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IL CUBO DI RUBIK E LE DONNE FUORI DAGLI SCHEMI
di Marco Spagnoli @marco_spagnoli
L’attrice che vedremo in un programma sull’Arte per Sky e nella nuova stagione di A casa tutti bene di Gabriele Muccino porta in giro per l’Italia lo spettacolo su Moana Pozzi.
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È un giorno importante quello in cui raggiungiamo Euridice Axen a Roma. E non solo perché sta per iniziare un paio di progetti rilevanti di cui è ancora presto per parlare, bensì perché nella sua vita è arrivato Gatsby, un cane scelto come compagno di una carriera movimentata che oltre ai set, quest’anno, l’ha vista protagonista delle prime tre tappe dello spettacolo dedicato a Moana Pozzi scritto per lei da Ruggero Cappuccio intitolato Settimo Senso. Un monologo spiazzante che mette in scena il concetto di verità al di là delle apparenze, al di là di bugie, manipolazioni e distorsioni della realtà di cui si nutre l’immaginario collettivo. Dalle parole di Moana, una rifessione attorno all’utilizzo dei termini “pornografa” e “osceno”: “Per me la vera pornografa è lasciar morire le migranti sui barconi alla deriva, i bambini afamati in Africa o sotto le bombe in Siria. Osceno è il capitalismo immorale.”
Aveva detto Moana Pozzi e Euridice Axen le dà di nuovo vita in un monologo sospeso tra realtà e leggenda, tra eleganza formale e impudicizia. “È una vera biforcazione tra pornografa e ipocrisia.” Spiega Axen “Per questo mi interessava molto portarlo in scena: per guardare gli spettatori con una certa pena come l’angelo del Cristo in pietà di Antonello da Messina. Uno sguardo di compatimento che non è il mio, ma quello di Moana e di quello che rappresenta Moana per la nostra cultura: una donna contro il moralismo e contro i pregiudizi. Bella, colta, intelligente, sexy e disinibita.”
Nel suo spettacolo, lei, ad un certo punto scende verso il pubblico. Come reagiscono le persone?
Esattamente come reagivano con Moana: le donne sorridono e gli uomini si irrigidiscono. I maschi erano terrorizzati da una persona disinibita come lei, mentre Moana piaceva molto alle donne. Del resto questo testo va contro la volgarità del nostro presente e chi meglio di Moana o del suo simulacro lo poteva urlare?
Come è arrivato a lei questo ruolo o quello della protagonista di Loro di Paolo Sorrentino?
Non lo so. Credo di attirarli in maniera più o meno involotnaria: nella mia testa avevo sempre pensato di volere interpretare Moana Pozzi, il suo sguardo, la sua intelligenza, la sua forza.
In che senso ‘attirarli’?
Penso di attrarre fgure di donne fuori dagli schemi ed imprevedibili. Un’attrice può e deve interpretare tutto, ma è evidente che oggi come oggi ci siano personaggi nuovi e più interessanti. Fino a poco tempo fa erano soprattutto i colleghi maschi che in televisione e al cinema si potevano destreggiare tra personaggi di spessore diverso. Io mi diverto molto a fare personaggi che possano in qualche modo inquietare. Il quotidiano mi interessa meno. Fare la donna della porta accanto non è nelle mie ambizioni. Poi mi capita di farlo perché magari sono progetti bellissimi. Mi piace sempre fare qualcosa che possa essere una provocazione.
Fortunatamente, in generale, le cose sono cambiate anche per noi donne e cambieranno sempre di più. Non sempre mi è concesso, ma quando posso mi avvicino a ruoli più complessi e diversi.
Cosa succede quando interpreta un personaggio realmente esistito?
Mi è successo con Moana, ma anche con Luisa Spagnoli per Il Segno delle Donne prodotto da Gloria Giorgianni di Anele. Quando hai a che fare con donne veramente esistite sai di dovere dimostrare un senso di responsabilità: soprattutto se non ci sono più, sono indifese e nelle tue mani. Io voglio essere rispettosa e mettere in mostra le qualità e i difetti.
Quali sono le donne che le piacciono?
Senza dubbio quelle più “coraggiose”: ammiro molto Oriana Fallaci. Una donna fuori dagli schemi. Come tante altre che servono di ispirazione a noi donne e alle donne che verranno.
Qual è il suo approccio al lavoro?
Per me è importante che quando qualcuno mi guarda al cinema, in televisione o a teatro non mi possa staccare gli occhi da dosso. Mi piace indossare ruoli scomodi che non facciano pensare ad altro, ma soprattutto desidero che lo spettatore vada incontro a qualcosa di diverso, di insolito, di unico. Il mio lavoro è un gioco, ma non di quelli facili: per me è un cubo di Rubik.
Un enigma geometrico…
Posso fare ruoli più normali, ma se mi vuoi rendere felice devo potere risolvere il personaggio come stessi manipolando un cubo di Rubik. Non accade sempre, è vero, ma quando risolvi tutto e succede…che soddisfazione!
Un’ultima domanda: che razza è Gatsby?
È un chihuaua…
Beh, il tipico cane da “diva”… Lo so e questo cliché un po’ mi secca, ma per una persona che fa la mia vita le dimensioni sono importanti.
Le dimensioni “contano”; come direbbe Moana…?
In questo caso diciamo di sì…