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Se mi ami, → vieni con me di
Riccardo Meozzi
C’è chi promette qualcosa soltanto per, a tempo debito, tradirlo. Non sono in molti, ma io faccio parte di questa minoranza. Vorrei poter dire che è qualcosa che faccio mio malgrado, ma non ne sono convinto: sono sempre stato più interessato a come qualcosa finisce che alla cosa in sé. Ricordo bene l’ultimo momento, mai la sequenza degli eventi che mi ci ha portato, e allo stesso modo la sola cosa che so raccontare di un viaggio è come tutto si è concluso, la traversata finale, l’addio. Fuori da tutto questo, però, resta ciò che non ho mai compiuto e che non è più possibile avvenga, e le cose che ho solo immaginato.
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Anni fa ho provato ad amare una donna che non mi piaceva ma verso la quale avevo un gran debito d’amore. Più ci provavo più diventavo crudele; tentavo di farmi amare meno, di sentirmi meno in colpa. Ci vedevamo una volta alla settimana e lei, dopo che eravamo stati insieme, piangeva. Quando non ne poteva più viaggiava, e al ritorno mi portava regali costosi, come un dipinto a olio di San Pietroburgo comprato da un antiquario del posto. Di solito, insieme al regalo, mi chiedeva di seguirla nella prossima avventura. Diceva Se mi ami, vieni con me. Io facevo finta di pensarci e poi, all’ultimo, glissavo. Esistevamo a malapena nella mia camera da letto e a malapena riuscivamo a tenerci il minimo di compagnia per non sentirci soli: come potevamo viaggiare all’estero insieme?
Facevamo però piccole gite fuori porta, soprattutto nelle colline intorno alla città. Cercavamo i fiumi che spuntavano tra le gole. Erano estati molto lunghe, le nostre, e durante la prima che trascorremmo insieme fermavamo il motorino sulla strada non appena sentivamo il rumore dell’acqua. Scendevamo poi fino agli argini e li ripercorrevamo verso la fonte in cerca di una pozza larga e profonda. Non avevamo mai il costume; stavamo in mutande o nudi. La foresta intorno a noi, con fronde immense e ombre mutanti come uccelli, e il rumore dell’acqua, ci isolavano, e il silenzio che si creava era quello che ho provato poi quando, solo, sono salito su treni o metropolitane che attraversavano stazioni di cui non sapevo pronunciare i nomi.
Quella donna che mi amava era buona: mi carezzava i capelli bagnati che portavo ancora corti e lasciava che io non la amassi e che cercassi altre donne. Se non le dicevo nulla, pur sapendo, restava calma; se parlavo, se osavo dire con la lingua quella cosa taciuta, invece mi assaliva. Mi picchiava sulla testa, sulle spalle, e tentava di tenermi ferme le braccia mentre provavo a ripararmi. Le guance le diventavano rosse, le labbra le tremavano. Spesso ridevo della sua rabbia. Ma lei continuava a chiedermi di viaggiare insieme, di essere chi eravamo altrove; o magari mi stava chiedendo di non esserlo più.
L’ultima estate insieme le regalai una copia di Tenera è la notte. Le dissi che Dick e Nicole eravamo noi e che l’anno successivo saremmo andati insieme in Costa Azzurra. Le promisi di bere vino in spiaggia e di fare l’amore tra le due e le quattro ogni pomeriggio dopo la siesta, storditi dal caldo. Lei mi abbracciò stretto, lei che era magrissima e ogni volta mi pareva che il suo scheletro si stesse per saldare col mio, proprio come avrebbe voluto, e mi disse che lo avrebbe letto tutto in pochi giorni. Era una copia Einaudi, la mia personale. Gliela lasciai e le dissi di averne cura. Lei mi disse di restare, mi disse che non voleva restare sola. Era notte, e le sue labbra vibravano come se fosse sul punto di picchiarmi. Così mi rifeci di nuovo vicino e le parlai ancora della Costa Azzurra e dei costumi che avremmo indossato, e di come si sarebbe arrossata la mia pelle al sole e dei baci che ci saremmo dati, della mia lingua sulla peluria della sua nuca avvolta nel sale, e di quanto la luce sarebbe stata forte e bianca. Glielo dissi toccandola piano con l’indice al centro dello sterno. Lei lo prese e mi costrinse a fermare il movimento; lo strinse fino a togliermi la sensibilità, in silenzio, e poi mi lasciò andare.
Non siamo mai andati in Costa Azzurra; lei non mi ama più da anni e io ricordo poco del suo volto sagomato e del suo amore. Non ho più riletto Tenera è la notte e la Costa Azzurra è rimasta una conclusione mai avverata almeno fino a questa estate, quando ci andrò, pare, con amici. Ci sdraieremo su qualche spiaggia, berremo e leggeremo e discuteremo, visto che è il modo in cui abbiamo deciso di volerci bene, e mi chiedo se questo non equivalga a mantenere quella promessa. Sarebbe la prima volta nella mia vita, e visto che ho fatto questa traversata per essere migliore mi piace pensare di sì e che noi, quell’estate, in Costa Azzurra ci siamo davvero andati, che abbiamo fatto l’amore subito dopo pranzo, che abbiamo bevuto vino bianco in spiaggia e che, esausti e stinti dal caldo, abbiamo poi provato rimpianto per la stanza in cui ci vedevamo una volta alla settimana solo per creare promesse che io infrangevo e immaginare luoghi che non abbiamo mai visto insieme.