Dono&Vita - Marzo 2022

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ALTROVOLONTARIATO

I “fratelli di sangue” dei donatori, alla scoperta della Talassemia di / Michela Rossato /

In Italia 7mila e in Veneto 150 talassemici vivono solo grazie alle trasfusioni di sangue. Generalmente due sacche ogni 15 giorni.

S

ono centinaia, in Veneto, i pazienti che soffrono di anomalie genetiche dei globuli rossi. E i volontari che, per esperienza personale o familiare, li seguono, riunendosi in associazione. Una di queste realtà è l’Avlt, Associazione veneta per la lotta alla talassemia. Nata a Rovigo nel 1976 da un gruppo di genitori di piccoli malati, con il nome di Associazione per il bambino talassemico, ha cambiato il suo nome nell’attuale nel 1983 quando i piccoli talassemici di allora erano ormai diventati ragazzi e giovani. Dal 1996 Avlt è iscritta al Registro regionale veneto delle associazioni di volontariato, dal ‘97 alla Fondazione dell’Organizzazione europea malattie rare (Eurordis Rare Diseases Europe) e dal 2016 è membro dell’Unione associazioni per le anemie rare talassemia e drepanocitosi “United”. Tutti passi in avanti grazie a quei bambini che oggi sono padri e madri, convivono con la talassemia grazie alle terapie, sono diventati a loro volta volontari Avlt e condividono ciò che la malattia comporta, le nuove frontiere della ricerca e le speranze per il futuro. Uno di loro, Alberto Cattelan, talassemico 44enne, guida oggi l’associazione. Lo abbiamo intervistato, per conoscere più da vicino questa realtà così strettamente legata ai donatori di sangue.

Nella foto. Da sinistra il presidente Avlt, Alberto Cattelan e il consigliere Angelo Macripò, in visita alla nostra redazione.

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DONO&VITA

Presidente, che cos’è la talassemia? È una grave anemia di origine genetica, che si eredita da due genitori portatori sani del difetto genico. Nel talassemico manca del tutto o in parte la produzione normale di emoglobina da parte delle cellule rosse del sangue a causa di un difetto di sintesi delle catene alpha o beta che formano l’emoglobina. La malattia costringe il paziente, sin dall’infanzia e per tutta la vita, a periodiche trasfusioni di sangue (in base alla gravità) e ad una terapia ferrochelante quotidiana. La talassemia major (detta anche beta talassemia major) è la più severa e implica trasfusioni di sangue ogni 2 o 3 settimane, mentre nella forma minor o intermedia la periodicità delle trasfusioni va dai 3 ai 6 mesi. A causa delle continue trasfusioni, negli organi vitali del paziente come cuore, fegato e pancreas si deposita un eccesso di ferro che deve essere quotidianamente eliminato attraverso una terapia ferrochelante, che un tempo avveniva tramite una pompa e un ago, e oggi tramite un farmaco orale. Da una pompa a un farmaco orale, un bel salto. La ricerca sta migliorando la qualità di vita dei pazienti talassemici? Altrochè. La ricerca ci ha migliorato la vita in primis proprio in merito alla terapia ferrochelante. Fino a non molto tempo fa, ce n’era solo una e consisteva in una pompa che, tramite un’iniezione che durava dalle 10 alle 12 ore al giorno, infondeva un farmaco sotto cute. Immaginatevi un bambino, con un ago sul braccio, attaccato a una pompa per metà della sua giornata. Oggi la terapia consiste in un farmaco (o sciroppo per i bambini) che viene assunto tre volte al giorno per via orale. Una rivoluzione! Come potrebbe esserlo la terapia genica che è già in fase avanzata di sperimentazione clinica, con i primi incoraggianti risultati. L’obiettivo della ricerca di un futuro che speriamo prossimo, è l’eliminazione del difetto genetico che causa la talassemia. Come opera oggi la vostra associazione? Le finalità di Avlt sono far conoscere la talassemia, promuovere la donazione di sangue


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