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Viaggio nella raccolta associativa Avis
Ripartono le operazioni sospese, potrebbe essere emergenza sangue. Viaggio nella raccolta associativa Avis
Servizio di / Beppe Castellano /
Questa volta non si tratterà più, almeno speriamo da questo punto di vista, di “emergenza Covid-19”, bensì di vera e propria “Emergenza sangue”. E non perché i donatori volontari siano svogliati o non si rechino a donare, anzi... È quanto è emerso da un vero e proprio viaggio fra le tre realtà provinciali di raccolta associativa.
Tre sono i diversi modelli organizzativi nelle tre province del Veneto (Padova, Treviso, Venezia) in cui Avis opera direttamente nella raccolta di sangue, ma un unico grido: “Non mancano i donatori, manca chi possa raccogliere il sangue”. La gravissima penuria di personale medico ed inermieristico, oltre ad avere ripercussioni non indifferenti sulla raccolta dei Centri trasfusionali pubblici, sta mettendo in ginocchio anche quella associativa. E questo in tre province dove, in media, rappresenta il fra il 25 e il 35% della raccolta di sangue complessiva di ciascuna provincia.
Partiamo da Mestre, da un modello di raccolta “Unico in Italia - ci racconta Dario Piccolo, attualmente presidente del SRC - Servizio di raccolta associativo - con una situazione confrontabile presente solo nell’intercomunale Avis di Torino. La raccolta associativa è gestita da un’associazione distinta e autonoma rispetto ad Avis provinciale. In questo caso la convenzione per la raccolta associativa è affidata a SRC Avis ODV, mentre la promozione è in capo ad Avis provinciale di Venezia”. Una scelta fatta dai padri fondatori di SRC nel 1995 che permette a ciascuna delle due associazioni di focalizzarsi sulla propria attività specifica, senza distogliere risorse ed energia per dover fare tutto ciò che una realtà complessa come Avis richiede.
“Così, però, i nodi critici della convenzione con l’Ulss vengono subito a galla - continua Dario Piccolo - negli ultimi anni SRC Avis ha dovuto affrontare perdite economiche consistenti non imputabili a una cattiva organizzazione. Le spese per la raccolta associativa sono aumentate con l’aumento dei vincoli e degli obblighi normativi a tutela della qualità della raccolta e della salute e sicurezza del donatore e del ricevente. Le tariffe, però, non sono state adeguate allo stesso modo”.
Se nelle altre due province del Veneto le Avis provinciali possono compensare le sempre più insufficienti risorse per la raccolta “trasfondendole” in parte da quelle desitnate a chiamata e promozione il problema a lungo andare diventa grave.
Stesso grido d’allarme arriva da Padova con il presidente di Avis provinciale Luca Marcon:
“La raccolta associativa Avis nel padovano - ci dice Marcon - è la cartina di tornasole dei problemi che via via si abbattono sul Sistema trasfusionale. Come Provinciale siamo arrivati a una organizzazione quasi perfetta, in questi ultimi dieci anni per assicurare di più a una realtà sanitaria storicamente deficitaria come consumi di sangue ed emocomponenti. La raccolta associativa Avis copre, nelle tre province in cui viene effettuata direttamente, circa il 30% delle donazioni complessive Avis. Con punte del 34% per il sangue intero all’SRC di Mestre. Qui si raccoglie il 37% del plasma di tutta la provincia veneziana.
Ma ogni per donazione raccolta da noi su- Donatrici e donatori biamo una perdita di circa 6 euro. Fondi che vengono distolti dalla promozione e da altri al Centro di raccolta SRC di Mestre. servizi”. E questo in una realtà molto più frammentata come sigle associative. Nella provin- 1 segue

Sopra: Dario Piccolo,
presidente SRC Mestre, A destra: Luca Marcon, presidente Avis provinciale Padova.
Le risorse economiche insufficienti, difficoltà nel reclutare i medici, rischiano di mettere in ginocchio un servizio essenziale.
cia di Padova, infatti, operano anche la Fidas e la Associazione dei donatori “Amici dell’Ospedale” che afferiscono. “La convenzione va rivista”, anche per il Presidente dell’Avis provinciale di Treviso, Stefano Pontello, quasi in coro con i “colleghi” avisini: “Le risorse stanziate per la raccolta dovrebbero essere almeno sufficienti a coprire i costi del servizio. Non si può scherzare con la qualità quando si raccoglie sangue destinato agli ammalati”. Una qualità che siamo andati a toccare con mano, proprio di sabato o domenica, giorni in cui molti Servizi trasfusionali pubblici in Veneto funzionano ad attività ridotta.
Il 19 febbraio siamo stati a Mestre dove l’SRC Avis gestisce il Centro raccolta sia di sangue, sia di plasma presso l’ospedale dell’Angelo di Mestre, aperto tutti i giorni dal lunedì al sabato più diverse domeniche distribuite nell’arco dell’anno. “A queste si aggiungono 16 articolazioni organizzative (raccolte esterne, ndr) - ci spiega Dario Piccolo - che raccolgono nelle domeniche, secondo un calendario definito ogni anno. In particolare, le domeniche di raccolta sul territorio sono state 121 nel 2021, cui si sono aggiunte 3 domeniche di apertura del CR di Mestre, ma nel 2019 erano addirittura 156 + 4 domeniche di apertura dell’ospedale dell’Angelo”.
Il 6 marzo, domenica, siamo invece andati in una articolazione organizzativa a Paese in provincia di Treviso dove, insieme, tre Avis co-


munali: Paese, Istrana e Postioma hanno fatto donare una sessantina di donatori presso il Distretto sanitario. La Provinciale di Treviso, infatti, non gestisce direttamente un punto di raccolta fisso, ma organizza ogni domenica le “raccolte tutto compreso”. Per tutte le 52 domeniche dell’anno, le articolazioni organizzative della Provinciale di Treviso sono circa sei, a volte sette, per oltre 300 “uscitei”.
“Su una raccolta complessiva in tutta la Marca - ci spiega Pontello - di 46.662 donazioni, quelle raccolte dalle nostre uscite domenicali sono state 13.783. In crescita, seppur lieve, rispetto al 2019 quando furono 13.189 su 48.592 complessive in provincia. Ma ogni settimana, ora, ci troviamo a fare i conti con una “coperta troppo corta”, visto che basta un “malore” di un medico preposto alla donazione quella domenica da renderci quasi impossibile trovare un sostituto. Ma i medici e gli infermieri che operano presso le nostre Unità di raccolta, devono essere lodati per il loro impegno e il loro spirito di sacrificio. Sono professionisti e giustamente sono pagati, ma mettono lo stesso entusiasmo dei nostri volontari avisini. Una “forza lavoro”, quest’ultima, difficilmente quantificabile”.
Il 12 marzo, un sabato, siamo entrati nel Centro di raccolta di Via Trasea a Padova (di proprietà della Provinciale), seguendo anche qui passo passo tutte le procedure di sicurezza (amplificate dal Covid) previste per una donazione. Avis Padova da novembre scorso non effettua più raccolte esterne proprio per la mancanza di medici e personale infermieristico. “Dal 1 novembre 2021, data di ingresso dei medici in specialità, al 31/12/2021 - afferma Luca Marcon - abbiamo perso 674 donazioni se facciamo riferimento al 2019. Per le “ore- medico’’ ante chiusura del 1 novembre 2021 erano circa 99 al mese (Visite degli aspiranti incluse), novembre e dicembre 2021 si sono ridotte a 42 e sono state azzerate le visite agli aspiranti (dirottati in altre strutture, con allungamento notevole dei tempi di attesa)”.
In tutti i Centri di prelievo, in ogni caso, l’aria che si respirava fra i donatori era di serenità e sorrisi sotto le mascherine esattamente come se si sentissero a “casa propria”. L’impegno dei volontari, che organizzano sia la chiamata, sia l’accoglienza dei donatori, sia il ristoro e perfino il trasporto del sangue (nel caso di Treviso) presso il Centro trasfusionale pubblico è qualcosa che lascia a bocca aperta. Sia



Foto in alto: il presidente dell’Avis provinciale di Treviso, Stefano Pontello con i presidenti delle Comunali di Istrana, Postioma e Paese. Foto sopra: donatori in via Trasea a Padova. Qui accanto: le giovani volontarie avisine addette al ristoro dei donatori e delle donatrici a Paese (Tv)
a Paese, sia a Padova dove ci siamo recati in prossimità dell’8 marzo Festa della Donna, non mancavano le mimose offerte alle donatrici. Le quali, lo si evince dal nostro servizio 1 segue

Sopra: l’efficientissimo Ufficio di chiamata dell’Avis provinciale di Padova. Il Servizio, in occasione dell’attacco di hacker al Sistema informatico della sanità padovana, è stato messo a disposizione dall’Avis per 10 giorni per tutta la provincia.
In basso: donatori e donatrici in attesa del proprio turno all’Unità di raccolta di Paese. fotografico rappresentavano quasi ovunque il 50% delle donazioni.
Ma torniamo al problema dei problemi, quello che più assilla in questo momento i nostri presidenti e anche i volontari e dirigenti Avisini che ogni giorno a Mestre e Padova e ogni fine settimana a Treviso si fanno in quattro con un unico fine: raccogliere ciò che serve agli ammalati.
“Nell’Ulss 2 della Marca il Direttore generale - spiega Stefano Pontello - ha annunciato da tempo che dal 1° aprile riprenderanno a pieno regime gli interventi non urgenti che sono stati posticipati negli ultimi due anni. Noi, come volontari, siamo veramente preoccupatissimi per come si potrà sopperire alla richiesta di sangue che certamente aumenterà. E lo sono anche i medici trasfusionisti rimasti ormai in pochi, nei servizi trasfusionali pubblici. Tanto che per tappare i “buchi” del Servizio pubblico - continua Pontello - più volte inviamo i già pochi medici che collaborano con Avis per le raccolte domenicali. Ma ogni volta siamo costretti a scegliere dove chiedere di andare al medico in questione, se in “appoggio” al servizio pubblico per tenere aperto la domenica oppure alle nostre raccolte domenicali”.
Proprio al momento di andare in stampa, tra l’altro, lo stesso Pontello ha annunciato come, dopo più di tre mesi di apertura a regime ridotto, i Centri trasfusionali di Montebelluna e Vittorio Veneto potranno pian piano riprendere gli orari normali. Proprio per la penuria di medici, sia Montebelluna, sia Vittorio Veneto funzionavano a giorni alterni.
“Il servizio è stato ripristinato in parte: inserendo alcune riaperture infrasettimanali e riattivando delle aperture il sabato, in particolare a Montebelluna. La nostra richiesta è sempre stata quella di privilegiare il weekend poiché abbiamo una maggiore domanda di donazioni”, ha sintetizzato il presidente Pontello.
Da Mestre stesse preoccupazioni, corroborate da statistiche e numeri: “Da un lato le giornate complessive di raccolta sono rimaste quasi stabili tra il 2020 e il 2021 (siamo riusciti a garantire 5 domeniche in più, passando da 116 a 121) - ci spiega Dario Piccolo - dall’altro lato i medici che collaborano con noi sono sensibilmente calati, con una perdita di ben 5 unità, passando da 16 agli attuali 11 (-31%). Se poi mettiamo a confronto il 2021 con il 2019, le aperture sono diminuite del 22% (da 156 a 121), ma i medici sono diminuiti di quasi il 50% (da 21 a 11). Per quanto riguarda il Centro di Raccolta dell’Angelo - continua Piccolo - le donazioni tra il 2020 e il 2021 sono rimaste stabili (passando da 6.523 a 6.520), ma il numero delle sostituzioni dei medici strutturati sono dimezzate, passando da 218 a 106, il che significa che nei 112 giorni in cui non è stato possibile operare la sostituzione, il Centro di Raccolta ha lavorato sotto organico con stress per gli operatori e disagio per i donatori.
Tra l’altro proprio il Centro di Raccolta rischia di rimanere senza medici strutturati. Uno infatti ha lasciato il servizio presso SRC il 18 febbraio, l’altro entro metà aprile. Hanno ambedue accettato l’offerta di lavoro in uno dei Centri trasfusionali dell’Azienda Zero.

Un problema, quello del “cannibalismo sanitario” che riguarda anche la Provinciale di Padova che è sempre impegnata nel reclutare continuamente nuove figure professionali. Ma c’è un però. “Grazie all’Università di Padova, con cui siamo in contatto, riusciamo a reperire anche giovani appena laureati in medicina che formiamo per l’attività di raccolta - ci racconta quasi sorridendo Luca Marcon - Questa formazione, tutta a nostro carico, prevede anche 10 giorni di pratica presso il Centro trasfusionale pubblico. Non è raro che, allo scadere della pratica ci arrivi telefonata dal Centro trasfusionale pubblico: ‘Bravo il ragazzo che ci avete mandato, gli abbiamo proposto di restare qui da noi fino a che non entra in specialità’. E noi ricominciamo daccapo, praticamente facciamo anche da “selezione del personale”.
Dal primo marzo, comunque, presso il Centro di raccolta di Via Trasea a Padova opererà un medico dal lunedì al giovedì, mentre saranno in due a coprire il week-end lungo dal venerdì alla domenica. Mentre tre saranno gli infermieri/e a tempo pieno. “Siamo riusciti ad assumere con contratto strutturato una figura professionale fissa - dice Marcon - come direttrice sanitaria, mentre altri due medici con contratto libero professionale ci permetteranno di garantire l’afflusso notevole dal venerdì alla domenica”.
Ma il tema più caldo è in prospettiva proprio come reperire nuove, giovani, figure professionali che si dedichino alla Medicina trasfusionale. Posto che non esiste una Scuola di specializzazione post laurea in Medicina trasfusionale, il problema resta quello di - almeno - poter utilizzare i giovani che entrano in specialità post laurea quinquennale. Ma la cosa continua a cozzare con i pareri negativi del Ministero per l’università e la ricerca (Miur) e delle stesse Università.
Unanime il pensiero di Luca Marcon, Dario Piccolo e Stefano Pontello: “Se gli specializzandi posso fare attività di Guardia Medica e fare le sostituzioni dek Medici di Famiglia e dei Pediatri, perché non possono fare, magari proprio nei week end, servizio presso i Centri trasfusionali e di raccolta sangue? È assurda l’incompatibilità tra la scuola di specializzazione e la possibilità dei giovani medici di prestare servizio (volontario o remunerato a seconda delle personali propensioni) presso le associazioni di raccolta del sangue. Il tema non è di poco conto perché spesso le associazioni fanno investimenti significativi per la formazione di giovani medici e poi il tutto viene vanificato perché, dopo pochi mesi, gli stessi entrano in specializzazione”.
A titolo di esempio, per quanto riguarda SRC Avis di Mestre, il fenomeno ha riguardato 6 medici nel 2019, 5 nel 2020 e 1 nel 2021.
“Ci sembra giunto il momento che la Regione faccia qualcosa - conclude Dario Piccolo, presidente del SRC Mestre - per far cadere questo vincolo. Da un lato non porta vantaggio alcuno per l’Ente pubblico, dall’altro affossa pesantemente le capacità operative delle associazioni impegnate nella raccolta del sangue e, così, viene messo in crisi l’equilibrio trasfusionale regionale”.
“La cosa “peggiore” è che ABBIAMO I DONATORI pronti a donare! - ribadisce Stefano
Pontello, presidente dell’Avis provinciale di
Treviso - ma non abbiamo chi possa prelevarli. Abbiamo le prenotazioni, grazie all’efficienza dei nostri Uffici di Chiamata sold out fino a fine aprile... Se ci troveremo in emergenza con la ripresa in pieno di tutte le attività chiruirgiche, chi glie lo dice ai donatori “c’è bisogno urgente di sangue, guarda ti prenoto fra due mesi”!
Una chiosa arriva dal presidente dell’Avis provinciale di Padova, Luca Marcon: “Vorrà dire che dovremo anticipare dalla primavera la “campagna estiva di donazione”. Ma non per invitare i donatori a venire nei nostri centri, ma per trovare e reclutare i medici chi li prelevino.

