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Ormai era radice
#territorialpissings
La primavera è verde e temperata. La stanza è sempre luminosa. Hai sei anni, ne hai tredici, poi sono ventidue. Non hai ricordi di pezzi della tua vita. Salti l’adolescenza perché esiste solo come concetto. C’è chi ricorda con esattezza – profumi, forme, sensazioni – e a te capita di pensare che il ricordo esatto spetti a chi ha vissuto quel momento cristallizzandolo. Non sbiadisce perché è fermo.
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C’è chi dice che le ossessioni siano poche, pochissime. Che sei agito da una forza misteriosa che ti interroga, ma che la domanda è solo una anche se hai la sensazione che le domande esplodano, che la tua testa si riempia di frasi, e parole, e lettere, e occlusive, e fricative, canzoni, fiori, salotti, bilabiali, palatali e cose e ancora cose. Ma il tuo cosmo risponde a una sola domanda. E l’infanzia è la domanda che si ripete, sempre uguale.
Quando ti sposti nel cervello, la ricerca di punti fermi diventa un modo per costruire una mappa. Le mappe sono rappresentazioni della realtà. I tuoi punti fermi diventano la tua realtà.
Lei scrive sul quaderno e lo rilegge. Le scelte sintattiche sono quasi inalterate. Il lessico si rafforza, il tono diventa più netto, forse più denso, perché la rabbia, è la rabbia il tratto di cui si ha bisogno.
#somethingintheway
Il quaderno è pieno di citazioni. Sono inventate come quelle dello scrittore che ha fatto dire a Casanova «… poi, per quella notte, non la pensai più». Lei sa che quel quaderno può prendere vita perché lo ha visto pulsare per anni. Le pagine si gonfiano, diventano bolle, l’odore di carne, il sapore di muschio.
Quel quaderno, la donna, lo ha nascosto. Si convince. La donna ha il camice e le unghie smaltate di rosso. È bella perché tutti dicono che lo sia. Descrive. La donna esiste perché è di carne, ha annotato. Poi sono arrivate le pagine dedicate al bambino che si trasferisce d’estate accanto alla sua vecchia casa. D’estate il bambino sta dai nonni, ha scritto. Lei legge le pagine del quaderno che lo riguardano e pensa che quel bambino nella sua memoria non c’è, ma nel quaderno sì, nelle sue note sì, e quel bambino diventa simile a un documento apocrifo. Il quaderno ha una vita al di là di lei. E allora la percezione si sfalda.
Il quaderno è arrivato a casa sua e lei non lo ricorda.
Il quaderno ha la copertina ocra. È sottile. Le è capitato di vedere le lettere andarsene in giro per la stanza, le è capitato di sentire gli odori che descriveva. Ha condiviso la natura dell’oggetto con la sua migliore amica dell’epoca, le ha detto che le cose magiche esistono solo se lo vogliamo. E allora le pagine si sono moltiplicate, gli odori sono saltati fuori ogni volta che sfogliava, le persone hanno preso consistenza.
#negativecreep
La foto che usi per sollecitare la memoria è della tua infanzia. Hai scelto questa foto perché è uno dei pochi casi in cui la tua memoria è stabile. C’è un prato pieno di margherite e indossi dei collant di lana rossa perché poco prima non sei riuscita a trattenerti e ti sei sporcata di urina.
Non hai provato vergogna. Ha smesso di scrivere il quaderno perché una notte una persona che apparteneva alla sola realtà del quaderno le ha posato la mano sulla fronte. Ha aperto gli occhi, non vedeva nulla ma la mano era lì, e non la percepiva solo con la pelle del viso. Ha allungato la mano e ha afferrato il polso della persona. Il polso aveva la consistenza del marmo. È uno dei miei morti, ha pensato. Non poteva riconoscere chi ormai era radice.
Ha acceso l’abat-jour e ha iniziato a riconoscere gli oggetti della stanza di sua nonna. Allora ha pensato di trovarsi in un pezzo di sogno, ma non c’era nulla di trasfigurato – il letto era di legno, le coperte erano quelle rosse, l’odore di agrumi. Era, lei, in una stanza che aveva descritto nel quaderno. Ha riletto e ha notato la sua calligrafia ancora più fitta, c’erano freccette e altre note a margine. In una nota riconosce il disegno di un tappeto pieno di piccoli insetti. Quel tappeto era lì sul pavimento lucido di cera. La paura che le cose della sua mente potessero andarsene in giro e che i suoi morti potessero tornare, le hanno fatto abbandonare il quaderno.

#loungeact
Non ha più sentito la mano sulla fronte, ma le capitava di urlare, di notte. Le serviva per tornare e capitava quando stava per cadere, quando non aveva più denti in bocca e c’era chi le tagliava i seni. Allora l’urlo, limpido. Tornava nella stanza. Si riaddormentava. Si trovava in un altro luogo. Poi non ricordava nulla perché non scriveva sul quaderno, tenuto in un cassetto a rimpicciolire. La copertina si anneriva, le pagine sembravano perdere porosità, lasciando che l’inchiostro sformasse le parole. Quando si ricordava di riattivarlo, disegnava solo occhi e cinque e fiori bombati inesistenti. Ma quei fiori non saltavano fuori come prima perché nella vita, nella vita era diventata radice.