Albino comunità viva - ottobre 2022

Page 1

GIORNALE DELLA COMUNITÀ
PARROCCHIALE DI
SAN GIULIANO
- OTTOBRE 2022

La Solitudine

Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 751 039 albino@diocesibg.it

Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 751 288 oratorioalbino@gmail.com

Santuario del Pianto 035 751 613 - www.piantoalbino.it

Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 751 119

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 751 482 - 035 02 919 01 Padri Dehoniani Tel. 035 758 711

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 751 253

Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30

PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 45 983 50

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 45 984 91 - 035 515 532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 81 735 75

PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278 111 - 035 278 224

GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

www.oratorioalbino.it

è la virtù da coltivare in questo anno pastorale

ORARI delle SANTE MESSE

FESTIVE

In Prepositurale

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Al santuario del Pianto ore 7.30 - 17.00

Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

FERIALI

In Prepositurale

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Pre positurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Al santuario del Pianto ore 7.30

Alla Guadalupe ore 8.00

Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

In copertina: il saluto a don Andrea e il benvenuto a don Luca (foto di Maurizio Pulcini).

INFO UTILI
RECAPITI
11 maggio 1952, il Capo dello Stato Luigi Einaudi ad Albino ai funerali dell’amico, filosofo e giurista, Gioele Solari.

Le prime parole che Marta pronuncia nel vangelo di Luca. Che modo strano (indisponente) di accogliere Gesù nella propria casa! E dire che sono amici.

Certo che questa parte sappiamo farla bene anche noi quando siamo irritati per qualcosa che non va come vorremmo!

Iniziamo il nuovo Anno Pastorale e, speriamo, non con questo spirito.

Anche quest’anno ho scelto di prendere ispirazione per la virtù del nostro cammino dal vangelo che il vescovo ha consegnato alla diocesi con la sua lettera. E ho fatto fatica.

Ci troviamo nella casa di Marta, Maria e il loro fratello Lazzaro, che in questo brano non sappiamo dove sia: se c’è ancora o se sia già morto. È sempre stata accogliente, perché sappiamo che Gesù e i suoi erano di casa in quella casa; e chissà quante volte a Marta è toccato cucinare e a Maria ascoltare. Due modi di accogliere, entrambi preziosi. Eppure questa volta, chissà perché - nonostante ci siano ospiti in casa - Marta si senta sola, abbandonata: “mia sorella mi ha lasciata sola”. Purtroppo, quando ci si sente soli, quasi traditi o trascurati, si diventa acidi e il linguaggio si fa aggressivo. Marta rimprovera Gesù e gli dice quello che deve fare. Non sa che anche lui s’è trovato più di una volta in questa situazione e non l’ha fatto pesare. “Volete andarvene anche voi?”, aveva detto ai suoi. E, guarda caso, a volte creava le occasioni per fermarsi in questa famiglia di amici, forse per trovare una casa e un’amicizia confortevole. E anche lì si trovano tensioni.

E nella risposta di Gesù troviamo traccia di un’altra solitudine, la solitudine delle cose importanti: “di una cosa sola c’è bisogno”.

A questo punto la scelta della virtù è diventata obbligata: la solitudine.

Ma ecco la perplessità: se c’è un’esperienza negativa è proprio questa; e l’esperienza di questo tempo non ancora terminato ce lo conferma. Esperienza tragica.

Eppure … non è solo questo.

Un dubbio me l’ha fatto sorgere il ricordo – ormai nella notte dei tempi – di una canzone di Sergio Endrigo (“Canzone per te” 1968): “La solitudine che tu mi hai regalato, io la coltivo come un fiore”. Allora, può non essere solo negativo questo sentimento che qui si presenta velato di un po’ di nostalgia.

Pensa che rilettura: chi parla è stato abbandonato dalla persona amata, eppure riesce a viverlo non come una condanna o un affronto, ma come un regalo, come un’opportunità da non perdere: la capacità di passare dal “sentirsi soli” allo “stare soli”, dal digiuno affettivo al prendersi cura, anche di sé stessi. La capacità di scoprire la solitudine come un laboratorio (io la coltivo come un fiore), dove si va in profondità, si guarda, si ascolta, si rielabora, si progetta, si prega.

E mi pare che, partendo dalla Parola accolta nel silenzio, dovremmo aiutarci, come la levatrice, a far nascere, dentro la solitudine, la sofferenza e la morte, i fiori della vita.

D’altra parte, quante persone sempre coinvolte nelle pubbliche relazioni avvertono il bisogno, per non sclerare, di solitudine per ricaricarsi, per trovare nuova ispirazione. Inoltre, c’è chi si sente solo o “un pesce fuor d’acqua” anche in mezzo ad una mol titudine di gente e chi sta benissimo da solo.

Concedimi di concludere con tre citazioni:

Giacomo Leopardi scriveva: “La solitudine è una lente di ingrandimento: se sei solo e stai bene, stai benissimo; se sei solo e stai male, stai malissimo”.

Così il filosofo francese Jean Paul Sartre ci indica la radice del problema: “Se ti senti solo quando sei da solo, sei in cattiva compagnia”.

Una sottolineatura positiva la faccio citando una canzone che ho già ricordato di Jovanotti: ”Io lo so che non sono solo anche quando sono solo”; un ragazzo che ha trovato un equilibrio dentro di sé.

Pensavo in questi giorni all’arrivo di don Luca che, dopo nove anni immerso nella pastorale di Terno, si trova in un ambiente nuovo, anche lui con le sue solitudini. Mi pare di poter dire che si sia già dato da fare per farle diventare operose; e mi pare che i ragazzi, gli adolescenti e i giovani si siano dati da fare a loro volta per camminare insieme.

A tutti auguro un buon cammino, e i momenti di solitudine possano essere fecondi

Ottobre 2022
“Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti” (Luca 10,40)

Gli insegnamenti di Papa Francesco

Al convegno “Linee di sviluppo del patto educativo globale”, 1 giugno 2022

SULL’EDUCARE

“Partendo da Troia, Enea non porta con sé dei beni, delle cose – a parte gli idoli Penati – ma solo il padre e il figlio. Le radici e il futuro, le promesse. Questo ci ricorda che in ogni processo educativo bisogna sempre mettere al centro le persone e puntare all’essenziale, tutto il resto è secondario. Ma mai lasciare le radici e la speranza del futuro. Anchise e Ascanio, oltre a rappresentare la tradizione e il futuro, sono anche simbolo delle fasce fragili della società che bisogna difendere, respingendo la tentazione di scartare, di emarginare. La cultura del lo scarto vuole farci credere che quando una cosa non funziona più bene bisogna buttarla e cambiarla. Così si fa con i generi di consumo, e purtroppo questo è diventato mentalità e si finisce per farlo anche con le persone. Cari amici, questo nostro tempo, in cui il tecnicismo e il consumismo tendono a fare di noi dei fruitori e dei consumatori, la crisi può diventa re momento propizio per evangelizzare nuovamente il senso dell’uo mo, della vita, del mondo; per recuperare la centralità della persona come la creatura che in Cristo è immagine e somiglianza del Creatore. Questa è la verità grande di cui siamo portatori e che abbiamo il dovere di testimoniare e trasmettere anche nelle nostre istituzioni educative”.

Ai partecipanti al Congresso Internazionale dei Catechisti, 10.09.2022

SULLA CATECHESI

“Vi prego: non stancatevi mai di es sere catechisti. Non di “fare la lezio ne” di catechesi. La catechesi non può essere come un’ora di scuola, ma è un’esperienza viva della fede che ognuno di noi sente il deside rio di trasmettere alle nuove gene razioni. Certo, dobbiamo trovare le modalità migliori perché la comu nicazione della fede sia adegua ta all’età e alla preparazione delle persone che ci ascoltano; eppure, è decisivo l’incontro personale che abbiamo con ciascuno di loro. Solo l’incontro interpersonale apre il cuo re a ricevere il primo annuncio e a desiderare di crescere nella vita cri stiana con il dinamismo proprio che la catechesi permette di attuare. Non dimenticate mai che lo scopo della catechesi, che è una tappa privilegiata dell’evangelizzazione, è quello di giungere a incontrare Gesù Cristo e permettere che Lui cresca in noi.

Cari catechisti e catechiste, voi siete chiamati a rendere visibile e tangibile la persona di Gesù Cristo,

2 VITA DELLA CHIESA

che ama ciascuno di voi e per que sto diventa regola della nostra vita e criterio di giudizio del nostro agire morale”.

Ai partecipanti all’assemblea pubblica di Confindustria, 12.09.2022

SUL BENE COMUNE

“Come vivere oggi lo spirito evange lico di condivisione? Le forme sono diverse, molto importante è quella modalità che nel mondo moderno e nelle democrazie sono le tasse e le imposte, una forma di condivisione spesso non capita. Il patto fiscale è il cuore del patto sociale. Le tasse sono anche una forma di condivisione della ricchezza, così che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio. Certo, le tasse devono essere giuste, eque, fissa te in base alla capacità contributiva di ciascuno, come recita la Costitu zione italiana (cfr art. 53). Il sistema e l’amministrazione fiscale devono essere efficienti e non corrotti. Ma non bisogna considerare le tasse come un’usurpazione. Esse sono un’alta forma di condivisione di beni, sono il cuore del patto sociale.

La preghiera di Maria

Nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Vangelo ci propone il dialogo tra lei e la cugina Elisabetta. Quando Maria entra in casa e saluta Elisabet ta, questa le dice: «Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (Lc 1,42). Queste parole, piene di fede e di gioia e di stupore, sono entrate a far parte dell’“Ave Maria”. Ogni volta che recitiamo questa preghiera tanto bella e familiare, facciamo come Elisabetta: salutiamo Maria, la benediciamo, perché lei ci porta Gesù. Maria accoglie la benedizione di Elisabetta e risponde con il cantico, un regalo per noi, per tutta la storia: il Magnificat. È un canto di lode che potremmo definire “il cantico della speranza”. È un inno di lode e di esultanza per le grandi cose che il Signore ha compiuto in lei, ma Maria va oltre: contempla l’opera di Dio in tutta la storia del suo popolo. Dice, ad esempio, che il Signore «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (vv. 52-53).

Ascoltando queste parole, potremmo chiederci: la Vergine non sta forse esagerando un po’, descrivendo un mondo che non c’è? Infatti, quello che dice non sembra cor rispondere alla realtà; mentre lei parla, i potenti del tempo non sono stati rovesciati: il temibile Erode, ad esempio, sta saldo sul suo trono. E anche i poveri e gli affamati rimangono tali, mentre i ricchi continuano a prosperare.

Cosa significa quel cantico di Maria? Qual è il senso? Lei non vuole fare la crona ca del tempo – non è una giornalista -, ma dirci qualcosa di molto più importante: che Dio, attraverso lei, ha inaugurato una svolta storica, ha definitivamente stabilito un nuovo ordine di cose. Lei, piccola e umile, è stata innalzata e portata alla gloria del Cielo, mentre i potenti del mondo sono destinati a rimanere a mani vuote.

Pensate alla parabola di quell’uomo ricco che aveva da vanti alla porta un mendicante, Lazzaro. Come è finito?

A mani vuote. La Madonna, in altre parole, annuncia un cambiamento radicale, un rovesciamento di valori.

Mentre parla con Elisabetta portando Gesù in grembo, anticipa quello che suo Figlio dirà, quando proclamerà beati i poveri e gli umili e metterà in guardia i ricchi e chi si fonda sulla propria autosufficienza. La Vergine, dunque, profetizza con questo cantico, con questa pre ghiera: profetizza che a primeggiare non sono il potere, il successo e il denaro, ma a primeggiare c’è il servizio, l’umiltà, l’amore. E guardando a lei nella gloria, capia mo che il vero potere è il servizio – non dimentichiamo questo: il vero potere è il servizio - e regnare significa amare. E che questa è la strada per il Cielo.

Allora guardando a noi possiamo chiederci: quel rovesciamento annunciato da Ma ria, tocca la mia vita? Credo che amare è regnare e servire è potere? Credo che la meta del mio vivere è il Cielo, è il paradiso? O mi preoccupo solo di passarla bene quaggiù, mi preoccupo solo delle cose terrene, materiali? Ancora, osservando le vicende del mondo, mi lascio intrappolare dal pessimismo oppure, come la Vergine, so scorgere l’opera di Dio che, attraverso la mitezza e la piccolezza, compie grandi cose?

Fratelli e sorelle, Maria oggi canta la speranza e riaccende in noi la speranza, in lei vediamo la meta del cammino: lei è la prima creatura che con tutta sé stessa, in anima e corpo, taglia vincitrice il traguardo del Cielo. Ci mostra che il Cielo è a por tata di mano. Come mai? Sì, il Cielo è a portata di mano, se anche noi non cediamo al peccato, lodiamo Dio in umiltà e serviamo gli altri con generosità. Non cedere al peccato; ma qualcuno può dire: “Ma, padre io sono debole” – “Ma il Signore sempre ti è vicino, perché è misericordioso”. Non dimenticarti qual è lo stile di Dio: vicinan za, compassione e tenerezza; Egli è sempre vicino a noi con il suo stile. La nostra Madre, ci prende per mano, ci accompagna alla gloria, ci invita a gioire pensando al paradiso. Benediciamo Maria con la nostra preghiera e chiediamole uno sguardo capace di intravedere il Cielo in terra.

Marzo 2022 VITA DELLA CHIESA 3

Una forza che dà vita: l’eredità di Fulvio Manara

Una forza che dà vita” è il titolo del volume che Fulvio Manara ha dedicato a Gandhi, “in un’età di terrorismi” come dice il sottotitolo. Forse il suo libro più importante. Ricominciare con Gandhi, o meglio, ricominciare dal rifiuto rigoroso della violenza e da un pensiero capa ce di tematizzare il rapporto tra violenza e menzogna, tra nonviolenza e verità è una delle tracce segnate da Manara e a noi consegnate. L’impegno per la pace e la nonviolenza per lui è iniziazione a un pen sare e a un fare comunità, a un a fare ricerca. “L’idea di una comunica zione non manipolativa, della creazione di una partnership di individui liberi ed eguali, lo stabilirsi di una relazione simmetrica, la reciproca esplorazione dell’altra individualità, la costruzione cooperativa delle conoscenze, intesa come impresa comune, sono le caratteristiche dominanti e significative di questo contesto e di questa proposta”, scriveva in Comunità di ricerca e iniziazione al filosofare.

Sono racchiusi in queste parole i valori nei quali credeva e ai quali ha improntato una vita intera di ricerca, che ne ha fatto uno dri maggiori studiosi italiani di Gandhi e della nonviolenza, un pensatore in dialogo con filosofi come Raimón Panikkar, un pedagogista che credeva in una scuola creativa, dialogica, centrata sulla ricerca e non sulla tra smissione del sapere.

La filosofia, l’insegnamento, la ricerca nella sua appassionata con cezione e nella pratica condivisa con tante studentesse e studenti dell’Università di Bergamo, con insegnanti ed educatori, con persone die movimenti per la pace e la giustizia, sono movimenti della “verità dell’amore”, oltre che “amore della verità”. Attività umana che nasce e alimenta il cuore del bisogno di senso e disegna le forme di una lotta quotidiana contro le tante violenze e assurdità che troviamo attorno, tra noi, anche in noi.

Incontrare Fulvio Manara in università, negli scritti, nelle attività del le tante comunità di ricerca attivate, nella convivialità, ne dialoghi dialogali, nei momenti di meditazione è stato ed è una esperienza di apprendimento di vita, un evento educativo trasformativo. La sua tenerezza amicale, fraterna e paterna, e la sua esigente radicalità, sorridente e tenace, hanno segnato con un tratto tutto particolare, i luoghi educativi, sociali, istituzionali da lui attraversati. In questi luo ghi, come nei luoghi della ricerca e dello studio tessuti insieme, Fulvio rappresenta una “bandiera spostata”: spostata su margini indagati e riaperti, incontrati e colti nella loro generatività. Bandiera su un oriz zonte verso il quale si cammina, e che si ridisegna continuamente; continuamente spostata verso un oltre.

Una promessa sulla quale ci sono persone che si offrono come se gnavia. Per essere “bandiere spostate” ci vuole una certa forza. Una forza che rompa e sveli, che leghi e serva il cammino. Lavorare ai temi della pace e della riconciliazione è, certo, opera della politica, del diritto, della cultura, delle scienze umane. Ma anzitutto, oltre questo e

più a fondo, è lavoro educativo: a se stessi e nelle relazioni, nelle interio rità e tra le generazioni. È confronto con aggressività e violenza, con le dinamiche del potere e del disprez zo.

Il cammino verso la nonviolenza, indicava agli studenti nei laborato ri, “è già l’impossibile tra noi”: ope ra concreta, sostiene con mitezza determinata, che si dà magari nel piccolo, ma che è aperta fino agli estremi confini della terra. La lotta nonviolenta e la disobbedienza civile, seguendo Gandhi, fanno sì che “la gente diventi conscia del suo potere. Essa smette di temere l’autorità”. Le persone trovano un senso del potere “che si trova in loro stesse”.

Diffondere la nonviolenza, anche per scopi politici, è un’azione pe dagogica paziente, che tende a far evolvere una unità organica tra dif ferenze capaci di dialogo e di tra sformazione dei conflitti. Nel testo La nonviolenza si impara, e nelle pratiche nonviolente di cui fa eser cizio in università e fuori dall’univer sità, Manara pone al centro della riflessione la questione della trasformazione. Questione complessa che presenta diverse dimensioni. E che rinvia a pratiche esigenti che chie dono tempo, dedizione, lucidità. La

4 VITA DELLA DIOCESI

nonviolenza chiede trasformazione, e quindi disponibilità a cambiare il pensare a sé e mettersi in gioco.

Chiede insieme di riconoscersi e di farsi carico, così, delle proprie dif ficoltà e di quelle altrui. E chiede, infine, esercizio.

Fulvio Manara ha segnato cammi ni e incontri preziosi. Nel suo dia logare, nel camminare nella natura e nel silenzio, nel sostare senza fretta negli incontri con le persone, anche quando medita e riflette trat tenendosi con i suoi autori Fulvio Manara coltiva la sua passione per la poesia delle cose, per le espe rienze della interiorità, del corpo, del legame, dell’inizio, dello sguardo, dell’amicizia, dell’educazione.

Attendendo alla pace nel cuore e all’inquietudine della mente. Nella vita, nella vita quotidiana e reale, si esercita ad attingere a quel pozzo profondo (la lezione di Hillesum) dove si liquefano, con i rancori e le separazioni, anche il denaro e il potere, la violenza e le retoriche, le mode e le presenze. Per farsi “frutto commestibile per tutti”.

Ivo Lizzola

16 settembre 2022, giornata di dialo ghi sull’eredità di Fulvio Manara pres so l’Abbazia di San Paolo d’Argon promossa da Fondazione Fileo con il patrocinio anche dell’Università degli Studi di Beramo.

Alida Persico, moglie di Fulvio: «I suoi libri continuino a generare bene e azioni»

Sabato 17 settembre, all’interno della mattinata del dedicata alla presentazione del progetto Fileo, si è svolta anche l’inaugurazione della Biblioteca dell’intercultura «Fulvio Manara». Un momento introdotto dalla moglie del docente di Pedagogia dei Diritti umani e Pedagogia sociale dell’Università di Bergamo, scomparso nel 2016 a 57 anni. Alida Persico con i figli Lucia, Elia e Jacopo hanno donato i testi che il pro fessore utilizzava per i suoi studi e per le lezioni. «Abbiamo scelto di donarli perché i libri hanno senso se vengono letti – ha detto la moglie di Manara –. Alcuni di essi conservano le sue sottolineature, le sue annotazioni. Erano il suo strumento di lavoro e oggi possono continuare a generare bene e azioni concrete». Al taglio del nastro all’ingresso del salone della biblioteca Alida ha affian cato il vescovo Francesco. Dalila Raccagni ha presentato il patrimonio della bibliote ca nata nel 2021, associata alla Rete bibliotecaria, e che raccoglie oggi 6.000 volumi, donati dalla famiglia Manara, dal Celim, dall’Agenzia per l’integrazione e dall’ufficio Migranti. Nei testi sugli scaffali tre le grandi tematiche: la mobilità umana e il viaggio come esperienza formativa e di incontro, l’intercultura e la pluralità, il dialogo tra per sone, fedi e confessioni. La biblioteca è aperta per il prestito - attraverso il catalogo on line www.rbbg.it -, consultazione e per consulenze di approfondimento per tesi e ricerche sui temi propri di Fileo. La biblioteca inoltre offre ai maggiorenni quattro postazioni studio gratuite.

Fileo - La biblioteca dell’intercultura «Fulvio Manara»

Nasce nel 2021 all’interno dell’Abbazia di san Paolo d’Argon Fileo - La biblioteca dell’intercultura «Fulvio Manara».

All’interno si possono trovare più di 6000 volumi che permettono l’approfondimento sui temi della mobilità umana, dell’intercultura e del dialogo tra le fedi e le confessioni. Il fondo è composto dalla donazione dell’intera biblioteca personale del prof. Fulvio Manara, dell’intero patrimonio dell’Agenzia per l’integrazione, della sezione dei testi sull’intercultura donati dal CELIM di Bergamo e dei volumi presenti nei vari uffici diocesani che collaborano al progetto Fileo.

L’ambizione è di divenire punto di riferimento privilegiato per lo studio di questi temi nel territorio bergamasco.

Per favorire la circolazione del patrimonio la biblioteca è associata alla Rete Bibliote caria Bergamasca in cui compare come biblioteca speciale. Per questo i suoi volumi possono essere richiesti in tutte le biblioteche del circuito bergamasco, ma anche dal prestito interbibliotecario con il sistema bresciano e anche dall’intero territorio nazionale.

Ottobre 2022 VITA DELLA DIOCESI 5

DIOCESI

Il seminario minore e le vocazioni. Una sfida difficile quanto urgente

Ci sono sfide che in alcuni momenti appaiono tanto difficili – al limi te dell’impossibile – quanto urgenti – al limite dell’improrogabile: tale mi sembra essere anche la pastorale vocazionale legata al ministero sacerdotale.

Il Vescovo, a seguito di quanto emerso nel Consiglio Presbiterale, ha riaffermato la bontà e la necessità del seminario minore e ha confer mato il seminario come l’attore principale della pastorale vocazionale specifica al sacerdozio.

È una sfida che non possiamo permetterci di perdere continuando a subire i cambiamenti senza aver fatto tutto il possibile per mantenere quanto riteniamo non solo importante, ma indispensabile per la nostra vita ecclesiale.

Il seminario minore rientra, a mio parere, i quest’ordine di indispen sabilità. Ricordo che il termine stesso «seminario» deriva dall’espe rienza del card. Pole, uno dei protagonisti del Concilio di Trento, che ancora prima dell’assise aveva istituito nella sua diocesi inglese delle scuole da cui, tamquam ex seminario, come da un semenzaio, attin gere le vocazioni al sacerdozio.

L’importanza della formazione fin da ragazzi Sarà quanto anche recepisce il famoso decreto di istituzione dei se minari che sapientemente indica di formare i ragazzi fin dalla tenera età alla fede alla pietà, prima che assumano nella loro vita altri valori lontani dal vangelo.

La storia quindi ci suggerisce l’importanza della formazione fin da ragazzi e la costituzione di “bacini” da cui possano fiorire anche le vocazioni al sacerdozio.

Da queste considerazioni si riafferma non solo la necessità e la bel lezza del seminario minore ma anche che il “metodo seminario” si diffonda e divenga ispiratore di nuove esperienze formative per la pastorale giovanile e la pastorale vocazionale generale.

La formazione completa, a tutto campo, offerta dal seminario minore diventa un terreno buono che fa crescere i ragazzi dal punto di vi sta relazionale vivendo insieme e abituandosi a lavorare con gli altri, sviluppa un livello di autonomia e di indipedenza conoscendo e valo rizzando le proprie qualità e talenti, fa maturare a una vita di fede ca pace di interiorità e profondità, nell’orizzonte di una vita buona spesa per gli altri.

Metà dei seminaristi teologi arriva dal seminario minore Ancora oggi, metà dei seminaristi teologi proviene dall’esperienza del seminario minore. Se è vero che i tempi sono cambiati e per i tanti motivi sociologici, culturali, … e che non possiamo più pensare ai

numeri di trent’anni fa, ugualmente ciò non significa rinunciare a una comunità più contenuta ma stabile, che continui ad essere bacino voca zionale e segno che parla a tutta la comunità diocesana.

Oltre alle iniziative numerose e cu rate che il seminario mette in cam po ogni anno, resta insostituibile l’apporto di ciascuno anzitutto per pregare con fedeltà e convinzione per le vocazioni, per proporre con fiducia ai ragazzi l’esperienza del seminario e per creare all’interno delle comunità parrocchiali un sen so di affetto e di attenzione per il seminario.

Incontri vocazionali per tutte le fasce d’età

A livello di proposte concrete, conti nuano per tutte le fasce d’età (me die, superiori e giovani) gli incontri vocazionali. Sarebbe bello che so prattutto per le classi di quinta ele

6 VITA DELLA

mentare e terza media si potesse organizzare un momento di visita alle rispettive comunità del semi nario minore durante la settimana, incontrando i seminaristi.

Per i giovani, oltre alle già ottime e consolidate proposte del grup po Samuele, ci sono i ritiri mensili e l’iniziativa «Giovani in preghie ra» presso la Chiesa di S. Maria in Monte Santo del seminario. Eser cizi spirituali sono proposti per gli adolescenti, per i diciotto-ventenni e per i giovani. La Giornata del se minario sarà l’occasione, insieme ai seminaristi di quarta teologia, non solo della predicazione alle messe, ma anche di poter incontrare a livel lo di fraternità i gruppi chierichetti, gli adolescenti e i giovani.

Infine spunti e materiale potranno trovarsi sia sul sito del seminario sia sui suoi canali social, come facebo ok, instagram e tik-tok.

VITA DELLA DIOCESI

Bergamo-Brescia 2023, l’anno della cultura: cosa vuol dire per la nostra chiesa?

Il 2023 è l’anno in cui il blasone di Capitale Italiana della Cultura viene affidato alle città di Bergamo e di Brescia. Le amministrazioni comunali hanno individuato 4 aree di interesse, 4 filoni dentro cui costruire e incanalare le proposte e i progetti culturali: sono aree tematiche che sollecitano anche un pensiero ecclesiale e che, come Diocesi di Bergamo e di Brescia, hanno attivato l’immaginazione di alcune progettualità condivise. L’approssimarsi dell’evento rende utile raccontare quello che come Chiesa si è cominciato a muovere e quale significato specifico abbia la possibilità di inserirsi dentro questo movimento. Le due città, dunque, faranno confluire le proprie progettualità dentro 4 macro-aree, così intitolate: la cultura come cura, le città natura, le città dei tesori nascosti e la città che inventa.

La cultura come cura vorrebbe concentrarsi su tutto quel patrimonio umano e sociale che le nostre due città hanno visto risaltare durante la prova costituita dal picco della pandemia. Un capitale di attenzioni e di custodia in tema di salute, di fragilità, di resilienza, di solidarietà, di inclusione che ha costituito una risorsa co munitaria fondamentale, da mettere in valore. Le città natura invitano a mettere a fuoco il tema della transizione green e della rigenerazione urbana: uno sguardo al futuro delle nostre aree metropolitane all’insegna dell’innovazione, delle pratiche virtuose e delle scelte di sostenibilità. La città dei tesori nascosti invita a narrare e a valorizzare quanto di bello c’è nelle nostre terre, a volte così diffuso che finisce per essere dato per scontato: il patrimonio culturale, archivistico, librario, museale, folklorico, paesaggistico e anche enogastronomico, legato soprattutto a quei percorsi che ne facilitano l’accesso e la scoperta. La città che inventa vorrebbe andare a raccogliere la cultura d’impresa, tecnologica, di ricerca e innovazione, umanistica e di fede che è caratteristica del nostro territorio.

Le nostre Diocesi hanno molto da raccontare all’interno di queste 4 sfaccettature: all’interno del tema della cura trova spazio l’universo di azioni legate alla bellezza della carità cristiana, che in molti modi sostiene la vita delle famiglie bisognose, dei più poveri, dei senzatetto, dei profughi della guerra e dei migranti. La sensibilità della Laudato Si’ di Papa Francesco offre parole fresche per abitare la città natura: la cultura della sostenibilità integrale riconosce la connessione dei diversi aspetti, sociali, ambientali, umani ed economici, aprendo una pista di riflessione tutt’altro che marginale. La città dei tesori nascosti permette di riscoprire i quotidiani patrimoni artistici di cui le nostre comunità sono custodi da secoli: l’arte è la forma di espressione che ha legato alla bellezza di quadri ed edifici un’idea di uomo, plasmando un modo di vivere e un sistema di valori. La città che inventa offre la possibilità di incontrare e presentare la risorsa delle scuole e del mondo dell’istruzione: la cooperazione e la ricerca sono due modalità attraverso cui si accendono idee e si inventa il futuro.

Il cristianesimo è l’opera costante di mediazione della fede dentro una cultura, è un incontro tra le forme attraverso cui gli uomini danno significato alla propria vita e la verità del vangelo: in questo costante lavorio prende forma l’inedito dell’avventura cristiana. Abitare la città di tutti lasciando che l’originalità dell’incontro con Cristo sia fermento di umanità nuova: da sempre è questa la missione che i cristiani vivono. La cultura è il luogo dentro cui la fede vive e si lascia plasmare.

7
Ottobre 2022
ANGELO IN FAMIGLIA LIGHT

“In casa nessuno ha mai fatto uso di so stanze e lui dovrebbe sapere quanto è pericoloso… allora perché lo fa?”

“Come faccio ad accorgermene?”

“Nel suo gruppo di amici ci sono ragazzi che usano sostanze… mio figlio saprà resistere?”

“Come posso intervenire?”

“Ci ha fatto delle domande sulle sostan ze…. Cosa dobbiamo fare?”

“Ci ha chiesto se noi da giovani abbiamo avuto qualche esperienza con le so stanze…Cosa dobbiamo rispondere?”

Queste sono le domande che più spes so emergono da parte dei genitori che si trovano a camminare insieme ai loro figli preadolescenti e adolescenti nel campo minato delle sostanze e delle dipen denze. L’argomento è fra i più spinosi e insidiosi, spesso non si sa cosa dire e come dirlo e anche i ragazzi, pur osten tando la sicurezza e padronanza tipiche di questa fase del ciclo vitale, anche su questo tema, sono spesso combattuti fra curiosità, voglia di trasgredire, spe rimentare e tanta paura.

Come sempre i genitori di fronte al ra gazzo che si droga o si sbronza devono saper essere “esperti equilibristi”. Pos sono essere travolti da un flusso di in formazioni e di pensieri che oscillano tra la paura e la rimozione del problema, ri manendo incerti su quale debba essere il loro comportamento. Trovarsi di fronte alla scoperta che un figlio fa uso di so stanze è un’esperienza disarmante, che mette in discussione e rischia di intacca re un equilibrio già fragile come è quello del rapporto con un figlio adolescente.

La reazione che avranno i genitori di fronte al ragazzo che fa uso di sostanze è uno degli elementi che influenzeranno l’evolversi della situazione.

Drammatizzare, terrorizzare o minimiz

Genitori e droga

Rubrica a cura del Centro di Ascolto e Auto-Aiuto “Promozione Umana” di don Chino Pezzoli.

zare non risultano atteggiamenti funzio nali e fanno apparire gli adulti, agli occhi dell’adolescente, poco competenti e non sufficientemente strutturati e affidabili. Come del resto avviene per altri proble mi durante questo delicato periodo della vita dell’adolescente e la sua famiglia. È opportuno, in questo caso, che i ge nitori si documentino cercando di acqui sire maggiori conoscenze su cosa sono le sostanze, come agiscono, cosa pro vocano, quali sono le conseguenze di uso e abuso, così da potersi relazionare in modo credibile nelle indicazioni e nei suggerimenti.

Si tratta di interventi che possono esse re anche fatti insieme ai propri figli per aiutarli a comprendere i rischi connessi all’uso e abuso di sostanze, rendendoli consapevoli. In questo modo si favorirà la comunicazione, restando disponibili all’ascolto e al dialogo aperto. Nel flus so comunicativo all’interno del nucleo familiare sarebbe opportuno che queste tematiche non venissero affrontate all’emergenza, ma diverso tempo prima, in modo adeguato alla capacità di com prensione dei figli nelle diverse fasce d’età.

Il messaggio deve essere: “Con noi puoi parlare di ogni cosa. Ci siamo e affron teremo qualunque problema insieme, se commetti un errore puoi venire da noi”. Da ciò deriva la necessità di non

assumere un atteggiamento intimidatorio, ma di parlare chiaramente del fat to che la dipendenza è una malattia e come tale va affrontata e curata, quindi astenendosi da giudizi moralistici (può succedere a chiunque). Questa maggiore apertura renderà anche più facile notare eventuali cambiamenti nei com portamenti, al fine di cogliere potenziali segnali di rischio. Questo confronto deve avvenire all’interno del nucleo familiare, ma se si ritenesse necessario, concordi col figlio, si disponga una con sulenza esterna pubblica o privata dove operano professionisti competenti sulle dipendenze.

Don Chino è ad Albino Domenica 30 ottobre alla Messa delle 10.30 e le sue comunità presentano i loro prodotti.

CENTRO DI ASCOLTO E AUTO-AIUTO “PROMOZIONE UMANA”

di don Chino Pezzoli

Via Donatori di Sangue 13 Fiorano al Serio - Tel. 035 712913 Cell. 3388658461 (Michele) centrodiascoltofiorano@virgilio.it Facebook @centrodiascoltofiorano

INCONTRI GENITORI mercoledì dalle 20.30 alle 22.30

8 PREVENZIONE PER COMBATTERE ALCOOL E DROGHE
Don Chino Pezzoli

«Lei con me è stato cattivo!»

In ogni relazione educativa, in particolare quella che si instaura tra docente ed allievo, il dato di par tenza è l’asimmetria, intesa sia in senso anagrafico che in quello di competenza-sapienza pedagogica. Questa asimmetria comporta per l’educatore un “di più” di “adultità”, vale a dire di maturità umana, di equilibrio psicologico, di accoglienza, di autorevo lezza ma anche di accettazione del rischio del fal limento.

Tocca all’adulto dimostrare nei confronti del sog getto in età evolutiva la capacità di non lasciarsi turbare troppo dalle intemperanze e dalle provoca zioni così frequenti da parte degli adolescenti. An che quando queste si manifestano in atteggiamenti di opposizione, di sfida, di critica aperta o di “frec ciatine” che, se raccolte istintivamente e rintuzzate in modo simmetrico rischiano di compromettere la relazione stessa trasformandola in una specie di conflitto.

Se l’educatore percepisce questi comportamenti come attentati al suo ruolo e alla sua figura è inevi tabile che scattino meccanismi di difesa con i quali l’adulto cerca di “raddrizzare” la relazione riportan dola all’asimmetria di partenza (ma in realtà mo strandosi “alla pari” dell’allievo).

Tocca sempre all’adulto l’onere di rimanere tale e di comportarsi con equilibrio (mi diceva sempre un educatore esperto: “come un lago tranquillo”) an che quando verrebbe la tentazione di rispondere per le rime.

Del resto, occorre resistere anche alla tentazione di cedere al ricatto affettivo assumendo una ecces siva accondiscendenza per evitare di sentirsi dire: “Ma come è cattivo lei!” proprio quando è necessa rio mantenere un atteggiamento fermo che, a volte, ci deve far dire dei no e ci rende meno “simpatici”, vale a dire, agli occhi dell’adolescente, più “cattivi”. Non sempre la relazione educativa, costruita pa zientemente giorno dopo giorno, per quanto l’educatore dia il meglio di sé, matura nella direzione di una piena sintonia e di una gratitudine da parte dell’allievo. A volte, per fortuna raramente, la relazione termina con quello che apparentemente po trebbe sembrare un fallimento; ma tale fallimento non è imputabile solamente all’allievo perché an che il docente può commettere errori e passi falsi. Desiderare che ogni relazione educativa si debba concludere sempre e solo positivamente e con re ciproca e piena soddisfazione è naturale; tuttavia, essendo in gioco due libertà, tocca all’educatore assumere il rischio del fallimento e della mancata corrispondenza e adesione, da parte dell’allievo, alle proprie aspettative.

Chissà, potrebbe accadere che, a distanza di tem po, gli sforzi compiuti dall’adulto educatore nella relazione con l’allievo si rivelino utili ad una sua maturazione umana; e quello che sembrava un fallimento potrebbe rivelarsi occasione di crescita. Anche se l’educatore non verrà mai a saperlo.

9EDUCAZIONE Ottobre 2022

SCOUT Campo mobile in canoa

Come ogni anno noi rover, che per in tendersi sono gli scout più grandicelli che vanno dai 16 ai 20 anni circa, ab biamo speso una settima per compiere il campo mobile.

Il campo mobile è un’esperienza che si ripete tutte le estati e prevede solita mente lunghe camminate in montagna per spostarsi da un posto all’altro con le nostre tende, il tutto accompagnato da chiacchierate formative fatte dai nostri capi sul tema scelta per il campo. Quest’anno però volevamo fare qualco sa di diverso, e così tra le varie proposte si è magicamente concretizzata l’idea di fare un campo mobile non più in monta gna, ma in canoa. Non nego che inizial mente io personalmente avevo qualche perplessità, ma una volta organizzato il percorso a puntino e esserci muniti di un equipaggio più idoneo (ad esempio sacche stagne in cui conservare il ne cessario) non vedevo l’ora di partire. In totale abbiamo percorso circa 120 kilometri partendo prima di Treviso seguendo il corso del placido fiume Sile fino ad arrivare alla base scout di Maz

zorbetto che si trova nei pressi della laguna vicino a Burano. Inizialmente abbiamo dovuto prendere la mano con il nuovo mezzo, anche perché le canoe non erano per una sola persona, ma per tre pertanto bisognava capire bene come spartirsi i ruoli e come lavorare sinergicamente in quanto il ragazzo che sedeva sulla parte posteriore della canoa si occupava di fare da timoniere mentre chi stava in centro dava man for te al ragazzo che stava in punta, vero motore della canoa. Non nego che ini zialmente avevamo seri problemi con l’andare dritti, ma già dopo qualche oretta avevamo preso la mano anche se non sono mancati alcuni ribaltamenti! Più passavano i giorni però più i ragaz zi di ogni canoa si complementavano sempre di più e anche se verso la fine l’acido lattico e la stanchezza mentale iniziavano a colpire i più, il fatto di non essere soli ci ha fatto finire alla grande anche questo campo mobile.

Prima ho detto che il non essere soli ci ha spronati ad andare avanti, effettiva mente rispetto alle lunghe camminate

a cui siamo abituati in cui una persona può immergersi nei suoi pensieri oppure può cambiare frequentemente compa gno con cui parlare la canoa ti obbliga ad avere a che fare per varie ore con i tuoi compagni di remata e a differenza del cammino distrarsi nei propri pensieri potrebbe causare uno sbandamento di tutta la canoa e quindi anche degli altri. Inoltre, a differenza del raggiungimen to di una vetta in cui se arrivi in cima è solo merito delle tue gambe per quanto riguardo la canoa tu raggiungerai la tua meta se e solo se tu e i tuoi compagni di viaggio avrete cooperato e grazie agli sforzi di tutti.

Il nostro capo clan in una chiacchierata ci ha fatto riflettere sull’insegnamento di vita che la canoa e la strada fatta con essa ci può insegnare, ovvero che i compagni di canoa possiamo sceglirceli oppure no, ma dobiamo essere in grado di capire se chi sta con noi sulla canoa rema insieme per raggiungere la meta o semplicemente vuole remare da un’altra parte.

ESPERIENZE EDUCATIVE10

Abbelliamo “La Casa di tutti”

Il restauro della facciata della nostra Prepositurale

La Prepositurale di Albino, dedicata al martire San Giuliano, ha origini anteriori all’anno mille. L’ attuale è stata innalzata dal 1807 al 1816 su disegno dell’arch. Simone Elia, in stile neoclassico, e con sacrata il 6 settembre 1835 dal vescovo di Bergamo Carlo Gritti Morlacchi. La facciata è stata eretta in un secondo momento su disegno dell’arch. A. Preda. All’interno troviamo nove altari:

* in presbiterio l’Altare Maggiore, nella cui abside troviamo il ciclo riguardante San Giuliano: al centro la tela di Giovanni Cignaroli con la Vergine in trono e il Bambino, con i santi Giuliano ed Albino; ai lati le due tele di Giovanni Pezzotta: a sinistra il martirio di San Giuliano, a destra il voto di San Giuliano e Santa Basilissa.

Scendendo da sinistra troviamo:

- Cappella 1- l’Altare di S. Croce con la tela di Giovan Battista Moroni, considerata il suo capolavoro, raffigurante Cristo Crocifisso con i Santi Bernardino da Siena ed Antonio da Padova,

- Cappella 2- l’Altare di San Giuseppe con la tela di Giuseppe Garnelli raffigurante il suo “transito”;

- Cappella 3- l’Altare della Beata Vergine con la statua della Madonna del Santo Rosario;

- Cappella 4- l’Altare con la tela di Gian Paolo Cavagna con la Vergine in trono e i Santi Rocco, Sebastiano e Cristoforo;

- Cappella 5- Senza altare, ma con una tela di Enea Talpino detto il Salmeggia raffigurante l’Annunciazione;

- Cappella 6- il Battistero.

Risalendo da destra: Cappella 7- Confessionale Cappella 8- senza altare, con tela di Francesco Zucco raffigurante la Vergine in trono con i Santi Lorenzo e Gottardo;

- Cappella 9- l’Altare con la tela di Alessandro Varotari detto il

Padovanino, raffigurante San Francesco d’Assisi in preghiera;

- Cappella 10- l’Altare dei Corpi Santi;

- Cappella 11- l’Altare di S. Marco con la tela di Gian Paolo Cavagna raffigurante la Vergine con il Bambino, San Giovannino, San Marco, San Carlo Borromeo e San Pietro;

- Cappella 12- l’Altare della Trinità con la tela di Giovan Battista Moroni.

La Via Crucis è raffigurata in 14 quadri dipinti da Pezzotta.

Il pulpito in legno, nella navata centrale, è opera di autore ignoro del 1800-1849. Molto interessante la recente scoperta in sacristia della Cappellina dei Santi, recante affreschi della Bottega dei Ma rinoni; in questa è custodito lo steandar do della Visitazione di Giovan Battista Moroni.

Attualmente la facciata della Chiesa presenta uno stato di degrado in conti nuo peggioramento, dovuto anche alla caduta di alcuni lacerti di pietra causata da vari fattori: meteorologici, umidità, significative escursioni termiche, ag gressioni biologiche e inquinamento atmosferico.

Per questo si è deciso di intervenire e, dopo aver valutato alcuni preventivi, è stato affidato l’incarico dei lavori all’impresa “La Torre Restauri di Moretti An tonio” con la supervisione dell’arch. Chiara Milesi di Alzano Lombardo, che

ha presentato il 10.02.2021 in Curia un preventivo di Euro 140.000,00, dovuto ai rincari sopravvenuti.

I lavori consisteranno nella verifica della stabilità dei vari elementi: nella pulitura con rimozione degli intonaci ammalorati, dei depositi superficiali e materiali incoerenti; nel consolidamento con microiniezioni di malta idraulica; nella stuccatura nei casi di fessurazioni, nell’integrazione con un nuovo intona co; nell’integrazione di parti mancanti.

Durante il restauro della facciata si in terverrà anche sul muro posto a destra del sagrato e, contestualmente, verrà modificato l’impianto di illuminazione e risistemati i dissuasori anti volatili.

Nel mese di febbraio 2022 la Soprintendenza ha autorizzato i lavori e, di conse guenza, ad aprile la Diocesi di Bergamo ha concesso la licenza a procedere. Si prevede che questo restauro si pro trarrà fino verso la fine dell’anno.

L’iniziativa è stata presa quando si è verificata la possibilità di poter usufruire del “bonus facciate”, che inizialmente riguardava solo edifici privati.

Nonostante questo, nel corso di un anno il costo è lievitato del 40% , per cui non ci nascondiamo le difficoltà in me rito alle risorse disponibili e chiediamo, nonostante i tempi non certo facili, l’a iuto e la collaborazione dei parrocchiani per quel poco o tanto che riusciranno a fare per il restauro della facciata della “casa di tutti”.

VITA PARROCCHIALE 11 Ottobre 2022

Il saluto a don Andrea

Riconoscenza e commozione hanno ac compagnato, domenica 11 settembre, la lunga giornata di festa per il saluto a don Andrea Pressiani che dopo cinque anni ha lasciato Albino per trasferirsi a Par re come nuove parroco, dove ha fatto il suo ingresso domenica 18 settembre. Al centro della giornata la messa delle 10.30 in una chiesa straboccante. È se guito, per tutta la comunità, un rinfresco con aperitivo sul sagrato della preposi turale di san Giuliano e il pranzo in ora torio con oltre trecento partecipanti.

«Nella vita di ciascuno di noi ci sono volti, immagini, esperienze; entrano nella tua vita, diventano parti integranti del tuo modo di intendere la vita, di compiere delle scelte, di pensare, di amare, di fare. È bello sentire una Parola che è familiare, uno stile che sa di casa, un Vangelo prossimo alla quotidianità».

Abbiamo raccolto alcune spunti della giornata.

«Chissà se c’è bisogno di dire perché siamo così numerosi oggi – ha sottoline ato in apertura di celebrazione il nostro prevosto don Giuseppe -, l’eucarestia è dire grazie, in primo luogo a Dio per

il cammino che abbiamo condiviso con don Andrea, per le opportunità che ci sono state offerte. E poi chiaramente a lui, che da innamorato di san France sco, è stato uno strumento nelle mani di Dio».

In un passaggio dell’omelia, con voce più volte spezzata dalla commozione, don Andrea ha lasciato un messaggio che è delicato appello a ognuno sulla missione di un oratorio: «Il vangelo continua a ricordarci ciò che è infinitamente piccolo per indicarci che Dio ha a cuore il cammino, la cura, i dettagli e il cuore di ognuno. Non smettiamo di lasciarci raggiungere dalla misericordia di Dio e non smettiamo di appassionarci alle sue sfide e al suo donarsi completamen te per noi e a noi. Dentro la comunità continuiamo a mettere al centro i più piccoli intrecciando cammini anche in quella casa, così bella, che è l’oratorio».

«Sono stati cinque anni ‘strabelli’ – ha aggiunto al termine della celebrazione -, passati fin troppo alla svelta. (...) Ad Albino ho respirato un’aria di casa fin dai primi giorni; abbiamo condiviso tan tissime esperienze e tanta quotidianità, cinque anni intensi, pieni e concreti con tutto quello che la vita porta con sé, gioie e fatiche. Dentro questi anni ci siamo anche ritrovati tutti travolti dentro la pandemia e ci siamo accompagnati nell’inventarci modi di abitarla con tutte le ferite a cui il tempo nuovo, fermo, pre

occupato, ci ha obbligato. Grazie a don Giuseppe per il suo modo di essere parroco, alla mia famiglia e a tutti voi che siete qui e anche a chi non c’è, a tutti grazie di cuore per la vita condivisa fatta di tanti vissuti, fuori e dentro l’oratorio». Un saluto particolare lo ha rivolto agli educatori «per la passione condivisa, l’amicizia e l’affetto», agli adolescenti «per tutto quanto condiviso e per il vostro esserci» e ai ragazzi e ai bambini perché «è proprio bello camminare in sieme». «Chiedo a tutti una preghiera – ha concluso - per questi giorni così intensi e per il nuovo compito che parte domenica prossima a Parre».

Riprendiamo anche il saluto della prof. ssa Emanuela Noris in rappresentanza dell’Istituto comprensivo Solari: «Caro don Andrea, siamo venuti in tanti oggi per ringraziarti per tutto ciò che ci hai donato in questi cinque splendidi anni e, soprattutto da parte nostra per ciò che hai donato alla scuola. Grazie per il tuo sorriso, il tuo entusiasmo, la tua positi vità, la tua stragenerosità, il tuo aiuto, il tuo essere sempre disponibile e sempre sul pezzo, la tua testimonianza quoti diana di fede e di vero amore fraterno. Mancherai tantissimo alla nostra scuo la e mancherai tantissimo soprattutto ai tuoi ragazzi. Ti auguriamo un buon cammino».

Anche il sindaco, Fabio Terzi, nel con segnare un simbolico dono a nome

12 ORATORIO
Foto di Maurizio Pulcini

dell’amministrazione comunale, ha por tato i suoi saluti: «Già in tempi normali, per un amministratore, è importante poter contare sui don e sugli oratori, lo è stato ancora di più nei tempi bui della pandemia e della ripresa. Non era per niente scontato che i don si mettessero così in discussione sul riprendere cer te attività come i Cre, e soprattutto don Andrea si è assunto responsabilità non indifferenti. Davvero grazie di cuore». Infine, nel giorno del suo ingresso a Parre, il delegato vescovile si è rivolto a don Andrea con queste parole: «Vivi un servizio generoso che parte dall’intimità con Dio e attento alle persone, senza correre, intelligente. Aperto, disponibi le verso tutti, senza scartare nessuno, partendo dal vangelo di Gesù. Dare un bicchiere d’acqua (attenzione, ascolto, tenerezza) agli altri. Tutti ne abbiamo bisogno. Essere capace anche di accoglierlo con gratitudine verso chi te lo dona. Sappilo apprezzare come presen za di Dio».

Ma Albino stava già imparando a conoscere il successore di don Andrea, don Luca Bertulessi, 33 anni, originario di Osio Sopra, vicario parrocchiale di Terno d’Isola dal 2013, anno della sua ordinazione sacerdotale. Ha fatto il suo ingresso ufficiale domenica 25 settem bre, ma qualcuno lo aveva già incontra to alla festa dell’oratorio, altri nelle prime riunioni organizzative in parrocchia, e i ragazzi delle medie a scuola nell’ora di religione.

Tratti di strada, passi che si fanno insie me, che si incrociano, che si lasciano e che si trovano, cammini verso qualcosa di chiaro, di meno definito, alla ricerca di senso.

Caro don Andrea, quando la nostra Comunità ha appreso per la prima volta del tuo trasferimento, in qualità di Parroco a Parre, è rimasta sbalordita: molti di noi erano increduli, smarriti, dispiaciuti e pieni di rabbia nei confronti di una decisione che era stata presa, a nostro dire, senza aver ascolta to prima il nostro parere.

Abbiamo visto giovani e adulti impegna ti nella raccolta di firme che potessero testimoniare quanto noi non volessimo separarci da te e, in effetti, abbiamo tutti un po’ sperato in un intervento “miracoloso”, che potesse far ritornare le cose al loro posto.

Infine, con dignità, tristezza e affetto, abbiamo accettato il tuo trasferimento presso un’altra parrocchia, rassegnati e obbedienti come probabilmente tu hai voluto che fossimo.

E così domenica 11 settembre 2022, ti abbiamo salutato, dopo diversi anni di cammino insieme.

Con te abbiamo condiviso speranze, fatiche, momenti di festa, di dolore e periodi difficili di isolamento sociale: il tutto, affrontato insieme nella fede, ha intrecciato indissolubilmente la storia della nostra Comunità, rendendola fon te di stimolo per portare avanti iniziative importanti, utili soprattutto per l’Oratorio

e per i più giovani.

Conoscendoti a fondo, abbiamo potuto apprezzare la tua amicizia e constatare quanto la tua semplicità e il tuo “non rien trare negli schemi” abbiano permesso di puntare all’essenziale, che è una fonda mentale caratteristica del vivere cristiano.

E negli anni a venire ricorderemo quanto la tua attenzione nel cercare di offrire il miglior ambiente possibile a tutti, bam bini e ragazzi, adulti e anziani, sia stata una costante di questi anni di servizio ad Albino.

Siamo sicuri che il tuo essere parroco non sarà solo compimento di opere, piuttosto presenza di Gesù che guida la sua Chiesa e che si fa dono nel sa crificio eucaristico, nel perdono, nella testimonianza, nella parola, nel con siglio, nel servizio gratuito, nella fatica quotidiana.

Dimenticarti sarà difficile e non lo faremo: ogni gruppo, ogni associazione, ogni giovane ci parlerà di te; l’Oratorio testimonierà la tua eredità, in ogni parti colare, ben curato e valorizzato.

Caro don Andrea, ognuno di noi con serverà di te un ricordo tutto personale, particolare e unico così come particolare, unico e personale è stato il rapporto con te.

Ti giunga la nostra profonda riconoscen za per tutto ciò che, grazie a te, è stato realizzato, sia in termini di cammino comunitario e pastorale che in ambito sociale e culturale e di amicizia.

Che il Signore ti benedica! Ciao don! Grazie!

VITA PARROCCHIALE 13 Ottobre 2022
14 ORATORIO
Foto di Maurizio Pulcini

Il benvenuto a don Luca

Don Luca Bertulessi, classe 1988, nasce ad Alzano Lombar do il 14 novembre; figlio di mam ma Gabriella e papà Alessandro, ha una sorella, Vera, sposata e mamma di 2 bambine, Ester di 8 anni e Miriam di 5 anni, ostetrica presso l’ospedale Papa Giovan ni XXIII di Bergamo.

Cresciuto a Osio Sopra dove fre quenta le scuole fino alla quinta elementare e dove partecipa at tivamente alla vita Comunitaria Cristiana in qualità di chierichetto. All’età di undici anni, con altri due compagni, Luca decide di frequentare le scuole medie in seminario, per incontrare e co noscere una nuova dimensione da cui è affascinato, quella spi rituale, e per interrogarsi circa la dimensione vocazionale della sua vita.

Presso Il Seminario Vescovile di Bergamo, don Luca frequenta anche il liceo socio-pedagogico e si laurea presso la Facoltà di Teologia.

Verrà consacrato Sacerdote il 25 maggio 2013.

Successivamente arriva il suo primo mandato presso la Comu nità di Terno d’Isola (dal 2013 al 2022) fino ad approdare ad Albi no qualche settimana fa. L’ingresso ad Albino avviene domenica 25 settembre, durante la S. Messa delle 10.30, nella qua le il nostro nuovo Sacerdote si presenta alla Comunità.

“... Grazie a tutti voi per avermi accettato con gioia intensa. Gra zie per la Bellezza che mi avete dimostrato fermandomi per stra da, cercandomi in ufficio e se guendomi in questa mia nuova missione. Per me tutto ciò rap presenta la base su cui costruire: stimarsi a vicenda, volersi bene, rispettarsi e cercare di seguire il Signore insieme. La Gioia è im-

portante per rendere credibile il nostro futuro.”

Don Luca si presenta da subito come il Sacerdote “della porta accanto”: aperto, gioviale, alle gro, attento ai più giovani, molto apprezzato dagli anziani forse per quel suo tono di voce squil lante che mantiene viva l’atten zione di chi lo ascolta.

Fin dai primi giorni traspare il suo sorriso e l’entusiasmo con il qua le inizia ad incontrare, ad acco gliere e ad ascoltare i suoi nuovi parrocchiani.

Ma don Luca non è solo questo! Appare da subito anche come una guida salda per la Comunità: l’impressione è quella di un Sa cerdote che protegge e nutre la sua Famiglia accompagnandola nel percorso di Fede attraverso la diffusione e comprensione del Vangelo.

E non dimentichiamo il suo agi re col cuore, che rappresenta la consapevolezza della grandezza del dono della vocazione sacerdotale.

“Un buon pastore è qualcuno che guida, che ha il coraggio di indicare, alla luce della Fede, il cammino da seguire. Sa dire la verità con amore. Un buon pa store è un amico della vita.”

Carissimo don Luca, benvenuto nella nostra famiglia, benvenuto a casa!

La Comunità di Albino ti accoglie con gioia come suo nuovo pasto re secondo lo stile di fraternità, umanità e condivisione con cui negli anni è cresciuta.

Trovi, infatti, una Comunità con un’impronta ben precisa lascia ta in eredità da don Andrea e plasmata quotidianamente dal nostro Prevosto don Giuseppe: un’impronta di accoglienza verso tutti, di solidarietà, di annun cio del Vangelo, sobria e umile, senza clamori, ma senza dubbio concreta, efficace e sorretta da una Fede semplice, contagiosa, profonda, autentica.

Ti ringraziamo don Luca per aver risposto positivamente e con umiltà a questa nuova chiamata del Signore, che rafforza la tua vocazione e il tuo ministero sa cerdotale; una chiamata impe gnativa ma anche carica di Gio ia, la stessa Gioia che prova un padre nel crescere i suoi figli.

“La Fede non è acqua che spe gne, è fuoco che brucia; non è un calmante per chi è stressato, ma una storia d’Amore per chi è innamorato”. (Papa Francesco)

VITA PARROCCHIALE 15 Ottobre 2022

Moroni 500: il gran finale

Nella chiesa di San Bartolomeo dal 12 novembre al 26 dicembre 2022 esposizione dei dipinti dei coniugi Spini e di un dipinto del Moretto, maestro del Moroni.

Nel lungo anno di “Moroni 500”, che ha festeggiato il cinquecentena rio della nascita del grande pittore Giovan Battista Moroni, Albino, la terra in cui è nato e in cui ha vissuto e operato per una buona parte della sua vita, e in senso più ampio tutta la ValSeriana hanno man tenuto la promessa di rinnovare il legame che unisce “il pittore della realtà” alla sua terra, alla sua gente, alla sua natura e alla sua cultura. Promosso dal Comune di Albino e organizzato da Promoserio, “Mo roni 500. Albino 1521-2021” ha voluto proporsi come percorso diffu so di scoperta e valorizzazione che diventasse appello concreto alla riappropriazione della figura di Moroni come un prezioso patrimonio collettivo.

Con queste premesse, nato per essere lungo un anno, da maggio 2021 “Moroni 500” si è autoalimentato grazie al moltiplicarsi delle proposte e delle partecipazioni. Ora il gran finale a sorpresa, gra zie alla collaborazione tra il Comitato Moroni 500, la Parrocchia di Albino, Fondazione Credito Bergamasco e Accademia Carrara, che con questi importanti prestiti intende sigillare la stretta collaborazione intessuta con l’avventura di “Moroni 500”, consentendo in più occa sioni un “ritorno ad Albino” di significative opere del pittore custodi te in museo. Dal 12 novembre al 26 dicembre 2022, la suggestiva Chiesa di San Bartolomeo ad Albino sarà palcoscenico di una mostra speciale, a cura di Orietta Pinessi. Con questa iniziativa, tra le prime ad aprire il percorso verso Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023, si chiude il cerchio della storia, torneranno a casa due albinesi, Bernardo e Pace Rivola, i celebri coniugi Spini immortalati da Moroni a figura intera (1573-1575), insieme alla splendida tavola del Cristo portacroce con un devoto (1518) di Alessandro Bonvicino detto il Mo retto, il maestro bresciano del pittore albinese. Le tre opere saranno presentate al pubblico a conclusione dei restauri donati da Fondazione Credito Bergamasco e realizzati da Delfina Fagnani, a coronare la lunga campagna conservativa della Fondazione, che negli ultimi anni ha interessato ben 18 opere di Moroni tra dipinti e polittici. Si comple ta con questa mostra la narrazione della vicenda straordinaria di un pittore ormai universalmente celebrato come un protagonista della pittura del Rinascimento, ma che per gran parte della sua vita aveva scelto di vivere e operare nel paese natale, Albino, sfidando dalla periferia il protagonismo - per il quale anche per carattere era eviden temente poco tagliato - delle grandi capitali dell’arte della sua epoca.

Per la discussa storia dei coniugi Spini si può vedere quanto scri ve Giampiero Tiraboschi in “Giovan Battista Moroni l’uomo e l’ar tista” e in “I frati Cappuccini ad Albino 1613-2013”.

Cruciale per lo sbocciare del talen to di Moroni fu l’alunnato a Brescia, nella bottega del maestro Moretto, che in mostra torna ad affiancare l’allievo con la preziosa tavola del Cristo portacroce con un devoto, già appartenuta alla Raccolta di Gu glielmo Lochis. Sul tema si cimen terà anche Moroni, con quell’indi menticabile Cristo portacroce che si può ammirare proprio nel Santuario della Madonna del Pianto di Albino, considerato uno dei vertici della sua pittura sacra. Anche il pubblico po trà confrontare in prima persona le due opere, ricercando le cifre degli insegnamenti di Moretto, ma anche “misurando” quanto il cammino di Moroni se ne sia allontanato per ap prodare al suo personale linguaggio pittorico.

Altrettanto cruciale per la carriera

16 MOSTRA
G.B. Moroni, Ritratto di Bernardo Spini, 1573-75, prima del restauro. Su con cessione di Fondazione Accademia Carrara, Bergamo.

del pittore fu la committenza dei coniugi Spini di Albino, famiglia tra le più importanti per status socia le. Moroni, che già nel 1549 aveva eseguito per il loro palazzo albinese di via Mazzini decorazioni profane oggi perdute, li ripagherà con que sto “doppio ritratto” a figura intera, che li consegnerà per sempre alla storia. Elegantissimi nello sfoggio del loro costosissimo “marchio di fabbrica”, l’esclusivo panno di lana nero di Albino, ricercatissimo sui mercati europei,i coniugi Spini sono i testimonial di un’ aristocrazia di provincia che gareggiava alla pari in eleganza e mecenatismo con la blasonata nobiltà di sangue cittadi na, ben rappresentata dal Cavalie re in rosa con la sua consorte Isotta Brembati, che insieme ai coniugi Spini sono i ritratti più iconici di Gio

van Battista Moroni.

Non è un caso che per arricchire le sue collezioni - per tradizione cresciute attraverso donazioni - dei due ritratti dei coniugi Spini, l’Ac cademia Carrara fece un’importante eccezione, procedendo nel 1852 all’acquisto delle opere direttamente dagli eredi Spini a Bergamo.

La mostra sarà arricchita da un calendario di attività di animazione culturale e approfondimento, tra conferenze, visite guidate a tema, eventi realizzati dalle associazioni, e sarà visitabile grazie all’attenta e appassionata guida degli studenti dell’Istituto Romero di Albino che in questo percorso espositivo concluderanno la loro esperienza mo roniana, iniziata più di un anno fa.

La riconoscenza della comunità parrocchiale e civile nei riguardi di Giovan Battista Moroni Giovedì 3 novembre alle 20.30 nella Prepositurale di S. Giuliano si esprimerà, a distanza di secoli, nella celebrazione di una S. Messa di suffragio, celebrata e cantata come lui l’ha vissuta: in latino e gregoriano.

17ARTE Ottobre 2022
G.B. Moroni, Ritratto di Pace Rivola Spini, 1573-75, prima del restauro. Su concessione di Fondazione Accademia Carrara, Bergamo. Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Cristo portacroce con un devoto, 1518.Su concessione di Fondazione Accademia Carrara, Bergamo.

In dialogo con don Gian Luca Per un comune sguardo profetico in Bolivia e a Bergamo

Il viaggio del vescovo Francesco Beschi in Bolivia, nelle varie missioni bergama sche, si è concluso, all’inizio di luglio, con due giorni di riflessioni fra i missionari stessi e con i giovani che l’hanno accompagnato, oltre che con l’arcivescovo Sergio Gualberti, che ha tenuto una relazione sulla storia dei 60 anni di questa missione. Le domande sul presente e sul futuro della missione bergamasca in Bolivia sono state poste da don Fabio Calvi e don Gian Luca Mascheroni, “tra i più giovani rappresentanti del clero in Bolivia”, come ha scritto, su L’Eco di Bergamo del 4 lu glio, don Mattia Magoni, responsabile della comunicazione della diocesi, che pure accompagnava il vescovo nel viaggio, insieme con il direttore del Centro missionario diocesano, don Massimo Rizzi.

Le domande non hanno riguardato solamente la missione in Bolivia, ma direttamente Bergamo; anzi ha scritto don Mattia: «La missione in Bolivia rimane profetica se è in grado di mettere in discussione le scelte personali e comunitarie delle due Chiese, sia in Bolivia che a Bergamo aprendole maggiormente ai poveri” innan zitutto. La domanda di fondo che è stata posta: la missione in Bolivia non è solo «il gesto generoso della diocesi di Bergamo nei confronti di una più povera, ma è uno scambio alla pari»?

La missione in Bolivia, infatti, può fare da specchio alla Chiesa di Bergamo, mostrando analogie e differenze.

«La missione in Bolivia ha regalato alla Chiesa di Bergamo lo spazio per esercitarsi nella profezia», per «essere fedeli ancora oggi all’opzione preferenziale per i poveri e al Vangelo come forza liberante».

Quanto questa profezia guida la missione della Chiesa bergamasca in Bolivia e a Bergamo, qui e là, là e qui? Quanto la missione in Bolivia e a Bergamo è «profetica nel segno delle beatitudini del Regno» hanno chiesto espressamente don Fabio e don Gian Luca; nella costruzione del Regno di Dio, prima che della Chiesa. Quanto le due esperienze aiutano «i cristiani delle due Chiese» a «mettere in discussione le proprie scelte personali e comunitarie”? Esiste uno scambio, un “scambio

alla pari” fra le due esperienze?

Don Mattia ha dettagliato le domande sotte se alla domanda generale.

La missione in Bolivia è guidata dallo «spi rito di profezia se riesce a suscitare nelle persone il desiderio di maturare una co scienza critica non solo il bisogno religioso di ricevere i sacramenti per sentirsi a posto nella comunità» ovvero, con le parole di Calvi-Mascheroni, se «forma una coscien za sociale ispirata ai valori della giustizia, rispetto della dignità umana, senza discri minazioni,», «esprimere il proprio pensiero liberamente, favorendo processi autentici di democrazia».

Ma le domande riguardano anche Bergamo: la Chiesa si accontenta di rappresentare una religione civile o contribuisce a formare

prossimo

Continua l’iniziativa del fondo di solidarietà

Diventiamo prossimo

per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato

Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22

Con bonifico bancario tramite IBAN: IT20 L0538 75248 00000

c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO

18 ALTRI MONDI Diventiamo
 Autotassazione
4260 6856
PROSSIMO

una coscienza critica e sociale, a «incidere su una cultura»? a formare una mentalità di fede, come si proponeva il Rinnovamento della catechesi in Italia dal 1970.

In Bolivia si sono solamente «medicate le emergenze»? continua a riportare don Mat tia: «il fascino della straordinaria rete di ser vizi che si è creata in terra boliviana, quali meccanismi assistenziali ha legato all’evan gelizzazione in modo quasi irrinunciabile?».

E Calvi-Mascheroni: si è riusciti a «rompere i meccanismi di assistenzialismo che Chie sa e governo hanno creato»?

E come non pensare a legami analoghi qui? Ma incalza don Mattia, nel relazionare sulla Bolivia, con una riflessione in cui può spec chiarsi anche Bergamo: «Provare a mettersi insieme di fronte a queste questioni di

25 anni di viaggi della carità

Ho avuto lutti, malattie, preoccupazioni, però guardando nella mia vita mi sento in dovere di aiutare chi è stato meno fortu nato di me.

Sono in molte le persone ammalate, povertà e guerre le affliggono e si accanisco no contro di loro, solo per la sfortuna di essere nate in una nazione, piuttosto che in un’altra. Un filo sottile le divide da distru zioni continue al contrapposto benessere. Anche noi in Italia abbiamo tanti problemi, è giusto lamentarci, è sempre tutto più complicato, gli echi delle guerre si sentono pesantemente anche da noi. Ma in fondo non ci manca niente. Chi ha bisogno vie ne sostenuto. Con 1 euro un Kg di pasta, non di marca, si può comprare. Con poco

senso, permette di non smarrire alcuni sogni che hanno animato la missione: il sogno che si continui a farsi carico integralmente della promozione umana e della forma zione delle persone affinché il cristianesimo non venga scambiato per una corsia preferenziale per poter accedere ad alcuni servizi o per una religiosità quasi magica ridotta ad alcune parole e ad alcuni riti».

E don Fabio e don Gian Luca, per qui e là o là e qui: «Sogniamo collaborare reci procamente con clero e laici per maturare nuove esperienze pastorali che possano superare una religiosità legata alla sacramentalizzazione e alle diverse forme di de vozione (in passato per esempio erano le comunità di base), ponendo attenzione alla formazione degli adulti e degli agenti pastorali».

L’articolo-documento pubblicato da don Mattia Magoni su L’Eco di Bergamo del 4 agosto si propone per una revisione delle scelte comunitarie delle due Chiese e per sviluppare uno scambio permanente di pensieri ed esperienze. Si propone ai consigli pastorali, non solo ai gruppi missionari, alle CET della diocesi, agli incontri sinodali, per uno scambio qui e con chi sta là, direttamente o attraverso il Centro missionario diocesano.

Don Fabio e don Gian Luca: «Cresca sempre più la consapevolezza, in noi fidei do num e nella Chiesa di Bergamo, che in questa esperienza di missionarietà non solo diamo e siamo un’espressione della Chiesa di Bergamo, ma riceviamo e dobbiamo far sì che questi doni siano condivisi nella nostra diocesi».

Il viaggio in Bolivia, il sinodo, non è finito.

Lo ha sottolineato il vescovo Francesco nella sua intervista finale del 5 agosto: «C’è un aspetto che appartiene alla missione in generale: è la capacità di aprire. Questo è il primo dono della missione: anche a Bergamo, anche nelle nostre belle parrocchie e nelle nostre tradizioni si possono manifestare le tentazioni di una chiusura. La missione ci ha regalato apertura contro l’autoreferenzialità. Bergamo è nel mondo sicuramente attraverso l’imprenditorialità e i suoi artigiani, ma non di meno è nel mondo grazie ai suoi missionari. Da loro ha ricevuto e riceve costantemente un vol to di generosità, apertura e dedizione»; «lo stile bergamasco della missione non è visibile solo nelle opere, ma nella capacità di vivere la vita dei poveri insieme a loro»; «ultimo carattere, l’arte di condividere alla pari: gli altri non sono destinatari, ma fratelli, sorelle, amici».

si può offrire un pasto decente, senza de legare sempre gli altri, dicendo: “qualcuno ci penserà”.

Durante il mese di agosto, ho fatto l’ultimo viaggio di carità, portando oltre 15 quintali di alimenti, più articoli sanitari come pan nolini, guanti, etc. Con l’aiuto dell’amico Santo Moioli e di altri 9 furgoni, abbiamo portato il tutto negli orfanotrofi in Bosnia, nelle mense per poveri, alle famiglie più bi sognose con bambini, in case per anziani abbandonati.

Inoltre portiamo bambini ammalati all’O spedale Pediatrico Gaslini di Genova, ven gono curati a nostre spese e aiutati solo da volontari durante la degenza.

Ringrazio tutte le persone sensibili e di cuore che cooperano sempre con me, senza le quali non potrei fare tutto questo, gli amici della Corale Santa Cecilia e il mio amico Pierino Persico, che mi sostiene

sempre in modo cospicuo e generoso.

Tornerò in Bosnia a fine ottobre, anche se è periodo difficile per tanti, spero di trovare ancora la vostra solidarietà.

Con l’aiuto della Mamma del Cielo, che ci abbraccia, ci sostiene e ci rincuora, la provvidenza e la speranza di aiutare i più sfortunati non manca mai…

Vi ringrazio di cuore, pronto per il prossimo viaggio…

ALTRI MONDI 19 Ottobre 2022

La buona sanità che serve all’Italia.

Il dibattito politico riguardante le elezioni è giustamente orientato a trovare soluzioni per il problema ‘energetico’, di certo fondamentale per il futuro economico e sociale del Paese. Tuttavia altri settori non sono meno importanti. Quello della salute è fondamentale per defini zione e anche per la nostra economia. Tuttavia sulla salute l’impres sione è che le idee non siano molto chiare e che i partiti o le coalizio ni siano orientati a utilizzare frasi generiche senza avere il coraggio di prospettare soluzioni necessarie anche se magari impopolari. Da queste colonne, perciò, vorrei proporre tre domande. […] Prima domanda: Cosa si propone per fare in modo che il Servizio sa nitario nazionale risponda alle richieste di salute della popolazione?’. Faccio riferimento al fatto che ancora oggi il diritto alla salute è legato alle risorse economiche del cittadino. La presenza dell’intramoenia (cioè i servizi a pagamento resi dai medici ospedalieri come liberi professionisti, fuori dall’orario di lavoro) differenzia i cittadini. Chi è benestante o usufruisce di particolari assicurazioni risolve rapidamente le sue esigenze di visite o di esami, mentre le persone di più basso livel lo socio-economico devono aspettare anche mesi nelle liste d’attesa. Inoltre, non tutti i cittadini hanno eguali diritti per le cure. Gli amma lati delle 7.000 malattie rare sono abbandonati perché all’industria non interessa fare ricerca ‘antieconomica’, come pure lo Stato non finanzia questo tipo di ricerche in modo adeguato. Non solo: anche gli anziani e le donne sono penalizzati perché gli studi clinici controllati da cui dipendono dosi e tempi di terapia vengono condotti prevalen temente su maschi adulti.

Seconda domanda: ‘Come si vuol risolvere il problema della mancanza di medici e infermieri ormai preoccupante in molte parti del Paese?’. Si calcola che manchino circa 65.000 infermieri e almeno 10.000 me dici. La discussione è prevalentemente centrata sull’abolizione del nu

mero chiuso per l’ammissione alle scuole di medicina. È una valutazione errata perché in realtà mancano le scuole di medicina che sono già insufficienti per ospitare e formare gli attuali studenti. Inoltre mancano i giovani, perché circa vent’anni or sono avevamo 1 milione di diciot tenni mentre oggi ne abbiamo solo 400mila. Non solo: i medici e gli infermieri emigrano o vanno nella sanità privata perché nella sanità pubblica sono sottopagati rispetto alla media degli stipendi europei. Nel frattempo, come aumentare la produttività di medici e infermieri?

Bisogna assumere i medici di me dicina generale, pagare gli straordi nari, concentrare più medici e infer mieri nelle stesse strutture.

Terza domanda: ‘È chiaro a tutti che la medicina del terri torio ha bisogno di una nuova organizzazione. Come fare?’.

Abbiamo in questo senso le risor se che derivano dai fondi europei. Attenzione, tuttavia, a non spen derli nel modo più facile, attraverso i cantieri edilizi. Come è possibile

20 SOCIETÀ

pensare di fare 400 Ospedali di comunità e più di un migliaio di Case della comunità senza indicare con quale personale e con quali compiti, lasciando al contempo sul territorio anche i medici di medicina generale? Si do vrebbe concentrare tutto sulle Case di comunità mettendo insieme più medici con una efficiente segreteria informatizzata, con infermieri, pe diatri di famiglia, psicoterapeuti, per tenere aperti gli ambulatori sette giorni alla settimana.

Le Case di comunità dovrebbero inoltre avere a disposizione appa recchiature per le analisi di routine e telemedicina. Si dovrebbero raccordare con i servizi sociali e con i volontari del Terzo settore per rea lizzare un efficiente servizio a domi cilio. Le Case della comunità non si costruiscono mettendo targhe, ma con il tempo, e soprattutto ascol tando i bisogni dei cittadini. […]

Silvio Garattini

Fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs EditoriaLE di avvEnirE - 10.092022

“Giovanni - il Vangelo spirituale” al centro del corso biblico con padre Armellini

“Giovanni - il Vangelo spirituale” è il tema del corso biblico per cate chisti e laici programmato per la stagione invernale 2022-23.

L’iniziativa formativa è rivolta a catechisti, operatori pastorali, educa tori, ma anche per quanti vogliano conoscere la Bibbia e il Vangelo. Visto la grande partecipazione registrata negli scorsi anni, la sede degli incontri continua a essere il nostro CineTeatro Lo condurrà, come sempre, il padre Dehoniano Fernando Armellini, noto biblista, esperto conoscitore dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli. Sono 10 gli incontri in programma, sempre al mercoledì dalle 20.30 alle 21.30: 26 ottobre; 2, 9, 16 e 23 novembre; 11, 18 e 25 gennaio 2023; 1 e 15 febbraio.

Per ulteriori informazioni è possibile chiamare don Daniele allo 035.770026.

Quattro biografie di Vittorio Gasparini

La mattina del 10 agosto, nell’anniversario della strage nazi-fasci sta del 1944, una delegazione di albinesi, formata da appartenenti all’ANPI e agli Alpini e da un consigliere comunale con il gonfalone, si è recata a piazzale Loreto a Milano per la cerimonia a ricordo dei 15 antifascisti fucilati; hanno incontrato la figlia di Vittorio Gasparini, Angiola.

La memoria di Vittorio Gasparini è viva.

Negli anni 2000 ormai quattro sono i libri che contengono sue biogra fie.

Nel 2012 quello edito dall’Anpi di Albino: Vittorio Gasparini cattolico seppe resistere, ed. Tera Mata.

Nel 2020, dieci pagine, aggiornate, contenuto del volume di Massimo Castoldi, Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il “contrappasso”, Don zelli editore.

Nel 2022 otto pagine nel volume delle edizioni Ares, di A. Leoni e S. Contini, Partigiani cristiani nella Resistenza.

Ancora quest’anno, in quindici pagine, di Mario Pelliccioli, edito per le Acli di Bergamo, Cattolici e antifascismo. Resistere nella tormenta, che riprende quanto contenuto nelle precedenti biografie e in quella del secolo scorso di Giuseppe Belotti.

Il libro contiene brevi biografie di otto bergamaschi cattolici, quattro preti e quattro laici, che seppero resistere al nazifascismo. Da segnalare la presentazione di mons. Goffredo Zanchi, con due importanti paragrafi: 1. Le contaminazioni della fede cristiana ad opera del fascismo;

2. L’apporto della Resistenza per una moderna politica cristianamente ispi rata.

In questo anno scolastico l’Istituto Vit torio Emanuele II di Bergamo intende intitolare a Vittorio Gasparini, che fu suo studente, un’aula, contraddistinta da una targa con dedica; un convegno accompagnerà l’iniziativa.

La riproduzione della copertina di un libro

SOCIETÀ 21
IN BREVE

ACLI ALBINESI

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

COSTUME E SOCIETÀ

Mancano gli ordini? Manca il lavoro? Niente affatto: manca il personale, quello specializzato, ossia le figure professionali. Un paradosso che affligge soprattutto le piccole e medie imprese, quelle che in Europa ci vedono al secondo posto dopo la Ger mania. La difficoltà nel reclutamento della manodopera rischia di incidere pesantemente sugli stabilimenti. E se inizialmente il problema investiva solo l’edilizia, la mecca nica e l’autotrasporto, ora il problema è trasversale, toccando quasi tutti i comparti produttivi. Dopo oltre due anni di pandemia, il caro bollette, l’aumento dei costi delle materie prime e la difficoltà a reperirle, un’altra zavorra che impedisce il decollo del sistema economico. Ma perché mancano i lavoratori? Sul trend incide il calo demografico, combinato al minor numero di immigrati su cui si è potuto contare in questo lungo periodo di pandemia e senz’altro anche una scarsa propensione dei giova ni ad adattarsi alle richieste del mondo del lavoro.

Il “job act” ha creato posti di lavoro effimeri con il doping degli incentivi fiscali alle imprese, e il reddito di cittadinanza ha spinto molte persone a rinunciare a ricollocarsi con la formazione. Il tutto risulta essere un aspetto allarmante. Formazione di figu re professionali e innalzamento dell’interesse nei confronti dei giovani sono le leve che vanno azionate per contrastare questa grossa criticità e soddisfare la richiesta delle imprese. Altrimenti i guai, e grossi, non potranno che aumentare.

CONTROSENSO

A confermare quanto sopra, bastano questi esempi: una ditta di trasporti non riesce a trovare 50 camionisti, nonostante le ottime condizioni d’ingaggio, Un albergatore è stato costretto a tenere chiuse 120 stanze per mancanza di personale, il cui compito era quello di rifare le stanze degli ospiti. L’imprenditore turistico è arrivato al punto di offrire tale lavoro “ai maschi”, ma non c’è stato nulla da fare. Le ha provate tutte, anche attraverso quattro canali specializzati, ma l’esito è stato sempre negativo. E tutto

questo nel periodo delle vacanze estive. Su un quotidiano veneto leggiamo che nei prossimi due mesi le industrie del Friuli Venezia Giulia avranno bisogno di 28mila ad detti. Nel paniere c’è di tutto: dagli operai non specializzati agli addetti alle vendite. Speriamo in un esito positivo.

VOLONTARIO

“Perché lo faccio? Perché ho capito il dolore dell’essere umano, perché non mi sento a posto pensando alla gente che soffre senza che io muova un dito. Quando ero un ragazzo, avevo diciotto anni, sono andato con i padri Monfortani di Bergamo in Africa, in Malawi, ormai mezzo secolo fa. Sono stato in un lebbrosario dove i padri curavano i malati. Ho capito il dolore, ho visto il dolore, ho toccato il dolore e non ho più potuto fare finta di niente”. Giovanni Paolo Pellegrinelli è un missionario lai co atipico. C’è una piccola associazione delle Ghiaie di Bonate che lo sostiene, che lo aiuta. Ha 67 anni, è di Almenno San Bartolomeo, nella sua vita precedente faceva il fotografo. È in Madagascar, in un dispensario di Antananarivo, la capitale, in un ambulatorio dove ci sono medici e infermieri di colore. Chi volesse aiutarlo basta che digiti il suo nome completo in Internet.

22 ASSOCIAZIONISMO

BULLISMO

Guerra al bullismo, quello che danneggia alle volte in modo ir reparabile la vita di tanti ragazzi e ragazze che non riescono a difendersi. L’arma più efficace si chiama educazione.

Famiglia, scuola,ma anche psicologi, educatori e forze dell’ordi ne formano quella squadra con la quale la società deve e può vincere la battaglia contro il bullismo. Bisogna agire il più preco cemente possibile per rieducare chi abusa e salvaguardare che è abusato.

Il bullismo è una tipologia di sopruso che si consuma special mente nel gruppo e di cui, per fortuna, sentiamo sempre più spesso parlare in questi anni. Il bullo agisce con la precisa inten zione di fare del male alla vittima., che subisce sempre.

È fuori di dubbio che il bullismo sia una piaga della nostra so cietà. C’è sempre strato ma non se ne parlava mai o per paura o per vergogna.

I bulli sono spesso adolescenti con problemi di autostima prove nienti da famiglie difficili. I bullizzati sono soggetti vulnerabili sul piano fisico, psicologico o dell’orientamento sessuale.

BUONE NOTIZIE

Un fondo da 20 milioni di euro per contributi a fondo per duto è stato approvato dal Governo per gli enti non com merciali, gli enti religiosi civilmente riconosciuti, le onlus, i titolari di partita Iva che svolgono attività di prestazione di servizi socio sanitari e assistenziali in favore di anziani non autosufficienti o disabili che abbiano svolto prestazioni durante lo stato emergen ziale da Covid-19.

La parola extraprofitto, in questo periodo, non gode di buona fama perché richiama il sopraprofitto opportunistico delle imprese energetiche e dagli importatori di gas in crisi impe rante e in tempo di guerra in Ucraina.

Il termine extraprofitto, però, può essere anche sociale, virtuoso e positivo quando per esempio una organizzazione di volonta riato e una impresa sociale genera un valore aggiunto di merito sociale e per il bene comune.

COCCIUTO PER AMORE

“Gentile Presidente Mattarella, grazie per l’interesse a farmi ri entrare in Italia, ma io rimango qui”. Così il missionario laico friu lano Enzo Missoni, 84 anni, ha risposto al Quirinale attraverso

l’ambasciata italiana in Burkina Faso. Maurizio Santoni, dell’as sociazione Oasis fondata da Missoni, dopo un recente attentato a una ventina di chilometri dalla missione, ha scritto a Mattarella: “Enzo rischia molto. La prego di fare una telefonata, invitandolo a rientrare in Italia”. Cosa che Mattarella ha fatto, ma la risposta di Missoni è stata un “no grazie”. Forse noi fatichiamo a capire certe situazioni, ma l’esempio è bene venga conosciuto.

DISPERAZIONE

Succede purtroppo spesso di leggere notizie drammatiche come quella recente nel carcere di via Gleno, a Bergamo. Due detenuti che si suicidano in una settimana, un terzo che smette di curarsi per una patologia seria e finisce in gravissime condi zioni in ospedale. I due morti erano marocchini di 31 e 35 anni, In prigione per furti e piccolo spaccio. La situazione del carcere di Bergamo si ripropone drammatica. La garante dei diritti dei detenuti, che ogni giorno è in via Gleno, non nasconde nulla. E dice: “La situazione continua ad essere difficilissima, nonostan te il prodigarsi del personale e dei volontari. Ma il carcere è in situazione di sovraffollamento e il personale è invece carente, In questo periodo sono custoditi 520 detenuti, ma la struttura è stata progettata per 315 persone. Celle piccole, magari fatte per due persone con quattro detenuti. Gli agenti di custodia sono circa 200, ma dovrebbero essere 243 Considerando i congedi, cioè le ferie e i riposi oltre alle malattie, il numero si riduce. Oltre a questo la giustizia viaggia troppo lentamente, perché il giudice preposto è oberato di lavoro e fatica a smaltire ciò che deve. Nelle celle sovraffollate si scatenano litigi violenti, esplode la rabbia per delle sciocchezze, perché uno canta e l’altro vuole dormire, perché uno vuole vedere un programma, se c’è la tele visione, e l’altro vuole vederne un altro”. Conclude la garante dei diritti: “Abbiamo informato le autorità a tutti i livelli a cominciare dal ministero. Speriamo che qualcosa cambi, e in fretta”.

DIFFERENZA

Se qualcuno volesse chiedersi quale dif ferenza passa tra un politico e uno stati sta troverebbe facilmente la risposta in un pensiero di Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alle prossime generazioni”. Ecco la differenza tra chi ha la “vista corta”, tiene conto più degli interessi personali e di partito e chi invece cura maggior mente il futuro del Paese a lui affidato. De Gasperi è stato sicuramente uno di questi ultimi. Infatti siamo certi di non sbagliare se lo consideriamo tra i più grandi statisti che abbia mai avuto l’Italia e non solo l’Italia. Se poi dovessimo fare il confronto con i parlamentari attuali…!!!

Per le Acli albinesi Gi.Bi.

23 Ottobre 2022 ASSOCIAZIONISMO

Caro Giuseppe...

... ci sono momenti, nella vita di ognuno di noi, in cui trovare le parole per saluta re un collega, un grande amico, diventa difficile.

Abbiamo avuto il grande privilegio di conoscerci, di rispettarci, ricevendo sem pre la tua stima contraccambiata.

Ti ricordiamo particolarmente per la tua fluida oratoria, la tua sapiente dialettica, la tua competenza, non solo in ambito scolastico.

Hai sempre saputo venire incontro alle persone con discrezione, comprensione e generosità.

La perdita di un amico cambia la vita e lascia senza parole.

Ci rimane solo il ricordo, la speranza, il coraggio di andare avanti.

Ma i ricordi sono l’arma più potente di tutti e nessuno li può cancellare, soprav vivono al tempo, sono ponte tra questa vita e l’eternità alla quale andiamo incontro.

I ricordi sono il bene più prezioso: con essi potremo riabbracciarti quando vor remo e godere ancora della gioia di sta re insieme.

Ciao Giuseppe

La tua collega Federica

“In verità, in verità Io vi dico: Chi ascolta la Mia parola e crede a Colui che Mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Giovanni 5:24)

... nessuno avrebbe mai immaginato che in questo giorno, arrivato così all’improvviso, saremmo stati qui a ricordarti. Siamo frastornati e sconvolti da un enorme senso di vuoto; nonostante ciò, nulla ci impedisce di correre con i pen sieri verso tutto ciò che hai saputo dare ad ognuno di noi.

Ricordiamo l’uomo che sei stato: la tua umanità, la tua determinazione, il tuo entusiasmo, la tua precisione, la tua grinta, la tua voglia di fare e la tua dedi zione al lavoro saranno di esempio per tutti noi.

A nome dell’Istituto Comprensivo Solari ti giunga il nostro commiato: sei stato

esempio di vita e coraggio, con rimpian to e affetto vivremo e pregheremo nel tuo ricordo.

Adesso vivi nel Regno dei Cieli: che il Signore possa concederti sollievo e do narti la serenità che meriti.

“Se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore.” (Romani 14:8)

... non è facile trovare le parole giuste per esprimere ciò che ognuno di noi sente in questo momento.

Abbiamo avuto il grande privilegio di co noscerTi e rispettarTi, ricevendo la Tua stima, pienamente contraccambiata.

Avendo potuto apprezzare la Tua stra ordinaria energia interiore, molti di noi si erano convinti che Tu avessi una parti colare dispensa rispetto ai mali di que sto mondo.

Credevamo, insomma, che avresti con tinuato per molti anni ad essere un rife rimento importante per la tua Famiglia, per i tuoi amici e per i tuoi colleghi.

Con la Tua improvvisa scomparsa, inve ce, lo sgomento prima e il dolore poi, ci hanno sopraffatto.

In questa mesta circostanza sarebbero molte le cose che avremmo voluto ricor dare di Te: la Tua serietà, la Tua profes sionalità ed il Tuo grande ed innegabile “sapere” (che tutti certamente Ti hanno sempre riconosciuto), così come la tua pacatezza e il tuo impegno a favore di diverse realtà presenti sul territorio. Tutti ricordiamo quanto fossero rassicuranti le tue parole: dette sempre nel momento giusto.

Ti ricordiamo, particolarmente, per le entusiasmanti discussioni dialettiche sovente intrattenute, sempre nel reciproco rispetto delle potenziali divergen ze di veduta!

Con molti di noi, il rapporto si è fatto più vivo ed intenso, sfociando in amicizia vera e sincera.

Giuseppe Bagnato 29.09.1962 - 25.09.2022

Sei stato un esempio di dedizione al lavoro, un riferimento per tua moglie Pao la, per i tuoi figli Elisabetta e Gabriele e per coloro che ne avevano bisogno, un grande amico, ma soprattutto una per sona che nella sua semplicità è riuscita a lasciare un bellissimo ricordo ed un grande vuoto.

Tra qualche giorno avresti compiuto 60 anni: avremmo dovuto festeggiarTi e non piangerTi.

Caro Giuseppe qui mancherai a tutti: mancherà soprattutto la Tua sincerità, il Tuo modo di vedere la vita e di affronta re il mondo, la Tua serietà che diventava simpatia all’occorrenza; mancherà di te il Tuo essere amico e confidente, il Tuo essere custode prezioso di tanti nostri pensieri o problemi.

Condivido un pensiero personale: non voglio abbattermi e non demordo, me lo hai insegnato tu.

Mi dicevi sempre di guardare la vita con il sorriso e con la speranza, di viverla a pieno perché in fondo prima o poi tutto sarebbe finito.

E allora vivrò così, sorridendo e diver tendomi, affinché ogni mia risata per metta al tuo volto di splendere sul mio.

Ti vogliamo bene.

Ora e per sempre.

Con affetto Albino, 27 settembre 2022

24 RICORDO

Acerbis Teresa

A Roma, nella casa sua e di alcune consorelle dell’Opus Dei, a cui apparteneva, domenica 24 luglio è morta Teresa Acerbis, nata il 23 luglio 1925 da Giovanni e Maria Magoni, terzogenita fra i figli sopravvissuti, seguita il 12 luglio 1929 da Elia (m. 145-2018), che pure entrerà nell’Opus Dei dell’oggi san Josema ria Escrivà, che si era proposto di invitare i cristiani a cercare la santità nella vita quotidiana e nel proprio lavoro.

Teresa Luigia era cresciuta nella famiglia cristiana del padre falegname di paese e della madre, quindi nell’oratorio fem minile di S. Anna, con le suore Figlie del Sacro Cuore, in cui crebbero tante vocazioni alla santità nella vita familiare e an che religiosa. Nella fotografia delle giovani di S. Anna, Teresa Acerbis, presidente, ad Albino, della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, è ritratta, nel primo dopoguerra, alla destra del prevosto don Pietro Gamba in occasione della visita di un assistente della G. F., don Antonio Milesi, che poi diverrà pre vosto di Albino.

All’inizio degli anni ’50 Teresa, insieme con il fratello Elia che frequentava il Politecnico, conosce i primi figli spirituali italiani di don Escrivà, che era arrivato a Roma nel 1946; entrambi aderiscono alla proposta di pienezza cristiana dell’Opus Dei. Elia pensava di vivere la santità nella professione di architetto, come l’amico ingegnere Armen Manoukian, ma fu chiamato al sacerdozio nel 1972, Teresa si dedicò alle opere interne all’i stituzione.

La prima fu il luogo di formazione in Alta Italia dell’Opus Dei, il ristrutturato Castello di Urio in provincia di Como, un luogo che pareva andare contro il Vangelo, di certo non contro la bellezza, e comunque rispettava il punto 631 delle massime del Cammino, opera fondamentale di don Escrivà: “Distaccati dai beni del mondo. Ama e pratica la povertà di spirito”. A Urio si trasferirono le prime donne dell’Opera per occupar si della gestione domestica. Abitarono il retro del castello dal

1959, delle catapecchie a dire di Elia. Nel 1960 Teresa divenne la direttrice amministrativa del Castello di Urio.

Nell’omelia del funerale, nella Basilica di Sant’Eugenio a Roma, mons. Matteo Fabbri ha ricordato “quando a Milano come membro dell’Assessorato Regionale dell’Opus Dei ebbe l’idea di promuovere iniziative rivolte a ragazze giovani del veronese: da questa iniziativa e dal lavoro di tante altre che hanno collaborato, sono venute molte vocazioni”.

Mons. Fabbri ha ricordato anche “gli anni trascorsi alla Safi”, scuola alberghiera per ragazze, a Roma, nella periferia Tribur tina di Casal Bruciato.

Così in tutta la sua lunga vita, finché le forze glielo permisero, fu a servizio delle attività dell’Opus Dei, per la propria santifi cazione (Cammino, 519).

“Una vita fedele”, “con una donazione piena e totale, il tutto con semplicità estrema e con quella sobrietà bergamasca che ricordiamo”, “per i tanti anni di consegna fedele e generosa”, come ha scritto in una lettera, in spagnolo, da Pamplona, il Padre Prelato dell’Opus Dei, mons. Fernando Ocariz.

“Dio ha concesso a Teresa molti anni di vita; è logico che ci duole la sua assenza, però allo stesso tempo ringraziamo per la sua vita e le tante cose che abbiamo ricevuto attraverso lei. Ricordo le volte che la vidi, e l’allegria che trasmetteva, così come il suo zelo apostolico”.

25 Ottobre 2022 RICORDO

LAVANDERIA LAVASECCO

Fassi Fulvia di Esther

ALBINO - via Mazzini 46 - tel. 035 753687

Per essere informato sulle attività proposte dalla nostra comunità parrocchiale, iscriviti alla NEWSLETTER sul sito www.oratorioalbino.it

Il tuo aiuto è importante ... per le opere parrocchiali

Dopo aver ultimato tutti gli interventi già noti sui vari immobili parrocchiali, abbiamo iniziato il restauro della facciata della Prepositurale, approfittando anche delle attuali agevolazioni governative. Anche se per la lun gaggine burocratica ci siamo trovati con i costi lievitati del 40 % (il costo finale si può trovare sull’autorizzazione esposta in cantiere).

Siamo in difficoltà riguardo alle nostre risorse disponibi li. Per questo ti ringraziamo per quanto riuscirai a fare. È possibile anche detrarre fiscalmente nella dichiara zione dei redditi - in misura del 19% - quanto devoluto a sostegno dei lavori autorizzati. Per le aziende è possi bile la totale detrazione.

PER DONAZIONI

Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.

26 DATE SIGNIFICATIVE

Ricordo di Piera Spinelli Moretti

In 93 anni, Piera Spinelli, nata il 18 aprile 1929, fu, prima, ragaz za al lavoro in camiceria e quindi allo stabilimento Honegger. Qui mantenne dignità.

In seguito, moglie di Enrico Moretti, operaio, madre di Franca e Giuseppe.

In famiglia ebbe felicità. Nato Giuseppe nel 1960, lavorò come domestica in tante famiglie di Albino.

Qui riscosse fiducia. Quando abitava in piazza S. Giuliano, all’inizio degli anni ’70, accolse le riunioni di un gruppo di ragazzi che preparava il ciclo stilato “Ragazzi Terzo Mondo”, sussidiario a quello dell’omoni ma Operazione.

Non disse una parola, diede fiducia.

Giuseppe ormai giovane entrò in gruppi di impegno sociale e religioso, una promessa per la comunità. Un incidente stradale, nel 1993, lo tolse a lei, alla mo glie, al figlio, a tutti. Piera provò il dolore innaturale di una madre che perde un figlio. Ebbe, però, ancora fede.

Rimasta vedova nel 2001, nella sua ultima casa, in via mons. Camillo Carrara, conobbe una fami glia di ghanesi, lì trasferiti dalla Casa della Carità. Diede attenzioni.

Nel 2020, non più autosufficien te, entrò nella Casa Honegger, ancora forte d’animo. Nel 2022, debole fisicamente, a chi la visitava trasmetteva sere nità.

È morta l’11 agosto, rimanendo presente a se stessa.

Il maggiore dei figli ghanesi, as sente dall’Italia in quei giorni, ha telefonato al prevosto, la mattina

del funerale, per farsi presente: soffriva la perdita della “nonna”. La sua memoria di ragazza, mo glie, madre, nonna, è in benedi zione. a.c.

Preghiera dei nipoti di Piera

Padre di ogni vivente, ti preghiamo di accogliere il bene che la cara nonna Piera ha compiuto in questa vita: fa’ che tutto l’amore donato in famiglia e a chi aveva bisogno porti frutto e sia continuato da noi.

Ricorda anche i dolori che ha affrontato con tenacia e trasfigurali con il tuo amore nella vita eterna.

Accogli in Paradiso la nonna così che possa riabbracciare il non no Rico e Giuseppe: insieme pregheranno per noi e ci sosterran no nelle nostre vite.

Dio, nostra speranza, ascoltaci!

27RICORDO Ottobre 2022

CASA FUNERARIA di ALBINO

CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria.

La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato mo mento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spa zio, climatiche igienico sanitarie.

Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia.

Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igieni co-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizio namento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma.

La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica.

Gli arredi interni sono stati curati nei minimi det tagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente lu minoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognu no dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispet tando la sensibilità del visitatore.

Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE

Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, pre sente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende:

- Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione;

- Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo;

- Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it

Anniversari

Gabriella Azzola in Dall’Angelo 3° anniversario m. 14.10.2019

Il tuo ricordo indelebile nel nostro cuore, certi che da lassù non cesserai d’amar ci e la tua preghiera sarà preziosa per tutti noi, riposa in pace cara Gabry.

Sperandio Bosio 5° anniversario 18.08.2017 - 18.08.2022

Sei sempre nei nostri cuori

Da giugno a ottobre

...

sono rinati nel Battesimo Vittoria Acerbis Caterina Acerbis Samuele Tarquilio Ludovica Birolini

- Anastasia Birolini Zeno Bizioli Gaia Caldara Valota Noemi Linello Lucia Olivo Rachele Perotti Riccardo Suardi

sono tornati alla casa del Padre

Giovanni Renzi Maria Lorenza Birolini Pina Valenti Teresa Barbieri

- Teresa Pulcini Ferruccio Cortinovis

- Filomena Cortinovis Maria Bosio Enio Mosconi Palmira Birolini Milena Birolini

Bruno Telini 14° anniversario

Ogni pensiero un tuo ricordo

Carillo Gnecchi

anniversario

tuo ricordo

sempre

Maria Cortinovis

anniversario Signore, mostrami il tuo volto.

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

- Paolo (Camillo) Beatrisini Alessandra Bellini Annarosa (Rosa) Algeri Aurelio Bortolotti Fulvio Facci

- Pierina Spinelli Valentino Grassi

- Giuliano Birolini Therese Marie (Denise) Stracka Marianna Signori Renzo Morotti Fulvia Roggeri

- Alessandro Fojadelli Mariateresa Signori Maria Signori Alessandra Busetti Mario Carrara

- Paolo Camozzi Giuseppe Bagnato

- Costanza Spinelli Gianpiera Maestroni Teresina Signori Lucia Artifoni Giuseppe Bonzi

si sono uniti in matrimonio Andrea Zanni e Mara Belotti Federico Volpe e Nicla Donato Giulio Pirletti e Sara Patrizia Alborghetti Sebastian Birolini e Giulia Asero

- Carlo Scognamiglio e Chiara Alberti Walter Maino e Roberta Ruggeri

ANAGRAFE PARROCCHIALE 29
14°
11°
2011-2022 Il
è
vivo in noi
...
-
...

La solitudine

Quand’ero ragazzino, mamma mia me diceva: “Ricordati fijolo, quando te senti veramente solo tu prova a recità ‘n’ Ave Maria l’anima tua da sola spicca er volo e se solleva, come pe’ maggia”. Ormai so’ vecchio, er tempo m’è volato; da un pezzo s’è ad dormita la vecchietta, ma quer consijo nun l’ho mai scordato. Come me sento veramente solo io prego la Madonna benedetta e l’anima da sola pija er volo!

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.