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MIXED BY ERRY I L MIO FI L M PI Ù P ERS O NALE

Sydney Sibilia torna al cinema con il suo quinto lungometraggio. Dopo il clamoroso successo dell’opera prima, Smetto quando voglio, i due capitoli successivi della saga e L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, il 2 marzo uscirà nelle sale Mixed by Erry. Il flm narra una storia non poco interessante, ambientata a Napoli a cavallo tra anni ’80 e ’90, avvincente spaccato del fenomeno della pirateria musicale e racconto fascinoso di come eravamo. Abbiamo incontrato il regista salernitano per l’occasione.

Cominciamo dal tuo flm di prossima uscita. Com’è nato e di cosa parla?

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Mixed by Erry è il mio flm forse più personale, racconta una storia che ho vissuto in prima persona, quando ero piccolo, a Salerno. Sul fnire degli anni ’80, se dovevi comprare della musica o compravi delle cassette Mixed by Erry o la copia pirata di Mixed by Erry Mixed by Erry era musica piratata, ed era piratata a sua volta.

Così insieme ad Armando Festa, col quale ho scritto il soggetto, abbiamo ricostruito questa vicenda un po’ confusa. Erry, insieme ai fratelli, aveva creato e industrializzato la pirateria musicale su larga scala, una storia molto bella da raccontare, ambientata a Napoli tra la fne degli anni ’80 e i primi anni ’90, con l’ascesa e la caduta di questo “pirata”. Prima il termine ‘pirata’ non esisteva neanche, lo inventarono per lui. Quindi è anche un po’ la ricostruzione di un’epoca, di un modo di fruire la musica, di relazionarsi.

Come hai scelto il cast, e dove è stato girato il flm?

Abbiamo girato otto settimane a Napoli, un po’ a Roma, poi a Sanremo, le scene ambientate durante il Festival del 1991. Il casting è stato lungo, c’è voluto quasi un anno per trovare i tre ragazzi che impersonano i fratelli Frattasio, Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo, più o meno degli esordienti. I Frattasio avevano 17, 18 e 19 anni quando hanno cominciato l’attività di pirateria, quindi questi giovani dovevano portare la freschezza dei ragazzi di quell’età, l’incoscienza, perché non erano consci di quello che stavano facendo, all’epoca, in un mondo come quello, non era chiaro se fosse illegale o no. Si dicevano: copiamo delle cassette, che sarà mai? E invece è diventato un business. Poi ci sono Fabrizio Gifuni, Cristiana Dell’Anna, Adriano Pantaleo, Francesco Di Leva, Chiara Celotto e Greta Esposito. Gifuni fa l’amministratore delegato di una multinazionale musicale che li nota subito, Di Leva è il fnanziere che dà loro la caccia, l’unico ad aver capito che si stavano arricchendo a dismisura.

Hai cominciato con la realizzazione di spot pubblicitari: in che modo questa esperienza ha inciso sulla tua formazione?

Gli spot sono una cosa interessante che mi piace fare. È un linguaggio diverso, si fa con gli stessi strumenti del cinema ma ci si esprime in maniera completamente diversa. È sempre una questione di storytelling, ma in uno spot il racconto deve durare 30 secondi, è una sfda afascinante, che mi ha anche permesso di sperimentare. Negli spot c’è una strana libertà: in apparenza vendere un brand non ti lascia tanti margini, in realtà hai tanta libertà. Ho imparato ad utilizzare strumenti che al cinema erano complicatissimi da usare, ho capito le funzioni, cosa è utile, cosa non lo è, e parte di questo bagaglio lo porto nei flm.

Ti aspettavi il clamoroso successo avuto da Smetto quando voglio e dai capitoli successivi?

Be’, assolutamente no. Intanto era un altro momento storico, si facevano molte meno cose. Era una sorta di flm indipendente, anche se realizzato con tutti i crismi, aveva un badget con cui oggi faresti ben poco. Però avevamo capito che era molto simpatico, che faceva ridere, ma il clamore che si è creato è stata una cosa stranissima e irripetibile. Allora si sfornavano molte commedie, forse però un po’ tutte uguali, arrivò questo flm un po’ diverso, molto divertente, e creò uno tsunami. Oggi è tutto cambiato, è tutto molto più complesso, girano molti più prodotti, allora quando usciva una cosa se ne parlava a lungo.

Ci si può aspettare un quarto capitolo oppure quell’esperienza è defnitivamente chiusa?

No, è un’esperienza chiusa. Ormai siamo cambiati, io e il mondo circostante. Adesso mi va di raccontare altro.

Ci puoi anticipare qualche progetto in cantiere?

Sto preparando una serie per Sky, ambientata negli anni ’90, sulla storia degli 883, di Max Pezzali e Mauro Repetto. Molto carina, ma è ancora tutto un po’ in itinere, posso dire solo questo.

Quindi di nuovo un ritorno a quello scorcio della nostra storia. Sei insomma impegnato a raccontare come eravamo.

Sì, anche se tra gli anni ’90 di Pavia e gli anni ’80 di Forcella visivamente non si sovrappone niente, neanche un soprammobile. Comunque sì, in questo periodo forse sto lavorando sulla nostra storia. Ma sai, più che una scelta consapevole è una questione di quel che ti afascina, mi piace raccontare un certo tipo di storia, e mi attrae il fatto che sia ambientata in quegli anni, in cui evidentemente mi ritrovo.

SYDNEY SIBILIA SUL SET DI MIXED BY ERRY. FOTO INSTAGRAM.

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