La Terra
Un mondo da abitare
4
4
Asia orientale
Asia sud-orientale
Africa
America del Nord
America centrale
America del Sud
Oceania
Una miniera di diamanti
Tu vuo’ fa’ l’Americano!
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Com’è fatto il libro Didattica digitale integrata
L’astronauta Luca Parmitano, tra il 2019 e il 2020, ha vissuto alcuni mesi in una stazione spaziale... chissà a che distanza si trovava dalla Terra? Le foto che ha scattato in quel periodo mi hanno fatto venire voglia di esplorare il nostro pianeta.
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Come mai si verificano le eruzioni vulcaniche? E da dove proviene il materiale che fuoriesce dai vulcani?
Lo scoprirai a pagina Lo scoprirai a paginaLa Monument Valley è il simbolo dell’Ovest americano. Cosa avrà scavato i profondi canyon e modellato le rocce?
La Terra ha 4 miliardi e mezzo di anni. Essa costituisce un minuscolo punto dell’Universo, l’immenso spazio stellare che la maggior parte degli scienziati considera finito e in continua espansione.
L’origine dell’Universo sarebbe avvenuta 15 miliardi di anni fa in seguito a un’enorme esplosione, il cosiddetto Big Bang , da cui sarebbero scaturite tutta l’energia e la materia esistenti, che avrebbero poi formato i vari tipi di atomi.
L’aggregazione degli atomi ha dato in seguito vita alle stelle e ai pianeti . Grandi raggruppamenti di stelle formano le galassie , come la Via Lattea , in cui si trova il nostro pianeta e anche il Sole , una stella di medie dimensioni costituita essenzialmente da idrogeno ed elio.
L’aspetto della Luna vista dalla Terra cambia di settimana in settimana per via del fenomeno delle fasi lunari che si alternano nel corso di un mese. Le principali fasi lunari sono quattro: Luna nuova, primo quarto, Luna piena e ultimo quarto.
Attorno al Sole orbitano numerosi corpi celesti (pianeti, asteroidi, satelliti, comete ecc.) che formano il Sistema Solare
Gli otto pianeti del Sistema Solare, par tendo dal più vicino al Sole, sono Mercu rio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Possono essere suddivisi in due gruppi:
• pianeti interni o rocciosi, i primi quattro, caratterizzati da una massa piccola, una composizione rocciosa, atmosfere sottili e pochi satelliti;
• pianeti esterni o giganti, gli altri quattro, caratterizzati da un volume molto più grande e una massa rarefatta.
Tra il 1930 e il 2006 il Sistema Solare ha avuto un pianeta in più: Plutone è stato considerato il nono pianeta fino a quando l’Unione Astronomica Internazionale lo ha declassificato a pianeta nano. Questo poiché gli scienziati hanno osservato che Plutone è più piccolo della Luna e fa parte di un sistema di piccoli pianeti di dimensioni uguali.
Tra i due gruppi di pianeti, in particolare tra Marte e Giove, si estende la fascia degli asteroidi, costituita da una miriade di blocchi di roccia dalla forma e dalle dimensioni irregolari.
Mercurio
pianeta pi◊ vicino
ha atmosfera.
Venere ∆ caldissimo e ha un’atmosfera carica di anidride carbonica.
Giove, il pi◊ grande dei pianeti, e 63 satelliti.
Urano ∆ un pianeta freddo e gassoso, ha 29 satelliti e un sistema di anelli.
La Terra ha un’atmosfera ricca di ossigeno e acqua allo stato liquido.
Marte ha una debole atmosfera priva di ossigeno.
Satellite naturale
Corpo celeste che orbita attorno a un pianeta.
Nettuno ∆ un pianeta freddissimo con un’atmosfera ricca di metano e 13 satelliti.
Alcuni pianeti del Sistema Solare, come Giove e Saturno, hanno numerosi satelliti naturali; la Terra ne ha soltanto uno, la Luna, caratterizzata dalla totale assenza di atmosfera e da una massa ottanta volte più piccola di quella della Terra.
La Luna orbita attorno alla Terra a una distanza di 384 400 km e i due corpi celesti esercitano tra di loro una reciproca attrazione gravitazionale. L’attrazione che la Luna esercita sulla Terra dà luogo al fenomeno delle maree, ovvero al sollevamento periodico (in media ogni 6 ore) delle grandi masse d’acqua del nostro pianeta. Un altro aspetto interessante della Luna è che impiega esattamente lo stesso tempo a ruotare su sé stessa e a ruotare attorno alla Terra: detto in termini scientifici, il periodo di rotazione equivale al periodo di rivoluzione e dura all’incirca 27 giorni e 7 ore. La conseguenza di questa equivalenza è che la Luna ruota attorno alla Terra mostrando sempre la stessa faccia.
Marte è il pianeta più esplorato dall’uomo, infatti è stato meta di 41 missioni dal 1960 al 2018. L’ultima in ordine di tempo è InSight, finanziata dalla NASA (l’ente spaziale degli Stati Uniti). La missione ha permesso il 26 maggio 2018 di far atterrare su Marte una sonda dotata di trapano e sismografo per poter studiare la composizione della roccia del «pianeta rosso».
Lavora sul testo
1. Come ha avuto origine l’Universo?
2. Completa la tabella con le informazioni corrette.
Pianeti interni
Pianeti esterni
Competenze digitali
3. Scrivi un breve testo al computer per spiegare come la Terra e la Luna si influenzano a vicenda.
La Terra non è immobile ma compie due importanti movimenti: quello di rotazione attorno al proprio asse e quello di rivoluzione intorno al Sole.
La rivoluzione intorno al Sole
L’inclinazione di 23° 27’ dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita di rivoluzione determina sia l’alternarsi delle stagioni, che sono i quattro periodi in cui si divide l’anno solare, sia il fatto che in un dato luogo del pianeta il giorno non dura mai quanto la notte (tranne durante gli equinozi) e varia mano a mano che ci si sposta dall’Equatore verso i Poli.
L’alternarsi del giorno e della notte durante il movimento di rotazione della Terra. La linea immaginaria che separa la zona illuminata dal Sole da quella buia si chiama circolo di illuminazione
Superficie ideale matematica della Terra, perpendicolare in ogni punto alla forza di gravità.
Inverno
L’inclinazione dei raggi solari rispetto alla superficie terrestre durante i solstizi e gli equinozi.
Solstizio d’estate
Durante l’anno, nel corso della sua orbita attorno al Sole, la Terra occupa quattro posizioni particolari:
• solstizio d’estate (20 o 21 giugno), quando nell’Emisfero boreale inizia l’estate, mentre in quello australe comincia l’inverno. I raggi del Sole giungono perpendicolari sul Tropico del Cancro, determinando il maggior numero di ore di luce, mentre sul Tropico del Capricorno sono molto obliqui, determinando il minor numero di ore di luce;
Equinozio
Equinozio d’autunno
Equinozio di primavera Tropico
L’alternarsi delle stagioni nel corso dell’anno solare.
Equinozio di primavera
• solstizio d’inverno (21 o 22 dicembre), quando i raggi del Sole giungono perpendicolari sul Tropico del Capricorno, riscaldando l’Emisfero boreale con la minima intensità e per la durata minore di tutto l’anno. Nell’Emisfero boreale è l’inizio dell’inverno, mentre nell’Emisfero australe inizia l’estate;
• equinozio di primavera (20-21 marzo), quando nell’Emisfero boreale comincia la primavera mentre in quello australe comincia l’autunno;
• equinozio d’autunno (22-23 settembre), quando nell’Emisfero boreale comincia l’autunno mentre in quello australe comincia la primavera. Il giorno degli equinozi i raggi del Sole giungono perpendicolari sulla linea dell’Equatore e diventano più obliqui mano a mano che si procede verso i Poli, sia nell’Emisfero boreale sia in quello australe. Il circolo di illuminazione passa esattamente per i Poli: per questo su tutto il pianeta le ore di luce durano esattamente quanto quelle di buio.
PERCHÉ ESISTE L’ANNO BISESTILE?
Tra anno solare e anno civile, cioè quello definito dal calendario, c’è una differenza: quello solare è più lungo di circa 6 ore all’anno. Per colmare questa differenza, che porterebbe a uno spostamento delle stagioni nell’arco del tempo (per esempio l’equinozio di primavera passerebbe dal 21 marzo ad aprile, poi in maggio, in giugno e così via), si è definito che, ogni quattro anni , vi è un anno civile di 366 giorni, chiamato anno bisestile, in cui febbraio ha 29 giorni anziché 28.
Lavora sul testo
1. Che cosa indica il perielio?
2. Che cosa si vuole indicare, invece, con afelio?
3. Che cosa indicano l’equinozio di primavera e l’equinozio d’autunno?
La Terra è composta dalla crosta terrestre all’esterno, dal mantello e da un nucleo centrale, a sua volta suddivisibile in nucleo esterno e interno.
Il nostro pianeta ha una struttura a sfere concentriche, composte da diverso materiale.
• La crosta terrestre è lo strato più esterno: comprende i continenti e i fondali oceanici e ha uno spessore che va da un minimo di 5 km a un massimo di 70-80 km. È formata da rocce leggere, soprattutto silicio e alluminio.
• Il mantello, situato sotto la crosta, è spesso circa 2 900 km ed è composto da rocce più pesanti, fuse da un calore che supera i 1 000 °C; prevalgono minerali di silicio e magnesio. La parte più solida del mantello e la crosta terrestre costituiscono la litosfera, ovvero lo strato roccioso del pianeta.
• Il nucleo è la parte più interna della Terra e si estende con uno spessore di circa 3 000 km fino al centro del pianeta. È costituito in gran parte da nichel e ferro ed è suddiviso in nucleo esterno (zona allo stato liquido) e in nucleo interno (zona allo stato solido).
L’atmosfera è lo strato di gas che avvolge la Terra e che non si disperde grazie alla forza di gravità.
L’atmosfera rende possibile la vita perché protegge la superficie terrestre dall’ambiente inospitale dello spazio, bloccando buona parte delle radiazioni solari e regolando le temperature sulla superficie. Ciò avviene anche grazie al fenomeno dell’effetto serra, attraverso il quale alcune molecole presenti nell’atmosfera riescono a trattenere e a riflettere verso il suolo il calore emesso dalla superficie.
L’idrosfera è l’insieme di tutte le acque presenti sulla Terra, non solo allo stato liquido (oceani, mari, fiumi, laghi), ma anche solido (ghiacci) e gassoso (vapore acqueo). Più del 70% della parte esterna del nostro pianeta è costituito da acqua. Tutte le forme di vita e gli ambienti naturali presenti sulla Terra costituiscono, invece, la biosfera La fascia del pianeta in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita (che si pensa sia nata sulla Terra almeno 3,5 miliardi di anni fa) include la litosfera, l’idrosfera e i primi strati dell’atmosfera, fino a un’altitudine di circa 10 km.
Il grafico illustra la composizione percentuale dell’atmosfera terrestre Oltre ad azoto, ossigeno, argon, vi sono gas come il vapore acqueo, il biossido di carbonio, il neon, l’elio, il metano, l’idrogeno, il kripton, lo xeno e l’ozono. Il vapore acqueo si trova quasi esclusivamente nella troposfera; l’ozono è presente nella stratosfera; l’elio e l’idrogeno sono in massima parte nella termosfera e nell’esosfera.
Esosfera 2000 km
Termosfera 500 km
Se si osserva la Terra dallo spazio risulta prevalente il colore blu, perché circa i tre quarti della sua superficie sono occupati dalle acque, in particolare quelle salate di oceani e mari.
L’atmosfera è formata da vari strati: la troposfera, la stratosfera, la mesosfera, la termosfera e l’esosfera. Nella stratosfera, a un’altitudine di circa 25 km, si trova uno strato di ozono (ozonosfera) che protegge le forme di vita dai raggi ultravioletti del Sole. Le stazioni spaziali, che si trovano nella termosfera oltre i 300 km di altitudine, ospitano un equipaggio in orbita per lunghi periodi, con scopi di ricerca scientifica.
Mesosfera 80 km
Stratosfera 50 km
Troposfera 15 km
Lavora sul testo
1. Quali sono gli elementi che compongono i diversi strati della Terra?
2. Quali sono i vari strati che costituiscono l’atmosfera terrestre?
3. Che cos’è l’idrosfera?
4. Che cos’è la biosfera?
Attorno al nostro pianeta, a un’altezza di circa 400 km dalla superficie terrestre, orbita la Stazione Spaziale Internazionale, nota anche con il nome di ISS (acronimo dell’inglese International Space Station), che al momento rappresenta la più grande struttura costruita dall’uomo nello spazio. Già, perché la Stazione Spaziale Internazionale è stata assemblata nello spazio come se fosse un gigantesco puzzle… A oggi, infatti, non esistono razzi in grado di trasportare fuori dall’atmosfera terrestre una struttura delle dimensioni dell’ISS, il cui peso supera i 400 megagrammi. Per questo motivo, tra il 1998 e il 2011, i diversi pezzi (un centinaio circa) che costituiscono l’ISS sono stati trasportati nello spazio da ben 41 viaggi spaziali!
Come indicato dall’aggettivo internazionale presente nel nome della stazione, l’ISS è il frutto della collaborazione di 5 Agenzie spaziali (la statunitense NASA, l’europea ESA, la giapponese JAXA, la canadese CSA-ASC e la russa RKA) e di ben 15 Paesi: Stati Uniti, Russia, Canada, Giappone, Regno Unito, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera. Umberto Guidoni, astrofisico e astronauta italiano e primo europeo a entrare nella Stazione Spaziale Internazionale, ha descritto l’ISS come «una grande
farfalla dal corpo argentato e dalle ali dorate»: essa è infatti formata da tre grandi moduli che costituiscono un ampio laboratorio in cui possono vivere e lavorare 13 persone (in generale però l’equipaggio è formato da 6 persone).
I moduli sono sormontati da una struttura dotata di diversi pannelli solari, che servono a fornire energia elettrica alla stazione, e da alcune piattaforme esterne che servono agli astronauti per compiere esperimenti e lavori di manutenzione.
Il suo obiettivo, come è stato definito dalla NASA, è quello di sviluppare e testare tecnologie per l’esplorazione spaziale, acquisire esperienze operative per voli spaziali di lunga durata, nonché servire come un laboratorio di ricerca: gli equipaggi conducono esperimenti di biologia, chimica, medicina, fisiologia, fisica e compiono osservazioni astronomiche e meteorologiche.
La Stazione Spaziale Internazionale viaggia a una velocità media di 27 600 km/h e compie più di 15 orbite attorno alla Terra ogni giorno. Se viaggiasse a una velocità superiore, si staccherebbe definitivamente dall’atmosfera e si perderebbe nello spazio; se invece la sua velocità fosse inferiore, essa verrebbe attratta dalla forza di gravità terrestre e si schianterebbe al suolo.
Dimensioni: 100 metri in lunghezza e 80 in larghezza. Peso: circa 400 megagrammi.
L’ISS è grande all’incirca come un campo da calcio e pesa due volte tanto una nave da crociera di grandi dimensioni.
Estensione totale dei pannelli solari: 72,8 metri
Numero di «passeggiate spaziali» necessarie per assemblare i pezzi della Stazione Spaziale Internazionale: 160
Da alcuni anni a questa parte si è tornato a parlare della possibilità di organizzare spedizioni spaziali non solo per riportare l’uomo sulla Luna, ma anche per tentare di raggiungere Marte. Oltre alla NASA e alle principali agenzie spaziali, anche alcuni privati cittadini come il miliardario Elon Musk stanno lavorando a progetti per organizzare viaggi spaziali in grado di raggiungere il pianeta rosso. Condividete su Classroom le infomazioni che riuscite a trovare in internet su questi progetti, tentando di definire obiettivi, problemi e difficoltà di una missione spaziale su Marte. Terminata la ricerca, in classe discutete dell’argomento, quindi, tutti assieme, realizzate un PowerPoint o un breve video per spiegare quando e come l’uomo potrà raggiungere Marte.
Computer di bordo presenti sulla Stazione Spaziale Internazionale: 52La Terra è in continua mutazione: la sua trasformazione geologica è iniziata milioni di anni fa e ancora oggi è in atto in modo a volte lento, a volte improvviso e veloce.
Per spiegare i cambiamenti della superficie della Terra, il meteorologo tedesco Alfred Wegener introdusse nel 1912 la teoria della deriva dei continenti, secondo la quale la crosta terrestre era composta da diverse placche, o zolle, di varie dimensioni, che galleggiavano su uno strato di materiale parzialmente fuso (magma). Le placche, originariamente unite in un corpo unico, si sarebbero distaccate, andando lentamente alla deriva e causando la formazione delle attuali masse continentali. Il movimento delle placche, infatti, è all’origine del processo di orogenesi, cioè della formazione delle montagne, e della creazione di faglie, cioè di spaccature della superficie della Terra.
La teoria di Wegener non dava però una spiegazione convincente della causa del movimento dei continenti. A partire dal 1960, alcuni scienziati scoprirono l’esistenza sul fondo degli oceani di lunghissime fratture, dette dorsali oceaniche, che coincidono con i confini dei continenti.
I bordi di queste fratture oceaniche, infatti, si allontanano di qualche centimetro ogni anno, e da esse fuoriesce lava sottomarina, che si solidifica al contatto con l’acqua e forma nuovo fondale marino. La fuoriuscita del magma crea continuamente nuova crosta oceanica, dando vita al fenomeno conosciuto come espansione del fondo marino.
La scoperta dell’espansione dei fondi oceanici fornì la spiegazione della teoria di Wegener: i continenti si spostano insieme alle placche del fondo marino in espansione a cui sono agganciati. Ai bordi dell’Oceano Pacifico, i fondali marini in espansione vengono a scontrarsi con le placche continentali, che si piegano così verso il basso e slittano al di sotto dei continenti.
Secondo Wegener, 200 milioni di anni fa vi era un unico blocco continentale, la Pangea, circondato da un unico oceano, la Panthalassa (1). Poi la Pangea si suddivise in due grandi continenti, a nord la Laurasia e a sud la Gondwana (2). Tra le due Americhe e l’Africa iniziò ad aprirsi l’Atlantico settentrionale e una grande isola, l’India, si staccò dall’Antartide (3). Si aprì in seguito anche l’Atlantico meridionale, Africa e America del Sud si allontanarono lentamente e l’India continuò il suo moto verso nord-est (4). Le masse continentali assunsero infine gli attuali profili (5).
Placca caraibica
La maggior parte dei vulcani attivi è dislocata lungo le linee di frattura delle zolle terrestri. Ne è prova la cosiddetta cintura di fuoco, ossia la linea di vulcani che circonda tutto l’Oceano Pacifico. Negli ultimi due secoli vi sono state molte eruzioni rovinose, come quella del vulcano Krakatoa (nel 1883), che distrusse l’isola indonesiana di Rakata. Le eruzioni vulcaniche sono spesso accompagnate dai terremoti, che possono avere luogo anche senza eruzione, perché la lava si muove attraverso le rocce, le spacca e produce un sommovimento del suolo. Se un terremoto è localizzato sui fondali marini, il movimento della Terra scuote la massa d’acqua marina, dando origine a un maremoto o tsunami, un’onda gigantesca che investe le coste adiacenti al sisma.
Circa l’80% dei terremoti che avvengono sulla Terra si verificano lungo la cintura di fuoco dell’Oceano Pacifico. Uno dei più recenti e disastrosi, l’11 marzo 2011, provocò uno tsunami con onde alte oltre dieci metri che devastò la costa nord-est del Giappone, in particolare la città di Sendai. La catastrofe causò oltre 19 000 vittime e provocò un disastro ambientale poiché danneggiò la centrale energetica nucleare di Fukushima.
Orogenesi
Placca indoaustraliana
confini delle placche
movimento delle zolle
archi vulcanici e vulcani attivi aree sismiche
Placca delle
Filippine
Placca del
Sprofondamento
L’orogenesi indica il processo di formazione delle catene montuose, che avviene in milioni di anni e la cui causa principale è il movimento costante delle placche. Quando due zolle si incontrano e una scorre sotto l’altra (processo di subduzione), crea un abisso profondo, formando una fossa oceanica. Quando le zolle si allontanano, invece, si forma una dorsale oceanica.
Lavora sul testo
1. Quando e da chi venne elaborata la teoria della deriva dei continenti?
2. Che cosa spiega la teoria della tettonica a placche?
3. Perché la scoperta delle dorsali oceaniche ha confermato la teoria di Wegener?
Lavora sull’immagine
4. In seguito a quali movimenti si creano le dorsali e le fosse oceaniche?
I continenti sono masse di terre emerse continue, non interrotte dal mare. Sono circondati dagli oceani
La suddivisione in continenti delle terre emerse dipende dalla classificazione adottata dai geografi. Secondo alcuni, i continenti del pianeta sono 7, secondo altri 6, 5 o addirittura 4
Se si decide di adottare una convenzione che distingue come continenti indipendenti due masse di terra fisicamente congiunte (come Europa e Asia), l’unione di queste masse viene chiamata supercontinente. In questo senso vengono in genere indicati come supercontinenti l’Eurasia e le Americhe. Tra i diversi modelli di suddivisione delle terre emerse, i più comuni sono:
• 7 continenti: Africa, America meridionale, America settentrionale, Antartide, Asia, Europa, Oceania;
• 6 continenti: Africa, Americhe, Antartide, Asia, Europa, Oceania, oppure Africa, America meridionale, America settentrionale, Antartide, Eurasia, Oceania;
• 5 continenti: Africa, Americhe, Europa, Asia, Oceania, oppure Africa, Americhe, Antartide, Eurasia, Oceania;
• 4 continenti: Americhe, Antartide, Eurafrasia (Eurasia e Africa), Oceania.
In questo corso seguiremo il primo dei due modelli a 6 continenti, ovvero: Europa, Asia, Africa, Americhe, Oceania, Antartide
Il continente più vasto del mondo è l’Asia (45 088 618 km2), che occupa circa un terzo delle terre emerse.
Il continente con una superficie emersa meno estesa è l’Oceania (8 526 270 km2). Tuttavia la vastità dell’area dell’Oceania si amplia notevolmente se si considera la superficie dell’Oceano Pacifico: infatti il continente comprende l’Australia, la Nuova Zelanda ma anche 11 Stati e 17 territori dipendenti da Paesi di altri continenti costituiti da arcipelaghi e piccole isole.
La Russia (17 125 300 km2) è il Paese più vasto del mondo. Supera quasi del doppio il Canada (9 897 170 km²) e la Cina (9 572 900 km²).
L’isola più grande del mondo è la Groenlandia (2 166 086 km2): è situata geograficamente nel continente americano, tra Islanda e Canada, ma appartiene alla Danimarca. È coperta dalla più vasta calotta glaciale dell’Emisfero boreale.
Lavora sul testo
1. Quanti sono i continenti? Esiste una sola classificazione? Descrivi i diversi criteri adottati.
2. Qual è il continente più esteso? E quello meno esteso?
Lavora sulla carta
3. Individua i continenti ed elencali dal più esteso al più piccolo.
La superficie del pianeta è per circa tre quarti coperta d’acqua o di ghiaccio. La distribuzione degli oceani sulla Terra è diversificata: circa l’80% dell’Emisfero australe è coperto da mari, mentre solo il 60% di quello boreale è sommerso.
Secondo gli studiosi gli oceani si sarebbero formati circa 4,5 miliardi di anni fa, quando una grande quantità di vapore acqueo, presente nella densa atmosfera primordiale, si condensò a causa di un abbassamento della temperatura superficiale del pianeta e caddero le prime piogge. Da allora l’acqua piovana cominciò ad accumularsi e a mantenersi stabilmente nelle ampie aree della superficie terrestre che presentavano avvallamenti e depressioni.
Il 97% dell’acqua terrestre è salata: si ha quindi solo un 3% di acqua dolce. I ghiacci delle calotte polari costituiscono la maggiore riserva d’acqua dolce del pianeta.
L’insieme delle acque salate della Terra è suddiviso in numerosi mari e cinque oceani:
• il Pacifico è il più esteso (168 723 000 km2);
• l’Atlantico (85 133 000 km2);
• l’Indiano (70 560 000 km2);
• l’Antartico (21 960 000 km2);
• il Mar Glaciale Artico è il più piccolo (15 558 000 km2). Gli oceani sono profondi in media circa 3 300 m. Il punto più profondo del pianeta è la Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico a est delle Filippine, dove si scende fino a –10 898 m. L’Oceano Atlantico raggiunge la massima profondità di –8 605 m nella Fossa di Puerto Rico. Il punto più basso dell’Oceano Indiano è la Fossa di Giava, che raggiunge –7 450 m.
Lavora sul testo
1. Come si sono formati gli oceani? A quale periodo risale tale fenomeno?
Lavora sulla carta
2. Localizza sulla carta i cinque oceani del pianeta.
Fino alla fine del XIX secolo le conoscenze sugli oceani erano molto limitate: si pensava che le profondità oceaniche fossero prive di vita, che il fondo del mare fosse piatto e che avesse la stessa età dei continenti. Poco dopo il 1870, la motonave Challenger salpò dall’Inghilterra e girò il mondo per misurare la profondità degli oceani Atlantico, Pacifico, Indiano e Artico. Per la prima volta, gli scienziati ebbero una sia pur approssimativa idea dei contorni dei fondali oceanici, poterono osservare esemplari di piante e animali e rilevare le differenze di temperatura e di salinità. Le fredde e scure acque e l’elevata pressione non consentirono tuttavia di scoprire i segreti degli abissi più profondi. Nel 1960 J. Piccard e D. Walsh pilotarono il batiscafo T rieste fino al punto più profondo della crosta terrestre, a 11 km sotto il livello del mare, nella Fossa delle Marianne. Oggi gli scienziati hanno superato molte delle sfide delle profondità del mare grazie all’uso di sofisticati strumenti. In particolare l’ecoscandaglio fornisce informazioni sulla profondità, sulla temperatura dell’acqua, sulla presenza di fauna e sul tipo di fondale. Questo strumento invia un’onda sonora verso il fondale: quando l’onda incontra il fondale o un pesce rimbalza e ritorna al trasmettitore. Il computer analizza quindi i dati raccolti per fornire una mappa del mondo sommerso.
La massa d’acqua degli oceani è in continuo movimento a causa delle correnti, veri e propri fiumi marini che spostano immense masse d’acqua. Le correnti superficiali, causate dall’azione del vento sulla superficie del mare, si combinano con quelle profonde che sono originate dalla rotazione della Terra.
Nell’Oceano Pacifico del nord, tra Stati Uniti e Hawaii, si estende un’isola composta da rifiuti e oggetti di plastica grande come la Penisola Iberica. Altre isole simili, di grandi dimensioni, si trovano sparse per gli oceani. Queste enormi chiazze di plastica che galleggiano sui nostri mari mostrano in maniera evidente uno dei problemi principali che la nostra società deve affrontare: l’inquinamento marino rappresenta infatti un pericolo non solo per animali e piante che vivono negli oceani, ma anche per l’uomo.
Nel 1997, nel tratto dell’Oceano Pacifico compreso tra la California e le Isole Hawaii, è stata individuata una nuova «isola» fino ad allora sconosciuta ai geografi: non si trattava purtroppo di un lembo di terra sorto in mezzo all’oceano all’improvviso per cause geologiche, ma di un’ immensa discarica di plastica e rifiuti che, trasportati dalle correnti marine, hanno nel corso degli anni formato un’isola di plastica di dimensioni enormi che galleggia sul mare come un iceberg alla deriva. Da qui il nome inglese Great Pacific Garbage Patch, che alla lettera può essere tradotto con «grande chiazza di spazzatura del Pacifico».
Purtroppo la Great Pacific Garbage Patch non è l’unica chiazza di plastica di grandi dimensioni che fluttua nei nostri mari: gli studiosi hanno infatti individuato altre cinque «isole» di dimensioni più piccole, ma pur sempre importanti, sparse per gli oceani del pianeta. Ciò è dovuto al fatto che ogni anno nei nostri mari finiscono all’incirca 8 milioni di megagrammi di rifiuti, molti dei quali sono costituiti appunto dalla plastica, un materiale che, una volta in acqua, non si decompone ma si frammenta in pezzi sempre più piccoli e impiegando tempi molto lunghi.
È possibile immaginare un mondo senza plastica? Al di là dei problemi tecnici, legati al modo di sostituire la plastica con altri materiali più sostenibili dal punto di vista ambientale, questa domanda ha aperto un dibattito tra chi sostiene che l’unica via per salvare l’ambiente è quella di studiare soluzioni per smettere completamente di usare la plastica, e chi invece è contrario a queste posizioni e giudica che la plastica debba continuare a essere usata, con le giuste attenzioni. Svolgete una ricerca e cercate di approfondire questo argomento, quindi organizzate una discussione in classe.
OBIETTIVO 14: La vita sott’acqua. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
Da alcuni anni a questa parte, scienziati, politici e attivisti si sono messi in moto per ridurre l’inquinamento di mari e oceani. Oltre a politiche mirate a limitare la quantità di rifiuti che ogni anno termina in acqua, sono così nati progetti che si occupano di recuperare la plastica presente nei mari e smaltirla. Nel giugno del 2020, per esempio, la missione scientifica Kaisei ha raccolto più di 100 megagrammi di rifiuti che compongono la Great Pacific Garbage Patch. Certo, si tratta di una porzione minuscola dell’enorme isola, ma è comunque un buon segnale. Se nei prossimi anni le due misure appena descritte (riduzione dell’inquinamento delle acque e smaltimento dei rifiuti presenti negli oceani) saranno ulteriormente potenziate, si riuscirà quantomeno a ridurre sensibilmente il problema delle plastiche negli oceani.
La grande quantità di plastica che si riversa ogni anno nei mari e negli oceani rappresenta un pericolo per la flora e la fauna marine. Secondo le stime riportate dal WWF, ogni anno un milione e mezzo di animali che vivono nei mari (pesci, tartarughe, ma anche uccelli) muoiono a causa della plastica, perché la mangiano o perché vi rimangono impigliati. Inoltre, i frammenti microscopici di plastica si confondono con il plancton, le microparticelle alla base della catena alimentare marina. In questo modo, di fatto, la plastica che finisce in mare ritorna sulle nostre tavole , presente nei pesci che si cibano di animali più piccoli che si nutrono di plancton. Da quanto appena detto, appare evidente che ridurre la quantità dei rifiuti che finiscono nei mari è una sfida centrale della nostra epoca. Proprio per questo motivo, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile mira, con l’obiettivo 14, a salvaguardare la vita sott’acqua. Prendersi cura della salute degli oceani significa infatti non solo salvare piante e animali che vi vivono, ma anche migliorare la nostra qualità della vita.
Per ridurre la quantità di rifiuti di plastica che ogni anno finiscono in mare sono due le azioni che tutti noi possiamo fare: la prima è quella di riciclare attentamente gli oggetti di plastica che non usiamo più; ancora più importante, tuttavia, è limitarne l’uso allo stretto necessario.
La plastica è usata spesso per la conservazione dei cibi: con l’aiuto dell’insegnante, fate una ricerca su questo tema, concentrandovi in particolare sul tema delle plastiche monouso e cercando di individuare alcune strategie per conservare correttamente gli alimenti usando materiali e tecniche che non prevedano l’uso della plastica. Una volta terminata la ricerca, organizzate le informazioni raccolte in uno schema da mostrare ai vostri familiari per sensibilizzarli sulla questione.
La mappa mostra la posizione della Great Pacific Garbage Patch e il livello di concentrazione dei rifiuti.Le terre emerse sono occupate dai continenti: in gran parte sono costituite dai rilievi di montagne e colline, per la restante parte dalle pianure. Sulle terre emerse sono inoltre presenti fiumi e laghi
La maggior parte delle terre emerse è costituita da montagne e colline. Le principali catene montuose si sono formate in seguito al sollevamento della crosta terrestre:
• l’Himalaya (con le vette più alte della Terra), il Karakorum, il Kunlun, il Tien Shan e il Caucaso in Asia;
• le Alpi e gli Urali (al confine con l’Asia) in Europa;
• le Montagne Rocciose in America del Nord;
• la Cordigliera delle Ande in America del Sud;
• l’Atlante in Africa, dove sono presenti molti altopiani
Circa un terzo delle terre emerse è costituito dalle pianure, che hanno in gran parte un’origine alluvionale, ovvero derivano dall’accumulo dei detriti depositati dai fiumi. Nell’America del Nord si estendono le Grandi Pianure, a est delle Montagne Rocciose, che comunicano con il Bassopiano del Mississippi. Nell’America del Sud, le pianure più estese sono l’Amazzonia e la regione a est delle Ande, la Pampa. In Europa e in Asia si estende un’immensa pianura che da ovest a est attraversa i due continenti e comprende il Bassopiano Germanico, il Bassopiano Sarmatico e il Bassopiano Siberiano.
I fiumi più importanti al mondo per lunghezza e per estensione del bacino idrografico sono il Rio delle Amazzoni, il Mississippi, il Congo e il Nilo, che si trovano rispettivamente nel continente americano e in quello africano. Tuttavia, il continente che ha il maggior numero di grandi fiumi è quello asiatico (Indo, Gange, Yangtze, Huang-He, Enisej, Lena, Amur, Ob).
Territorio pianeggiante situato a un’altezza di oltre 300 metri sul livello del mare.
Bacino idrografico
Detto anche bacino fluviale, indica l’area attraversata da un fiume principale e da tutti i suoi affluenti.
Al confine tra il Tibet (Cina) e il Nepal, si trova il Monte Everest (8 848 m), il più alto del mondo. Fa parte della catena montuosa dell’Himalaya, che presenta numerose cime che superano i 7 000 m e sono in gran parte ricoperte da nevi perenni.
Con una superficie di 371 000 km2, il Mar Caspio è la più estesa massa di acqua chiusa del pianeta. Negli ultimi 20 anni il livello del Mar Caspio è sceso di circa un metro e mezzo per l’eccessiva evaporazione. La prima conseguenza è la riduzione della navigabilità, tanto che numerosi sono i «cimiteri» di navi abbandonate e inservibili.
G r an di
P i anur e
Montagne Rocciose
B a s s o pi an o de l M is s is s ip pi
M o n t i A p p al a c hi Atlante
P i anur a A m a z zo nic a
M ar G
B a s s o pi an o
G e r m anic o
C o r diglie r a d e lle A n d e
G r an C h a c o
P am p a
I raggruppamenti maggiori di laghi si trovano in America settentrionale e nell’Africa centrale: in entrambi questi continenti esiste infatti una regione detta dei Grandi Laghi. La più grande massa d’acqua chiusa della Terra è il Mar Caspio, nel continente asiatico: la sua acqua è salata ma a discapito del nome è considerato un lago, in quanto non ha nessun collegamento con l’oceano. In Asia si trova anche il mare più salato: il Mar Morto
La superficie del Mar Morto, un bacino lacustre al confine tra Giordania e Israele, si trova a 413 m sotto il livello del mare e la sua massima profondità raggiunge circa 800 m. A causa dell’elevata evaporazione dovuta al clima caldo e secco, la salinità del Mar Morto è elevatissima, quasi 10 volte quella dei mari. Per questa caratteristica non è possibile immergersi nelle sue acque, poiché i corpi galleggiano.
L’Africa orientale è solcata dalla Rift Valley , una profonda spaccatura lunga 5 000 km che è stata riempita dalle acque di numerosi laghi, lunghi e profondi come il Malawi, il Tanganica e l’Edoardo. Questa frattura, originata 6 milioni di anni fa dal movimento delle placche terrestri, è destinata ad allargarsi finché una zolla si staccherà dal continente africano.
A lpi
B a c in o de l C ong o
Mo n t a gn e
Mo n t i de i D r a ghi
Ur ali Caucaso
B a s s o pi an o S ib e r i an o B a s s o pi an o S ar m a t ic o
K unlun T ie n S h an
K ar ak o r um
C a t en e Ir ani an e Him al ay a
P i anur a del Gange
O ce an o
A c r o c o r o Et io pic o
O ce an o In di an o
ESERCIZI
Lavora sulla carta
G r and e C a t e n a D iv is o r i a
Il clima è l’insieme delle condizioni atmosferiche che si succedono in una determinata regione della Terra durante un lungo periodo (20 o 30 anni).
Il clima determina il tipo di ambiente naturale presente nell’area, detto anche bioma
Le condizioni atmosferiche del nostro pianeta sono determinate da fattori cosmici (i movimenti di rivoluzione e rotazione della Terra e la durata e l’incidenza dell’illuminazione solare) e da fattori geografici (la latitudine, l’altitudine e la vicinanza del mare).
Le differenze climatiche determinano tre grandi zone o fasce terrestri:
• la zona intertropicale o torrida, che si sviluppa intorno all’Equatore ed è compresa tra il Tropico del Cancro a nord e il Tropico del Capricorno a sud. In questa fascia si registrano le temperature più alte del pianeta, perché i raggi del Sole colpiscono il suolo quasi in modo perpendicolare;
• le zone temperate, che si dividono in boreale, nell’emisfero nord, tra il Tropico del Cancro e il Circolo polare artico, e australe, nell’emisfero sud, tra il Tropico del Capricorno e il Circolo polare antartico. La temperatura qui è più moderata perché i raggi del Sole sono obliqui rispetto al suolo a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre;
• le due zone polari, che vanno rispettivamente dal Circolo polare artico al Polo Nord e dal Circolo polare antartico al Polo Sud. Queste terre registrano le temperature più basse del pianeta, perché in alcuni periodi dell’anno non sono illuminate dal Sole e, anche quando lo sono, i raggi solari non scaldano a sufficienza in quanto colpiscono obliquamente il suolo.
Fasce climatiche
fascia torrida
fasce temperate fasce polari
Biomi
Tropico del Cancro
Equatore
area dei ghiacci
tundra
taiga
foresta di latifoglie
prateria e steppa
foresta pluviale
giungla
macchia mediterranea
deserto
deserto freddo
savana
Circolo polare antartico
Tropico del Capricorno
Zona polare (artica)
Zona temperata (boreale)
Zona torrida (intertropicale)
Zona temperata (australe)
Zona polare (antartica)
L’ambiente naturale è un sistema complesso di relazioni tra flora e fauna, ossia tra vita vegetale e vita animale. Numerosi sono i fattori che influenzano un ambiente, favorendone la vita oppure ostacolandola; tra questi il più determinante è il clima.
In base alle zone climatiche possiamo distinguere diversi ambienti:
• ambienti della zona intertropicale (foresta pluviale, giungla, savana, deserto caldo);
• ambienti delle zone temperate (foresta di latifoglie, prateria, steppa, macchia mediterranea, deserto freddo);
• ambienti delle zone polari (taiga, tundra, ghiacci).
Gli ambienti naturali vengono propriamente definiti biomi, ossia il complesso degli ecosistemi di una particolare area geografica del pianeta, definiti in base al tipo di vegetazione dominante.
Lavora sulla carta
1. Osserva la carta e indica quali ambienti sono presenti nelle seguenti zone climatiche della Terra.
• Zona torrida:
• Zona temperata:
• Zona polare:
Nella fascia intertropicale o torrida, compresa fra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno, si estendono le regioni più calde del globo, tra le meno favorevoli all’insediamento umano. In quest’area si trovano ambienti con caratteristiche profondamente diverse, da quelli umidi a quelli più aridi
Nell’area dell’Equatore il riscaldamento della superficie terrestre è uniforme per tutto l’anno perciò esiste una sola stagione, caratterizzata da piogge abbondanti, da un’umidità elevatissima e da una temperatura costante intorno ai 30 °C. Si tratta di condizioni molto propizie alla vita vegetale, che hanno favorito lo sviluppo delle foreste pluviali o equatoriali, le più ricche di diversità vegetale della Terra. La foresta pluviale, infatti, è formata da centinaia di specie vegetali, sempreverdi, che crescono a un ritmo molto rapido e con una stratificazione verticale a fasce sovrapposte: esemplari isolati che raggiungono gli 80 m spuntano dalla volta della foresta; più sotto crescono alberi alti tra i 20 e i 40 m e, a un livello ancora inferiore, arbusti e un fitto sottobosco buio e umido di felci, cespugli, erbe e liane che si attorcigliano ai tronchi e ai rami degli alberi, rendendo la foresta quasi impenetrabile.
In un simile ambiente gli animali di grandi dimensioni non possono vivere perché non riuscirebbero a muoversi, ma la fauna di piccola taglia è molto varia e numerosissima. Dominano gli insetti di ogni specie, gli uccelli, le scimmie, i serpenti e i coccodrilli. Gli insediamenti umani sono limitati a poche tribù indigene che hanno mantenuto uno stile di vita molto primitivo.
Questa coltre vegetale compatta copre i più vasti bacini idrografici del pianeta: il Rio delle Amazzoni e l’Orinoco in Sud America, il Congo, il Niger e lo Zambesi in Africa; in Asia la foresta pluviale ricopre gran parte delle isole dell’Indonesia.
Sempreverde
Detto di pianta che conserva le foglie tutto l’anno.
Strato emergente (alberi ad alto fusto)
Nell’Asia meridionale e orientale spirano venti periodici chiamati monsoni. In estate, la stagione delle piogge, soffiano carichi di umidità dall’oceano verso terra, mentre in inverno spirano da terra verso l’oceano determinando un clima secco e arido.
La vegetazione caratteristica di queste zone è la giungla dove, a differenza della foresta pluviale, abbondano le piante che perdono le foglie d’inverno mentre sono rare le piante sempreverdi. Numerose sono le piante di alto fusto, che danno legno pregiato, e il bambù.
La foresta pluviale, così come la giungla, è spesso talmente ricca di piante da essere quasi inaccessibile
La caratteristica principale della foresta pluviale è la distribuzione di varie specie vegetali ad altezze differenti, secondo una stratificazione verticale
Tra i suoi grandi alberi e la sua caratteristica umidità, nella giungla si trova la più ricca biodiversità di fauna e flora sul nostro pianeta.
Lavora sul testo
1. Quali sono le caratteristiche della foresta pluviale?
2. Quali tipi di fauna vivono nella foresta pluviale?
3. Da cosa è caratterizzata la giungla?
Lavora sulla carta
4. Individua in quali regioni sono localizzate le foreste pluviali.
Nella fascia intertropicale, oltre agli ambienti umidi della foresta pluviale e della giungla, si trovano anche ambienti aridi, caratterizzati dalla savana e dal deserto caldo.
Allontanandosi dall’Equatore verso i tropici, la foresta digrada nella savana. In questo ambiente si alternano due stagioni, una secca e una piovosa, che hanno una durata variabile: le piogge possono durare anche cinque mesi nelle zone vicine all’Equatore, ma si riducono progressivamente avvicinandosi ai tropici.
Gli ampi spazi della savana sono l’habitat naturale dei grandi animali. Le specie più numerose sono quelle degli erbivori: zebre, gazzelle, giraffe, elefanti; questi animali sono prede di carnivori quali leoni, leopardi e ghepardi e dei cosiddetti «spazzini delle praterie», le iene, gli sciacalli e gli avvoltoi, che ripuliscono il territorio dai resti degli animali cacciati. Il paesaggio della savana è molto diversificato. In prossimità della foresta pluviale crescono ancora molti alberi (acacie, palme, baobab), ma allontanandosi dall’Equatore la savana arborata sfuma progressivamente nella savana erbosa, con erbe che possono superare anche i due metri di altezza e dalle quali emergono isolati alberi. Al confine con le zone desertiche la vegetazione diventa rada e spinosa.
In biologia, insieme di condizioni fisiche e chimiche che caratterizzano un ambiente rendendolo idoneo agli esseri viventi.
La giraffa è il più alto mammifero terrestre perché può superare i 5 metri di altezza. Questo animale ha sviluppato di generazione in generazione un collo sempre più lungo per riuscire a raggiungere le piante più alte e quindi sopravvivere.
Alla latitudine dei tropici l’umidità è completamente assente, il cielo è sempre sereno e i raggi del Sole giungono al suolo senza essere filtrati dalle nuvole. Il terreno si riscalda rapidamente, ma altrettanto rapidamente si raffredda al tramonto del Sole perché il calore, in assenza di banchi nuvolosi, si disperde: siamo nel deserto caldo. Qui l’escursione termica diurna è forte, mentre le differenze stagionali sono molto limitate. Nei deserti caldi la scarsità d’acqua condiziona lo sviluppo della vegetazione, costituita da rari arbusti che crescono lontani l’uno dall’altro, perché le radici si allungano in profondità e in larghezza per raggiungere gli strati più umidi. Il rivestimento di queste piante è duro e spinoso per resistere all’irraggiamento solare e limitare la perdita di acqua. Gli animali in grado di adattarsi alle condizioni del deserto non sono numerosi: piccoli mammiferi, uccelli, insetti e rettili; essi si riparano dal calore in tane sotterranee da cui escono di notte per andare alla ricerca di cibo e di acqua.
Il baobab è un albero che si trova in Africa e in Australia. Per resistere alla siccità riesce a immagazzinare grandi quantità d’acqua all’interno del tronco
La Monument Valley, negli Stati Uniti occidentali, rappresenta un paesaggio modellato dall’erosione del vento. Nelle regioni aride il vento solleva granuli di sabbia che colpiscono le formazioni rocciose, creando i «funghi del deserto»: montagne ripide e scarne che si stagliano nella pianura. I profondi canyon sono in realtà di origine fluviale.
Lavora sul testo
1. Quali animali vivono nella savana? Quali nel deserto caldo?
2. Quali caratteristiche hanno sviluppato le piante per adattarsi al clima desertico?
3. Perché l’escursione termica diurna è molto elevata nel deserto? Lavora sulla carta
4. Individua in quali regioni sono localizzati la savana e i deserti caldi.
Gli ambienti temperati si estendono nell’Emisfero boreale e in quello australe. Essi costituiscono una vasta e variegata area che presenta alcuni aspetti comuni: quattro stagioni diverse tra loro, temperature moderate che garantiscono la crescita della vegetazione e precipitazioni distribuite durante tutto l’anno.
Negli ambienti temperati più ricchi di precipitazioni si estende la foresta di latifoglie (così detta perché caratterizzata da alberi con foglie larghe). Queste foreste sono molto diffuse in vaste aree d’Europa e dell’Asia, anche se la deforestazione le sta mettendo a rischio. Qui sono presenti sia piante caducifoglie (che perdono le foglie nelle stagioni fredde) sia sempreverdi (che mantengono le foglie tutto l’anno). Le piante più diffuse sono querce, faggi, pioppi, betulle, castagni; in montagna si trovano aghifoglie (cioè piante con foglie ad ago) come pini e abeti. In questo ambiente vivono mammiferi come orsi, lupi, cervi, daini, volpi e cinghiali.
Nelle regioni interne dei continenti, il clima è caratterizzato da scarsa piovosità e grandi escursioni termiche annuali che determinano estati calde e inverni freddi: è l’ambiente delle praterie e delle steppe.
Il nandù, molto diffuso in America meridionale (Brasile e Argentina), è un grande uccello non volatore simile allo struzzo. In genere vive in gruppi di 20 o 30 individui e percorre anche molti chilometri per procurarsi il cibo, costituito sia da vegetali (erba, semi, radici) sia da animali (insetti, piccoli uccelli, lucertole e serpenti).
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