
19 minute read
STUDIO ETIOLOGICO E CUNICO
delle operazioni più semplici e affatLo innocua, se si osservano certe c3utele. Per praticarla è prefer ibi le servirsi della si ringa di Koch, ma quella Tursini rie:-ce ugualmente allo scopo; nell'uno o nell'altro caso si aspirerà a preferenza con una pompa a stantuffo, per il che è necessario disporre di un aiuto.
Dopo aver bene sterilizzate la cute dell a regione splenica e le proprie man i, l'operatore faril inclinare l'ammalato sul fianco si nis tro, e determinerà, mediante la palpazione e la percussione, il sito della punzione , praticandovi una pi ccola incisione con una lancetta sterilizzata. Indi obbligherà l'ammalato a trattenersi in una forzata inspirazione, durante la quale 1·apidamente l'operatore praticherà la puntura , a~pirerà quel po' di sangue, che gli occorre, e ritirerà l'ago . E uopo essere mollo svelti nel compiere questi tre alti operativi, impe r occhè, pei bruschi movim enti respiratori, pr ovoca ti dal dolore pe:· la punzione della capsula spl enica, se l'ago dimora alcun poco nella milza, invece di una puntura, si potrà determinare una lacerazione più o meno ampia di quest'organo, possibile causa di emorragie cavitarie , talvolta riuscite funeste. Infine è neces sario che l'operatore, durante la punzione, non abbandoni mai l'ago della siringa, sia per evitare il più che po ssibi le la rottura di questa, sia per es~ere più pronto e sicu ro nel ritirare l'ago, soprattutto nel caso che un tale accidente 'si verifichi.
Advertisement
L' esa me del ~angue e quello della milza fo rniscono i dati più importanti, se non gli unici, su cui potere stabilire fondatamente una diagnosi differenziale in cas i dubbi.
Progno:si. - Quoad vitani la prognosi può farsi favo revole ; quoad va letudinem dev'essere ri servata, inquantochè c'è sempre a temere nuovi attacchi, ove si r esti sotto !"influenza del clima di Massaua.
O.El.LE MALATTIE FEBBRILI PIÙ COlIU,l A )!ASSAUA I
Profilassi . - Quegl' individui che presentano sintomi, sebbene non mollo pronuniiati , di cachessia palustre, dovrebbero essere esonerati da una destinaz ione a Massaua; gli al Lri , che abbiano soggiornato in luoghi dominati dalla malaria, ne abbiano o no sofferte le febbri, dovrebbero essere sottoposti, prima d'imbarcarsi per Massaua, a visita medica, m_assim e per accertare lo stato della milza, e, se vi è ipersplenia,. dovrebbero fin d'allora intraprendere una cura appropria ta, che dovrebb' essere proseguita per lungo tempo anche a Mns~ana. In tali casi i sal i° di chinina, a piccole dosi, presi siste~aticamente giorno per giorno, anche con brevi interruzioni, riescono non solo un mezzo terapeutico efficace, ma anche un ollimo profilattico, ma ss ime se ad essi si unisce una cura toni co-ricos titu ente.
Considerando la facilità con cui i parassiti in ge nerale e quell i de lla mal aria in particolare si ridestano in organismi debilitati, in cui i poteri vitali si siano più o meno abbassati, siffatti individui debbono mettersi il più che sia possibile in co ndizione da resistere, da mitigare, non essendo facile lo scongiurarli, gli effetti debilitanti del clima di :Massa ua, con una ben regolata ig iene. :Massimamente essi debbono premunirsi contro tutte le altre cause di malattie contemplate nei precedenti paragrali.
Se, pur osservando scrupolo sam ente tutti questi precetti , le febbri malariche poi si manifestino, è necessar io non esitare , dopo averle curate (o anche prima) a proporre ·subito il rimpatrio del co nvalescente , se si vogliono evitare le ri cadute e gli effetti d'un maggiore debilitamento.
Cura. - Sarehbe quasi inopportuno par lare della cura , giacché anche i profani conoscono i me ravigl iosi effetti dei sali di chin in a in tali febbri; a me però incomb e l'obb ligo d'insistere principalmente su du,1 fatti: via di amministrazione e dose del rimedio.
R'.cooosciuta la natur,1 malarica della febbre, l'esperienza ha dimostrato che la via ipodermi ca è l'unica <la preferirsi per somminislrJre il rimedio. I catarri aastrici e imestina1· o I. a1 quali, per quanto leggieri . quasi nessuno, che ,·ive a :\Jass,1ua, riesce a sottrarsi, nllenuano molto o neutralizzano l'efficacia del chinino, amministrato per bocca limitandone . ' o 11nped~nùo~e !'assorbimento; mentr'esso a sua volta, per la sua azione 1rntan1e, aJ!grava le condizioni del catarro .
Il chinino dovrebbe inieuarsi in principio a dose "enerosa nel primo giorno non meno di 1- 1. 20 gr., seconio i casi' e_ nei giorni consecutivi a dosi minori, fino a 0,60 gr . :i; giorno. Il Lavera n {I. c.) consiglia d'interrompere dal 9° al ,15" giorno, e poi ripren1lere con le stesse piccole dosi fino al ~0° giorno, in cui si attaccherebbe la cura di china. Al 250 giorno si riprenderebb ero. solo per 5 giorni di seguito, i sali di chinina a piccole. dosi.
. ~ra tutti i composti di chinina, sen za dubb io, è preferibil e 11 b1cloruro, come più solubile, o, in difetto, l'idroclorato 0 anche il bisolfato.

Ouando si può aspettare, il rimedio si somministrerà durante l'apiressia; diversamente qualsiasi tempo è opportuno.
Tanto in principio che nel corso della malattia ho trovato sempre opportuno ed indicato combattere la coprostasi, sia coi purganti, sia anche mediante gli enteroclismi.
Rl ee rehe s ull' ambi e nt e est e rno .
Quesle ri cerch e furono anzitullo direlle sugli alimenti e sulle bevande, e furono ricerche puramente elmintologiche.
Contemporaneamente e in tempi successivi furon fatte r icer-
)IAi \TTlE FEBB1t1Ll PIÙ C011U~I A )!ASSAUA I i89 che batteriologiche sulla cute dei febbricitanti, sull'aria, sul· l'acqua e sul suolo.
Au\!E'\TI, - Ad eccezione delle patate guaste, nelle quali mi occorse di ri scontrare larve di dilleri, identiche a quelle che aveva giù trovate nelle feci <li uno dei febbricitanti da me studiali ( 1), io non fui più fortun.110 degli elm intolorii nel rintracciare i veicoli, che rendevano cosi frequenti gli elminti nell'inlestino dei miei febhricitanli. Le ricerche sui polli mi portar(l no alla scoperta di una nuova specie di Lenia, la piit grossa di quelle finora descrille netrinteslino di questi uccelli, che chiamai 1'enia di!Jonopora (2): essa è fornita d'uno scolice mollo rassomigliante a quello dell iL'l'enia sayinata. }l erita di essere rilevato il fallo, che, mentre rarissimamente s'incontrano nella carne dei buoi di Massaua i cislicerchi di questa tenia, viceversa poi essa si riscontra tanto frequentemente nell'intestino dell'uomo.
~ell'acqua constatai una volta la prese nza di cristalli di acido urico, che poi si riconohbe essere dovuti alle sporche abitudini degl'indigeni addetti al distillatore. .
Cur&. - Le ri cerche furono limitate semplicemente alla ente dello dita, come quella che più si prestava; non furono perciò moltCI estese . Ad esse procedeva versando direttamente su di un dito, anche ripetute volte, un miscuglio di gelatina e agar o fucus, ovvero tenendo immerso un dito in questi terreni di cultura per un te mpo vnriabile: indi distendeva piastre.
~essn n microrganismo son riuscito in tal modo ad isolare, che si fosse potuto identificare a qualcuno dei patogeni co- nosciuti, ovvero che, sperimentato poi su conigli e su cavie, a,·es5e dimostrata qualche virtù patogena. Le sarcine, massime la Sarcina nlba, erano sempre predominanti. oltre qualche bacillo rassomigliante al Subtilis (Ehrenberg) ed altri del genere Protew; .
•\RIA. - Le prime ricerche hall~riologiche dell'aria, da me eseguite , rimontano ai primi del 1889, quando sulla Garilmldi si ebbe una grande epidemia di febbri cosiddette climatiche . Recentemente ho avuto opportunità di ripetere le stesse ricerche anche a terra.

.\Ile analisi qualitative ho proceduto esponendo liberamente all'aria, a varia altezza dal suolo e per un tempo anch'esso variabile, piastre di agar semplice o in miscuilio con la gelatina, feue di patate cotte, oHero scatole di Petri sterilizzate, nelle quali poi versava il terreno di cultura. Questi vari saggi erano ,1uindi esaminati in tempi successi\'i d1 2 a 8 giorni.
'1assime dopo una pioggia, quando cioè si moltiplicavano i casi di febbri, le muffe predominavano straordinariamen te.
Fra esse la più fret1uente era I' ispn·r1illus niger; in ordine di frequenza \'eoiYano poi il Penicillium 9laucw11, il Jfucor mucedo, l'Oidium Tuckeri, gli .ispergillus flavus e glaac1i~ . 'fra gli schizomiceti si sono mostrale sempre predomioanli le sarcine, massime la Sarcina alba e la Sarcina aurantiaca. Frecruenti volte ho ollenuto il Meyaterinni, del quale ho potuto distinguere ci nque val'ietà, fondale principalmente su differenze di tinte, che presentavano le culture su agar e su patate, dal uianco al bianco-grigiastro, nl giallo, e sul potere di fondere la gelalina più o meno pronunziato per ciascu na delle cinque varietà. Inoltre è notevole anche la frequenza con cui si sono mostrali alcuni bacilli mobili, molto affini fra loro e caratterizzati :,Opt'aUullo pel fatto, che coltivati in su-
DELLE MALATJIE FEDD!llLI PIÙ COMU:N"I A MASSAUA 14-91
perficie su mezzi trasparenti presentano. chi più chi meno, sot~o varia incidenza dei raggi luminosi, i più svariati colori dell'iride, dal rubino al verde smeraldo: in tubi di cultura si sviluppano massimamente in superfìcie, oè fondono la ge· latina.
Infine, nell'aria ùi hatteria della regia nave Gari/Jaldi mi e riuscito d'isolare due nuovi cromogeoi dell'aria, che ho chiamati l'uno Bosso .lfassaun, l'altro Giallo JJfassaua. avuto ri guardo al colorito. che presentnno in culture.
li l-lo.v1fu .llassaua ì• un bacillo mobiJe, lungo 3.76 µ, grosso ·I ,2G µ, ad estremità anolondate e leggermente ricurvo nel mezzo: rarissimamente si presenta io filamenti, che non superano io lunghezza 8.35 µ. Tn gocce pendenti mostra una leggerissima tinta ginllo-paglia.
Xon si colora col metodo di Gram, nè con quello di Loeffier, nè in generale ba molt'affinità pei colori di anilina. Per ottenerne buoni preparati colorati ì.• preferibile servirsi di una soluzione idroalcolica recente di fnxina è lasciarveli per circa 20 ore.
Questo bacillo non fonde la gelatina . Ha un lentissimo accrescimento, anche ad alla temperatura, e passa bentosto nelle cosiddeue forme involutive, che si possono rassomigliare ad ili o a grossi fermenti. Col liquido di Ziel non m, è stato possibile accertare alcuna formazione di spore, per quanto prolungala fosse staia la colorazione.
Fra i cromogeni conosciuti t' uno di 1.JUelli che pitt difficilmente risente l'azione decolorante della luce e dell'alta temperalura.
Placchi-culture. - È preferibile prepararle da recenti culture in brodo . Fra il 4° e il :5° giorno le colonie raggiungono appena il diametro di 1 µ. sono rotonde, splendenti, bianco-grigiastre, a contorno ·netto e linamente striate. Cn seguito, a misura che iograndiscono, assumono uoa leggerissima tinta giallo-rosea, che diviene sempre più carica e, verso il 16° giorno, d'un bel rosso-corallo: solo in questo stadio sono visibili ad occhio oudo. Le colonie profonde presentaoo allora un diametro di 6 µ. e le superficiali di I'.2 µ. in media: sono rotonde, a contorno nello, a conteno lo nelle une fortemente striato e radiolalo, ne!le altre omogeneo e compatto.
Culture ùi tubi. - Io gelatina forma un tenuissimo gambo biancastro, finamente punteggiato, sormontato da una testolina poco sollevala, d'u n bel colorito rosso-corallo, che talvolta si diffonde per breve tratLo anche lungo il gambo. Se l'innesto si fa in focus, lo strato superficiale di questo acquista una tinta bianco-porcellana, sulla quale spicca maggiormente il colorito rosso della cultura. In miscuglio di gelatina e agar la cultura si diffonde su tutta la superficie sotto forma di una strntificazione rosso-corallo più o meno spessa.
Su agar obliquamente rappreso, e soprattutto su agar glicerinato la cultura si estende lungo il solco lascialo dall 'a d'innesto e poco lateralmente ; ha un aspetto umido, lucido,. come di vernice . I l colorito rosso di\'iene sempre più ca ri coll'invecchiarsi della cultura. Quando l'agar non è asci utto, accade anche per questa quello che si verifica per culla re di altri microrganismi, che cioè si stabil iscon<i a distanza piccole colonie rotondeggianti come tante tesloline di spillo.

I n brodo leggermenle alcalino la cultura si deposi ta sotto forma d'una nubecola biancastra, che in seguito acqui~ta nn colorito roseo, senza intorbidare il brodo, quando non s i agiti : non forma alcuna pelli cola alla superficie di esso. La nubecola del fondo risulta di esilissimi filamenti intrecciati fra di loro, come una tela di ragno, e in alcuni pu ~ i, do ve
DEU.R MALATTIE FEDDRIL: Pllf COMUNI A MASSAUA 1 i.93 questi s'intersecano , ìl colorito roseo mostrasi più appari!il'ente. Queste culture si conservano per lunghissimo tempo.
Su 71acate, ma non sempre, la cultura acquista maggiore s, iluppo. e presentasi come uno strato, non molto spesso, d'un bel colorito rosso-corallo, di aspetto granelloso, umido, traslucido, che va sempre più raddensandosi.
TI Giallo Jlassaua è un hel cocco di varia grandezza, do! diametro medio di 11.67 µ: in gocce pendenti si presenta sotto forma di diplococco, streptococco o di zooglea. Si colora benissimo e rapidamente coi semplici colori di anilioa.
Ha uno sviluppo poco rigoglioso a temperature inferiori a 20° C. e fonde lentamente la gelatina al 5 p. 100. È indifferente pel suo sviluppo la reazione del mezzo di cultura .
Le colonie sono rotondeggianti, d'un IJel colorito J,?iallo <l'oro carico, finissimamente granulose, a co ntorno nello, molto compatte. Le superlìciali differiscono dalle profonde per uua ma,gi;:ior grandezza e compattezza. si sollevano molto sulla superficie della gelatina. come piccoli blocchetti, e verso il settimo giorno acquistano anche come una finissima merl ettatura al conlorno.
La cultura in luho di gelatina ha forma di chiodo, di cui il ~amho ha un colorito giallo - cedrino ed è granelloso. La testa è piccola, giallo-caricn, compatta, come una crosticina, che non si disgrega nella gelatina fusa.
Su a,qar forma uno strato sottile. poco esteso, a superficie opaca . asciutta e granulosa. come un colore ad olio. Lo stesso aspello assume la cultura su palate.
Intorbida il brodo, formando un deposito fìo cconoso giallopaglia, senz'alcuna pellicola superfic iale.
Lo Staphyloroccus pyOfJmes aur1•11s risulta di cocchi mollo più piccoli, forma su patate e su agar culture a superficie umida, traslucida ; fonde rapidissimamente la gelatina; le colonie si dissolvono facilmente nell'acqua. non si presentano compalle; infine ha potere patogeno. Per tali ca ratteri, stabilili su osservazioni di confronto, non può accadere confusiope fra esso e il Giallo .Massaua dcscriLLo.
Ho sperimentalo ciascuno di questi microrga nismi isolati dall'aria su coni gli e su cavie: ma, comunque avessi variato lo sperimento, non ho otlennto mai alcuna renzio ne.
Dell'aria mi convenne fare anche anali~i oalleriologiche quantitative: avendo notato che in alcu ni siti della Garibaldi , p. es. in corridoio, le febbri si prendevano più facilme nte che in altri, volli comparare fra loro queste diverse locali tà anche sotto il punto di vista dei baueri contenutivi. Non disponendo del tubo di Hesse, nè di altri appa recchi più o meno esatti per analisi quanlilatire dell'aria, ne preparai all'uopo uno semplicissimo: 1n tre piccoli Erlenm eyer a larga bocca, che aveva chiusi con tappi di sughero rivestiti di cotone e poi debitamente sterilizzati, versava un miscug lio di gelatina e agar in modo da formare un piccolo strato nel fondo. Ciascun tappo era altraversal,) da due grossi tuhi ripiegati a gomito, l'uno alTerénte, che si arrestava a bre ve distanza dalla superficie del mezzo di cultura, l'altro_efferen te, che attraversava semplicemente il lappo senza sporgere da esso. I tre matraccelli erano poi riuniti fra loro con tubi di caucciù, in modo che il tubo efferente dell'uno er11 collegato coll'afiercote dell'altro; il primo tubo afferente e l'ul timo efferente erano chiusi con cotone. Cosi preparati i tre matraccelli coi tel'reui di cultura, eran o sterilizzati, e poscia la chiusura coi tappi di sughero era completata versand ovi sopra un po' di paraffi na. Quando voleva procedere all'a nalisi, il tubo efferente, rimnsto lib ero, era collegato ad un aspiratore ad acqua della capacità di tre litri , e, nell' allo d'incominciare l'aspirazione, toglieva il tappo di cotone dal
DEI.LE llAUTTIE FEBJlRll) PJÙ COMUNI A 'IASSAU A 149i, primo tubo afferente rimasto libero. L'aspirazione si espletava lentamente in 8 minuti primi, ed a ciascuna nnalisi per lo più procedeva dalle 9 alle 11 pomeridiane.
L'aria di coperta in due successire ri cerche non diede alcuna colo nia. Rip etuto l'esperimento dopo un violento ncq uazzone in diversi punti della nave, si ebbe ciascuna volta. solo nel pr=roo dei tre matraccelli , una colonia di sarcina ed una a due muffe. Adu nr1ue in tre litri di aria libera erano eontenuti 3-3 germi.
L'aria pre~a da l centro della batt-eria in un primo esperimento diede due colonie; dopo un acquazzone tre.
~ell'aria di c01-ri,loio in diversi successivi esperime nti trovai sempre 3-.i. coloni e.
Da ciò si rileva che i batteri, con tenuti nell'aria della Gari/Jalrli, erano relativame nte molto scarsi, che essi subi.ano un leggiero aumento sotto l'inOuenza delle piogge e nell'aria confinata dei hassi ridolli della nave.
AcouA . - L'acq11a era presa sia dal cerniere. da dove bevevano i marinai, ;,;ia dai recipienti in uso, sia direl!amento dal distillatore. I hatteri in essa contenuti erano per lo più identici a quei bacilli mobìli, da non confondersi co l B. typh(lsus, già indicati nelle ricerche dell'aria, caratterizzati dalla loro straordinaria iri descenza nell e cu lture in superficie; \'i erano anche parecchie sarci ne ; cli ifomiceti per lo più nes5u n ger me.

Gli esperimenti fatti con questi microrganismi su coni~ li e su cavie non mi hanno mostrato per alcuno di essi virtù patogena apprezzabile.
Le analisi batteriologiche quan1itative ·furono omesse, soprattutto per difetto dei mezzi opportuni: si poteva però giudicare a colpo d'occhio che i batteri contenuti in quest'acq ua erano piuttosto scarsi.
1496 Studio Etiologico E Clinico
Feci ricerche batteriologiche anche sul ghiaccio di Norvegia, allora in uso a Massaua, e da questo mi fu dato isolare due innocue sarcine.
Recenlemenle, maoifeslatasi l'epidemia colerica a Massaua. e~tesi le mie ricerche su tulle le acque della Colonia Eritrea; lale lavo_ro, abbaslanza faticoso, non scevro di pericoli, riusci di pubblica utilitii, inquantochè a me fu dato in tal modo di poler dichiarare corno sicuramente inquin ata l'acqna dei pozzi di Ghinda per la presenza dello Spirilliim cholerae asiaticae (Koch) (1). Qnesto risnllalo dis11razia1amente è slalo poi coni:er~alo da una prova di folto, essendosi avuti dopo parecchi g1orn i nuovi casi di colera, segui ti da morte.. per l'uso di quest'acqua (2). , s1 u mostrata ancora molto virulenta!
SuoLO. - Nelle ricerr-he batteriologiche del suolo neanche mi è riuscito accertare la presenza di microrc,anismi che l') , • o per frequenza o per provata virtù patogena, meritassP-ro speciale menzione.
Il suolo umido circostante ai pozzi , trovati inquinati per la presenza dello Spirillwn cholerae asiaticae, o forteme nte sospelli, mi si è mostralo anch'esso sospetto, quantunqu non mi fosse riuscito isolarne lo spirillo colerigeno. Oa uno; di questi terreni mi riuscì d'isolare un bacillo cromogeno, che potrebbe identificarsi all'indicus, isolato per la prima voi dal Koch a Calcutta (3) .
• (~) PA~Q~A~R. - Ricerche batteriologiche sul colera a Alassaua e comid&1 azioni ig1ent~lle (Gioma l e meàico àel li.• E sercito e della JU Jlfarina. t 89t). Una ct'.ltura d1 questo spirillo cole1·igeno, da mc isolato a l>Jassau.i e spedita d.01~0 circa nove mesi al!' Istituto igienico di Berlino, sperimentala dal Kocb.
(2) N_oto co_n piacere, che al presente si sono gi~ attuati molti rtei provvedimenti 1gien1c1, da mo proposti lu delta Rel a::;io1w.

(3) !I Koch, confermando questo ratto, trova ìnteressanle che 11uesta specie, non riscontrata ancora nella zona tc'mperata, giù per la seconda volUL sia stata trovata in un luogo tropicale: forse è una specie esclusiva dei tropici. Al pr~ sente io l'ho isolata anche dall'aria del Gabinetto balterioloaico di questo
R. • Ospedale principale, dove dev'essersi cliffusa.
RIEPILOGO.
Come ho detto in principio, scopo precipuo di questi miei studi fu di stabilire. coi dati della ricerca sul sanoue dei feb • " bricitanti, se Massaua fosse sede d'infezione palustre, ed, o,e ciò non risultasse, determinare, possibilmente , quale fosse l'agente specifico di quelle febbri, abbastanza frequenti, che in certo qnal modo si erano ritenute come speciali di -Massana, ed erano state indicate col nome di {t>bbri 1·emittenti climatiche.
Ora, dando uno sguardo generale a quanto ho fin qui esposto e considerando i ri,mltarnimti delle mie ricerche ed osservazioni cliniche, è lecito concludere:
I O Massaua non può ritenersi sede d'infezione palustre; vi si possono bensì avere, come in altri climi, piuuosto facilmente casi di febbri malariche per infezione contratta altrove;
2° Non si hanno criteri snfficienti per poter ammellere colà un'entità morbosa sui generis, distinta col nome di febbre remittente climatica: questa più facilmente lrova posto fra le /ebbri comnni continue, di cui sarebbe una forma meno lieve e a decorsi) protr~tto ;
3° Fra le possibili malattie febbrili comuni, o per lo meno che, in certi casi, potrebbero fa1~ilmente co nfondersi con le febbri com imi continue a lungo decorso , sono da annoverarsi quelle da infezione tifica, massime le forme cosiddette abortive e le forme le ggiere.
Riassumendo, la principali ragioni, che fanno escludere la malaria da Massaua, sono: a) In 2a0 analisi qualitative del sa ngue. fatte su 8!5 di quei febbricitanti_, in diverse epoche, sia mediante preparati a fresco. sia anche mediante preparati co lorali, meno in 8 casi, che li.inno dato un reperto speciale, mai bo potuto constatare gli ematozoari della malaria; b) Le numero se analisi quantitative, ci rca I 00 , del sangue dei suddetti febbricitanti non hanno rivelalo mai una notevole ipoglobulia, quale si osserva nella infezione malarica, anzi, durante il periodo febbrile e sopraltutto nell'aorne, hanno dato un aumento, probabilmente relativo, abbastanza rilevante delle emazie: e) In generale le analisi delle urine, circa 3.20 , in nessun periodo del processo febbrile, e neanche nei periodi apiretici, hanno mostrato un aumento sensibile dell'uroeritrina e del cloruro di sodio; d) Per quanto abbia insi$tentemente ricercato, non mi è stato possibile osservare un sol caso di febbre malarica fra gl'indigeni propri di )fassaua, che non ahbiano contralla l'infezione ahrove; e) Le febbri dominanti a :\lassaua si ~llontanano per note, oli dati clinici dalle intermittenti malari che, e, se molle fra esse, per la forma clinica, s i rassomigliano alla remittente continua palustre dei pae:,i caldi, pure, pei risultati principalmente delle mie ricerche su l sangue, non può ammettersi identità fra loro;
{I A mia conoscenza non vi è esempio di vera cachessia palustre, neanche fra qu egl'individui, che hanno fatto colà, e parlo sempre di Massaua, lunghissimo sop-giorno; g) ~leno per quei pochi casi di e!>tranea provenienza, il chinino non cura quelle febbri, nè le previene, comu nque e in t[Ualsiasi dose es,-o sia somministrato; h' I pochi casi di febbri malariche. non più di 8. da me osservati, sia per le ragioni innanzi esposte, sia pei dati di nici, sia soprallullo pel reperto dell'e5ame del sangue, che non ha mostralo le !'orme tipiche degli ematozoari delta mahria nei loro diversi cicli ernlu1ivi. non possono ascrirersi ad un'infezione recente, contralla cioè proprio a )Iassaua, il the Yit,n confermato anche dai precedenti anamnestici di ciascun infermo.
Jn quanto alle febbri cosiddeLte climatiche c'è da osservare che tutte le malattie (nonchè l:l vita normale) risentono del· l'in lluenza debilitante del clima di Massaua, srecie dell'alta temperatura ambiente, e quindi si allontanano nella loro estrinsecazione sifTallamente dal tipo, cui appartengono, che la diagnosi spesso ne diviene oltremodo difficile. Tutte perciò potrebbero essere indicate cola come malattie climatiche, il d1e, senza nulla chiarire, darebbe luogo ad un confusionismo imbarazzante e dannoso, come quello che regnò nP.i primi anni dell'occupazione.
L'antico aforismo « ogni ammalato è un libro nuoro » tanto più resta comprovalo dai fatti, per quanto le osservazioni ven go no estese con metodo comparativo su individui ammalati si della stessa malattia in climi diversi. Si noterehbero allora, come nel fatto io ho potuto notare, non lievi dif · fere nze cliniche in rapporto a 11uesti, rn,1 non per •1uesto si penserebbe certo a fare di ciascun caso una nuova entità morhos.,.

Ora, delle febbri da mo studiate a Massaua, per nessuna risultano criteri tali da giustificare 110'eccezione in questo senso; onde sarebbe desiderabile che la diagnosi di {l'l,ln·e r emittente climatica non faccia pi(t capolino nelle relazioni stalistico-sanitarie della nostra colonia, tanto più che tale malattia , pur essendo stata ammessa già da lunga pezza dai sanitari di altre regioni , finora non ha preso posto in patologia.

Riassumo qui appresso le ragioni, che depongono contro questa nuova forma febbrile, e, subordinatamente, quelle che la fanno rientrare nel quadro clinico delle febbri com1mi contin·ue: a) Ammesso pure che in base a sintomi speciali si possa ancora oggi parlare di una nuova entita morbosa, in ordine ad un'esperienza piuttosto larga, che ho potuto avere delle febbri, le quali , in certo qual modo, si vollero ritenere come speciali di ~1assaua, posso affermare, che il quadro clinico di es.se non può dirsi costante nè speciale; b) Se fossero strettamente legate al clima, dovrebbero manifestarsi al principio dell'acclimatamento e rendere pii1 resistenti quelli che le hanno gin sofferte una volta, e che perciò si sono acclimatati; invece vi è chi ne è colpito arrivando a Massaua, chi dopo 5. 6 e più mesi, e d'allra parte chi ne resta affatto immune. Inoltre le recidive sono facili e r;petute; c) Gl'indigeni non ne vanno esenti, sebbene i casi fra essi siano pinttosto rari; d) ~on richiedono una cura specifica; invece tulli i precetti igienici, destinati a garantire l'organismo contro i facili raffreddori e a migliorare opportunamente la vittit 1zione, nonchè le cure destinate a combattere i sintomi parziali della malattia, massime la coprostasi e l'elmintonosi iutestinale, si
DBLLE M \LATTIE FEBBRILI PIÙ C01lUNI A )lASSAUA 150 I so no mostrati mezzi sufficienti a prevenire queste febbri e a guarirle ; e; ~on risulta dalle ricerche etiologiche, da me finora compiute, alcun agente specifico come causa di queste febbri; però, soprattutlo l'aver osservato ch'esse si mostran? promi~ scuamente in f{Uei periodi in cui dominano le /ebbrt conwni co ntinue, e che, al pari di queste, seguono piuttosto le vici!'si tudinì atmosferiche e le condizioni speciali di dimora e di vila degl'individui che ne sono colpiti, fa ritenere che queste febbri abbiano un'etiolotia specifica comune a tutte, la quale forse potrà essere accertata con altri mezzì di ricerca, che ulteriori progressi scienti lici saranno per indicare; f) In!ine, oltre alle suindicate considerazioni eziologiche, la straordinaria rassomiglianza della forma clinicn, che, fatta astrazione del più lungo decorso, potrebbe dirsi completa, permette di comprendere fJUe~te febbri cosiddette climatiche fra le comuni c'Jntinue, delle quali sono da considerarsi come una varietà a decorso protrallo, per l'insorgere di disturbi piLL 0 meno notevoli da parte dell'apparecchio digerente .
Su per giù questo stesso concello riportò il Laveran (1. c.) della febbre climatica ammessa in Algeria; ecco infatto come si esprime questo competentissìmo autore al riguardo: « Aprés cinq années de recherches infructueuses, je crois pouvoir
« dire qu'il n'y a pas en Algérie d'entité morbide, clistincte
« des espèces nosologiquesconnues, à laquelle on puisse appli-
« quer le nom de fièvre climalique; et que, si la chaleur almo -
« sphérique modilie plus ou moins l'évolution des maladies
« fébri les, elle ne crèe jamais des fièvres de toules pièces;
\< en d'autres termes, qt1'il n' y a pas de.; lìèvres climatiques
« proprement dites, mais seulement des fièvres modifiées par « le climat. ))
Infine , esclusa la malaria da .\l assauc>. non potendo ritenere come speciali del luogo le febbri ch e ,·i dominano~ una na resta aperta nlle ulteriori ricerche da farsi, la quale è stata gii1 tracciala in questo lavoro, :Studiare cioè e stabilire, co l sussidio dell'indagin e eLiolo;ica. le vnrie forme cliniche che può assumere colit l'infezione lilìca .