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delle SANTE MESSE

Feriali

In Prepositurale ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

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Al santuario del Pianto ore 7.30 - 17.00

Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

In Prepositurale ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Al santuario del Pianto ore 7.30

Alla Guadalupe ore 8.00

Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

1963 1913

Sto riordinando le idee sulla solitudine. Verrebbe da dire: ma non c’è un altro argomento all’inizio di un nuovo anno? Potrebbe essere, ma mi pare vincolante la virtù che ci siamo dati all’inizio dell’Anno Pastorale.

Guarda caso, una visita imprevista mi consegna un volume: è datato 1975. Quando resto solo, lo sfoglio e cosa trovo? Un articolo di don Pierino Corvo! Gli era stato chiesto un contributo di pensiero a dieci anni dalla fine del Concilio; per la verità ne erano già trascorsi tredici. Quasi sicuramente doveva far parte di una serie di articoli chiesti ad alcuni sacerdoti sulla ricaduta del Concilio nelle parrocchie; nella prefazione si accenna al fatto che non tutte le persone che erano state contattate son riuscite a mantenere l’impegno preso.

Descrivendo la fisionomia della nostra parrocchia, fra le varie sottolineature interessanti, ne fa due:

- rilevando che negli ultimi 20 anni erano stati fatti lavori per 200 milioni, dice: “La popolazione in genere accoglieva positivamente questa linea d’azione, e si andava convincendo che il modo migliore per «collaborare» era quello di partecipare di frequente ai sacramenti, di pagare la tessera dell’Associazione, di fare molte elemosine per le varie realizzazioni”. (Come non cogliere questa sottolineatura!).

- inoltre, si era dato molto spazio alla formazione spirituale e alle Associazioni, ma “l’impegno aperto ai problemi sociali, il rapporto Chiesa-mondo sono rimasti tuttavia molto estranei, anche nella stessa Associazione delle ACLI”.

Subito, però, viene a parlare di un principio di rinnovamento. “Le tappe del «cammino conciliare» sono segnate da alcuni fatti che cerchiamo di presentare ora in ordine cronologico”. (Mi fermo al primo per via della data). “L’Azione Cattolica non fa più presa nel campo giovanile; nel 1963 si opera una scelta di grande importanza: si dà vita ad una nuova esperienza in cui i giovani hanno piena responsabilità e autonomia per programmare e attuare iniziative: «il Comune dei giovani» (il nome è stato preso da un’analoga esperienza di Bassano del Grappa)”. Ecco una prima data significativa che varrebbe la pena ricordare e magari riprendere; solo che i giovani che allora avevano vent’anni, adesso ne hanno quasi ottanta!

Sessant’anni sono passati, anche se don Pierino riconoscerà che anche questo organismo verrà messo in crisi nel ’68-’69, gli anni della contestazione.

Voglio ora farmi aiutare da un altro anniversario; questa volta pensando proprio alla solitudine.

Siamo nel 1913 e, durante un’escursione sulle Alpi, a uno scrittore capita di perdere il sentiero e di rimanere senz’acqua per quasi due giorni. Incontra per caso un pastore, che vive con qualche pecora e il cane. Questo, dopo la morte del figlio e della moglie aveva deciso di ritirarsi in solitudine in quella località. Si era risistemato una casa diroccata e s’era messo a vivere lì. Lo accoglie per la notte, condivide con lui una povera cena e poche parole. Poi, vuota sul tavolo un sacco e si mette a selezionare le cento ghiande migliori; lo faceva tutte le sere. Il giorno dopo, il pastore si sposta di qualche centinaio di metri e con un’asta di ferro fa un buco nella terra, mette una ghianda e la ricopre e così fa per tutte le ghiande. In tre anni aveva piantato centomila querce; faceva conto ne sarebbero rimaste diecimila in quel posto solitario. Un anno piantò diecimila aceri; morirono tutti. Ma non si perse d’animo. Piantò allora i faggi che riuscirono meglio delle querce.

Oggi, quel luogo che nel 1913 era solo rovine, vede fattorie e villaggi che son tornati a vivere; con alberi, coltivazioni, acque che scorrono.

Perché mi son perso dietro questo racconto?

La solitudine possiamo lasciare che ci spenga o ci distrugga; oppure può renderci laboriosi per altri, che magari non conosciamo nemmeno. Può renderci generosi portatori di vita, capaci di non perderci d’animo davanti ai fallimenti o alle prove, anche gravi.

È un po’ come ha fatto Dio con il suo popolo e come continua a fare con noi.

Siamo nell’imminenza della Giornata per la vita; chiediamo a Dio che ci aiuti a farla crescere, sempre e nonostante tutto.

Stiamo vivendo i giorni d’incontro con il nostro vescovo Francesco; è quasi come stesse piantando alberi nuovi. Faranno frutti a loro tempo. Qualcuno possa vederli in “Questa nostra benedetta maledetta città”. Così aveva titolato il card. Martini l’8a Cattedra dei non credenti per sottolineare la ricchezza di sfaccettature delle città che abitiamo e la necessità di prendercene cura così come sono; riconoscendo che tutti noi ne facciamo parte.

Buon inizio del nuovo anno vs dongiuseppe

Benedetto XVI è tornato alla casa del padre alle 9.34 del 31 dicembre 2022. Con una «testimonianza di amore alla Chiesa fino all’ultimo», come aveva detto Papa Francesco il mercoledì precedente annunciando l’aggravarsi delle condizioni di salute del Papa emerito e invitando a pregare per lui. E così è stato. Benedetto XVI si è spento serenamente, chiudendo in preghiera la sua giornata terrena.

Testamento spirituale del Papa Emerito Benedetto XVI

29 agosto 2006

Il mio testamento spirituale

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

Benedictus PP XVI

Messaggio dalla Chiesa in Brasile

L’Eucaristia è dono

Dall’11 al 15 novembre a Olinda e Recife, in Brasile, la Chiesa cattolica ha vissuto il XVIII congresso Eucaristico Nazionale, riunendo migliaia di persone in grandi celebrazioni, un simposio teologico e altre attività per approfondire il significato dell’Eucaristia. I Congressi eucaristici nacquero a partire dal secolo XIX, in un altro contesto storico. Nacquero legati alla devozione eucaristica e alla preoccupazione di manifestare pubblicamente al mondo la fede nella presenza di Gesù nel pane consacrato. A partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa cattolica ha modificato il modo di vedere la sua missione nel mondo e l’Eucaristia. Il Concilio ci ha fatto approfondire i vangeli. Ci mostrano che Gesù riprende la Pasqua giudaica e la attualizza. Nella Pasqua, come tutto il popolo di Dio, Gesù celebra la memoria della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, ma le dà un significato più profondo. Propone la frazione del pane e del vino, come espressione del comandamento nuovo che dà ai suoi discepoli/e: “Amatevi gli uni gli altri, come Io ho amato voi” (Giovanni13, 34). Gli apostoli e molta gente del popolo speravano che realizzasse la funzione politica di liberare Israele dal dominio romano. Gesù delude questa aspettativa. Centro della sua attività profetica contro la religione rituale del tempio è la proposta di una liberazione che non parte dalle armi ma da una trasformazione interiore nel modo di essere delle persone, da una cultura che suscita relazioni comunitarie di uguaglianza, comunione dei beni e cura reciproca.

Secondo i vangeli, nella notte in cui fu preso e condannato, Gesù cena con i suoi discepoli e discepole. Lì rivela il significato profondo che dà alla sua vita e chiede che, nel condividere il pane e il vino nella cena, la comunità faccia memoria della Pasqua e accetti di donare la propria vita.

Intesa così, la veracità dell’Eucaristia non consiste solo nella fedeltà materiale al rito. Il gesto liturgico deve corrispondere alla verità della vita. Probabilmente, per questo, il quarto evangelo, invece che raccontare l’istituzione dell’Eucaristia, descrive che, nella cena, Gesù lava i piedi ai discepoli e comanda che questo sia fatto per tutti, gli uni con gli/le altri/e.

Il Concilio Vaticano II ha recuperato la dimensione comunitaria dell’Eucaristia. Come diceva Sant’Agostino: il pane è il simbolo della comunità che è il corpo di Cristo. Oggi, ogni volta che la Chiesa verifica la relazione fra la celebrazione e la vita mette in atto una sfida. Se la comunione dell’Eucaristia non porta le persone a un nuovo modo di vivere, costruito sulla condivisione, la celebrazione perde molta della sua veridicità. […] L’Eucaristia esige da noi la cura di non separare il rito dalla proposta eucaristica di Gesù che è quella di un mondo rinnovato a partire dall’amore solidale, in una società senza armi e senza discriminazioni sociali, inclusiva e aperta a tutti e tutte.

Scegliendo come tema di questo Congresso “Pane su tutte le tavole”, come canta una delle nostre più belle canzoni, la Chiesa Cattolica in Brasile assume la proposta fatta da papa Francesco nel 52° Congresso eucaristico a Budapest: “La celebrazione dell’Eucaristia deve generare una cultura eucaristica, che spinge a trasformare in gesti e comportamenti di vita la grazia di Cristo che si dona totalmente. L’Eucaristia si deve tradurre in una mentalità eucaristica, capace di ispirare gli uomini e le donne di buona volontà negli ambiti della carità, della solidarietà, della pace, della famiglia e della cura dell’infanzia”.

(Traduzione da Marcelo Barros, Dom total, nov. 2022)

«C’è ancora un punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura l’autenticità della partecipazione all’Eucaristia, celebrata nella comunità: è la spinta che essa ne trae per un impegno fattivo nell’edificazione di una società più equa e fraterna. […] Non possiamo illuderci: dall’amore vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine per chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cfr Gv 13,35; Mt 25,31-46). È questo il criterio in base al quale sarà comprovata l›autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche»

(Papa Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, n. 28) Non ci resta, anche nelle nostre celebrazioni domenicali, che fare anche della «presentazione dei doni», offertorio, una mensa di «concreta fratellanza».