issue 06
palin
Capitano mio
capitano
di Filippo Polenchi Sprofonda dietro le palpebre delle serrande. Orchestra la disposizione degli oggetti sul laminato della cucina. Al mattino, la luce cromata che viene dalle tessere degli avvolgibili illustra il pentolino per il latte, la macchinetta del caffè, il barattolo di lavapiatti sul lavello. Dalle tendine di stoffa e punto-croce vede la piattaforma rialzata del Penny Market, la guglia di Fendi. Prende servizio al supermarket: veste con la divisa tecnica dell’azienda. Usa guanti da lavoro, il marsupio, ripone merce nei sarcofaghi refrigerati del banco-frigo. La sera percorre la strada fino oltre il capannone della Jolly Caffè, attraversa il ponte sul fiume. Qui è tutta proliferazione vegetale, scarto ibrido di linfa e macchina, talea cementizia dentro la muraglia delle acacie: è tutta pianta infestante, erbaccia schiumante. Da qui si accede, salendo sudici scalini, al casello autostradale. Di giorno la frontiera è spoglia, spazzata dal vento della diossina, perpetuamente grigia al passaggio delle auto e dei Tir. Di notte, invece, la barriera di luci mette paura: il transito dei fari fa la radiografia al cielo. Stella ha appuntamento con Luigi: è solo, negli uffici smerigliati del Punto Blu, fa il turno di notte. Guardano insieme la Tv, si stendono sulle sdraio che lui ha messo da parte. Al centro del muro di schermi sintonizzati su porzioni d’autostrada, l’emissione terrestre manda stralci di telegiornali. Luigi le dice che lei è carne di angelo. Poi le dice che il rosario che Salvini impugna gliel’ha donato lui; lui direttamente, cioè. Adesso lo bacia, le dice. L’ho baciato anch’io, di conseguenza anche tu stai baciando il Capitano. Ride. Ti piacerebbe se chiamassero anche me, il Capitano? Lo sai che alcuni ragazzi del turno di giorno mi chiamano così, perché sanno che il rosario gliel’ho regalato? Gliel’ho fatto recapitare direttamente, tramite mani fidate. Ti piacerebbe tornare qui anche domani sera? Oltre il sonnifero della notte è l’arrivo dell’estate. Si scatena la battaglia delle irragioni, della de-potenza; il resoconto dell’apatia che si ripete senza
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