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9i4- RIVISTA
La questione medico-legale resta cosi segnalat.a, ma non risolta, secondo l'esplicita dichiarazione delrautore.
Non esistono mezzi pe r prevenire l'osteoma, ma non deYesi trascurarfl l'applicazione di quelli che possono essere utili, ad esempio l'immobilizzazione assoluta in seguilo a c~ mpressione elastica: poi a malattia confermata frizioni, massaggio, compressione esercitala sul tumore con tamponi di ovatta mantenuti con lacci elastici.
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Resta infine il trattamento chirurgico propriamente detto l'ablazione cioè dell'osteoma: questa ru praticata quattr~ volte: una senza risùllato e tre con pieno succ~sso.
Occorre quindi distinguere quattro forme di osteomi, e cioè: llimozione di oalooll blUarl per mezzo dl soluzione etere . - JOHN WALKER. - (The Lancet, aprile 1891).
1• Quelli non dolorosi e non sopprimenti la capacità al lavoro.
2° Quelli non dolorosi, ma sopprimenti la capacità al lavoro.
3° Quelli dolorosi ma non sopprimenti la capacità lavoro.
4° Quelli dolorosi sopprimenti la capacità al lavoro.
Nella prima categoria si consiglia l'astensione, nelle altre tre categorie è indicat.a l'operazione.
Nel giorno 7 marzo 1890 l'autore fu chiamato a visitare. una donna di 27 anni, che fin dall'età di 9 anni soffriva di dol~ri intestina!'. attribuiti ad indigestioni, dolori che da quattro anni_ erano stati riconosciuti dipendenti da calcolosi epatica .
Chirurgica 975
sette giorni dopo la colica si ripetè, il calcolo si sentiva nel tto cistico, ma era immobile; si amministrò ipodermicado nte la morfina a forte dose, ma nel giorno 26 marzo, imrne~versando il dolore, l'autore si accinse alla colecistotomia, iarrliò direttamente sulla guida del calcolo sottostante con in-~1-0ne verticale sul fondo della cistifellea, nella quale si tro- c10varono diversi calcoli che furono estr atti, ma nel dotto cistico, ve ne era incastrato uno che non fu possibile spingere nella cistifellea, quindi fu spezzalo con l'aiuto di un piccolo cucchiaio di Volkmann, e<l est1•atto in frammenti assieme ad n altro piccolo calcolo ancor più lontano dalla cisti.
Le Jabbra della ferita della ci::ìtifelleafurono cucite con quelle della ferita parietale, nella cistifellea fu introdotto un tubo da drena~gio, e furono applicale compresse assorbenti. Nel uiorno seguente la l.empefatura salì a 39° ma alla sera di · I:) • • scese a 37',5, dopo di che si mantenne normale pel resto della cura.
Il 29 marzo vi fu vomito inquietante di liquido verdastro, quindi fu rimosso il tubo, ed il vomito cessò, la convale1:'ienza progredì senza interruzione fìnchè l'ammalata lasciò l'ospedale con la fistola di buon aspetto ma non ancora chiusa, gemente un liquido simile a bianco d'uovo, che senza dubbio era dovuto alla secrezione della cistifellea. Essa continuò a sentirsi bene con la fistola aperta per oltre un mese, poi fu presa da forti dolori addominali prodotti da un altro calcolo che attraversava il dott0 cistico, e che si poteva sentire con uno specillo introdotto nella fistola.
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Gli attacchi si ripetevano con frequenza, in uno degli ult1m1 v'era itterizia, ed il dolore era calmato dopo insistenti m anipolazioni che probabilmente aveYano spinto il calcolo nell'intestino, perchè nel giorno dopo fu trovato fra le fecc ie.
In un seguente accesso l' autore poté senti re attraverso le magre pareti addomin11.li un altro calcolo, ma per quanti ma· neggiamenti usasse, non riusci a farlo passare nell'intestino quindi lo respinge nella cistifellea, con grande sollievo dell'io~ ferma.
L'autore provò ad estrarlo con delle pinzette, ma non riuscì; allora lavò la cistifellea con una soluzione calda di acido borico, poi insinu ò nella fistola un tubo di vetro fino a raggiungere il calcolo, e nel tubo per mezzo di una piccola siringa iniettò una miscela a parli uguali d'etere e glicerina. Questa iniezione produsse una sensazione di bruciore che durò per qualch e tempo, e lasciò l'inferma abbattuta per tutta la giornata, ma il dolore gradatamente scemò, è nel giorno seguente, esaminando con uno specillo la cistifellea ed il dotto cistico, l'autore non trovò più il cal~olo, e l"inferma non aveva P!ù dolore.
Rivjsta Chirurgica
Perma nendo dunque una fistola, si può sciogliere in 8 ; un calcolo biliare con l'elere glicerinato, cosa che non rebbe stata più possibile se la fistola fosse chiusa.
RIVISTA Dl OCULIS TI CA
N:M1ER, maggiore medico, professore a Val-de-Grace. Uso dell'ottometl'o Schelner per la. misura delle a 111 tropie semplici (metodo Parent) e dell'astlgmatl a (metodo Hintzy). - (Archioes de Médecine luglio 1891}.
Antico e notissimo, l'oUometro Scheiner, é costituito d un sotlile disco opaco, anche se vuolsi da una sempli carta da giuoco, anllerita, con due fori stenopeici, fo ri spillo, a r eciproca distànza inferiore a quello del diame t medio pupillare.
I due fasci di raggi paralleli (essendo la fonte luminos una candela normale, p. es., ad almeno 5 metri di distanza attraversano separati il campo pupillare, concorrendo nel l'emmelropo ad un unico fuoco retinico, donde vista disti 11 t e netta; nelripermetrope, ad accomodazione silente, il fuoc é post-retinico, nel miope pre-retinico, donòe due imma"i retiniche distinte, omonime o cr ociate, rapporto ai· fori ;te n0peici, e che nell' esteriorarsi dovendo necessariarnenl farlo per la via segnata dalla normale a l punto retinico im pr essionato, danno immagini seconda rie, sensoriali, n primo caso crociate, nel secondo omonime. Tale fatto pu rendersi nettamente, direttamente appariscente armando l' u foro d'un vetrino rosso, !"altro d'un vetrino verde (Parent).
Se que8to semplicissimo istrumento si sostituisce allo spec chietto riflessore d'un ollalmoscopio a rifrazione s:emplic (senza cioè len ti cilindriche) si ha l'otlom etro in questione .
Tenuti i due fori innanzi alla pupilla e b~n orizzontali e guardando la candela collocata ad almeno 5 metri, per poter e considerare i raggi incidenti come paralleli, si vedrà:
Riv1sta Di Oculistica 977
1• Una sola .fiamma ..... Ora ciò può e:,.sere per chè: a) !'istrumento é male collocato, e l'individuo non vede er un $Olo dei fori; ma allora se si interpone una lente che p <l • fi ' h Il · · f · ( · itiva, e si ascen e cosi n anc e a e pm orti persino P?~O diottrie): la immagine manlie11si unica; di b) J'indivi,luo é ipermetrope, ma corregge il difetto acmodando; ma usancio delle lenti come $Opra si arriva ad co 8 che da la diplopia omonima (la lente immediatamente ~:feriore misura allora la ipermetropia manifesta); 1 e) l'individuo è emmetroµe; anche colla lente più debOle (p. es. 1 diottria) allora si manifesta diplopia omonima.
20 Du ~ immagini crociate = ipe rmetropia: la !':i misura facen do passtire i11naozi rocchio la serie delle lenlicine con,•esse. La distanza tra le due immagini va co$ì gr·adatamente diminuendo e finalmente si ha la fusione delle due immagini, e la lente che ciò adduce è la correltiva della ipermetropia .... . Se poi si usa della lente superiore della serie si ha di nuovo diplopia ma omonima, segno evidente di sopra correz ione.

30 Due immagini omonime = miopia: la lente negativa unifìcan le ne è la misuratrice; la superiore dara immagini crociate..... Può però a ver·si ancora omonimismo se é in giuoco , efficace la accomodazione.
Per misurare l'astigmatismo, dopo avere in un primo esame proceduto come sopra fu detto, si colloca l'istrumentino in modo che i fo ri siano esattamente verticali, iniziando l'esperimento colla correttrice trovata, determinala nel pl'imo esame sul meridiano orizzontale, e se è insufficiente la si aumenta nella miopia, la si diminuisce nell'ipermetropia. Se trattasi d'astigmatismo contrario alla regola (meridiano orizzonta le cioè più rifranger.te del verticale) si usano le lenii in senso iowrso (diminuendo le negative, aumentando le positive).
Per semplificare ancora più l'e!;perimento é necessario, è utile almeno, collocar e i due vetri colorati sempre nello stesso senso, il rosso, p. es., sempre. a destra o semp re in alto. Naluralment.e i risul tati del proposto mezzo misuratore vanno riscontrati con altre modalita d'esame, coll'esame obiettivo, ecc . B.
Di Oculistica 979
Determinazione sollecita obbiettiva della rifrazione lare per mezzo della schiasoopla (metodo modificato prof. ScHWEIGER). - ÙVERWEY, maggiore medico. - (De militii.ri.intl. Zeitsehr(ft, 1.890).
La sd1iascopia é un metodo semplice e facile ad app dersi e dà risultali sicuri, di modo che lo stesso profes Schweiger trova opportuno raccomandarla in modo p colare a coloro che sono poco flSercilBti nell'esame ad i magine diritta e mi ha incaricato di diffondere tra i colleghi la conoscenza del metodo che ora verrò a des vere. Esso si differenzia per cerli riguardi dagli altri ad ora praticati; la modificazione, si può dire anzi il pe zionamento, dd metodo si deve al prof. Schweiger.
A ffU"'Ì signori che vògliono apprendere questo metod consiglierei di procedere nella seguente maniera. In camera oscura l'osservatore si mette davanti acl un m· di grado elevato, cioé miopia di -i diottl'ie = M. 1/ 10 e all a distanza di circa 1 / , metro, come si usa a mettersi l'esame ad immagine rovesciata . Se le pupille dell' esa nando sono mediocremente dilatate, come è il caso so nei soggetti giovan i, p. es. nei soldati, non fa bisogno aie preparazione, in caso contrario si può ottenere la midriasi una soluz :one all'1 p. 100 di omat ropina. La lucerna é col cata lateralmente e un po' di dietro del pazien te in modo i suoi occhi si trovino nella completa oscurità. Se si vu esaminare l'occhio destro l'osservatore fa guardare al sopra del proprio occhio destro verso la parete relros della camera ed illumina l'occhi0 da osservarsi coll'ot moscopio piano. La forma dello spec0hio piano é indi rente, ma in oimi caso deve essere uno specchio piano. vede così la pupilla rosseggiante, illuminata uuiformeme in tutto il suo campo . L'osservatore si ferma in questa sizione per alcuni secondi, si accerta che il paziente gua tranquillo nella di rezione indicatagli, e quindi fa ruotare specchio in piccolissime escursioni sul suo asse ve rti da destra a sinistra. Allora il campo pupillare che dappri era completamente luminose, viene oscurato in parte ve e: 0 segmento temporale da un'ombra falciforme che, con1~ ::odo la rotazione dello specchio da destra a sinistra, si tin . . ·1 I fi. l d nza sempre p1u verso I segmento r:asa e uo a c 1e a ava ·11 b S d' · ttiroo tutta la pupi a ne resta ottene rata. e 1 nuovo s1 ~ 8 ruotare lo specchi? in .direz!one contraria , la pupilla comincia dapprima ad 1llumrnars1 nuovamente dalla parte del So a lla luce segue subito l'ombra che lentamente si avanza 08 , · verso la tempia. Queste ombre che si muovono costituiscono ppunto l'obiettivo della nostra osservazione; di qui il nome :el metodo Schaltenprobe, prooa delle ombre. P drimenti si muovono le ombre dall'alto in basso se Io specchio viene ruota lo dall'alto in basso, e viceversa.

Stabiliamo adunque il fatto che nel caso ora supposto d1 forte miopia le ombre si sono mosse in una direzione op- . posta a quella in cui si è ruotato lo specchio. Il fenomeno contrario si verifica nei miopi di grado leggero, negli emmeLropi e negli ipermetropi, nei quali le ombre camminano nella stessa direzione nella qnale gira l' ottalmoscopio. Ed in seuso pure contrario avviene il fenomeno se si adopera uno specchio concavo; in questo caso le ombre si muovono. in direzione contraria ne~li emmetropi ed ipermetropi, in dirnione omologa nei miopi.
Ritorniamo al nostro miope, e conosciuto bene il movimen Lo dell'ombra, ci avviciniamo lentamente all'occhio esaminalo continuando sempre la prova. Si osserverà mentre che quest'ombra, da principio er a discretamente oscura ben delimitata a forma di falce ben distinta e s i moveva lentamente. avvicinandoci noi maggiormente questa diventa meno oscura, meno distinta, perde la forma semilunare e cammina più presto. Continuando ad avvicinarci si arriva ad un punto in cui l'ombra incomincia a muoversi nello stesso senso dello specchio. A questo punto dobbiamo fermarci per misurare o far misurare la distanza tra il nostro occhio e quello del paziente perchè quella distanza ci dà il punto rimoto dell'occh io miope osservato e quindi il grado di miopia. Se, p. es., questa distanza risulta di 6 pollici = 15 cm., avremo miopia 1/ , = 6 1/ 1 diottrie.
Nel prendere bene questa distanza havvi una certa diffi- coltà (però l'unica), poichè non sempre ci vien fatto di conoscere il vero punto dove cessa un movimento e comin l'altro. Ci si riesce solo con un certo esercizio, non si sono dar regole a questo proposito.
Per rendere il processo più facile converrà che il prin piante si eserciti dapprima sopra un miope grave di cui conosca il punto rimoto e a quel punto, determinato p r i col nastrino, si collochi coll'ottalmoscopio in faccia al paziente. Se, p. es., l'occhio da esaminarsi è M. 1/ 6 , qui col punto rimoto a 6 po:Iici, a quella distanza l'osservatore accerta che il movimento delle ombre si fa nella stessa rezione dJlle rotazioni d~ll'ottalmoscopio. È un fatto sin lare , ma pure accade, che egli veda bensì le ombre a m vnsi, ma non sappia dire con certezza e subito in qual sen avven~a. il movimento.
In, questo modo è possibile determinare una miopia grado elevato. Ora cosa si verifica, in un miope di gra leggero? Supposto che noi stiamo alltt distanza di 50 cm. punto rimoto di un miope di i diottria = M. 1/40 , sareb situato dietro di noi, cioè ad 1 metro da vanti ali' occhio servato, e la nostra posizione coinciderebbe coa quella punto rimoto di un miope di 2 diottrie M. 1/,t,, quindi in a bedue i casi vedremmo le ombre muo versi nello stesso sen dell'oLtalmoseopio. Soltanto con una miopia 1/tt = 3 diott il punto rimoto si troverebbe tra il nostro occhio e quel dell'esaminando, e perciò il movimento delle ombre si rebbe in senso contrario a riuello dello specchio. P e r que rt1gione egli è necessario che per i primi sperimenti scelga un miope di grado forte .
Ma nulla- vi ha di più semplice che convertire un mio l eggero in un miope grave col mettergli dinnanzi all'occ una forte lente positiva. Se, p. es., abbiamo da fare con miope di 1 diottria gli si metta una lente di + 5 ed egli troverà nella stessa condizione di un miope di 6 diottrie.
Nello !=:lesso modo un emmetrope con quella stessa len sarà come un miope di 5 diottrie, ed egualmente di un ipe metrope, a seconda del grado della sua ipermetropia n pos~iamo fare un miope di 4 diottrie, di 3, di 2, ecc. Ques
Di Ocul1st1ca 981
"dio semplifica di molto il processo e lo rende perciò <:USSI .• - Jto adatto ali uso mihlare. fll~e dobbiamo determinare lo stato di rifrazione ignoto di indi viduo facciàmo dapprima la prova delle ombre senza un lente positiva. Le ombre si muovono decisamente in di!ziooe contraria allo specchio ed allora è certo che abbiamo da fare con un miope di grado elevato. ln questo caso determineremo il grado della sua miopia nel modo sopra indicBto senza lenti positive. Se vi ha dubbio sulla direzione del movimento , oppur e questo si fa in !"enso omologo a quello dello specchio, a~plichiamo una lente convessa di 5 diottrie == + 1/ 1 e facciamo ancora la prova delle ombre; 8 seconda della. distanza alla quale l'ombra incomincia a muoversi nello stesso ~enso av remo i s e guenti dati:
Distanza misurata: 12,5 cm., significa: 3 D. M. = M . l/i1
» » 14,0 )) » 2 D. M. = M. ½o
» » 16,0 » » J D. M. = M. 1/"'
• » 20,0 » ,, emmetropia
» » 25,0 » >) 1 D. H. = H. •; 40
» l) 33,0 i, » 2 D. H. = H. 1/ to
» ,, o0,0 » » 3 D. H. = H . 'In colle lenti sunnominate non si possono determinare gradi più forti di ipermetropia i quali richiedono l'uso di lenti più forti, sempre, ben s'intende, che l'osservator-e stia alla distaoza di 1/, metro già fissata. Se non ostante l'applirazione delle lenti + 5 diottrie l'ombra mantiene il suo movimento omologo oppure presenta un movimento non bene deciso, allora si ricorre alla lente po~itiva di 8 diottrie = + 1 / 5 ed avremo questi altri risultati: Distanza misurata: 12,5 cm., significa: emmetropia

» » 14,0 • >> 1 D. H.= H. 1 / 40
» » 16,0 » » 2 D. H. = H. 1/to
» » 20,0 » » 30.H.=H. 1/n
» » 25,0 » » 4D. H:-= H. 1/ 10
» » 33,0 » » 5 D. H.= H. 'fs
» ,i 50,0 • • 6 D. H. = H. 1ft '/, Questo numero di lenti convesse dovrebbe bastsre pel maggior numero dei casi.
Dl OCUUSTlCA 983
Io quanto alla misurazione della distanza non vi é alc difficolta potendo esser fatta da qualunque persona. Per , dere più comoda questa misurazione il prof. Schweiger fatto annettere all'o ttalmoscopio piano un nastrino misurato che applicato coll' estremita libera ali' occhio osservato svolge fuori dalla sua custodia di mano in mano che l'oss . e valore s1 allontana e rientra automaticamente quando l'os valore s'avvicina , e per di più si può fissa r e a volontà a q lunque distanza.
Fnrse si sarà notato c he lino ad o ra qui non si fece rola di rilasciamimto d'accomodazione. L'individuo esa nato deve naturalmente rilasciare la sua accomodazione che ciò avvenga abbiamo sufficiente garanzia dal Jatto 'c egli tiene un occhio all'oscuro e che fissa un punto lon tan pure all'oscur,, (1) Ma l'osservatore non abbiso,.,oa alfa di ril~ciare la propria accomodazione e qui si: un alt grande vantaggio del nostro metodo. Chi può ancora ace modare bene a 15 fino a 20 cm. di distanza, non abbisog per sè d'alcuna p reparazione, in queste condizic,ni si trova i giovani e la maggior parte dei miopi. Gli altri devono f: uso della lente correttiva adattata, sia da tenersi davan all'occhio oppure da applicarsi al po rtal ~nte dietro l'oUalm scopio piano.
In q~anto aH'astigmatismo, anche questa anomalia può e sertJ 1·1c~nosc1uta e valutata colla schiascopia, poichè J ombre s1 muovono diversamente a seconda che si fa ru ta~e lo specchio sul suo assa verticale oppure su quel! orizzontale, e noi possiamo determinare la. rifrazione separata.mente per ogni meridiano principale.
S~ noi~ p. es., alla usuale distanza e s e nza l'applicazi one di leoh_ vediamo le ombre muoversi in senso opposto quando ruotiamo lo s~ecchio s,ufl'as se verticale, in senso omologo quando lo ruotiamo sull asse orizzontale , saremo certi d'1c1vere a fare con un astigmatismo e precisamente che in le miopia grave, neJrallro miopia leggera. emmed. 00 es1s . . · 18 e 1·permetropia il che si r·olrll poi ùeterm1nare m . oppur , · tropia I lenti in parte con le lenti convesse. Anche la te c:enza e par_ . · <lei meridiani principali può essere tl eterm10ata e se omuone . t· P bliqua se ne ha un'immagine caralter1s 1ca, se, p. es. •ta cO . , . qu lo <;pecchio sul suo asse verllcale I o mbra 110n s1 I 1·uotare · ' lt d C(I • di·reziooe o rizzontale ma bensi obliqua dall a o e 0 ve1n ' · rou er"O al bass:o e all'internn, ecc. Non meno coratlPr1sterno v - ' . . , · e . " la manife«tazione d1 ombra irregolare nell asL1gma- tica "' · 5 • uolare come p. es. quello i,ro lotto da op11cament1 tisrno 1rreo · , ' · della cornea.
(l) In casi eccezionali si puo far uso dell'omatropioa.
-etodo per 11 trattamento del tracoma oronioo. 1(1lOV0 - 891 _ Jo1-1NSON. - (Wiener med. Wochens ., N. 13, 1 . ).
.· di esporre il suo metodo di cur a su questa affezione P1 1ma . . . . · t' · d I . ra alcur1P- ronsiderazioni sm sintomi caratte1·1s 1c1 e I autore . f 11· 1· o· b ·1 ,1uale «i diaanostica <la.Ila presenza det o 1co 1. 1 rnor o, 1 "' •• uesta affezione di«lingue tre stadu: . . . q 1• Il primo stadio è caratterizzato da p r ohferaz1one dei follicoli ; esso è accompagnato <la panno più o ~eno grave.
2• li secondo stadio, quello della degenerazione ~ ras~ e dell'alterhzione dei follicoli è seguilo da ulceri con sviluppo cli tessuto granulante. . . . ..
3• L'u ltimo stadio, quello della formazione d1 c1catr1c1, rappresenta la fine natural e del pr ocesso.
Dal punto di vista terapeutico il più imµorta'.1te é 11 P:•mo stadio poichè soltaf'Jlo io que.,to si può raggiungere p1ena-ment; 10 5:Copo, cioè 1Jttenere la -,.estìtutio acl inieg~um suo metodo s i riassume cosi: il paziente viene cloroform1z-
Il motivo i:er cui i metoùi cu rativi fino ad ~ra U!"al_1 no_n eh: bero che scarsi effetti starebbero io ciò che I mezzi unp1egah in quella terapia non agivano che superficialmente. D'altra parte il gal vauo-cauterio che si faceva penetrare ad un~ cerla profondità era causa di tali ~ica trici, che queste, a fine di ~ura, costilui,·ano per sè ::;ole una infermità più ~rave della prima. Ora l'autore avrebbe trovato nella elettrolisi un mezzo con cui si possono attaccare i follicoli aperti flno_al loro fondo.

984 RlVCSTA zato, la palpebra superiore é rivolta in allo da una spttlola cli gomma indurita e tenuta ben distesa con un uncino. Quindi, col così detlo solcatore (silonneur), il quale é un a combinazione di lre piccoli coltelli, si praticano dei lagli da un margine all'altro della palpebra ne l tessuto congiunti vale tracomatoso; questi tagli variano in profondità a second a della elevatezza dei folli coli. Fatto un primo taglio si applica di nuovo lo strumento in modo cbe il collellmo superiore corrisponda col solco inferiore e così di seguito fino che si è solcalo il cul-di-sscco congiuntivale. L'emorragia che segue a questi tagli, talvolta è ragguardevole, e si f'rena comprimendo la congiuntiva con piumacciuoli di ovatta impregnali di a cido borico oppure di idronaflol dll'l: 100. Poscia si applica ai due solchi superiori un eleltrode con due punte che si fanno lentamente striscia re nei due solchi e così si fil. poi per i solchi inferiori (la corrente non deve essere troppo forte allrimenti sor ge una violenta reazione e la guarigione ne è ritardata di mollo). Da ultimo si instilla la cocaina al 5 p. 100 e si insuffla il calomelano; se avviene forte reazione, si &pplicherà il ghiaccio .
Nelle prime 48 ore la secrezione é abbondante e molli follicoli si morliOcano, m a subito dopo si manifesta il miglioram ento e le ferite c1catr1zzano prestamente. Dopo una settimuua si vedono le ft!rite già cicatrizzale, nascoste s otto una membranella rosseg~iante.
Quando le ferit e sono c.ompletamente rimarginate si lavano giornal m ente le palpebre con soluzione calda d'acido borico. Durante la cura il paziente può stare alzalo. Bisogna fare somma attenzione perché durante l'alto operativo non sia toccala la co rnea , poiché altrimenti si provocano ulceri ed anche ascessi corneali. L'operazione praticata attentamente non fu mai segu[ta <la viziosa posizione delle palpebre (ectropion ed entropion). Con questo metodo si gu arirono individui cbe da 5 a 10 anni furono soggetti a cure continue nelle cliniche.
Dopo l'operazione, si mandi , se è possibile, l'infermo a soggior11are in luoghi elevali; quanto più alto é il luogo sopr a il livello del mare, sarà tanto meglio. Ad un'altezza di 200 metri
Di
OCULISTICA
985
a Pe rde il suo carattere contagioso (Chibret); ed é un I tracoro , d Il 1 · ioto che seauendo 11 cor so d un fiume a a oce uo orma, 1 "' • fa "ente si rileva una diminuzione pro:zress,va del tralla sor,., . · · , · d I R a Ile popolaziotli' cosl s1 è verificalo nelle "alh e eno, coma ne . ' della Loira e del Nilo.
lUV lST A DI ANAT OJIIA E FISIOLOG IA
Normale E Patologica
U' llminasione d ei prodotti azotati toHl ci aooumulati De e G tt d s· ·t nell'eoonomia . - L. R EYNAUD - ( a~e e es opi a , N. 25, 1891).

T O addietro le malattie cagionate dai disturbi della nu. ~ro~ si attribuivano soltanto ai prodotti acidi, soprattutto tr1z1on G . B b rd i all'acido urico; ma, dopo i lavori di ~utier e ouc a .'
I. banno dimostrato in ogni cellula vivente, una fabbrica qua 1 ' • • b · · di alcaloid i tossici, si é 1-iconosciulo ch e questi prod~tl1 . as1~1, ptomaine e leucomaine, quando non ~enga~o ehm1~at1,. a~.· c:ubit amenle in modo polente sui centri nervosi e d1ven- scono , .. tano la causa prima di una serie di disordini pal~log1c1. . .
Per eliminare queste sostanze tossiche, si è ricorso a1 diuretici, ai sudori!'eri ed ai purganti. . • . . . .
I reni, quando sono sani, sono una buona via d elmunaz1one, ma, il µiù spesso, vi ha insuftìcienza re_nale, causata dalle nefriti croniche O da scl erosi del parencluma renale; perché, sendo G. J ohnson e Murchison, la deg-enerazione dei r eni é CO • d · soventi la conseiuenza dell'eliminazione altraver30 i rem e1 prodotti di una nutrizione difettosa. . . .
La pelle è una via di supplemenlo molto debole per I ehm'.nazione. Vennero consigliali i bagni di vapore e ruso della p1~ locarpioa, ma questi mézzi stancano il malato e sop r allullo h indeboliscono e non si può prolungare il loro uso senza incouvenien li.
La medicazione purguliva tiene ìl primo posto: essa é superiore ella diurelica. Perciò é necessario adoperare un pu~ ganle che provochi !'cariche sierose e che, colla sua composizioue, possa trascinare, combinandosi con essi. i prodotti tossici accumulati nell'economia. I sali neutri di magnesia soddisfano in parle a queste coocli:doni; e!'si è eterminano abbondanti scariche sierose, e per la tendenza, indicata da Wurlz , che hanno di formare sali doppi ammon iacali solubili, l'autore crede che, adoperati come pnrgtmti, essi assorbano, combinandosi con essi, i prodolli di decomposizioni basiche , come l'ammoniaca eù an che le ptomaine e le leucomaine. Per essicu..arseoe rautore ha raccolto orin~ dopo Ja sommioistraz ,one di un sale di magnesia; quesle orine, addizionate di fo sfato di soda banno lasciato deporre, poco tempo dopo, numerosi cristalli difosfato - ammonio-magnesiaco, facilmente riconoscibili col microscopio.
Le scariche sierose determinate da questo purgante, filtrale ed e vaporate, hanno lasciato un residuo che, scaldalo in un tubo di vetro con della potassa, sviluppava facilmente gas ammoniaco, riconoscibile al suo odore.
Questo residuo, s~iolto coll'etere, ha fornito ptomaine e la soluzione alcoolica ha dato leuein e e leucoprotein e. Questi prodotti basici di decomposizione essendo elimin11ti rimangono nell'organismo i residui azotati acidi ùella nutrizionfl, come gli acidi urico, ossalico ed altri acidi organ ici, in particolare gh acidi grassi volatili.
Per completare l'azione dei sali di magnesia neutri, allo scopo di eliminare questi veleni coi precedenti, il farmacista R oy di Parigi ha composto un sale di magnesia con un eccesso di soda e di magnesia, che egli chiama sale di magnesia alcalina. Ques to sale, per la sua proprietà alcalina neutralizza ed elimina , sciogliendoli, i residui azotati acidi della nutl'izione; trascina cosi, combin1rndo!'i con essi, lntti i prodotti tossici accumulati nell'econ0mia e devi', 1-1 parere dt'll'Aul< •rt', essere consid>!rato co me un Jepurativo chimico d1 primo ordine.
Il drenaggio del Sflllgue con que~lo sa.le ~di ma~sia alca-
Di Anatomia E Fisiologia 987

l. "'ciuan do i prodotti azotati di decompo<::izione, :.pie~a i )Joa, 1 ~: ottenuti dal suo uso nella cura della liliasi biliare, ucces::,1 5 11 , besilà, Jèl diabete, della golla, della renella, del reuma~ de O di certe affezicrni dell6 pelle, cli diversi disturbi cer ebra li l,1slllO, . . . 1· d 6 di malattie nervose; infine in tutte I~ malal~1e pr~ve~1en 1 a d . turbo della nutrizione o da un difetto d1 el1mmaz1one. un is . . . .
1 sali purgati v1 Mutr1 lasciano se~_pre, d~po 11 lor~ uso, ~na sLipazione ostinata, prodotta dall 1rr1Laz1one sull mtesllno cdo r acidi biliari eliminati da quesli sali. Adoperando la maeg I • t · g\ parere dell'autore questo sale di _magnesia alcalina é i! dolce dei purganti e può essere cons1dereto come 11 mezzo pm razionale per combattere _la costipazione.
· 0 discorso si òV iter t'bbe questo grave mconvemen e, crnes1a , " endo gli acidi biliari neutralizzati dalla soda e dalla rnaess esia in eccesso contenuti in questa preparazione.