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I continenti
I continenti sono masse di terre emerse continue, non interrotte dal mare. Sono circondati dagli oceani
Quanti sono i continenti?
La suddivisione in continenti delle terre emerse dipende dalla classificazione adottata dai geografi. Secondo alcuni, i continenti del pianeta sono 7, secondo altri 6, 5 o addirittura 4
Se si decide di adottare una convenzione che distingue come continenti indipendenti due masse di terra fisicamente congiunte (come Europa e Asia), l’unione di queste masse viene chiamata supercontinente. In questo senso vengono in genere indicati come supercontinenti l’Eurasia e le Americhe. Tra i diversi modelli di suddivisione delle terre emerse, i più comuni sono:
• 7 continenti: Africa, America meridionale, America settentrionale, Antartide, Asia, Europa, Oceania;
• 6 continenti: Africa, Americhe, Antartide, Asia, Europa, Oceania, oppure Africa, America meridionale, America settentrionale, Antartide, Eurasia, Oceania;
• 5 continenti: Africa, Americhe, Europa, Asia, Oceania, oppure Africa, Americhe, Antartide, Eurasia, Oceania;

• 4 continenti: Americhe, Antartide, Eurafrasia (Eurasia e Africa), Oceania.
In questo corso seguiremo il primo dei due modelli a 6 continenti, ovvero: Europa, Asia, Africa, Americhe, Oceania, Antartide
Il continente più vasto del mondo è l’Asia (45 088 618 km2), che occupa circa un terzo delle terre emerse.
Il continente con una superficie emersa meno estesa è l’Oceania (8 526 270 km2). Tuttavia la vastità dell’area dell’Oceania si amplia notevolmente se si considera la superficie dell’Oceano Pacifico: infatti il continente comprende l’Australia, la Nuova Zelanda ma anche 11 Stati e 17 territori dipendenti da Paesi di altri continenti costituiti da arcipelaghi e piccole isole.

La Russia (17 125 300 km2) è il Paese più vasto del mondo. Supera quasi del doppio il Canada (9 897 170 km²) e la Cina (9 572 900 km²).


L’isola più grande del mondo è la Groenlandia (2 166 086 km2): è situata geograficamente nel continente americano, tra Islanda e Canada, ma appartiene alla Danimarca. È coperta dalla più vasta calotta glaciale dell’Emisfero boreale.

Esercizi
Lavora sul testo
1. Quanti sono i continenti? Esiste una sola classificazione? Descrivi i diversi criteri adottati.
2. Qual è il continente più esteso? E quello meno esteso?
Lavora sulla carta
3. Individua i continenti ed elencali dal più esteso al più piccolo.
La superficie del pianeta è per circa tre quarti coperta d’acqua o di ghiaccio. La distribuzione degli oceani sulla Terra è diversificata: circa l’80% dell’Emisfero australe è coperto da mari, mentre solo il 60% di quello boreale è sommerso.

L’origine degli oceani
Secondo gli studiosi gli oceani si sarebbero formati circa 4,5 miliardi di anni fa, quando una grande quantità di vapore acqueo, presente nella densa atmosfera primordiale, si condensò a causa di un abbassamento della temperatura superficiale del pianeta e caddero le prime piogge. Da allora l’acqua piovana cominciò ad accumularsi e a mantenersi stabilmente nelle ampie aree della superficie terrestre che presentavano avvallamenti e depressioni.
Il 97% dell’acqua terrestre è salata: si ha quindi solo un 3% di acqua dolce. I ghiacci delle calotte polari costituiscono la maggiore riserva d’acqua dolce del pianeta.
Gli oceani
L’insieme delle acque salate della Terra è suddiviso in numerosi mari e cinque oceani:
• il Pacifico è il più esteso (168 723 000 km2);
• l’Atlantico (85 133 000 km2);
• l’Indiano (70 560 000 km2);
• l’Antartico (21 960 000 km2);
• il Mar Glaciale Artico è il più piccolo (15 558 000 km2). Gli oceani sono profondi in media circa 3 300 m. Il punto più profondo del pianeta è la Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico a est delle Filippine, dove si scende fino a –10 898 m. L’Oceano Atlantico raggiunge la massima profondità di –8 605 m nella Fossa di Puerto Rico. Il punto più basso dell’Oceano Indiano è la Fossa di Giava, che raggiunge –7 450 m.
Esercizi
Lavora sul testo
1. Come si sono formati gli oceani? A quale periodo risale tale fenomeno?
Lavora sulla carta
2. Localizza sulla carta i cinque oceani del pianeta.
L’ESPLORAZIONE DEGLI OCEANI
Fino alla fine del XIX secolo le conoscenze sugli oceani erano molto limitate: si pensava che le profondità oceaniche fossero prive di vita, che il fondo del mare fosse piatto e che avesse la stessa età dei continenti. Poco dopo il 1870, la motonave Challenger salpò dall’Inghilterra e girò il mondo per misurare la profondità degli oceani Atlantico, Pacifico, Indiano e Artico. Per la prima volta, gli scienziati ebbero una sia pur approssimativa idea dei contorni dei fondali oceanici, poterono osservare esemplari di piante e animali e rilevare le differenze di temperatura e di salinità. Le fredde e scure acque e l’elevata pressione non consentirono tuttavia di scoprire i segreti degli abissi più profondi. Nel 1960 J. Piccard e D. Walsh pilotarono il batiscafo T rieste fino al punto più profondo della crosta terrestre, a 11 km sotto il livello del mare, nella Fossa delle Marianne. Oggi gli scienziati hanno superato molte delle sfide delle profondità del mare grazie all’uso di sofisticati strumenti. In particolare l’ecoscandaglio fornisce informazioni sulla profondità, sulla temperatura dell’acqua, sulla presenza di fauna e sul tipo di fondale. Questo strumento invia un’onda sonora verso il fondale: quando l’onda incontra il fondale o un pesce rimbalza e ritorna al trasmettitore. Il computer analizza quindi i dati raccolti per fornire una mappa del mondo sommerso.
La massa d’acqua degli oceani è in continuo movimento a causa delle correnti, veri e propri fiumi marini che spostano immense masse d’acqua. Le correnti superficiali, causate dall’azione del vento sulla superficie del mare, si combinano con quelle profonde che sono originate dalla rotazione della Terra.


Un Mare Di Plastica
Nell’Oceano Pacifico del nord, tra Stati Uniti e Hawaii, si estende un’isola composta da rifiuti e oggetti di plastica grande come la Penisola Iberica. Altre isole simili, di grandi dimensioni, si trovano sparse per gli oceani. Queste enormi chiazze di plastica che galleggiano sui nostri mari mostrano in maniera evidente uno dei problemi principali che la nostra società deve affrontare: l’inquinamento marino rappresenta infatti un pericolo non solo per animali e piante che vivono negli oceani, ma anche per l’uomo.
Nel 1997, nel tratto dell’Oceano Pacifico compreso tra la California e le Isole Hawaii, è stata individuata una nuova «isola» fino ad allora sconosciuta ai geografi: non si trattava purtroppo di un lembo di terra sorto in mezzo all’oceano all’improvviso per cause geologiche, ma di un’ immensa discarica di plastica e rifiuti che, trasportati dalle correnti marine, hanno nel corso degli anni formato un’isola di plastica di dimensioni enormi che galleggia sul mare come un iceberg alla deriva. Da qui il nome inglese Great Pacific Garbage Patch, che alla lettera può essere tradotto con «grande chiazza di spazzatura del Pacifico».
Purtroppo la Great Pacific Garbage Patch non è l’unica chiazza di plastica di grandi dimensioni che fluttua nei nostri mari: gli studiosi hanno infatti individuato altre cinque «isole» di dimensioni più piccole, ma pur sempre importanti, sparse per gli oceani del pianeta. Ciò è dovuto al fatto che ogni anno nei nostri mari finiscono all’incirca 8 milioni di megagrammi di rifiuti, molti dei quali sono costituiti appunto dalla plastica, un materiale che, una volta in acqua, non si decompone ma si frammenta in pezzi sempre più piccoli e impiegando tempi molto lunghi.
Facciamo Un Dibattito
È possibile immaginare un mondo senza plastica? Al di là dei problemi tecnici, legati al modo di sostituire la plastica con altri materiali più sostenibili dal punto di vista ambientale, questa domanda ha aperto un dibattito tra chi sostiene che l’unica via per salvare l’ambiente è quella di studiare soluzioni per smettere completamente di usare la plastica, e chi invece è contrario a queste posizioni e giudica che la plastica debba continuare a essere usata, con le giuste attenzioni. Svolgete una ricerca e cercate di approfondire questo argomento, quindi organizzate una discussione in classe.

Una buona notizia!
Il recupero della plastica è iniziato
Da alcuni anni a questa parte, scienziati, politici e attivisti si sono messi in moto per ridurre l’inquinamento di mari e oceani. Oltre a politiche mirate a limitare la quantità di rifiuti che ogni anno termina in acqua, sono così nati progetti che si occupano di recuperare la plastica presente nei mari e smaltirla. Nel giugno del 2020, per esempio, la missione scientifica Kaisei ha raccolto più di 100 megagrammi di rifiuti che compongono la Great Pacific Garbage Patch. Certo, si tratta di una porzione minuscola dell’enorme isola, ma è comunque un buon segnale. Se nei prossimi anni le due misure appena descritte (riduzione dell’inquinamento delle acque e smaltimento dei rifiuti presenti negli oceani) saranno ulteriormente potenziate, si riuscirà quantomeno a ridurre sensibilmente il problema delle plastiche negli oceani.
FAI GOAL ANCHE TU!
La grande quantità di plastica che si riversa ogni anno nei mari e negli oceani rappresenta un pericolo per la flora e la fauna marine. Secondo le stime riportate dal WWF, ogni anno un milione e mezzo di animali che vivono nei mari (pesci, tartarughe, ma anche uccelli) muoiono a causa della plastica, perché la mangiano o perché vi rimangono impigliati. Inoltre, i frammenti microscopici di plastica si confondono con il plancton, le microparticelle alla base della catena alimentare marina. In questo modo, di fatto, la plastica che finisce in mare ritorna sulle nostre tavole , presente nei pesci che si cibano di animali più piccoli che si nutrono di plancton. Da quanto appena detto, appare evidente che ridurre la quantità dei rifiuti che finiscono nei mari è una sfida centrale della nostra epoca. Proprio per questo motivo, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile mira, con l’obiettivo 14, a salvaguardare la vita sott’acqua. Prendersi cura della salute degli oceani significa infatti non solo salvare piante e animali che vi vivono, ma anche migliorare la nostra qualità della vita.
Per ridurre la quantità di rifiuti di plastica che ogni anno finiscono in mare sono due le azioni che tutti noi possiamo fare: la prima è quella di riciclare attentamente gli oggetti di plastica che non usiamo più; ancora più importante, tuttavia, è limitarne l’uso allo stretto necessario.

La plastica è usata spesso per la conservazione dei cibi: con l’aiuto dell’insegnante, fate una ricerca su questo tema, concentrandovi in particolare sul tema delle plastiche monouso e cercando di individuare alcune strategie per conservare correttamente gli alimenti usando materiali e tecniche che non prevedano l’uso della plastica. Una volta terminata la ricerca, organizzate le informazioni raccolte in uno schema da mostrare ai vostri familiari per sensibilizzarli sulla questione.
