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Giornale dello spettacolo
IL RITRATTO
MARCELLO UN ARTISTA DISINCANTATO SCEVRO DI DIVISMO E PIENO D’IRONIA E DI UMANITÀ di Giuseppe Costigliola @gdspettacolo
La sintesi della storia “dell’attore italiano per eccellenza”
Tracciare in poche righe un ritratto di Marcello Mastroianni, unanimemente considerato “l’attore italiano per eccellenza”, non è impresa agevole. Enorme per quantità e qualità il corpus delle interpretazioni teatrali, cinematografiche, televisive, fonda di eventi la vita, sterminata l’aneddotica su di lui, alimentata anche dal suo testamento spirituale, Mi ricordo, sì, mi ricordo, documentario firmato dall’ultima compagna, Anna Maria Tatò, poi confluito in un libro. Uomo provvisto di fascino innato, è già affascinante la sua vicenda di figlio della classe lavoratrice (padre ebanista, madre casalinga) che studia da perito edile, s’impiega come disegnatore al Comune di Roma, s’iscrive alla facoltà di Economia e commercio, e comincia a bazzicare il cinematografo sul finire degli anni Trenta, prima di approdare al teatro, dove recita accanto a Giulietta Masina in Angelica di Leo Ferrero. Il palese talento gli procura un ruolo ne Gli indifferenti di Moravia messo in scena dalla compagnia di Nino Besozzi, per la regia di Mario Landi: è il 1948, anno che lo vede pure esordire al cinema ne I miserabili con la regia di Riccardo Freda. Il destino è ormai segnato, e l’anno dopo Luchino Visconti lo chiama a sé affidandogli la parte di Mitch in Un tram chiamato desiderio, dirigendolo poi in Oreste e in Troilo e Cressida. L’attività teatrale col Maestro milanese è evento formativo d’eccellenza, e la crescita prosegue negli anni Cinquanta, quando si ci-
menta con la crema della drammaturgia occidentale, sino a Zio Vanja (1955-56). A quel punto Mastroianni lascia momentaneamente il teatro, poiché il cinema lo reclama. Le scene torna a calcarle una decina di
