



Sono
Una Lotus non ti porta solo a destinazione, ma ti fa vivere un’esperienza di guida straordinaria. Eletre non fa eccezione. Non solo accelera da 0 a 100 in meno di 3 secondi, ma ti darà sensazioni uniche.
Per dirla con un eufemismo.
La procedura di omologazione e di misurazione dei consumi è in corso. Entrambe le procedure e i rispettivi risultati sono condizione per la partecipazione al traffico. Il lancio sul mercato avverrà dopo il loro completamento.
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L’inverno è una stagione calda. Non è un controsenso. È uno stato d’animo. Cosa c’è di più caldo che guardare la neve che cade, avvolti in una coperta di ottima lana, seduti in poltrona davanti a un caminetto scoppiettante? Oppure gustare un arrosto o un bollito con le debite salse e contorni, accompagnato da un rosso straordinario? Scalda lo stomaco, ma anche l’anima. Eh sì, l’inverno è un piacere che segue i colori dell’autunno e precede quelli della primavera. L’inverno è una stagione straordinaria non solo perché ci fa tornare bambini in occasione del Natale, ci fa scatenare per il veglione di capodanno e ci mette in riga subito dopo l’Epifania, svegliandoci dal sonno e facendoci tornare nel mondo reale.
Robb Report è andato a frugare tra i piaceri dell’inverno. Si comincia con il fascino discreto di uno chalet tra i monti, il lato migliore del grande freddo. Gli chalet che un tempo erano le abitazioni dei popoli di montagna, come quello dell’hotellerie i Mascognaz, frazione di Champoluc, albergo diffuso ricavato da un antico villaggio Walser. Rifugio privilegiato per chi sa apprezzare la quiete e la bellezza, è un gioiello da visitare per la particolare architettura e il magnifico panorama sull’alta Val d’Ayas. Si alloggia apprezzando i materiali usati per mantenere il fascino di queste antiche magioni: pietra, legno antico e lane grezze.
Si prosegue con il benessere in quota, un volo d’aquila su piscine e trattamenti wellness in tre strutture che dominano le Alpi in tutto relax, perfette per il dopo-sci e per poi sorvolare la Vallée per incontrare, a pochi mesi dall’apertura del suo locale con pasticceria e bar in quello che era lo storico Caffè Nazionale di Aosta, Paolo Griffa che ha già preso la prima stella Michelin. Ed è pronto a stupire con nuovi piatti per un’esperienza a tavola quasi onirica.
Ma l’inverno, con le sue Feste, è anche il mese dei regali. Ed ecco tra le pagine di Robb Report uno scrigno di gioielli straordinari raffiguranti una natura meravigliosa. La scoperta di universi lontani e di materiali apparentemente distanti hanno ispirato le ultime creazioni di alta gioielleria “Carte Blanche Ailleurs” di Boucheron. Un viaggio onirico che ha in sé i tratti poetici di una perfetta armonia. E il tempo che scorre come provare a imprigionarlo? Con una collezione di orologi preziosi al Club dell’haute horlogerie. Per i suoi primi 75 anni l’azienda di orologeria Verga 1947 si è regalata un nuovo negozio in via Capelli, la strada più cool di Milano che collega corso Como con piazza Gae Aulenti, sotto lo scintillante skyline della città. Nella stessa via era già presente un altro negozio dal 2015, che ora è stato interamente dedicato al marchio di cui Verga 1947 è concessionario
ufficiale da oltre 30 anni, Patek Philippe. Bellezza vera, oggetti senza tempo che dettano uno stile unico, su misura, come i brand del cashmere scelti da Robb Report, i mobili bar di grande design che fanno la differenza nel salotto di casa, i divani di velluto che danno un’atmosfera d’antan. Scelte di un lusso senza compromessi per la stagione fredda per definizione, da scaldare con le scelte giuste. Benvenuto inverno, stupiscici ancora.
Scenari da fiaba, baite che invitano alla meditazione davanti al fuoco, stube del 1600 dove gustare i piatti della tradizione, una suite tra le nuvole... Ecco il lato migliore del Grande Freddo
Baite nascoste tra gli abeti, dove si arriva solo con il gatto delle nevi. Chalet che un tempo erano le abitazioni dei popoli di montagna, come quello dell’hotellerie i Mascognaz, frazione di Champoluc, albergo diffuso ricavato da un antico villaggio Walser. Rifugio privilegiato per chi sa apprezzare la quiete e la bellezza, è un gioiello da visitare per la particolare architettura e il magnifico panorama sull’alta Val d’Ayas. Si alloggia apprezzando i materiali usati per mantenere il fascino di queste antiche magioni: pietra, legno antico e lane grezze. Non c’è dubbio, questo inverno la scelta più esclusiva sono i luoghi che riportano alle vacanze del secolo scorso, quando la natura dettava ancora i suoi ritmi e ci si ritrovava davanti al camino, dopo una camminata nella neve alta o una sciata su piste anche impegnative ma divertenti, che ancora avevano le cunette e non erano piallate come oggi, tutte uguali. E dove spesso, dondolando su una spartana seggiovia, si cercavano le tracce di camosci, caprioli, volpi. Anche a Corvara, in Alto Adige, la scelta di uno tra gli hotel più belli e lussuosi (nel senso vero della parola) al mondo è stata mantenere con grande cura stube, legni, tessuti, arredi che ricordano la sua storia, negli spazi comuni
La Perla a Corvara, in Alta Badia, è una grande casa di montagna con 56 stanze, dove dominano il legno e lo spirito ladino. Sopra, la fornitissima cantina; a sinistra, all’interno dell’hotel, il ristorante gourmet La Stüa de Michil, che ha appena ricevuto la stella Michelin.
L’Hotel Hermitage, grande chalet in pietra, è l’unico 5 stelle di Cervinia, un grande chalet. Sotto, il living e una delle tre suite Prestige.
così come nelle camere. La Perla è davvero… una perla. Ineguagliabile la Stüa de Michil (l’eclettico e colto proprietario), una piccola Wunderkammer in legno con due stuben del 1600 dove provare la cucina di Nicola Laera, con il meglio tra la cucina pugliese del papà e quella ladina della mamma. Un ritorno alle origini che commuove. Certo, i resort e gli alberghi più preziosi e ricercati lo sono grazie al tocco speciale di gestori illuminati, che offrono qualcosa più di un anonimo soggiorno montano. Come all’Hermitage (Relais & Châteaux), unico 5 stelle di Cervinia, un grande chalet in pietra nella più tipica
Il
Resort di Cortina, boutique hotel cinque stelle di sole 26 camere e 7 suite (in alto), ospita una Spa con piscina riscaldata di 12 metri (sopra), una palestra e un ristorante (a destra) con vista sul massiccio delle Tofane.
tradizione di montagna, con le suite appena rinnovate e la piscina interna riscaldata, alimentata da acqua pura di montagna (da provare la spa La Prairie). Novità anche in cucina con il nuovo chef Gabriele Avanzi ispirato dal Consultant chef Francesco Sposito, due Stelle Michelin. Alle pareti, i quadri dei pittori che hanno immortalato la montagna in tutte le sue pose… Cortina non è da meno, e risponde con io Rosapetra Spa Resort di Relegance, il nuovo brand dell’ospitalità guidato da Antonio Onorato, proprietario e gestore anche di Palazzina G a Venezia, il famoso 5 stelle disegnato da Philippe Starck. Qui si alloggia in un intimo chalet ampezzano di sole 26 camere e 7 suite, affacciato sulle Tofane. Il nome stesso del resort è un omaggio al colorarsi di rosa del massiccio. Ristorante panoramico, lounge all’aperto e
Il ristorante l’Idéal 1850, sopra Megève, vanta una bellissima terrazza con vista sul Monte Bianco. Al primo piano, la Idéal Suite che gli ospiti del Four Seasons Hotel Megève o del Chalets du Mont d’Arbois Megève possono prenotare per una notte.
piscina di 12 metri riscaldata. Anche dall’altro versante della Alpi non scherzano. Suite Idéal, la più intima di Megève, nei suoi 100 mq esprime al meglio i tradizionali paradigmi savoiardi, grazie a elementi di decòr selezionati dalla baronessa Ariane de Rothschild. La vista sul Monte Bianco rende poi unico ogni ambiente. Con una nuovissima proposta, gli ospiti che soggiornano al Four Seasons Hotel Megève o a Les Chalets du Mont d’Arbois Megève potranno concedersi una notte in questa suite a cui si arriva solo con la funivia. Il mattino, dopo una colazione ammirando l’alba sulla catena degli Aravis, si sarà assistiti dal maggiordomo, che preparerà
Con il suo design inaspettato, di chiara ispirazione orientale, The Chedi a Andermatt, è tra i lodge di lusso più apprezzati al mondo. Il ristorante satellite dell’hotel, The Japanese Restaurant (sotto), una stella Michelin, è il più alto ristorante di autentica cucina giapponese in Europa.
L’Adler Lodge Ritten a Soprabolzano, in Alto Adige, è un rifugio incantato immerso nel bosco, con chalet, saune, piscina e vista panoramica sulle Dolomiti.
gli sci e proporrà un itinerario personalizzato.
Sempre per viaggiatori esigenti, in cerca della bellezza sublime di una natura incontaminata, Andermatt è la destinazione ideale, appena oltre il passo del Gottardo, 2 ore da Milano. Rifugio d’elezione, qui The Chedi è l’unico 5 stelle L; vera e propria opera d’arte architettonica, ha ridisegnato gli standard del design e dell’ospitalità di lusso nell’arco alpino. Da provare l’esperienza al Rifugio gourmet @The Chedi Andermatt dal design moderno e innovativo, nel più alto ristorante di autentica cucina giapponese in Europa.
Per chi infine desidera staccare completamente, ’Adler Lodge Ritten offre un soggiorno essenziale nella foresta, in cui sentirsi accolti e protetti per meditare, staccare la spina e rinascere, lasciandosi coccolare dall’ospitalità generosa del personale (40 collaboratori). La destinazione ideale per chi ricerca un lusso informale, sobrio e discreto. Una vacanza green di benessere, in libertà e leggerezza.
Relax, piscine e trattamenti wellness in 3 strutture che dominano le Alpi. Perfette per il dopo-sci
Ci sono luoghi da fiaba, che rappresentano un lusso chiamato relax, in cui protagonisti sono la magia della natura e il candore della neve, su un sipario di cielo vestito di stelle e l’orchestra di un silenzio ricercato. Esistono, poi, destinazioni Spa da scoprire in inverno, per un prodigioso periodo di benessere in quota, per assaporare uno stile “slow living”, tra massima privacy e comfort. Il centro benessere più elevato d’Italia è l’Alpina Dolomites Health Lodge & Spa, boutique hotel 5 stelle a 1.860 metri d’altitudine, che poggia sull’altopiano più grande d’Europa, l’Alpe di Siusi, patrimonio mondiale Unesco. L’attenzione a corpo, mente e anima, nel rapporto con la natura, è al centro dell’Alpina Dolomites che vanta un Como Shambhala Wellness Retreat incentrato sul recupero dell’energia vitale, attraverso trattamenti eseguiti da un team di esperti e qualificati professionisti.
Per il piacere del palato, la scelta è tra una cucina raffinata al Mountain Restaurant e una più informale, all’Alpina Chalet, godendo la vista di scorci dolomitici.
A 1.400 metri di altitudine, il San Luis Retreat Hotel & Lodges, attorno a un lago naturale suggestivo, in 40 ettari di parco alpino, offre la possibilità di vivere un’esperienza fuori dall’ordinario. La Spa diffusa qui ruota intorno a una piscina
panoramica, ricavata da un vecchio fienile, con il camino acceso tutto il giorno e un profumo balsamico di oli essenziali di erbe di montagna e candele accese. Il lusso più esclusivo è il rito privato della prima colazione, servita nel proprio lodge o nella casa sull’albero, dotata di sauna outdoor sul terrazzo, a tutta privacy.
Tanti i trattamenti proposti, con materie prime ricavate dall’orto, anche per la cucina.
A 1.300 metri d’altitudine, nel cuore di Cortina, inaugurata da quasi un anno, l roof top Spa dell’Hotel De Len, lusso ampezzano alpin-chic, permette di esplorare il concetto di wellbeing sostenibile, in tutte le dimensioni: un viaggio alla ricerca di una rinnovata felicità, che parte dalla zona relax panoramica, con vista a 180º e prosegue in percorsi benessere, piccola pool, saune, massaggi, rituali e trattamenti viso e corpo, anche di coppia. By night diventa un luogo privato dove vivere una serata speciale. Raffaella Dallarda
Un ingresso trionfale. Il più caloroso dei benvenuti. Un’atmosfera ricca di fascino. Un senso unico dello stile. Hotel Principe di Savoia.
A SINISTRA
Relatività, litogra a, 1953.
A DESTRA Buccia, xilogra a, 1955.
Incastri, distorsioni, curiose simmetrie, immagini ipnotiche e spiazzanti. Questo e tanto altro in mostra a Firenze per raccontare l’artista olandese. Amato agli esordi da avanguardie e controcultura, ispira ancora tutto ciò che fa immagine
Una lunga, persistente febbre planetaria, da Mick Jagger ai Pink Floyd a Harry Potter, ha contagiato musica, letteratura, cinema, pubblicità, design. A scatenarla Maurits Cornelis Escher (18981972), l’incisore e grafico olandese autore di quelle geometrie dell’inquietudine, riunite in una rassegna itinerante, record d’incassi, a Firenze fino al 26 marzo in una sede inedita quale il Museo degli Innocenti, nel complesso monumentale di Filippo Brunelleschi. Scrigno in permanenza di altri capolavori: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Luca e
Andrea della Robbia. In mostra qualcosa come 200 lavori tra incisioni e litografie, esemplari di una ricerca al limite dell’ossessione e dell’incubo. Sono immagini ipnotiche, spiazzanti, surreali, dove si combinano le conquiste della scienza e quelle dell’arte. Escher studia la teoria della relatività di Einstein, guarda ai movimenti d’avanguardia europei e si arrende al fascino esotico dei mosaici moreschi dell’Alhambra, che nella ripetizione senza fine di motivi sempre uguali gli schiude il brivido del concetto di infinito. Con un gioco spericolato di ambiguità metamorfiche, percezioni illusorie, distorsioni prospettiche dagli effetti paradossali, l’artista porta a limiti estremi le possibilità della visione.
“Non posso esimermi dallo scherzare con le nostre inconfutabili certezze”, ha detto delle sue invenzioni, capaci di dilatarsi fino a evocare in simultanea mondi inconciliabili. Succede in Relatività (tra i suoi capolavori), architettura impossibile tutta scale, percorse da figure su cui agiscono sorgenti gravitazionali opposte. Succede in Sole e luna, che rappresenta insieme il giorno e la notte. Succede in Mano con sfera riflettente, in cui il soggetto si sdoppia tra la mano che regge la sfera e la scena riflessa sulla superficie, che è poi lo stesso Escher seduto nel suo studio. Insospettabile - e bellissimo - il nucleo dei paesaggi italiani, autentica dichiarazione d’amore per il Belpaese, eseguiti nel corso degli anni (1923-1935) in cui il “maestro dei mondi impossibili” visse con la moglie a Roma. Ecco i tetti medievali di Siena sullo sfondo della Torre del Mangia, i borghi dimenticati della Calabria e degli Abruzzi, le violente e mai dimenticate suggestioni della Costiera amalfitana. Una terra in verticale, da cui lui - assuefatto agli orizzonti lineari dei Paesi Bassirimase letteralmente folgorato.
Beba Marsano
A DESTRA
Mano con sfera ri ettente, litogra a 1935.
IN BASSO
Metamorfosi II, xilogra a 1939-40.
Breitling presenta un trio di cronogra di gamma ultra premium, impreziositi da un tourbillon straordinario. Ognuna delle varianti trae ispirazione da uno dei fondatori della casa orologiaia svizzera di lusso
Gli orologi Breitling sono conosciuti e apprezzati soprattutto per essere robusti e funzionali, affidabili e ad alta precisione. Non è un caso infatti che fin dagli anni ‘30 l’Huit Aviation Department della casa orologiaia svizzera rifornisca la British Royal Air Force e molte altre aeronautiche militari. Tuttavia, nel catalogo Breitling trovano spazio modelli decisamente raffinati ed eleganti: su tutti, quelli della collezione Premier. La ideò Willy Breitling in piena Seconda guerra mondiale, periodo in cui l’orologio da polso era uno strumento per professionisti, utilizzato da piloti, navigatori e ingegneri. Willyuomo dal grande stile personale - pensò di renderlo anche elegante, capace di regalare ottimismo a dispetto della turbolenza dei tempi. La linea Premier, lanciata nel 1943, mantenne tutta la funzionalità dei suoi superbi cronografi, ma li arricchì nella forma. Quasi 80 anni dopo, Breitling dimostra ancora una volta quello spirito, presentando il Premier B21 Chronograph Tourbillon 42. Il pezzo forte - come rivela il nome - è la complicazione a tourbillon, tanto impegnativa da realizzare quanto affascinante. Il tourbillon ospita il bilanciere, la relativa molla e uno scappamento all’interno di una gabbia rotante che mantiene l’intero gruppo in moto perpetuo. Questa azione corregge e annulla l’attrazione di gravità, che influisce sulla precisione di un orologio in diverse posizioni.
Breitling ha lavorato a stretto contatto con Manufacture La JouxPerret, specialista nella realizzazione di movimenti, per sviluppare il movimento B21, che compie un passo inconsueto e ancora più impegnativo: abbinare un tourbillon a un cronografo.
Il Premier B21 Chronograph
Tourbillon 42 in realtà non è un orologio solo, ma è declinato in tre varianti. La prima, dedicata al capostipite, Léon Breitling, l’artigiano che ha fissato un nuovo standard in termini di precisione, ha la cassa in oro rosso 18 carati con un quadrante in argento e un cinturino marrone semi-lucido in pelle di alligatore. La seconda prende il nome dal figlio Gaston, l’innovatore, che
con le sue invenzioni ha dato forma al cronografo moderno; abbina una cassa in oro bianco 18 carati a un quadrante antracite e un cinturino nero in pelle di alligatore. L’ultima, infine, rende omaggio a Willy, il figlio di Gaston, l’uomo dal gusto impeccabile, che ha accompagnato l’orologio da polso nell’evoluzione da oggetto funzionale a oggetto di stile: è in platino con quadrante in blu ammiraglio e cinturino nero in pelle di alligatore. Tutti sono dotati di pulsanti quadrati stilizzati e numeri arabi, capisaldi della linea Premier. Il design simmetrico del quadrante e l’armoniosa interazione tra numeri e linee cromatiche tono su tono bilanciano alla perfezione il tourbillon, che occupa la posizione centrale a ore 12. Il fondocassa a vista in vetro zaffiro è bombato per consentire di apprezzare appieno il movimento B21, con massa oscillante e retro del tourbillon a contrasto in oro 18 carati. Paolo Tomasini
IN ALTO
Premier B21 Chronograph
Tourbillon 42 Willy Breitling. € 66.000
A SINISTRA
La versione Gaston e quella Léon Breitling. € 56.000
Verga 1947 festeggia il 75° con nuove aperture e una lounge dedicata ai collezionisti
Per i suoi primi 75 anni l’azienda di orologeria Verga 1947 si è regalata un nuovo negozio in via Capelli, la strada più “cool” di Milano che collega corso Como con piazza Gae Aulenti, sotto lo scintillante skyline della città. Nella stessa via era già presente un altro negozio dal 2015, che ora è stato interamente dedicato al marchio di cui Verga 1947 è concessionario ufficiale da oltre 30 anni, Patek Philippe. Non solo: nello storico spazio di via Mazzini, il primo aperto nel 1947 dal capostipite Luigi Verga - allora uno spazio di 25 mq con una sola vetrina, oggi 200 mq su 2 piani, con 4 vetrine su strada - è stata inaugurata una lounge al primo piano, “Casa Verga”, pensata per essere un club dell’alta orologeria dove appassionati e collezionisti possono fermarsi anche a pranzo e cena e discutere di orologeria. E, naturalmente, scoprire e toccare con mano (anzi, con guanto) gli ultimi arrivi di Rolex, Patek Philippe, Cartier, Tudor, Moser o di uno degli altri prestigiosi marchi presenti nel portafoglio di Verga 1947.
SOPRA
Lo store Luigi Verga in corso Vercelli, inaugurato nel 1997.
A SINISTRA
Foto d’epoca dello storico negozio di via Mazzini, aperto nel 1947.
SOTTO
La seconda, terza e quarta generazione della famiglia Verga.
Una natura meravigliosa, la scoperta di universi lontani e di materiali apparentemente distanti hanno ispirato le ultime creazioni di alta gioielleria “Carte Blanche Ailleurs” di Boucheron. Un viaggio onirico che ha in sé i tratti poetici di una perfetta armonia
di Mara CellaNel set Sand Woman (a sinistra) della nuova collezione Carte Blanche di Boucheron, intitolata Ailleurs, spicca la collana Rotin Diamant (qua sopra), in cui la fibra naturale del rattan è stata inumidita e poi asciugata su un supporto di ottone, con una barretta d’oro per mantenere la forma sinuosa.
La direttrice creativa della maison Boucheron, Claire Choisne, sì è ispirata a un magnetico viaggio verso un altrove senza confini. Esplorando la natura e le sue forme più recondite e perfette, dai deserti agli oceani, dalle profondità della terra alle foreste pluviali, lo Studio Boucheron ha reso possibile l’incontro di universi
e materiali apparentemente distanti e contraddittori: i diamanti e le pietre o il legno bruciato, l’oro con il rattan e le meteoriti. In questo viaggio visionario, alla scoperta della grandiosa perfezione e poesia intrinseca nelle forme naturali, Choisne ha immaginato cinque mondi differenti, cinque capitoli creativi nei quali ciascuno può trovare una parte di sé. Dunque, l’essenza della collezione è scoprire a quale di questi universi
Fleur de Paradis (set Leaf Woman) è la spettacolare riproduzione di un fiore tropicale, una sinuosa sterlizia di titanio che può essere spilla o fermaglio.
A
L’anello Loup, diamanti, oro bianco, platino, meteorite e onice. Raffigura un lupo ululante alla luna mentre girovaga per il mondo di Volcano Man
Il possente anello Gazelle (set Sand Woman) ha un diamante da 2,15 carati sulla fronte e occhi di onice a contrasto.
Le meraviglie del set Leaf Woman per avere una foresta tropicale addosso come la spilla Papillon, che riproduce la specie Lideopsis Vulgaris in oro o il bracciale Serpent con tsavoriti (famiglia dei granati) e laccatura color lime.
ci si senta legati. Il set Sand Woman esplora un deserto immaginario con le dune sinuose fra calde nuance sabbia e trasforma queste atmosfere in mondi da indossare. Un esempio? Il collier Rotin Diamant, in cui la fibra naturale di rattan viene inumidita e asciugata su un supporto di ottone, su cui viene inserita una barretta d’oro per dare stabilità alla forma finale. Un soave capolavoro inverso di alta gioielleria, che tradizionalmente dona morbidezza ai materiali duri e qui invece irrigidisce uno naturalmente morbido come il rattan. Leaf Woman esplora una foresta tropicale lussureggiante che vibra di colori e di flora e fauna straordinaria. Hanno preso vita divertenti capolavori di alta gioielleria Boucheron come lo spettacolare Fleur de Paradis in titanio e pietre preziose o il bracciale Toucan, che sfoggia un
Collier in oro bianco Coquillage (set Volcano Man): la struttura di una conchiglia vista ai raggi X è aerografata sugli elementi in madreperla.
gioco di volumi e colori davvero unico, in cui il possente becco del tucano è realizzato con tre blocchi di citrino che si innestano perfettamente l’uno nell’altro, creando una suggestiva scala cromatica. Earth Woman è il capitolo di forme organiche ispirato alla terra con una palette di tinte ocra, brune e argilla. Pebble Woman evoca un oceano lunare e le sue spiagge astrali. E last but not least, il set Volcano Man è un viaggio nel possente centro della Terra dove ossimori materici e cromatici creano perfetti e inaspettati rendez-vous.
L’anello Pie (Gazza) del set Sand Woman: è stato forato un blocco di cristallo di rocca per inserirvi un teschio di oro bianco con diamanti.
A DESTRA L’orecchino singolo Octopus (set Volcano Man), fra tatuaggio e creatura marina, adorna la testa con i suoi tentacoli di oro bianco con 178 placchette di madreperla e 443 diamanti taglio brillante.
L’amica socievole, utile, portatile, virtuale e interattiva, per esplorare, con il cuore, SPA dopo SPA
Piatti che sembrano opere d’arte, studiati e creati fuori da qualsiasi schema con ingredienti inediti, trattati con la precisione che ricorda i laboratori di chimica, ai confini con l’alchimia. L’alta cucina di Paolo Griffa, piemontese, classe 1991, lo chef stellato che ha affascinato e coinvolto i tanti appassionati gourmet al Petit Royal di Courmayeur, si sposta nel centro di Aosta, allo storico Caffè che riapre i battenti e diventa “Paolo Griffa al Caffè Nazionale”, il ristorante più tecnologico d’Italia nel locale più antico della Valle. Il recupero degli spazi è stata una sfida vinta grazie alla sinergia tra committenza, proprietà, professionisti e maestranze che hanno collaborato a un’impresa che ha “risvegliato” un luogo straordinario. Preservando il patrimonio storico e culturale che lo caratterizza, si è cercato di restituirne, con un approccio sartoriale, lo splendore originario. All’ingresso lo storico bancone del Nazionale, solo diverso nei colori, e i pavimenti in graniglia di marmo; nelle sale, i parquet dal ritrovato splendore. Il dehors è ricercato, pieno di verde. La sala decagonale del municipio di Aosta, unica testimonianza rimasta del medievale convento di San Francesco che sorgeva al posto dell’attuale piazza
A pochi mesi dall’apertura del suo locale con pasticceria e bar in quello che era lo storico Caffè Nazionale di Aosta, Paolo Griffa ha già preso la prima stella Michelin. Ed è pronto a stupire con nuovi piatti. Che rendono un’esperienza a tavola quasi onirica di Susanna Cristini
A SINISTRA
Lo chef all’interno del nuovo locale nel centro di Aosta, “Paolo Griffa al Caffè Nazionale”.
SOPRA
Il raf nato Tea Time nella pasticceria.
Émile Chanoux, è ora il cuore del ristorante. Un sogno imprenditoriale e gastronomico finalmente realizzato, dopo un percorso di eccellenza, per questo eclettico chef, premiato dalla “Rossa”, ma soprattutto da chi apprezza una cucina senza confini, dove trovare uno spazio per il gusto ma anche un ritorno all’infanzia, quando fantasia e gioco si uniscono e diventano perfezione assoluta. Aperto a pranzo e a cena tutti i giorni tranne martedì e mercoledì, il Ristorante segue fedelmente l’identità e il gusto nati in quello di Courmayeur con diverse proposte e declinazioni nei
La sala decagonale del municipio di Aosta, unica testimonianza rimasta del medievale convento di San Francesco, è ora il cuore del nuovissimo ristorante Paolo Griffa al Caffè Nazionale.
SOTTO Il “Finto riso di patate I Love Aosta”.
2 menu di 5 e 7 portate, da abbinare a vini di una cantina che vanta 2.500 bottiglie. Un vero e proprio tempio dell’alta cucina creativa, un inno alle materie prime della Valle d’Aosta e alla loro stagionalità. Con un concept che, primo in Italia in un ristorante di alta cucina, ha adottato un sistema capillare di supervisione e monitoraggio di tutte le attrezzature, in funzione h.24. La pasticceria, aperta tutti i giorni dalle 7 alle 20 con proposte di caffetteria, Tea Time, Royal Tea Time, cocktail bar, vanta una selezione di tè e di caffè con varietà uniche al mondo, selezionate una a una da Paolo Griffa.
Valrhona compie cento anni e lancia la copertura Komuntu 80%.
Torna in tavola la tradizione. La ricorrenza più attesa dell’anno si declina senza voli pindarici, dal panettone più classico al cioccolato, al liquore d’antan. Purché tutto sia di comprovata eccellenza, come le scelte di Robb Report
SOPRA Capsule collection 2022 di Charlotte Dusart. A SINISTRA Gold Edition di Bodrato. SOTTO Oro Rosso di Giovanni Rana.
Panettone tradizionale con uvetta e canditi o pandoro soffice e burroso? Qualunque sia il proprio credo gastronomico, a Natale non può mancare la classica scelta tra i due dolci che si contendono il posto d’onore a tavola. Come Loison Classico A.D. 1476, panettone preparato artigianalmente nei laboratori in provincia di Vicenza con canditi di arance di Sicilia e cedro di Diamante, aromatizzato con vaniglia Mananara del Madagascar e arricchito dall’immancabile uvetta sultanina. A sfidarlo a colpi di zucchero a velo c’è il pandoro di Ciacco, che Stefano Guizzetti realizza per il secondo anno consecutivo con
il miele di Ailanto dalle note di albicocca e uva moscata, sostenute dal burro di cacao naturale con sentori di cioccolato e caramello. A proposito di ricette classiche, per la cena della vigilia ci sono i tradizionali confetti genovesi di Romanengo con involucri colorati e farcitura ai pinoli italiani, rosoli assortiti, scorze di arancia candita e pistacchio di Bronte. Chi preferisce il cioccolato può regalarsi la pregiata Gold Edition di Bodrato, dalle scatole completamente ricoperte in oro che celano praline, Boeri e Bodratini ai gusti di nocciola, caramello salato, pistacchio, bonnet, fondente e caffè. Per celebrare i suoi primi cento anni, l’azienda francese Valrhona lancia invece delle novità, studiate proprio per Natale. Come la copertura Komuntu 80%, fondente dalle note legnose e leggermente amaricanti con sentori di grué tostato, dalla filiera equa e sostenibile, i cui proventi raccolti per tutto il 2022 saranno devoluti a progetti di sostegno verso le comunità africane.
La pasticciera belga Charlotte Dusart propone a sua volta vere e proprie sculture tra cui gli alberelli innevati della capsule collection 2022 , in fine cacao ricoperto di mandorle tostate, finito con zucchero a velo e una stella di Natale in cioccolato bianco. Ideali per decorare la tavola e concedersi un finale in dolcezza, magari accompagnato da un sorso di Marsala Semisecco Superiore
A
Per il periodo natalizio, una collezione ispirata al racconto di Dickens “A Christmas Carol”, dove panettone, alberi di Natale e palline decorative sono custoditi in una scatola di nissimo cioccolato, realizzata con un procedimento tecnologico altamente avanzato. Da un’idea della famiglia Cerea, le capsule collections sono create da Davide Comaschi.
A SINISTRA
Gli inediti macarons color “Ottanio”, proprio come la nuova etichetta “White Sturgeon Deluxe” della storica azienda trevigiana Caviar Giaveri, sono lavorati dal pasticcere Enrico Rizzi con caviale di prima scelta dello storione bianco.
Riserva Florio affinato vent’anni in legno di rovere. Dal tannino persistente, al sorso conquista con note di liquirizia, cioccolato fondente e torrone, con punte di frutta sotto spirito e castagne. Imperdibili poi per i golosi di cioccolato, dalla collaborazione del Gruppo Da Vittorio e il chocolate designer Davide Comaschi, con il supporto del maître patissier Simone Finazzi, le capsule collection a tema natalizio e non solo (disponibili sull’e-commerce di Da Vittorio e nel temporary
store della famiglia Cerea in Corso Matteotti a Milano). Provare per credere le pepite o le praline che sembrano gioielli, ma anche le confezioni - meravigliose e perfette in ogni particolare - tutte di cioccolato. Una gioia per i sensi, come i deliziosi e sorprendenti Macarons al caviale “White Sturgeon Deluxe” della storica azienda trevigiana Caviar Giaveri, nella collezione natalizia firmata da un eclettico pasticcere milanese.
E siccome sulla tavola del Natale va riservato spazio alle paste ripiene, la scelta di buon gusto è l’edizione limitata Oro Rosso di Giovanni Rana, che alla classica ricetta dei ravioli abbina quattro diverse farciture. Zucca e castagne per chi ama i sapori vellutati, gorgonzola e pere per i palati più esigenti, brasato all’amarone da accompagnare con un calice di ottimo rosso e infine astice e gamberi per le tavole più raffinate. P.V.
SOPRA
Confetti tradizionali Romanengo e panettone classico Loison.
SOTTO Pandoro di Ciacco e Marsala Semisecco Superiore Riserva Florio.
Il celebre claim che aveva come protagonista Geroge Clooney ben si presta alle bollicine francesi, che nelle feste (ma non solo) mostrano le loro migliori cuvée
KRUG Clos du Mesnil 2008 - Krug 2008
- Grande Cuvée 164ème Édition l Krug e Ryuichi Sakamoto, due eccellenze riconosciute a livello planetario, insieme in un’esperienza unica di abbinamento musicale, dove lo Champagne si degusta a occhi chiusi, ascoltando la musica creata dal maestro.
Il primo movimento è un assolo, che richiama la purezza e la precisione di Krug Clos du Mesnil 2008.
Il secondo riunisce un piccolo ensemble intorno a Krug 2008.
Nell’ultimo dei tre movimenti, Sakamoto esprime la generosità di Krug Grande Cuvée 164ème Édition con un’orchestra sinfonica completa. Che il suono in uenzi la percezione del gusto, la maison l’ha compreso da tempo…
Blanc de Blancs Cuvée emblematica di maison Ruinart, 100% Chardonnay, nella sua confezione regalo second skin, completamente riciclabile, 100% bra di cellulosa proveniente da foreste europee gestite in modo ecologico. La confezione avvolge completamente la bottiglia, proteggendo lo Champagne dalla luce e dall’umidità.
Edizione limitata per il 250° anniversario della Maison, in formato Magnum e Jéroboam, unici formati per ottenere questa speci ca rna del tempo. La eccezionale cuvée millesimata rende omaggio a madame Clicquot e al suo spirito visionario. La rara ricchezza aromatica, nata dal lungo af namento sulle fecce e da una sboccatura recente, ne celebra l’arte dell’invecchiamento.
Per questa nuova edizione limitata, un design che sembra quasi esplodere nello spazio. Il coffret destrutturato si espande dall’interno, donando al metallo un carattere quasi etereo. Tutti gli elementi si attirano armoniosamente, catturando quell’intensa vibrazione che continua a ispirare il dialogo creativo tra Dom Pérignon e Lady Gaga.
In nito nel perfetto equilibrio tra il presente tangibile e il futuro ancora invisibile, in nito nel potenziale di crescita e complessità, Rare Millésime 2008 è ideale per festeggiare il nuovo anno e farsi trasportare dall’euforia della vendemmia 2008, contraddistinta da un’annata fredda che ha conferito alle uve Chardonnay intensa mineralità, notevole freschezza e longevità senza precedenti.
Un omaggio di Alberto Massucco alla moglie Mirede. 100% Chardonnay, Cuvée Mirede ha naso di avvincente
articolazione tra orealità, scorza di arancia candita, uno spunto tropicale, un tocco di miele. Bocca molto fresca, con un divertente gioco tra mineralità e frutto. Chiusura di lunga persistenza.
Nel 1876 lo zar Alessandro II inviò a Reims il suo enologo perché elaborasse una cuvée esclusiva. Louis Roederer selezionò le migliori parcelle di vecchie vigne e fece produrre da un maestro vetraio ammingo una bottiglia di cristallo, trasparente con il fondo piatto, cosicché né veleno né bombe potessero esservi nascoste.
Per tornare a tempi più recenti, nel 1974 Jean-Claude Rouzaud ha creato la cuvée Cristal Rosé selezionando del Pinot noir da vecchie vigne nei migliori terroir del Grand Cru di Aÿ, dal 2007 coltivate in biodinamica. Si arriva al Cristal Rosé 2013, 55% di pinot noir di Aÿ, 45% di chardonnay di Avize e Le Mesnil sur Oger, con il 20% dei vini vini cati in foudre de chêne e un af namento di 7 anni sui lieviti.
All’olfatto è un’esplosione di frutti rossi, fragoline di bosco e mirtilli, affascinanti nuance agrumate scure di arancia rossa e tamarindo, dal sensuale bouquet oreale di rosa, sentori di frutta secca, toni di legni orientali, note speziate di ginepro e the nero. Al palato grande freschezza, ricco, equilibrato, preciso; la mineralità e l’acidità sono integrate e donano verticalità e sapidità nel nale ammandorlato e agrumato di grande piacevolezza.
L’art de l’assemblage di Nicolas Feuillatte. Creata nel 1985 e realizzata solamente con le uve delle migliori annate, questa cuvée ri ette tutta l’eleganza e la nezza dello Chardonnay in abbinamento con la rotondità del Pinot Noir. Dieci Grands Crus concorrono alla sua preziosità, a cui si aggiunge un 7% di Chardonnay di Montgueux, su un terroir d’eccezione della Côte des Blancs di Sézannais, riconosciuto per gli inimitabili sentori di frutta esotica, che lo rendono unico, un’opera d’arte.
MUMM
Grand Cordon Kraft Box
Con questo Champagne la maison di Reims vuole ribadire il suo impegno sostenibile e sottolineare che il lusso è strettamente intrecciato all’attenzione per il pianeta. Un messaggio chiaro, che si traduce in una box naturale, deliberatamente grezza e totalmente riciclabile, a protezione del Grand Cordon, so sticata cuvée nella bottiglia in vetro riciclato, senza etichetta frontale, tra le più leggere al mondo. Susanna Tanzi
Nato a Napoli, cresciuto a Roma, il direttore del Watch Design Center di Bulgari è un uomo dai molti talenti. Ha una sana ossessione per gli oggetti di lusso, per il loro aspetto e funzionamento, e spesso mentre conversa amabilmente del suo lavoro e delle sue passioni, impugna una penna e compie ampi gesti sulla carta. I suoi schizzi di orologi, gioielli, automobili e molto altro costellano il suo profilo Instagram (dove, prima di tutto, si definisce "industrial designer") e sono una compagnia costante ovunque vada. Oggi poco più che cinquantenne, ha iniziato la carriera al Centro Stile Fiat di Torino ed è entrato in Bulgari nel 2001. Uno dei suoi primi incarichi è stato disegnare il cinturino per gli orologi Gérald Genta Octo. L’ultimo, l’Octo Finissimo Skeleton 8 Days. Dal 2014, l’Octo Finissimo ha stabilito otto record mondiali, tra cui quello del modello Ultra, che al momento dell’uscita, nel marzo 2022, era l’orologio più sottile al mondo con i 1,8 mm di spessore (recentemente è stato battuto dall’RM UP-01 Ferrari Richard Mille, spesso 1,75 mm, che ha debuttato a luglio). A parte i record, Stigliani si fa apprezzare anche per la sua impeccabile eleganza sartoriale, a dimostrazione – se ce ne fosse ancora bisogno- del suo attentissimo occhio per il design. Nick Scott
Cosa colleziona e perché?
Ho una collezione di penne. In passato usavo molte stilografiche perché ero ossessionato dal colore dell’inchiostro. Quello Iroshizuku, prodotto da Pilot in Giappone, è straordinario per sfumature e tonalità.
Cosa ha fatto di recente per la prima volta?
Stavo volando in Giappone dall’Europa e, visto che non è possibile sorvolare la Russia, il mio aereo è stato costretto a passare sopra il Polo Nord. Il cielo era terso e si potevano vedere gli iceberg e l’infinita distesa di neve. Abbiamo passato due ore con la faccia rivolta al finestrino.
Quali sono le app che usa di più?
Outlook, Whatsapp e Instagram. Ricevo tantissimi messaggi su Instagram di questo tenore: “Adoro l’Octo (Finissimo)” o “Mi piacerebbe avere questo orologio, ma è in edizione limitata ed è completamente esaurito”. Onestamente, cerco di rispondere a tutti, ma...
Qual è il capo del suo guardaroba che indossa più spesso?
Il classico blazer blu che ogni gentiluomo possiede, spesso lo indosso con jeans e mocassini. La maggior parte delle mie giacche sono fatte dal mio sarto di fiducia, Giuseppe Carbone, a Roma. L’ultimo paio di mocassini che ho comprato erano di Barrett. Il denim è una piccola ossessione: mi sono fatto fare anche delle scarpe e tre abiti. Ho denim molto spessi e rigidi, provenienti da Giappone o dall’Europa. Indosso Lee, per esempio, e ho molti Levi’s.
Fabrizio Buonamassa Stigliani fotografato nel suo ufficio a Neuchâtel, Svizzera; il Bulgari Octo Finissimo in acciaio; una scultura creata da Stigliani utilizzando il collettore di scarico di un motore V-10 di Formula 1; Gli schizzi dell’orologio Giardino Dell’Eden Piccolissimo.
Qual è il piatto che cucina meglio?
Cucino per lo più per i bambini, ma non sono affatto male con l’amatriciana e la calamarata. Mi piacerebbe fare bene la cacio e pepe, ci sto ancora lavorando.
Come riesce a trovare la calma?
Amo creare oggetti e immaginarli nella mia testa, quindi ho la fortuna che il mio lavoro sia la mia vera passione. Ma l’unico momento in cui i pensieri nella mia testa si fermano è quando vado in moto, perché devo concentrarmi completamente sulla strada.
Se potesse imparare una nuova abilità, quale sarebbe?
Mi sarebbe piaciuto imparare a suonare uno strumento musicale, il pianoforte o la chitarra. Adoro la musica, ma ho dedicato la mia vita a disegnare e a imparare come farlo, e purtroppo non ho mai trovato il tempo per imparare a suonare davvero.
Che cosa rappresenta per lei il successo?
Non ci ho mai pensato, perché se si pensa ai propri successi, ci si concentra sul passato. Bisogna costruire sul successo.
Chi è il suo rivenditore di fiducia e di cosa si rifornisce?
Ho tante penne, ma la più recente quella a cui sono più affezionato, perché non si può comprare, me l’ha regalata un caro amico giornalista. È una penna a sfera prodotta da Dyson. È in alluminio e ha finiture e dettagli davvero notevoli.
Quanto si fida del suo istinto?
Fa parte del mio dna, del mio modo di pensare. Uno dei miei capi una volta mi ha detto: “Fabrizio, tu sei unico perché sei istintivo, ma riesci a gestire le cose con il cervello”. Dev’essere un buon mix altrimenti sarei un artista, non un industrial designer. Se invece si è pragmatici, senza alcuna emozione, si è più simili a un ingegnere. Il designer è una via di mezzo tra un artista e un ingegnere.
L’ultima volta che ha staccato completamente la spina?
Per una vacanza quest’estate in Sardegna e a Capri. Il 99% delle volte è quando sono nel Sud Italia.
Qual è l’auto a cui è più affezionato?
Sono più affezionato ai carrozzieri che ai marchi. Nel secondo dopoguerra i carrozzieri italiani hanno realizzato opere d’arte straordinarie. (Luigi) Gino Macaluso, ex proprietario di GirardPerregaux, ha detto: “L’automobile è una delle più importanti espressioni d’arte del secolo scorso”. Sono assolutamente d’accordo con lui: Carrozzeria Touring, Pininfarina e persino Bertone e Italdesign fanno un lavoro straordinario. Sono anche molto legato alle auto di Franco Scaglione e Sergio Scaglietti.
Adoro i film della Pixar. Mi piace l’attenzione per i dettagli, le texture e la luce. L’ultimo che ho visto è Lightyear. E ho guardato Rise su Netflix con mio figlio Julio che ama il basket.
Amo il jazz, la musica strumentale e le canzoni italiane degli anni ‘60, ‘70 e ‘80, come quelle interpretate da Mina. Ma soprattutto ascolto jazz e bossa nova, perché mio padre ne era innamorato.
Sempre apprezzato per la sua eleganza, il nobile tessuto vive una nuova giovinezza grazie a lavorazioni innovative e audaci abbinamenti con metalli e bre naturali. Una scelta perfetta per riscaldare i mesi invernali
di Valentina PepeRaffinato e morbido, il velluto è senza dubbio sinonimo di eleganza, capace di riportare alla mente antichi sfarzi e di regalare un’immediata sensazione di confort. Da qualche anno ormai, questo tessuto dai bagliori lucenti può vantare un ritorno in grande stile e secondo gli ultimi studi sulle tendenze tessili, sarà ancora protagonista della moda per le prossime stagioni. Il velluto è ottenuto grazie a un complesso processo di tessitura, applicato a qualsiasi fibra naturale, che gli conferisce il suo aspetto unico: un lato opaco e liscio e l’altro brillante, formato da peli molto corti e aderenti. Tante le declinazioni, da quello a coste al velluto devoré, del velluto froissé al velluto damascato, fino al velveton e al jacquard. La straordinaria morbidezza del velluto ha ormai sdoganato anche la stagionalità, se infatti è indubbiamente più adatto ai mesi più freddi, viene ormai utilizzato anche d’estate. Il velluto è sempre stato legato al mondo dell’arredamento e della decorazione d’interni, ma oggi grazie a nuove lavorazioni e goffrature cambia
La poltrona Lipp, disegnata da Piero Lissoni per Living Divani, fa parte di una collezione di sedute che reinterpreta la pregiata lavorazione capitonné con lo spirito geometrico contemporaneo.
personalità e risulta sofisticato. Nel design, grazie alla versatilità, è ampiamente usato per rivestire elementi d’arredo, come Twils e Poltronova lo utilizzano nelle nuance più calde come il rosso ciliegia, perfette sotto le feste natalizie. Versace Home, Fendi Casa (che ha anticipato la tendenza già durante il Salone del Mobile 2019) e Living Divani optano invece per le tonalità più fredde come il blu notte, il verde bottiglia e il verde acido, sfumature “passepartout” anche nei mesi caldi, magari abbinati a tessuti naturali come il lino grezzo e il cotone. Il velluto è tornato protagonista non
IN ALTO
Chaise longue della collezione Revival di Twils, in uno stile sobriamente retrò.
A SINISTRA
La sedia da pranzo Bilou Bilou, disegnata da Romeo Sozzi per Promemoria, si ispira alla celebre Thonet da caffè.
A DESTRA Paravento di Opera Contemporary, brand lanciato nel 2010 da Angelo Cappellini.
Poltrona della collezione Back Home rmata da Cristina Celestino per Fendi Casa, che reinterpreta l’iconico pattern Pequin creato dalla naison nel 1987.
SOTTO
La so sticata collezione Virtus di Versace Home con i vari pezzi di design caratterizzati dal simbolo della V barocca.
La poltrone in velluto di Braddu sono un classico: lussuose e invitanti.
solo per divani e poltrone, ma per tutti gli imbottiti dall’anima sontuosa come cuscini, pouf o per rivestimenti inusuali di specchi e paraventi come Mascha di Opera Contemporary, in contrasto con struttura in ottone spazzolato per emanare un’atmosfera cool contemporanea. Inutile dire che il velluto oltre che un must di stagione, è sempre sinonimo di eleganza e raffinatezza, una scelta che non delude e che dura nel tempo, fuori da ogni moda passeggera.
Ambienti so sticati, grande attenzione ai particolari, architetti ispirati al design della scuola meneghina. E un’atmosfera che sotto la grande Cupola dona una sensazione di intimità, in un ambiente di grande charme. Sotto le feste poi la magia si moltiplica, grazie a luci, neve e un esercito di babbi Natale…
Fulcro delle feste a Milano, la Galleria Vittorio Emanuele II accende luminarie, alberi di Natale fatti di pietre preziose, insegne dei negozi chic. Tra le immagini più amate e ricercate da milanesi e turisti, la facciata del Park Hyatt Milano, icona dell’ospitalità 5 stelle lusso dalla vocazione cosmopolita. È proprio qui infatti che tradizione vuole si festeggi il Natale in maniera molto creativa, con il party glamour di metà dicembre alla baita di legno con neve e slitta, fino all’appuntamento per i più piccoli della Vigilia, con la squadra dei babbi Natale che arrivano da Firenze. Con il suo ingresso sulla riservata via Tommaso Grossi, l’hotel è uno dei simboli della città, a due passi dal Duomo, dalla sede della Borsa e del distretto finanziario, dalle boutique del quadrilatero, in posizione strategica per chi si muove per viaggi d’affari, moda e design. Progettato dall’architetto Ed Tuttle all’interno di un palazzo classico ottocentesco, fin dall’apertura, nel 2003, Park Hyatt Milano è l’emblema di una contemporaneità e di un lusso sofisticato. Le 106 camere e suite, completamente rinnovate nel 2021 per offrire un’esperienza sempre più personalizzata, valorizzano gli originali dettagli di architettura e design tipici della scuola milanese.
Da sempre luogo d’incontro e di scambio per uomini d’affari, creativi, viaggiatori, le aree comuni ospitano il ristorante gastronomico Pellico 3; il Mio Lab bar, per il rito dell’aperitivo; La Cupola Lobby Lounge, cuore nevralgico della vita dell’hotel, dalle colazioni alla cena. Entrando dall’ingresso principale, l’ampio ambiente colpisce per la luce naturale proveniente dalla cupola di vetro. Un’importante struttura alta nove metri che dona all’ambiente
SOTTO
L’allestimento, molto ammirato da turisti e milanesi, che durante le feste ricrea un clima natalizio e gioioso.
A SINISTRA
Il palazzo che ora ospita il Park Hyatt Milano fu costruito fra il 1874 e il 1875, insieme con la Galleria Vittorio Emanuele II.
luminosità e un senso di accoglienza immediato. Per chi desideri provare l’innegabile ospitalità dell’albergo, basta sedersi a uno dei tavolini o al bel bancone del Mio Lab & Dehors, punto di riferimento in città per l’arte della mixology. Dai suoi spazi si diffonde ogni sera un ritmo vibrante scandito dalla gestualità dei barman, intenti a eseguire grandi classici o la variazione estrosa dei signature cocktail. Una selezione di assaggi, creati ad hoc, accompagna i drink, dalle 17 alle 24. Di grande emozione gastronomica la cena al Pellico 3 Milano, riprogettato nel 2022 da Flaviano Capriotti
Architetti Studio e guidato dal giovane ed eclettico executive chef Guido Paternollo, che esplora e sviluppa un concetto di assoluta leggerezza ed equilibrio. Un luogo dove cucina e stagionalità vanno di pari passo, aperto dal martedì al sabato dalle 19 alle 22.
DALL’ALTO
Il ristorante Pellico, un piatto dello chef Guido Paternollo e il Mio Lab, il regno della mixology.
NELLA PAGINA
A SINISTRA
La grande cupola che illumina la lobby.
La cura degli ospiti è speciale anche alla Spa Aqvam, con i trattamenti innovativi 111Skin, il luxury skincare brand londinese che pone grande attenzione al processo di invecchiamento e un approccio olistico alla bellezza. Stanze e suite (25, di diverse dimensioni e categorie) sono state progettate per regalare il massimo comfort. Ispirati dall’estetica meneghina, gli architetti hanno sviluppato una palette di tonalità cromatiche che riprendono i colori della città e in particolare del Duomo. Pavimentazioni in rovere chiaro e pareti color vaniglia conferiscono nuova luce agli ambienti. Elementi di design contemporaneo vengono combinati a linee più classiche, in una perfetta sintesi tra innovazione e tradizione. La sala da bagno rispecchia il lusso discreto che distingue l’albergo, ed è ampia quanto il resto della camera, dotata di ogni comfort. Il risultato è un design dal fascino senza tempo capace di trasmettere calore e un benessere senza pari Susanna Tanzi
La Jacuzzi della Spa e una stanza dell’hotel. Lo staff, attento a ogni esigenza, è guidato con passione dal direttore Simone Giorgi.
Più che mobili-bar da casa, veri pezzi da collezione. Che fanno la differenza in quanto a stile, materiali pregiati e cura dei particolari.
Preziosi, inimitabili, a tiratura limitata, nascondono anche funzioni inedite. Per un servizio di eccellenza, nel segno della mixology
Un pezzo da collezione per gli amanti dell’arte. Questo mobilebar è una limited edition interamente ricoperta da più di 1.000 triangoli di porcellana dipinti a mano dai maestri artigiani di Vista Alegre, pluripremiato marchio portoghese di porcellane di lusso, che hanno richiesto oltre 500 ore di lavoro. Da €54.000
Il mobile Diamante è un vero e proprio gioiello di design.
Le ante sono rivestite in vetrite e l’apertura telecomandata è la chicca che assicura un effetto sbalorditivo.
€68.600
COSMOPOLITAN - Arcahorn
Sintesi perfetta tra estetica raf nata ed elevati standard qualitativi, il mobile in ebano Makassar con nitura lucida poggia su una base in ottone placcato oro 24k ed è arricchito da eleganti maniglie in corno naturale e ottone placcato oro 24k. L’interno è accessoriato anche con un mini-frigo. Prezzo su richiesta.
Non solo per conservare bottiglie pregiate: Stargate è composto da una parte centrale dietro le ante scorrevoli dove custodire gli alcolici e l’attrezzatura da bar e mensole illuminate a led tutt’intorno per esporre oggetti e libri. Prezzo su richiesta.
Disegnato da Chi Wing Lo e ispirato agli anni ‘50, è disponibile in versione cilindrica o a due ante. Ri nito in noce Canaletto con interni in sicomoro Frisè tinto bianco o decorati foglia oro, è allestito con vassoi girevoli e regolabili, piani di cristallo e luci led. Prezzo su richiesta.
Legno laccato nero e ottone lucido, la credenza è un complemento d’arredo esclusivo ispirato allo stile Memphis. Da €18.000.
La madia a due ante battenti è declinata nelle versioni in legno, cristallo e supermarmo, con all’interno lo schienale specchiato e ripiani in cristallo. Piedini decorativi e maniglie si possono personalizzare. Da €2.700.
Per riscoprire il rito del cocktail, l’elegante mobile bar su ruote disegnato da Jean-Marie Massaud è rivestito in cuoio Saddle con apertura a libro, maniglia esterna e chiusure a scatto. Fascino intramontabile e design vintage per un tocco retrò. Prezzo su richiesta.
Un mobile bar stile baule del ‘900 ma iperaccessoriato. Rivestito in cuoietto ed ecopelle, all’interno non mancano un minifrigo, porta bicchieri, cassetto per alloggiare i sigari e luci a led per preparare le bevande. Prezzo su richiesta.
Grazie alle sfumature di grigio e bianco, questi elementi sono una elegante soluzione, che nulla toglie alla luce di Marni Elyse Katz
L’architetto ucraino Victoria Yakusha, che ha fondato la sua linea di mobili nel 2014, considera i vasi Plyn come ritratti dell’acqua realizzati in vetro. Il Big Duo (secondo da sinistra), una delle cinque forme della serie, presenta due colli che evocano masse d’acqua che si fondono. Il vetro fumé, che varia da traslucido a opaco, è realizzato con un’antica tecnica ucraina chiamata gutnytstvo; viene sof ato e modellato manualmente anziché con stampi, per cui ogni vaso è unico. Circa € 760
Askew, Slash Objects
Sebbene la designer di Brooklyn Arielle Assouline-Lichten descriva il tavolino Askew come un’esplorazione dell’equilibrio, il pezzo parla anche del concetto di solidità contro quello di permeabilità. A prima vista, sembra che il cubo di marmo nero rialzato sia passato direttamente attraverso la base di acciaio annerito (può essere un fantastico appoggio per degustare un bicchiere di Borgogna a ne pasto). Il fatto che la costruzione minimalista sembri architettonica non è una sorpresa: Assouline-Lichten ha studiato architettura alla Graduate School of Design di Harvard. € 7.450
Bubbly 01, Rosie Li
In eguale misura scultura e fonte In eguale misura scultura e fonte di luce, le applique di Rosie Li valorizzerebbero una stanza anche se non fossero illuminate (ma Li ha lavorato da Roll & Hill, azienda che produce luci di designer come Lindsey Adelman, prima di mettersi in proprio). La natura è il catalizzatore di gran parte del suo lavoro e queste applique non fanno eccezione: si ispirano alle bolle di sapone e all’ematite botrioidale, ovvero a lucidi ammassi neri di ossido di ferro. In bronzo oliato, assomigliano decisamente al minerale. € 1.500 ciascuna
Per celebrare il 150° anniversario, il produttore danese di mobili ha scavato nel suo archivio per rieditare alcuni modelli iconici, che ha impreziosito con dettagli attuali. Tra questi, la sedia Egg di Arne Jacobsen. La seduta sinuosa e con grande schienale presenta una base nera rivestita in pvd e un rivestimento esclusivo chiamato Vanir di Raf Simons per Kvadrat. Lo stilista belga e collaboratore di Prada ha creato il ricco tessuto in misto lana ispirandosi alle storiche giacche militari.
Con l’aumento della popolarità dello Shou Sugi Ban (si veda il centro benessere negli Hamptons che prende il nome dall’antica pratica giapponese di bruciare il legno per conservarlo e gli oltre 120mila post su Instagram con l’hashtag corrispondente), era solo questione di tempo prima che si in ltrasse anche negli interni. Il tavolino Reef V3 di Edizione Limitata è realizzato con tavole di cedro bruciate in forme curve che sostengono un piano scolpito. La mano dell’autore è evidente nella forma irregolare della super cie e nelle venature e texture naturali del materiale. La factory milanese, guidata da Simone Fanciullacci, realizzerà una serie limitata di 150 pezzi completi di targhetta rmata e numerata. Circa € 8.500
L’antico sapere artigianale ispira da sempre le creazioni di Iris Ceramica, che con Bottega d’Arte inaugura un percorso ancora più eslusivo, ispirato al movimento Arts and Crafts di William Morris
Si chiama Bottega d’Arte ed è il nuovo progetto haute couture di Iris Ceramica. Una collezione di rivestimenti d’alta gamma, che recupera il valore intrinseco ed estetico dell’antico saper fare artigianale applicato alla lavorazione dell’argilla rossa, materiale identitario nella storia dell’azienda, fondata nel 1961 e diventata leader mondiale nel design, produzione e distribuzione di prodotti in ceramica e grès porcellanato di altissima qualità destinati ad architetture residenziali,
commerciali, industriali. Bottega d’Arte - che nel nome rimanda intenzionalmente alla filosofia degli atelier rinascimentali - si propone di riscrivere i codici del “fatto a mano” per inedite soluzioni di rivestimento, coniugando il pensiero artistico e il know-how dei processi di lavoro manifatturieri con la lunga sperimentazione sulla materia e il patrimonio di esperienze tecnologico-industriali del brand. Perché le conoscenze artigianali trasmesse da maestro ad allievo non sono ferme e codificate, ma evolvono nel tempo intercettando le evoluzioni della tecnologia. Insomma: heritage in progress e innovazione con profonde radici nella tradizione.
Il risultato? “Un abito pregiato per gli ambienti dal valore di opera d’arte”. Così, nel corso dell’ultima edizione della Milano Design Week, è stato presentato in anteprima il nuovo progetto di Terracotte
griffato Bottega d’arte, una proposta di superfici in pasta rossa. Un unico formato 15x15 centimetri in cinque finiture, declinate su tre grandi famiglie cromatiche dal touch contemporaneo: naturale, che esalta l’opacità dei colori e le sfumature con qualità satinate; lucida e riflettente, capace di orchestrare effetti morbidi e brillanti; lustrata, ricca di riflessi iridescenti madreperlacei, che illuminano la materia con tocchi vividi e lucenti. Il progetto attinge dall’insegnamento del movimento Arts and Crafts di William Morris, che nell’Inghilterra di fine Ottocento si è battuto per dare alle cosiddette arti minori la stessa dignità delle belle arti. Ma Bottega d’Arte sottende anche qualche cosa di più. La terra rossa, materiale naturale a chilometro zero, lavorato attraverso il saper fare creativo e
il know how industriale, diviene ceramica sostenibile.
Un valore distintivo per l’azienda che, come brand parte di Iris Ceramica Group, può avvalersi delle soluzioni tecnologiche studiate dal Gruppo e di un sistema produttivo all’avanguardia, grazie a un team R&D da sempre impegnato nella ricerca per ridurre l’impatto ambientale. Beba Marsano
A SINISTRA E SOTTO
Le Terracotte di Bottega d’Arte, in un unico formato e cinque niture.
PAGINA A FIANCO Lo showroom della linea d’alta gamma di Iris Ceramica.
San Giovanni Battista, olio su tavola, 1495.
A
SINISTRAIl pannello centrale del Trittico del Giardino delle delizie, olio su tela, 1500 circa.
Bizzarro, geniale, di immensa cultura, ha sovvertito tutte le regole del suo tempo. Con grande ironia, ha messo in scena i con itti dell’uomo davanti alle imposizioni morali della religione, alla caduta nel vizio e a un destino infernale. E per no la psicanalisi ha cercato di interpretare le sue opere visionarie
di Beba MarsanoFu il vero outsider del suo tempo.
Anticlassico fino al midollo, se per classico si intende un cultore di quelle belle forme, appannaggio del nostro Rinascimento. Alle regole dell’armonia e della ragione, Hieronymus Bosch pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon van Aken (1453-1516), preferì l’arbitrio dell’istinto, la deformità come emblema delle poliedriche facce del male, che mise in scena in dipinti brulicanti di figurine ironiche e grottesche, cariche di significati multipli, dalle profondità inafferrabili. È con tutto il suo mistero, la sua forza d’attrazione, la sua ricchezza immaginifica, che la pittura dell’artista olandese è a Palazzo Reale di Milano fino al 12 marzo, protagonista di una retrospettiva d’ampio respiro, forte di prestigiosi prestiti internazionali: Hieronymus Bosch e un altro Rinascimento
Occasione imperdibile per osservare da vicino quelle visioni dettagliatissime cui guardarono, con stupore, curiosità e ammirazione, contemporanei e non. Da Pieter Brueghel il Vecchio ai surrealisti: Salvador Dalí, Max Ernst, Yves Tanguy. Rock compreso. Per la copertina del loro terzo album (Deep Purple III) i Deep Purple scelsero L’inferno musicale, dettaglio del Giardino delle delizie oggi al Prado di Madrid.
IN ALTO
Elefante da battaglia, olio su tela, 1500-1549.
Le tentazioni di sant’Antonio, olio su tavola, 1500-1525.
Maliziosi satanassi, creature demoniache, uomini-mostri, germinazioni fantastiche affollano i mondi di Bosch, deliranti fino all’allucinazione, ma, in fondo, parabole illustrate sull’eterna lotta tra bene e male, vizio e virtù. Sopravvive in lui, forse il più grande indipendente nella storia dell’arte, l’antica paura dell’uomo medievale al pensiero del castigo divino, della dannazione eterna, dell’inferno. Che la sua sfrenata fantasia immagina compiaciuta come un repertorio esilarante di tormenti. Nel Trittico
La visione di Tundalo, olio su tavola, 1490-1525.
A SINISTRA
Carro di eno (Tribolazioni della vita umana), arazzo ammingo ispirato al lavoro di Hieronymus Bosch, 1550-1570.
del Giudizio di Vienna gli inferi sono un’immensa, disordinata, assordante cucina, dove tra i dannati c’è chi viene spadellato, chi infilzato, chi invece triturato come una polpetta.
Artista bizzarro, geniale, di immensa e raffinata cultura, Bosch attinse da un’infinità di fonti: testi di alchimia e astrologia, libri dei sogni, i tarocchi, le correnti mistiche del suo tempo.
Irriducibile estimatore dei suoi lavori fu Filippo II di Spagna, che ne fece man bassa tanto da lasciare al suo Paese il più alto numero di opere al mondo. In Italia ce ne sono tre, tutte conservate alle Gallerie dell’Accademia a Venezia, città dove si suppone che a inizio Cinquecento il pittore dell’Antirinascimento sia passato.
Offrire mostre digitali multisensoriali grazie al supporto delle più innovative soluzioni tecnologiche. Ammaliando e incuriosendo anche chi non è un appassionato. Prossima tappa per la startup torinese Next Exhibition, una produzione mondiale.
Dove tutti potranno rivivere la Pompei di 2000 anni fa
SOPRA
Roberto Indiano, fondatore e presidente di Next Exhibition.
A SINISTRA
La mostra Frida KahloThrough the lens of Nickolas Muray prodotta dalla startup torinese.
Un’esperienza immersiva, realizzata tramite la tecnica del video mapping.
A DESTRA
La mostra Andy Warhol Super Pop - Through the lens of Fred W. McDarrah
gli scettici dico di pensare al successo di fenomeni quali metaverso e Second Life: la realtà virtuale sarà presto più vera del reale”. Non ha dubbi Roberto Indiano, fondatore e presidente della torinese Next Exhibition, società di produzione di mostre esperienziali: oltre cento progetti all’attivo dal 2015, esportati in 12 paesi nel mondo per il diletto di oltre tre milioni e mezzo di spettatori. Kolossal immersivi nella vita di Frida Kahlo o dentro quei capolavori di passione e colore che hanno reso universale la pittura di Claude Monet e Vincent Van Gogh. Rassegna, quest’ultima, “che in sei mesi nella sola Londra ha totalizzato 400mila visitatori”, dice il manager, a conferma di un mercato in cambiamento e progressiva evoluzione. “La pandemia ha accelerato quel
processo di innovazione che stava già cambiando il mondo delle mostre, dei musei, delle esposizioni e della cultura in generale”.
L’obiettivo di Next Exhibition?
“Creare e trasmettere emozioni con il supporto delle più coinvolgenti soluzioni tecnologiche e digitali”. A metà strada tra spettacolo e divulgazione, questa nuova forma di intrattenimento può, secondo Indiano, offrire anche nuovi stimoli alla conoscenza ed essere di servizio all’arte stessa. “Molti si sono innamorati degli impressionisti o di Van Gogh proprio grazie alla suggestione delle nostre produzioni, punto di partenza per approfondimenti individuali, che hanno portato chi non lo aveva mai fatto prima a visitare musei e mostre tradizionali”.
Adesso Next Exhibition - che si avvale di un comitato scientifico cui appartengono anche storici dell’arte - ha fatto un passo ancora
più avanti, passando dal multimediale alla prima produzione mondiale interamente multisensoriale: Pompei, a Washington fino al luglio 2023. Un viaggio a ritroso di duemila anni nella vita quotidiana della città romana, per l’illusione di vivere in presa diretta il disastro più celebre della storia e provare il brivido dell’eruzione del Vesuvio come se avvenisse lì, in quel momento. Sentire l’odore di zolfo, avvertire la terra che trema sotto i piedi, vedere il fiume di lava che, progressivo, inesorabile, sommerge strade, case, templi. Tutto grazie al video mapping e ad avanzatissimi effetti speciali. “Sfruttando la potenza tecnologicodigitale arriviamo a essere sempre
più in sintonia con il linguaggio emozionale della contemporaneità, dato che il nostro target è costituito al 45% da giovani al di sotto dei 25 anni”, dice Indiano. Che sogna una mega struttura nel cuore di Londra, magari a Piccadilly, per un percorso immersivo ad altissimo tasso spettacolare, con un’ultima stanza in cui esporre un nucleo di opere autentiche. Un gioco di specchi in cui la realtà virtuale diventa, a sorpresa, reale. Beba Marsano
Un modo innovativo di vivere l’ospitalità, capace di coniugare un appartamento con i servizi personalizzati dell’hotel. A South Kensington af tto e accoglienza sono sinonimi, grazie a un club esclusivo, spazi di coworking, senza trascurare benessere e cene gourmet
I Club Flats, da una a tre camere da letto, sono completi di cucina e soggiorno.
SOPRA
The Owl & Monkey, il cocktail bar di The Other House, sta già animando la scena di South Kensington.
The Other House ha recentemente aperto le sue porte a South Kensington, riscrivendo e ridefinendo le regole e il mercato dell’accoglienza contemporanea. Il progetto lancia un nuovo settore di Residents Club, fondendo la vita residenziale con le strutture del club. Attraverso i servizi su misura, che possono essere prenotati tramite l’app The Other House, gli ospiti possono modulare il soggiorno, per un giorno o un anno. Il Club Privato, aperto a tutti i residenti e a un elenco selezionato di membri esterni, comprende 11 townhouse, precedentemente sede dell’Harrington Hall Hotel. Recentemente ristrutturate, ospitano i Club Flats, da una a tre camere da letto, completi di cucina e soggiorno. Molto interessanti gli spazi comuni tra cui il bar, aperto tutto il giorno, e The Other Kitchen, con il menu ideato dal più giovane chef stellato Michelin di Londra, Asimakis Chaniotis e dal capo chef Gary White. Inoltre la struttura comprende
una lounge, una sala proiezioni, uno spazio di coworking e un’area benessere con palestra all’avanguardia, piscina interna, sauna e bagno turco. Lanciata nel 2019, The Other House è una partnership di joint venture tra London Central Portfolio, leader nella consulenza per gli investimenti immobiliari a Prime Central London e APG, il più grande fornitore di servizi pensionistici dei Paesi Bassi. The Other House ha acquisito anche una seconda location che farà il suo debutto a Covent Garden nella primavera 2024. Un sito storico, composto da sette edifici, ora in fase di ristrutturazione. Ulteriori acquisizioni sono in corso nel centro di Londra e a livello internazionale e saranno svelate in futuro. Valentina Pepe
Il ristorante The Other Kitchen, aperto anche ai non residenti, è un perfetto equilibrio tra informalità e glamour.
SOPRA
Uno dei 200 appartamenti, i Club Flats.
Mantenere la memoria dei luoghi, innervandoli di contemporaneità. Esaltare il patrimonio culturale degli immobili, offrendo ambienti freschi e dallo stile contemporaneo. Fare dialogare la storia con la domotica. È un equilibrio impegnativo ma possibile, quello che cerca (e ottiene) Altus Lifestyle, società internazionale di real estate con sede a Firenze, che si occupa di
riqualificare strutture storiche, dando vita a sviluppi immobiliari di grande pregio. Come quello che nel capoluogo toscano ha interessato un edificio appartenuto alla famiglia Kraft.
L’immobile è in prossimità della riva destra del fiume Arno e nelle immediate vicinanze di Piazza Ognissanti e del Lungarno Amerigo Vespucci, di fronte all’Hotel di lusso St. Regis. La data di costruzione è incerta e verosimilmente si colloca
Nel palazzo che fu della famiglia Kraft, nella parte occidentale del centro storico della città, sono in vendita cinque ampi appartamenti di 270 mq. Curati in ogni dettaglio, in un raf nato minimalismo
Realizzati con ampio utilizzo di materiali di pregio, i cinque appartamenti del palazzo di via Montebello a Firenze sono composti da cucina, dining, living, 3 camere e 4 bagni e un ampio ripostiglio.
tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.
Altus Lifestyle si è occupata di tutte le fasi del progetto, dall’acquisizione dell’edificio alla progettazione degli spazi, dalla realizzazione dei lavori fino all’arredo e alla scelta dei tessuti. Si arriva persino al marchio Altus negli asciugamani nei bagni e sulle posate in cucina. Quando si dice consegna “chiavi in mano”.
Il Palazzo è costituito da cinque appartamenti di 270 metri quadri composti da cucina, dining , living, tre camere e quattro bagni e un ampio ripostiglio. Luminosi e arricchiti da 12 ampie finestre sono tutti in un uno stile che toglie piuttosto che aggiungere, alla ricerca di un minimalismo che non è pauperismo né asetticità ma semplicità, l’ultima delle raffinatezze . P.T.
L’ultima
Sin dalla sua nascita nel 1895, il calzaturificio parigino Berluti è celebre per avere saputo bilanciare la tradizione artigianale classica con uno stile irriverente. Alessandro Berluti, il fondatore del marchio, si è affermato grazie a una Oxford Wholecut elegantemente scolpita con cuciture minime, un design straordinariamente moderno per la fine del XIX secolo. Quasi 100 anni dopo, i discendenti hanno sviluppato un metodo di tintura del pellame non convenzionale, in grado di produrre colorazioni intense e patine decorative, creando
calzature che spiccano in un mare di sobri marroni e neri. Oggi il marchio è riuscito a canalizzare questo spirito ribelle in un design che sfida le convenzioni della moda: una sneaker che sfrutta tutte le conoscenze tecniche utilizzate per le sue scarpe eleganti. Si chiama Play-Off, si ispira alle scarpe da basket e, pur non essendo la prima di Berluti, è la più sportiva del brand. Anche grazie al look decisamente casual, mantiene un’eleganza informale, che non tradisce gli intenti iniziali. Le calzature sono realizzate a mano nello stesso laboratorio italiano dal quale escono tutti gli articoli di pelletteria della maison, dagli stivali su misura alle valigie.
Vecchia scuola e alta tecnologia si incontrano nello stabilimento fuori Venezia, ed entrambe giocano un ruolo cruciale nella fabbricazione della Play-Off. Kareem Rashed
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La forma, innanzitutto Come per ogni calzatura di pregio, la costruzione inizia da un modello di legno intagliato a mano. Alessandro Berluti nasce come ebanista, quindi particolarmente abile con il legno. Una competenza di cui l’azienda va era ancora oggi.
Il team di progettazione di Berluti a Parigi crea uno schizzo che il laboratorio italiano ha il compito di trasformare in un modello tridimensionale, tenendo conto di ogni dettaglio tecnico e criticità strutturale. Pur con il supporto fornito a questo processo dalla tecnologia Cad, alla ne è l’occhio del modellista a decidere.
I colori straordinariamente vivaci, marchio di fabbrica di Berluti, richiedono un pellame speciale, una pelle di vitello pieno ore che viene conciata singolarmente a mano anziché in massa in barili, il che la rende più dura e meno permeabile alle tinture.
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Ciascun pellame viene analizzato per identi care eventuali difetti e il modello viene tagliato in modo strategico per ridurre al minimo lo spreco di materiale prezioso. Per un paio di sneaker sono necessari 80 pezzi, tutti tagliati dallo stesso pellame per evitare discrepanze tra la scarpa destra e quella sinistra.
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Per mantenere le linee eleganti del design, i bordi in cui si incontrano due pezzi di pelle devono essere estremamente sottili, altrimenti le cuciture risulterebbero molto più voluminose. Per ottenere questo effetto, ciascuno degli 80 pezzi della tomaia viene lavorato con una macchina raschiatrice, che appiattisce la pelle no a renderla sottile come un foglio di carta ma ancora estremamente resistente.
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Poiché le cuciture sono sia un elemento di design sia un requisito strutturale, viene prestata grande attenzione all’assemblaggio della tomaia. Alcuni elementi sono cuciti dall’interno verso l’esterno, nascondendo le cuciture, mentre altri sono veri e propri elementi decorativi.
La tomaia e la sua fodera vengono riscaldate per renderle ancora più morbide prima che vengano distese sulla forma. La soletta viene posata sul fondo e la tomaia ssata con la colla prima che il tutto venga martellato a mano per adattarsi alla conformazione del modello.
L’unico elemento che Berluti commissiona all’esterno è la suola in gomma composita della sneaker, prodotta nelle Marche da uno specialista di suole sportive. La suola viene fatta aderire alla soletta e poi cucita lungo il perimetro della scarpa, per garantire una maggiore resistenza e lucentezza.
Ogni tonalità della tavolozza di Berluti viene miscelata su misura, avvalendosi di numerosi pigmenti e ciascuna calzatura completamente assemblata viene dipinta a mano con diversi coloranti per ottenere i ricchi chiaroscuri che contraddistinguono la patina dell’azienda. Una volta completato il processo di verniciatura, che dura più di tre ore, la pelle viene cerata per ottenere una patina lucente (e resistente all’acqua).
Da Maranello non si era mai visto niente di simile: la nuova Purosangue è grande, spaziosa e comoda, ma non rinuncia al V12 dei “Cavallini” d’annata
di Paolo Mangili
Non va chiamato suv, a Maranello non apprezzano. Loro pensano che una Ferrari non possa essere assimilata a nessuna formula utilizzata da altri e non è il caso di inimicarseli. Ad esempio potrebbero relegare chissà dove nella lista d’attesa, che già adesso pare sia lunga un paio d’anni. Questo significa che, suv o no, una buona parte del popolo ferrarista ha votato a favore della Purosangue. Ed è un bel risultato, visto che Luca di Montezemolo non ne voleva neanche sentire parlare. E neppure Sergio Marchionne, all’inizio.
Anche se poi, dopo avere constatato il benefico effetto della Urus sui bilanci della Lamborghini, aveva autorizzato il progetto. Resta il fatto che Purosangue è la Ferrari più grande mai costruita, ha la trazione integrale, un abitacolo nel quale in quattro si sta davvero bene, un bagagliaio degno di questo nome ed è tenuta piuttosto lontana dall’asfalto da cerchi enormi. E comunque le forme modellate e muscolose, come dev’essere per un “Cavallino”, un po’ di attinenze con la coupé Roma ce l’hanno. Un’originalità, che invece hanno poche altre auto come le Rolls Royce, sono le portiere posteriori che si
Davanti, la Purosangue sa un po’ della Roma, ma è lo stile delle Ferrari di ultima generazione. Un plancia così, invece non si era mai vista.
aprono controvento per migliorare l’accessibilità a un abitacolo sontuoso, arredato con pelle, carbonio, materiali tecnici di vario genere e con quattro poltroncine singole che sembrano sedili da corsa e, bisogna riconoscere, tengono gli occupanti un po’ più in basso rispetto ai suv ai quali si è abituati. Anche la plancia è fuori dal coro: conducente e passeggero anteriore hanno a disposizione un monitor a testa e manca quel megaschermo centrale che, dopo essere stato sdoganato dalle Tesla nell’alta società automobilistica, sembra ormai diventato “conditio sine qua non” di tutte le vetture di
nuova progettazione. E siccome era necessario ribadire che la Purosangue, sebbene sia diversa da tutto ciò che è uscito finora da Maranello, resta una vera Ferrari, nel cofano è stata infilata direttamente la leggenda, cioè il 12 cilindri a V che, per la circostanza, ha una cilindrata di 6.500 centimetri cubici e oltre 700 cavalli. 725, Per essere precisi. Quel che basta alla Purosangue per passare i 300 all’ora con una certa nonchalance e per giocarsela nello scatto con le sue consanguinee, infischiandosene del “gap” delle sue tonnellate e passa di peso. Le ultime due pennellate che separano questa Ferrari dal resto del mondo sono una trazione integrale; in realtà, una trazione posteriore che si fa aiutare dalle ruote anteriori quando proprio non ne può fare a meno e una dotazione poco invasiva di sistemi elettronici di supporto alla guida, perché nessun cervello elettronico deve potersi intromettere tra “lei” e chi sta al volante.
Le porte posteriori ad apertura controvento non sono più una prerogativa esclusiva delle Rolls Royce. Per la Purosangue servono almeno 400mila euro.
Rara, raf nata, tecnologica e divertente, attrezzata con tutti i comfort, la citycar elettrica della Honda è costruita con grande attenzione e si colloca un gradino sopra le concorrenti. Anche nel prezzo
Si può considerare l’outsider tra le auto a batterie. Chi vuole darsi un tono può esagerare con le elettriche di prima fascia: Porsche Taycan, Audi e-tron GT e, per quanto la marca americana sia ormai un po’ inflazionata, Tesla Model S. Tutt’al più una Model X, con le porte dietro che si aprono come le ali di un gabbiano, se si preferisce cavalcare ancora la moda del suv. Ma con 100mila euro o più, sono capaci tutti di fare bella figura. In alternativa, all’orizzonte delle “emissioni zero” si annidano nugoli di vetture efficienti, efficaci e meno dispendiose ma non esattamente eccitanti. A parte la Honda e.
Non ci si aspetti di incrociarne una per capire se piace, perché in giro ce ne sono pochissime: conviene saltare su un taxi e andare a scoprirla in una concessionaria. Questa rarità non è dovuta a carenze tecniche - non sarebbe da Honda - o perché non sia bella. Anzi. Ai profani fa simpatia per come è disegnata, mentre chi è un po’ più appassionato si gode i richiami ad alcuni modelli della casa giapponese degli anni ‘60 e ‘70. Il vero e unico limite (o il pregio) della Honda e è che è una city-car da 40mila euro: un prezzo non invitante rispetto alle concorrenti. E non sarebbe neppure possibile farne un utilizzo diverso, perché è stata volutamente concepita con
una batteria piccola, che si ricarica in fretta ma non è compatibile con impegni extracittadini. Diciamo che con un pieno si possono inanellare circa 200 km. Se va bene. Ma sono chilometri di divertimento puro, grazie al motore e trazione posteriori e più di 150 cv. Questo significa che ai semafori fa un figurone, scatta come un fulmine e con meno di 4 metri di lunghezza si infila dove la maggior parte della altre auto dà forfait. E non obbliga neppure a barattare l’agilità con il comfort, perché le sospensioni lavorano come quelle di una berlina di altra levatura su binari del tram, buche e “sanpietrini”. Anche da fermi, però, c’è di che
sorridere di felicità. Il ponte di comando della Honda e è assolutamente spettacolare, disseminato di schermi. Cinque per l’esattezza, che si attivano appena viene premuto lo “start”. Quello grande posizionato davanti a chi guida trasmette ciò che serve sul funzionamento dell'auto. Come un cruscotto normale, ma più intrigante. Altri due di dimensioni abbondanti sono uno ancora per il conducente e l’altro, quasi speculare, per il passeggero. E su questi si possono avere la mappa del “navi” o i riferimenti delle funzioni di intrattenimento musicale, proiettare le foto di famiglia o altro ancora
e miscelare variamente le videate sfogliandole come se fossero le pagine del tablet. E c’è anche una presa hdmi sulla consolle centrale per vedere le immagini trasmesse da un device esterno. Agli estremi sinistro e destro della plancia, a uso e consumo di chi guida, ci sono poi gli ultimi due piccoli schermi che riportano le immagini delle telecamere montate al posto dei retrovisori esterni.
Al di là di questo, l’interno della Honda fa sentire a casa, perché è allestito con materiali e rivestimenti che arrivano dall'industria dell'arredamento.
A cominciare dai pannelli in legno.
Il raggio d’azione della Honda e è limitato dalle dimensioni della batteria, che però ha il pregio di ricaricarsi in fretta.
Che proprio legno non è, ma ha un effetto caldo e accogliente come non si è abituati a percepire su un’utilitaria. E dentro si sta bene anche in quattro, ma siccome i miracoli non li fanno nemmeno in Giappone, il bagagliaio è poca cosa. Questo, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, rappresenta un altro deterrente per sconsigliare gite lunghe e conviviali. Il vantaggio, ma ne abbiamo già accennato, è che se ci si imbatte in una colonnina di rifornimento abbastanza veloce - quelle da 50 kW sono ideali - in mezz’ora si torna all’80% della carica. Per girare la città, basta e avanza. Paolo Mangili
A lungo considerato “un’utilitaria dei cieli”, il turboelica convince un target giovane.
E si trasforma in aereo di lusso
azienda brasiliana Embraer ha fatto parlare di sé la scorsa estate quando ha illustrato la propria visione del futuro, una visione che unisce il nuovo e l’audace con il “vecchio”: i turboelica. Embraer, infatti, ritiene che il suo Next Generation (Tpng) sia destinato a far esplodere il trasporto aereo regionale nei prossimi 20 anni, con un design che prevede motori montati a poppa per garantire una maggiore silenziosità della cabina rispetto ai concorrenti e una migliore efficienza dei consumi. Sebbene inizialmente destinato al mercato commerciale, il Next Generation è un buon esempio di come la nuova generazione di turboelica si stia differenziando dagli obsoleti e
ultrapratici blade-spinner di un tempo, affermandosi rapidamente come mezzo di lusso e tecnologicamente avanzato, in grado di competere con i jet di piccole e medie dimensioni. “La storia dei turboelica ha visto un mix di utilizzi privati e aziendali”, dice Philippe de Segovia, direttore marketing di Daher, società che ha recentemente presentato il Tbm 960. “Assistiamo a un interesse crescente da parte di persone coinvolte in ritardi e cancellazioni delle compagnie aeree, o che non vogliono essere costrette a stare in spazi ristretti con altri, o hanno l’esigenza di raggiungere velocemente determinate località per appuntamenti senza spendere troppo”.
L’evoluzione deriva da un cambiamento generazionale, poiché i giovani sotto i 40
WINGSanni guardano al mercato con una maggiore attenzione sia alla convenienza sia alla sostenibilità. “Un turboelica sembra antiquato, mentre un jet è cool e più moderno”, prosegue De Segovia, “ma le nuove generazioni sono meno interessate all’apparenza e, in fin dei conti, mirano all’efficienza”. In Beechcraft, produttore di turboeliche con 90 anni di storia alle spalle, questo trend ha portato a una rielaborazione del suo celebre King Air, che ha preso il volo per la prima volta nel 1964. Christi Tannahill, vicepresidente senior del reparto customer experience presso Textron Aviation, la società che controlla Beechcraft, sottolinea che i modelli più recenti, come il King Air 360 e 260, non sono più così economici come quelli delle generazioni precedenti. “Le finiture e l’estetica sono drasticamente migliorate”, afferma, sottolineando che gli aggiornamenti sono stati ispirati dai Suv di lusso. Ciò implica arredi rimodellati, piani di lavoro estraibili, stazioni di ricarica Usb e miglioramento nei materiali. Dettagli come i porta bicchieri illuminati e l’illuminazione a foro stenopeico lungo le pareti laterali sono il tipo di dettagli che non si sarebbero mai visti nei turboelica del passato. Ma ora il lusso va di moda. “Tutto, dai sedili agli ampi
finestrini, all’illuminazione d’atmosfera e alle pareti laterali rimodellate, è stato rielaborato per creare più spazio nel complesso”, puntualizza Tannahill. Dal punto di vista tecnologico, Beechcraft ha introdotto l’auto-throttle e la pressurizzazione digitale per ridurre la pressione in cabina e garantire un volo più confortevole. Il King Air 360 da 11 posti viaggia a 577 km/h con un’autonomia di 1.806 miglia nautiche, e il 260 da nove posti raggiunge quasi le stesse prestazioni. Anche se non sono velocità da jet, De Segovia ritiene che i turboelica siano avvantaggiati grazie al minor tempo speso nell’interagire con i sistemi di controllo del traffico aereo; inoltre, poiché questi velivoli sono più efficienti alle medie altitudini, raggiungono le velocità di crociera prima dei jet. E assicura: “Soprattutto negli spazi aerei congestionati, spesso non c’è alcun vantaggio nel volare con un jet”. Il Tbm 960 monoelica di Daher viaggia a più di 550 km/h; la cabina di pilotaggio ha tutto ciò che serve, dal sistema di atterraggio automatico al rilevamento e alla protezione dal ghiaccio. La cabina passeggeri offre caratteristiche simili a quelle di un jet, tra cui l’illuminazione ambientale integrata nella testata e i finestrini oscurabili elettronicamente controllati da un “display per il comfort del passeggero”. E poi ci sono i costi di gestione. De Segovia cita un cliente che vola per circa 500 ore all’anno: dopo essere passato a un turboelica, ha risparmiato 400mila dollari in spese operative rinunciando a pochissimi lussi. “Non c’è paragone tra oggi e 10 anni fa”, dice. “I turboelica sono dotati di comfort per tutti i tipi di passeggeri, e hanno un sacco di fascino”.
“I nuovi turboelica si stanno rapidamente affermando come velivoli di lusso, tecnologicamente avanzati, in grado di competere con i jet di piccole e medie dimensioni”
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A SINISTRA
Louis Vuitton cappotto in lana e seta, €3.250; Paul & Shark maglione di lana, €599; Giorgio Armani pantaloni di lana, €745; Tod’s sneaker in camoscio e nylon, €795.
NELLA PAGINA A FIANCO Bally camicia di lana, €875; Charvet sciarpa di seta, di proprietà dello stilista.
Ralph Lauren Purple Label giacca in pelle scamosciata, €4.995, e pantaloni di lana, €595; Brioni maglione di seta, lana e cashmere, €825; Hermès stivali di pelle, €1.225; Bennett Winch borsa di pelle, €1.600.
Loro Piana giacca di lana, €3.395, dolcevita, €1.150, polo in cashmere, €1.950, e pantaloni, €1.295; Church’s derby in pelle, €1.290.
Bottega Veneta cappotto di lana, €6.000, giacca, €3.700, e pantaloni, €1.850; Boglioli maglione di lana, €725; Hermès cintura di pelle , €720.
Tod’s cardigan in lana, €1.245; Brioni camicia in lana, €795; Jil Sander sciarpa in viscosa, €270.
A DESTRA Gabriela Hearst cappotto in cotone con fodera in cashmere, €4.490; Todd Snyder maglione in lana, €170; Canali pantaloni in lana, €630; Brunello Cucinelli stivali in pelle e lana, €1.295
Hermès maglione in lana e cashmere, €2.325, e cintura in pelle, €720; Caruso pantaloni in lana, €550.
Brunello Cucinelli piumino in cashmere, €7.495, giacca in lana e cashmere, €4.995, pantaloni, €1.795, camicia in denim, €995; Brioni maglione in cashmere e seta, €1.350.
Hermès giacca di montone, €15.100, e pantaloni in cotone, €940; Gabriela Hearst dolcevita in cashmere, €1.090; Ralph Lauren Purple Label cintura in alligatore, €1,895; Giorgio Armani guanti in pelle, €345.
PHOTO DIRECTOR: IRENE OPEZZO
HAIRSTYLIST: EDUARDO BRAVO
MAKEUP ARTIST: VERA DIERCKX
PRODUCER: BALDUR ODDUR BALDURSSON
PHOTO ASSISTANT: KOEN VERNIMMEN
Photographed at Blue Lagoon, Islanda
Cardigan zig zag all-over bicolore in lana (€1.090); pantalone misto lana (€490).
A DESTRA
Pantalone denim interno ammato (€650); giacca camicia maglia telaio in lana (€1.390); felpa cappuccio in jersey tinta unita lo con inserti in maglia (€850)
PAGINA A FIANCO
Cardigan zig zag all-over bicolore in lana (€1.090; pantalone anella lana & cashmere lana (€650); dolcevita intarsio piazzato multipunti in lana cachemire e seta (€650).
La collezione maschile fall winter 22 di Missoni si ispira alle opere di Giulio Turcato, tra i principali esponenti dell’astrattismo informale. Cardigan, rashel e zigzag, le grandi icone della maison, restano protagonisti, ma sotto una nuova luce
Eccellenza nel pensiero, nei modi di fare, nelle parole, nei gesti, in qualunque momento della giornata.
Se avete rinunciato ai pantaloni con le pince, è ora di riconsiderare la vostra scelta. Abbinati con un dolcevita e una giacca in pelle scamosciata, il taglio più ampio diventa decisamente snello.
Montedoro giacca in pelle scamosciata, €1.865; Gabriela Hearst dolcevita in cashmere, €1.090; Loro Piana Pantaloni in velluto, €1.050; Brioni occhiali in acetato, €785; Salvatore Ferragamo cintura in pelle, €475; Crockett & Jones derby in pelle, €670.
Un paio di pantaloni a gamba larga, un comodo giubbotto, una polo che scende morbida sono l’upgrade più facile, e comodo, di stagione
PHOTO DI JANELLE JONES STYLING DI CHARLES W. BUMGARDNER STYLE EDITOR KAREEM RASHEDI pantaloni a gamba larga si prestano a giocare con le proporzioni, per esempio combinando una maglia oversize e stivali con pesanti suole Vibram, con una piccola borsa e un berretto di maglia.
Courrèges giaccacamicia in lana, €890; Of cine Générale camicia chambray, €235; Lemaire pantaloni in cotone, €610; Lock & Co. berretto in cashmere, €190; Hermès borsa in pelle di vitello, €6.750; Viberg stivali in pelle scamosciata, €825.
Il volume dei pantaloni a gamba larga è meglio bilanciato da una vita ben de nita, il che rende essenziale una buona cintura. Da quelle intrecciate a quelle con bbie in ottone, ecco alcune delle migliori di questa stagione.
Salvatore Ferragamo cintura in pelle, €475; Tod’s cintura in pelle scamosciata, €495; Hermès cintura in pelle di vitello, €1.050; Paul Stuart cintura in alligatore , €625; Brunello Cucinelli cintura in pelle intrecciata, €575; Ralph Lauren Cintura in alligatore , €1.895; Maximum Henry Cintura in pelle, €115.
Fatti ispirare da star degli anni ‘40 come Gary Cooper, in lando un comodo maglione in ampi pantaloni di anella, una silhouette classicamente elegante resa moderna nei toni del grigio.
Brunello Cucinelli polo in cashmere, €3.995; Budd camicia, €210; Ami Paris pantaloni in lana, €660; Celine occhiali da sole in acetato, €420; Husbands cintura in pelle verniciata, €215; Manolo Blahnik derby in n pelle scamosciata, €895.
Il classico completo non è mai passato di moda. Al contrario, sta vivendo una ripresa; è il tradizionale accessorio dell’uniforme, la cravatta, a non essere onnipresente come un tempo. Aziende come Goldman Sachs e JP Morgan Chase, baluardi dell’abbigliamento in giacca e cravatta, hanno eliminato l’obbligo di indossarla già prima dell’inizio della pandemia, e
all’ultimo vertice del G7, tutti i leader mondiali sono rimasti senza cravatta, una novità assoluta in quasi 50 anni di vita del forum. E allora: come e quando si dovrebbe allacciare al collo il rettangolo di stoffa, in una società post-cravatta?
“In questo momento è più un accessorio, qualcosa che si vuole davvero indossare”, dice lo stilista Denis Frison, un tempo portatore seriale di cravatte che ora le indossa
solo quando l’umore lo richiede. Quando lo fa, Frison predilige i modelli casual in maglia, mentre i suoi clienti chiedono sempre più spesso cravatte realizzate con gli stessi tessuti degli abiti che si fanno fare su misura. Agyesh Madan, il cui marchio Stòffa è noto soprattutto per le giacche-camicia, tiene ancora in grande considerazione la cravatta. La paragona a un altro accessorio, l’orologio. “Non ci si aspetta necessariamente di indossare un orologio”, dice. E a sua volta, il fondatore di P. Johnson, Patrick Johnson, difende lo scopo tradizionale della cravatta: “Riempire il vuoto tra i rever e armonizzare tutti gli elementi di un abito”, spiega, anche se non esclude del tutto di rimanere senza cravatta. “A volte l’abito cade a pezzi senza la cravatta, altre volte no”. Se si sceglie di indossare un abito e una camicia senza cravatta, Johnson sostiene che il look è migliore se sono in tinta unita. “Oggi vedo molti ragazzi, artisti, creativi, che indossano la cravatta”, dice Chase Winfrey, direttore editoriale di J. Mueser. “Così come la felpa con cappuccio è diventata il simbolo dell’industria tecnologica, la camicia con il colletto aperto e il completo è diventata parte dell’uniforme insipida di Midtown Manhattan. Vuoi non sembrare un banchiere? Metti una cravatta!”. E.T.
Le cravatte del brand giapponese, prodotte a Firenze, sono realizzate in seta inglese o italiana e stampate con decine di motivi esclusivi. Il fascino si estende anche alle tinte unite.
Fatte a mano in un laboratorio a conduzione familiare di Napoli, che si rifornisce di sete stampate dalla zona del lago di Como, sono un complemento perfetto della sartoria napoletana.
Una selezione accurata di cravatte made in Uk, caratterizzata da tutte le note classiche: strisce regimental, foulard e antiche madder. Più casual quelle con maglie a righe.
Se oggi è possibile indossare Drake’s dalla testa ai piedi, per decenni il marchio britannico è stato conosciuto soprattutto per le cravatte. Le sue stampe astratte sono attualissime.
I brand del lusso amano declinare con gusto e creatività la pregiata fibra tessile. Mantenendone le ineguagliabili doti di leggerezza e calore
Un cappotto realizzato con il più prezioso cashmere proveniente dall’Inner Mongolia e selezionato direttamente nel luogo d’origine. Morbidissimo e caldo, è un capo confortevole per outfit eleganti e di classe. € 5.070
Massima espressione della qualità del marchio, punto di incontro fra tradizione artigiana e sperimentazione nel classico collo alto di cashmere realizzato con trattamento Vanity, €800.
Raf nata e al tempo stesso dégagé, è 100% cashmere il doppiopetto con otto bottoni e ampio revers. Un capo di alta artigianalità, squisitamente italiana, perfetto sia per le occasioni eleganti sia per il tempo libero, €2.500
Per avvolgersi nel più nobile dei lati, un must have senza tempo la sciarpa con frange rmata Hermès, €720.
Il cappellino beige a coste è certi cato Good Cashmere Standard “responsibly sourced”, garanzia della completa tracciabilità del lato, €89.
Un cappotto a vestaglia sfoderato in cashmere double e ri nito a mano con cuciture invisibili. Linea essenziale e volume ampio, assicura il massimo comfort nelle giornate invernali. €6.100.
Il disegno Patchwork Saddle del disegnatore e architetto Nigel Peake riporta alle origini del marchio, con le ineguagliabili bardature e selle. Qui riprodotte gra camente. €1.320
Non passa inosservato il so sticato girocollo intarsiato dal pattern geometrico in merino cashmere e seta della nuova collezione, €307.
Alessia Bellan
Una caccia al tesoro riservata a pochi nelle Langhe, Patrimonio Unesco. Alla scoperta del pregiato fungo ipogeo, degli antichi castelli e dei ristoranti gourmet attraverso tappe esclusive, inaccessibili ai più. Uno straordinario viaggio su misura organizzato da Robb Report
di Penelope VagliniCamminare in mezzo ai boschi percorrendo i sentieri battuti dai trifolao alla ricerca dei pregiati tartufi bianchi delle Langhe, territorio patrimonio Unesco. Sedersi alla tavola imbandita di un castello, degustando i piatti della tradizione piemontese interpretati in chiave gourmet, per poi salire a bordo di un fuoristrada per un safari tra le vigne. E ancora accedere in esclusiva a una delle più rinomate cantine italiane, degustando le migliori annate di Barolo. Il viaggio nella terra dei diamanti del bosco assume una connotazione differente per chi partecipa alle Robb Report Experiences, progettate su misura per scoprire
luoghi solitamente inaccessibili di queste terre. L’esperienza inizia nei maestosi giardini all’italiana del Castello di Guarene, indirizzo Relais & Châteaux da cui si può ammirare il paesaggio sconfinato, riconoscendo nelle pennellate marroni le vigne di barbaresco e nelle sfumature gialle e verdi, le uve di moscato. Con solo 12 camere degne di una reggia, è il rifugio ideale per chi cerca ristoro in un’oasi di privacy che dispone al contempo di ampissimi spazi comuni, sale ricche di arredi d’epoca e una biblioteca in cui sfogliare antichi volumi. Da qui la strada per Barbaresco è breve, dove l’accesso privato all’antica torre di assedio alta 30 metri, permette di osservare in lontananza i castelli che
decorano ogni altura, sorseggiando un calice di rosso langarolo. Il pranzo è da Campamac con i tajarin fatti a mano con 40 tuorli, impreziositi dalle lamelle di tartufo bianco che brillano come scaglie di diamanti. A pochi passi, sulla via principale di Barbaresco, si incontra la cantina Gaja, che eccezionalmente apre le sue porte a Robb Report Experience per una passeggiata tra le botti che contengono le annate più preziose. Qui, Gaia Gaja, quinta generazione della famiglia, guida una degustazione privata con il Barolo “Spers” e “Gaia e Rey”, inusuale e ammaliante chardonnay. Pezzo forte dell’esperienza, la caccia al tartufo nei boschi di Alba insieme con l’esperto trifolao Natale Romagnolo e il figlio Luca, accompagnati da un cane lagotto nei luoghi dove il fungo ipogeo viene raccolto durante la notte, per non svelarne la collocazione a occhi indiscreti. Dopo avere scovato le preziose gemme del bosco ed essersi inebriati del loro inconfondibile profumo, un tavolo apparecchiato in una radura diventa luogo di degustazione e di momenti formativi, con consigli e tecniche utili per riconoscere la qualità del Tuber Magnatum Pico. A seguire, tappa a Canelli da una pietra miliare della gastronomia piemontese. La chef Mariuccia Ferrero del Ristorante San
IN ALTO
A caccia di tartufo bianco nei boschi di Alba insieme ai trifolao.
A SINISTRA
Lounge area del Castello di Guarene, Relais & Châteaux.
A DESTRA
La cantina Gaja di Barbaresco.
Marco che agli ospiti riserva il rituale della grande bagna cauda, bagnetto a base di aglio e acciuga in cui intingere carne, ortaggi cotti e crudi, terminando con uova e un’abbondante grattugiata di tartufo bianco: una ricetta che da piatto povero si trasforma in una delle meraviglie delle Langhe. Il viaggio si conclude nella piazza dell’antica chiesa di Monforte d’Alba, nella dimora di charme di Casa Mon, dove un grande salotto e una tavola imbandita accolgono gli ospiti per assaggiare le ricette di una cuoca langarola. Per una cena che coniuga la tradizione di questi territori vocati all’eccellenza e la qualità dell’ospitalità che non smette mai di innovarsi, aprendo le sue porte a itinerari esclusivi come quelli delle Robb Report Experiences.
e Alba, ambasciatrice del tartufo bianco pregiato, ha segnato un nuovo primato all’annuale asta benefica con l’attribuzione del tartufo dei record, 184mila euro, volato subito a Hong Kong, in altri territori dedicati si risponde con una altrettanto se non superiore eccellente qualità del pregiato fungo ipogeo. Che sia nero o bianco, soprattutto nelle regioni del centro Italia il tartufo viene trattato come il re della tavola da imprenditori del gusto che si sono ingegnati a declinarlo in tanto modi. Ma che hanno capito anche l’importanza di farlo conoscere, proprio come i sommelier con le degustazioni di vini pregiati. Savini Tartufi, azienda toscana che tra lezioni e masterclass, prodotti sfiziosi e piatti indimenticabili, porta in Italia e nel mondo la cultura del tartufo, per coinvolgere potenziali ambassador, clienti e partner dalla primavera ha fondato la Truffle Academy. A svelare i segreti del diamante del bosco, dal ciclo biologico alla ricerca, fino alla raccolta e alla consumazione
I tartu nascono solo dove la natura è in armonia con l’uomo e l’ambiente incontaminato.
A DESTRA
I prodotti di Savini Tartu , tartufai da 4 generazioni.
SOTTO Cristiano Savini, ceo dell’omonima azienda.
Di 9 tipologie commestibili esistenti nel mondo, l’Italia ne vanta 7. Un bene prezioso, il tartufo, da conoscere a fondo e trattare con i guanti bianchi. Come insegnano due appassionati esperti del settore
finale, docenti qualificati, tra cui Cristiano Savini, quarta generazione, e il padre per la parte della preparazione in cucina. Dalla scorsa primavera i corsi si svolgono a Forcoli, storica sede aziendale, con la possibilità di cercare i tartufi di stagione nel bosco, imparare a riconoscerli e selezionarli.
La domanda che tutti si fanno è come capire se un tartufo è quello giusto, fresco e appena raccolto, che non deluda come protagonista di piatti anche molto semplici. La risposta sta in un acronimo, il cosiddetto “pcc”: profumo, consistenza, colore. Un prodotto di qualità si distingue per un profumo rotondo, non troppo arrogante; una giusta consistenza, né troppa né poca; un colore brillante. Così Luigi Dattilo, presidente e fondatore di Appennino Food Group di Valsamoggia (Bologna), tra le maggiori imprese del settore, sintetizza con le sue appassionate spiegazioni la qualità dei tartufi che vengono raccolti o anche solo trattati nella sua azienda. Tartufi freschi, disponibili tutto l’anno nelle diverse tipologie, perché se il più richiesto, il Tuber Magnatum Pico , rappresenta solo il 10% della produzione nazionale tra settembre e dicembre, bianchetto, nero pregiato, nero d’estate, nero uncinato, Macrosporum e Brumale coprono gli altri mesi. I buongustai sono avvisati. S.T.
IN
L’innovativa teca, ideata dall’azienda in collaborazione con Italproget, ricrea perfettamente il micro habitat del bosco, per una perfetta conservazione del tartufo.
Amato da chef e buongustai in tutto il mondo, grazie al suo aroma unico e inconfondibile, il “diamante della terra” impreziosisce ogni pietanza, purché dal momento in cui viene raccolto no al suo utilizzo venga trattato con la massima cura e con appositi utensili, così da preservare inalterato il suo prezioso patrimonio gusto-olfattivo. Microplane®, l’azienda statunitense che ha rivoluzionato il mondo delle grattugie, completa la serie Master, caratterizzata dall’elegante manico in legno, con Truf e Tool, a doppia lama fotoincisa che permette di trattare il prezioso tubero in modo ottimale, senza sprechi e preservandone l’aroma. Dritta, af lata e regolabile, la lama affetta con precisione, facilità e in maniera uniforme le lamelle di tartufo: è suf ciente regolare la vite per impostare lo spessore desiderato. La grattugia, invece, consente di ottenere un taglio più sottile, perfetto per rendere il tartufo (in particolare quello nero) più facilmente amalgamabile.
Con tartu e porcini servono vini eccezionali come Barolo, Barbaresco, Amarone. Frutto di un lungo lavoro in vigna e cantina. A tiratura limitata, da degustare come si farebbe ammirando un’opera d’arte
Solo 3.368 bottiglie per questo terzo Supertuscan dell’azienda agricola che Vittorio Piozzo di Rosignano, erede di Rossi di Medelana, ha voluto fortemente creare in memoria dello zio, scomparso nel 2019 a 78 anni. Stesso blend del Lupicaia ma con percentuali ribaltate – in questo caso 60% Petit Verdot, 40% Cabernet Sauvignon – Gian Annibale è prodotto soltanto in annate eccezionali. Colore rosso rubino intenso con riflessi brillanti, naso speziato con prevalenza di pepe nero, ribes e mirtillo. In bocca ha una trama gustativa elegante, con tannino fine e setoso; ne risulta una progressione equilibrata con un finale di rara persistenza. Magnum €780.
Vendemmia manuale, è Nebbiolo 100%, prodotto nel Comune di Barolo-Cannubi in terreno calcareo con 45% sabbia, 35% limo, 20% argilla. Fermentazione 20 giorni più 30 di macerazione a cappello sommerso a seconda dell’annata, con un invecchiamento di 60 mesi in botte grande e 24 mesi di affinamento in bottiglia. Rosso rubino granato, profumo intenso, equilibrato, esprime note di viola, frutta rossa matura, ciliegia e prugna, con spezie, liquirizia, cacao, cuoio e tabacco. Al palato appare robusto, di ottima persistenza, vellutato, armonico e austero nella sua pienezza Magnum €520.
ROBERTO VOERZIO BAROLO DOCG ROCCHE DELL’ANNUNZIATA 2017La cantina nasce nel 1986 a La Morra, da sempre conosciuto per i prestigiosi vigneti. Il Rocche dell’Annunziata si presenta con un colore rosso granato, ed esprime sentori speziati di cannella e chiodi di garofano, un bouquet floreale di rosa e fiori appassiti, profumi fruttati di mora, susine, ciliegia in confettura, ribes, e agrume scuro, seguono le note di tabacco dolce e cuoio, sino alle erbe aromatiche e a un’esplosione balsamico mentolato. Al palato è avvolgente, dal tannino setoso in equilibrio con un’ottima rispondenza gusto-olfattiva e una chiusura elegante, sapida e di lunga persistenza. Magnum €550
G.D VAJRA BAROLO DOCG BRICCO DELLE VIOLE2013
Il Bricco delle Viole è il vigneto più alto del comune di Barolo. Il clima è caratterizzato da una magnifica luminosità con ampia escursione termica che dona un’espressione aromatica e leggiadra a questo Barolo, dall’olfatto elegante, intenso e complesso, dagli aromi fruttati di prugna e lamponi con un tocco di fragola, bouquet floreale di rose e lilla, note tostate, sentori di cacao, mandorla, e liquirizia. Al palato, è ben bilanciato tra la parte fruttata e minerale, dai tannini setosi, con una bella struttura e una freschezza vivida che gli dona una fine tensione e un finale sapido lungo e persistente. Magnum €159.
La piena esposizione del vigneto Cannubi Boschis regala sempre un Barolo dal carattere ricco e di buona struttura. Colore rosso granato, dona un’espressione olfattiva di frutta rossa matura, marasca nera, ribes, lamponi, susine mature, un agrumato di tamarindo, un elegante bouquet floreale di rosa canina e viola, per virare sulle erbe aromatiche, salvia e timo, note mentolate e radice di liquirizia. Al palato mostra un’ottima struttura, un tannino nobile, intense note minerali e un finale sapido e molto persistente. Magnum €235.
ELVIO COGNO BAROLO RAVERAÈ il cru storico di Novello, con esposizione sud. Un terreno che si esprime con la finezza dei profumi, la sapidità dei sapori e la grande complessità. La composizione prevalentemente calcarea e la storicità del cru aggiungono eleganza e struttura al vino, regalandogli un’ottima longevità. Il colore è rosso granato intenso, vivace, brillante, con lievi riflessi aranciati. Al naso appare franco, elegante e potente; evoca sentori di rosa canina, dimenta e di tabacco che con il tempo volgono a profumi speziati, di caffè, diliquirizia, di tartufo e infine di cuoio e di minerali. In bocca appare pieno, rotondo, di grande struttura e buon equilibrio; ricorda la confettura di prugne e la mora. Il retrogusto è fresco e armonioso, molto gradevole per la persistenza aromatica. Oltre al tartufo, ama le carni brasate, la selvaggina in civet e in salmì, i grandi arrosti, i formaggi stagionati.
Magnum €135.
Asili è uno dei cru più conosciuti della zona del Barbaresco e dona vini di grande eleganza e finezza. I Ceretto coltivano in biodinamica circa 1 ettaro di vigneto, da cui un vino dal colore rosso rubino con riflessi granata, che esprime sentori floreali di rosa canina, profumi di frutta sotto spirito e agrumati di scorza d’arancia candita, note speziate di chiodi di garofano, anice stellato, liquirizia, nuance avvolgenti di cacao e cioccolato, fino alle erbe aromatiche, timo e rosmarino, rabarbaro e lavanda essiccata. Al palato, un’esplosione di frutta matura, una buona freschezza e acidità, un tannino vellutato, con finale dalle note di liquirizia e accenni speziati dall’ottima persistenza gusto olfattiva. Magnum €360.
Nato con l’annata 2012 in edizione esclusiva e collezione numerata, con un soggetto diverso per ogni singola bottiglia, è un progetto partito da un’idea di Luca Anselmi e Sofia Kherkeladze, con la partecipazione del maestro georgiano Niko Kherkeladze, padre di Sofia e celebrato artista contemporaneo, che ha firmato le 1.000 diverse etichette a tema equestre, assegnandole a 1.000 bottiglie, ognuna pezzo unico. L’amarone Riserva rimane ad affinare per due anni in barrique e si presenta con una struttura importante e una pienezza di aromi, colore rosso rubino carico, immediatamente riconoscibile per complessità ed eleganza. Un vino adatto ai lunghi affinamenti e ad abbinamenti importanti come il tartufo, oltre a momenti più meditativi, magari abbinato a cioccolato fondente. Magnum €230.
Risvegliarsi circondati da vigne che hanno fatto la storia del vino friulano (prima di Mario Schiopetto da queste parti - e non solo - il vino finiva in damigiana e la scelta era semplicemente tra il bianco e il rosso, il “blanc” e il “neri”) è un’esperienza impagabile per i wine lover. E regala un estremo senso di pace e relax. Siamo a Capriva, colline del Collio, dove Emilio e Alessandro Rotolo, gli attuali proprietari, hanno voluto aggiungere alla storica cantina Schiopetto anche un accogliente bed & breakfast, Al Pompiere - Wine and rooms. La struttura dispone di quattro camere arredate in stile “rough luxury” (entro la fine del 2023 se ne aggiungeranno altre otto e una Spa all’avanguardia), una terrazza
panoramica e una sala al piano terra dove si possono degustare prodotti locali e, naturalmente, i premiatissimi vini dell’azienda.
Se fin dagli anni ‘60 Schiopetto è sinonimo di qualità e innovazione (il suo Tocai del 1965 fu il primo vino fatto e vinificato totalmente in acciaio), negli ultimi anni la cantina ha lavorato per alzare l’asticella qualitativa e diventare leader dei vini bianchi italiani nel segmento premium luxury.
Nel 2015 nasce Mario Schiopetto, il cru per eccellenza, dedicato alla figura del fondatore. “Il Mario”, come lo chiamano in azienda, nasce uve di Friulano piantato a pala e piccone dalla Curia di Gorizia nel 1954, insieme a una piccola parte di piante di Riesling,
nel versante più bello, esposto a sud, della proprietà. Vinificato in purezza nell’acciaio esce solo nelle grandi annate raggiungendo un’espressione unica, che gli ha permesso di raggiungere i più importanti riconoscimenti internazionali fino a essere inserito diverse volte nella lista dei migliori 100 vini del mondo di James Suckling con punteggi dal 98/100 in su.
Amrità, invece, la cui produzione è iniziata nel 2020 ed è limitata
a 5.000 bottiglie l’anno, prende vita da un vigneto di Chardonnay vecchio di 55 anni, al cui interno c’è qualche pianta di Friulano, raggiungendo un’espressione unica. Sintesi perfetta tra l’espressività dello Chardonnay e la complessità aromatica del Friulano, svela la quint’essenza di questo magnifico territorio. P.T.
Dal 2014 la proprietà dell’azienda Schiopetto è della famiglia Rotolo (nella pagina a anco, Alessandro con il padre Emilio)
Un’aquila nell’insegna, il meglio dell’artigianato danubiano in vetrina. E un acronimo che de nisce i fornitori regio-imperiali. Sono le botteghe che ancora oggi fanno grande e ricercato lo shopping in città. Sartorie, pasticcerie, gioiellerie… Per regali all’altezza, ma anche per ammirare fascinose sedi storiche
SOPRA
Demel, storica pasticceria celebre per le sale rococò e lingue di gatto.
A SINISTRA
Il mercatino di Natale. di fronte al municipio di Vienna (Rathaus).
Si fregiano ancora con orgoglio del titolo di k.u.k., kaiserlich und königlich Hoflieferant: fornitori regio-imperiali. Una categoria di botteghe tutta asburgica, che nel cuore di Vienna riunisce i migliori artigiani della gloriosa monarchia danubiana, tuttora riconoscibili dall’aquila bicipite nell’insegna. Vere e proprie schegge di storia, depositari di un’arte del fare che, nelle loro fascinose sedi storiche, si tramanda indifferente al tempo e alle mode. E ieri come oggi, li consacra quali intramontabili punti di riferimento per la cosmopolita aristocrazia dello stile. In ogni settore, palato compreso. A cominciare da Sacher, che nei suoi laboratori di alta pasticceria continua a sfornare quella leggendaria “Sachertorte” protetta da marchio di fabbrica, creata nel 1832 per il principe di Metternich e servita all’hotel Sacher ai tavoli del caffè o del
Blaue Bar, sontuoso, avvolgente, tuffato nel profondo blu dei tappeti, delle poltrone in velluto, delle pareti in broccato. Nei saloni rococò di Demel trionfano, invece, le famose lingue di gatto - biscottini da tè in più di sessanta variazioni di gusto - e quelle violette candite, tanto amate, a dispetto della dieta, dall’imperatrice Sissi. Parata di squisitezze da primato anche da Gerstner, antesignano del catering di lusso (curò nel 1911 il banchetto nuziale dell’arciduca Carlo e Zita di Borbone-Parma), che con confetteria, caffè e ristorante occupa tre piani dello sfarzoso palazzo Todesco di fronte all’Opera. Poco lontano, la gioielleria Köchert non ha mai smesso di realizzare quelle stelle di diamanti, che Sissi utilizzava a guisa di collier, diademi, spille, ciondoli e ornamenti per capelli come nel famoso ritratto di
Franz Xaver Winterhalter, custodito nella residenza della Hofburg, che fu illuminata con il primo lampadario elettrico al mondo (1883). Era un Lobmeyr, dinastia di maghi del cristallo oggi alla settima generazione, il cui negozio si apre a breve distanza da Berndorf, maestri di cultura della tavola, che fornirono i servizi di pentole e posate per lo yacht imperiale Miramar e per l’Achilleion, la villa di Sissi a Corfù. Per confezioni impeccabili si va alla sartoria Kniže, negli spazi progettati dal padre del razionalismo Adolf Loos, e per i migliori tessuti del mondo da Wilhelm Jungmann & Neffe, nello stesso edificio dell’hotel Sacher; se fino al 1920 trattava esclusivamente
tagli da donna, da più di un secolo serve i gentiluomini più eleganti del pianeta, tra cui Diego Della Valle e Luca di Montezemolo. E per le scarpe? Solo su misura da Scheer, dove un paio di calzature - “a metà strada tra un pezzo di design e una benedizione ortopedica” - costa quanto un gioiello e in austere vetrine incastonate in boiserie Art déco allinea le forme in legno di quercia dei piedi dei clienti più illustri, dal Kaiser Guglielmo II a re Giorgio di Serbia. Per vestire la casa c’è invece Backhausen, manifattura
di tessuti d’arredamento, che ha legato il proprio nome alla Wiener Werkstätte: l’archivio storico conta più di 3500 studi originali e la collezione di tessili, la più ricca esistente, è esposta in un vero e proprio museo. E dopo questo lungo giro di shopping d’autore, ci sta una sosta al Cammello Nero, Zum Schwarzen Kameel, per gustare nelle elegantissime sale Jugendstil i piatti feticcio della grande cucina viennese o quei piccoli, deliziosi sandwich farciti, di cui era ghiotto anche Beethoven.
SOPRA
Il negozio di scarpe su misura Rudolf Scheer & Söhne, fondato nel 1816.
A DESTRA
Cavallo Lipizzano e set da tavola della manifattura di porcellana Augarten, fondata nel 1718, la seconda più antica d’Europa.
Da dicembre Vienna è la nuova fermata del mitico Orient Express. Un concentrato di glamour, eleganza, atmosfera. A iniziare dagli intramontabili vagoni blu notte
Nel mese di dicembre, insieme a Parigi, Venezia e Firenze, Vienna è tra le città d’arte meta del leggendario Venice Simplon-Orient-Express, A Bel-mond Train. Un viaggio nel viaggio l’esperienza a bordo degli storici vagoni blu notte (gli originali degli anni Venti e Trenta), carichi di glamour e atmosfera. Un
microcosmo di eleganza su rotaia, tutto ottoni, specchi, velluti e servizio d’altri tempi, da cui contemplare il paesaggio sorseggiando champagne tra la propria cabina (o una delle sei Grand Suite dai nomi delle città che ne hanno ispirato il décor), i tavoli dello sfarzoso ristorante guidato dallo chef Jean Imbert e la carrozza bar 3674, avvolta da note di piano fino al ritirarsi dell’ultimo ospite. Per saperne di più: belmond.com
Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art.45 e ss. del codice del consumo, è formulata da BFC Media S.p.A. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita il sito www.abbonamenti.it/cga
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Nella fortezza indiana del XIV secolo trasformata in tempio del benessere, sull’isola ultra esclusiva dove ogni desiderio è soddisfatto, alla scoperta delle pratiche di guarigione dei nativi americani, nel resort dove fare festa pieds dans l’eau. Quattro mete per aprire l’anno in grande stile
Con la sua atmosfera magica e lo spirito boho-chic il Nautilus, scrigno ultra lussuoso su isola privata, con solo 26 ville, è pronto per dare il via alla stagione delle feste. Qui dove il tempo si ferma e nulla è prefissato, dove si può avere la colazione per cena e lo Champagne a letto, gli ospiti possono soddisfare ogni desiderio con esperienze su misura, sia che si desideri un’assoluta solitudine sia si cerchino avventure adrenaliniche. E così ci si può appartare nella piscina privata a temperatura controllata, avere un trattamento termale personalizzato nella Solasta Spa, partecipare a sessioni di yoga vinyasa e di meditazione con crystal singing bowl. Oppure si può trascorrere la giornata sulla riva o saltare su un idrovolante fino a un banco di sabbia per una cena al barbecue. L’esperienza culinaria al Nautilus prosegue al ristorante Zeytoun, con i migliori ingredienti di stagione, tra cui il sontuoso tartufo bianco d’Alba. L’altro ristorante d’autore, Ocaso, propone uno speciale menu festivo, incentrato sulle specialità di carne stagionata a secco, mentre la lounge a bordo piscina è perfetta per gustare ostriche appena sgusciate. Ville a partire ¤2.500
Sono state le barche a vela della sua infanzia a ispirare l’architetto mauriziano Jean-Francois Adam nel progettare questo resort di 116 camere, le cui linee curve e sinuose riecheggiano quelle di un’imbarcazione che naviga verso il mare, in questo caso, una barca spiaggiata sulle splendide sabbie bianche di Grand Baie, di fronte alle acque turchesi dove ha trascorso la sua adolescenza pescando e navigando. Si tratta di un ampliamento molto gradito per il villaggio situato all’estremità settentrionale dell’isola che negli anni ‘90 ha fatto da apripista al turismo di lusso a Mauritius. Ma la mancanza di infrastrutture - la superstrada ha collegato l’aeroporto alla regione solo un decennio fa - ne aveva smorzato la vivacità ispirata a SaintTropez. Questo nuovo hotel contribuisce a ripristinare il prestigio, come l’apertura nelle vicinanze del beach club N’Joy. Il Lux* Grand Baie è un luogo fresco e vivace in un’isola dove per l’ospitalità di lusso di solito conta in cui si conta molto sul richiamo per i golfisti. Questa è invece una location per feste per adulti, con nightclub, rooftop bar e dj a bordo piscina, oltre a una palestra di prim’ordine con sala per spinning e pista da corsa sul tetto. Chi viene con i bambini non deve preoccuparsi, ci sono attrazioni ingegnose per i più piccoli e gli adolescenti, dalla preparazione dei gelati al karaoke. Camere a partire da ¤521
Soggiornare in una delle 100 camere su 317 ettari di foresta, un terreno che un tempo apparteneva al vescovo di Santa Fe (da cui il nome) e in seguito alla famiglia Pulitzer. Ben posizionato vicino al centro, ha facilità di accesso anche per le visite al canyon e la pesca alla mosca. L’attrattiva del Bishop’s Lodge, tuttavia, non è tanto costituita dalla posizione in sé, quanto dalla struttura stessa. Si tratta di un complesso indipendente, gestito con cura, che la maggior parte degli ospiti non vorrà mai davvero abbandonare. Camere e suite sono arredate in stile moderno ispirato al deserto, una sorta di “minimalismo del pueblo”, e la maggior parte è dotata di un camino kiva. Qui una programmazione creativa include tutte le caratteristiche del luogo: i servizi a disposizione comprendono lezioni private e pratiche con esperti locali di arte, pratiche di guarigione tipiche della cultura dei nativi americani, corsi di botanica e altro ancora, con una galleria che presenta una serie di artisti locali e un centro ippico che offre passeggiate e lezioni di “trucchi da cowboy”. Il “Chile Host” accoglie i commensali con un cesto di peperoncini e olii piccanti, per un tocco spiritoso e locale. Camere a partire da ¤800
Il Rajasthan è pieno di residenze reali trasformate in resort incantevoli, ma l’ultimo arrivato è il più spettacolare di tutti i tempi. Su una collina relativamente remota tra la cittadina di Jaipur tinta di rosa e il Parco Nazionale di Ranthambore con le sue tigri, lo specialista del benessere Six Senses ha aperto un resort di 48 appartamenti in una fortezza fortificata che risale a 700 anni fa e annovera non uno ma due palazzi, oltre a un paio di templi e persino un pozzo a gradini. Grazie a un restauro impeccabile, durato dieci anni, le sale dagli alti soffitti di un palazzo sono diventate la lobby, mentre una torre di vedetta ospita ora le sale da pranzo private di uno dei tre ristoranti, che offrono tutti ingredienti di provenienza locale. Six Senses ha accorpato i templi e il secondo palazzo per creare una spa di circa 2.800 metri quadrati e una zona fitness, con servizi che vanno dall’ayurveda e meditazione alle tradizioni più occidentali (cross fit incluso). Intorno, i giardini con le palme e la piscina di 25 metri, rivestita di piastrelle a mosaico fatte a mano, immersa nel verde. Camere a partire da ¤920
I marchi del lusso da sempre puntano a espandersi in nuovi mercati: perché limitarsi all’abbigliamento, per esempio, quando si può proporre un intero stile di vita? Ralph Lauren ha alzato il livello quando ha deciso di aprire il Polo Bar, a Manhattan, sette anni fa. L’ultimo a partecipare al gioco è Louis Vuitton, con Mory Sacko at Louis Vuitton, che ha debuttato la scorsa estate a Saint-Tropez. A chi volete af dare il vostro girovita? Adam Morganstern
Situato nel giardino dell'Hotel White 1921, nel cuore di Saint-Tropez, Mory Sacko at Louis Vuitton ha scelto uno stile semplice, con divani e sedie eleganti e lanterne in pelle (9.350 dollari l'una) della collezione Objets Nomades.
Con una stella Michelin e un suo programma televisivo, Mory Sacko è uno dei giovani chef più apprezzati di Parigi, noto per combinare la cucina francese con influenze africane e giapponesi.
Con il legno scuro, le sedute in cuoio e tantissime foto e dipinti equestri alle pareti, Polo Bar vi trasporta dalla Fifth Avenue di Manhattan a una clubhouse privata. Ma è un'aristocrazia amichevole: fate come se foste a casa vostra.
Ehm, chef? Polo Bar glorifica i tempi in cui il buon cibo proveniva solo dalla “cucina ” e non si aveva idea di quale fosse la fattoria in cui era raccolta la rucola.
L'orata arrostita in foglia di banana con cocco, curry, aloe vera e lime (¤50) mette bene in mostra le combinazioni di sapori di Sacko.
Scorrete il menu un paio di volte, se necessario, e poi prendete la costata di manzo con osso da 625 grammi ($78) che sapevate di dover ordinare quando siete entrati.
Nella carta dei vini, dove domina lo Champagne, si può scegliere tra un Moët & Chandon 1921 (¤4.000) o una Mathusalem di Dom Pérignon Vintage 1998 (¤16.250). Certo, la società madre, Lvmh, possiede entrambi i marchi...
Questa è la casa di Ralph, non c'è bisogno di darsi delle arie. Una bottiglia di Château de Beaucastel 1989 ($700), con i suoi sentori decisi di ciliegia e fichi scuri è perfetta insieme all'eccellente sandwich di petto di manzo in scatola con insalata di rafano.
Il pollo Bourbonnais (¤46) viene servito con il mafé, una densa salsa tradizionale dell'Africa occidentale a base di burro di arachidi. Raschiate via tutto ciò che cade con un coltello spuntato; altrimenti resterà la macchia.
Dopo avere trascorso una lunga giornata brandendo una mazza in sella a un cavallo da polo, nessuno vi biasimerebbe se un po' di salsa alla panna colasse dalla vostra New York strip ($68). Tamponate con un tovagliolo, quindi passate sotto l'acqua fredda.
La giacca in denim di Destroyed Workwear (¤4.850)
è l'abbinamento perfetto per il vassoio da pranzo giapponese di Mory Sacko (¤66) con piattini assortiti dalle tonalità vivaci.
Il completo Hacking (¤7.490), progettato per l'equitazione, in pelle scamosciata. Non c'è niente di più Ralph Lauren che indossarlo mentre si sgranocchia un hamburger al Polo Bar ($30, patatine tagliate a mano incluse).
C'È POSTO?
Prenotate online, abbiate un po' di flessibilità e dovreste trovare un tavolo. Nei giorni feriali (dopo le 22) è più facile.
La maggior parte delle prenotazioni vengono prese al telefono, il che può significare che se non vi conoscono, forse il tavolo sarà già occupato.
SI MANGIA PRIMA CON GLI OCCHIFoto dello chef, dei suoi piatti e dell'arredamento altrettanto gustoso del ristorante. Foto di Ralph, citazioni ispirazionali e un numero di cavalli inferiore alle attese