SUL COLERa A MASSAUA
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l'alta temperatura ambiente acqqista certamente una straordinaria importanza: il rapido essiccamento, tanto nocivo alla vita degli spirilli colerigeni, di tutto ciò r.be è esposto al sole, costituisce senza duhbio il maggior presidio contro i! diffondersi di unn epidemia colerica, come. per contrar·io, l'acqua e l'umidità ne possono essere la mag~iore causa di diffusione. Per mezzo dell'acqua, che qui non si trova dovunque, e, in generale. non è incanalata, possono stabilirsi, in località rsolate, singoli focolai epidemici, come difau.o è accaduto, i quali saranno, più o meno estesi a &econda l'uso più o meno largo, che si fa di essa, da individui più o meno disposti a contrarre l'infezione. IJ trasporto da uno in altro luogo, e precisamente da una in altra sede di acqua, del virus colerigeno, difficilmente qui accadrebbe per' altrn via, che non sia l'uomo. Soprattutto i cosiddetti meschini (che rappresentano gran parte di questi popoli, per lo più nomadi), i quali possono essere considerati come altrettanti focolai d'infezione, soffermaodosi, affranti dalla fame e dalla malatLia, presso i torrenti, dovunque trova,;i un po' d'acqua, e iTi consumando la loro misera vita, determinerebbero facilmente l'inquinamento del suolo e dell'acqua, per cui la malattia si diffonde. Infine la diffusione dell'infezione in ciascuna di queste sedi, che va trasformandosi io foc(l)aio epidemico, oltre che c~n l'arqua, accadrebbe anche per contagio e per al&.re vie secondarie, ~ià da me rilevate nel citato lavoro Sul tifo. Epperò, in tutto questo itinerario, che, se pensi considera, è proprio quello tenuto dall'epidemia nel settembre e nell'ottobre dello scorso anno, chiara apparisce l'importanza, che del'e avere l'acqua. I fatti, come bo detto in principio di questo mio lavoro, lo hanno provato, e la ricerca batteriolo-