Dott. Antonino Zarcone La 6^ Divisione Cecoslovacca in Italia 1. PREMESSA Alle ore 12 del 4 novembre 1918 il Comando Supremo italiano emette il comunicato n. 1268 che sancisce la ine delle ostilità fra il Regno d’Italia e gli Imperi centrali: “La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una czeco slovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è inita”. Con esso, il generale Diaz, che è il irmatario, intende ricordare il contributo fornito dalle nazioni amiche ed alleate alla vittoriosa offensiva inale italiana. Un ringraziamento rivolto anche ai militari della divisione cecoslovacca che, costituita in Italia con ex prigionieri di guerra dell’Imperiale e Regio Esercito austro ungarico, è alla base della nascita della nascita dell’esercito del nuovo stato europeo. La formazione della grande unità, il passaggio dallo stato di prigionia a quello di cobelligeranza di tanti militari cecoslovacchi, avviene con qualche dificoltà per molteplici ragioni: difidenza per gli ex avversari aggiunta a questioni geopolitiche sull’assetto futuro della nuova Europa. Oggi, a cento anni dall’inizio del primo conlitto mondiale, in un momento di grave crisi di consenso delle istituzioni europee, appare opportuno ricordare quegli eventi che videro i popoli prima non colpevoli antagonisti sulle trincee del Carso e poi alleati nella lotta per l’emancipazione e la libertà dei popoli. Mantenere memoria di coloro che col sacriicio della vita hanno suggellato il rapporto di amicizia fra l’Italia e le repubbliche Ceca e Slovacca non è più uno strumento per condividere la storia. Il ricordo di scelte passate oggi può essere un mezzo idoneo a favorire un maggiore rapporto di collaborazione all’interno di quella comunità europea che da tanti anni contribuisce a mantenere una pace duratura nel vecchio continente. 2. LA PRIGIONIA DI GUERRA IN ITALIA DURANTE LA GRANDE GUERRA Con l’inizio del conlitto, anche l’Italia nel rispetto delle convenzioni internazionali istituisce l’organizzazione volta alla gestione dei numerosi soldati appartenenti all’esercito austro-ungarico, caduti nelle mani del Regio Esercito nel corso delle operazioni condotte sul Carso e sul fronte alpino. Le masse dei prigionieri di guerra, dopo un brevissimo periodo di transito nelle retrovie del fronte in cui sono posti al vaglio dei servizi informazione militari, sono distribuite in una serie di campi di prigionia distanti dal teatro delle operazioni. Separati gli uficiali dalla truppa, i militari catturati, sulla base dell’appartenenza etnica, sono assegnati a campi di prigionia dislocati su tutto il territorio nazionale, dalla pianura padana ino alle regioni del Sud ed alle Isole, specialmente in Sicilia. Dai documenti militari risultano attivi in Italia i campi di prigionia a: Alessandria, Montichiari (BS), Bellagio (CO), Quingentole - San Benedetto Po (MN), Scorzè (VE), Grezzana (VE), Verona, Rovigo, Conselve – Bondeno (FE), Riccione (RN), Riserba, Portoferraio (LI), Villa Quercianella (LI), Firenze, Vallombrosa (FI), Servigliano (AP), Fonte d’Amore (AQ), Avezzano (AQ), Rieti, Cittaducale (RI), San Vito Romano (Roma), Viterbo, Castello Baia (NA), Castellamare di Stabia (NA), Polla (SA), Sala Consilina (SA), Padula (SA), Nocera (SA), Venosa (BA), Palermo, Bagheria (PA), Marsala (TP), Milazzo (ME), Vittoria (SR), Asinara (SS), Monte Narba (CA). Tra i campi, quelli più grandi risultano all’Asinara, con circa 20.000 prigionieri, e di Vittoria, con circa 15.000 prigionieri.
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