oppure durante la conservazione delle derrate. Le tossine persistono anche dopo l’eventuale eliminazione della muffa. Azioni di prevenzione • Richiedere opportune garanzie ai fornitori delle materie prime. • Ispezionare i prodotti al ricevimento, con particolare attenzione a tracce di ammuffimento. • Curare la conservazione. • Ricorrere alla frequente rotazione delle merci in giacenza.


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

Quali sono i rischi per i prodotti in scatola I prodotti in scatola a lunga conservazione (carni, verdure, prodotti ittici, olio), sebbene inerti da un punto di vista microbiologico, possono diventare pericolosi per la salute o semplicemente alterarsi nel caso in cui la loro confezione sia danneggiata.

• Fare attenzione alla presenza di

umidità, sotto forma di condensa e brina, nelle apparecchiature di conservazione: l‘umidità, infatti, penetra nelle confezioni veicolando sia una contaminazione microbiologica, sia un inquinamento chimico derivante dalla confezione stessa (confezioni di cartone).

Azioni di prevenzione • Accertarsi che le scatole metalliche siano integre, esenti da rigonfiamenti, ruggine o altre forme di corrosione. • Conservare in luogo fresco e asciutto, lontano da sorgenti di umidità.

Quali sono i rischi per la frutta e verdura

Quali sono i rischi per gli alimenti surgelati

Fitofarmaci (pesticidi) Il principale rischio igienico a carico di questi prodotti è la possibile presenza di residui di fitofarmaci in quantità superiori ai limiti di legge. Nei mercati all’ingrosso non dovrebbe comunque entrare merce contaminata e a questo deve provvedere il controllo ufficiale, anche verificando i sistemi di autocontrollo di chi vi opera come venditore all’ingrosso o come produttore.

La surgelazione è un trattamento che consente la conservazione di derrate alimentari per lungo tempo, portando la temperatura a valori pari o inferiori a –18 °C in meno di 4 ore. Si differenzia dal congelamento sia per temperature che per tempi d’applicazione del trattamento. La surgelazione ha anche il vantaggio di mantenere completamente intatte le proprietà organolettiche del prodotto. Il surgelamento rallenta il deterioramento del cibo e, sebbene possa fermare il proliferare di microrganismi, non necessariamente li uccide: infatti, molti processi enzimatici sono soltanto rallentati dal freddo. L’esposizione, anche limitata, a temperature di conservazione scorrette nonché lo scongelamento parziale dei prodotti surgelati possono causare alterazioni quali la crescita batterica o danni fisici per la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio. Azioni di prevenzione • Limitare il sovraccarico delle celle, dei congelatori e degli espositori. • Evitare di introdurre prodotti a temperatura elevata negli apparecchi di refrigerazione per non causare lo scongelamento del contenuto.

243

Anche frutta e verdura, spesso utilizzati in pasticceria come materie prime per decorazioni o farciture, possono nascondere rischi per la salute dell’uomo.

Azioni di prevenzione • Richiesta di documentazione al proprio fornitore, anche se si commercializzano prodotti biologici (tale documentazione farà parte del proprio piano di autocontrollo). • Acquistare esclusivamente presso fornitori muniti di un piano di autocontrollo efficace. Raccordi interdisciplinari Diritto e tecniche amministrative

Le norme vigenti per confezionamento ed etichettatura degli alimenti


244

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

FAQ: Domande frequenti

Da che cosa derivano e quali funzioni hanno i microrganismi presenti negli alimenti? I microrganismi, presenti nella maggior parte degli alimenti, possono derivare da varie fonti di contaminazione esterne (quali acqua, aria, suolo, insetti, ingredienti, strumenti di lavorazione e packaging) e possono provocare con il loro metabolismo la trasformazione dei componenti degli alimenti in sostanze gradevoli dal punto di vista organolettico, oppure al contrario in sostanze tossiche. A seconda della loro azione, si può distinguere in microrganismi di trasformazione, probiotici, deterioranti, indicatori, patogeni. Quali sono i principali batteri di interesse alimentare? Esistono batteri di interesse nel settore alimentare per le loro caratteristiche positive oppure, al contrario, per il loro coinvolgimento in infezioni e tossinfezioni alimentari, quali per citarne solo alcuni: gli enterobatteri, che sono utilizzati come indicatori di processi a cui gli alimenti vengono sottoposti; i batteri lattici, che costituiscono un ampio ordine, fra cui rientrano anche i batteri che si trovano nel latte, nel formaggio, nello yogurt e quelli usati per la panificazione; gli stafilococchi, che possono essere indicatori, come nel caso dello S. aureus, di scarse condizioni igieniche nella preparazione degli alimenti. Come agiscono muffe e lieviti negli alimenti? Le muffe colonizzano gli alimenti con patine superficiali, causandone l’alterazione. Alcune sono coinvolte nella produzione e maturazione di formaggi e insaccati carnei fermentati, altre possono essere patogene perché producono micotossine, altre ancora provocano marciume di frutta e cereali. I lieviti si trovano soprattutto sulla superficie di frutti e vegetali. Alcuni sono importanti agenti fermentativi nella produzione di vino, birra, pane e altri prodotti da forno. Altre specie sono invece responsabili di alterazioni alimentari.

Come agiscono i virus negli alimenti? I virus presenti negli alimenti possono costituire un grave pericolo biologico a causa della possibile trasmissione di infezioni virali. Sempre in ambito alimentare, possono essere usati come bioconservanti, per esempio nella produzione di alcuni alimenti pronti all’uso. Quali sono i rischi di contaminazione per i prodotti di pasticceria? I rischi per i prodotti di pasticceria freschi sono legati alla presenza di: Staphylococcus aureus (paste farcite, maionesi, creme pasticcere, salse, ripieni e, in generale, preparazioni molto elaborate, conservate a temperature non idonee); Clostridium perfringens (prodotti a base di uova, latte e carne, cotti e raffreddati lentamente); Salmonella (prodotti cotti poco o crudi, ad esempio nel caso del tiramisù e della maionese, prodotti contaminati per contatto anche indiretto con prodotti crudi, prodotti manipolati da portatore sano); Bacillus cereus (prodotti elaborati, ricchi di proteine e amido, nonché prodotti a base di creme e salse contaminati dall’ambiente e spesso dalle spezie). Per i prodotti refrigerati i rischi sono rappresentati da Listeria monocytogenes (prodotti a base di latte, pasticci di carne, prodotti di pasticceria). I prodotti di pasticceria secchi possono essere infestati da insetti come punteruoli o farfalle. I prodotti da forno, i cereali e la frutta secca possono essere contaminati da micotossine. I prodotti in scatola a lunga conservazione possono alterarsi per il danneggiamento della confezione. Gli alimenti surgelati possono essere soggetti ad alterazioni quali crescita batterica o danni fisici per la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio. Frutta e verdura, spesso utilizzati in pasticceria come materie prime per decorazioni o farciture, possono presentare residui di pesticidi in quantità superiori ai limiti di legge.


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

245

Mappa concettuale MICRORGANISMI NEGLI ALIMENTI

possono derivare da

fonti esterne

acqua, aria, suolo, insetti, ingredienti, strumenti di lavorazione, packaging

quali

possono essere distinti in

protecnologici o di trasformazione

probiotici

possono provocare la formazione di

deterioranti

indicatori sostanze tossiche

sostanze dalle caratteristiche organolettiche gradevoli patogeni

che causano

rischi di contaminazione

prodotti di pasticceria freschi (Clostridium perfringens, Staphylococcus aureus, Salmonella, Bacillus cereus) per prodotti refrigerati (Listeria monocytogenes)

prodotti di pasticceria secchi (insetti, micotossine)

prodotti in scatola (confzioni danneggiate)

alimenti surgelati (crescita batterica, danni fisici dovuti a piccoli cristalli di ghiaccio)


246

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Verifiche Le contaminazioni alimentari da microrganismi 1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

Sono esempi di microrganismi di trasformazione: A ceppi batterici selezionati per salami e formaggi B lieviti selezionati per la vinificazione C batteri acetici delle madri per aceto artigianale D tutte le opzioni sono corrette

2 Batteri acido lattici, bifidobatteri e lieviti sono microrganismi: A probiotici B deterioranti C indicatori D patogeni 3 Le muffe: A sono utilizzate nella produzione dei formaggi erborinati B possono alterare gli alimenti C possono produrre micotossine D tutte le opzioni sono corrette 4 Per pericolo fisico si intende: A la contaminazione degli alimenti da parte di peli, capelli, metallo, ossa o plastica B la contaminazione da xenobiotici C la contaminazione da parte di parassiti D nessuna delle opzioni è corretta 5

Il pericolo chimico può derivare: A dall’inquinamento radioattivo B dalle procedure di derattizzazione C dalla presenza di microrganismi alterativi D tutte le opzioni sono corrette

6

Il pericolo biologico riguarda la contaminazione: A da parte di infestanti B da parte di microrganismi alterativi C da parte di microrganismi patogeni D tutte le opzioni sono corrette

7

Streptococcus thermophilus e Streptococcus lactis: A sono utilizzati nella produzione di yogurt B non sono utilizzati nella produzione di formaggio C appartengono alla stessa famiglia E. coli D nessuna delle opzioni è corretta

2 Domande a completamento Completa inserendo il termine a cui si riferisce ciascuna delle seguenti definizioni. 1. È rappresentato dalla contaminazione corpuscolare di natura biologica e non (peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica): . .................................................................................... 2. Consiste nella contaminazione da xenobiotici: . .................................................................................... 3. Sono originate da virus e microrganismi patogeni che si moltiplicano nell’apparato digerente del soggetto che ha consumato l’alimento contaminato: . .................................................................................... 4. Indica la possibilità che un pericolo si verifichi e si ottiene conoscendo la probabilità di accadimento del pericolo e la gravità del danno indotto: . .................................................................................... 5. Si caratterizzano per la presenza nell’alimento sia del microrganismo, sia delle sue tossine: . .................................................................................... 6. Sono causate dalle tossine prodotte dai microrganismi contenuti nell’alimento: . ....................................................................................

3 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Gli enterobatteri vengono utilizzati come indicatori di processi a cui gli alimenti vengono sottoposti L’habitat naturale degli enterobatteri sono le foglie dei vegetali Alcuni ceppi di Leunostoc sono coinvolti nel deterioramento di alimenti refrigerati sottovuoto I batteri che appartengono alla famiglia Micrococcaceae sopravvivono in ambienti salini, ma muoiono in presenza di zuccheri La Pseudomonas aeruginosa produce colonie verde-blu responsabili dello strano colore bluastro riscontrabile nelle mozzarelle contaminate Alcuni lieviti sono coinvolti nella produzione di superalcolici ottenuti dalla distillazione dei loro fermentati Il Saccharomyces cerevisiae è utilizzato per la produzione di vino, birra e pane Il primo principio fondamentale dell’HACCP consiste nell’analisi dei pericoli Il pericolo microbiologico è statisticamente il più improbabile in ambito alimentare L’indice di rischio, cioè la possibilità che un pericolo si verifichi, non dipende dalla gravità del danno indotto

V F V F V F V F

V F V F V F

V F V F


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

247

Laboratorio delle competenze L’OSSERVAZIONE DEI LIEVITI Scopo: osservare al microscopio ottico le cellule dei lieviti. Materiale occorrente

•. •. •. •. •. •.

Microscopio ottico Vetrini portaoggetti e coprioggetti Spatolina 2 becher Provette Pipetta Pasteur

•. •. •. •. •.

Lievito di birra fresco (Saccharomyces cerevisiae) Acqua distillata Blu di metilene allo 0,05% Carta assorbente Bunsen

Procedimento Preparazione a fresco (senza colorazione) 1 2 3 4 5 6 7 8

Pulisci bene un vetrino portaoggetti. Prendi un po’ di lievito usando la spatolina e stemperalo in una provetta. Agita la provetta. Preleva una goccia del contenuto della provetta con una pipetta. Posa la goccia al centro del vetrino portaoggetti. Copri con il vetrino coprioggetti cominciando da un lato in modo da evitare la formazione di bolle. Elimina l’eccesso di acqua con la carta assorbente. Osserva al microscopio, prima a 40x (senza olio) e poi a 100x con olio a immersione e annota i risultati.

Preparazione con colorazione semplice 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Pulisci bene un vetrino portaoggetti. Prendi un po’ di lievito usando la spatolina e stemperalo in una provetta. Agita la provetta. Preleva una goccia del contenuto della provetta con una pipetta. Posa la goccia al centro del vetrino portaoggetti. Passa velocemente il vetrino tre volte alla fiamma del becco Bunsen per fissare il campione con il calore. Aggiungi due gocce di blu di metilene diluito e lascia per 5’. Copri con il vetrino coprioggetti cominciando da un lato in modo da evitare la formazione di bolle. Osserva al microscopio e annota i risultati.

Nota che:

• •

i lieviti si osservano in forma ovale; si presentano come cellule singole e talvolta formano catenelle.


248

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

LA FERMENTAZONE ALCOLICA Scopo: osservare il fenomeno della fermentazione alcolica da parte di un lievito. Materiale occorrente

•. •. •. •. •. •.

Un panetto di lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) 3 matracci 3 palloncini colorati e 3 elastici 4 bustine di zucchero da tavola Cronometro Acqua tiepida

Procedimento 1 Sciogli il lievito di birra in un po’ di acqua tiepida. 2 Dividi la sospensione nei tre matracci: A, B e C. 3 Aggiungi nel matraccio A una bustina di zucchero, nel matraccio B tre bustine di zucchero e nel matraccio C lascia solo il lievito disciolto in acqua (controllo). 4 Usa i tre palloncini e mettili a chiudere il collo di ciascun matraccio (puoi aiutarti usando anche gli elastici). 5 Assicurati che ogni palloncino aderisca bene sul collo del proprio matraccio. 6 Ogni 5 minuti agita il contenuto dei matracci. 7 Osserva e riporta i risultati in tabella. Campione

Tempo 0

Tempo 5’

Tempo 10’

Tempo 15’

Tempo 20’

Palloncino matraccio A Palloncino matraccio B Palloncino matraccio C

Nota che:

• il palloncino del matraccio A inizia a gonfiarsi: il lievito inizia la fermentazione dello zucchero producendo etanolo e anidride carbonica che, essendo un gas, si espande e gonfia il palloncino; • il palloncino del matraccio B (con tre bustine) si dimostrerà in ritardo rispetto a quello A. Infatti, l’eccesso di zucchero rallenta la fermentazione; • il palloncino C non si gonfia, poiché in assenza di zucchero la fermentazione non avviene e non c’è produzione di anidride carbonica.


STEP 1

Le contaminazioni microbiche nei prodotti alimentari

249

L’OSSERVAZIONE DELLE MUFFE DEL PANE Scopo: studiare le muffe responsabili dell’alterazione degli alimenti. Osservazione macroscopica dell’apparato vegetativo delle muffe del pane e osservazione microscopica delle ife e degli sporangi delle muffe del pane. Materiale occorrente

•. •. •. •. •.

Lente di ingrandimento Microscopio ottico Vetrini portaoggetti Pinze Piastre di Petri

•. •. •. •.

Acqua distillata Carta assorbente Rotolo di scotch trasparente/Forbici Pane ammuffito o da ammuffire

Procedimento Fase 1: coltura della muffa del pane • Sistema in una piastra di Petri una fetta di pane inumidito con acqua e lasciala aperta per un giorno in modo da contaminare il pane. • Inumidisci di nuovo la fetta di pane e chiudi la piastra. • Lascia la piastra a temperatura ambiente per 3-5 giorni. Fase 2: osservazione a occhio nudo • Osserva a occhio nudo il pane nella piastra: nota la presenza della muffa bianca (genere Mucor), della muffa nera (Rhizopus) e della muffa blu (Penicillium). Fase 3: osservazione con la lente di ingrandimento • Togli il coperchio della piastra e osserva le diverse tipologie di muffa con la lente. • Osserva il micelio e gli sporangi in diverse fasi di sviluppo. Fase 4: osservazione al microscopio Taglia un pezzetto di scotch e deponilo con leggera pressione sulla muffa. Trasferisci su un vetrino portaoggetti il nastro adesivo in modo che il lato venuto a contatto con la muffa aderisca al vetrino. • Osserva al microscopio iniziando con l’obiettivo a minore ingrandimento prima di scegliere quello che meglio si presta alla descrizione dei caratteri.

• •

Nota che:

• •

i filamenti senza setti di separazione e con molti nuclei sono le ife, e tutte insieme formano il micelio; nelle estremità di alcune ife ci sono degli ingrossamenti, sono gli sporangi con dentro le spore.


250

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

STEP

2

1

Le fasi dell’analisi microbiologica

QUAL È L’OBIETTIVO DELL’ANALISI MICROBIOLOGICA

Il numero dei microrganismi presenti in un alimento determina l’evolversi di eventi che possono alterare la sicurezza e la qualità dell’alimento stesso. Questi eventi sono legati al metabolismo microbico, infatti i microrganismi trovano negli alimenti un ottimo substrato per la loro moltiplicazione utilizzandone i componenti e dando origine a cambiamenti che possono essere benefici oppure deterioranti o addirittura patogeni. L’analisi microbiologica degli alimenti può avere obiettivi diversi, a seconda dei quali vanno scelte le metodiche più

appropriate in modo da ottenere risultati rapidi ed affidabili. La determinazione dei microrganismi negli alimenti può essere rivolta: • soltanto alla numerazione di specifiche popolazioni microbiche; • alla numerazione e identificazione di specie microbiche; • alla ricerca di presenza/assenza di specifici microrganismi patogeni; • alla ricerca di specifici prodotti del metabolismo dei microrganismi (enzimi, tossine). La ricerca viene fatta in funzione dell’alimento e delle popolazioni target dell’analisi.

Popolazioni target

Ricerca

Microrganismi patogeni

Indagini di tipo igienico-sanitario

Microrganismi indicatori

Indagini per la qualità e la conservabilità dell’alimento

Microrganismi di interesse tecnologico

Isolamento e caratterizzazione di nuovi microrganismi per l’impiego nella produzione di alimenti fermentati

2

COME SI EFFETTUA • L’ANALISI MICROBIOLOGICA

L’analisi microbiologica si svolge attraverso tre fasi. • Il campionamento consiste nel prelievo di un’aliquota dell’alimento da analizzare. È una fase importante per i risultati finali: la selezione viene eseguita nelle diverse parti dell’alimento che devono essere rappresentative dell’alimento totale. Inoltre, l’operatore che esegue il campionamento deve mettere in atto delle particolari procedure per non contaminare il prodotto.

La ricerca dei microrganismi patogeni e/o indicatori, ed eventualmente delle loro tossine, viene effettuata dopo omogeneizzazione del campione in una soluzione diluente e successiva semina in terreni di coltura opportuni. Segue l’incubazione in condizioni di temperatura, ossigeno e tempo adeguati ai microrganismi target. • L’identificazione dei microrganismi avviene mediante rilevamento della formazione di colonie, isolamento del ceppo batterico e identificazione mediante osservazione al microscopio, prove biochimiche e molecolari.


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

Come si prepara un campione

251

In che cosa consiste il metodo delle diluizioni

Glossario

Matrice Il campionamento è fondamentale ai fini Le matrici campionabili nel di un corretto risultato analitico: se il La quantità di campione iniziale viene caso degli alimenti possono campione non riflette le caratteristiche omogeneizzata con il diluente nel rapporto essere materie prime, della matrice di origine, il risultato sarà 1:10, questa sospensione rappresenta la intermedi di produzione o semilavorati e prodotti finiti. pregiudicato. Nell’organizzazione di soluzione madre. Dopo la preparazione un’analisi, il campionamento deve tener della soluzione madre, il campione viene conto della specifica determinazione da diluito ulteriormente. Questo perché si effettuarsi, dello scopo finale e della matrice considera che il numero dei microrganismi con la quale si ha a che fare. in un alimento sia talmente alto che il Nel caso dell’analisi microbiologica di un campione tal quale conterrebbe un numero alimento, è determinante che il campione incalcolabile di microrganismi. arrivi in laboratorio nelle stesse condizioni Le diluizioni vengono eseguite su base in cui si trovava al momento del prelievo. decimale, 1/10, 1/100, 1/1000, ecc. Quindi è importante l’esecuzione di un Ecco come fare: prelievo in sterilità e un corretto trasporto • si preleva, con una pipetta sterile, 1 ml in laboratorio. Il campione deve essere poi di sospensione batterica dalla soluzione preparato a seconda dell’esame richiesto. madre e lo si trasferisce nella provetta 1 In particolare, se è un alimento solido in 9 ml di soluzione diluente; (formaggio, carne, frutta, ecc.), deve essere • si agita; sottoposto a omogeneizzazione, per • con un’altra pipetta si preleva 1 ml di liberare le cellule microbiche dalla matrice sospensione dalla provetta 1 e lo si alimentare; tuttavia, questa operazione non trasferisce nella provetta 2 in 9 ml di deve danneggiare i microrganismi presenti Il fago inietta soluzione cosìinduce via. Il fago si attacca il DNA. diluente, Il DNA efagico e viene quindi effettuata utilizzando alla cellula uno la cellula ospite a produrre batterica. altro DNA fagico e proteine.delle strumento adeguato. Si procede poi Con questa procedura, il numero Si producono nuovi con il metodo delle diluizioni seriali cellule diminuisce di 1/10 dafagi. una provetta utilizzando soluzioni che mantengono vitali alla successiva. Il numero delle diluizioni i microrganismi senza influenzarne da realizzare è determinato dalla natura del la numerosità (es. soluzione fisiologica). campione, dal suo processo di produzione e La cellula si rompe (lisi) Se si vuole determinare la numerosità di specie dalle condizioni di conservazione. Una volta e libera nuovi fagi. differenti, si parla di carica batterica totale preparate le diluizioni decimali dal campione (CBT) e si usa un terreno generico; se invece di partenza, si procede all’inoculo di un’aliquota in un terreno di coltura adeguato. si vuole condurre una ricerca quantitativa di una specie, o gruppo batterico, si utilizzano terreni di coltura selettivi.

1,0 ml

Soluzione iniziale

1,0 ml

9 ml soluzione fisiologica diluizione 1/10

1,0 ml

9 ml soluzione fisiologica diluizione 1/100

1,0 ml

9 ml soluzione fisiologica diluizione 1/1000

9 ml soluzione fisiologica diluizione 1/10.000

Metodo delle diluizioni seriali.


252 Glossario

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Come si allestisce un terreno di coltura

Agar

Polisaccaride estratto da alghe rosse, usato generalmente a concentrazioni dell’1,5% per preparare terreni solidi e allo 0,75% per quelli semisolidi. Piastra di Petri

Recipiente piatto di vetro o di plastica a forma cilindrica, a fondo piatto, con coperchio. Viene utilizzato per la crescita di colture cellulari, ma principalmente batteriche. Le piastre possono avere diametro variabile (tra i 50 e i 100 mm) e altezza di 15 mm; quelle più utilizzate sono monouso.

Un terreno di coltura è un mezzo nutritivo, preparato e utilizzato in laboratorio, per far crescere i microrganismi. La sua funzione è quella di supportare la crescita di uno o più microrganismi tenendo conto delle loro esigenze nutrizionali. In base alla composizione in nutrienti, i terreni vengono considerati: • a composizione chimica definita, nei casi in cui si conosce la composizione delle sostanze usate nella formulazione; • complessi o a composizione indefinita, nei casi in cui tra gli ingredienti ci siano sostanze di varia origine naturale (animale o vegetale), di cui non si conosce la composizione (es. estratti di lievito, di carne, ecc.).

I terreni nutritivi si possono utilizzare in forma liquida o in forma solida: • i terreni liquidi, chiamati comunemente brodi, sono soluzioni acquose dei componenti nutritivi. Vengono utilizzati in recipienti di vetro (es. provette, fiasche, beute) dove i batteri crescono in superficie, in sospensione o sul fondo; • i terreni solidi vengono ottenuti da soluzioni liquide di nutrienti, alle quali viene aggiunto l’agar, un agente solidificante, non tossico per i batteri e da essi non utilizzato. Sui terreni solidi si possono apprezzare i microrganismi cresciuti sottoforma di patina o di singole colonie. I terreni solidi, quando sono utilizzati per conteggio o isolamento, vengono preparati nelle piastre Petri.

La classificazione dei terreni di coltura in base alla funzione Terreni

Caratteristiche

Esempio

Non selettivi per uso generale

Sono composti da nutrienti che consentono la crescita della maggior parte dei microrganismi.

PCA - Plate Count Agar, impiegato per la conta batterica totale negli alimenti.

Selettivi

Sono utilizzati per selezionare una specie o un gruppo microbico, favorendo la loro crescita esclusiva e inibendo quella di altri potenzialmente presenti. Nella composizione di questi terreni sono presenti sostanze inibenti come antibiotici, coloranti, sali, acidi, a cui i microrganismi da isolare e contare sono resistenti.

Mac Conkey Agar, terreno selettivo per isolamento e conta dei microrganismi appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae. Contiene sali biliari che inibiscono i batteri Gram positivi.

Differenziali

Sono in grado di differenziare i microrganismi in base alle caratteristiche biochimiche della colonia, che assume colori diversi. Nella loro formulazione sono presenti sostanze chimiche che reagiscono con i metaboliti prodotti dai microrganismi in modo da sviluppare uno specifico colore, differenziando quella colonia da altre che non sono in grado di provocare la stessa modificazione del substrato.

Mannitol Salt Agar (MSA), terreno che viene utilizzato per isolare selettivamente gli stafilococchi e, in particolar modo, per rilevare (differenziare) la presenza degli stafilococchi coagulasi positivi (Staphylococcus aureus) nei campioni clinici. Gli S. aureus fermentano il mannitolo acidificando il terreno, che vira di colore dal rosa al giallo, grazie alla presenza di un indicatore di acidità.

Terreni di identificazione

Contengono sostanze rivelatrici di attività biochimiche caratteristiche dell’attività batterica.

Triple Sugar Iron Agar (TSI), contiene tre zuccheri (glucosio, saccarosio, lattosio) e ioni ferrosi, oltre ai normali ingredienti nutritivi. Il viraggio del colore dell’indicatore di pH, rosso fenolo, permette di visualizzare l’avvenuta fermentazione degli zuccheri.


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

Come si isolano i microrganismi I terreni solidi danno la possibilità di isolare i microrganismi. I batteri, infatti, si moltiplicano nel punto in cui si trovano, dando origine alle colonie visibili a occhio nudo. A partire dalle colonie, è possibile isolare una coltura pura e procedere all’identificazione del microrganismo. Lo striscio per isolamento è una tecnica che ha lo scopo di separare le cellule microbiche per ottenere delle colonie ben isolate. Mediante un’ansa, precedentemente

1

2

3

253 sterilizzata alla fiamma, viene prelevata parte di una patina da cui si vuole isolare il microrganismo di interesse. Questa viene scaricata sulla superficie di una piastra Petri con terreno opportuno, facendo delle strisce. Dopo questo passaggio, l’ansa viene di nuovo sterilizzata e, dopo il raffreddamento, vengono di nuovo effettuati degli strisci, iniziando dalla zona dove si era scaricata la prima ansata di materiale. Questa operazione viene eseguita ancora una o due volte con l’ansa sterile, incrociando gli strisci con quelli eseguiti precedentemente.

4

5

Glossario Coltura pura

È costituita da una sola specie di microrganismo. Le colture possono contaminarsi perché i microbi si trovano ovunque, sulla pelle, nell’aria, sulle superfici dei piani di lavoro. Per mantenere la coltura pura bisogna quindi lavorare in condizioni asettiche. Ansa da inoculo

Dispositivo usato per il trasferimento o l’inoculo di microrganismi in terreni di coltura. È composta da un filo metallico di platino (in passato) o di nichel-cromo (attualmente), che termina ad anello, inserito in un porta-ansa di materiale termoresistente.

OSSIGENO

Semina con tecnica di trasferimento per striscio su piastra.

aerobi

anaerobi obbligati

Tecnica dello striscio con l’ansa.

anaerobi facoltativi

anaerobi microaerofili aerotolleranti

Colonie batteriche isolate, ottenute dopo lo striscio con l’ansa.


Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

254

Come avviene l’incubazione delle colture batteriche

1

2

OSSIGENO

Distribuzione della crescita batterica nel brodo di coltura in relazione alla presenza di ossigeno.

Le piastre Petri con gli strisci vengono messe a incubare. Il lasso di tempo che va dal momento dell’inoculo microbico nel terreno di coltura al momento in cui compaiono le colonie, è detto periodo di incubazione, durante il quale la temperatura deve essere mantenuta costante. A questo scopo si usano gli incubatori, armadi con pareti ben isolate, provvisti di una sorgente di calore e di termostati per regolare la temperatura. In base alla temperatura di incubazione, i microrganismi possono essere classificati in: • psicrofili (la temperatura ottimale è 20-25 °C); • mesofili (temperatura ottimale 30-37 °C); • termofili (crescono a temperature alte, tra 45 e 55 °C). È importante considerare anche il fabbisogno di ossigeno, quindi l’incubazione può essere effettuata: • in aerobiosi: i recipienti contenenti i terreni di coltura liquidi vengono agitati, 4 in modo che3 l’ossigeno sia facilitato a penetrare nel brodo di coltura; • in microaerofilia: alcune specie di Brucella, per esempio, crescono meglio se è presente una bassa concentrazione di ossigeno, che deve essere inferiore a quella presente nell’aria; • in anaerobiosi: certe specie di Clostridium esigono un’atmosfera priva di ossigeno, formata da azoto, idrogeno e anidride carbonica. In laboratorio le colture si collocano in cabine di anaerobiosi oppure in giare dove l’atmosfera è costituita da questa miscela.

aerobi

anaerobi obbligati

anaerobi facoltativi

anaerobi microaerofili aerotolleranti

Come appaiono le colonie batteriche dopo l’incubazione Le colonie sono masse visibili di batteri, formate dalle successive divisioni di una o più cellule. Se l’inoculo è distribuito omogeneamente nel terreno di coltura solido, in teoria ogni cellula presente nel campione originale dovrebbe dare origine, a seguito della scissione binaria, a una colonia visibile a occhio nudo. In realtà 5 in coppia, in catenelle o cellule riunite a grappoli, quando vengono seminate, si moltiplicano dando origine a una singola colonia. Poiché è impossibile distinguere colonie che provengono da una singola cellula o da aggregati, è più corretto esprimere il conteggio microbico come numero di unità in grado di formare una colonia singola (Unità Formanti Colonie, UFC/g o ml di campione). Le colonie hanno dimensioni e aspetto diverso a seconda della specie microbica. Ogni colonia è originata da circa 20-25 generazioni dalla cellula madre, corrispondente a una numerosità di 106-107 cellule. La morfologia della colonia (colore, forma, bordi, concavità, consistenza, ecc.) è anch’essa relativa alla specie batterica che le produce. Ad esempio, la Listeria monocytogenes (che è patogena) produce colonie piccole, scure, circondate da un alone nerastro-bruno, rotonde, piatte, con superficie liscia e lucida, con centro concavo più scuro, leggermente infossate nel terreno, aspetto che la caratterizza e la distingue dalla Listeria innocua, che non rappresenta un rischio.


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

Come possiamo contare i microrganismi I metodi di conta dei microrganismi presenti in un alimento sono diversi e vengono distinti in: • metodi diretti, in cui il conteggio si riferisce direttamente alle cellule dei microrganismi (per es. conteggio in camere di conta, al microscopio, con contatori elettronici); • metodi indiretti, nei quali l’oggetto del conteggio non sono direttamente le cellule, ma ciò che si sviluppa in seguito alla loro crescita (conta delle UFC, misurazione della massa cellulare per turbidimetria). Il conteggio con le camere di conta si effettua direttamente al microscopio, usando vetrini portaoggetto speciali (camere di conta), che presentano al centro una camera a profondità nota con una griglia incisa in fondo. Esistono diverse tipologie di camere e questo comporta di dover utilizzare fattori di conversione diversi per riferire il risultato della conta all’unità di misura. Questo metodo è rapido ed economico, ma presenta alcune limitazioni: • non consente di distinguere tra cellule vive e morte; • la stima è imprecisa; • è necessaria la colorazione del campione. La misurazione della torbidità (conteggio microbico per turbidimetria) è un esempio di metodo indiretto. Stima infatti la massa cellulare: più alto è il numero di cellule, maggiore è la torbidità e la quantità di luce riflessa da parte dei batteri sospesi nel brodo. Questo metodo è più utilizzato per monitorare la crescita batterica in brodocoltura; sono impiegati strumenti, come lo spettrofotometro, che fanno passare la luce attraverso una sospensione cellulare e misurano la luce non riflessa che riemerge. Una volta preparate le diluizioni decimali dalla soluzione madre, si procede con il metodo della conta vitale su piastra. La scelta del terreno di coltura dipende dai microrganismi che si ha intenzione di contare. La conta su piastra può essere eseguita con due diverse tipologie di semina.

255

• La semina per inclusione consiste nel

porre sul fondo di una piastra Petri sterile e vuota 1 ml delle diluizioni del campione. Poi nelle piastre si versa l’adatto terreno di coltura agarizzato e mantenuto fuso a 45 °C (sopraffusione); ciò determina l’intrappolamento delle singole cellule nel terreno. Dopo la solidificazione, si incuberà per tempi e condizioni adeguate al microrganismo target dell’analisi. • La semina per spatolamento superficiale viene effettuata su terreni già solidificati in piastre Petri, distribuendo in maniera omogenea, tramite una spatola, un volume pari a 0,1 ml di ciascuna diluizione di interesse. In entrambe le tipologie di semina, dopo il tempo di incubazione, si svilupperanno le colonie microbiche che saranno visibili e contabili. Il risultato verrà espresso in Unità Formanti Colonie (UFC), di cui abbiamo parlato precedentemente.

Metodo di semina per inclusione

1,0 o 0,1 ml 1

Inoculare una piastra vuota.

2

Aggiungere l'agar nutritivo ancora fuso.

3

Agitare roteando la piastra per mescolare.

4

Le colonie crescono sia in superficie, sia in profondità nel terreno di coltura solido.

Metodo di semina per spatolamento in superficie

0,1 ml 1

Inoculare la piastra contenente il terreno di coltura solido.

2

Spatolare uniformemente l’inoculo sulla superficie del terreno.

3

Le colonie crescono solo sulla superficie del terreno di coltura.

Metodi di semina per inclusione e per spatolamento.


Glossario Beuta

Recipiente di vetro a forma tronco-conica con collo stretto e fondo piatto, usato nei laboratori scientifici.

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

3

QUALI SONO LE FASI DELLA CRESCITA BATTERICA

Se si prende in considerazione una coltura batterica che si sviluppa in un sistema chiuso, come ad esempio una beuta o una provetta, si può disegnare la curva

di crescita della popolazione batterica andando a misurare nel tempo il numero delle cellule vitali. Ogni cellula si divide e dà origine a due cellule figlie, che a loro volta si duplicheranno in quattro, e così via. La curva di crescita della popolazione batterica viene descritta da quattro fasi.

Le fasi della crescita batterica Fase di latenza

In questo periodo di tempo più o meno lungo la popolazione batterica si adatta all’ambiente e non si verifica alcuna divisione cellulare.

Fase di crescita esponenziale (o logaritmica)

I batteri si riproducono velocemente, seguendo una progressione geometrica. La velocità di crescita esponenziale è variabile e influenzata sia dalle condizioni ambientali (temperatura, acidità, atmosfera), sia dalle caratteristiche genetiche del microrganismo.

Fase stazionaria La fase logaritmica di una coltura in un sistema chiuso non può continuare per un tempo indefinito, poiché i nutrienti essenziali e l’ossigeno cominciano a scarseggiare, le sostanze di scarto si vanno accumulando e le caratteristiche fisiche del terreno modificate possono inibire la crescita del microrganismo. Quindi, si passa alla fase stazionaria, durante la quale non c’è crescita netta, ma molte funzioni cellulari, come il metabolismo energetico e la biosintesi, possono continuare. Fase di morte

Con il proseguimento dell’incubazione, la coltura entra in fase di morte, in cui la conta vitale diminuisce lentamente.

Per ottenere una coltura continua, cioè in costante fase esponenziale, si utilizza un dispositivo chiamato chemostato. Questo consente ai microrganismi di restare in fase di crescita grazie all’apporto di

terreno sempre nuovo e all’eliminazione dei cataboliti e di batteri in eccesso. È in definitiva un sistema aperto e la velocità di crescita è regolata dal flusso dei nutrienti che vengono forniti al sistema da un reservoir.

y Numero delle cellule vitali

256

Fase di latenza

Fase stazionaria

Fase di morte

Fase di crescita esponenziale

Tempo

x


STEP 2

4

Le fasi dell’analisi microbiologica

257

COME SI IDENTIFICANO I MICRORGANISMI

Identificare un microrganismo significa assegnarlo a un determinato genere e a una determinata specie. I metodi tradizionali si riferiscono alla determinazione delle caratteristiche della cellula batterica, come la morfologia cellulare e della colonia, la reattività alla colorazione di Gram, struttura, mobilità, capacità di formare spore. Queste caratteristiche possono essere studiate osservando il microrganismo al microscopio ottico, come vedremo a pag. 268. I metodi biochimici prevedono l’inoculo del microrganismo in terreni di coltura specifici contenenti il substrato da testare, determinando così la presenza/assenza di un enzima. Per questi test biochimici esistono ora in commercio sistemi di identificazione miniaturizzati, i cosiddetti kit enzimatici, che sono in grado di eseguire numerose prove nello stesso momento e usando quantitativi minimi di terreno di reazione. L’identificazione finale si ottiene mediante software specifici. I metodi molecolari utilizzano strumenti della biologia molecolare. In questo contesto il DNA e le proteine sono i target più usati per l’identificazione. Analizzando la molecola del DNA, in particolare la sequenza dei nucleotidi, tramite diverse tecniche, si può ottenere l’identificazione del microrganismo in esame. Le metodiche che oggi sono considerate le migliori per l’identificazione prevedono il sequenziamento dei geni codificanti le subunità dei ribosomi. Tutti questi metodi devono essere utilizzati uno a supporto dell’altro per una corretta identificazione: l’uso di uno solo dei tre, anche di quello genetico, che è quello più attuale, potrebbe portare a degli errori di identificazione.

Glossario Biologia molecolare

La scienza che studia le macromolecole biologicamente attive, i meccanismi e il flusso dell’informazione genetica.

In che cosa consiste la colorazione di Gram I batteri non sono visibili a occhio nudo, o meglio non li vediamo singolarmente, ma possono essere notati quando formano una popolazione batterica dove le cellule sono milioni di milioni. Ad esempio, possiamo notare la torbidità in un terreno di coltura liquido oppure la presenza di colonie in un terreno di coltura solido. L’osservazione dei batteri avviene grazie al microscopio. I microbiologi hanno a disposizione diversi tipi di microscopi, ma il più immediato nell’uso è il microscopio ottico, che riesce a ingrandire i batteri utilizzando un obiettivo con un ingrandimento 100x. Per l’osservazione, i batteri vengono fissati su un vetrino “portaoggetto” tramite il calore. La fissazione conserva e fissa le strutture interne ed esterne della cellula batterica, in modo che vengano mantenute durante la colorazione e l’osservazione. Inoltre, i batteri vengono uccisi in modo che non rappresentino un pericolo per l’osservatore. Una volta fissati sul vetrino, i preparati vengono sottoposti alla colorazione, una tecnica usata per visualizzare e identificare i microrganismi. Il metodo di colorazione più comune per l’osservazione dei batteri al microscopio ottico è la colorazione di Gram. La tecnica fu messa a punto nel 1884 dal medico danese Hans Christian Gram, dal quale prese il nome. In base alla diversa risposta che i batteri mostrano alla fine del procedimento, essi vengono distinti in due gruppi: Gram positivi e Gram negativi.


258

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Il metodo consiste in una colorazione con il colorante cristalvioletto e mordenzatura con ioduro di potassio, seguite da decolorazione con alcol. Il colorante interagisce con lo ioduro e forma un complesso che precipita nel citoplasma della cellula. A seconda della struttura e della composizione della parete cellulare dei batteri, alcuni di essi sono resistenti alla decolorazione con alcol e tratterranno

il cristalvioletto. Essi appaiono blu-viola al microscopio e vengono detti Gram positivi. Altri, invece, con il lavaggio con alcol perdono il cristalvioletto e si decolorano. Così si procede con un secondo colorante, la safranina (colorante di contrasto rosa) che permette di visualizzare i Gram negativi. Questa non altera la colorazione blu dei Gram positivi e colora di rosa i Gram negativi.

Fasi nella colorazione di Gram

GRAM NEGATIVO

Fissazione al calore

Primo colorante: cristalvioletto

GRAM POSITIVO

In che cosa si differenziano Gram positivi e negativi La risposta alla colorazione di Gram ha acquisito un importante significato per la classificazione e l’identificazione dei batteri, quando si notò che essa era in relazione con la struttura della parete batterica. • I batteri Gram positivi hanno una parete spessa che circonda la membrana plasmatica. • I batteri Gram negativi possiedono una parete formata da uno strato molto più sottile, ma che presenta all’esterno una seconda membrana ricca di lipopolisaccaridi e lipoproteine.

Trattamento con iodio

Decolorazione (alcol-acetone)

Colorazione di contrasto: safranina


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

259

Come si osserva al microscopio ottico un vetrino Per l’osservazione dei batteri si usa un obiettivo a immersione. Si deve mettere una goccia di olio per immersione (olio di cedro) sul vetrino preparato e colorato e si deve usare l’obiettivo da cento ingrandimenti (100x). L’uso dell’olio permette di aumentare la risoluzione visiva del campione e migliorare la qualità dell’immagine rimpiazzando l’aria presente tra il vetrino e la lente dell’obiettivo.

Senza immersione in olio

Aria

Con immersione in olio

Olio di cedro

La presenza della goccia d’olio fa sì che la luce non venga deviata dall’aria presente tra il vetrino e il vetro dell’obiettivo. Si ottiene così una migliore risoluzione visiva.


260

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

FAQ: Domande frequenti

Qual è l’obiettivo dell’analisi microbiologica? L’analisi microbiologica degli alimenti può avere obiettivi diversi, a seconda dei quali vanno scelte le metodiche più appropriate. Le popolazioni microbiche target sono: microrganismi patogeni (per indagini igienicosanitarie), microrganismi indicatori (per indagini su qualità e conservabilità dell’alimento), oppure microrganismi di interesse tecnologico (per indagini finalizzate all’individuazione di nuovi microrganismi utili nella produzione di alimenti fermentati). Come si effettua l’analisi microbiologica? L’analisi microbiologica si svolge attraverso tre fasi: il campionamento, che consiste nel prelievo di un’aliquota dell’alimento da analizzare; la ricerca dei microrganismi patogeni e/o indicatori, che viene effettuata dopo omogeneizzazione del campione, semina in terreno di coltura e attesa dei tempi di incubazione; l’identificazione dei microrganismi, che avviene mediante l’osservazione al microscopio, accompagnata da prove biochimiche e molecolari. Come si identificano i microrganismi? Per identificare un microrganismo, cioè per assegnarlo a un determinato genere e a una determinata specie, si ricorre a tre metodi, usati uno a supporto dell’altro: i metodi tradizionali si riferiscono alla determinazione delle caratteristiche della cellula batterica tramite osservazione al microscopio ottico; i metodi biochimici prevedono l’inoculo del microrganismo in terreni di coltura specifici contenenti il substrato da testare, determinando così la presenza/assenza di un enzima; i metodi molecolari utilizzano strumenti della biologia molecolare (studio di DNA e proteine per arrivare all’identificazione). Come avviene la crescita batterica? La curva di crescita della popolazione batterica avviene in quattro fasi successive. La prima è chiamata fase di latenza: in questo periodo

di tempo più o meno lungo la popolazione batterica si adatta all’ambiente, non si verifica nessuna divisione cellulare. Durante la successiva fase di crescita esponenziale i batteri si riproducono velocemente a un ritmo influenzato sia dall’ambiente, sia dalle caratteristiche genetiche. Questa crescita però non può continuare per un tempo indefinito, poiché i nutrienti e l’ossigeno cominciano a scarseggiare, le sostanze di scarto si accumulano e le caratteristiche fisiche del terreno cambiano. Inizia allora la fase stazionaria in cui non c’è crescita netta, ma molte funzioni cellulari possono continuare. Si giunge infine alla fase di morte in cui la conta vitale diminuisce lentamente fino ad annullarsi. Come si osservano i batteri al microscopio? I batteri da osservare vengono fissati su un vetrino tramite il calore. Una volta fissati sul vetrino, i preparati sono sottoposti alla colorazione per visualizzare e identificare i microrganismi al microscopio ottico. Il metodo di colorazione più comune è la colorazione di Gram. In base alla diversa risposta dei batteri alla procedura di colorazione, essi vengono distinti in due gruppi: i Gram positivi appaiono blu-viola al microscopio e sono caratterizzati da una parete batterica più spessa; i Gram negativi appaiono di colore rosa e hanno una parete molto più sottile. Per l’osservazione ci si avvale di un obiettivo a immersione: si mette una goccia d’olio per immersione sul vetrino preparato e colorato e si utilizza un obiettivo da 100 ingrandimenti.


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

261

Mappa concettuale L’ANALISI MICROBIOLOGICA

cerca negli alimenti

si articola in

tre fasi

microrganismi patogeni

per

indagini di tipo igienico-sanitario

microrganismi indicatori

per

indagini sulla qualità e la conservabilità dell’alimento

microrganismi di interesse tecnologico

per

individuazione di nuovi microrganismi utili nella produzione di alimenti fermentati

campionamento

ricerca dei microrganismi

identificazione dei microrganismi tramite

osservazione al microscopio ottico dopo

fissazione su vetrino e colorazione di Gram

batteri Gram positivi

con

colore blu e parete batterica spessa

batteri Gram negativi

con

colore rosa e parete batterica più sottile

con successiva distinzione in


Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

262

Verifiche

17 18

Che cos’è l’analisi microbiologica

Le colonie sono masse visibili di batteri, formate dalle successive divisioni di una o più cellule L’incubazione di microrganismi che esigono un’atmosfera priva di ossigeno va effettuata in aerobiosi

V F V F

1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

Il numero dei microrganismi presenti in un alimento può avere conseguenze su sicurezza e qualità dell’alimento stesso V L’analisi microbiologica è sempre finalizzata alla sola identificazione di microrganismi patogeni V Le popolazioni target possono essere microrganismi patogeni, indicatori o di interesse tecnologico V La ricerca di microrganismi indicatori è finalizzata a indagini legate alla qualità e conservabilità dell’alimento analizzato V La ricerca di microrganismi patogeni va effettuata quando si conducono indagini igienico-sanitarie su un alimento V Il campionamento deve prevedere la selezione di diverse parti dell’alimento V L’omogeneizzazione del campione in una soluzione diluente va effettuata dopo la semina in terreni opportuni V L’incubazione deve avvenire in condizioni di temperatura, ossigeno e tempo adeguati ai microrganismi target V Per identificare i microrganismi analizzati, è importante il rilevamento della formazione di colonie V Il metodo delle diluizioni seriali utilizza soluzioni che mantengono vitali i microrganismi senza influenzarne la numerosità V Le diluizioni decimali dal campione di partenza consentono di diminuire di 1/100 il numero delle cellule da una provetta alla successiva V La soluzione madre è una sospensione ottenuta omogeneizzando il campione iniziale con il diluente in un rapporto 1:10 V Un terreno di coltura è detto complesso se si conosce la composizione delle sostanze usate nella sua formulazione V I terreni nutritivi si possono utilizzare solo in forma liquida V L’agar è un agente solidificante che serve a ottenere terreni nutritivi solidi V Lo striscio per isolamento è una tecnica che serve a separare le cellule microbiche per ottenere delle colonie ben isolate V

L’identificazione dei microrganismi F F F F F F F F F

F

F F F F F F

1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1 I metodi tradizionali di identificazione di un microrganismo: A si riferiscono alla determinazione delle caratteristiche della cellula batterica B non si avvalgono del microscopio ottico C fanno ricorso a kit enzimatici D si concentrano su DNA e proteine 2 I metodi biochimici di identificazione di un microrganismo: A utilizzano strumenti della biologia molecolare B si concentrano sulla capacità o meno del microrganismo di formare spore C analizzano la molecola del DNA per identificare il microrganismo in esame D nessuna opzione è corretta 3 I metodi molecolari di identificazione di un microrganismo: A utilizzano kit enzimatici B si basano sull’osservazione al microscopio ottico C determinano la presenza o l’assenza di un enzima specifico D prevedono il sequenziamento dei geni 4 La colorazione di Gram: A consiste in una colorazione con il colorante cristalvioletto e mordenzatura con ioduro di potassio, seguite da decolorazione con alcol B ha bisogno anche di un colorante rosa, la safranina C permette di classificare i batteri in Gram positivi e Gram negativi D tutte le opzioni sono corrette 5

I batteri Gram positivi: A hanno parete spessa e si colorano di rosa B hanno parete sottile e si colorano di rosa C hanno parete spessa e si colorano di blu-viola D hanno parete sottile e si colorano di blu-viola


STEP 2

Le fasi dell’analisi microbiologica

263

Laboratorio delle competenze LA COLTURA DEI BATTERI Scopo: osservare le colonie batteriche che si sviluppano su terreno solido. Materiale occorrente • Tre piastre Petri con terreni pronti all’uso (scegliere un terreno di coltura adatto alla crescita di batteri generici) • Soluzione fisiologica • Incubatore/termostato Procedimento 1 Appoggia delicatamente i polpastrelli delle tre dita centrali di una mano sul terreno solido di una piastra Petri: piastra A. 2 Lava bene le mani con acqua calda e sapone. 3 Ripeti l’operazione di contatto sempre con le stesse dita lavate: piastra B. 4 La terza piastra non viene aperta ed utilizzata, ma rappresenterà il controllo: piastra C. 5 Metti ad incubare tutte e tre le piastre all’interno di un termostato a 37°C per 24 ore. 6 Osserva le colonie batteriche che si sono formate e registra i risultati in tabella. 24 ORE

48 ORE

72 ORE

96 ORE

Piastra A Piastra B Piastra C Nota che: la piastra A presenta la crescita di varie colonie; la piastra B presenta un numero inferiore di colonie rispetto ad A; la piastra C non presenta colonie.

• • •

L’OSSERVAZIONE DEI BATTERI LATTICI Scopo: osservare al microscopio ottico le cellule batteriche e descriverne le caratteristiche. Materiale occorrente • Microscopio ottico • Vetrini portaoggetti e coprioggetti • Provette • Blu di metilene allo 0,05%

• • •

Pipetta Pasteur Acqua distillata Yogurt

Procedimento 1 Pulisci bene un vetrino portaoggetti. 2 Preleva con una pipetta sterile 1 ml di yogurt. 3 Deposita lo yogurt in una provetta e aggiungi acqua distillata per stemperare. 4 Aggiungi una pari quantità di blu di metilene. 5 Agita la provetta. 6 Preleva una goccia di questa soluzione con una pipetta. 7 Deposita la goccia al centro del vetrino portaoggetti. 8 Copri delicatamente con il vetrino coprioggetti cominciando da un lato, per evitare la formazione di bolle d’aria. 9 Sistema il vetrino sul tavolino del microscopio per l’osservazione con ingrandimento 100x utilizzando l’olio d’immersione. Nota che: • i lattobacilli (Lactobacillus bulgaricus) si presentano come dei bastoncini; • gli streptococchi (Streptococcus thermophilus) hanno forma rotondeggiante e sono disposti a catenella.


264

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

STEP

3

Raccordi interdisciplinari Chimica

Gli strumenti di laboratorio

Simbolo di rischio biologico.

1

Il laboratorio di microbiologia

CHE COS’È IL RISCHIO BIOLOGICO

Il rischio microbiologico deriva dall’esposizione del soggetto (in particolare ci si riferisce a un contesto lavorativo) ad agenti o sostanze di origine biologica potenzialmente dannosi per la salute degli esseri viventi. Sono considerati agenti biologici i batteri, i funghi (muffe e lieviti), i virus e gli endoparassiti (che vivono il proprio ciclo biologico totalmente o parzialmente nell’uomo). Gli agenti biologici, come già sappiamo, possono provocare infezioni, allergie o intossicazioni e vengono classificati in quattro gruppi a seconda del rischio di infezione. • Gruppo 1: comprende gli agenti biologici che presentano poche probabilità di causare malattie nei soggetti umani. • Gruppo 2: comprende gli agenti che possono causare malattie e costituire un rischio per i lavoratori, con poca probabilità di propagazione nella comunità e per cui sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia.

• Gruppo 3: comprende agenti che possono

causare malattie gravi e costituire un serio rischio per i lavoratori, con probabilità di propagazione nella comunità e per cui, comunque, sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia. • Gruppo 4: comprende gli agenti biologici che possono provocare malattie gravi e costituire un serio rischio per i lavoratori, con alto rischio di propagazione nella comunità e per cui, di norma, non sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia. In ogni contesto vengono prese misure di contenimento e di prevenzione adatte all’agente biologico oggetto del rischio.


STEP 3

2

Il laboratorio di microbiologia

COME COMPORTARSI IN LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA

Il laboratorio di microbiologia è uno degli ambienti che possono essere a rischio biologico: infatti, qui vengono manipolati e processati microrganismi e campioni biologici che vanno classificati e valutati

265

all’interno dei quattro gruppi di cui sopra. Al di là delle regole dettate dalla presenza di rischio biologico, che deve essere valutato in ogni ambiente dove vengono utilizzati o dove sono presenti degli agenti biologici, esistono delle regole comportamentali da tenere in laboratorio dettate da norme generali di sicurezza.

Le regole generali di sicurezza e di comportamento ● Indossare sempre il camice, preferibilmente bianco e di cotone robusto. È compito di ciascuno mantenerlo pulito e in buone condizioni

● Indossare i guanti, gli occhiali protettivi e la mascherina qualora le operazioni che si eseguono lo richiedano

● I capelli devono essere raccolti in modo da evitare contatti con superfici sporche o con la fiamma del Bunsen

● È assolutamente vietato mangiare, bere e fumare in laboratorio, non portare mai nulla alla ● ● ● ● ● ● ● ●

3

bocca (matite, pennarelli) Non lasciare mai senza controllo reazioni in corso o apparecchi in funzione Non appoggiare recipienti o apparecchi sul bordo del bancone Non portare in tasca forbici, tubi di vetro o oggetti taglienti e appuntiti È necessario assolutamente lavare le mani, durante e, in particolare, alla fine dell’attività di laboratorio dopo la manipolazione di materiale biologico. Usare dei saponi disinfettanti adatti Le attrezzature di laboratorio devono essere sistemate e ripulite in modo corretto dopo l’uso Prima di utilizzare qualsiasi sostanza, occorre leggere attentamente le indicazioni scritte sull’etichetta del prodotto I residui di lavorazione vanno gettati negli appositi contenitori per la raccolta dei rifiuti di laboratorio I vetrini usati e il materiale contaminato con microrganismi vanno gettati negli appositi contenitori

QUALI STRUMENTI USA IL MICROBIOLOGO

Il laboratorio di microbiologia attualmente è corredato da apparecchiature altamente tecnologiche. Sono comunque sempre presenti strumenti della microbiologia tradizionale che non possono mancare nell’applicazione delle principali tecniche di batteriologia. Il microbiologo, nella maggior parte dei casi, deve operare in maniera asettica durante le procedure che applica. Le finalità di queste tecniche di asetticità sono: • ottenere e mantenere pure le colture di microrganismi che si studiano; • svolgere in sicurezza il lavoro nel laboratorio di microbiologia.

Glossario Asepsi

Metodo per prevenire le infezioni, consistente nell’uso di strumenti e di materiali sterilizzati (privi di qualsiasi forma di vita).


266

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Il becco Bunsen e la cappa a flusso laminare Per lavorare in laboratorio in condizioni di sterilità, è fondamentale utilizzare due strumenti. Il becco Bunsen è un bruciatore a gas da laboratorio. La fiamma del becco Bunsen esercita un’azione germicida nell’aria intorno a essa per un raggio di circa 10 cm, creando una zona sterile in cui si può lavorare in maniera asettica. Alla fiamma del Bunsen, si può inoltre sterilizzare la superficie esterna delle provette o delle beute con una procedura chiamata flambatura. Alla fiamma del Bunsen, è anche possibile sterilizzare l’ansa o l’ago prima e dopo i prelievi dalle colture. L’ansa si arroventa e quindi si sterilizza facilmente, grazie alla sua composizione metallica in lega di nichel-cromo. La cappa a flusso laminare consente la protezione dell’operatore e dell’ambiente esterno dal rischio di contaminazione con microrganismi, e permette di lavorare in condizioni di sterilità. Il flusso continuo di aria sterile crea una cortina che fluisce in senso verticale dietro l’apertura della cabina, impedendo la fuoriuscita di microbi verso l’esterno. L’aria viene quindi aspirata e fatta passare attraverso dei filtri ad alta efficienza filtrante (filtri HEPA). Cappa a flusso laminare.

Becco Bunsen ed ansa arroventata.


STEP 3

Il laboratorio di microbiologia

267

L’incubatore e il bagno termostatato

L’autoclave e il forno Pasteur

I dispositivi dove possiamo far crescere le colture batteriche sono essenzialmente due. L’incubatore o termostato è un apparecchio a circolazione d’aria calda, termoregolato, che permette di mantenere costante la temperatura nei vari scomparti. L’intervallo di temperatura è tra 20 e 80 °C. Internamente, ci sono dei ripiani forati per favorire la circolazione dell’aria. Le colture batteriche, dopo la semina nei terreni appositi, vengono poste a incubare, per un tempo opportuno, nel termostato dove la temperatura viene impostata al valore ottimale per lo sviluppo dello specifico microrganismo. Il bagno termostatato, o bagnomaria, è un apparecchio che consente di mantenere terreni di coltura a temperatura costante in bagni di acqua. Ha un intervallo di temperatura compresa tra 25 e 98 °C. All’interno contiene dei supporti per provette o beute, il coperchio ha una sagoma che permette all’acqua di condensazione di ricadere all’interno. Il bagnomaria si usa per tenere in incubazione le colture batteriche e per mantenere l’agar fuso pronto per l’uso per le semine in dispersione.

Per sterilizzare i materiali di laboratorio, si utilizzano principalmente due strumenti. L’autoclave viene usata per sterilizzare terreni di coltura, soluzioni acquose e colture di rifiuto. Nel processo di sterilizzazione, viene impiegato il vapore ad alta pressione (di solito 121 °C per 15 minuti). L’autoclave funziona con il principio della pentola a pressione: l’acqua interna deve essere sufficiente a coprire la serpentina di rame in modo che venga scaldata fino a produrre vapore. Il vapore satura la camera interna facendo uscire l’aria da una valvola e arriva così alla pressione di 1 atmosfera che corrisponde ai 121 °C. Il coperchio deve essere perfettamente chiuso prima di iniziare il ciclo di sterilizzazione; quando questo è completato, si attende che l’autoclave si sia raffreddata e che la pressione sia scesa, prima di aprirla. I microbi si eliminano più velocemente con il calore umido che con quello secco della stufa perché il vapore, essendo miglior conduttore di calore, ha un potere microbicida più elevato di quello dell’aria. Il forno Pasteur, o più comunemente chiamato stufa, è un apparecchio a circolazione d’aria calda utilizzabile sia per asciugare sia per sterilizzare la vetreria (molto simile al forno casalingo). La temperatura per la sterilizzazione è di 180 °C e l’esposizione deve essere mantenuta per 2 ore, perché come detto sopra il calore secco è meno efficace di quello umido.

Forno Pasteur.

Autoclave. Termostato. Bagnomaria.


268 Raccordi interdisciplinari Storia

L’invenzione del microscopio

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Il microscopio ottico È uno strumento, costituito da una serie di parti meccaniche, elettriche e ottiche, che grazie a un sistema di lenti opportunamente disposte e una sorgente luminosa, è capace di fornire un’immagine ingrandita di un piccolo oggetto. Il microscopio è composto di parti meccaniche come: lo stativo, che è un elemento centrale di sostegno e di assemblaggio di tutte le parti che lo costituiscono; il tavolino portaoggetti, che sorregge il preparato da osservare; il traslatore, che permette lo spostamento del tavolino portaoggetti lungo assi perpendicolari; il revolver portaobiettivi, che sorregge più obiettivi, ciascuno caratterizzato da un diverso ingrandimento; i comandi di messa a fuoco che consentono di focalizzare l’immagine del preparato: la vite macrometrica che regola una messa a fuoco più grossolana e la vite micrometrica, che regola una messa a fuoco più fine; il diaframma di apertura, che permette di variare la quantità di luce che viene fatta passare attraverso l’obiettivo.

La componente ottica è costituita da tre sistemi di lenti: il condensatore, che converge la luce sul piano del preparato da osservare; l’obiettivo, che riproduce l’immagine ingrandita; l’oculare, che ingrandisce ulteriormente l’immagine prodotta dall’obiettivo, consentendo la percezione visiva.

Come controllare e inibire la crescita dei microrganismi In laboratorio è importante poter controllare la crescita microbica e disporre di metodi per inibirla o limitarla, oppure per poter eliminare o ridurre il numero di microrganismi presenti in un ambiente specifico. • La sterilizzazione consiste nell’eliminare tutti i microrganismi eventualmente presenti. • La sanificazione permette di ridurre il numero dei microrganismi presenti entro limiti considerati sicuri. Il controllo della crescita microbica si può effettuare principalmente attraverso metodi fisici e chimici.

oculare

stativo revolver portaobiettivi

tavolino traslatore condensatore vite macrometrica

diaframma

lampada

vite micrometrica


STEP 3

Il laboratorio di microbiologia

Quali sono i metodi fisici I metodi fisici usati per la sterilizzazione sono basati su: trattamento con il calore; irraggiamento con radiazioni ultraviolette o ionizzanti; filtrazione. • Il calore, quindi l’alta temperatura, denatura le proteine, che sono uno dei maggiori costituenti della cellula batterica. Il calore umido (autoclave) e il calore secco (forno Pasteur) vengono quindi utilizzati per la sterilizzazione di terreni di coltura (il primo) e di oggetti e vetreria (il secondo). • Le radiazioni più comunemente impiegate sono i raggi ultravioletti (UV) per la sterilizzazione di ambienti e superfici, e le radiazioni ionizzanti, come i raggi gamma, usati a livello industriale per la sterilizzazione di materiale plastico “monouso” (siringhe, provette e altro materiale sanitario e di laboratorio). • La filtrazione è un metodo per sterilizzare composti liquidi che non resisterebbero al trattamento con il calore (come vitamine, farmaci, antibiotici). Il procedimento consiste nel passaggio del liquido attraverso delle membrane filtranti (che possono essere di nitrocellulosa, polipropilene o altro materiale) che presentano pori di diametro massimo di 0,45 o 0,2 mm, in grado di trattenere tutti i microrganismi. Non riescono tuttavia a trattenere i virus, che generalmente hanno dimensioni inferiori ai pori delle membrane filtranti. La filtrazione viene usata anche per la sterilizzazione dell’aria o di altri gas (come avviene nelle cappe a flusso laminare). Quali sono i metodi chimici I metodi chimici si basano sull’uso di sostanze chimiche tossiche, come composti antisettici e disinfettanti. • I composti antisettici sono sostanze chimiche in grado di inibire o uccidere i microrganismi, ma che non sono tossiche per gli organismi superiori. Possono essere usati per le mani e per le ferite. • I disinfettanti provocano la morte dei microrganismi, ma sono nocivi anche per le cellule degli organismi superiori.

269 Per questo motivo vengono utilizzati per disinfettare oggetti inanimati che non possono essere trattati con il calore. In ospedale vengono trattati con i disinfettanti pavimenti, banconi e vari oggetti. La sterilizzazione a freddo consiste nell’esposizione di oggetti a gas disinfettanti come l’ossido di etilene o il perossido di idrogeno. La distinzione tra antisettici e disinfettanti non è netta, poiché il risultato ottenuto non dipende solo dalla sostanza, ma anche dalla sua concentrazione, tempo d’azione e condizioni ambientali. In qualità di sostanze antimicrobiche, sono molto importanti anche gli antibiotici. Si tratta principalmente di molecole organiche (prodotte dal metabolismo di batteri e funghi) che, a bassa concentrazione, presentano un’efficace azione antibatterica selettiva. Gli antibiotici causano la morte o inibiscono la crescita dei batteri con cui vengono a contatto senza danneggiare chi li ha prodotti e altri organismi non batterici. Quali sono i metodi biologici Nel settore alimentare, in particolare, per il controllo della crescita microbica, si ricorre ai metodi biologici o biocontrollo. Per biocontrollo si intende l’impiego di uno o più microrganismi per inibire o controllare altri microrganismi. Il controllo: • può essere attuato direttamente da un microrganismo vitale; • può essere il risultato di azioni o di agenti indiretti (come la produzione di specifiche piccole proteine, le batteriocine). In relazione agli alimenti, il biocontrollo prevede l’uso dei batteri lattici, le batteriocine, le endolisine, i batteriofagi e le “colture protettive” in generale. I meccanismi di controllo sono costituiti da competizione fra batteri per i nutrienti o gli spazi, da inibizione dovuta ai composti antimicrobici prodotti da alcuni microrganismi verso altri, da attacco specifico dei fagi alle cellule batteriche indesiderate.

Raccordi interdisciplinari Laboratorio di Cucina Sanificazione degli ambienti e delle attrezzature


270

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

FAQ: Domande frequenti

Che cos’è il rischio microbiologico? Il rischio microbiologico deriva dall’esposizione del soggetto ad agenti o sostanze di origine biologica potenzialmente dannosi per la salute degli esseri viventi. Sono considerati agenti biologici i batteri, i funghi (muffe e lieviti), i virus e gli endoparassiti (che vivono nell’uomo). Essi possono provocare infezioni, allergie o intossicazioni e vengono classificati in quattro gruppi a seconda della probabilità di far ammalare i lavoratori e propagarsi nella comunità, nonché in base alla disponibilità o meno di efficaci misure di profilassi e terapia. Quali regole vanno rispettate in un laboratorio di microbiologia? Nel laboratorio di microbiologia vanno rispettate regole generali di sicurezza e di comportamento a causa della presenza di agenti biologici potenzialmente dannosi: bisogna indossare camice, guanti, occhiali protettivi e mascherina, tenere i capelli raccolti e aver cura dell’igiene delle mani; non bisogna mai lasciare senza controllo reazioni in corso e apparecchi in funzione; è indispensabile sistemare e ripulire le attrezzature di laboratorio gettando residui di lavorazione, vetrini e materiale contaminato negli appositi contenitori. Quali sono i principali strumenti di laboratorio? Nel laboratorio di microbiologia ci sono sia apparecchiature altamente tecnologiche per l’identificazione, la ricerca e lo studio dei microrganismi, sia strumenti della microbiologia tradizionale. Il becco Bunsen è un bruciatore a gas da laboratorio la cui fiamma esercita un’azione germicida nell’aria circostante e può essere usata per sterilizzare provette e aghi. La cappa a flusso laminare consente la protezione dell’operatore e dell’ambiente esterno dal rischio di contaminazione, grazie a un flusso continuo di aria sterile e a filtri ad alta efficienza. L’incubatore, o termostato, è un apparecchio a circolazione d’aria calda, termoregolato, che permette di mantenere costante la temperatura nei vari scomparti, mentre il bagnomaria è un apparecchio che consente di mantenere terreni di coltura a temperatura costante

in bagni di acqua: entrambi questi dispositivi servono a far crescere le colture batteriche. Per sterilizzare i materiali di laboratorio, si utilizzano principalmente due strumenti: l’autoclave impiega il vapore ad alta pressione; il forno Pasteur è un apparecchio a circolazione d’aria calda. Per l’osservazione dei microbi si ricorre al microscopio ottico che, grazie a un sistema di lenti e una sorgente luminosa, fornisce un’immagine ingrandita di quanto osservato. Come si può controllare la crescita microbica? Esistono vari metodi per regolare, limitare o inibire la crescita dei microrganismi. La sterilizzazione consiste nell’eliminare tutti i microrganismi eventualmente presenti. La sanificazione permette di ridurre il numero dei microrganismi presenti entro limiti considerati sicuri. Il controllo della crescita microbica si può effettuare tramite metodi fisici, chimici e biologici. Quali sono i metodi fisici? I metodi fisici sono basati su: trattamento con il calore umido (tramite autoclave) o secco (per mezzo del forno Pasteur); irraggiamento con radiazioni ultraviolette o ionizzanti; filtrazione con l’utilizzo di membrane filtranti. Quali sono i metodi chimici? I metodi chimici si basano sull’uso di sostanze chimiche tossiche, come composti antisettici (in grado di inibire o uccidere i microrganismi, ma che non sono tossici per gli organismi superiori) e disinfettanti (capaci di uccidere i microrganismi, ma nocivi anche per gli organismi superiori). Anche gli antibiotici rientrano tra le sostanze antimicrobiche e hanno un’ efficace azione antibatterica selettiva. Quali sono i metodi biologici? Per uso di metodi biologici, o biocontrollo, si intende l’impiego di uno o più microrganismi per inibire o controllare altri microrganismi. Il controllo può essere attuato direttamente da un microrganismo vitale, oppure può essere il risultato di azioni o di agenti indiretti (come la produzione di specifiche piccole proteine).


STEP 3

Il laboratorio di microbiologia

271

Verifiche

4. Agente che può causare malattie gravi e costituire . un serio rischio per i lavoratori, con probabilità di propagazione nella comunità; sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia: . ....................................................................................

Rischi e regole nel laboratorio di microbiologia 1 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. In laboratorio bisogna sempre indossare il camice, preferibilmente nero e realizzato in tessuto non tessuto usa e getta I capelli devono essere raccolti in modo da evitare contatti con superfici sporche o con la fiamma del Bunsen In laboratorio non si può mangiare, ma solo bere, a patto che non vi siano reazioni in corso Non bisogna appoggiare recipienti o apparecchi sul bordo del bancone di laboratorio Durante una reazione il microbiologo non ha bisogno di leggere le etichette dei prodotti usati, poiché deve averli già studiati e testati in precedenza Il microbiologo non deve lasciare forbici e oggetti taglienti sul bancone di laboratorio, ma deve riporli con attenzione nelle tasche del proprio camice I vetrini usati e il materiale contaminato con microrganismi vanno gettati negli appositi contenitori 8 Le mani vanno lavate con comuni saponi detergenti

1 2 3 4 5 6 7

V F V F V F V F

V F

V F V F V F

3 Domande a completamento Identifica e scrivi qual è il gruppo di appartenenza di ciascun agente in base al rischio di infezione descritto. 1. Agente che può causare malattie e costituire un rischio per i lavoratori, ma con poca probabilità di propagazione nella comunità; sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia: . .................................................................................... 2. Agente che può causare malattie gravi e costituire un serio rischio per i lavoratori, con alta probabilità di propagazione nella comunità; non sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia: . .................................................................................... 3. Agente che ha bassa probabilità di provocare malattie nell’uomo: . ....................................................................................

Gli strumenti del microbiologo 1 Domande a scelta multipla Scegli l’opzione corretta. 1

Il becco Bunsen: A è un particolare tipo di beuta B è un bruciatore elettrico C è una fiamma alimentata a gas D è un’ansa sterilizzata

2

Se si vuole procedere con una flambatura serve: A un ago da prelievo B uno stativo C un becco Bunsen D un filtro HEPA

3 La cappa a flusso laminare: A crea una cortina che fluisce in senso verticale dietro l’apertura della cabina B impedisce la fuoriuscita di microbi verso l’esterno C è dotata di filtri ad alta efficienza filtrante D tutte le opzioni sono corrette 4 All’interno di un incubatore: A la temperatura non supera i 20 °C B ci sono scomparti a temperatura costante C la temperatura è inferiore a 50 °C D la temperatura deve essere compresa tra 25 e 98 °C 5 Il bagnomaria si usa: A per sterilizzare le provette B per tenere in incubazione le colture batteriche C per sterilizzare terreni di coltura e soluzioni acquose D per ottenere potenti getti di vapore 6

Per eliminare tutti i microrganismi presenti in un campione bisogna: A sterilizzare il campione B sanificare il campione C ricorrere al biocontrollo D tutte le opzioni sono corrette


272

Unità di Apprendimento 4 • L’analisi microbiologica degli alimenti

Laboratorio delle competenze IL MICROSCOPIO OTTICO Scopo: prendere confidenza con il microscopio, saper preparare i vetrini, imparare la messa a fuoco ai diversi ingrandimenti e quindi correlare ciò che si osserva al microscopio con ciò che si osserva a occhio nudo in modo da farsi un’idea sulle proporzioni e sul fatto che l’immagine osservata è speculare. Materiale occorrente • Microscopio ottico • Vetrini portaoggetti • Vetrini coprioggetto • Spruzzetta con acqua distillata o in alternativa pipetta Pasteur con becher contenente acqua distillata

• • •

Pinzette Forbici Giornali o riviste (meglio se di carta chiara e sottile, perché permette facilmente il passaggio della luce)

Procedimento 1 Pulisci il vetrino con della carta assorbente. 2 Ritaglia una lettera (piccola) da un giornale o rivista. Scegli una di quelle facilmente comprensibili (preferibilmente la “a” o la “e”). 3 Usa la pinzetta per mettere la lettera sul vetrino portaoggetti, facendo attenzione a non toccarla con le dita. 4 Metti una goccia d’acqua distillata su di essa e coprila con il vetrino coprioggetti. Il vetrino coprioggetti si impugna indice e pollice della mano destra, lo si pone a contatto con l’acqua del preparato di modo che s’instauri una certa tensione superficiale. Aiutandosi con le pinzette per non farlo scivolare, si tiene fermo il bordo del coprioggetti a contatto col vetrino portaoggetti e lo si adagia in maniera graduale e lenta per evitare che restino intrappolate bolle d’aria. 5 Asciuga con carta assorbente l’eventuale eccesso di acqua che fuoriesce. 6 Osserva come si presenta la lettera a occhio nudo. 7 Metti il vetrino sul tavolino portaoggetti e fissalo con le apposite graffette; accendi la luce. 8 Trasla il vetrino fino a che la lettera non sia al centro del fascio luminoso. 9 Osserva con l’obiettivo più piccolo (4x): esso permette di avere un campo visivo più vasto e consente una più rapida messa a fuoco. 10 Avvicina all’obbiettivo il tavolino usando la vite macrometrica, facendo una prima grossolana messa a fuoco, da completare poi con la vite micrometrica. 11 Se necessario, varia l’intensità della luminosità con il variatore di tensione, posto nel basamento. 12 Se necessario, regola il diaframma, chiudendolo o aprendolo lentamente, fintanto che l’immagine non ha raggiunto il contrasto ottimale. Questa operazione va fatta ogni volta che si cambia obiettivo. 13 Cambia l’obiettivo per osservare a ingrandimento superiore 10x e 40x, e rimetti a fuoco utilizzando la vite micrometrica. 14 Al termine del lavoro, riposiziona l’obiettivo 4x, spegni la lampada e pulisci il tavolino portaoggetti e la vetreria. Nota che: • la lettera, oltre che ingrandita, appare nell’oculare capovolta rispetto alla sua posizione sul vetrino. Questo perché il microscopio ha una lente che, come qualsiasi lente (dell’occhio, della macchina fotografica ecc.), manda un’immagine speculare e capovolta; • muovendo il piano verso destra la lettera pare spostarsi a sinistra e viceversa, così come spostandolo in avanti essa pare muoversi indietro; • l’inchiostro della lettera è irregolare e impreciso e sembra messo sulla carta a macchie; • la carta ha molte imprecisioni e parecchi aspetti irregolari; • se si aumenta l’ingrandimento si vede l’oggetto più grande, ma una porzione più piccola.


STEP 3

Il laboratorio di microbiologia

273

LA FERMENTAZIONE OMOLATTICA Scopo: osservare la fermentazione omolattica: produzione di acido lattico da lattosio. Materiale occorrente • 500 ml di latte fresco intero pastorizzato • Termometro da cucina • Ceppi batterici liofilizzati per yogurt (Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus) oppure 1 vasetto di yogurt intero naturale bianco • Bunsen • Incubatore/termostato • Becher Procedimento 1 Versa il latte nel becher. 2 Riscalda a fiamma moderata. 3 Controlla la temperatura del latte con il termometro, dovrà essere tra 38 °C e 42 °C (a temperatura più alta i batteri non sono attivi). 4 Aggiungi al latte i batteri (o lo yogurt). 5 Amalgama senza formare grumi. 6 Copri bene il becher e mettilo nell’incubatore per 6-12 ore (mantenere una temperatura di circa 38 °C) 7 Osserva e assaggia: lo yogurt è pronto! Nota che: • i batteri hanno trasformato il lattosio (lo zucchero del latte) in acido lattico.


274

Facciamo il punto

Il dibattito sull’Agenda 2030 Quali sono le regole da seguire per lavorare in condizioni di sicurezza in un laboratorio di Chimica? L’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030 si propone di garantire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti. A livello mondiale si è verificato un significativo incremento dell’accesso all’istruzione, soprattutto per donne e ragazze, e il livello base di alfabetizzazione è migliorato. Tuttavia, nei Paesi in via di sviluppo, 57 milioni di bambini sono ancora esclusi dall’iscrizione alla scuola primaria e 103 milioni di giovani non possiedono capacità di base in lettura e scrittura. Tra i traguardi fissati per il 2030, ci si propone di aumentare considerevolmente il numero di giovani e adulti con competenze specifiche, tecniche e professionali per l’occupazione. Nell’ambito dei servizi enogastronomici e dei prodotti dolciari artigianali e industriali, risulta fondamentale acquisire competenze scientifiche e tecnologiche, al fine di garantire standard di qualità e sicurezza adeguati lungo l’intera filiera. Per questo motivo, nelle scuole è necessario potenziare la presenza di laboratori chimici e strutture adeguate, oltre che seguire le regole per agire in condizioni di sicurezza. E tu che cosa ne pensi? Partecipa al dibattito in classe! Di seguito proponiamo alcune regole da seguire per agire in condizioni di sicurezza all’interno di un laboratorio chimico. Guidati dall’insegnante, dividetevi in due gruppi: il gruppo A e il gruppo B. Ciascun gruppo dovrà proporre dieci regole e descrivere l’importanza del rispetto di tali norme. Potete partire dalle osservazioni proposte di seguito e arricchire l’elenco.

L’importanza delle regole nel laboratorio di Chimica Gruppo A

Gruppo B

Indossare il camice Motivazione: .......................................................................

Indossare guanti, occhiali protettivi e mascherina Motivazione: .......................................................................

Raccogliere i capelli Motivazione: .......................................................................

Lavare le mani con saponi disinfettanti Motivazione: .......................................................................

............................................................................................. .............................................................................................

Il compito di realtà Elaborare le schede tecniche relative ai principali strumenti di laboratorio Al termine dell’Unità di Apprendimento 4 hai imparato a conoscere l’importanza delle competenze scientifiche, chimiche e biologiche nell’ambito del tuo percorso di studi. Ora mettiti alla prova realizzando le schede tecniche dei principali strumenti di un laboratorio chimico, descrivendone caratteristiche, scopi e funzionalità e associando a ognuno di essi un’immagine significativa. Di che cosa hai bisogno? Libro di testo; materiale di cancelleria; computer provvisto di connessione internet e collegato a stampante per stampare le immagini. In alternativa, puoi scattare fotografie nel laboratorio di Chimica per rendere il lavoro più personale. Ecco come procedere • Raccogli le informazioni e il materiale di riferimento: oltre al libro di testo puoi usare gli approfondimenti del libro digitale, riviste specializzate, materiale tratto dal web. • Elabora testi brevi mettendo in evidenza quali sono le caratteristiche, le funzionalità e gli scopi degli strumenti analizzati. • Realizza le schede tecniche inserendo i testi e le immagini stampate dal web o le fotografie scattate nel laboratorio di Chimica, curando sia i contenuti sia l’aspetto grafico. • Presenta il compito all’insegnante e alla classe, esprimendo considerazioni personali sull’argomento.


Facciamo il punto

275

L’Esame di Stato Colloquio orale Esercita l’esposizione a partire dalla mappa concettuale, evidenziando i collegamenti tra le discipline.

LABORATORIO DI CUCINA

LABORATORIO DI SALA-BAR E VENDITA

• La contaminazione alimentare • La conservazione degli alimenti

DIRITTO E TECNICHE AMMINISTRATIVE • Le norme vigenti per confezionamento ed etichettatura degli alimenti

• La contaminazione alimentare • La conservazione degli alimenti

L’analisi microbiologica degli alimenti

CHIMICA

ITALIANO • Primo Levi, chimico e scrittore. Il sistema periodico, Einaudi, 1975

STORIA

• Gli strumenti di laboratorio

• L’invenzione del microscopio

Esercita l’esposizione rispondendo alle domande.

• Come può avvenire la contaminazione in alimenti • • • • • • •

di origine vegetale? Quali microrganismi si sviluppano negli alimenti? Che cosa sono i probiotici? Quali funzioni svolgono? Quali sono i principali batteri di interesse alimentare? Quali sono le principali muffe di interesse alimentare? Quali sono i principali lieviti di interesse alimentare? Quali sono i principali virus di interesse alimentare? Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria freschi?

• • • • •

Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria secchi? Quali sono i rischi per i prodotti in scatola? In che cosa consiste il metodo delle diluzioni? Come si allestisce un terreno di coltura? Come appaiono le colonie batteriche dopo l’incubazione? • Quali sono le fasi della crescita microbica? • In che cosa consiste la colorazione di Gram? • Come si osserva un vetrino al microscopio?


276

CLIL Uova

Italiano

Francese

Inglese

Tedesco

Spagnolo

......................................

Albume

blanc (d’œuf)

egg white, albumen

Eiweiß (n)

clara (de huevo)

......................................

Frittata

omelette

omelet, omelette

Omelett (n)

tortilla

......................................

Guscio d’uovo

coquille

egg shell

Schale (f)

cáscara

......................................

Omelette

omelette

omelette

Omelett (n)

tortilla francesa, omelet

......................................

Tuorlo

jaune (d’œuf)

yolk

Eigelb (n), Dotter (m)

yema (de huevo)

......................................

Uova à la coque

œufs à la coque

boiled eggs

weiche Eier (pl), weich-gekochte Eier (pl)

huevos pasados por agua

......................................

Uova affogate/ in camicia

œufs pochés

poached eggs

verlorene Eier (pl), pochierte Eier (pl)

Huevos escalfados

......................................

Uova al piatto/ œufs au beurre, al burro/ oeuf sur le plat, al tegamino/ oeuf au plat all’occhio di bue

sunny-side-up eggs, fried eggs

Eier (pl) mit Butter, Spiegeleier (pl)

huevos en mantequilla, huevos al plato, huevos fritos

......................................

Uova bazzotte

œufs mollets

soft-boiled eggs

halbweiche Eier (pl), weich-gekochte Eier (pl)

huevos pasados por agua

......................................

Uova fritte

oeufs frits

fried eggs

frittierte Eier (pl)

huevos fritos

......................................

Uova sode

œufs durs

hard-boiled eggs

hartgekochte Eier (pl)

huevos duros

......................................

Uova strapazzate

œufs brouillés

scrambled eggs

Rühreier (pl)

huevos revueltos

......................................

Uovo

œuf

egg

Ei (n)

huevo

......................................

Uovo sbattuto

oeuf battu

beaten egg

geschlagenes Ei (n)

huevo batido

......................................


CLIL

277

Grassi e oli da condimento Italiano

Francese

Inglese

Tedesco

Spagnolo

......................................

Burro

beurre

butter

Butter (f)

mantequilla

......................................

Burro aromatizzato

beurre aromatisé

aromatized butter

Gewürzbutter (f)

mantequilla aromatizada

......................................

Burro chiarificato

beurre clarifié

clarified butter

geklärte Butter (f)

mantequilla clarificada

......................................

Burro composto

beurre composé

compound butter, c omposite butter, composed butter

verarbeitete Butter (f)

mantequilla compuesta

......................................

Burro di arachidi

beurre peanut butter de cacahouettes

Erdnussbutter (f)

manteca de cacahuetes

......................................

Burro di cacao

beurre de cacao

cocoa butter

Kakaobutter (f)

manteca de cacao

......................................

Grasso

graisse

fat, shortening

Fett (n)

grasa

......................................

Lardo

lard

lard, bacon-fat

Speck (m)

lardo, tocino

......................................

Margarina

margarine

margarine

Margarine (f)

margarina

......................................

Olio

huile

oil

Öl (n)

aceite

......................................

Olio d’oliva

huile d’olive

olive oil

Olivenöl (n)

aceite de oliva

......................................

Olio d’oliva extravergine

huile d’olive extra vierge

extra virgin olive oil

kaltgepresstes Olivenöl (n)

aceite de oliva virgen ...................................... extra

Olio di semi

huile végétale

seed oil

Samenöl (n)

aceite de semillas

......................................

Pancetta

lard

bacon

Speck (m)

lardo, tocino

......................................

Strutto

saindoux

lard

Schmalz (n), Schweinefett (n)

manteca de cerdo

......................................


278

LESSICO SPECIALISTICO Unità di Apprendimento 1 L’alimentazione oggi

Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1. Sostanza commestibile, gradevole e priva di effetti nocivi o tossici, che fornisce energia e composti utili e necessari per soddisfare le esigenze vitali........................................................................................................................................ 2. Nutrienti che l’organismo non è in grado di sintetizzare a partire da altre molecole e che vanno assunti con la dieta . .......................................................................................................................................................................................... 3. Funzione svolta da acqua, vitamine e sali minerali per l’organismo umano .................................................................... 4. Quello basale è definito come la quantità di energia necessaria all’organismo per svolgere le funzioni fisiologiche . di base .............................................................................................................................................................................. 5. Quella standard individua la quantità di un alimento, espressa in grammi, che dovrebbe essere consumata normalmente da una persona adulta ............................................................................................................................... 6. Sostanze chimiche contenute negli alimenti necessarie all’organismo umano per svolgere i processi di crescita, sviluppo e mantenimento delle funzioni vitali ................................................................................................................... 7. Molecole mediamente presenti nell’ordine dei grammi su 100 g di alimento, di cui il nostro organismo ha bisogno ogni giorno in quantità elevate ......................................................................................................................................... 8. Molecole presenti negli alimenti nell’ordine dei milligrammi o microgrammi e necessarie all’organismo in piccole quantità ............................................................................................................................................................................ 9. Alimenti che risultano indispensabili dal punto di vista nutrizionale per la sopravvivenza dell’organismo . .......................................................................................................................................................................................... 10. Alimenti non indispensabili aggiunti al cibo per renderlo più gradevole o consumati per piacere .................................. 11. Uno dei modelli grafici di maggiore successo e più ampiamente utilizzato per invitare la popolazione a seguire consigli dietetici ................................................................................................................................................................ 12. Modello alimentare proprio dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in grado di diminuire il rischio di alcune patologie e di avere effetti benefici sulla salute ............................................................................................................... 13. Classe ristorativa che comprende tutte le strutture che provvedono ai pasti di consumatori riuniti in comunità, come mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, carcerarie, militari e istituzionali ................................................................... 14. Dieta che prevede controllo e/o riduzione del sodio e diminuzione del sale aggiunto .................................................... 15. Struttura esclusivamente o prevalentemente dedicata alla produzione di pasti, solitamente per tipologia di utenze omogenee ........................................................................................................................................................................

Unità di Apprendimento 2 La merceologia alimentare Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

Piante erbacee annuali della famiglia delle Graminacee .................................................................................................. Frutto del frumento di forma ovoidale .............................................................................................................................. Ottenuta dal grano tenero, è usata nella panificazione .................................................................................................... Processo di setacciatura graduale dei cereali macinati ................................................................................................... Macinazione delle cariossidi ............................................................................................................................................ Ottenuta dal grano duro, è usata nella produzione di paste alimentari ........................................................................... Soluzione acquosa che costituisce una delle tre strutture da cui è formato l’uovo ......................................................... Separa il guscio dall’albume ed è costituita da due sottili foglietti .................................................................................. L’albume lo contiene in forma libera (0,8%) ..................................................................................................................... Criterio in base al quale le uova sono distinte in XL, L, M e S ......................................................................................... Categoria a cui appartengono i latti crudi e i latti risanati ................................................................................................ Proteine che costituiscono il 20% della frazione proteica del latte ................................................................................. Zucchero presente nella frutta, si trova in commercio anche sotto forma di sciroppo .................................................... Disaccaride formato da glucosio e galattosio che si ricava dal latte ............................................................................... Frutto della pianta di cacao ..............................................................................................................................................


LESSICO SPECIALISTICO

279

Unità di Apprendimento 3 I prodotti agroalimentari delle regioni italiane Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. Sono celebri quelli di Casale Monferrato ......................................................................................................................... Torta tipica di Pavia, fatta con farina, uova, burro e zucchero, ben lievitata e spesso accompagnata da crema o zabaione ........................................................................................................................................................................ Biscotti secchi di antichissima tradizione veneziana ....................................................................................................... Dolce friulano che consiste in un rotolo di pasta sfoglia farcito di marzapane, cedro candito, pinoli e noci .......................................................................................................................................................................................... Famosa torta salata ligure farcita di bietole, cagliata e uova intere ................................................................................. Quello di Ferrara è un dolce natalizio con certificazione IGP .......................................................................................... In Toscana sono tipici biscotti secchi alle mandorle, ottenuti tagliando a fette il filoncino di pasta ancora caldo .......................................................................................................................................................................................... Impasto di mandorle a forma di serpente, glassato con albume e zucchero, tipico dell’Umbria .................................... Dolce romanesco che deve il proprio nome allo zafferano .............................................................................................. In Abruzzo sono tipiche cialde croccanti fatte con farina, uova, olio, anice, preparate con l’impiego di apposite piastre di ferro .................................................................................................................................................................. 11. Quello del Molise è un impasto con mandorle e nocciole ricoperto di cioccolato .......................................................... 12. Famosa torta napoletana con una farcitura a base di ricotta, uova e grano cotto .......................................................... 13. In Basilicata è un misto tra dolce e salato che prevede l’utilizzo di formaggio fresco, ricotta, prosciutto, mozzarelline, zucchero e uova ...............................................................................................................................................................

1. 2. . 3. 4. . 5. 6. 7. . 8. 9. 10.

Unità di Apprendimento 4 Il laboratorio di microbiologia Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1. Quello microbiologico deriva dall’esposizione del soggetto ad agenti o sostanze di origine biologica potenzialmente dannosi ............................................................................................................................................................................. 2. Bruciatore a gas da laboratorio la cui fiamma esercita un’azione germicida .................................................................. 3. Quella a flusso laminare consente la protezione dell’operatore e dell’ambiente esterno dal rischio di contaminazione con microrganismi e permette di lavorare in condizioni di sterilità................................................................................… 4. Sigla per indicare una tipologia di filtri ad alta efficienza filtrante .................................................................................... 5. Apparecchio a circolazione d’aria calda, detto anche termostato, che permette di mantenere costante . la temperatura nei vari scomparti tramite termoregolazione ........................................................................................... 6. Apparecchiatura usata per sterilizzare terreni di coltura, soluzioni acquose e colture di rifiuto tramite l’utilizzo . di vapore ad alta pressione .............................................................................................................................................. 7. Sistema di lenti, di cui è dotato il microscopio ottico, che converge la luce sul piano del preparato da osservare . .......................................................................................................................................................................................... 8. Metodo che si avvale di membrane filtranti per sterilizzare composti liquidi che non resisterebbero al trattamento con il calore ...................................................................................................................................................................... 9. Quella a freddo consiste nell’esposizione di oggetti a gas disinfettanti, come l’ossido di etilene o il perossido . di idrogeno ....................................................................................................................................................................... 10. Quello Pasteur, più comunemente chiamato stufa, è un apparecchio a circolazione d’aria calda utilizzabile sia per asciugare, sia per sterilizzare la vetreria ........................................................................................................................... 11. Causano la morte o inibiscono la crescita dei batteri con cui vengono a contatto senza danneggiare chi li ha prodotti e altri organismi non batterici ........................................................................................................................................... 12. Impiego di uno o più microrganismi per inibire o controllare altri microrganismi ............................................................. 13. Sostanze chimiche in grado di inibire o uccidere i microrganismi, ma che non sono tossiche per gli organismi superiori ........................................................................................................................................................................... 14. Provocano la morte dei microrganismi, ma sono nocivi anche per le cellule degli organismi superiori .............................


280

Esame di Stato · Esercitazioni

Esercitazione n. 1 La classificazione degli alimenti Gli alimenti di nuova gamma si classificano in prima gamma, seconda gamma, terza gamma, quarta gamma, quinta gamma. - Prima gamma - Prodotti freschi del mercato: sono i prodotti freschi che hanno subìto minime lavorazioni dall’industria, ma che devono essere ancora lavorati prima dell’uso. Sono i prodotti dell’ortofrutta, dell’ittica e delle carni, alimenti freschi e in nessun modo conservati. - Seconda gamma - Pronti all’uso (semilavorati): sono prodotti che hanno subìto lavorazioni industriali, quali lavaggio, taglio, cottura e un processo di conservazione. I prodotti di seconda gamma sono gli ortaggi in scatola, i liofilizzati, i semilavorati, le farine speciali. - Terza gamma - Pronti per la cottura (ready to cook): sono prodotti conservati a basse temperature come i surgelati e congelati, che hanno subìto tutte le lavorazioni tranne la cottura. - Quarta gamma - Pronti al consumo (ready to eat): sono di quarta gamma quei prodotti ortofrutticoli, destinati all’alimentazione umana, freschi, confezionati e pronti per il consumo come la frutta e gli ortaggi freschi che vengono lavati, tagliati, confezionati in sacchetti o vaschette, di plastica o film plastico. - Quinta gamma - Pronti da riscaldare (ready to heat): sono prodotti freschi, crudi o cotti conservati sottovuoto. Al candidato si chiede di dar prova delle sue conoscenze e competenze, rispondendo ai quesiti e alle consegne in tutti i punti successivi. a) Con riferimento alla comprensione del documento introduttivo, utile a fornire informazioni e stimoli alla riflessione, il candidato risponda alle seguenti questioni: • Come si classificano gli alimenti di nuova gamma? • Su quale principio generale si basa tale classificazione? • Nell’ottica di un’alimentazione quanto più possibile sana, è consigliabile l’assunzione degli alimenti di quale/i gamma/e? b) Con riferimento alla produzione di un testo, il candidato, utilizzando le conoscenze acquisite nel corso degli studi o attraverso le sue esperienze, esponga le sue conoscenze riferite alla classificazione degli alimenti. In particolare: • illustri caratteristiche e peculiarità degli alimenti; • illustri quali sono gli altri criteri di classificazione; • illustri caratteristiche e peculiarità dei nuovi prodotti alimentari: alimenti fortificati, OGM, prodotti light; • proponga una breve trattazione spiegando per quale motivo il CRA-NUT ha proposto una classificazione degli alimenti primari in cinque gruppi suggerendo di alternare gli alimenti di tutti i cinque gruppi nel corso della settimana. c) Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnico-professionali conseguite, il candidato illustri che cosa si intende con “analisi sensoriale”. In particolare: • spieghi che cosa s’intende per “caratteristiche organolettiche”; • illustri secondo quali modalità dovrebbe avvenire l’analisi sensoriale. d) Il candidato, facendo anche riferimento alle attività laboratoriali o alle esperienze maturate nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, supponga di dover spiegare che cosa rende un piatto poco / abbastanza / molto strutturato.


Esame di Stato · Esercitazioni

281

Esercitazione n. 2 L’alimentazione equilibrata Presupposto fondamentale per la salute è quello di alimentarsi correttamente, dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo: l’alimentazione equilibrata ha la finalità di garantire il giusto apporto di nutrienti ed energia, prevenendo sia carenze sia eccessi nutrizionali, entrambi potenzialmente dannosi. Una volta compresi i fattori che determinano il dispendio energetico ed i fabbisogni dell’organismo, è giusto soddisfarli nell’alimentazione di ogni giorno grazie agli strumenti messi a disposizione dalle autorità in materia di nutrizione. In particolare, i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) definiscono quantitativamente i fabbisogni giornalieri di nutrienti ed energia per ogni individuo, oltre che la loro ottimale distribuzione nei diversi pasti della giornata. Tuttavia, tradurre in pratica queste indicazioni può non essere immediato per il consumatore, cosicché esse rischiano di rimanere sterili senza una costante applicazione nella quotidianità. In quest’ambito giocano un ruolo essenziale le raccomandazioni stilate dal CREA – Alimenti e Nutrizione e contenute nelle Linee guida per una sana alimentazione italiana. Le Linee guida, in modo diretto ed accessibile, propongono un approccio globale alla valorizzazione della salute sotto molteplici aspetti, che comprendono l’attenzione nella dieta, in particolare nella predilezione di determinati nutrienti ed alimenti (abbondante acqua, frutta e verdura a scapito dell’eccesso nel consumo di zuccheri, grassi saturi e alimenti ricchi di sodio). Le Linee guida evidenziano anche l’importanza della varietà nell’alimentazione e dell’impegno nella preservazione della sicurezza, così come la necessità di accompagnare le scelte alimentari con un esercizio fisico costante ed uno stile di vita sano. Ovviamente non esiste un’unica risposta alla domanda fondamentale della salute: i modelli nutrizionali sono diversi di popolazione in popolazione e emergono oggigiorno nuove tipologie dietetiche (vegetariana, macrobiotica). In questo contesto, resta innegabile il valore della dieta mediterranea come modello di dieta valido ed equilibrato per la prevenzione delle cosiddette “malattie del benessere” e dunque mezzo primario di promozione della salute. Al candidato si chiede di dar prova delle sue conoscenze e competenze, rispondendo ai quesiti e alle consegne in tutti i punti successivi. a) Con riferimento alla comprensione del documento introduttivo, utile a fornire informazioni e stimoli alla riflessione, il candidato risponda alle seguenti questioni: • Qual è l’obiettivo di un’alimentazione equilibrata? • Quali sono le principali autorità in materia di nutrizione? • Come variano nello spazio e nel tempo i modelli nutrizionali? b) Con riferimento alla produzione di un testo, il candidato, utilizzando le conoscenze acquisite nel corso degli studi o attraverso le sue esperienze, esponga le sue conoscenze riferite alla sana alimentazione e alle nuove tendenze alimentari. In particolare: • illustri qual è il ruolo dei LARN; • illustri le principali nuove tipologie dietetiche (vegetariana, vegana, macrobiotica ecc.); • illustri le principali caratteristiche della dieta mediterranea; • illustri le principali malattie del benessere e i rischi ad esse connessi. c) Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnico-professionali conseguite, il candidato illustri che cosa si intende per “bioenergetica”. In particolare: • spieghi che cosa si intende con “apporto energetico” e “dispendio energetico”; • spieghi che cosa si intende con “metabolismo di base”.


© Edizioni Plan - Loreto, Italy www.gruppoeli.it info@edizioniplan.it Si ringraziano per i preziosi contributi il personale, i docenti e i collaboratori di ALMA - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Ringraziamo inoltre tutte le aziende e gli Enti che hanno fornito materiali di documentazione e immagini. Si ringraziano per i suggerimenti didattici e il prezioso contributo di spunti e idee i Professori: Alessandra Balduccini Maurizio Brunelli Elda De Marco Piera Fornaciari Pietro Magnoni Celeste Micaglio Claudia Moriondo Enrico Pazzaia Andrea Pegoraro Mario Posadinu Lucia Rossi Emanuela Scarano Elisa Selvatico Filippo Stirpe Mariagiovanna Treccozzi Progettazione e coordinamento editoriale: Carla Quattrini Redazione: Carla Quattrini, Monia Cardella Revisione testi: Roberto Melchiorre Impaginazione: Federico Borsella Foto: Foto Carra, Parma; Arturo Delle Donne, Parma; Shutterstock Disegni: Daniele Gianni L’UDA 4 è a cura della Professoressa Stefania Silvi Segnalazione di errori Produrre un testo scolastico è molto complesso. L’esperienza ci insegna che è quasi impossibile pubblicare un libro senza un errore o una imprecisione, e ci scusiamo con i nostri lettori. Ogni segnalazione che potete inviarci sarà per noi preziosa. Vi ringraziamo se vorrete scriverci al seguente indirizzo: redazione@edizioniplan.it

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Articles inside

Laboratorio delle competenze

3min
pages 278-279

Esame di Stato • Esercitazioni

4min
pages 286-288

FAQ: Domande frequenti

2min
page 276

Laboratorio delle competenze

1min
page 269

FAQ: Domande frequenti

2min
page 266

1 Che cos’è il rischio biologico

1min
page 270

4 Come si identificano i microrganismi

4min
pages 263-265

3 Quali sono le fasi della crescita batterica

1min
page 262

Laboratorio delle competenze

4min
pages 253-255

FAQ: Domande frequenti

2min
page 250

Approfondimento I probiotici

12min
pages 236-240

enogastronomiche

8min
pages 225-228

Approfondimento L’alimentazione nella storia

10min
pages 221-224

Approfondimento La cellula batterica

1min
page 241

Sardegna

2min
page 220

Basilicata

1min
page 217

e procarioti

2min
pages 242-243

Puglia

1min
page 216

Abruzzo

2min
page 213

Marche

2min
page 211

Liguria

2min
page 209

Trentino-Alto Adige

1min
page 207

Lombardia

1min
page 206

ad azione fisica

6min
pages 188-189

1 Che cosa si intende per tipicità

5min
pages 200-201

FAQ: Domande frequenti

2min
page 190

Approfondimento Caffè e tè

8min
pages 173-176

2 Che cosa sono i coloranti

2min
page 187

FAQ: Domande frequenti

2min
page 181

Educazione civica L’assunzione di alcol etilico

4min
pages 179-180

5 Che cosa sono le bevande alcoliche

3min
pages 177-178

Educazione civica Le bevande zuccherate

1min
page 170

3 Che cosa sono le bevande analcoliche

2min
page 169

FAQ: Domande frequenti

1min
page 163

4 Che cosa caratterizza erbe aromatiche e spezie

7min
pages 154-156

3 Quali sono i principali dolcificanti

4min
pages 152-153

7 Che cosa si intende per prodotti dolciari

5min
pages 161-162

FAQ: Domande frequenti

2min
page 143

5 Che cos’è il cacao

2min
page 157

Approfondimento La frutta secca disidratata

2min
page 142

2 La frutta secca a guscio

5min
pages 139-141

FAQ: Domande frequenti

1min
page 131

Approfondimento La fermentazione

1min
page 130

2 In che cosa consiste la lievitazione

3min
pages 127-128

FAQ: Domande frequenti

3min
page 118

8 Che cos’è l’olio d’oliva

9min
pages 113-116

sui grassi

2min
page 117

6 Che cosa sono gli oli vegetali

4min
pages 107-108

7 Che cos’è la margarina e come si produce

3min
pages 111-112

Approfondimento Che cosa sono gli oli di semi

3min
pages 109-110

5 Che cos’è lo strutto

2min
page 106

5 Altre farine, farine senza glutine e amidi

3min
pages 55-56

FAQ: Domande frequenti

2min
page 96

FAQ: Domande frequenti

2min
page 73

5 Come si conservano le uova

2min
page 72

4 Come devono essere etichettate le uova

1min
page 71

4 Che cos’è il burro

4min
pages 104-105

FAQ: Domande frequenti

2min
page 62

4 Come si impastano i prodotti lievitati

1min
page 54

Che cosa prevede l’etichettatura dei prodotti

7min
pages 17-20

FAQ: Domande frequenti

2min
page 38

Approfondimento La ristorazione collettiva

7min
pages 34-37

8 Che cosa sono i modelli nutrizionali

3min
pages 29-30

7 Che cosa sono le Linee guida

13min
pages 21-26

Laboratorio delle competenze

1min
page 42

Approfondimento Consigli speciali

3min
pages 27-28

Che cosa sono i formaggi .......................................... 83

1min
page 12
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