Albino comunità viva - 1/2023

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GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - 2023 numero 1

RECAPITI

Casa parrocchiale

Tel. e fax: 035 751 039 albino@diocesibg.it

Oratorio Giovanni XXIII

Tel. 035 751 288 oratorioalbino@gmail.com

Santuario del Pianto

035 751 613 - www.piantoalbino.it

Convento dei Frati Cappuccini

Tel. 035 751 119

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia

“San Giovanni Battista”

Tel. 035 751 482 - 035 02 919 01

Padri Dehoniani

Tel. 035 758 711

Suore delle Poverelle

alla Guadalupe

Tel. 035 751 253

Caritas Parrocchiale

Centro di Primo Ascolto

aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30

PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ

Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo

Tel. 035 45 983 50

Centro di Aiuto alla Vita

Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo

Tel. 035 45 984 91 - 035 515 532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17)

A.C.A.T. (metodo Hudolin)

Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali

Tel. 331 81 735 75

PER CONIUGI IN CRISI

Gruppo “La casa”

(don Eugenio Zanetti)

presso Ufficio famiglia della Curia diocesana

Tel. 035 278 111 - 035 278 224

GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

www.oratorioalbino.it

In copertina: Messa con il

La Solitudine

ORARI

FESTIVE

delle SANTE MESSE

FERIALI

In Prepositurale ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Al santuario del Pianto ore 7.30 - 17.00

Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

In Prepositurale ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Al santuario del Pianto ore 7.30

Alla Guadalupe ore 8.00

Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

INFO UTILI
Vescovo Francesco nel suo Pellegrinaggio nella nostra comunità (Ph Maurizio Pulcini). Circa 1920, cappella della Scuola Apostolica del Sacro Cuore.
è la virtù da coltivare in questo anno pastorale

1963 1913

Sto riordinando le idee sulla solitudine. Verrebbe da dire: ma non c’è un altro argomento all’inizio di un nuovo anno? Potrebbe essere, ma mi pare vincolante la virtù che ci siamo dati all’inizio dell’Anno Pastorale.

Guarda caso, una visita imprevista mi consegna un volume: è datato 1975. Quando resto solo, lo sfoglio e cosa trovo? Un articolo di don Pierino Corvo! Gli era stato chiesto un contributo di pensiero a dieci anni dalla fine del Concilio; per la verità ne erano già trascorsi tredici. Quasi sicuramente doveva far parte di una serie di articoli chiesti ad alcuni sacerdoti sulla ricaduta del Concilio nelle parrocchie; nella prefazione si accenna al fatto che non tutte le persone che erano state contattate son riuscite a mantenere l’impegno preso.

Descrivendo la fisionomia della nostra parrocchia, fra le varie sottolineature interessanti, ne fa due:

- rilevando che negli ultimi 20 anni erano stati fatti lavori per 200 milioni, dice: “La popolazione in genere accoglieva positivamente questa linea d’azione, e si andava convincendo che il modo migliore per «collaborare» era quello di partecipare di frequente ai sacramenti, di pagare la tessera dell’Associazione, di fare molte elemosine per le varie realizzazioni”. (Come non cogliere questa sottolineatura!).

- inoltre, si era dato molto spazio alla formazione spirituale e alle Associazioni, ma “l’impegno aperto ai problemi sociali, il rapporto Chiesa-mondo sono rimasti tuttavia molto estranei, anche nella stessa Associazione delle ACLI”.

Subito, però, viene a parlare di un principio di rinnovamento. “Le tappe del «cammino conciliare» sono segnate da alcuni fatti che cerchiamo di presentare ora in ordine cronologico”. (Mi fermo al primo per via della data). “L’Azione Cattolica non fa più presa nel campo giovanile; nel 1963 si opera una scelta di grande importanza: si dà vita ad una nuova esperienza in cui i giovani hanno piena responsabilità e autonomia per programmare e attuare iniziative: «il Comune dei giovani» (il nome è stato preso da un’analoga esperienza di Bassano del Grappa)”. Ecco una prima data significativa che varrebbe la pena ricordare e magari riprendere; solo che i giovani che allora avevano vent’anni, adesso ne hanno quasi ottanta!

Sessant’anni sono passati, anche se don Pierino riconoscerà che anche questo organismo verrà messo in crisi nel ’68-’69, gli anni della contestazione.

Voglio ora farmi aiutare da un altro anniversario; questa volta pensando proprio alla solitudine.

Siamo nel 1913 e, durante un’escursione sulle Alpi, a uno scrittore capita di perdere il sentiero e di rimanere senz’acqua per quasi due giorni. Incontra per caso un pastore, che vive con qualche pecora e il cane. Questo, dopo la morte del figlio e della moglie aveva deciso di ritirarsi in solitudine in quella località. Si era risistemato una casa diroccata e s’era messo a vivere lì. Lo accoglie per la notte, condivide con lui una povera cena e poche parole. Poi, vuota sul tavolo un sacco e si mette a selezionare le cento ghiande migliori; lo faceva tutte le sere. Il giorno dopo, il pastore si sposta di qualche centinaio di metri e con un’asta di ferro fa un buco nella terra, mette una ghianda e la ricopre e così fa per tutte le ghiande. In tre anni aveva piantato centomila querce; faceva conto ne sarebbero rimaste diecimila in quel posto solitario. Un anno piantò diecimila aceri; morirono tutti. Ma non si perse d’animo. Piantò allora i faggi che riuscirono meglio delle querce.

Oggi, quel luogo che nel 1913 era solo rovine, vede fattorie e villaggi che son tornati a vivere; con alberi, coltivazioni, acque che scorrono.

Perché mi son perso dietro questo racconto?

La solitudine possiamo lasciare che ci spenga o ci distrugga; oppure può renderci laboriosi per altri, che magari non conosciamo nemmeno. Può renderci generosi portatori di vita, capaci di non perderci d’animo davanti ai fallimenti o alle prove, anche gravi.

È un po’ come ha fatto Dio con il suo popolo e come continua a fare con noi.

Siamo nell’imminenza della Giornata per la vita; chiediamo a Dio che ci aiuti a farla crescere, sempre e nonostante tutto.

Stiamo vivendo i giorni d’incontro con il nostro vescovo Francesco; è quasi come stesse piantando alberi nuovi. Faranno frutti a loro tempo. Qualcuno possa vederli in “Questa nostra benedetta maledetta città”. Così aveva titolato il card. Martini l’8a Cattedra dei non credenti per sottolineare la ricchezza di sfaccettature delle città che abitiamo e la necessità di prendercene cura così come sono; riconoscendo che tutti noi ne facciamo parte.

Buon inizio del nuovo anno vs dongiuseppe

1 2023 numero 1 A.D. 2023

Benedetto XVI è tornato alla casa del padre alle 9.34 del 31 dicembre 2022. Con una «testimonianza di amore alla Chiesa fino all’ultimo», come aveva detto Papa Francesco il mercoledì precedente annunciando l’aggravarsi delle condizioni di salute del Papa emerito e invitando a pregare per lui. E così è stato. Benedetto XVI si è spento serenamente, chiudendo in preghiera la sua giornata terrena.

Testamento spirituale del Papa Emerito Benedetto XVI

29 agosto 2006

Il mio testamento spirituale

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e

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dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

Benedictus PP XVI

Messaggio dalla Chiesa in Brasile

L’Eucaristia è dono

Dall’11 al 15 novembre a Olinda e Recife, in Brasile, la Chiesa cattolica ha vissuto il XVIII congresso Eucaristico Nazionale, riunendo migliaia di persone in grandi celebrazioni, un simposio teologico e altre attività per approfondire il significato dell’Eucaristia. I Congressi eucaristici nacquero a partire dal secolo XIX, in un altro contesto storico. Nacquero legati alla devozione eucaristica e alla preoccupazione di manifestare pubblicamente al mondo la fede nella presenza di Gesù nel pane consacrato. A partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa cattolica ha modificato il modo di vedere la sua missione nel mondo e l’Eucaristia. Il Concilio ci ha fatto approfondire i vangeli. Ci mostrano che Gesù riprende la Pasqua giudaica e la attualizza. Nella Pasqua, come tutto il popolo di Dio, Gesù celebra la memoria della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, ma le dà un significato più profondo. Propone la frazione del pane e del vino, come espressione del comandamento nuovo che dà ai suoi discepoli/e: “Amatevi gli uni gli altri, come Io ho amato voi” (Giovanni13, 34). Gli apostoli e molta gente del popolo speravano che realizzasse la funzione politica di liberare Israele dal dominio romano. Gesù delude questa aspettativa. Centro della sua attività profetica contro la religione rituale del tempio è la proposta di una liberazione che non parte dalle armi ma da una trasformazione interiore nel modo di essere delle persone, da una cultura che suscita relazioni comunitarie di uguaglianza, comunione dei beni e cura reciproca.

Secondo i vangeli, nella notte in cui fu preso e condannato, Gesù cena con i suoi discepoli e discepole. Lì rivela il significato profondo che dà alla sua vita e chiede che, nel condividere il pane e il vino nella cena, la comunità faccia memoria della Pasqua e accetti di donare la propria vita.

Intesa così, la veracità dell’Eucaristia non consiste solo nella fedeltà materiale al rito. Il gesto liturgico deve corrispondere alla verità della vita. Probabilmente, per questo, il quarto evangelo, invece che raccontare l’istituzione dell’Eucaristia, descrive che, nella cena, Gesù lava i piedi ai discepoli e comanda che questo sia fatto per tutti, gli uni con gli/le altri/e.

Il Concilio Vaticano II ha recuperato la dimensione comunitaria dell’Eucaristia. Come diceva Sant’Agostino: il pane è il simbolo della comunità che è il corpo di Cristo. Oggi, ogni volta che la Chiesa verifica la relazione fra la celebrazione e la vita mette in atto una sfida. Se la comunione dell’Eucaristia non porta le persone a un nuovo modo di vivere, costruito sulla condivisione, la celebrazione perde molta della sua veridicità. […] L’Eucaristia esige da noi la cura di non separare il rito dalla proposta eucaristica di Gesù che è quella di un mondo rinnovato a partire dall’amore solidale, in una società senza armi e senza discriminazioni sociali, inclusiva e aperta a tutti e tutte.

Scegliendo come tema di questo Congresso “Pane su tutte le tavole”, come canta una delle nostre più belle canzoni, la Chiesa Cattolica in Brasile assume la proposta fatta da papa Francesco nel 52° Congresso eucaristico a Budapest: “La celebrazione dell’Eucaristia deve generare una cultura eucaristica, che spinge a trasformare in gesti e comportamenti di vita la grazia di Cristo che si dona totalmente. L’Eucaristia si deve tradurre in una mentalità eucaristica, capace di ispirare gli uomini e le donne di buona volontà negli ambiti della carità, della solidarietà, della pace, della famiglia e della cura dell’infanzia”.

(Traduzione da Marcelo Barros, Dom total, nov. 2022)

«C’è ancora un punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura l’autenticità della partecipazione all’Eucaristia, celebrata nella comunità: è la spinta che essa ne trae per un impegno fattivo nell’edificazione di una società più equa e fraterna. […] Non possiamo illuderci: dall’amore vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine per chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cfr Gv 13,35; Mt 25,31-46). È questo il criterio in base al quale sarà comprovata l›autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche»

(Papa Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, n. 28) Non ci resta, anche nelle nostre celebrazioni domenicali, che fare anche della «presentazione dei doni», offertorio, una mensa di «concreta fratellanza».

Marzo 2022 VITA DELLA CHIESA 3

Giornata per la vita

Il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 45ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 5 febbraio 2023 sul tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)».

Il diffondersi di una “cultura di morte”

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione” drammatica: dare la morte. Certamente a ogni persona e situazione sono dovuti rispetto e pietà, con quello sguardo carico di empatia e misericordia che scaturisce dal Vangelo. Siamo infatti consapevoli che certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto… È il mistero del male che tutti sgomenta, credenti e non. Ciò, tuttavia, non elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto.

Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.

Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”.

Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche. Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.

Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta.

Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi. Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.

Per una “cultura di vita”

Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici

di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento.

Ospitare l’imprevedibile

D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace.

Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso?

Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale e sociale che cresce in molti Paesi e che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di ogni vita, anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile in ogni sua fase.

Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?

Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?

Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”

Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?

Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come

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nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione» (Francesco, Omelia al sacrario di Redipuglia, 13 settembre 2014).

La “cultura di morte”: una questione seria

Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore della vita e della persona umana. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine. Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?

Rinnovare l’impegno

La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte.

Roma, 21 settembre 2022

Il Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana

Le iniziative promosse dalla nostra comunità

Domenica 5 febbraio si celebrerà in tutta Italia la 45a Giornata nazionale per la vita.

Per tutta la giornata di Domenica (e anche sabato 4 febbraio in concomitanza con la S. Messa prefestiva in Prepositurale e al mattino nel porticato della chiesa di Sant’Anna) verrà riproposta l’iniziativa di sensibilizzazione ai temi della vita e di sostegno a progetti di aiuto alla vita.

In tutte le chiese della Parrocchia di Albino dove si celebreranno le Ss. Messe (Prepositurale di San Giuliano, Frati Cappuccini, Madonna del Pianto, Madonna della Concezione e Madonna di Guadalupe) si vivranno - durante le celebrazioni - alcuni momenti di riflessione sui temi della vita e a tutti i presenti sarà consegnato il messaggio “LA MORTE NON È MAI UNA SOLUZIONE (...)” che i Vescovi italiani hanno preparato per la Giornata per la Vita di quest’anno, pubblicato qui a fianco.

Fuori dalle chiese sarà possibile prendere un vasetto di primule e lasciare un’offerta libera, il cui ricavato servirà per sostenere iniziative in favore della vita.

Nella settimana che precederà la Giornata per la vita, da lunedì 30 gennaio a sabato 4 febbraio, presso il santuario della Madonna di Guadalupe, si pregherà per la vita con il Rosario meditato tutte le mattine alle ore 7.30 prima della S. Messa delle 8.00.

2023 numero 1 VITA DELLA DIOCESI 5
GIORNATA PER LA VITA 2023

Perché vale la pena ricevere il notiziario parrocchiale?

Il 24 gennaio 2023 è la data che celebra un doppio anniversario legato a San Francesco di Sales: ricorrono i 400 anni della sua dipartita e i 100 anni della sua consacrazione a patrono dei giornalisti. I meriti acquisiti sul campo che gli valgono tale riconoscimento sono da attribuire alla sua intraprendenza nei confronti della carta stampata: il santo vescovo di Ginevra, confrontandosi con una diocesi rapita dall’entusiasmo per la riforma Calvinista, operò una straordinaria opera di predicazione attraverso la stampa di piccoli opuscoli affissi per i muri delle città e distribuiti sotto gli usci delle case. La sua figura aiuta ancora le nostre parrocchie a cogliere alcune intuizioni che hanno a che fare con i loro mezzi di comunicazione: ci aiuta a mettere a fuoco una visione, una comunità di intenti e una prospettiva di cammino. Una visione. La prima riflessione è che il comunicare è importante almeno quanto il fare. Fare tanto e fare bene rischia di essere poco efficace se non è accompagnato da una cura perché quanto fatto sia conosciuto, spiegato e accompagnato da una comunicazione attenta. Il notiziario parrocchiale – o giornalino, o bollettino, che dir si voglia – è stato lo strumento pensato per dare parole alle azioni pastorali. Serve per costruire la comunità, è lo spazio cartaceo in cui succede quello che capita nelle famiglie quando ci si siede a tavola: si racconta e si condivide la propria esperienza, e questo costruisce familiarità e appartenenza. Il tessuto connettivo della comunità cristiana è fatto di comunicazione: il notiziario è uno strumento importante per tenere il legame e per tenere accesa una vicinanza. Una comunità di intenti. Una La seconda osservazione è che le parole sono capaci di fare accadere delle cose, di realizzare qualcosa che prima non c’era. Le parole dei mezzi di comunicazione usati dalle no-

stre parrocchie sono importanti perché fanno accadere delle cose che non sono secondarie per la fede: aiutano a non dimenticare che l’unica comunità ha molti volti e molte esperienze, non solo quelle che ciascuno frequenta di più; permettono di non dimenticarsi di chi nasce, di chi muore, di chi vive e festeggia tappe e anniversari significativi, anche dentro il cammino di fede; oliano i legami tra i gruppi della stessa parrocchia e tra le parrocchie della stessa unità pastorale; ricordano il legame con la diocesi. Senza queste attenzioni, le nostre comunità sarebbero più povere: in breve si troverebbero concentrate sull’urgenza senza più avere una visione di insieme.

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Di parrocchie, notiziari, social e d’altri potenti mezzi. La lezione di San Francesco di Sales
6 VITA DELLA CHIESA

Una prospettiva di cammino. L’ultima considerazione è che San Francesco di Sales ha saputo interpretare il bisogno del proprio tempo attraverso una certa fantasia e uno spirito capace di cogliere la novità: oggi, la frontiera spalancata da internet e dall’avvento dei social mostra un continente digitale ancora da esplorare per l’annuncio del vangelo. I nostri ragazzi, e non solo, hanno spostato là la residenza per diverse ore del loro tempo. L’estro del vescovo di Ginevra ci chiede di farci carico del racconto del vangelo, con slancio, senza però lasciarci conquistare dall’entusiasmo per il nuovo al punto da trascurare quanto già consolidato. Il digitale mostra una logica di comunicazione diversa, prima che un supporto nuovo: per la nostra parrocchia non si tratta di sbarcare su Tik Tok per essere moderna, ma di capire come essere puntuale e non stonata alle orecchie dei nostri contemporanei. Questa considerazione chiede di aprire la domanda su come far convergere gli strumenti di comunicazione a disposizione di una parrocchia perché si muovano sinfonicamente.

Caro ragazzo, ti spiego come si diventa uomini.

Quante volte ti avranno detto che di fronte ai problemi un vero uomo non chiede aiuto e affronta tutto di petto?

Eppure tu a volte ti senti triste e magari non sai a chi o come dirlo. Ti capita di provare paura, sentirti confuso o stanco di mandar giù in silenzio. Ed è proprio in quei momenti che scopri di non avere le parole per buttar fuori ciò che provi, e comunicare diventa impossibile. Allora, per sottrarti al rumore assordante delle tue emozioni, sfuggi a ciò che hai dentro e ti rifugi nel mondo là fuori, mostrandoti forte, come in una sfida contro tutto e tutti. Ma la vita non è una gara e tu non sei un naufrago solitario, bensì una persona fatta per entrare in relazione con se stessa e gli altri.

Questo libro ti aiuta a capire come fare. E pensato per te da un uomo che oggi è anche un padre. L’ha scritto con le parole che avrebbe voluto sentirsi dire quando era un figlio, ma che nessuno gli ha mai rivolto o insegnato.

Questo libro è per te e, se lo vorrai, per l’adulto a cui deciderai di darlo perché anche lui impari le parole che “si deve avere davvero coraggio per dirle”. Quelle che fanno la differenza fra diventare un “uomo vero” e inseguire il falso mito del “vero uomo”.

Alberto Pellai firma uno strumento di educazione emotiva e di genere dedicato principalmente ai maschi, giovani o adulti, e a tutti coloro che non hanno mai avuto la fortuna di imparare ad amare e ad amarsi nel rispetto per se stessi. Età di lettura: da 11 anni.

Avvenire - 16 gennAio

7 VITA DELLA DIOCESI 2023 numero 1 UN LIBRO
Un libro consigliato da Avvenire “Noi famiglia”: Ragazzo mio. Lettera agli uomini veri di domani, De Agostini, 14,90 €.

Ho sempre tentato di far capire a voi giovani quanto la droga sia “un boia spietato” che vi lega a un ceppo e poi vi ammazza. Mi sento spesso rispondere che esagero, che ognuno sa dove può arrivare con il consumo. I giovanissimi si sentono esperti conoscitori degli effetti delle diverse sostanze, in grado di smettere quando vogliono. BALLE!!! La droga non si comanda, la dipendenza soggioga.

Don Chino “Dal bruco alla farfalla”

Proponiamo questa lettera, molto forte e toccante, scritta da una figlia tossicodipendente alla sua mamma. Fortunatamente la ragazza, con un atto di volontà e determinazione, ha deciso di intraprendere il percorso di comunità con Don Chino Pezzoli per tentare di riprendere in mano la propria vita.

“Cara mamma, ieri ho compiuto 24 anni, nemmeno mi sono ricordata, solo la tua telefonata di auguri ho ricevuto. Sono tanto stanca, stanca di essere violenta con te, di portarti via i soldi della tua pensione. Non ce la faccio a smettere di drogarmi e di chiederti perdono. La droga è più forte dell’attaccamento materno. Quindi ho deciso di lasciarti sola, non rientrare in casa di

Lettera alla madre di una figlia tossicodipendente

Rubrica a cura del centro di ascolto e auto-aiuto

“Promozione Umana” di don Chino Pezzoli

notte sballata. In qualche modo mi arrangerò. Chiederò soldi ai miei amici, mi prostituirò come sempre. Non ce la faccio più vederti impallidire, piangere ogni giorno di più. Non so se faccia più male la droga che assumo o il male che faccio a te mamma. Una tossicodipendente non ha più sentimenti, coscienza, solo ha in sé la voglia di alterare il cervello, di stare bene fino che dura l’effetto. La droga, lo so, mi distrugge e ti distrugge mamma! Ti ho offesa con le mie scenate, i miei urli. Ora me ne vado, ti lascio in pace. Se ti manco troppo, la sera sdraiati sul mio letto, è sul materasso che smaltivo gli effetti della droga. Dimenticami, se puoi, io non vivo più per nessuno, nemmeno per me stessa. La mia mente è vuota di tutti e di tutto, tranne che della cocaina, alcol e qualche psicofarmaco per intontirmi di più. Mamma, quando ti vedo piangere ricordo

ciò che mi diceva il papà prima di morire: “Basta far soffrire tua madre, stai uccidendo lei e te con una vita drogata”. È vero, io ti ho perseguitata e vittimizzata ora per ora. Vado via. Se ce la farò ogni settimana ti telefonerò per dirti che sono ancora viva. Meglio forse non telefonarti, abbracciare il silenzio che precede l’ultimo e definitivo silenzio”.

figlia

CENTRO DI ASCOLTO E AUTO-AIUTO

“PROMOZIONE UMANA”

di don Chino Pezzoli

Via Donatori di Sangue 13

Fiorano al Serio - Tel. 035 712913

Cell. 3388658461 (Michele)

centrodiascoltofiorano@virgilio.it Facebook @centrodiascoltofiorano

INCONTRI GENITORI

mercoledì dalle 20.30 alle 22.30

8
PREVENZIONE PER COMBATTERE ALCOOL E DROGHE
Don Chino Pezzoli

LA VITA: DONO E COMPITO

Rileggendo lo splendido saggio di Giuseppe Angelini intitolato “Il figlio. Una benedizione, un compito” (Vita e Pensiero, 1992), mi sono soffermato a riflettere su questo passaggio: «L’essere generati, e dunque figli, è anzi tutto un dato di fatto; solo in un secondo tempo esso si manifesta anche come atto, e dunque come una scelta da compiere. Il figlio deve -sotto tale profilo- liberamente diventare quello che dall’origine egli è, figlio appunto. Il generare invece -così almeno sembra in prima battuta di dover dire- ha da essere fin dall’inizio un atto. Soltanto a condizione che effettivamente si tratti di un atto, e dunque di una scelta libera e consapevole, coloro che generano saranno poi anche in grado di rispondere al figlio, quando egli chiederà conto di quelle promesse, imprecise ma insieme grandi e indubitabili, che il fatto di essere genitori sempre a lui trasmette» (pp. 33 s.).

Insomma, la vita è dono e compito, per tutti, genitori e figli. Ma, se davanti a questo dono alcuni provano nell’intimo un senso di gratitudine e di riconoscenza che li induce ad essere “attivi”, generosi, ad affrontare la vita felici per un regalo che non si sono meritati; altri invece recriminano: credono che

questo dono è al di sotto delle loro aspettative e quindi sono insoddisfatti ed incattiviti, rancorosi e gelosi nei confronti degli altri che avrebbero -secondo loro- ricevuto di più1; oppure si sentono in colpa: ritengono che questo dono non se lo siano meritato e che non siano capaci di accoglierlo e farlo “fruttare”, e allora si lagnano continuamente, piangendosi addosso. Se poi la vita è anche compito, anche qui le persone si dividono: alcuni lo affrontano convinti di essere all’altezza, pur con i loro limiti, e allora cercano di dare il meglio di loro stessi nell’adempierlo; altri invece si sentono schiacciati, condannati ad un compito troppo gravoso, ingiusto, al di sopra delle loro capacità e pertanto lo assumono controvoglia finendo -come è inevitabile- per svolgerlo male. Riflettendo sull’esperienza della generazione (di essere figli e genitori) avvertiamo in essa la presenza di una “legge” generalissima della vita umana: la grazia (cioè quello che riconosciamo ci viene donato continuamente con la vita) precede e suscita la nostra libertà, cioè la scelta di vivere proprio quel dono promettente che ci è toccato in sorte.

1 Proprio come il fratello maggiore della parabola di Luca, quella cosiddetta del “Figliol prodigo”; il fratello maggiore è convinto di aver dato al padre più di quanto non abbia ricevuto in cambio, si sente in credito con la vita e così si autocondanna ad una perenne insoddisfazione che avvelena le relazioni. Sullo sfondo di questo atteggiamento c’è il paradigma mercantile del “do ut des” trasferito sul piano esistenziale con le conseguenze che possiamo immaginare.

9 EDUCAZIONE 2023 numero 1

LE GUIDE SVELANO L’ENIGMA DEL BUON SAMARITANO Campo invernale Alpe Grem 2022

Quest’anno per il campo invernale siamo tornate indietro alle origini di qualcuna di noi; siamo andate al Rifugio Alpe Grem; un luogo molto bello, circondato dalla natura, con una vista meravigliosa ed alla sera con un cielo pieno di stelle da farti sognare a occhi aperti. I campi sono sempre delle belle esperienze per conoscere sé stesse, per imparare cose nuove e per vivere insieme con delle amiche che ti sanno supportare, consolare e far ridere nei momenti difficili. Anche quest’anno è stato così, ci sono state molte emozioni in circolo: emozioni felici per i bei momenti passati insieme, per le belle attività preparate dalle nostre fantastiche tre capo e per l’affetto reciproco che c’è nel nostro gruppo. A volte ci sono stati dei momenti un po’ tristi che però sono passati velocemente grazie all’unione che c’è tra di noi. Quest’anno al campo invernale le nostre capo ci hanno preparato delle attività entusiasmanti incentrate sui valori della parabola del buon samaritano. Il nostro obiettivo era quello di trovare la

soluzione di un enigma attraverso delle attività che ci rivelavano degli indizi utili per risolvere questo mistero: una delle attività più significative e che c’è piaciuta è stata il gioco notturno. Nel buio della sera siamo andate alla ricerca delle nostre squadrigliere “rapite” nel bosco. Per trovarle dovevamo individuare delle luci che trasmettevano l’iniziale della lettera della propria squadriglia in codice morse. Una volta trovate le nostre compagne, ci siamo messe a cercare coloro che le avevano rapite. Alla fine, ce l’abbiamo fatta!!!

Un’altra attività molto bella è stata il gioco finale costituito da tre passaggi: il primo aveva lo scopo di distrarre e persuadere i tre personaggi della parabola del buon samaritano, interpretati dalle nostre capo, tentando di fare entrare le ragazze della propria squadriglia all’interno di alcuni cerchi, le prime a riuscirci guadagnavano dei punti; nel secondo bisognava cercare di scoprire un numero che avevano scritto in fronte i tre personaggi, ma bisognava stare atten-

te perché uno di questi tre personaggi possedeva in tasca delle mappe utili a trovare la persona che ci avrebbe aiutato a svelare l’enigma, ma se avessimo detto il suo numero non avremmo ottenuto la mappa. Una volta trovato questo personaggio tutta la squadriglia doveva alzarlo e risolvere la mappa; il terzo indicava dove era la persona che ci avrebbe potuto aiutare, bisognava superare un percorso di fili facendo attenzione a non toccarli e poi immettere una password per aprire il cancello dove era rinchiusa questa persona, successivamente insieme abbiamo risolto l’enigma su cui era incentrato il campo. Il campo invernale 2022-2023 lo hanno vinto… le PANTERE!!!

Ogni campo ha sempre qualcosa di speciale, unico che lo contraddistingue dagli altri ma ha sempre anche una cosa in comune l’affetto e il rispetto reciproco presente nella nostra grande famiglia.

Canguro empatico

ESPERIENZE EDUCATIVE 10

In Pellegrinaggio Pastorale

8 gennaio: la visita ad Albino del nostro Vescovo Francesco

Pellegrinaggio Pastorale

2021 Diocesi Di BergAmo 2026

Preghiera

Signore Gesù, alla tua presenza ricordiamo in preghiera, la nostra parrocchia.

È una storia di fede, anzi mille, sbriciolate in vita d’ogni giorno, e narrate da secoli. Disegnate dal volto di vecchi e bambini, di donne e di uomini, di santi peccatori e peccatori santi. La nostra parrocchia è una chiesa, una casa, una piazza, una via. Per alcuni è vita d’ogni giorno, per altri è rarità, per non pochi è ricordo che ‘allontana, per tutti è possibilità.

Signore Gesù, la tua parrocchia è il mondo, il cuore di ciascuno, i legami dell’amore e le terre del dolore. Hai cominciato con pochi, donne e uomini che hanno creduto in Te. Da te hanno imparato la meraviglia d’una fraternità nuova, la gioia dell’ospitalità, la regola della prossimità.

Signore Gesù, la nostra parrocchia sia fraterna, ospitale e prossima: così la riconoscano donne e uomini del nostro tempo e della nostra terra, così la riconosca il nostro Vescovo nel suo pellegrinaggio pastorale, così la riconosca Tu che stai in mezzo a noi. Lo Spirito Santo, sempre così la generi, Dio nostro Padre, sempre così la benedica. Interceda per noi la Madre di Gesù.

Sabato 7 gennaio il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha iniziato il suo Pellegrinaggio pastorale nelle parrocchie della Fraternità Presbiterale 1 della Cet 3 (Comunità Ecclesiale Territoriale).

La Fraternità presbiterale 1, fino a qualche anno fa nota come “Vicariato Albino-Nembro”, comprende le parrocchie dei Comuni di Albino, Nembro, Pradalunga, Selvino e Aviatico.

Il vescovo, in visita nelle nove comunità parrocchiali albinesi, nella lettera di apertura al pellegrinaggio spiega: «Attendo con desiderio il giorno dell’incontro con la vostra comunità, che si articolerà in quattro momenti: l’incontro personale con i presbiteri, l’incontro con gli organismi parrocchiali, l’incontro con un’iniziativa della parrocchia, la celebrazione comunitaria dell’Eucaristia».

Il Vescovo ha incontrato la nostra comunità Domenica 8 gennaio nella Prepositurale di San Giuliano, nella preghiera del Rosario alle 15 e nella Messa delle 18.

Sabato 4 febbraio incontrerà i Consigli Parrocchiale, Economico e dell’Oratorio.

VITA PARROCCHIALE 11 2023 numero 1
Amen

Un luogo felice l’Oratorio

LabOratorio

Nelle festività natalizie sono iniziati i laboratori in oratorio, dove sono invitati una volta al mese, tutti i bambini e ragazzi delle elementari. Un pomeriggio di incontro, preghiera e condivisione. I bambini si divertono a giocare insieme, condividere la propria creatività con grande gioia ed entusiasmo. Infine non può certo mancare una buonissima merenda tutti insieme, con musica e balli, a conclusione di un bellissimo pomeriggio, in quel luogo felice che è il nostro oratorio!

12 ORATORIO
NATALE 2022 - CONCORSO PRESEPI 13
1° classificato: Cottini Alpini Alpini Alda Fermo 3° classificato: Filippo Birolini Leonardo Leonardo Luca 2° classificato: Lorenzo Torri Luca con il fratellino Matilde e Camilla Silvia

MONACO 27-29 DICEMBRE 2022

Abbiamo preparato il consueto campo invernale. Dopo aver visitato la maggior parte delle città italiane, quest’anno abbiamo deciso di proporre l’estero e cioè la città di Monaco di Baviera. Una proposta che potesse unire arte, cultura e storia con la visita alla città e al campo di concentramento di Dachau. Questa esperienza e in particolare l’ultima tappa ha lasciato un segno indelebile nella mente e nel cuore di ognuno di noi. Prima della partenza abbiamo avuto la possibilità di incontrare Daniele Rocchetti che ha anticipato ciò che avremmo trovato una volta varcato il cancello del campo. Sia gli adolescenti che noi educatori sosteniamo l’importanza di queste esperienze poiché una volta tornati a casa ci si accorge di aver arricchito il proprio bagaglio sia personale che umano tra risate, disavventure e amicizie fatte di vecchi e nuovi legami.

14 ORATORIO

2-4 GENNAIO 2023 ASSISI

Ecco alcuni pensieri che i ragazzi di seconda media hanno scritto in un momento di revisione dell’esperienza fatta ad Assisi dal 2 al 4 Gennaio

1. In questi giorni mi sono sentita accolta dentro alla nostra piccola comunità, come un senso di fraternità e fratellanza nei momenti che abbiamo passato insieme.

2.

Per me questo pellegrinaggio è stato emozionante, a volte anche commovente. Mi emoziona sapere che dopo 800 anni vengono ancora migliaia di persone per conoscere meglio la vita di due ragazzi che poco a poco, nonostante i commenti e le critiche hanno creato due importanti ordini religiosi e cambiato un pezzo di storia. Dico grazie a loro che mi hanno permesso di essere una persona migliore.

3. Non riesco a descrivere le mie emozioni; sono troppo profonde. Ora sento il bisogno di una preghiera più profonda. Tutto ciò lascerà un segno indelebile nella mia vita.

4.

Questo viaggio per me è stata una vera e propria conoscenza. In questo pellegrinaggio ho conosciuto diverse persone che, a prima vista, sembravano antipatici. Assisi mi ha insegnato una cosa: mai giudicare un libro dalla copertina. Da Assisi mi porto a casa la fraternità.

5.

Questo viaggio mi ha fatto capire l’importanza di ogni momento, l’importanza di stare con le persone a cui vuoi bene. Ha fatto crescere la mia fede e la mia conoscenza. Mi ha trasmesso tranquillità e felicità. Ho aperto il mio cuore al Signore per permettere di entrarci e riempirlo d’amore, di felicità e coraggio.

6. La salita all’eremo delle carceri mi ha aiutato a stare con me stesso e a riflettere sui miei pensieri. Ho pensato al mio legame con Gesù perché prima non avevo un legame forte ma adesso è come se una chiave sta aprendo una serratura blindata.

7. Secondo me il Signore mi sta aiutando in questo periodo e infatti mi sono dedicato di più alla preghiera. Il Signore ha chiamato Francesco aiutandolo a capire chi veramente era. Così lo sta facendo con me. È una sensazione strana perché è come se qui ci fosse stato il mio primo incontro ravvicinato con Dio e lui mi ha reso più gentile.

ORATORIO 15

LA CULTURA DELLA CARITÀ

La vulnerbilità come forza

Visita ad alcune esperienze della nostra Diocesi

“Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, recita un proverbio molto citato; e ogni giorno la cronaca e le chiacchiere della gente ci danno un resoconto fin troppo dettagliato degli alberi che, cadendo, fanno molto rumore, suscitano scandalo, clamore, sdegno, paura, delusione, rassegnazione… Ma della foresta che cresce se ne parla davvero troppo poco. Se un genitore maltratta un figlio l’informazione giunge in un attimo in tutto il mondo, mentre la “normalità” di milioni di genitori che si sacrificano per i propri figli non fa notizia. Se un prete va fuori strada viene immediatamente consegnato alla gogna mediatica e si parte subito con le generalizzazioni che ricoprono di sospetti anche i tanti sacerdoti che ogni giorno si spendono per la loro comunità. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi.

Di bene se ne fa tanto, ma è poco conosciuto e scarsamente considerato. È vero che chi fa il bene non dovrebbe mettersi in mostra: se lo facesse, Gesù gli direbbe che “ha già ricevuto la sua ricompensa”! Ma è pur vero che il Vangelo ci consegna anche un imperativo di segno opposto e complementare: “Vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli”.

Infatti, al mare di cose buone compiuto dalle diverse istituzioni e dalle numerose associazioni di volontariato, si aggiunge un oceano di gesti

Diventiamo prossimo

buoni nascosti nelle nostre relazioni quotidiane; basti pensare alla cura che si esprime nelle nostre famiglie: nonni che tengono i nipotini, adulti che si fanno carico dei genitori anziani, dei propri figli, dei familiari diversamente abili o con patologie croniche… Quanta carità: è la foresta che cresce!

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato

 Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22

 Con bonifico bancario tramite

IBAN: IT20 L0538 75248 00000 4260 6856

c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ

16 CARITÀ
DIVENTIAMO PROSSIMO Continua
“Diventiamo prossimo
per
e
in difficoltà economica
CONTRIBUIRE
l’iniziativa del fondo di solidarietà
sostenere
accompagnare le famiglie
MODALITÀ PER

Nell’anno di “Bergamo e Brescia capitali italiane della cultura” vorremmo che alcune esperienze-segno potessero essere viste da tutti come espressione di una cultura della carità che ha sempre caratterizzato la vita della nostra gente e manda avanti il mondo. Nel succedersi dei diversi mesi dell’anno potremo avvicinare, singolarmente o in gruppo, queste realtà meravigliose attraverso alcune visite guidate, o addirittura lasciarci coinvolgere in esperienze di volontariato.

Così, nei diversi mesi del 2023 aprono le porte tante realtà di carità, in cui toccare con mano quella forma particolare di cultura bergamasca che ha preso i tratti della cura: dal “Patronato San Vincenzo” (a gennaio e febbraio), al “Centro Don Orione” (a marzo), il servizio ai carcerati (ad aprile), l’Istituto Palazzolo (a maggio) la Mensa dei poveri presso i Cappuccini (a giugno), le diverse realtà gestite dalla Fondazione Angelo Custode (a ottobre) e dalla Caritas Diocesana (a novembre).

“Casa Clara” accoglie

La Casa della Carità, oggi chiamata Casa Clara, ha sempre avuto l’obiettivo di ospitare e accogliere persone in difficoltà: quando Clara Acerbis prese in carico il progetto, questo bisogno si fece sempre più necessario e così, negli anni, è stato offerto un posto sicuro a numerosi nuclei famigliari.

Dopo un periodo di “stallo” lo scorso anno è stata riaperta, avendo ancora come obiettivo quello di offrire un luogo protetto a donne con minori che attraversano un momento di difficoltà, aiutandole a recuperare le energie e le risorse necessarie per riuscire a trovare una casa sicura altrove.

I nuovi progetti sono stati elaborati con i Servizi Sociali e hanno coinvolto direttamente l’assistente sociale e l’educatrice comunale che hanno garantito il monitoraggio e il coinvolgimento delle ospiti sul territorio.

A partire da luglio 2021 sono state inserite, col sostegno economico del comune di Albino, una ragazza e una donna con figlie, che hanno così trovato accoglienza e diverse opportunità, sia a livello lavorativo, che relazionale.

Un sostegno prezioso è stato offerto anche dai volontari del Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento, che hanno sempre risposto con gentilezza e prontezza ad ogni bisogno espresso dalle persone ospitate. Nonostante momenti di difficoltà e incomprensioni, le volontarie hanno comunque vissuto un’esperienza che non solo ha supportato coloro che ne avevano la necessità, ma le ha anche ricambiate con momenti di gioia e crescita personale.

Dopo 15 mesi, le ospiti hanno trovato altre sistemazioni e stanno lasciando la struttura, per la quale ora è tempo di rinnovo. Il Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento, espressione della solidarietà della comunità che si propone di offrire un servizio di accoglienza, ascolto, condivisione e accompagnamento delle persone in difficoltà presenti sul territorio, continua ad essere aperto il primo e il terzo sabato del mese dalle 9:30 alle 11:30 ed è sempre alla ricerca di volontari che diano la loro disponibilità e donino un po’ del proprio tempo per aiutare e sostenere coloro che chiedono supporto.

Potremo quindi toccare con mano come la cultura della cura e della carità ha segnato profondamente la nostra storia e continua ad alimentare la prossimità ai poveri, agli anziani, ai malati, ai piccoli. Sono state fissate delle date per visitare alcune di queste realtà, ma lungo l’anno potranno aggiungersi altre esperienze, oppure voi stessi potrete chiedere di accedere alle di verse strutture anche in tempi diversi da quelli programmati. L’importante è prenotarsi ai contatti che sono stati indicati per potersi organizzare al meglio.

Buon anno della cultura, dunque: che sia la scoperta di una straordinaria “foresta che cresce!”

(da Angelo in fAmigliA light – www.santalessandro.org)

CARITÀ 17 2023 numero 1

“Prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza; significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità”.

Prendersi cura della fragilità

Bilancio 2022 delle attività del progetto “Legami di pane”

Con il progetto “Legami di pane” continuiamo a combattere lo spreco alimentare, aiutando contemporaneamente chi fatica a garantirsi il diritto al cibo. La situazione di povertà economica delle famiglie non va migliorando: se nel 2021 avevamo avuto una leggera flessione nel numero di famiglie che ricevono gli aiuti alimentari, quest’anno siamo ancora in aumento. Si sono aggiunte alle “tradizionali” persone che chiedono aiuto, attraverso il Servizio sociale Comunale, anche i profughi della guerra in Ucraina. Quelli che ricevono l’aiuto alimentare sul territorio di Albino in realtà non sono molti (contiamo 6 nuclei familiari) e quindi non incidono complessivamente sul sistema di distribuzione; abbiamo osservato un grande slancio di generosità, da parte della popolazione, quando è scoppiato il conflitto, perché l’idea di una guerra alle porte dell’Europa ci ha fatto sentire vicini ai profughi che fuggivano da bombe e combattimenti. A febbraio 2022 la protezione civile si è attivata per poter raccogliere cibo, medicinali, indumenti, che sono stati donati in grandi quantità. Questo sforzo generoso si è naturalmente esaurito nel giro di alcuni mesi.

Pensare di aiutare chi è in difficoltà in modo stabile, richiede un’organizzazione che sostiene la motivazione e contribuisce a supportare lo sforzo.

Attraverso il progetto “Legami di pane attivo ormai da molti anni, si sostengono in modo continuativo e organizzato, tante famiglie e persone a cui, nel nostro ricco paese, mancano le risorse economiche per avere cibo a sufficienza.

Nell’anno 2022 sono stati preparati e distribuiti 1.620 pacchi alimentari. Hanno usufruito del servizio 106 nuclei familiari, corrispondenti a 288 persone. C’è quindi un aumento rispetto al numero degli assistiti (nel 2021 sono state 95 famiglie corrispondenti a 275 persone).

Il peso di ogni singolo pacco si aggira attorno ai 20 kg con un massimo anche di 25 kg a seconda del numero di persone che compongono il nucleo familiare, per un totale distribuito di 320 quintali di prodotti.

Come lo scorso anno ulteriori 330 pacchi alimentari sono stati distribuiti, sempre nella stessa nostra sede/magazzino, a famiglie dell’Associazione Mamme del Mondo, per un totale di 66 quintali di prodotti.

Parallelamente all’attività di ritiro e distribuzione di cibo, si sta avviando un’altra iniziativa che consiste nel ritiro e distribuzione di mobili usati ed elettrodomestici. Al momento ciò avviene in modo sporadico, quando se ne presenta l’occasione e quando la donazione incontra immediatamente il bisogno, di modo che il ritiro e la “consegna” avvengano conseguentemente, facendo da “filtro” tra l’offerta e la domanda.

Anche rispetto a questo materiale, abbiamo notato che spesso chi cambia arreda-

mento o svuota un appartamento, mette a disposizione mobili ancora utili, che nell’ottica del contrasto allo spreco e della protezione dell’ambiente possono essere riutilizzati: le richieste vengono esaudite perché molti cittadini albinesi e non, prima di portare gli oggetti alla piattaforma ecologica, ci contattano, consapevoli che molti oggetti hanno ancora un valore. Per far diventare anche questa proposta stabile e continuativa, servirebbe però un magazzino, perché non abbiamo uno spazio adeguato per gestire oggetti di grandi dimensioni, come armadi, letti, ecc. e a malincuore siamo costretti a rifiutare questo tipo di mobili. Siamo perciò alla ricerca di un luogo che possa servire a questo scopo e che possa essere messo a disposizione in modo gratuito.

Di questa attività il volontario referente è Luigi Zanetti, ed è contattabile al seguente numero di cellullare: 380 340 3351.

Chi ha contribuito

Al progetto “Legami di pane” partecipano in modo continuativo 35 volontari del territorio, mettendo a disposizione annualmente circa 1.300 ore di volontariato.

L’amministrazione del Comune di Albino

Il contributo economico e sociale dell’Amministrazione è essenziale e indispensabile per sostenere tutta l’attività e la sua organizzazione. Il contributo economico copre la

18 CARITÀ

spesa necessaria ad avere sempre il magazzino fornito di tutti i beni che compongono il “pacco base” e per sostenere i costi del mezzo usato per ritirare le eccedenze al Banco Alimentare di Muggiò (MI) o delle raccolte che si fanno sul nostro territorio.

Le Assistenti Sociali comunali, sono invece coloro a cui le famiglie possono rivolgersi per usufruire dell’aiuto alimentare e partecipano attivamente alla progettazione del sistema, permettendo una corretta distribuzione e la documentazione, molto onerosa per quanto riguarda gli aiuti forniti dall’UE tramite il Banco Alimentare.

Continua la collaborazione con l’associazione Mamme del Mondo, che a loro volta tramite il progetto, aiutano altre 29 famiglie.

Il supermercato Il Gigante di Albino, continua a rifornire la nostra dispensa di prodotti freschi per 3 volte alla settimana, inoltre significative quantità di alimenti sono raccolte tramite la spesa sospesa, che ogni acquirente può donare spontaneamente, mettendo ciò che vuole in un carrello apposito. Altri 3 ritiri settimanali sono fatti dai volontari del progetto “Cum pane” di Gandino, per le famiglie di quella zona.

Nel 2022 sono stati fatti 13 ritiri al Banco Alimentare Lombardia che ha sede a Muggiò (Milano), per un totale di 209 quintali di prodotti

Inoltre con la giornata della colletta alimentare che il Banco propone annualmen-

te, è stato possibile usufruire di un ulteriore “carico” di 27 quintali che ha contribuito a rinforzare il magazzino.

Durante l’Avvento, le Parrocchie di Fiobbio, Comenduno, Abbazia e Vall’Alta hanno attivato una raccolta di generi alimentari e la risposta dei parrocchiani è stata come sempre molto generosa: abbiamo ricevuto cibo in abbondanza da distribuire.

Una volta alla settimana continuiamo a recarci presso la Dispensa Sociale della Cooperativa Namastè di Bergamo dove la stessa recupera le eccedenze al mercato ortofrutticolo e nei supermercati della città: ritiriamo frutta e verdura in grandi quantità che aggiungiamo poi nei nostri pacchi.

Grazie alla Dispensa Sociale una volta a settimana raccogliamo anche le eccedenze al supermercato Carrefour di Albino, ma al momento la consegna di derrate alimentare è così residua (4 kg circa di prodotti a settimana) da non essere significativa. Alcune ditte del nostro territorio, come Belotti conserve alimentari e la ditta Bortolotti salumi, a cui vanno i nostri ringraziamenti per la generosità, hanno regalato i loro prodotti in occasione delle feste natalizie.

Ci sono anche donatori che preferiscono mantenere l’anonimato ma il cui contributo permette di arricchire i pacchi alimentari distribuiti alle famiglie, tenendo vivo lo slancio solidale che ci fa riconoscere di poter essere d’aiuto.

Segnaliamo come elemento di attenzione il riconoscimento dell’Amministrazione comunale alle Associazioni di volontariato che si sono prodigate durante la pandemia, tra cui il gruppo composto dai volontari di “Legami di pane”. Nella serata del 20 ottobre 2022, organizzata con il patrocinio del Comune dalla Provincia di Bergamo, nell’ambito del progetto “Bergamo capitale del volontariato”, è stato conferito il riconoscimento per l’impegno profuso, che non si è arrestato nemmeno durante la fase acuta della pandemia.

Chi collabora

La Cooperativa “I sogni” di Gandino, attraverso il progetto Cum pane, svolge la nostra stessa funzione, distribuendo i pacchi alimentari in Val Gandino: insieme ritiriamo il cibo che ci viene consegnato dal Banco alimentare, che fortunatamente in questi anni è aumentato, così che abbiamo bisogno di due mezzi per poterlo ritirare, di cui uno è messo a disposizione dalla Cooperativa di Gandino, che con i suoi volontari, partecipa a questa attività.

Oltre a tutte gli Enti, le Associazioni, le Cooperative e i gruppi già nominati, è importante per noi segnalare la presenza:

- della Parrocchia di Albino, che è il soggetto titolare della convenzione per il progetto con il Comune insieme alla Cooperativa Il Cantiere, e per l’accordo con il supermercato Il Gigante; la parrocchia inoltre ha provveduto interamente all’acquisto del furgone che usiamo per il ritiro delle eccedenze alimentari;

- del Centro di primo ascolto che coinvolge le parrocchie di Albino e della Valle del Lujo, perché rileva bisogni e invia le persone al Servizio sociale del Comune, perché possano usufruire dell’aiuto alimentare;

- del Centro Servizi Volontariato che si impegna per sostenere le organizzazioni di volontari e i cittadini, come la nostra, attraverso consulenza, formazione, accompagnamento…

Non è stato invece possibile riattivare la raccolta alimentare e la sensibilizzazione nell’Istituto Comprensivo di Albino. A seguito dell’interruzione di questa attività dovuta alla pandemia, a oggi non ci sono ancora state le condizioni per riprendere l’iniziativa.

Referente del progetto per la Cooperativa “Il Cantiere”

19 CARITÀ 2023 numero 1

Un fatto, con protagonista un albinese, venuto alla luce in occasione del Giorno della memoria di quest’anno.

L’impresa di Gustavo e di una coppia ebrea

Gustavo Carrara, morto a 92 anni nel 2016, anno in cui è stato ricordato su queste pagine, merita un ulteriore ricordo per un’impresa, di cui è stato protagonista in gioventù e che è stata conosciuta solo di recente. L’hanno ricordata i figli e se ne sono trovati riscontri.

Beneficiaria del suo coraggio è una coppia di ebrei che erano internati ad Albino dal 16 marzo 1942 (nella foto): Mstowski Susi (Susie, Sprinza), nata il 23-11-1920, e Neumann Wolfgang, nato il 21-2-1914, lei polacca, lui tedesco. Giunti a Milano dai loro paesi per sfuggire alla persecuzione nazista contro gli ebrei, qui si erano conosciuti e sposati in attesa di emigrare negli USA, ma in Italia, per le leggi razziali fasciste erano stati, con le loro famiglie, prima deportati in un campo di concentramento in Calabria, poi internati “liberi” a Serina e quindi ad Albino. Della loro vita precedente si parla anche in un libro, opera del professor Antonio Spinelli, Vite nell’ombra, 2022, che si rifà a Rosa Stavsky Ivankowski, Not Enaough Points, 2009, scritti di una sorella di Susi.

Gustavo li conosce quando abitano ad Albino in via Umberto I (ora via Mazzini) al n. 2, mentre la sua casa era a metà della stessa via. Gustavo raccontò ai suoi figli che, un ebreo, musicista, per mantenersi dava lezioni a giovani di Albino. Fra questi era Gustavo, classe 1924, che gli portava, ogni lezione, un pane bianco per Susi che era rimasta incinta. Gustavo imparò a suonare con il violino la Czardas di Monti.

La famiglia di Susi era internata a Piove di Sacco, in provincia di Padova, ma si poterono incontrare fra loro pochissime volte; i due andarono là e qui venne la sorella Rosa, ancora vivente, più giovane di 10 anni rispetto a Susi, dopo aver ottenuto le autorizzazioni delle autorità fasciste con tanto di foglio di via. Quando, dopo l’8 settembre 1943, in Alta Italia si costituì la Repubblica Sociale Italiana occupata dall’esercito nazista, la soluzione finale del problema ebraico voluta da Hitler si avviò anche qui al compimento. I due stranieri sapevano che cosa voleva dire: deportazione in Germania per ignota fine.

Quando il capo dei fascisti albinesi, ricorda ancora Rosa, li avvertì che avrebbe do-

vuto arrestarli, probabilmente, l’indomani, entra in scena Gustavo, già appassionato di montagna, attivo nella sezione del Club Alpino Italiano di Bergamo, con certezza dal 1945, che propone un percorso di fuga in montagna verso la Svizzera, da Albino, via Selvino, così ricordano i figli, prima tappa a Serina.

Partono il 4 ottobre. «Il 4 ottobre 1943 fuggii da Albino via Tirano a Campocologno, dove incontrai le guardie di frontiera svizzere. Il passaggio della frontiera avvenne alle ore 07:00 nei pressi di Campocologno. Sono fuggito dall’Italia per paura di essere deportato dai tedeschi». Questa è la traduzione della dichiarazione in tedesco rilasciata da Wolfgang alla polizia svizzera l’11 ottobre 1943; l’originale è stato trovato presso l’Archivio Federale Svizzero.

Dal Questionario compilato da Susi per la polizia svizzera risulta che furono a Campocologno l’8-10-1943. Tre giorni di cammino da Albino (300 m. sul livello del mare), Selvino (1000 s.m.), Serina (800 s.m); quindi probabilmente in Val Brembana S. Giovanni Bianco (450 s.m.), Passo S. Marco (2000 s.m.), in Valtellina Morbegno (300 s.m), Tirano (400 s.m), Passo di Lughina (1500 s.m.), Campocologno (500 s.m.).

«Mia sorella ha raccontato come era pesante a lei di camminare. Ma erano fortunati. C’era sempre qualche d’uno che ha aiu-

tato» testimonia per scritto la sorella Rosa, il 27 novembre 2022. Gustavo, si sa, era arrivato con loro fino in Valtellina.

«Gli svizzeri li fecero passare perché Sprinze (Susi, n.d.r.) era incinta» scrive il prof. Spinelli citando memorie della sorella Rosa. Il 18 gennaio 1944 a Losanna nasce il primo figlio, Daniel. Oggi, a 79 anni, si può riconoscergli il titolo di cittadino onorario di Albino. Il 6 ottobre 1945 a Vevey nasce il secondo figlio. Nel 1947 la famiglia lascia la Svizzera per gli U.S.A. Da qui Wolfgang informa Gustavo.

Oggi pure ci si può chiedere perché questa storia di coraggio emerga ad Albino solamente dopo 80 anni.

Si può avanzare l’ipotesi che Gustavo sia uno di quelli per i quali, come diceva Gino Bartali, “il bene si fa e non si dice”. E fu il suo modo di fare in tutto il suo quotidiano. Un’altra spiegazione si può trovare nel fatto che, nel decennio seguente ai fatti, gli italiani furono interessati a rinascere e ricostruire. E dimenticare la guerra e il fascismo. E con esso l’antifascismo. Questa memoria tardiva di un’impresa dimenticata non costruisce certo una cultura diffusa e condivisa, ma vuole almeno ricordare che “l’antisemitismo e l’anti giudaismo sono l’archetipo del pregiudizio” (Elena Loventhal, La stampa 14-10-2022), e di ogni discriminazione.

Burundi: intervista al Vescovo di Bururi di prima nomina, mons. Salvator Niciteretse

Quali sono le sfide all’evangelizzazione?

La povertà è una sfida all’evangelizzazione. Altra sfida è la diffusione di una fede a volte superficiale. Non sempre si ha una fede cosciente o impegnata nella trasformazione della società. Quindi una fede che non ha un riflesso nella società. Questa, a mio avviso, è una sfida alquanto seria.

Il Burundi ha un passato di guerre civili. Come questo passato incide sulla vita della popolazione e della Chiesa?

La riconciliazione è un’ulteriore sfida. Mi sembra che a livello di popolazione non vi sono grossi problemi per la riconciliazione: i problemi maggiori si trovano a livello dei politici che hanno ideologie e interessi da difendere. Le discriminazioni sociali sono all’origine delle violenze.

La sua diocesi e la Chiesa in Burundi si apprestano a celebrare anniversari importanti…

Un avvenimento importante per la diocesi di Bururi è il ricordo dell’uccisione di 40 seminaristi nel 1997 che si erano rifiutati di dividersi in base alle etnie Huti e Tutsi. Sto per chiudere l’inchiesta diocesana per la loro beatificazione, insieme a quella di due padri saveriani e di un laico uccisi.

Padre Giovanni ci scrive

Cari amici, mi faccio vivo dopo un po’ di tempo. La cappella della nostra casa regionale di accoglienza è stata allungata, raddoppiata, sempre piena con confessioni prima e dopo messa. Nel periodo natalizio ci sono suore di varie congregazioni con vestiti di vari colori, con novizie, probande, studenti; operai, militari, tutti prima di andare al lavoro e a scuola.

I nostri nuovi giovani aspiranti missionari sono sei, altro otto sono partiti per il Congo per il prenoviziato e il noviziato, altri continuano gli studi di filosofia nel seminario diocesano, un giorno forse li vedremo curati o parroci nelle nostre parrocchie d’Italia…

Padre Bruno con i suoi 87 anni continua a posare chilometri di tubi per portare acqua a scuole, ospedali, villaggi e fontane varie. Padre Modesto con la sua toyota dopo la messa è uscito di strada per evitare ragazzi, è rotolato giù per un dirupo con alcune mamme a bordo: si è rotto una gamba, finito in ospedale con alcuni feriti.; ora è in Italia; i chiodi e le viti per ripararlo non bastavano qui… I bambini che aiutavo, orfani o figli di mamme vedove, ora sono cresciuti e la scuola chiede più soldi e la fame è più robusta.

I generi di prima necessità, riso, fagioli, latte, farina, zucchero ecc. ora costano il doppio: siccità, svalutazione, guerre portano conseguenze anche qui; i salari restano sempre uguali, qualche euro al giorno per operai semplici.

Io, classe 1944, continuo a marciare con qualche pastiglia, per non morire giovane. Il giorno di Cristo Re, fra due messe abbiamo fatto la processione sulla collina che porta al dispensario; si scivolava un po’ e c’era fango data la pioggia della notte, ma tutti, giovani e vecchi col bastone e con l’ombrello siamo saliti, cantando e benedicendo, a tutta voce, le cose; mi ricordava la processione di Cristo Re per le vie di Albino quando ero nei fanciulli cattolici o nei paggetti.

A parte questioni che fanno soffrire, la gente continua a credere nel Signore, nella vita; nonostante malattie, acciacchi incurabili cerca di sobbarcarsi con tanti lavoretti, compravendita di qualche prodotto della terra. Sono i poveri che aprono il Cielo ai ricchi.

Siamo anche noi ricchi di bene per condividere col mondo intero i nostri doni. Un abbraccio

DATA SIGNIFICATIVA 21
2023 numero 1 ALTRI MONDI
P.

LAVANDERIA LAVASECCO

Fassi Fulvia di Esther

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26 DATE SIGNIFICATIVE

In Bosnia un progetto made in Albino

L’11 novembre una famiglia di richiedenti asilo ha trovato casa a Kakanj, una città a circa 40km da Sarajevo, grazie al progetto “Bosnia: Beyond the Emergency” finanziato da un comitato di realtà bergamasche coordinato da Caritas Bergamo e supportato da Caritas italiana.

Questo progetto propone un modello di accoglienza alternativo ai grandi campi profughi che attualmente rappresentano la principale forma di accoglienza per richiedenti asilo in Bosnia ed Erzegovina. La safe-house (luogo di rifugio sicuro) di Kakanj è una possibilità di integrazione per questa famiglia con la comunità locale. Il progetto è stato sostenuto a livello locale dall’ONG Alternativa attraverso corsi di lingua, accompagnamento nell’inserimento scolastico e lavorativo. Wilson e Renato, padre e figlio, sono originari dell’Ecuador, dell’America del sud, fuggiti dalla miseria e da una dittatura, e hanno passato gli ultimi anni in Ucraina, dove Renato ha frequentato la scuola. A febbraio 2022, con l’escalation della guerra in Ucraina, hanno lasciato il paese in cerca di un posto sicuro e si sono fermati al campo profughi di Ušivak, presso Sarajevo. La loro meta iniziale era l’Europa occidentale, ma dopo aver trascorso qualche mese in Bosnia-Erzegovina hanno deciso di restare e costruirsi una nuova vita.

In questi mesi al campo di Ušivak, Renato ha potuto frequentare la scuola solo per poche ore alla settimana senza avere la possibilità di essere inserito in una classe, ma con il trasferimento nella nuova casa e presso la scuola di Kakanj potrà finalmente continuare a studiare in modo regolare ed avere dei compagni di classe.

Giulia Baleri di Albino racconta come è nato il progetto: “Il mio legame con questo progetto è iniziato più di un anno fa mentre lavoravo presso l’ufficio migranti della CGIL di Bergamo ed ero rappresentante per la Rete della Pace di Bergamo.

Mi è stato chiesto di occuparmi di quella che ancora era l’idea di un progetto am-

bizioso e sperimentale cioè portare l’esperienza italiana dell’accoglienza diffusa dei migranti in un paese complesso come la Bosnia ed Erzegovina, avendo come fine ultimo l’apertura di una safehouse a Kakanj.

La gestione della rotta balcanica è sempre stata ad un livello emergenziale e la Bosnia ed Erzegovina è tutt’ora visto come un paese di transito dalla maggior parte dei richiedenti asilo che si fermano solo il tempo necessario per recuperare le risorse e le energie necessarie per tentare il “game” verso l’Europa, così i migranti chiamano il tentativo di attraversare la frontiera. Tra di loro però c’è qualcuno che decide di restare in Bosnia ed Erzegovina per costruirsi una nuova vita e credo che i loro diritti debbano essere rispettati e che meritino una possibilità di integrazione in un contesto più adatto alle loro esigenze, specialmente se si tratta di migranti vulnerabili o di famiglie.

Con il prezioso aiuto di chi aveva fatto parte del comitato Bergamo-Kakanj negli anni 90, quando flotte di bergamaschi partivano per aiutare le comunità e le famiglie locali, abbiamo organizzato la prima missione di verifica del contesto di Kakanj e abbiamo capito che era-

vamo sulla strada giusta perché tutte le organizzazioni internazionali attive nella migrazione ci hanno supportato, a partire da Caritas italiana che ha fatto da guida al progetto.

Abbiamo iniziato quindi a collaborare con Alternativa, che da anni lavora nella città di Kakanj.

Questo progetto è stata per me l’occasione di conoscere la Bosnia ed Erzegovina, tanto da decidere di investire un anno nell’esperienza di servizio civile universale con Caritas italiana a Sarajevo. L’esperienza di servizio civile che sto vivendo, dopo sei anni all’ufficio immigrazione della CGIL di Bergamo, mi ha permesso di continuare a seguire il progetto da Sarajevo, mentre lavoro nel campo profughi di Ušivak e nel Social corner di Sarajevo.

Speriamo che in un futuro, dalla condivisione di questo pezzo di percorso, possano nascere nuove iniziative”.

Per sé aggiunge: “Sono stata fortunata a vivere questa esperienza, mettendo in pausa il mio lavoro per un po’. E’ stato anche un investimento su me stessa, ha significato aprire gli occhi su tanti nuovi mondi, immergermi in nuovi contesti sociali e misurarmi su questi”.

23 2023 numero 1 ALTRI MONDI
Giulia Baleri, Renato e Wilson, dietro in mezzo a loro Daniele Bombardi della Caritas italiana, quindi Renata Glavinka e Amela Ajanovic della Caritas Bih, Federica Vivoda della Caritas italiana).

ACLI ALBINESI

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

I 75 anni della Costituzione Italiana

Sono passati 75 anni dal 1° gennaio 1948, giorno in cui la Costituzione italiana è entrata in vigore, diventando la legge fondamentale per tutti gli italiani. Una “bussola”, come ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno, che continua a guidare la nostra democrazia e a garantirne il funzionamento. Celebrare questo anniversario significa essenzialmente due cose: fare memoria ed assumere un impegno.

Fare memoria innanzitutto del clima in cui la Costituzione venne elaborata, della ricerca continua di convergenze fra le forze politiche che insieme avevano combattuto il fascismo in nome della libertà e della democrazia, e che pur essendo progressivamente divise dalle loro diverse ispirazioni culturali e scelte di politica internazionale, fino alla fine operarono affinché i lavori della Costituente privilegiassero ciò che univa piuttosto quello che divideva, sia nella definizione dei principi fondamentali sia nella costruzione della forma di governo.

La Costituzione indica già da se stessa le modalità per la sua modifica: se si vuole lavorare in questa direzione, e questo è generalmente riconosciuto come necessario, occorre che, soprattutto da parte della maggioranza parlamentare (che è tale solo in virtù della legge elettorale, dato che in se stessa non rappresenta la maggioranza assoluta degli elettori), si cerchino le opportune convergenze per la definizione di un testo condiviso, giacché la Costituzione è la casa comune di tutti gli Italiani, e ad essa non si addicono forzature unilaterali.

L’impegno, come è ovvio, è quello di verificare costantemente le azioni dei singoli, delle organizzazioni, dei partiti politici e dei governanti ad ogni livello secondo il metro esigente che i costituenti hanno definito, per la riaffermazione della centralità del lavoro, per la rimozione delle barriere sociali, per l’affermazione dei diritti di tutti senza distinzione di sesso, di etnia, di religione, per la promozione della pace nella giustizia, in una parola per la costruzione di una società a misura delle donne e degli uomini del nostro tempo.

Le ACLI, che ebbero numerosi fra i loro iscritti e dirigenti fra i padri costituenti, a partire da Achille Grandi che per breve tem-

po fu Vicepresidente dell’Assemblea, riaffermano la loro fedeltà alla Costituzione come parte integrante della loro fedeltà alla democrazia, e si impegnano a ricercare le vie possibili per uno sviluppo organico del progetto costituente che salvaguardi le esigenze della rappresentanza sociale e politica con quelle della governabilità.

La scomparsa del Papa Emerito, Benedetto XVI

In tutta la sua esistenza di teologo, vescovo , prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed infine Sommo Pontefice, Joseph Ratzinger è stato guidato da una fortissima passione per la verità che egli intendeva come manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini in Gesù Cristo.

Segnato dall’esperienza della Seconda Guerra mondiale e dal doloroso cammino di ricostruzione della sua Patria tedesca, egli si fece carico del terribile fardello dello sterminio del popolo ebraico e di altre presunte “razze inferiori” da parte del potere nazista al fine, come disse nella sua visita ad Auschwitz nel 2006, di ottenere “con la purificazione della memoria, alla quale ci spinge questo luogo di orrore (…) di porre un limite al male e dare forza al bene”.

Sempre saldo fu il suo riferimento al Concilio Vaticano II, cui partecipò come esponente di punta fra i periti che affiancavano i Padri conciliari, che egli intese come “riforma e non rottura” rispetto alla continuità della grande Tradizione della Chiesa, spesso scontando incomprensioni e malesseri rispetto a quelle che gli sembravano fughe in avanti o veri e propri errori teologici. In materia sociale, egli operò per il rinnovamento della Dottrina sociale della Chiesa alla luce delle esigenze dei tempi nuovi , come testimonia la grande enciclica “Caritas in veritate”, imperniata sul binomio “giustizia e bene comune” sulle orme della “Populorum progressio” di Paolo VI, sottolineando per parte sua lo stretto legame che intercorreva tra “fraternità, sviluppo economico e società civile”, e ricordando che “la giustizia riguarda tutte le fasi dell’attività economica”, e senza giustizia non si dà un’economia a misura dell’essere umano.

24 ASSOCIAZIONISMO

Giornata della Pace

Il messaggio del Papa per la 56ma Giornata della Pace richiama una volta di più l’umanità al suo destino comune, a partire dalla gravissima crisi della pandemia da COVID-19 da cui stiamo uscendo con difficoltà.

La via che il Papa suggerisce ai credenti e a tutta l’umanità è quella del riconoscimento del dato di fatto della fratellanza umana, del destino comune di tutta l’umanità, che nella prospettiva cristiana nasce dalla comune figliolanza divina e in una prospettiva laica dalla realistica presa d’atto che siamo tutti nella stessa barca, soffriamo degli stessi mali e abbiamo bisogno di solidarietà e di condivisione.

Non è una favola consolatoria, ma un dato di realtà, che le risposte più efficaci alla pandemia e alle sue conseguenze sono quelle che sono nate da uno sforzo solidale, sia quello degli scienziati che hanno operato rapidamente per trovare nuovi vaccini e cure, sia quello di “gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari”.

Alla sfida del virus si è unita quella della guerra in Ucraina, che, insieme a tutti gli altri conflitti armati del mondo, ci ricorda la forza pervasiva del male, un male che nasce da ambizioni di potenza, avidità, storture sociali….

Un male antico quanto l’umanità, e per questo da affrontare pazientemente nella quotidianità, attraverso lo sforzo del dialogo, della reciproca comprensione, della conversione, sapendo leggere al di là delle parole altisonanti, guardando alla radice dei problemi e riconoscendo l’oggettività delle sfide che abbiamo di fronte.

E il Papa è chiarissimo su queste sfide: garantire la salute pubblica, promuovere azioni di pace per superare i conflitti, prenderci cura della Terra, la nostra casa comune, combattere il “virus delle diseguaglianze” e impegnarci perché tutti abbiano casa, cibo e lavoro, promuovere l’accoglienza e l’integrazione in particolare di coloro che migrano da situazioni di guerra e povertà.

“Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace”.

Stupefacente

È una di quelle notizie che fermano l’orologio della storia per riportarne le lancette al posto giusto. In questo caso si tratta di quella deviazione sempre più accentuata che ha fatto del denaro un valore assoluto in grado di creare drammatiche disuguaglianze e ingiustizie in questo nostro Pianeta, dove l’80% della ricchezza mondiale è in mano al 4% delle persone.

A spostare quelle lancette è stata una giovane donna che ha scelto di dimostrare come i soldi non fanno la felicità. Si chiama Marlene Engelhorn, ha 29 anni, ed è una delle eredi della multinazionale tedesca Basf, il maggior gruppo chimico del mondo.

Con una decisione esplosiva ha annunciato di rinunciare alla sua parte del patrimonio, 4,2 miliardi di dollari, che riceverà alla morte della nonna, 94 anni, come risulta dal testamento presentato alla famiglia. Un lascito di cui Marlene intende “liberarsi” per destinarlo a iniziative sociali.

“Non sono felice per questa eredità, anzi ne sono turbata. Non merito quei soldi, non ho fatto nulla per riceverli: pura fortuna, casualità della nascita. E poi che vantaggio è essere super ricca, avere una ricchezza tutta per me? A quel punto sono sola. Ha molto più senso condividere con la società che sostiene e aiuta a scoprire il vero significato della felicità che nasce dalla solidarietà”, ha detto in una recente intervista..

La decisione di Marlene non è improvvisata, arriva da scelte esistenziali che l’hanno vista fra le fondatrici di numerosi movimenti in cui i poveri, i bisognosi, vengono ritenuti persone normali e non scarti della società.

Felicità

“Molti pensano, specie in Occidente, che il denaro renda felici. Io penso invece che sia più difficile essere felici se sei ricco, perché è più difficile vedere Dio, hai troppe cose a cui pensare. Se tuttavia Dio ti ha dato il dono della ricchezza allora usala per i suoi scopi: aiutare gli altri”. È uno fra i tanti “pensieri” di Madre Teresa di Calcutta.

Per le Acli albinesi Gi.Bi.

25 2023 numero 1 ASSOCIAZIONISMO

Giorni fa, per la rubrica “Le parole che ti direi” de’ L’ECO DI BERGAMO, un giornalista, ricordava che il motto del papà scomparso era: “Poca lapa e tanta sapa”. Ecco, sembrava la descrizione di nostro zio don Giuseppe. Certo, la “lapa” c’era, spiegava e si confrontava con grandi e piccini argomentando con ricche quantità di date e citazioni, era un dialogo concreto, costruttivo e mai banale. E la “sapa” non era quella dell’ortolano che cura il seminato, alla terra dedicava le Rogazioni. Lui curava l’anima delle persone, sempre disponibile all’ascolto e per questo venne battezzato “l’uomo del confessionale”. Manca da 30 anni, ma chi ha avuto l’occasione di conoscerlo, lo sente ancora presente nella propria vita come se avesse lasciato consigli anche per il futuro.

Ha avuto la possibilità di dedicarsi tanto al lavoro perché è sempre stato affiancato dall’infaticabile sorella Maria che, giovanissima, l’ha seguito in tutto il percorso sacerdotale (19401992) sollevandolo da ogni incombenza pratica e materiale. Lo ricordiamo studioso e rigoroso nell’espletamento del suo ministero, molto rispettoso delle Autorità religiose fra cui Curia e Seminario.

Impegnato nella predicazione, non mancava mai di raccomandare la preghiera e l’obbedienza a ognuno nel proprio ruolo. Da Gorlago, dalla parrocchia di S. Alessandro in colonna in città e da Vertova, tante ancora le testimonianze di affetto e riconoscenza: catechisti, “ragazze” dell’Azione Cattolica e sacerdoti alcuni dei quali sue vocazioni. Il ricordo e la stima di familiari, amici e conoscenti rimangono vivi e sinceri.

I familiari

don Giuseppe Carrara a trent’anni dalla morte

A trent’anni dalla morte del caro don Giuseppe Carrara, il ricordo non si è ancora spento in chi l’ha riconosciuto come padre, sacerdote, pastore attento, uomo di Dio. Proprio in questi giorni ho avuto modo di incontrare persone di Gorlago che lo ricordavano con tanto affetto per essere stato il loro curato del primo oratorio domestico negli anni ’40 del secolo scorso, coadiuvato dall’infaticabile e giovane sorella Maria.

Sacerdote che sapeva raccogliere e coinvolgere, che sapeva “sfamare” e indirizzare, in tempi certamente più propizi dei nostri, ma comunque difficili.

Così in seguito nella parrocchia cittadina di S. Alessandro in Colonna come vicario e a Vertova per il 24 anni come prevosto, il suo ministero è tutt’ora ben ricordato per aver coniugato l’attenzione a tutti e l’accompagnamento personale.

Uomo di preghiera e del confessionale e da qui molto attento ai bisogni delle persone, soprattutto dei più poveri e bisognosi di cure.

Per me è stato un padre.

Attento alle mie necessità (la mia famiglia negli anni ’60 non navigava in chissà quali possibilità) provvedeva perché continuassi negli studi senza pressioni per la scelta di vita, mi responsabilizzava nelle attività della parrocchia.

E devo riconoscere che proprio la sua testimonianza di vita retta, di carità delicata e rispettosa, mi hanno aiutato a decidermi, a 22 anni, a entrare in seminario per verificare e poi decidere la mia vocazione.

Ancora oggi ti ringrazio, don Giuseppe, per il tanto che mi hai dato.

Ti ringrazio a nome delle tante persone che ti hanno conosciuto e stimato. Ti ringrazio a nome della Chiesa per la quale hai offerto la tua vita e alla quale hai dato tanto amore.

Ci hai parlato di Gesù, ora nella liturgia del Paradiso che eternamente celebri, parla a Gesù di noi, continua a portarci a Lui e riposa nella pace.

Ricordiamo
26 RICORDO

Maria Teresa Carrara

Nel giorno in cui la Chiesa ringrazia col canto del Te Deum per i doni ricevuti durante l’anno, Mariateresa ci ha lasciato facendo il suo ringraziamento non con le parole o col canto, ma si è presentata di persona davanti al Padre dei cieli restituendogli la vita che aveva ricevuto. La Parola di Dio ascoltata illumina questo momento di buio, di sofferenza e di dolore, e come dice il vangelo di Giovanni che abbiamo meditato in questo tempo di Natale: la luce splende nelle tenebre!

Il salmo responsoriale ascoltato era il salmo preferito di Mariateresa e ci ha detto che “il Signore è il nostro custode”, è Colui che ha cura di noi.

Si noti che questo salmo non è una preghiera e neppure una lode (come sono invece la maggior parte dei salmi). Non si parla direttamente a Dio, ma si parla di Dio. Non si raccontano le cose eccezionali di Dio. Si racconta la sua protezione quotidiana, silenziosa e sempre attenta. Dicevo che non è una preghiera, ma è più di una preghiera. Dice una certezza che ogni uomo deve costantemente ricordare. Se mancasse questa certezza saremmo in balia della monotonia che ruba all’uomo il gusto di vivere.

E Mariateresa faceva questo ragionamento: che cosa si custodisce se non le cose preziose? Lei sapeva di essere una persona preziosa agli occhi del Signore. E perché lo credeva? E qui ci viene in aiuto la prima lettura: perché siamo figli di Dio e lo siamo realmente! Mariateresa nonostante le difficoltà della vita, la sua infanzia difficile per la morte dei genitori, ha sempre coltivato una grande fede che l’ha accompagnata durante la sua vita e aiutata in questi anni di malattia.

Una donna energica, decisa, a volte fuori degli schemi, una donna capace di

tenere insieme ... i preti del vicariato, e con forza e con delicatezza! Chi non si ricorda di aver ricevuto dei fiori per il suo compleanno o per il suo onomastico?

Mariateresa era così: prenderla o lasciarla!

Aveva a cuore la Chiesa, il suo vescovo, amava la Parola di Dio, sentiva a “passione” per l’ecumenismo, è stata membro del consiglio pastorale diocesano, amava questa parrocchia (anche se aveva nel cuore quella di Nembro!), amava e stimava i suoi preti, i suoi curati ...gustava e godeva (ma anche criticava) la liturgia: cercava e trovava lettori e cantori per la messa del mattino. Una donna dalla scorza dura, ma di un cuore grande. Certo aveva il suo bel carattere e qualcuno si sarà certamente scontrato con lei e l’avrà mandata a quel paese! Ma poi riprendeva il dialogo. Mariateresa ha vissuto questi ultimi anni della malattia la nascita della nipotina Rachele le aveva procurato tanta gioia (“sono diventata nonna” mi diceva), ma ha dovuto lottare anche con la sofferenza che ha vissuta con coraggio e a testa alta. Spesso le dicevo che la grinta si vede nel momento del dolore e questo si è potuto vedere.

E quando parlava della sua malattia, pur consapevole che non ne sarebbe uscita indenne, era sempre positiva: quello che Dio vuole.

Ma ripeto la sua era una fede “forte”, era la fiducia in colui che non lascia vacillare il tuo piede, in colui che non si addormenta, non prende sonno, ma è vigile per custodire qualcosa di prezioso.

Fra’ Sandro (Omelia dell’Eucaristia funebre)

giorno fa nella sua abitazione in monsignor Camillo Carrara ad Albino. Soccorso da una vicina, non è sopravvissuto al successivo ricovero in ospedale dove il suo cuore ha cessato di battere sabato 14 gennaio. Aveva 84 anni.

Nato il 2 luglio 1938, celibe, ha speso la vita per il bene degli altri. Coltivava il dono prezioso dell’amicizia, portava nel cuore le lontane terre di missione dei frati Cappuccini dove ha operato per tanti anni come volontario falegname e formatore, nei tempi delle ferie e della pensione, ma anche come benefattore fornendo e organizzando spedizioni di attrezzature per l’allestimento di falegnamerie.

Figlio di Battista (1891-1963) e di Maria Canavesi (1899-1983), Antonio è l’ultimo di cinque fratelli: Lina, Elvira, Rita e fra’ Teotimo (al secolo Francesco), padre Cappuccino, classe 1924, l’unico ancora vivente, per anni missionario in Eritrea e attualmente di casa al convento di Bergamo.

Ai funerali, presieduti da don Giuseppe e concelebrati da dieci padri Cappuccini nel pomeriggio di martedì 17 gennaio si è espressa la riconoscenza per la bella persona che è stata Antonio, uomo mite, determinato e generoso.

«L’ho incontrato l’ultima volta il 23 ottobre ad Albino - ha ricordato padre Antonio Forchini -, in occasione della Giornata missionaria mondiale. Antonio l’ho conosciuto bene in Costa d’Avorio, era celibe ma la sua vita è stata fecondissima perché ha fatto molto bene. Ha operato anche in Eritrea, Etiopia, Camerun e Thailandia come mi ha ricordato il segretario delle missioni estere Cappuccine padre Marino Pacchioni che è qui presente. Le sue opere ci parlano ancora, è stato un bravo falegname, ha saputo fare e ha insegnato con passione i segreti del suo lavoro, di cui non era affatto geloso, a tanti giovani, come Willy e Maxime che attualmente dirigono quella falegnameria. Quando mi salutava si commuoveva, era un suo tratto caratteristico che spiegava una sensibilità concreta che è attenzione all’altro».

Antonio Rondi

Non ce l’ha fatta Antonio Rondi a riprendersi da un malore avvenuto qualche

Lo piangono il fratello padre Teotimo, il cognato Aldo, i nipoti Annamaria, Giovanna, Paolo e Aldo e la tante comunità dove ha vissuto e operato sapendo intessere relazioni buone.

27 RICORDO 2023 numero 1

CASA FUNERARIA di ALBINO

CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria.

La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spazio, climatiche igienico sanitarie.

Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia.

Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma.

La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica.

Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognuno dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE

Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende:

- Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione;

- Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo;

- Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it

Anniversari

Defunta

Da dicembre ‘22 a gennaio ‘23

... è rinato nel Battesimo

- Jacopo Suardi

... sono tornati alla casa del Padre

- Irma Pezzotta

- Miria Signori

- Giacomina Carrara

- Paolina Bertocchi

- Eleonora Torcello

- Antonio Moioli

- Margherita Piccoli

- Laura Acerbis

Silvestro Capitanio

7° anniversario

20.07.1944 - 30.01.2016

Sei sempre nei nostri cuori.

Anna Carrara

vedova Usubelli

anni 64

11.04.1958 - 28.12.2022

La famiglia ringrazia

- Luciana Foini

- Anna Carrara

- Arturo Zanchi

- Maria Teresa Carrara

- Emilia Dipilato

- Marzia Azzola

- Antonio Rondi

- Margherita Bonini

Aurelio Testa

3° anniversario

17.04.1938 - 25.01.2020

Grazie per il dono che sei stato per la tua famiglia!!!

Da lassù veglia sui tuoi cari

Luigi Signori

3° anniversario

05.08.1937 - 23.02.2020

Il tuo ricordo ci accompagni ogni giorno

* sposati fuori parrocchia - ** 3 solo con benedizione

ANAGRAFE PARROCCHIALE 29
Breve prospetto pastorale di questi ultimi tre anni 2020 2021 2022 Battesimi 29 23 29 1e Comunioni 37 58 50 Cresime nessuna 56+46 55 Matrimoni nessuno 7+4* 8+5* Defunti 137 49 82**

In questi giorni difficili per l’Ucraina, ricordiamo una bella poesia di Gianni Rodari dal titolo “La luna di Kiev”: una filastrocca per l’infanzia che è anche un appello all’unione e alla solidarietà tra gli uomini.

La luna di Kiev

Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella…

“Ma son sempre quella! – la luna protesta –non sono mica un berretto da notte sulla tua testa!

Viaggiando quassù faccio lume a tutti quanti, dall’India al Perù, dal Tevere al Mar Morto, e i miei raggi viaggiano senza passaporto”.

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