Albino comunità viva - dicembre 2022

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DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI
GIULIANO - NATALE 2022
GIORNALE
SAN

RECAPITI

La Solitudine

Casa parrocchiale

Tel. e fax: 035 751 039 albino@diocesibg.it

Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 751 288 oratorioalbino@gmail.com

Santuario del Pianto 035 751 613 - www.piantoalbino.it

Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 751 119

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 751 482 - 035 02 919 01 Padri Dehoniani Tel. 035 758 711

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 751 253

Caritas Parrocchiale

Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30

PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ

Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 45 983 50

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 45 984 91 - 035 515 532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17)

A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 81 735 75

PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278 111 - 035 278 224

GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

www.oratorioalbino.it

è la virtù da coltivare in questo anno pastorale

ORARI delle SANTE MESSE

FESTIVE

In Prepositurale ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Al santuario del Pianto ore 7.30 - 17.00

Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

FERIALI

In Prepositurale

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Pre positurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45 Al santuario del Pianto ore 7.30

Alla Guadalupe ore 8.00

Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

In copertina: Natale 2020, la natività in piazza san Giuliano.

INFO UTILI
Luoghi cari in una veduta datata 1956

La guerra non ferma la vita che nasce. Malgrado la tragedia che sta vivendo in queste ore, l’Ucraina non perde la speranza grazie an che alle notizie relative alla nascita di alcuni bambini venuti alla luce nei sotterranei e nei rifugi antiaerei di Kiev durante i bombardamenti. Mia, questo il nome dell’ultima nata. La foto della sua nascita è diventata virale. La mamma, assistita nel miglior modo possibile l’ha partorita nella metropolitana di Kiev mentre la città era assediata dalle trup pe russe. Ma Mia non è stata l’unica bimba nata in una notte di bombe e scontri armati. Niente, neanche la violenza più cruda, può fermare il miracolo di una nuova vita, che può fiorire anche in un rifugio antimis silistico. “La piccola sta bene”, mentre nel tweet si legge: “È la prima nata (della quale abbiamo notizia) in uno dei centri di accoglienza di Kiev. Sotto terra, vicino agli edifici in fiamme e ai carri armati russi.

Nascere in solitudine.

Nella metropolitana o in una grotta è sempre la solitudine la protagonista.

Si è aperta ieri a Milano la Fiera dell’artigianato con la partecipazione, quest’anno, anche di artigiani ucraini. Hai sentito cos’è quello che li ha più colpiti? La luce! Loro che lavorano con i generatori di energia.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire la luce.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire il riscaldamento.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire la pace.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire il silenzio.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire camminare insieme tenendosi per mano.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire dormire in tranquillità.

Signore, non ci rendiamo conto di cosa voglia dire per i nostri bambini crescere amati, accuditi e poter giocare serenamente.

Signore, forse sappiamo cosa voglia dire alzarsi il mattino e vedere che ci siamo ancora tutti.

Signore, forse sappiamo cosa voglia dire attraversare la solitudine della notte; ma non conosciamo l’impressione di quando è senza stelle; o con il rischio di confondere le stelle cadenti con altre cose che, cadendo, distruggono e portano morte.

Forse, siamo anche noi come i pastori che sanno e hanno tempo per guardare le stelle; ma non sap piamo cosa provino quanti altrove alzano con timore gli occhi al cielo nel terrore di quanto da lì possa venire. Una vita precaria, insopportabile, assurda, fonte di paura. Ancor più tragica per quanti speravano di poter tornare presto alle proprie case; si illudevano che fosse questione di pochi giorni. E la loro casa non esiste più.

Eppure in questa solitudine la vita continua a crescere e a vincere; il nostro Dio continua a farsi pre sente in mezzo a noi attraverso i nostri piccoli.

Chiudiamo un anno per alcuni aspetti significativo, con delle aperture, all’insegna della speranza: a d. Andrea è stato chiesto di lasciare una comunità e di farsene carico di un’altra, con maggior responsabilità; a d. Luca la stessa cosa, con l’entusiasmo che lo caratterizza; Marco Nicoli è diventato diacono, l’ultimo gradino prima dell’Ordinazione, e diventerà sacerdote (a Dio piacendo) l’ultimo sabato di maggio, nella solennità della Pentecoste; secondo le indicazioni dei vescovi, il Consiglio Pastorale Parrocchiale si è arricchito di quattro giovani, cominciando a preparare l’incontro con il Vescovo che visiterà la nostra parrocchia a gennaio; adesso, sapete che è venuta dai Vescovi italiani l’indicazione con la possibilità di scambiarsi nella Messa il segno della pace dandosi la mano, e la possibilità di distribuire l’Eucaristia anche senza mascherina.

Ecco, il Signore dia a ognuno di noi un cuore libero, purificato, perché diventi capace di sperare con umiltà e senza presunzione. Anche in questo ognuno vive il cammino in solitudine.

Auguri di cuore alla tua famiglia incontro al Signore che viene vs. dongiuseppe

1 Natale 2022
Mia è il suo nome; femminile di Mir, pace.

Un tuffo nella Bibbia

Un cristiano maturo apre la Bibbia ogni giorno, in particolare i van geli, dice papa Francesco, e prima di lui il Concilio e prima ancora Lutero o San Gerolamo: “L’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza di Cristo”.

Il problema poi è capire bene la Parola e metterla in rapporto con la vita.

E’ necessario un minimo di aiuto: in assenza di uno ecclesiale, aiu tano le note al testo, così le introduzioni della varie edizioni della Bibbia, in particolare dei Vangeli. Guide apposite ce ne sono, anche facili. Fra queste, già quarant’anni fa “Parlare delle Sacre Scritture” di Beauchamp, ora riedito da Vita e pensiero; nel 1999 “La Bibbia a piccole dosi” di Carlo Buzzetti, edito dai salesiani della Elle Di Ci. Il mese scorso, sempre con la Elle di Ci, “Un tuffo nella Bibbia”, di un bergamasco esperto di catechesi, don Mario Carminati, parroco di Seriate: “Un piccolo prontuario della Bibbia che consente di conoscere, in modo semplice e immediato, i tratti salienti dei suoi libri. La presentazione di ciascuno di essi, unita ad alcune loro brevi par ti, consente immediatamente di intuire gli aspetti fondamentali del libro e anche di intravvedere alcune sue attualizzazioni”. Sono due paginette piacevolmente discorsive, in un dialogo a due, per ciascun libro della Bibbia, divulgative, per un primo approccio;

Ascoltiamo il Vangelo

IL CAPITOLO 25 DI MATTEO - Stiamo ben at tenti a non addolcire il sapore del Vangelo. Per ché spesso, per convenienza o per comodità, tendiamo ad attenuare il messaggio di Gesù, ad annacquare le sue parole. Ammettiamolo, siamo diventati piuttosto bravi a fare compromessi con il Vangelo. Sempre fino a qui, fino a là… compro messi.

Dare da mangiare agli affamati sì, ma la questione della fame è complessa, e non posso certo risol verla io!

Aiutare i poveri sì, però poi le ingiustizie vanno affrontate in un certo modo e allora è meglio at tendere, anche perché a impegnarsi poi si rischia di venire disturbati sempre e magari ci si accorge che si poteva fare meglio, meglio aspettare un po’. Stare vicini ai malati e ai carcerati sì, ma sulle pri me pagine dei giornali e sui social ci sono altri pro blemi più urgenti e dunque perché proprio io devo interessarmi a loro?

Accogliere i migranti sì, certo, però è una questio

si rifanno alle introduzioni dell’edi zione della Bibbia detta “Bibbia di Gerusalemme”, importante anche per le sue note.

ne generale complicata, riguarda la politica… Io non mi mischio in queste cose… Sempre i compromessi: “sì, sì…”, ma “no, no”. Questi sono i compromessi che noi facciamo con il Vangelo. Tutto “sì” ma, alla fine, tutto “no”. E così, a forza di “ma” e di “però” –tante volte noi siamo uomini e donne di “ma” e di “però” – fac ciamo della vita un compromesso con il Vangelo. Da semplici discepoli del Maestro diventiamo ma estri di complessità, che argomentano molto e fanno poco, che cercano risposte più davanti al computer che davanti al Crocifisso, in internet an ziché negli occhi dei fratelli e delle sorelle; cristiani che commentano, dibattono ed espongono teorie, ma non conoscono per nome neanche un povero, non visitano un malato da mesi, non hanno mai sfamato o vestito qualcuno, non hanno mai stretto amicizia con un bisognoso, scordando che «il pro gramma del cristiano è un cuore che vede» (Be nedetto XVI, Deus caritas est, 31).

Dall’omelia di papa Francesco del 2 novembre 2022

2 VITA DELLA CHIESA

Siamo lontani dalla complessi tà, fra i più recenti, di “Che cosa è l’uomo” della Pontificia Com missione Biblica su Genesi op pure “Biografia di Gesù” del card. Ravasi o ancor più la parte terza “L’obiettività dell’evento cristologico” del volume “Teologia fonda mentale” di don Massimo Epis del seminario di Bergamo. Ma ci sono anche questi nel caso. Più facile il recente, Vita di Gesù di Tornielli. Anche questi recenti autori aiutano per una lettura biblica non libro per libro, senza una gerarchia di importanza, ma per temi, a partire dalle storie dell’avvento del Regno di Dio nella storia umana. Comunque il facilitatore don Car minati ha fatto anche dei video, con gli stessi dialoghi del libro: “La Bibbia in otto minuti”, che dal 7 novembre si possono vedere sul sito parrocchiale www.parrocchia seriate.it

Due puntate ogni settimana, tutti i 73 capitoletti del libro.

Il libro, in assenza di librerie... bisogna ordinarlo on line, costo 14 €

Santi “zingari”

La diocesi di Milano in una pubblicazione di 72 pagine ha documentato la “Missione ambrosiana tra i Rom e i Sinti dal 1953”. Protagonista principale ne è stato don Mario Riboldi, morto a giugno 2021, su man dato del card. Montini, ora san Paolo VI. Don Mario racconta: “Ero prete da un mese. Ho visto le prime carovane e mi sono detto: «Chi porta il Vangelo a questa gen te?». Ne parlo al mio arcivescovo Montini e lui esclama: «Un nuovo popolo si apre alla evangelizzazione». Divenuto papa, il 28 agosto 1975 accoglie a Castelgandolfo 3000 “zingari”o, meglio, Rom, Sinti, Manush, Kalé e dice loro: «Voi siete nel cuore della Chiesa».

Don Mario non era solo ad accompagnarli: erano con lui alcuni altri preti diocesani, fra cui padre Luigi Peraboni, con lui per 48 anni, e non solo: una maestra di Varese già viveva in una roulotte in un “campo nomadi” di Milano e lo farà più di cinquant’anni. A Bergamo li accompagnava suor Franca Stevanato (ora sostituita da suor Lucia Mazzoleni, delle Suore Orsoline di Gandino).

Non siamo più, ricorda la pubblicazione, ai tempi di San Carlo Borromeo, lo stesso che venne in visita ad Albino e definì bella la Crocifissione del Moroni, cardinale che in vari sinodi diocesani (1565, 1578, 1584), definì i “nomadi” “razza vagante e fraudo lenta”. Ora la Chiesa ha già riconosciuto due beati fra gli “zingari”: Ceferino Jimenez Malla “Pelé”, il martire del rosario, spagnolo, commerciante di cavalli, riconosciuto da papa Giovanni Paolo II il 4 maggio 1997, ed Emilia Fernandez Rodriguez, gitana, il 25 marzo 2017, ad Almeria.

Per non contare i circa 7000 rom proclamati santi dal patriarca degli Armeni Karekin il 23 aprile 2015.

Ancor oggi numerose sono le vocazioni sacerdotali e religiose fra i rom e i sinti; in tutta Europa vi sono, fra loro, preti in Italia (Caserta, Salerno, Vasto, Cassino), e in Slovacchia, Romania, Repubblica Ceka, Ungheria, Spagna.

Pregiudizi

L’ITALIA È PIENA DI “ZINGARI” - Falso: nel nostro Paese rom, sinti e cammi nanti sono circa 170mila, ovvero lo 0,25% della popolazione totale. In tutta l’U nione europea sono complessivamente il 10% della popolazione, ovvero il 2%.

PRIMA GLI ITALIANI - In realtà metà di queste popolazioni sono cittadini ita liani. Il resto sono per lo più cittadini europei, anche se tra loro ci sono alcuni rifugiati e apolidi, arrivati dai Balcani dopo le guerre negli anni 90.

SONO NOMADI - Sono 35mila i rom e sinti che abitano nei campi e questo significa che in Italia 4 persone su 5 hanno una casa.

Marzo 2022 3
today.it
Don Mario Riboldi, un prete diocesano e un frate Cappuccino.

Sinodo: cammino di Chiesa

Una semplice introduzione, in forma di decalogo, al sinodo e alla sinodalità ecclesiale

1.

Sinodo, etimologicamente, significa cammino comune o comunità in cammino; Coinvolge due dimensioni, quella comunitaria e quella dinamica.

2. Applicato alla Chiesa, significa il “noi ecclesiale”, la comunità di Gesù che cammina verso il Regno di Dio.

3. Il suo fondamento teologico è trinitario, la Chiesa significa ed è il sacramento della comunione trinitaria, che per la potenza dello Spirito di Gesù cammina verso il Regno di Dio.

4. Nel Nuovo Testamento troviamo alcuni esempi di sinodalità, come la vita della prima comunità di Gerusalemme (Atti degli Apostoli 2, 42-47) e il Concilio di Gerusalemme: «Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso» (Atti di gli Apostoli 15,28).

5.

Questa dimensione comunitaria, in cui tutti partecipano a ciò che riguarda tutti, è andata perduta ai tempi del cristianesimo. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) l’ha recuperata presentando la Chiesa come Popolo di Dio (Lumen Gentium II), dove tutti abbiamo ricevuto il battesimo di Gesù e l’unzione dello Spirito, tutti possediamo il senso della fede mediante che il popolo di Dio è infallibile nella sua fede (Lumen Gentium 12).

6. Papa Francesco ha assunto questi orientamenti del Vaticano II e propone la sinodalità come stile peculiare per la Chiesa del terzo millennio e convoca un Sinodo per il 2023-2024 sulla sinodalità, “Chiesa: comunione, partecipazione e missione”, con la preventiva partecipazione alla Chiese (diocesane, nazionali e continentali). Lo scopo del Sinodo non è produrre documenti, ma far germogliare sogni, profezie, speranze e illusioni, curare ferite, tessere relazioni, imparare gli uni dagli altri, creare un immaginario positivo che illumini la mente, scaldi il cuore e rafforzi le mani.

7. Questo presuppone una grande conversione ecclesiale, è una grande riforma della Chiesa, costruire una piramide rovesciata significa superare ogni clericalismo ed elitarismo gerarchico, religioso, spirituale e culturale.

8. I vari carismi ecclesiali, gerarchici e non, dono dello Spirito (Lumen gentium 4), non scompaiono, ma si pongono nel dialogo e nella comunione ecclesiale, poiché ciò che ci unisce tutti è più delle differenze ecclesiali e carismatiche.

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VITA DELLA CHIESA

9. La difficoltà maggiore è duplice:

◆ Che i chierici e la vita religiosa lascino il ruolo di primo piano e l’arroganza che spesso abbiamo avuto e imitino Gesù che ha lavato i piedi ai discepoli.

◆ I laici abbandonino la passività e tutti assumano il ruolo che gli corrisponde come battezzati nella missione della Chiesa e imitino i discepoli, uomini e donne, che seguirono Gesù lungo le strade della Galilea.

CET - Comunità Ecclesiale Territoriale

TERRE ESISTENZIALI

Concludiamo con questo il cammino di avvicinamento e conoscenza della CET.

TERRA ESISTENZIALE: Fragilità Abitare il tempo della fragilità, attraversarle senza negarla e farci i conti. COSA TRATTA? - Prestare voce, attenzione, cura all’ultimo COORDINATORE - Benvenuto Gamba, responsabile dei Servizi Sociali Val Cavallina INIZIATIVE - All’inizio del mandato è stato importante per ogni componente conosce re e chiedere cosa significasse la parola fragilità. Mai come questo momento di prova ha ricordato come la fragilità fa parte della condizione umana. Riconoscere la fragilità ed accettarla è molto importante perché essa può divenire creatrice di legami, agire come ponte che istituisce rapporti tra diversi, essere capace di mobilitare una società per generare gesti di solidarietà e dar vita ad iniziative che si prendono cura dei più bisognosi. Quindi il secondo passo è stato quello di dare uno sguardo al territorio: chi si prende cura delle fragilità? Chi le conosce? Come possiamo porre attenzione alle richieste di aiuto, come possiamo dare maggiore ascolto? E allora hanno iniziato ad ascoltare i coordinatori del Consultorio, dei servizi Sociali, i sanitari...ed è bello scoprire che ognuno porta avanti il proprio lavoro con passione, con la voglia di mettersi in gioco, di creare reti sociali e di essere generativi tentando di uscire dai propri servizi per andare incontro alle fragilità. Hanno ancora voglia di ascoltare ed incontrare reti formali ed informali che sono segni di speranza per la costruzione del bene comune.

TERRA ESISTENZIALE: Lavoro e festa

Dio ha voluto ricordarci che il lavoro può essere un momento, un luogo, un mezzo dove incontrarlo

10.

sinodalità è un processo, non si limita alla preparazione del Sinodo 2023-2024, ma comporta l’avvio di una dinamica di dialogo e partecipazione che includa comunità, movimenti e istituzioni ecclesiali, seminari, ecc. in diversi ambiti: evangelizzazione, formazione, catechesi, liturgia, pastorale, gioventù, governo, amministrazione economica, opere sociali, dialogo con altre culture e religioni, ascolto della voce degli esclusi e degli emarginati socialmente ed ecclesialmente, essere ospedale da campo che accoglie tutti ecc. Prima inizia questo processo, meglio è.

Victor Codina blog.cristianismoijusticia 18 ottobre 2022

COSA TRATTA? – Vivere da cristiano il lavoro, conciliare le fatiche e il riposo. COORDINATORE – Carol Angelini, responsabile ufficio di piano Val Seriana e responsabile servizi sociali del comune di Albino INIZIATIVE - Per orientare le scelte hanno cercato anzitutto di capire come si pone oggi il tema del Lavoro e quali prefigurazioni possono fare sul suo futuro, pur considerando le ripercussioni provocate dalla pandemia sull’occupazione, sulle attività economiche, sulla natalità, sui redditi delle famiglie. Hanno cercato di ragionare in particolare attorno alle sfide ed ai cambiamenti dei prossimi decenni soprattutto quelli legati all’evoluzione tecnologica e informatica che richiedono, con velocità sempre maggiori, nuove competenze e professioni. Forse le criticità più preoccupanti sono le tendenze demografiche che presentano una forte contrazione della natalità con con seguente invecchiamento della popolazione e, in prospettiva, carenza di lavoratori giovani e più adeguati alle nuove esigenze delle imprese. E tutto questo cambiamen to in atto dovrebbe essere guidato dalle grandi sfide del riequilibrio ambientale e di quella ecologia integrale di cui parla Papa Francesco nella Laudato Sii. A questo punto il contributo sul tema del lavoro da parte delle nostre comunità ec clesiali non può che consistere nel tentativo di partecipare alla costruzione del futuro stesso del lavoro in cui le persone possano trovare elementi di senso e di significati per sé e per la collettività. Il lavoro come partecipazione alla costruzione del creato e servizio alla comunità son parole che hanno una loro precisa applicazione econo mica. Futuro e senso che hanno inevitabilmente come interlocutori principali giovani e adolescenti. Ed allora ecco che il gruppo che nella CET si occupa del lavoro, ha scelto di capire, di incontrare persone che aiutino a mettere a fuoco possibili piste di impegno. Ci chiediamo come le grandi storie dei nostri oratori, degli ordini religiosi, dei movimenti ancora capaci di attrarre i giovani, possano contribuire a queste sfide. Stanno incontrando esperienze, energie e persone che possono aiutare anche le no stre parrocchie e famiglie, i gruppi di giovani, forse anche partendo da quei passaggi di età e di responsabilità tanto caratteristici dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Una cosa ancora rimane da fare: incontrare i ragazzi stessi, ascoltare il loro punto di vista, entrare in empatia con loro e forse con la relazione arriveranno anche le proposte.

Novembre 2022 VITA DELLA DIOCESI 5
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VITA DELLA CET

“Lo ospitò in casa sua”

Le iniziative della diocesi di Bergamo per l’Avvento

“Lo ospitò in casa sua”: il cammino d’Avvento della diocesi di Bergamo inizia da qui, dal desiderio di ospitare Dio che si fa uomo, bambino in una mangiatoia. Per prepa rarsi al prossimo Natale, la diocesi bergamasca propone un itinerario in cui l’ospitalità sarà la protagonista.

Richiamato nell’ultima lettera circolare del Vescovo Francesco, il titolo del cammino di Avvento prende ispirazione dalle prime battute del brano di Vangelo preso di rife rimento come icona dell’anno pastorale: l’accoglienza di Gesù nella casa di Betania. Gesù è in cammino, entra nel villaggio di Betania in cerca di una casa e di volti amici e subito una donna di nome Marta lo accoglie: è questo stesso stile di ospitalità che si desidera allenare attraverso la preghiera e l’esempio di alcuni personaggi che si incontreranno nei vangeli festivi.

Tenere accesa la luce della speranza

Domenica dopo domenica, settimana dopo settimana, tutti saranno chiamati ad ac cogliere elementi diversi, ma indispensabili per prepararsi all’incontro con un Dio bambino.

Impareremo a tenere accesa la luce della speranza dall’uomo che prega nella notte, ascolteremo una parola sconvolgente gridata nel deserto da Giovanni Battista, sem pre con lui comprenderemo l’importanza delle domande e scopriremo la bellezza di saperci sognati proprio come è successo a Giuseppe, giungendo di fronte a un Bambino che chiede solo di essere accolto e amato.

Andando verso la conclusione del tempo del Natale, con la figura dei Magi si ap profondirà la tematica dell’ospitare il diverso. Tutti atteggiamenti di ospitalità che le due sorelle di Betania – Marta innanzitutto, ma anche Maria – hanno sperimentato in prima persona in un giorno qualunque di duemila anni fa e che oggi sprona tutti a vivere la preparazione verso il Natale in modo più consapevole. L’invito comune a tutti i destinatari dei cammini d’Avvento (famiglie, bambini, preadolescenti, adolescenti, giovani e comunità parrocchiali) è a fare della propria vita una casa accogliente per Dio che viene nel mondo. Le famiglie e i bambini saranno accompagnate da un libretto di preghiera e un calendario.

Coinvolgere attivamente famiglie e bambini L’obiettivo è incentivare un cammino quotidiano attraverso una differente modalità di preghiera, con la possibilità di coinvolgere anche e attivamente i bambini. Una proposta pensata per far sì che la preghiera possa farsi sempre di più esperienza di famiglia.

Ad accompagnare i preadolescenti, invece, sarà un libretto con piega a fisarmonica. Creando un gioco di “apri e chiudi”, dinamica evocativa dell’ospitalità, si invitano i ra gazzi ad allenarsi su questo atteggiamento attraverso alcuni ingredienti fondamentali per la crescita umana e spirituale.

Sia i bambini che i preadolescenti, inoltre, potranno essere coinvolti in momenti di preghiera di gruppo grazie al supporto di alcune schede presenti dal 7 novembre sul sito www.oratoribg.it.

Percorso “social” per gli adolescenti Anche per gli adolescenti il cammino d’Avvento viene caratterizzato da due livelli. Il primo livello, quello personale, prevede un percorso quotidiano che li potrà rag giungere attraverso i social o WhatsApp, grazie ad una vignetta seguita da un breve commento.

Questa parte del cammino, dal punto di vi sta grafico, è stata realizzata grazie alla col laborazione tra gli oratori dell’Unità pasto rale di Gandino e CorXIII (una famiglia che racconta il Vangelo su Instagram), mentre dal punto di vista contenutistico è stato il Seminario Minore di Bergamo a dare il suo apporto.

La novità di quest’anno sta nella proposta dei momenti di gruppo. Gli animatori UPEE e alcuni seminaristi della Comunità di Teo logia hanno realizzato sia dei momenti di preghiera in cui la comunità possa coin volgere gli adolescenti, sia una cassetta degli attrezzi utili agli educatori per andare a fondo sulle tematiche indicate, sfruttando le classiche occasioni d’incontro di questo Tempo Forte: un momento di ritiro, una vita comune in oratorio, un campo scuola du rante le vacanze natalizie.

Il cammino dei giovani, invece, sarà scandi to anche quest’anno con un podcast quoti diano in un modo da raggiungere tutti attra verso le piattaforme digitali.

Podcast quotidiano per i giovani

Anche qui il Seminario Vescovile, grazie ad alcuni preti che vi abitano e ne sono responsabili, ha collaborato dando voce alle provocazioni contenute nel Vangelo quoti

6 ANGELO IN FAMIGLIA LIGHT

diano e all’ospitalità con diverse sfumature. In continuità con il tema dell’ospitare, il pro getto di attenzione caritativa per il tempo d’Avvento si propone di sostenere il servi zio “Dormitorio Galgario” di Caritas Dioce sana Bergamasca, nella classica modalità di una raccolta di beni di prima necessità e nella arditezza di alcune proposte pastorali di sensibilizzazione per le comunità parroc chiali al tema della povertà.

Tutto il materiale fin qui raccontato sarà di sponibile a partire da lunedì 7 novembre. I sussidi cartacei, di cui si può prendere vi sione attraverso le copie omaggio distribu ite a tutte le parrocchie, saranno acquista bili tramite il sito www.oratoribg.com oppure telefonando al 338.3747132, mentre il materiale online sarà scaricabile dai siti www. diocesibg.it e www.oratoribg.it.

Tutti insieme come comunità cristiane sia mo chiamati a camminare all’unisono anche se su livelli differenti. Ciascuno cammina al suo passo, ma tutti vanno nella stessa dire zione: essere capaci di ospitalità, lo stesso atteggiamento che accolse Gesù nella casa di Betania e che permette a Dio di incarnar si anche oggi.

Direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale dell’età evolutiva

Don Marco è Diacono

Sabato 30 ottobre, nella chiesa Ipogea del seminario di Bergamo, abbiamo vissuto una celebrazione davvero emozionante.

Il Vescovo Francesco ha consacrato otto giovani diaconi, prossimi sa cerdoti il 29 maggio. Tantissimi gli amici e i parenti, oltre cento i preti riuniti in preghiera per la consacrazione di questi giovani tra i quali Marco Nicoli, di Desenzano, cresciuto nell’oratorio di Albino e amico dei giovani di Comenduno.

«Una bella testimonianza di vocazione fiorita tra le mura degli oratorii delle nostre parrocchie, nata nel seno di una bella storia di famiglia» scrive don Alfio sul bollettino parrocchiale di Comenduno.

Le emozioni si sono sciolte in preghiera e ringraziamento nelle Messe celebrate a Desenzano, Albino e Comenduno, per il dono di una testi monianza giovane di vita al servizio dei bisogni della Chiesa.

Nella nostra comunità parrocchiale martedì 1 novembre, solennità di Ognissanti, dove ha portato la sua testimonianza nella Messa delle 10.30, seguita da un momento conviviale in Oratorio.

Don Marco continua il suo servizio festivo nelle comunità di Casazza, Monasterolo, Spinone e Gaverina aiutando i sacerdoti locali. Certamente avremo occasione di stare ancora con lui. Per ora buon cammino don Marco!

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COMUNITÀ IN FESTA

Molti giovanissimi bevono molto con l’in tento di ubriacarsi. L’alcool sta diventan do sempre di più il grande protagonista del sabato sera dei ragazzini. In pochi anni è più che raddoppiato il consumo di alcool nella fascia più giovane, quel la dai quattordici ai diciassette anni. Le cifre sono preoccupanti. Il 13% dei quindicenni dichiara di essersi sbronzato almeno venti volte nella vita. Le ragazze sono in forte rimonta in que sta preoccupante classifica e bevono più dei coetanei maschi. Il dottor Paolo Marzorati, medico e psicoterapeuta, esperto in medicina delle dipendenze, risponde alle domande di alcuni genitori preoccupati per l’abuso di alcool nei figli giovanissimi.

Perché è esplosa l’emergenza alcool degli adolescenti? Cos’è cambiato rispetto alle generazioni precedenti? Ci sono tre elementi preoccupanti nel bere degli adolescenti. In primo luogo il fatto che lo considerino un comporta mento normale, non trasgressivo. Fino a pochi anni fa le persone che beve vano abitualmente erano viste come emarginati di cui avere pena; oggi, per i giovani, il bere è accreditato come fe nomeno di moda, ricercato, immagine di socialità e successo. Un altro aspetto è il fatto che si beva smodatamente: non c’è il gusto per il singolo bicchiere, ma la ricerca dello sballo. E il terzo elemento, il più inquietante, è che l’alcool è ormai la sostanza di ingresso nel mondo delle droghe. Il consumo di alcool si ac compagna spesso a quello di ecstasy, cannabis, cocaina. Questo avviene più facilmente nei luoghi di aggregazione, come le discoteche, i pub, le case al mare o in montagna.

Quindicenni sbronzi

Rubrica a cura del Centro di Ascolto e Auto-Aiuto “Promozione Umana” di don Chino Pezzoli.

Che cosa cercano gli adolescenti, perché si sballano?

Viviamo in una società che non sa co gliere e valorizzare l’energia e la creati vità dei giovani. È l’epoca delle passioni tristi e spente, della mancanza di pro spettive. Lo “sballo” compensa, annul lando i pensieri, offrendo sensazioni di socializzazione non raggiungibile in altri modi, aiutando a “perdere il controllo”. Serve ubriacarsi per mettersi in contatto col mondo delle emozioni. I giovanissi mi sbronzi sono molti e fanno parte di famiglie anche economicamente nor mali. Questi ragazzi e ragazze passano le serate insieme e si sbronzano. Poi si mettono in macchina e si schiantano su altri veicoli o finiscono fuori strada. Alcuni si ritrovano al pronto soccorso in coma etilico.

I genitori hanno la possibilità di accorgersene?

I genitori sono spesso gli ultimi a render si conto del fenomeno. I ragazzini che bevono il sabato sera, e il giorno dopo ne portano i segni evidenti, si fermano a dormire a casa di amici, quando i geni tori sono fuori per il weekend. Prendono tutte le precauzioni perché padre e ma dre non si accorgano di niente. Spesso i genitori sono a conoscenza di tutto, ma vogliono evitare il problema con affer mazioni del tipo: “Fanno tutti così i ra gazzi! Che male c’è se di tanto in tanto si sbronza!”. Accidenti come siamo ca duti in basso!

C’è un modo per prevenire il rischio alcool?

Credo sia importante capire se il ra gazzo o la ragazza stia bene psicologicamente, se ha interessi, relazioni affettive, voglia di pensare, immaginare, sognare. I genitori oggi danno molto in termini materiali, offrono ai figli regali, svaghi, soldi, ma scarsi stimoli culturali. Ma soprattutto sanno percepire lo stato

d’animo dei figli. Le nuove generazioni sono consapevoli del fatto che per loro sia quasi impossibile costruirsi un futuro senza l’aiuto dei genitori. Ciò comporta rimanere dipendenti a lungo dalla famiglia, non avere motivazioni autonome e responsabilità dirette. Tutto ciò è foriero di malessere interiore. Le sbornie sono come valvole di sfogo.

Cosa significa aiutare i figli intelligentemente?

La comunicazione con i figli è di fonda mentale importanza. Non è subissarli di parole, ma saperli osservare, ascoltare. Quando parlano o quando tacciono, perché non solo le parole portano mes saggi, ma anche i silenzi, gli umori. I mo menti fondamentali della conversazione genitori-figli, sono quelli in cui si par tecipa insieme al pranzo, alla cena, ai momenti di condivisione di una vacanza o semplicemente in alcuni momenti in cui i genitori pattuiscono con i figli come trascorrere insieme la giornata. Attenti però che non basta la presenza nello stesso spazio, se poi il telefonino, il tablet o la televisione deviano l’attenzio ne sia dei figli che dei genitori. L’alcool spesso serve ai giovanissimi per comunicare con gli amici poiché l’overdose di linguaggio virtuale li ha disabituati.

CENTRO DI ASCOLTO E AUTO-AIUTO

“PROMOZIONE UMANA” di don Chino Pezzoli

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8 PREVENZIONE PER COMBATTERE ALCOOL E DROGHE
Don Chino Pezzoli

TORNANDO DA VILLA RAVERIO

Tornando dalla visita alle tombe di famiglia, in Brianza, dove ci rechiamo ogni tanto anche per mettere in ordine i fiori e fare un po’ di pulizia, ci si interrogava su quale tipo di relazione fosse possibile con i nostri morti. La cura per le loro tombe infatti ci pareva già una sorta di relazione ma a me interessava la relazione con i defunti stessi e non solo con le loro sepolture. Da qui alcune domande sorte a raffica e che formu lo senza vergogna della loro infantile ingenuità: ma i nostri morti ci vedono? Ci sentono? Si accorgono della nostra presenza? Ed ancora: parlano tra loro? E noi li rivedremo un giorno? Ed essi ci riconosce ranno?

Che i loro resti mortali siano sepolti proprio lì o in qualunque cimitero e che siano destinati alla inevitabile consunzione mi è sempre parso naturale. Le mie domande riguardano non solo il loro -e nostrodestino corporeo bensì il loro destino di esseri per sonali; ruotano intorno all’idea che l’uomo, anche dopo morto, non sia puro spirito ma anima e corpo, vale a dire umano e divino, storia ed eternità. Così infatti osiamo credere come cristiani. La certezza che poi un giorno risorgeremo e che potremo incontrarci di nuovo, anche se si tratta di verità di fede che non po’ essere dimostrata ma so lamente accolta, per quanto difficile da immaginare, almeno in questa occasione è rimasta sullo sfondo. Infatti è certo che credere nella resurrezione della carne e nella vita eterna significhi credere che si ri stabiliranno le relazioni personali tra noi che abbia mo conosciuto il tempo e la vita sulla terra e quanti ci hanno preceduti.

Ma quando avverrà la resurrezione non è dato sa pere. Le mie domande si concentrano piuttosto sul tempo intermedio, che è poi un tempo fittizio, cioè immaginato dalla nostra limitata capacità di comprendere, legata ai sensi; il tempo che va dalla mor

te dei nostri cari -ed anche dalla nostra, quando Dio vorrà- al giorno della resurrezione finale. Durante questo “tempo” i morti come sono e dove sono? E a questo punto mi è venuto in mente come anche il viaggio di Dante nell’aldilà sia proprio il tentativo di dare risposta a queste domande attraverso l’invenzione poetica; la Commedia è incontro con i corpi e non solo con le anime: l’uomo, con la morte, non perde la sua realtà corporea ma la se mai la spiritualizza la raffina, la fa in qualche modo simi le all’anima. Mentre nell’aldilà pagano i trapassati sono ombre, condannate a “vivere” un’esistenzanon esistenza che è solo un pallido riflesso di quella terrena, Dante immagina che nel suo aldilà cristiano le anime -che lui concepisce come corpi aerei- siano più vive e reali di prima perché ormai fuori dal tempo e dallo spazio terrestre ed immerse nell’eterno. Dante infatti incontra davvero i morti, li vede, li sente, parla con loro, si commuove… Con il linguaggio della poesia, illuminato dalla sa pienza umana e dalla luce dello Spirito, Dante ha risposto in modo plausibile alle mie domande ri conducendole alla centralità del mistero cristiano, quello della passione morte e resurrezione di Gesù Cristo, “primizia” di coloro che sono morti. Là dove il linguaggio della logica non è sufficien te ci soccorre il linguaggio della poesia: come può un elemento terrestre, come la nostra corporeità, essere strettamente congiunto con un elemento celeste ed immateriale? E come può generarsi da questa unione una nuova creatura, destinata all’im mortalità?

E perché meno ammiri la parola, guarda il calor del sol che si fa vino, giunto a l’omor che de la vite cola.1

Natale 2022
1 Così il poeta latino Stazio dice a Dante in Purgatorio XXV, 76 ss.

Cristo Re

Tempo di festa, di grazie e preghiera

Un altro anno è passato: tra poco con l’Avvento inizierà un nuovo anno liturgico, ma prima celebriamo la festa di Cristo Re. Come ormai tutti sanno, il nostro Gruppo Scout si intitola proprio così e ogni novembre festeggia con giochi, attività insieme e la S. Messa. Ben 35 anni sono passati dalla fondazione del nostro Gruppo; guardandoci alle spalle non possiamo che essere grati al Signore per il servizio generoso di tanti capi, per la fiducia di tante famiglie che hanno incoraggiato i figli nello scoutismo, per il sostegno dei nostri sacerdoti e della comunità albinese.

Con questa preghiera vogliamo così ringraziare e insieme offrire il nostro impegno affinché sempre più bambini e ragazzi possano scoprire la ricchezza dell’educazione scout, affinché possiamo crescere bravi cittadini e buoni cristiani, affinché siamo operai del Regno di Cristo.

10 ESPERIENZE EDUCATIVE

Alcune immagini del pellegrinaggio parrocchiale dello scorso 23 ottobre al santuario della Madonna del Frassino di Oneta.

Un’intensa giornata vissuta dai circa 120 nostri parrocchiani giunti con ogni mezzo, anche a piedi e in bicicletta, per affidare al Signore il nuovo Anno Pastorale della nostra comunità.

11 VITA PARROCCHIALE

Ricordo di suor Giovanna Fiori

Nasce ad Albino, il 12 febbraio 1939. Il suo nome di battesimo è Giuseppina (Pinuccia per gli amici). Il padre fa negozio in cima a via S. Anna, di fronte all’edicola Buona Stampa della Milia Bulandi. Pinuc cia frequenta le elementari e le medie presso le scuole delle Figlie del Sa cro Cuore di Gesù in Sant’Anna dal 1945 al 1953 e l’oratorio femminile nel convento della medesima via. Nell’anno 1957 si diploma all’i stituto magistrale Secco Suardo di Bergamo e tra le prime occupazioni vi è l’insegnamento ai bambini pro blematici accolti alla Sciesopoli, in Selvino.

In oratorio, negli anni ’50, è una del le presidenti della Gioventù Femmi nile di Azione Cattolica, succeden do a Teresa Acerbis, impegnatasi nell’Opus Dei.

Entra in noviziato a Ranica, il gior no 8-9-1963, a 24 anni, nella Con gregazione delle Figlie del Sacro Cuore, fondata dalla ora santa Te resa Eustochio Verzeri per l’edu cazione della gioventù, in partico lare delle ragazze povere “orfane, pericolanti, abbandonate e anche traviate”. Si era confrontata con il

direttore dell’oratorio maschile, don Domenico Gianati (che ritroverà poi a Bergamo negli anni 80 quando don Domenico vi fonderà la nuova parrocchia che dedicherà a Santa Teresa di Lisieux). Sempre a Ranica il 5-9-1964 c’è la Vestizione, il 30-9-1966 la Prima Professione di fede, mentre la Pro fessione di Fede Perpetua avviene il 28-9-1971 a Bergamo nell’istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù in via Ghirardelli.

Abbiamo incontrato suor Giovanna nel 1984 quando nostro figlio ha iniziato a frequentare le scuole elementari e poi le medie presso l’istituto del Sacro Cuore a Bergamo e subito abbiamo apprezzato la sua cordialità, la sua gioia e la sua grande pazienza. Diceva spesso: «Ci vuole tanta pazienza perché poca non basta!».

Amava parlare molto con i genitori degli scolari e ha sempre promosso e par tecipato ad iniziative dell’AGESC (associazione genitori scuole cattoliche); insieme si proponevano incontri di formazione per genitori, camminate, festa di fine anno con rappresentazioni teatrali, ecc…. Dopo che aveva perso sua sorella e suo cognato, l’abbiamo seguita nei suoi spostamenti e fatta partecipe della vita della nostra famiglia e regolarmente ci si vedeva o ci si sentiva per telefono. Pregava sempre per noi.

Il giorno 31-10-2016 ha festeggiato il 50° della sua missione e ha condiviso anche con noi la sua presenza nella Chiesa, nella scuola e nella società. Che fortuna averti incontrato e condiviso un pezzo di vita insieme.

L’ultimo incontro a San Felice a settembre; incominciava ad avere grossi problemi, felici che ci abbia riconosciuto e sorriso.

La mattina del giorno 9 novembre riceviamo una telefonata da San Felice: «Suor Giovanna è volata in cielo»… poteva essere solo così!

Roberto e Pinuccia Capitanio

Nel frattempo frequenta l’Universi tà Maria Assunta di Grottaferrata a Roma e si laurea in lettere nel set tembre del 1970.

La incontriamo insegnante di lettere a Milano dal 1970 al 1975 e poi a Bassano del Grappa fino al 1980. Dopo di che viene a Bergamo e vi rimane fino al 1993, per poi andare a Verona fino al 2000. Poi a Brescia, nel pensionato universitario, dove rimane poi come superiora della co munità, ruolo che ricoprirà anche a Carpenedolo, per giungere ancora a Bergamo, vicina alle giovani del pensionato, quando le scuole locali erano gestite da una cooperativa.

Lascia il convento di Città alta a Bergamo, il “Gromo”, prima sede delle Figlie del Sacro Cuore di Te resa Verzeri, qualche anno fa, per raggiungere la casa di riposo di San Felice del Benaco.

Gioviale, suor Giovanna, aperta alle relazioni, ci lascia il ricordo di una vita offerta con gioia e cordialità, capace di esprimere incoraggiamen to e tenerezza soprattutto verso i più deboli.

È stata riaffidata ad Albino, alla ter ra che l’ha generata, accanto a tante consorelle del convento di Sant’An na, nel giorno di San Martino, rin graziando Dio per aver effuso, an che attraverso di lei, il dono della Carità, trasformata in istruzione ed educazione, secondo i principi pe dagogici della santa Teresa Verzeri che intese far propri.

VITA PARROCCHIALE 12

8 DICEMBRE

La Corale per l’Immacolata

Giovedi 8 dicembre 2022, in occasione della festa liturgica dell’Immacolata, alle ore 16 presso la Prepositurale di San Giuliano in Albino, la Corale Santa Ce cilia presenterà, come di consueto, una Elevazione Musicale.

Ricordiamo che la festa dell’Immacolata Concezione, per i fedeli cattolici, è un giorno molto importante, nel quale si ri chiama il culto della Madre del Signore. Viviamo un periodo particolarmente dif ficile, tra guerre, violenze e povertà, ma crediamo che la preghiera a Maria sia il mezzo migliore per arrivare a Dio. Sarà dunque un pomeriggio di musica dedicata a Maria, ma anche dedicata al vicino Natale.

Il programma di quest’anno è molto vario. si comincia con un trittico di brani di Johann Sebastian Bach: ESULTINO I CIELI, CORALE n. 21 e il celeberrimo RESTA CON NOI , tratto dalla Cantata 147.

A seguire la PREGHIERA DELLA SERA di Charles Gounod, ed il meraviglioso RECORDARE VIRGO MATER del com

positore bergamasco Guido Gambarini. Poi l’AVE DEL CIELO di Franco Vittadini e l’accorata preghiera SUPPLICA A MARIA di un altro grande musicista berga masco, don Andrea Castelli.

Nella seconda parte dell’elevazione mu sicale, al coro si aggiungerà la piccola orchestra dell’Istituto Comprensivo di Ranica, composta da una quarantina di alunni che hanno scelto di avvalersi della possibilità di studiare uno strumen to musicale a scuola. La formazione è seguita da: Samanta Cavalli, docente di pianoforte; Daniele Parolin, docente di chitarra; Stefano Rossi, docente di clarinetto e sassofono; Emanuela Zani, docente di violino Nel programma si inseriranno così quattro brani natalizi poco conosciuti di al trettanti paesi europei.

Verrà poi proposto NADA TE TURBE, uno dei più famosi canti creati dalla co munità ecumenica di Taizè, in Francia, che riprende i pensieri del cuore di Santa Teresa d’Avila: nulla ti turbi, nulla ti spaventi: senti Dio che ti è vicino? Allora più nulla ti mancherà, solo Dio basta.

Terminerà il pomeriggio un brano di Cesar Franck: GRAND CHOEUR in cui potremo ammirare la perizia dei ragazzi dell’orchestra coadiuvati dall’organo e dal fagotto, che accompagneranno il coro in una volata finale.

Cogliamo l’occasione per ringraziare il nostro Maestro ANGELO CATTANEO, l’organista MARCO NODARI e la fagot tista PAOLA SALA, che mettono sempre a completa disposizione il loro talento e dedizione per la musica sacra, con pas sione, costanza e serietà.

Grazie anche al Prevosto don Giusep pe, a don Luca e al comune di Albino per il patrocinio.

Vi aspettiamo numerosi all’elevazione e ricordiamo ancora una volta che chi si volesse unire a noi sarà il benvenuto. Ci ritroviamo nei locali adiacenti il cinema parrocchiale, il martedì e il giovedì sera dalle 20.30 alle 21.30.

Per informazioni e dettagli potete chia mare Giovanna al n. 3312554800.

Per la Corale Santa Cecilia Giovanna Soliani

VITA PARROCCHIALE 13 Natale 2022

Da Parigi a Mapello passando per Albino in cerca della Chiesa che accoglie

Ricordiamo il prevosto don Alfredo Ferrari a 10 anni dalla morte, pubblicando, uniti alla parrocchia di Prezzate, la sua ultima intervista.

«Oggi un prete può avere dei contatti, dei rapporti straordinari con la gente se solo sa ascoltare. Oggi, come ieri, un prete è un punto di riferimento essenziale. Anche se solo una minoranza della popolazione va in chiesa. Anche se sono i laici a dare inizio a tante attività, movimenti. Quando ho cominciato a fare il prete non era così, era il prete che sempre doveva darsi da fare, avviare le iniziative... Nei primi tempi in cui ero prete, alla fine degli Anni Cinquanta, facevo il curato nel la parrocchia di San Martino oltre la Goggia che comprende Piazza Brembana e Lenna. Tutto girava attorno alla chiesa, il novanta per cento della popolazione seguiva la Messa e le altre funzioni. Persino il tempo libero ruotava attorno a chiesa e oratorio. Ecco, organizzai addirittura la banda. Ca pisce? Il prete organizzava persino la banda. Il prete era proprio il centro dell’universo, nei nostri paesi. Oggi non è così, per fortuna». Don Alfredo Ferrari è nato 75 anni fa a Crespi d’Adda, è diventato pre te nel 1958. Fino a quest’anno, dal 2001, è stato parroco di Prezzate. Adesso che è «pensionato» si è spostato poco lontano, dà una mano a don Alessandro Nava, parroco di Mapello. Don Alfredo abita in un appartamento di un piccolo condominio, sulla soglia del centro storico. Con lui, da una vita, c’è la signora Agnese. Dice don Alfredo: «Mi ha seguito dappertutto, anche lei ha scelto di essere di servizio alla chiesa. Mi ha aiutato tanto, soprattutto nei momenti difficili». Il prete era il centro dell’universo dei nostri paesi, oggi non lo è più. Lei dice «per fortuna». Perché? «Vede io ero parroco a Prezzate, prima della pensione, fino a qualche settimana fa. Un gruppo di genitori aveva organizzato uno «Spazio gioco» per bambini da zero a tre anni, un luogo dove le mamme si recano anche per fare due chiacchiere, per scambiarsi esperienze... Io andavo, qualche volta entravo, salutavo, facevo due parole. Benedivo. Ecco una differenza: i laici si muovono, organizzano, fanno. Prendono coscienza del loro ruolo anche nella Chiesa. E il prete benedice. Mi sembra una buona cosa».

In questi cinquant’anni da prete ha avuto momenti difficili? «Qualcuno sì. Non sono una persona insensibile, mi faccio prendere in maniera forte dalle cose e questo comporta che bisogna avere tanta energia per affrontare la realtà. Non sempre si dispone di tanta energia. Però ringrazio il Signore di avermi fatto così: non sono una persona che si lascia scivolare le cose addosso. Un momento difficile

l’ho vissuto quando ero a Parigi». Che cosa ci faceva a Parigi? «Ero in Francia per via degli emigranti. Appena ordinato prete, nel 1958, sono andato a San Martino oltre la Goggia e ci sono stato per sette anni, poi ho passa to quattro anni a Bonate Sopra, fino al 1969.Quindi ebbi l’opportunità di continuare il mio apostolato in Fran cia accanto agli emigrati italiani.

La diocesi di Bergamo curava la missione per gli emigrati ad An necy, in Savoia, l’aveva fondata monsignor Macalli. Ad Annecy c’è sepolto san Francesco di Sales. Io ci ho passato i dieci anni forse più importanti della mia vita, dal 1969 al 1978. In realtà tutti gli anni sono importanti, ogni giorno è importan te. Ma quelli mi hanno segnato in modo particolare».

Però lei parlava di Parigi.

«Certo. Ad Annecy avevamo la chiesa degli italiani, ce n’erano un po’ di tutte le regioni. In quei tempi la chiesa francese non era così aperta e gli italiani, come gli spagnoli, come i portoghesi, se ne stavano per conto loro. C’erano povertà, nostalgia. Gli emigranti facevano i lavori più umili, abitavano le case meno confortevoli. Il prete italiano era importante. Giravo le case, organizzavo attività per mantenere il senso della comunità, il dialogo. Quelle persone mi hanno dato tanto.

Nel 1977 venni chiamato a Parigi per coordinare le missioni italiane in

14 VITA PARROCCHIALE

Francia, a quell’epoca c’erano qua rantacinque preti e quaranta religio se italiane. Dovevo tenere i contatti, fare conoscere le reciproche esperienze, conoscere, imparare, sug gerire... Ero sempre in giro. Era un compito interessante e però troppo impegnativo».

Ha detto che è stato un momento difficile. «Già, un momento eccezionale da un lato, difficile dall’altro perché per due anni, nel 1977 e nel 1978, dovevo svolgere i due ruoli di cappellano dei migranti ad Annecy e di prete coordinatore a Parigi. Mi arrovellavo perché mi sembrava di non riuscire a svolgere bene i miei compiti, ci buttavo dentro tanta energia e non ho mai avuto una salute di ferro... Insomma, mi sono preso un esaurimento. Vede, noi preti ci prendiamo un po’ troppo sul serio. A volte bisognerebbe essere più ri lassati».

Poi è tornato in Italia. «Andai a Morengo. Fu anche quella una bella esperienza».

Dopo Parigi, Morengo. Non fu una chiusura di orizzonte?

«Fu un cambiamento forte, ma io avevo bisogno di un luogo tranquillo. A Morengo trovai una comunità straordinaria. Fummo bene accolti, lavorammo veramente bene. Io feci una proposta che sollevò discussione: proposi ai genitori dei bambini che si dovevano preparare per la Prima Comunione di essere i catechisti dei loro figli. Con un testo a disposizione, con un incontro mensile con il sottoscritto. Ricordo la perplessità del vescovo Oggioni che tuttavia si lasciò convincere. Ricordo un genitore che alla fine mi disse: “Lei è stato furbo, ci ha mes si con le spalle al muro”. Ma era contento di quella esperienza. Io credo nella responsabilizzazione delle persone. Quando fai sentire l’altro importante, essenziale, nel novanta per cento dei casi non ti deluderà. Ci sono norme, ci sono

regole, ma l’amore va al di là delle regole».

Che cosa significa?

«Penso a San Paolo quando arriva a demonizzare la legge. In questo senso: se io rispetto la legge mi sento a posto, mi sento un uomo probo. Ma non è detto che sia così. Posso rispettare la legge, ma non essere in realtà né un buon uomo, né un buon cristiano. L’amore va molto oltre la legge. I farisei rispettavano la legge, e Gesù li fustigava...»

Poi ha fatto per quasi otto anni il prevosto ad Albino. «Sì e poi ho fatto otto anni al Monterosso. Esperienze belle e impegnative e per questo chiesi poi di poter andare in una parrocchia più piccola e arrivai a Prezzate. Adesso sono qui a Mapello a dare una mano, vado molto d’accordo con il parroco don Alessandro, c’è un discorso comunitario con gli altri preti della zona e credo che questo sia necessario».

Di che cosa ha bisogno la Chiesa di oggi? «Di tante cose. Del collegamento forte con quanto emerso nel Concilio ecumenico indetto da Papa Giovanni. Dell’impegno dei laici. Di riscoprire la liturgia, di proporre la Messa come momento di coinvolgimento personale nella vita di Cristo. La comunità deve partecipare. Con canti, gesti, preghiere, silenzi, pensieri. La Messa delle dieci a Prezzate la preparavano i ragazzi dalla quarta elementare in su. Esiste una parte rituale, ma esiste anche una parte della Messa che può arricchirsi grazie al contributo dei fedeli».

Diceva che la Chiesa è fondamentale per l’uomo di oggi. «Nella vita di oggi scarseggia l’umanità, il sentimento. Tutti si corre, ognuno nella sua corsia. L’umanità perfetta di Cristo diventa essenziale, un antidoto all’alienazione. Il suo amore per ogni uomo, la sua comprensione. La sua Chiesa. Non credo tanto alla Chiesa delle norme e dei divieti. Credo alla Chie sa dell’amore e dell’accoglienza. Ecco, io ringrazio il Padre Eterno di avermi fatto prete oggi, in questa precisa realtà».

L’Eco di BErgamo – 7 novembre 2008

VITA PARROCCHIALE 15 Natale 2022

Giornata Missionaria Mondiale

In occasione della giornata dedicata alle missioni, dello scorso 23 ottobre, scrive don Gian Luca:

«Carissimi tutti… un saluto e un abbraccio.

Giornata Missionaria Mondiale. Non so se questa espressione dice ancora qualcosa nella vita delle persone.

So solo che quando possiedi un Dono che supera ogni tua aspettativa, non lo puoi trattenere. È il Vangelo. È l’esperienza cristiana. È regalare una vita che non ti appartiene.

La missione contagia. La testimonianza è un impegno di gioia. L’essenzialitá uno stile di vita.

Che il Signore purifichi sempre più le nostre scelte e ci spinga alla capacitá di decisioni radicali e coerenti con ogni povero incontrato.

Da una piccolissima parrocchia rurale di Cochabamba, grazie per l’amicizia e il sostegno, un abbraccio fraterno».

16 ALTRI MONDI... BOLIVIA Diventiamo prossimo  Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di
in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22  Con bonifico bancario tramite IBAN: IT20 L0538 75248 00000 4260 6856 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO Continua l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica MODALITÀ PER CONTRIBUIRE
Primo Ascolto alla Casa della Carità

Il viaggio senza diritti lungo le rotte balcaniche: il punto della situazione dalla Grecia all’Italia.

La “strategia” europea che vuole trasformare il diritto di asilo in un privilegio non è attuata solamente dai Paesi autocratici dell’Est Europa. Così, quanto succede in Turchia, Grecia, Bosnia ed Erzegovina e Ungheria è collegato alle politiche di esclusione che troviamo anche nel nostro Paese. La “democratica” Italia oggi ostacola infatti sistematicamente l’accesso all’asilo su tutto il territorio. Per chi incontra le forze dell’ordine al suo arrivo l’amministra zione provvede a collocarlo in un centro e permettergli di chie dere asilo, tutti gli altri, invece, si scontrano contro un muro di gomma che è difficile da bucare”. “È come se ci fosse una sorta di colpa nel fatto di non essere stati soccorsi in mare o rintracciati nei pressi della frontiera -ha spiegato Gianfranco Schiavone, presidente del Consor zio italiano di solidarietà di Trieste (Ics)-. Da Trieste a Torino, passando per Milano, Piacenza, Roma: il copione si ripete. “È una strategia di deterrenza evidente, non possiamo parla re di inefficienza. Non si fa presentare la richiesta d’asilo alla persona di modo che questa non abbia diritto all’accoglienza nonostante questo sia un diritto previsto dal nostro ordinamen to. Tanto che i tribunali amministrativi stanno condannando per inadempienza le questure e le prefetture. In certi casi si va anche oltre: si chiede ai richiedenti asilo di presentare il proprio domicilio. In un paradosso per cui chi do vrebbe darti un tetto su cui stare, te lo chiede”. È la frontiera burocratica, che oggi lascia all’addiaccio migliaia di persone. Pure “vengono respinti senza neanche aver messo i piedi sul territorio italiano -dice Anna Clementi, operatrice sociale dell’associazione Lungo la rotta balcanica-. Una volta intercet tati sono riconsegnati al comandante della nave che li riporta al punto di partenza. Senza alcuna garanzia”. Non sono i “numeri”, poi, a giustificare la difficoltà delle ammi nistrazioni nel disbrigo delle procedure burocratiche. In termini assoluti resta una briciola per un Paese, l’Italia, che ha tra le percentuali più basse di richiedenti asilo per abitante. Ed ecco il collegamento con quanto succede nei Balcani. Il punto di partenza è in Grecia, dove le persone vivono la violenza della polizia, sistematica, verso chi vuole imbarcarsi tentando la traversata in container caricati su navi merci. “Vengono spessi chiusi in celle, a volte anche all’aperto, sotto il sole, e lasciati per ore senza un documento che giustifichi il loro trattenimento. Un ‘segnale’ che la polizia vuole mandare a tutti coloro che sono pronti a imbarcarsi”. Più in generale la Grecia continua a essere un “laboratorio per le politiche securitarie messe in atto dall’Ue”, spiega Andrea Contenta, ricercatore indipendente attivo nel Paese. Risalendo dalla Grecia verso i Balcani occidentali, le rotte percorse da chi è in transito sono cambiate.

In Bosnia ed Erzegovina la situazione sembra più “tranquilla” rispetto al passato. Meno respingimenti al confine anche con nessi a un cambio di approccio della polizia croata che per metterebbe alle persone di presentarsi nelle stazioni di polizia e ricevere un “foglio di via” con cui poter viaggiare e lasciare il Paese entro sette giorni. “È difficile capire il perché di questo repentino cambio di atteggiamento dal marzo 2022. Sicura mente la vicinanza delle elezioni nel Paese ha un’influenza su tutto questo”, racconta Tamara Cetkovic di Iscos Emilia-

Romagna. In Bosnia ed Erzegovina le associazioni incontrano anche famiglie provenienti dal Burundi, che scappano dal loro Paese, come ricostruito anche da Human rights watch, e che raggiungono in aereo la Serbia e poi tentano di entrare in Ue da diversi confini, oltre che minorenni provenienti da Afghani stan e Pakistan. No Name Kitchen è attiva anche in Serbia dove nelle ultime settimane, come detto, si registra un aumento delle violenze. Al confine con l’Ungheria, da un lato, e con la Romania, dall’altro, le persone vengono brutalmente respinte dalla poli zia. “È una violenza sistematica -racconta ancora Zacco-. Ol tre alla polizia ungherese è presente anche quella austriaca, registriamo infatti moltissimi respingimenti a catena con le per sone ‘riportate’ indietro dall’Austria. Abbiamo testimonianze di persone che hanno ricevuto la ‘benedizione’ cristiana e a cui sono state disegnate le croci sulla testa. È una situazione tremenda”. No Name Kitchen stima la presenza di circa 3mila persone nel Nord della Serbia: la difficoltà dell’attraversamen to di quel confine, militarizzato e con la presenza di un’alta rete metallica, aumenta anche i profitti per chi contrabbanda i migranti. Il prezzo del confine sale, soprattutto per le famiglie. Dalla Serbia o dalla Croazia, per chi arriva a Trieste dopo aver attraversato la Slovenia, comincia l’incubo italiano. Le riam missioni, la pagina buia del nostro Paese che ha visto nel 2020 oltre 1.200 persone respinte dal confine orientale verso le vio lenze della rotta balcanica, sembrano essere interrotte, ma permangono gravi violazioni dei diritti. “Sì, è una frontiera in cui l’esercizio dei diritti fondamentali non è garantito -riprende Avòn di Ics- Si verificano situazioni gravi: minorenni registrati come maggiorenni nonostante la presenza di Ong al confine. E poi anche chi viene identificato come minorenne viene la sciato in strada”.

Proprio in strada, in piazza della Libertà a Trieste, continua il lavoro di Linea d’Ombra. “L’aumento degli arrivi e delle richieste degli ultimi mesi ci mette in difficoltà -spiegano Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir-. Questa piazza, la piazza del mondo, resta però il simbolo della resistenza. Di chi vuole cambiare le cose. È un patrimonio che resta di tutti e tutte”.

da Luca Rondi AltreconomiA, riVolti Ai BAlcAni - 26 Settembre 2022

ALTRI MONDI... BOSNIA 17 Natale 2022
L’albinese Giulia Baleri, con altri volontari della Caritas italiana, in Bosnia.

La missione di Chiara

Abbiamo incontrato la ventitreenne Chiara Valoti, volontaria originaria di Vall’Alta, che ha fatto parte della delega zione bergamasca, guidata dal vescovo Francesco Beschi, nel recente viaggio in Bolivia in occasione del sessantesimo anniversario di cooperazione tra le due chiese di Bergamo e di Bolivia. Ha po tuto così visitare i luoghi di missione del suo compaesano don Roberto (Berto) Nicoli, a Melga, dove è sepolto e ricor dato dalla popolazione locale con affetto e riconoscenza, anche con una statua e una mostra che raccoglie molte fotogra fie riguardanti la sua vita: dall’infanzia a Vall’Alta in Grumelduro, passando alla sua vocazione e scelta di partire per la Bolivia, fino alle grandi opere realizzate nella sua amata terra lontana, in partico lare a Sacaba e poi a Melga, dove don Gian Luca Mascheroni, per tanti anni di rettore del nostro Oratorio, ne continua l’impegno.

L’anno scorso Chiara ha vissuto la sua prima esperienza di missione. È stata in Costa d’Avorio dal 15 luglio all’11 agosto 2021, nella parrocchia di Agni bilékrou, paese al confine con il Ghana: «con diversi animatori locali - spiega -, facevamo una specie di Cre a circa 800 bambini dai 4 ai 15 anni.

Dal 20 luglio al 26 agosto di quest’anno è stata la Bolivia il suo punto di approdo: le prime due settimane girando per va rie città con la delegazione bergamasca e il vescovo Francesco, nelle ultime tre come volontaria a Santa Cruz in tre di stinte realtà: “Casa Madre Maria”, cen tro di formazione per madri adolescenti vittime di violenza; all’interno del carce re minorile maschile “Centro Fortaleza San Guillermo de Malavalle”; a “Hogar San Lorenzo”, una casa famiglia per bambini da 0 ai 9 anni.

Puoi riassumere in poche parole la tua esperienza in Bolivia in occasione del viaggio del vescovo di Bergamo? In che cos’hai visto attuata l’opzione preferen ziale per i poveri e la forza liberante del Vangelo? In particolare come descrive resti la testimonianza di don Fabio Calvi

e don Gian Luca Mascheroni, che hai incontrato a Melga, nella parrocchia fondata da don Berto Nicoli di Vall’Alta? La testimonianza di don Fabio e don Gian Luca è di presenza. Li ho costan temente visti impegnati in quella che è la vita della parrocchia, soprattutto nelle varie realtà dei campesinos, nel pren dersi cura dell’altro mettendosi in gioco. Nella gente di Melga si percepisce l’affetto e la gratitudine che nutrono nei loro confronti. In tutte le comunità che abbiamo visitato, la forza liberante del Vangelo l’ho incontrata nell’altruismo e in una grande riconoscente accoglienza per il percorso di questi sessant’anni, l’ho visto negli occhi delle persone, dove leggi le fatiche e le gioie.

Quali differenze hai notato nel modo di vivere la propria missione da parte dei due missionari di Melga rispetto alla vita delle nostre parrocchie? In quali aspet ti, come ha detto il vescovo alla fine del viaggio in Bolivia, come riportato da don Mattia Magoni su L’Eco di Bergamo e poi su santalessandro, la missione “ci può aiutare a superare l’autoreferen zialità della nostra vita parrocchiale”? a “rincontrare il Vangelo nella sua novità

e freschezza”, come ha detto il Papa al PIME. La missione può aiutare a met tere in discussione le scelte personali, familiari, parrocchiali qui da noi?

L’autoreferzialità è quasi come un limite invisibile che però c’è. Qui la vita è mol to più frenetica e il rischio è di costru ire progetti bellissimi facendo magari passare in secondo piano le relazioni. Dobbiamo sforzarci per comprendere, empatizzare, rallentare e semplificare. Pensi che i gruppi missionari parrocchiali possano prima riflettere sulle esperienze missionarie di cui vengono a conoscenza e, poi, mantenere scambi permanenti di pensieri con le missioni e anche coinvolgere le persone e le co munità qui in stili di vita che prevedano la condivisione con i poveri di laggiù e anche di qui?

Sì. Penso che i nostri gruppi missionari possano fare veramente molto, soprat tutto per coinvolgere le nuove genera zioni all’interno di ogni parrocchia al messaggio missionario che è testimonianza d’amore, entusiasmo, forza, de dizione... Ogni gruppo missionario è un collante tra le comunità vicine e quelle lontane.

18 ALTRI MONDI
Melga: da sinistra don Gian Luca, Maria, Chiara e don Fabio

Una “scoperta” al pellegrinaggio parrocchiale a Oneta

Al santuario della Madonna del frassino di Oneta, meta del pellegrinaggio parrocchiale 2022, si è po tuto contemplare il polittico con al centro la Visita zione opera di Girolamo Galizzi da Santacroce (S. Pellegrino 1480/85 - Venezia 1556).

Il dipinto ha ricordato la Visitazione dello stendardo di Giovan Battista Moroni che abbiamo in preposi turale: la postura di Maria ed Elisabetta nell’incon tro è simile. Ed è la stessa della Visitazione dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Giotto dipinge nel 1308, il Santacroce per il nuovo santuario mariano di Oneta prima del 1545, forse nel 1523. Il Santacroce può aver preso come mo dello il maestro Giotto, in quanto la maggior parte della sua vita ha lavorato, prima nella bottega dei Bellini a Venezia, poi sulla costa orientale adriatica. A sua volta il nostro Giovan Battista Moroni a One ta può aver visto e preso come modello, non più rifacendosi ai dipinti del maestro Moretto, il dipinto del Santacroce. Infatti Moroni (1520/25-1580 e non 1521-1578) ad Oneta, in età giovanile, realizzò una Assunzione della Vergine. Ne parla Giampiero Ti

raboschi nel suo Giovan Battista Moroni l’uomo e l’artista a pag. 57.

C’è un altro elemento che collega la Visitazione del Moroni, databile dopo il 1575 (G. Tiraboschi, p. 94), a quella del Santacroce: le guide dell’Accademia Carrara, in una pubblicazione della Provincia di Bergamo, nella visitazione del Santacroce sot tolineano «l’interpretazione domestica del soggetto sacro: la figura affacciata ad una finestra intenta a stendere il bucato, il vaso di fiori su un’altra fine stra». Nella Visitazione del Moroni la vita domesti ca è rappresentata dalla bigaröla bianca di Elisa betta: il suo appare il ritratto di una semplice donna albinese che incontra Maria, questa rappresentata secondo i canoni previsti dalle istruzioni per la pit tura sacra date dal Concilio di Trento.

Il Vangelo di Luca pone, proprio nel momento della Visitazione, il canto dei “poveri di Javhè” che oggi è noto come il Magnificat: «Ha fatto cadere i potenti dai loro troni e ha innalzato gli umili. Ha colmato di beni chi aveva fame e i ricchi li ha mandati via a mani vuote».

19 ARTE Natale 2022
Giotto Santacroce Moroni

Il giardino di Ismaele

Frate Ismaele c’è. Raggiunge il parlatorio lungo corridoio sotto il portico. Chiuso da vetrate. Filtrate da rami di ulivo e fronde di glicine. Su cui si affacciano gli ingressi di ambienti a servizio della chiesa. A piedi nudi, nei sandali. Vestito coi colori della terra, marrone e verdone. Un paio di pantaloni di tela ancora leggera e una felpa in pile. Curvo. La barba smilza. A passo fermo. Andatura modellata sui presidi ausiliari dell’età. 91 anni. Di cui solo i primi 11 oltre le mura di un convento. In questo accolse la vocazione. In uno ne apprese gli strumenti. In un altro restituì quanto appreso. Qui è ritornato. A cura delle pertinenze. Lavora orto e ortaglia, giardino, vigna, frutteto, serra. Adiacenze al convento. Dalla miglior posizione da sempre. Prossimo il centro abitato. Separato da due ruscelli. Di cui uno captato e l’altro con vogliato. Alla giusta distanza. Da tutto e tutti. Sopra un poggio. E la serra. Dove una caldaietta a muro, con la canna passante attraverso uno dei riquadri in vetro. Quello spesso un dito e con la rete annegata. Quello che si scheggia e non si rompe. Neppure sotto la grandine grande tanto quanto palle da tennis. Mitigava i rigidi inverni. Quando nevicava ai Morti e sgelava a Risurrezione. La ve trata rivolta a sud. Riparata da una tettoia a sbalzo poggiata al muro a confine del sagrato. Cela ai più, gerani rosa Elsa Schiapparelli, aloe rossa, agave blu, orchidee d’ogni colore. Sui ripiani ci sono rinvasi, di fiori e piante. Devozioni. Così ricordate. A occhio e croce la serra non basta per tutti i vasi del convento. Qualcuno è anche forestiero. Ma la cura è smisurata. Lo spazio si trova. Per dare riparo. Sotto i libri. Custoditi in uno scaffale di recupero. Appeso alla parete, che fronteggia la caldaietta. Chiuso. A due ante, con due cassetti sotto, giusto per il necessario. Tac cuino e matite, per pensieri improvvisi e disegni appena abbozzati, spago e scotch mai abbastanza, una pila, le forbici da potatura dall’impugnatura zigrinata. Un’aloe, della varietà che a tarda estate tinge di fuchsia la costiera di Carmel, cresce spontanea. Dal pavimento, in terra battuta, nella serra, dei frati Cappuccini di Albino. Attrezzi e attrezzature stanno nel locale accanto. Insieme al sistema di depurazione per l’acqua della fonte, a concessione, da accordi centenari. Per aggiustarli, mante nerli efficienti. Collegata da un’ara a tetto, dove si apre il portone carrale, c’è un’ef ficace falegnameria. Il terzo lato. Di quello che fu un giardino all’italiana. Il quarto? Sempre aperto. Di rigore, a Meridione. Se al di sopra dell’Equatore. Alla luce del sole. Dopo tanti avventi. I banani orgogliosi del proprio status. Irrom pono in un angolo di uno dei quarti. Quello più riparato dai venti di mutamenti. Quello tra il un muro del sagrato e del capanno per attrezzi a nord e la falegnameria a est. Hanno trovato la miglior esposizione. In piena luce per tutto il giorno, in prossimità del pozzetto di scolo del pluviale della gronda lungo la falda unica della serra. Accompa gnati dal proliferare del papiro. Nelle assolate giornate estive. Ismaele segue il cono d’ombra dei cipressi. Spostando di tanto in tanto la seggiola. Bianca, in plastica, impilabile, da giardino. Di quelle che sono ovunque. Per chi ha alberi, l’ombrellone è superfluo. Volge a un orizzonte più alto i pensieri. Da lì trae soddisfazione personale, condivisa tra frati, trasmessa alle persone che giungono, passano, per un po’ si fermano. Ha trovato in quel campo, qualcosa che vale di più di tutte le cose che servono per sopravvivere. La riflessione, il dialogo, la rappresentazione, la creatività, l’invenzio ne, l’arte. Che poi sono, le migliori espressioni della natura umana. Le coltiva. Sta all’aperto nei giorni di bel tempo. Ritirato sempre indaffarato, in quelli di pioggia. Ha tempo, non aspetta tempo. Lì c’è il suo tempo. Solo il suo. E come per tutti. Scorre a ritroso.

In 367½ stagioni (neanche un gran numero, ma è quasi un secolo). A lui, quella sensazione di costrizione, di una situazione di spreco di tempo, risorse, energie. È ignota.

Associa eventi, alla messa a dimora. Al crescere, persone e fatti. Ha piantato pini e

abeti, ulivi. Lascia che le cose accadano. I larici, anche a lui non sono attecchiti. Rac colti durante i ritiri in case di alta montagna o dalle pendici a picco sul mare. Li trapianta nei quarti. Alla rinfusa. Accompagnati da cespugli di ogni tipo. Sovvertendo ogni ordine prestabilito. Le ripartizioni geometriche del le aiuole, sono ammorbidite da un giardino spontaneo. Un luogo d’interessi. È orgoglioso dei settembrini, sia dei viola comuni che dei bianchi rari. E anche dei belladonna. Ma quelli crescono ovunque. I bulbi scopre dove piantati dopo la fioritu ra. Quindi, sono qua e là. La vegetazione ha invaso i vialetti in battuta di cemento. Rendendoli degni di Wimbledon. L’istinto è sfilare i sandali. I calzari. Sentire l’erba. Compatta. Calda. Anche in autunno. Proseguire scalzi. Lungo i terrazzamenti. Dove è morbida e dai lunghi steli. Evitando la stri scia di terra vangata e coltivata a ridosso i muretti a secco.

È l’orto. Erbe e cespugli aromatici, erbet te e insalate, pomodori e cetrioli, zucche e zucchine, patate, carote, rape e rapanelli, bietole, aglio e cipolle, cavolfiori. Anche nella siccità estiva. Come quest’anno. L’approvvigionamento è certo. L’acqua intercettata alla fonte, è convogliata alla va

20 LAUDATO SI’

sca di captazione a cielo aperto, dentro il convento. A ridosso il muro di confine a po nente in mattoni e pietre, coperto da tegole vincolate da sassi. L’alveo umido scende a valle fino allo spigolo. Svanisce sotto la strada. Proprio di fronte un’abitazione. Pro segue senza traccia.

Gli alberi da frutto. Hanno ricominciato a gratificarlo con albicocche, cachi, fichi, mele e pere, susine. Ha esperienza di innesti. La vigna. A filare, lungo i terrazzamenti. A pergolato, seguendo il profilo di un minu scolo edificio prospiciente l’orizzonte. Abbandonata da chi la curava. Dopo un anno di acini piccoli e passi. Prolifera. I grappoli della bianca, li dona a chi lo aiuta. Della nera ne ha fatto vino per l’offertorio. Solo il proprio.

Ha una bella età. E nessun segreto. Tut to alla luce del sole. La cura, la passione e la fede. Rispettando, cogliendo, vivendo il convento e le sue terre. Dove chiedere e qualcosa sarà dato. Una frase ritorna. Come mai più: “Frate. Aggiungi acqua. C’è un fratello”. E che sia minestra, minestrone, zuppa, pan bagnato, ribollita, acqua cotta, consommé, si allunga a dismisura. Ora co nosci la provenienza delle materie prime. Al congedo. Sulla porta. Con un gesto che

spazia all’intorno.

Ricorda. Con orgoglio. Il bosco del convento. Albero dopo albero, piantato da ra gazzo.

Quando, qui era tutto granoturco. Due campi, attorniati da cespugli di nocciolo ver de e viola, maggiociondolo e biancospino selvatico, quello con le spine lunghe un dito, collegati da un rudimentale ponte, due assi nobilitate da due gelsi e un salice piangente alle sponde, sopra un rigagnolo, che dalla Concezione, arrivava fino alla strada bianca. Dalla ½ pendenza.

Quanta fatica facesse il frate questuante a risalirla con il carretto trainato a mano carico di ogni ben di Dio. Tanto da dover far ricorso alla buona volontà dei ragazzi a convitto nel convento. Quanta soddisfazione in quel peso.

C’era già l’infermeria, di fronte. E la casa del medico, all’inizio della via. Che poi era anche il loro. La madonnina dove la via piega, con la casa dietro, quella attaccata, quella dopo ancora immersa nel glicine, sull’angolo, che ospitò internati ebrei. In quel giardino vi erano, così come vi sono in altri nell’intorno, lungo il viale che risale, sul piazzale delle scuole, nella corte di un palazzo nobile, cedri del Libano. Gli alberi dei giusti. Giusti come gli innocenti.

LAUDATO SI’ 21 Natale 2022

No all’ideologia del merito nella scuola

Il libro Cuore è un libro sulla scuola, e quindi non è un libro sul merito. La scuola, tutta la scuola, non è stata mai fondata sul merito.

Se la guardiamo da lontano e in superficie, vediamo i voti, qualche bocciatura, e pensiamo che la scuola somigli alle imprese: i voti come i salari, il profitto scola stico come l’avanzamento di carriera. Ma questa è una visione troppo distante e quindi sbagliata della scuola (e delle imprese). L’ideologia meritocratica che sta cercando con successo di occupare anche la scuola si basa sul dogma che i talenti siano meriti e quindi chi ha più talento deve essere premiato di più. Ma tutti sappiamo che questo dogma è un imbroglio, o quantomeno è illusione, per la società e ancor più per la scuola. Perché i talenti sono doni, e le nostre performance nella vita dipendono dai talenti-doni ricevuti, molto poco dai meriti (perché anche la mia capacità di impegno è dono). Quale merito per essere nato intelligente, ricco, persino buono? Per questa ragione la scuola si è ispirata a valori non solo diversi da quelli della meritocrazia ma opposti. La scuola di tutti e per tutti è stata pensata e voluta per ridurre le diseguaglianze sociali e naturali che la meritocrazia, cioè l’ideologia del merito, invece aumenta. Tutti i bambini e le bambine vanno e devono andare a scuola, non solo i meritevoli. Tutti devono essere messi nelle condizioni di poter fiorire e raggiun gere la loro eccellenza, non solo i più meritevoli. Tutti hanno diritto a cura, stima, riconoscimento, ammirazione, dignità anche se non hanno molti meriti o se ne hanno meno degli altri.

La medaglia di un altro merito

Inoltre, la scuola è un meraviglioso giardino con fiori di talenti diversi. Nel libro Cuo re: «Precossi, ti do la medaglia. Nessuno è più degno di te nel portarla. Non la do soltanto alla tua intelligenza e al tuo buon volere, la do al tuo cuore, al tuo coraggio, al tuo carattere di bravo e di buon figliolo. Non è vero – soggiunse voltandosi verso la classe – che egli la merita anche per questo? Sì, sì, risposero tutti a una voce». Precossi era figlio di un fabbro che beveva e ogni tanto lo picchiava. Ma anche lui ebbe la sua medaglia. Non era la medaglia di Derossi, il primo della classe. Era la medaglia di una scuola diversa. Dopo De Amicis è arrivata Maria Montessori che ha eliminato i voti, e quindi don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana. La democrazia è stata una moltipli cazione delle medaglie di Precossi, che oggi si chiamano inclusione scolastica e insegnanti di sostegno; perché abbiamo imparato che nella vita dei bambini non ci sono solo i meriti: c’è la vita. Il giorno in cui qualcuno ci convincerà che anche la scuola deve essere fondata sulla meritocrazia inizieremo a dare medaglie tutte uguali e sempre agli stessi alunni, faremo classi e scuole speciali per i demeritevoli, le diseguaglianze esploderanno e la democrazia avrà finalmente ceduto il passo alla meritocrazia, che è il principale tentativo di legittimazione etica della diseguaglianza.

In Cuore si parla molto anche di lavoro. In quell’Italia lavoravano i poveri. Nei campi, nelle officine, nelle fabbriche non c’erano i ricchi, gli avvocati e i professori. Cuore ha donato parole molto buone sul lavoro degli operai e degli artigiani. Così

scrive suo padre a Enrico: «Quando tu sa rai all’Università o al Liceo, andrai a trovare i tuoi compagni di classe nelle botteghe o nelle officine…; disprezza le differenze di fortuna e di classe, sulle quali i vili soltan to regolano i sentimenti e la cortesia». La neonata Italia stava provando a prendere sul serio quel principio di fraternità, caro anche a Mazzini, e sperava che le persone appartenenti a classi sociali diverse potes sero imparare a scuola a sentirsi fratelli e cittadini prima delle molte diversità.

Il muratorino. È figlio di un muratore, uno dei compagni più amati da Enrico – che invece era di fami glia benestante. Un giorno lo invita a casa: «Il muratorino è venuto oggi, tutto vestito di roba smessa da suo padre, ancora bianca di calcina e di gesso». Cuore ci mostra spes so il muratorino nel suo gesto caratteristico e più simpatico: era un fenomeno a fare il “muso di lepre”, una risorsa relazionale che usa ogni tanto per trasformare un rimprove ro severo del maestro in un sorriso corale. Parlando e giocando, il muratorino «mi dis se della sua famiglia: stanno in una soffitta, suo padre è alle scuole serali a imparar a leggere, sua madre è biellese». La descrizione della scuola serale degli operai è tra le pagine più belle: stavano «a bocca aperta a sentire la lezione». In quegli uomini affamati di sapere ho rivisto i ragazzi incontrati nelle scuole dell’Africa e dell’Asia, con la stessa fame di sapere e di una vita migliore. Fanno poi merenda insieme, sul sofà: «Quando ci alzammo, mio padre non volle che ripulissi la spalliera che il muratorino aveva mac chiata di bianco con la sua giacchetta». De

22 SOCIETÀ

Amicis conclude l’episodio con un brano di una lettera del papà di Enrico, dove troviamo parole sul lavoro tra le più belle della nostra letteratura: «Lo sai, figliolo, perché non volli che ripulissi il sofà? Perché ripu lirlo era quasi fargli un rimprovero d’averlo insudiciato. … E quello che si fa lavorando non è sudiciume, è polvere, è calce, è ver nice, è tutto quello che vuoi; ma non sudi ciume. Il lavoro non insudicia: non dir mai di un operaio che vien dal lavoro: è sporco». C’erano anche queste pagine nell’anima collettiva degli italiani che li fecero capaci di scrivere decenni dopo: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» (Articolo 1)

I poveri. È un’altra lettera scritta dal papà a Enrico: «Non abituarti a passare indifferente da vanti alla miseria che tende la mano». Noi invece ci siamo perfettamente abituati alla miseria del mondo; poi abbiamo capito che questa nostra indifferenza è diventata una nuova grande povertà del nostro tempo che ci impedisce di soffrire per la povertà degli altri per atrofia dell’anima. Non soffriamo più per la miseria perché ci siamo immiseriti moralmente noi. […]

L’officina.

Precossi, un altro compagno, è figlio di un fabbro che suo figlio riuscì a redimere da una vita sbagliata grazie alla sua medaglia. Il ragazzo «studiava la lezione» sopra una «torricella di mattoni, col libro sulle ginocchia». Il padre invece lavorava: «Alzò un grosso martello e cominciò a picchiare una spranga, spingendo la parte rovente ora di

qua ora di là tra una punta dell’incudine e il mezzo». E intanto «il suo figliolo ci guar dava, con una certa aria altera, come per dire: “Vedete come lavora mio padre!”». L’orgoglio per il lavoro dei genitori è come il pane buono dei bambini e dei ragazzi. La stima per il mondo e per gli adulti inizia stimando nostro padre mentre lavora – che i genitori lavorino è importante anche per la stima dei nostri ragazzi: i figli sanno anche che il papà e la mamma sono buoni e bravi anche se non lavorano, ma è compito di una buona società mettere ogni persona nelle condizioni di poter lavorare anche perché i figli possano dire con aria altera: “Vedete come lavora mio padre!”.

I figli e le figlie sono orgogliosi per ogni tipo di lavoro dei genitori. Neanche qui di stinguono i lavori che la società considera prestigiosi da quelli più umili, perché è la bellezza dei loro genitori a far belli i lavori che fanno – per i bambini i genitori sono la cosa più bella del mondo. Ecco perché forse non c’è dolore più grande di quello che prova un bambino quando sente umiliare il lavoro dei suoi genitori. È una profanazione nel cuore. La meritocrazia è anche una fabbrica di umiliazione di molti

lavoratori e dei loro figli.

Da grandi, e al momento opportuno, i bambini capiranno che non tutti i lavori sono uguali, non tutti sono degni, non tutti sono pagati in modo giusto. Ma da bambini devono solo poter dire alteri: “Vedete come lavora mio padre!”.

Avvenire - sabato 22 ottobre 2022

SOCIETÀ 23
Natale 2022

LAVANDERIA LAVASECCO Fassi

Fulvia di Esther

ALBINO - via Mazzini 46 - tel. 035 753687

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Dopo aver ultimato tutti gli interventi già noti sui vari immobili parrocchiali, abbiamo iniziato il restauro della facciata della Prepositurale, approfittando anche delle attuali agevolazioni governative. Anche se per la lun gaggine burocratica ci siamo trovati con i costi lievitati del 40 % (il costo finale si può trovare sull’autorizzazione esposta in cantiere). Siamo in difficoltà riguardo alle nostre risorse disponibi li. Per questo ti ringraziamo per quanto riuscirai a fare. È possibile anche detrarre fiscalmente nella dichiara zione dei redditi - in misura del 19% - quanto devoluto a sostegno dei lavori autorizzati. Per le aziende è possi bile la totale detrazione.

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26 DATE SIGNIFICATIVE

I Cristiani “Anima del mondo”

Il IV capitolo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, promulgata dal Concilio ecu menico Vaticano II, il capitolo che ha per oggetto i laici, termina con una citazione avente valore di sintesi, come dice l’espressio ne che la introduce: “In una paro la: ciò che l’anima è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani”.

La citazione - nella quale i Pa dri hanno mutato l’indicativo affermativo “sono” nel congiuntivo esortativo “siano” - è tratta dall’A Diogneto, documento tra i più significativi, per contenuto e per forma della letteratura cri stiana dei primi secoli; più preci samente dalla parte centrale del documento composta dai capitoli V e VI nei quali l’autore, ignoto, descrive il modo di vivere dei cristiani, la loro posizione nel mon do. Rappresenta una particolare, felice interpretazione del rappor to cristiani-mondo la cui attualità il Concilio ha voluto sottolineare. […]

Il significato complessivo che i capitoli V e VI dell’A Diogneto assumono nella considerazione del rapporto che viene a porsi tra i cristiani e il mondo, sembra po tersi così riassumere: a) i cristiani sono parte del mondo, inseriti vitalmente nel divenire storico delle sue civiltà quali attori di tale divenire e non distinguibili per valori e segni ad esso propri a meno che non sia no incompatibili con la loro citta dinanza spirituale. b) i cristiani, in quanto inseriti in Cristo e come tali membri di una “città celeste” hanno leggi che superano in perfezione le leggi umane, tali da permettere loro di

obbedire alle leggi stabilite dalle loro città nel momento stesso in cui le superano (guarda caso: l’esempio è dato sul piano della famiglia cui il cristianesimo ap portò novità dai pagani ritenute allora straordinarie e veramente paradossali).

c) i cristiani sono tenuti a impegnarsi nei loro doveri di cittadini se pure con il distacco di chi sa che essi non costituiscono l’assoluto, ma da esso sono giu dicati;

d) i cristiani sono tenuti alla os servanza delle leggi derivanti dalla loro nascita alla nuova vita in Cristo in tale modo facendosi, attraverso il loro impegno umano, anime, del mondo nel senso pregnante usato dal documento che sembra superare in forza quello delle evangeliche immagini del sale (Mt, 5,13) e del lievito (Mt. 13,33) con l’esplicita allusione al sostegno vitale pari a quello che l’anima dà al corpo. e) nel cristiano questi doveri de

vono risolversi in unità se non voglia essere disertore, dunque a costo di essere, fino all’estremo, testimone, cioè martire. Credo possa apparire con suffi ciente evidenza tutto il senso di modernità che il modo di porre i rapporti cristiani-mondo proprio dell’antico documento, vecchio di millesettecento anni, ha per noi, che è dire per cristiani che, soprattutto in talune situazioni, si trovano, una volta ancora pochi e dispersi, in modo sempre più scristianizzato o secolarizzato ma che il Concilio chiama a rea lizzare, con l’audacia della fede, il programma che l’A Diogneto dava quale caratteristica qualificante dell’essere e dell’agire dei cristiani nel mondo: “quello che l’anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo”.

Giuseppe Lazzati (Testo pubblicato in “Dossier Lazzati 16” e “Vita e Pensiero”, giugno 1972)

25 SOCIETÀ Natale 2022
Dopo le elezioni continua l’impegno di informazione, formazione, partecipazione.

ACLI ALBINESI

Vogliamo augurare ai nostri cari lettori un felice Natale. Il giorno che ricorda la nascita del Salvatore per noi cristiani è motivo di gioia e serenità. Con l’occasione auguriamo a tutti, ma in modo speciale alle persone più povere, più abbandonate, più escluse e sole, anche un buon anno 2023.

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

ATTUALITÀ

In Nigeria, dove vivono poco più di 98 milioni di cristiani, quasi la metà dei 211,5 di abitanti del Paese, dal luglio 2009 all’agosto 2021, 43000 cristiani sono stati uccisi a colpi di arma dai jihadi sti. Si stimano 17500 chiese e più di 2000 scuole cristiane attac cate, 10 milioni di cristiani del Nord del Paese allontanati dalle proprie case e 6 milioni costretti a fuggire per evitare di essere uccisi, più di 500 comunità cristiane saccheggiate e conquistate dai jihadisti. Parlano tanto e giustamente della guerra fra Russia e Ucraina i mass-media (televisione e giornali), ma troppo poco di problemi come quello appena descritto. Come si elude del tutto il fatto che nel mondo, particolarmente in Africa, siano una trentina le guerre in corso. Se non ci sono di mezzo interessi... Forse ora qualcosa si potrà fare se il Parlamento Europeo a Bru xelles ha recentemente promosso una conferenza al riguardo dal titolo: “Verso un genocidio dei cristiani in Nigeria” in cui , nel suo intervento, il deputato italiano Carlo Fidanza ha affermato che ora l’Europa deve “provvedere dei meccanismi di condizio nalità che vincolino gli ingenti stanziamenti dell’Unione Europea per i progetti di cooperazione verso i Paesi terzi al concreto impegno per la difesa della libertà religiosa e dei diritti delle mino ranze contro ogni fondamentalismo”.

DALLE ACLI NAZIONALI

Manifestazione di pace a Roma

“L’Italia, l’Unione Europea e gli stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità del negoziato per fermare l’escalation e raggiungere l’immediato cessate il fuoco” e inoltre: “Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convo care urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le povertà e di finanziamenti per l’economia di sarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso”.

Questo è il cuore della piattaforma Europe for Peace che ha indetto la manifestazione nazionale a Roma svoltasi il 5 novembre. Gli organizzatori hanno promosso questa grande iniziativa di pace per chiedere il “cessate il fuoco” per il conflitto in Ucraina e per tutte le guerre attualmente in corso nel mondo. I rappresen tanti delle organizzazioni promotrici e le testimonianze da tutto il mondo hanno evidenziato i contenuti della piattaforma su cui è stata convocata la manifestazione: una iniziale richiesta di fer mare le armi cui viene aggiunta la pressione dal basso sulle isti tuzioni italiane, europee ed internazionali per giungere ad una vera conferenza multilaterale di pace. La Manifestazione nazio nale di Roma del 5 novembre è stata preceduta da un weekend di mobilitazioni diffuse promosse da “Europe For Peace” tra il 21 e il 23 ottobre che hanno coinvolto oltre 30.000 persone in più di 100 città italiane (tra cui Torino, Milano, Palermo, Napoli, Bari, Firenze, Bologna, Roma, Ancona…). A testimonianza del gran de sostegno dell’opinione pubblica italiana a processi di pace che si concentrino sull’apertura di dialogo e negoziato creando veri spiragli di Pace. Tra gli appuntamenti realizzati anche la pre senza all’Angelus del Papa in Piazza San Pietro in Vaticano di una delegazione di “Europe For Peace”. Non a caso le parole di Papa Francesco sono richiamate anche nella convocazione della Manifestazione: “Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”.

Diciamo No alle armi nucleari e Sì a forti gesti di pace e di dialogo

I presidenti e responsabili di più di 47 associazioni e organizza zioni del mondo cattolico e dei movimenti ecumenici e non vio lenti su base spirituale, tra i quali il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia, ribadiscono il loro appello che da due anni le vede insieme nel sostenere la campagna perché l’Italia aderisca al trattato per la proibizione delle armi nucleari. Non aver smantellato gli armamenti nucleari, non aver prose guito in questi anni sulla via tracciata dalla caduta del muro di Berlino, ha reso l’umanità ostaggio del rischio di una propria im

26 ASSOCIAZIONISMO

mediata e suicida estinzione. “Il mondo intero, da più parti, non è più sicuro come profetizza no da decenni i tutori dell’ideologia della sicurezza mondiale. E’ invece sempre più vittima e ostaggio di una guerra globale e di un’economia di guerra fatte di corsa agli armamenti, oligarchie e dittature, legittimate dagli interessi economici delle Nazioni tutte, eserciti spesso privatizzati, che vivono di conflitti, intrecciati con mafie, traffico di esseri umani, paradisi fiscali e terrorismo”, così Stefano Tassinari, Vicepresidente nazionale Acli.

Le Acli dicono No al rinnovo del Memorandum Italia-Libia

Il 26 ottobre le Acli sono scese in piazza con circa 40 organizza zioni, molte delle quali afferenti al Tavolo Asilo e Immigrazione di cui fanno parte, per chiedere al Governo italiano e all’Europa di mettersi una mano sulla coscienza e non rinnovare il Memo randum Italia-Libia, siglato nel febbraio del 2017. Ufficialmente l’accordo prevede che i paesi sulle due sponde del Mediterraneo si impegnano in “processi di cooperazione, contrasto all’immi grazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontie re”. Di fatto, in questi 5 anni, circa 100.000 persone sono state intercettate dai guardia coste libici e riportate in Libia, un paese tutt’altro che sicuro, dove viene sistematicamente negato ogni diritto umano e dove uomini, donne e bambini rischiano di es sere torturati, abusati e detenuti senza alcun tipo di tutela. Se questi sono i numeri e i fatti, è ampiamente dimostrato come il concetto di esternalizzazione delle frontiere – unica proposta attualmente presente sul tavolo dell’UE – sia fallimentare. Spostare le frontiere a migliaia di chilometri dal fortino Europa non impedirà alle persone di muoversi, perché la mobilità è l’unica cosa che rimane loro per una vita migliore. Finché non si assu me finalmente il concetto che il fenomeno migratorio è un dato di fatto e non un capriccio che buonisti o cattivisti possono o meno avallare; finché l’Italia e l’Europa continuano a inseguire la politica dell’esternalizzazione, rimanendo ostaggio economico e politico di Paesi che non rispettano i più elementari diritti umani, finché si preferisce criminalizzare le ong impegnate in missioni di ricerca e salvataggio nelle rotte marine e terrestri anziché ap prezzarle perché sono le uniche a rispettare la legge del mare e più in generale della vita, i morti aumenteranno. “La politica dovrebbe smettere di credere che l’Unione Europea non abbia responsabilità alcuna rispetto ai cadaveri in mare, agli assiderati sulle vie della terra, o ai torturati in Libia. Non si tratta di episodi sporadici, ma di una spaventosa ordinarietà che è tempo di affrontare con serietà e coraggio.”, afferma Antonio Russo, Vice Presidente nazionale con delega all’Immigrazione. “Di fronte alle migliaia di persone poste davanti all’alternativa di perdere la vita o di perdere la dignità di essere umani, vi è certamente una terza via che chiede di mettere in campo più azioni: revocare subito il Memorandum, modificare l’accordo di Dublino, diffondere lo strumento dei corridoi umanitari e aprirsi ad una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione. L’UE lo deve a tutte le per sone morte e seppellite in quello che Papa Francesco chiama il più grande cimitero d’Europa e lo deve alla sua storia.”

EVASIONE FISCALE E ALTRO

Il nostro Paese è afflitto da diversi mali che da sempre nessuno è mai riuscito a debellare. Ci riferiamo all’evasione fiscale, alla corruzione, al contrabbando, allo spaccio di droga. Pensiamo che, volendo, si potrebbe sferrare un bel colpo a tutte queste pratiche “disoneste”, specialmente alla prima,, eliminando il de naro contante ,lasciando magari in circolazione solo le monete fino all’attuale valore di 2 euro. Senza essere economisti (basta un po’ di buonsenso)riteniamo sia la strada giusta, perché co stringerebbe molti che oggi preferiscono pagare in contanti per evitare l’Iva , a saldare il conto, per esempio, del dentista , con il mezzo elettronico facilmente tracciabile. Si parla di circa 150 miliardi di euro all’anno persi dall’erario. Riteniamo non sia un’eresia, ma solo un modo (forse l’unico) per costringere gli evasori a compiere quel dovere civico che è indispensabile per il buon funzionamento dello Stato. E anche per senso di giustizia nei confronti di chi invece le tasse le paga, come lavoratori e pensionati.

INSEGNAMENTO

Questa è una preghiera che una nonna ha insegnato ad un suo nipotino oltre 80 anni fa e che lui ricorda ancora integralmente: “Vita breve, morte certa, di morir l’ora è incerta, un’anima solo che tu hai, se perdi quella che ne sarai. Se perdi il tempo che ora hai alla morte non avrai. Dio ti vede e ti giudicherà, paradiso o inferno ti toccherà. Si finisce tutto, si finisce presto ma l’eternità non si finirà mai. La via del cielo è stretta e pochi camminano per essa, la via dell’inferno è larga e molti corrono per quella. Se vuoi salvarti con i pochi fa quello che fanno i pochi e sarà fatto in punto di morte”.

Questa preghiera, che risente un po’ anche del nostro dialetto, forse oggi fa sorridere, perché ritenuta ingenua, d’altri tempi. Forse invece ci insegna la saggezza dei nostri predecessori, che avevano una fede semplice ma profonda.

Per le Acli albinesi Gi.Bi.

27 Natale 2022 ASSOCIAZIONISMO

CASA FUNERARIA di ALBINO

CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria.

La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato mo mento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spa zio, climatiche igienico sanitarie.

Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia.

Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igieni co-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizio namento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma.

La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica.

Gli arredi interni sono stati curati nei minimi det tagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente lu minoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognu no dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispet tando la sensibilità del visitatore.

Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE

Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, pre sente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende:

- Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione;

- Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo;

- Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it

Anniversari

Franco Chioda

1° anniversario 17.04.1941 - 30.11.2021

Rimanga vivo il suo ricordo a quanti l’ebbero caro

Rosa Noris 3° anniversario 19.12.2019 - 19.12.2022

Il tempo passa ma tu ci manchi sempre tanto

Da ottobre a dicembre

... sono rinati nel Battesimo

- Sofia Ubiali

Ettore Cristiano Cumini

... hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione

Sara La Gamba

Rosario Parisi

... sono tornati alla casa del Padre

Fernando Daniel Tejada

Giuliana Nicoli

Iole Baleri

Paolo Dammaco

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

Angelo Foini

10° anniversario 05.07.1928 - 02.11.2012

Da lassù guida i tuoi cari quaggiù

Teresina Testa 35° anniversario

A tutti coloro che la conobbero e l’amarono perché rimanga vivo il suo ricordo.

- Giuseppina Fiori (suor Giovanna) Scipione Azzola

Alessandro Viscardi Alberto Gritti Adele Carrara

ANAGRAFE PARROCCHIALE 29

Guardate:

ecco, la Vergine ha un figlio, un uomo nasce da Dio, il cielo è sceso tra noi: la gente non è più sola!

Se aveste soltanto un filo di fede, vedresti gli alberi piantarsi nel mare: il povero che è re, i potenti annientati, i tesori per tutti!

Didier Rimaud (da Gli alberi nel mare)

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