
33 minute read
“La Legione Ceco-slovacca in Italia”
Pavel Helan Rappor ti italo-cecoslovacchi durante la Grande Guerra e nel periodo postbellico
I rapporti italo-cecoslovacchi non iniziarono solo dopo la costituzione formale della Cecoslovacchia, ma si svilupparono fortemente già nel corso della Prima Guerra Mondiale. Il protagonista principale del programma della nascita della Cecoslovacchia indipendente, Tomáš Garrigue Masaryk, già nel dicembre 1914 lasciò l’Austria-Ungheria per Roma. Nonostante l’Italia ebbe nelle rilessioni dei capi dell’esilio cecoslovacco un ruolo importante, per un lungo periodo le loro attività principali si svolsero in altri Stati, in particolare in Svizzera, poi in Francia e in Gran Bretagna. Uno degli interessi principali di Masaryk e dei suoi collaboratori riuniti nel Consiglio Nazionale Cecoslovacco,1 costituitosi nel 1916 in Francia, fu la formazione di un esercito composto da volontari cechi e slovacchi, che avrebbero partecipato al ianco dell‘Intesa nei combattimenti contro le Potenze Centrali. Erano consapevoli che la partecipazione attiva di un tale esercito nei combattimenti avrebbe costituito un valido argomento a sostegno della nascita di uno Stato cecoslovacco indipendente sul piano internazionale. Tali unità, le legioni cecoslovacche, si sono costituite con successo prima in Russia, poi in Francia ed inine proprio in Italia. Quale fu però la consapevolezza del programma cecoslovacco sulla Penisola appenninica? Nonostante all’inizio della Prima Guerra Mondiale non si poteva parlare della sua conoscenza o del suo sostegno in termini generali, bisogna dire che già il 12 marzo 1915 Gaetano Salvemini – come uno dei primi in Italia – nell’articolo „Finis Austriae“ pubblicato sull’Unità scrisse dello Stato autonomo composto dalla Boemia e dalla Moravia e nell’ottobre dello stesso anno il socialista italiano Leonida Bissolati a Cremona pronunciò la frase „delenda Austria“, e cioè il programma secondo il quale la monarchia asburgica doveva essere distrutta. Nei campi di prigionia italiani si trovarono verso la ine del 1916 più di 10 000 Cechi e Slovacchi, ciò signiica che esisteva un potenziale suficiente, su cui si poteva contare per trovare volontari per la formazione di un esercito cecoslovacco che avrebbe combattuto al ianco dell’Intesa. Tuttavia solo nel 1918 entrò in vigore la procedura che permetteva la costituzione di un vero e proprio esercito cecoslovacco in Italia, formato dai prigionieri di guerra su base volontaria. Inoltre già dal 1916 nelle linee italiane furono attive piccole squadre, i cosiddetti “informatori”, “interpreti”, “propagandisti” o “reparti di esploratori”, costituite da volontari provenienti dalle ile dei prigionieri cechi e slovacchi.2
Advertisement
1 Il 6 febbraio 1916 furono adottati gli statuti del Consiglio Nazionale, nei quali venivano deiniti gli obiettivi politici, diplomatici e militari, così come le modalità di inanziamento e di propaganda. Il 10 febbraio 1916 furono nominati i membri del Consiglio – Tomáš Garrigue Masaryk - il futuro primo Presidente della Cecoslovacchia (presidente), Edvard Beneš – il futuro secondo Presidente della Cecoslovacchia (segretario generale), Josef Dürich e Milan Rastislav Štefánik (membri). La sede del Consiglio divenne
Parigi e successivamente vennero fondate altre sezioni in Russia, a Roma e negli Stati Uniti. All’inizio il
Consiglio si chiamava uficialmente Consiglio Nazionale dei Paesi Cechi. Dopo le proteste degli Slovacchi d‘America esso prese più tardi il nome di Consiglio Nazionale Cecoslovacco. Cfr. Vojenský ústřední archiv –
Vojenský historický archiv Praha [Archivio centrale Militare - Archivio Storico Militare di Praga], fondazione
Československá národní rada [Consiglio Nazionale Cecoslovacco], III/5, numero 5100, 5001. D. HÁJKOVÁ, I.
ŠŤOVÍČEK, H. NOVÁČKOVÁ (a cura di) Edvard Beneš a Milan R. Štefánik – Svědectví jejich dopisů [Edvard Beneš e Milan R. Štefánik – la Testimonianza delle loro lettere], “Sborník archivních prací“, LII (2004), 2, p. 604 (E.
Beneš a M. R. Štefánik, 26. 11. 1916); D. HÁJKOVÁ, I. ŠEDIVÝ (a cura di), Korespondence T. G. Masaryk – E.
Beneš 1914–1918 [La corrispondenza tra T. G. Masaryk e Edvard Beneš 1914-1918], Masarykův Ústav AV ČR,
Praha 2004, p. 79 (E. Beneš a T. G. Masaryk, 2. 4. 1916). 2 K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J. ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští legionáři (1914-1920) [I legionari cecoslovacchi (1914-1920)], Mladá fronta, Praha 1996, pp. 162-169.
Sul territorio italiano, tra i membri del Consiglio Nazionale, il personaggio più attivo fu evidentemente Milan Rastislav Štefánik. La sua prima permanenza di carattere politico-militare sul territorio italiano ebbe luogo già nell’inverno del 1915. Egli tornò in Italia subito nella primavera dell’anno successivo. Quella volta visitò a Roma, lo Stato maggiore dell’esercito italiano a Udine e a Venezia incontrò Gabriele d’Annunzio. Partecipò attivamente ai sorvoli sopra le linee nemiche, dove faceva cadere dagli aerei manifesti che invitavano i soldati di nazionalità ceca e slovacca a disertare e a unirsi agli Italiani.3 Contemporaneamente l’ingegnere ceco Karel Veselý, precedentemente internato in Sardegna, riuscì nel 1916 a convincere gli uficiali italiani del Ministero della Guerra a separare i prigionieri di guerra nei campi secondo la loro nazionalità e ad aprire a Roma un uficio che forniva alla società italiana informazioni sulla questione cecoslovacca. Per appoggiare le aspirazioni d’indipendenza cecoslovacca l’11 gennaio 1917 a cura del deputato Pietro Lanza, principe di Scalea, si formò in Italia sotto il patrocinio dell’associazione Dante Alighieri un “Comitato italiano per l’indipendenza czeco-slovacca”, del quale divenne segretario generale il conte Franco Spada. Esso ebbe come obiettivo quello di dif fondere in Italia l’idea della nascita del nuovo Stato e di creare nell’opinione pubblica e nelle sfere governative la necessaria atmosfera favorevole per la costituzione di un corpo volontario cecoslovacco sul fronte italiano. Fino al maggio del 1918 il Comitato poteva contare su una vasta organizzazione composta da 120 sezioni, con oltre 33 corrispondenti in città minori. Tra le varie personalità che aderirono al progetto, si potevano contare 57 senatori e 142 deputati del parlamento italiano, e anche l’allora giornalista Benito Mussolini.4 I prigionieri di guerra di nazionalità ceca, concentrati in massa nel campo di prigionia di Santa Maria Capua Vetere, fondarono il 15 gennaio 1917 il “Československý dobrovolnický sbor” (Corpo d’armata volontario cecoslovacco), per coloro che sentivano “il dovere morale di combattere con le armi per l’indipendenza della nazione e dello Stato cecoslovacco”5. Durante i primi quattro giorni si iscrissero 230 membri e il Corpo mandò la notizia della sua esistenza a Parigi al Consiglio Nazionale dei Paesi cecoslovacchi. A luglio, quando i prigionieri di guerra furono trasferiti alla Certosa di Padula, il Corpo contava circa 2.000 membri. Dal marzo dello stesso anno iniziarono anche a pubblicare una rivista: V boj! (Alle armi!). Dal febbraio 1917 gli uficiali cechi furono concentrati anche nei campi di Polla e Finale Marina; alcuni di loro già dal 1916 avevano provato a dare una forma di organizzazione ai prigionieri cechi e slovacchi.6 Le legioni cecoslovacche ricevettero maggiore attenzione in Italia dopo la battaglia di Zborov in Russia del luglio 1917, divenuta famosa in tutti gli ambienti dell’Intesa grazie alla vittoria ottenuta dai soldati provenienti proprio dalle ile dei prigionieri austro-ungarici di nazionalità ceca e slovacca. Contemporaneamente alcuni giornali in Italia cominciarono a parlare del movimento cecoslovacco.
3 Durante i voli acquisiva informazioni di carattere strategico per l’esercito italiano. Vedi Giuseppe PAROLIN,
L’attività politica, militare e diplomatica di Milan Rastislav Štefánik in Italia, Mondo Slavo 16, 1976, pp. 8695. 4 Sul Comitato italiano per l’indipendenza cecoslovacca cfr. C. GOTTI PORCINARI, Coi legionari cecoslovacchi al fronte italiano ed in Slovacchia, Ministero della Guerra, Comando del Corpo di stato maggiore, Uficio storico, Roma 1933, pp. 27-33; cfr. AUSSME (Archivio dell’Uficio Storico dello Stato Maggiore Esercito)
Roma, b. E 11, fascicolo 64, doc. Il comitato italiano per l’indipendenza czeco-slovacca – note riassuntive; cfr. AUSSME Roma, b. E 11, fascicolo 64, doc. Missione militare italiana in Boemia – relazione generale (dicembre 1918 – giugno 1919), p. 1. Per i rapporti di B. Mussolini con il movimento cecoslovacco durante la Prima Guerra Mondiale cfr. P. HELAN, Mussolini e le legioni cecoslovacche, “eSamizdat”, I (2003) 1, pp. 93–102. 5 K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J. ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští, cit., p. 52. 6 Ivi, pp. 52-53.
Nel gennaio 1917 giunse per la prima volta in Italia, per fare opera di propaganda, anche Edvard Beneš, allora membro del Consiglio Nazionale Cecoslovacco. In quell’occasione venne a contatto con diversi giornalisti e politici. Il 24 gennaio fu ricevuto anche al Ministero degli Af fari Esteri dal segretario generale De Martino.7 Inoltre nella primavera del 1917 uscì in italiano un suo opuscolo intitolato “La Boemia contro l’Austria-Ungheria”.8 Anche il ministro degli Af fari Esteri italiano, il barone Sidney Sonnino, cominciò ad interessarsi all’attività del Consiglio Nazionale dei Paesi cecoslovacchi e chiese all’ambasciatore italiano a Parigi informazioni su T.G. Masaryk e sui suoi collaboratori. Nella primavera del 1917 invitò a Roma Milan Rastislav Štefánik, e dal momento che quest’ultimo non poteva venire a causa del suo imminente viaggio in America, il ministro invitò Edvard Beneš, che tornò in Italia alla ine di agosto. È però necessario ricordare che Sonnino non fu favorevole alla distruzione dell’Austria-Ungheria.9 Il 10 luglio 1917 il generale Carlo Porro dello Stato Maggiore italiano scrisse al ministro della guerra Gaetano Giardino di essere favorevole alla fondazione di reparti di truppe cecoslovacche provenienti dalle ile dei prigionieri che si trovavano in Italia. Il risultato della corrispondenza tra le personalità italiane, incluso il primo ministro Paolo Boselli, fu l’ordine di Sonnino, risalente alla ine dell’agosto 1917, in base al quale i prigionieri di guerra cechi e slovacchi sarebbero stati isolati da altri prigionieri. In seguito Sonnino ordinò la formazione di reparti cecoslovacchi, da non inviarsi però al fronte italiano o francese, bensì da destinarsi a lavori ausiliari nelle retrovie.10 Ciò non corrispondeva af fatto alle intenzioni del Consiglio Nazionale Cecoslovacco, ma il Governo italiano non cambiò opinione neanche dopo la visita di Beneš a Sonnino nel settembre 1917 quando l’esponente ceco propose al Governo italiano l’impiego nelle ile italiane di prigionieri cechi riuniti in una speciale legione.11 La sconitta di Caporetto causò un cambiamento nel punto di vista italiano sulla questione cecoslovacca. Circa in questo periodo – il 16 dicembre 1917 – fu fondato un esercito autonomo cecoslovacco in Francia. Questi eventi fecero sì che la questione dell’esercito volontario dei cecoslovacchi venisse messa all’ordine del giorno nel parlamento italiano. Il 20 dicembre 1917 il deputato Francesco Arca propose alla Camera dei Deputati la creazione delle legioni cecoslovacche anche in Italia.12 Nel febbraio del 1918 l’onorevole Arnaldo Agnelli, che da tempo agiva nel campo delle relazioni italo-cecoslovacche, presentò alla camera un’interpellanza ai ministri degli esteri e della guerra per sapere “se non credessero opportuno ed urgente di attuare, come in Francia, il disegno da tempo suggerito e caldeggiato, di formare e inquadrare una legione di volontari cechi, reclutati
7 E. BENEŠ, Světová válka a naše revoluce [La guerra mondiale e la nostra rivoluzione], I, Orbis a čin, Praha 1929, pp. 262-274. 8 D. HÁJKOVÁ, E. KALIVODOVÁ (a cura di), Deníky Edvarda a Hany Benešových z období první světové války [I diari di Edvard e Hana Beneš nel periodo della Prima Guerra Mondiale], Nakladatelství [Casa editrice] Lidové noviny, Praha 2013, nota dal 16 gennaio 1917; E. BENEŠ, La Boemia contro l’Austria-Ungheria: la libertà degli Czeco-Slovacchi e l´Italia, Ausonia, Roma 1917. 9 E. BENEŠ, Světová, cit., I, p. 374 e segg. 10 Cfr. la nota del ministro della Guerra Giardino a Beneš del 4 ottobre 1917, in: E. BENEŠ, Světová, cit., dokumenty,III, doc. 102, pp. 307-309; cfr. K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J. ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští, cit., p. 128. 11 Cfr. la lettera di Beneš al segretario generale del Ministero degli Affari Esteri di Roma De Martino del 9. settembre 1917, in: E. BENEŠ, Světová, cit., III, dokumenty, doc. 101, pp. 303-307; Cfr. AUSSME, b. E 11, fascicolo 64, doc. La missione militare italiana in Boemia del 15 gennaio 1920, p. 1. Si deve sottolineare che tra gli uomini politici italiani vi fu da principio una certa riluttanza riguardo al problema dell’impegno militare dei prigionieri di guerra e che Sonnino per lungo tempo non credette alla distruzione dell’Austria – Ungheria, né la desiderava. Cfr. G. PAROLIN, L’attività,cit., p. 96. 12 Ivi, p. 133, K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J. ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští, cit., p. 145.
tra i nostri prigionieri di guerra, da impiegarsi, sia sul nostro fronte, sia sul fronte occidentale”.13 Simile proposta fu presentata anche in Senato, dove il senatore Leopoldo Pullé interpellò il ministro Sonnino chiedendo perché l’Italia esitasse riguardo alla formazione delle legioni cecoslovacche, considerando che Sonnino era tra i maggiori avversari del progetto. Tuttavia le alte sfere militari cominciavano ormai a occuparsi del problema.14 Nel febbraio del 1918 il generale Cadorna presentava una lunga memoria al Consiglio interalleato circa l’utilizzo di contingenti cecoslovacchi e jugoslavi a ianco degli eserciti dell’Intesa15 e un testo simile fu indirizzato nello stesso periodo anche dal colonnello Tullio Marchetti al Ministero della Guerra italiano.16 Finalmente il 12 febbraio 1918 arrivò a Certosa di Padula – dove erano concentrati prigionieri di guerra cechi e slovacchi - la decisione di Roma di formare immediatamente i battaglioni di lavoro cecoslovacchi destinati ad incarichi ausiliari nelle retrovie. In un breve lasso di tempo si arruolarono in tali formazioni più di 9.000 prigionieri. Alla ine di febbraio Milan Rastislav Štefánik, insieme con il ceco Ludvík Strimpl, si recarono nuovamente a Roma. Štefánik fu ricevuto dal primo ministro Vittorio Emanuele Orlando, dal re Vittorio Emanuele III, dal ministro della Guerra Vittorio Alieri, e da Sidney Sonnino.17 A questo periodo risale anche il memorandum mandato da Štefánik al governo italiano in cui illustrava la situazione cecoslovacca e chiedeva la costituzione dell’esercito cecoslovacco in Italia, spiegando i vantaggi che ne sarebbero derivati per l’Italia e l’Intesa.18 L’attività di Štefánik portò i suoi frutti: il 24 marzo 1918, il presidente del consiglio riuniva nel suo gabinetto il nuovo ministro della guerra, il generale Zuppelli, il generale Diaz e Štefánik per stabilire le condizioni secondo le quali i prigionieri cechi e slovacchi avrebbero dovuto essere formati in unità di combattimento.19 Il 27 marzo 1918, lo Stato maggiore italiano aveva incaricato il generale Andrea Graziani di preparare l’organizzazione dell’esercito cecoslovacco e dopo una consultazione con Štefánik egli fu nominato a capo di esso.20 Nel frattempo nel gennaio del 1918 fu costituito a Roma un Comitato per organizzare un convegno delle nazionalità oppresse dall’Austria-Ungheria. Esso ebbe luogo in Campidoglio tra l’8 e il 10 aprile. Vi parteciparono delegati italiani, francesi, britannici, cechi e slovacchi, slavi del sud, polacchi e romeni. Come delegati cechi e slovacchi erano presenti Milan Rastislav Štefánik, Edvard Beneš, Rudolf Gábriš, František Hlaváček, Antonín Papírník, Štefan Osuský, Jan Šeba e Lev Sychrava. I delegati furono ricevuti dal primo ministro Orlando, che si dimostrò favorevole all’iniziativa. Alla conclusione del congresso fu irmato un documento che proclamava il diritto di ogni nazione alla propria indipendenza politica ed economica.21
13 G. STUPARICH, La nazione ceca, Istituto per l’Europa Orientale, Roma 1922, p. 134. 14 E. BENEŠ, Světová,cit., III, dokumenty, doc. 108, pp. 321-325. 15 G. STUPARICH, La nazione,cit., p. 134. 16 E. BENEŠ, Světová,cit., III, dokumenty, doc. 108, pp. 321-325. 17 Vedi il riassunto conidenziale steso da Štefánik circa le sue conversazioni con Sonnino e comunicato a
Bissolati e Beneš (febbraio - marzo 1918), AUSSME, b. E-8/256 Cecoslovacchia, fascicolo Esercito e organizzazione, doc. n. 430/633, 8 marzo 1918, irmato dal gen. GIARDINO; cfr. K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J.
ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští,cit., p. 147. 18 A. KLIMEK (a cura di) Dokumenty Československé zahraniční politiky [I documenti della politica estera cecoslovacca], Vznik Československa 1918 [La costituzione della Cecoslovacchia 1918], Ústav mezinárodních vztahů, Praha 1994, doc. 18, pp. 70-77. 19 G. PAROLIN, L’attività,cit., p. 89. 20 Ivi, pp. 148-149. 21 Testo originale francese della “Résolution principale” in: A. KLIMEK (a cura di) Dokumenty,cit., doc. 20, p. 78; cfr. anche «Déclaration inale de la conférence», ibid. doc. 21, pp. 79-81. cfr. Il convegno delle nazioni oppresse a Roma, “Corriere della sera”, 9 marzo1918; sul congresso cfr. E. BENEŠ, Světová, cit., pp. 105-114;
M. CORNWALL, The Undermining of Austria-Hungary. The Battle for Hearts and Minds. Palgrave Macmillan,
London, New York 2000, s. 195–197; Cfr. G. STUPARICH, La nazione,cit., pp. 118-119.
Soprattutto per merito dell’impegno di Štefánik,22 il 21 aprile 1918, il giorno del Natale di Roma, fu irmata da lui e da Orlando, ossia tra il Governo italiano e il Consiglio Nazionale dei Paesi cecoslovacchi, la Convenzione che permetteva la costituzione di un Corpo militare cecoslovacco sul territorio italiano. “Il Governo Reale Italiano riconosce l’esistenza di un Esercito Czeco-Slovacco unico ed autonomo, posto dal punto di vista nazionale, politico, giuridico, sotto l’autorità del Consiglio Nazionale dei Paesi Czeco – Slovacchi[...]” e “questo esercito combatterà [...], contro gli Imperi Centrali, nemici dell’Intesa[...]”.23 Ulteriori trattative portarono poi alla irma, il 30 giugno 1918, di una “Istruzione speciale per la organizzazione interna ed amministrativa del Corpo dell’Esercito Nazionale Czeco-Slovacco in Italia” e di una “Convenzione complementare fra il Consiglio Nazionale dei Paesi Czechi e Slovacchi ed il Reale Governo Italiano”.24 Questo esercito fu sottoposto alle autorità cecoslovacche.25 All’inizio di maggio era già stata formata una divisione composta da 18.000 militari, in netta preponderanza cechi, che fu mandata per l’addestramento in Umbria. La divisione fu inquadrata con uficiali cechi ino al livello del comando di compagnia e con uficiali italiani dai comandi di battaglione in su.26 Per la mancanza di un numero suficiente di uficiali cechi e slovacchi presenti in Italia, durante l’estate del 1918 arrivarono dalla Francia 30 uficiali delle suddette nazionalità.27 Il 24 maggio si svolse a Roma in Piazza Venezia davanti al Monumento del Vittoriano una cerimonia durante la quale la Legione ricevette la bandiera alla presenza del primo ministro Orlando, di Štefánik, del ministro degli Esteri Sonnino, di altri sei ministri, del sindaco di Roma principe Colonna, del membro del Governo francese Henri Simon, e altri.28 A Parigi il 20 giugno 1918 Štefánik fu promosso generale di brigata per meglio continuare la missione già avviata in Italia.29
22 Vedi per esempio una riservatissima nota del generale Giardino del 8 marzo 1919 sulle trattative, AUSSME, E8, 7/256. 23 “Convenzione fra il governo italiano e il Consiglio Nazionale dei Paesi Czeco-Slovachi”, in: I Documenti
Diplomatici Italiani, Istituto poligraico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, V, X, Roma 1985, doc. 581; cfr. A. KLIMEK (a cura di) Dokumenty,cit., doc. 24, pp. 87-88. 24 Ivi, doc. 56 e doc. 57 (Istruzione speciale), pp. 144-147; cfr. V. KYBAL, Les origines diplomatiques de l’état tchécoslovaque, Prague 1929, pp. 36-37, 95. 25 Questa Convenzione poteva provocare già all’inizio certe discordie, come si evince dalla lettera scritta in nome del Consiglio Nazionale Cecoslovacco da Edvard Beneš al ministro degli Affari Esteri Sonnino il 11 settembre 1918: «Le Conseil National Tchécoslovaque a l’honneur de communiquer les faits suivants au
Ministère de la Guerre et au Ministère des Affaires Etrangères au sujet de l’envoi d’Oficiers tchèques en
Italie: Le Conseil National ne peut pas le demander l’assentiment du gouvernement italien à l’envoi de ces
Oficiers en Italie. Armée en Italie, où le ministère italien n’ a pas à intervenir pour les questions d’ordre intérieur comme est la question soulevée; d’autre part, cela est contraire à l’idée de l’unité de l’Armée nationale tchécoslovaque en France et en Italie, que nous voulons afirmer par cet envoi et faire voir que le
Général GRAZIANI n’est pas subordonné au gouvernement italien, mais bien aux autorités tchéco-slovaques.
Il s’était adressé à nous demandant ces oficiers. Le Conseil National ne peut pas admettre l’ingérence du ministère italien dans les affaires tchécoslovaques de ce genre. Au nom du Conseil National Tchécoslovaque:
Edvard Beneš » In: Archive du Ministère des Affaires Etrangères à Paris (AMAE), Tchécoslovaquie 20-23-24,
Armée guerre, Série Z, Carton 859, dossier 9.1918, doc. 43 dell’ 11 settembre 1918. 26 AUSSME, b. E 11, fascicolo 64, doc. La missione militare italiana in Boemia del 15 gennaio 1920, p. 2. 27 AMAE, Tchecoslovaquie 20-23-24, Armée guerre, Série Z, Carton 859, dossier 9.1918, doc. 39 del 21 agosto 1918; A. KLIMEK (a cura di) Dokumenty, cit., doc. 95, p. 213. 28 K. PICHLÍK, B. KLÍPA, J. ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští, cit., pp. 148-152. 29 L’avanzamento di grado di Štefánik a generale fu deciso per facilitare la sua missione in Italia, che da parte militare francese veniva considerata di una “importance capitale n’est plus à démontrer dans cette phase de la guerre au regard de l’Autriche-Hongrie”. Per la stessa ragione fu aumentato anche il suo stipendio mensile. AMAE Paris, Tchécoslovaquie 20-23-24, Armée guerre, Série Z, Carton 859, dossier 9.1918, doc. 9 del 17 giugno 1918, n. 2424; ibid. doc. 13 del 23 giugno 1918; il 16 luglio 1918 il capo della Missione militare francese presso lo Stato Maggiore italiano riferiva al suo ministro della Guerra sull’operato di
Štefánik: “Il generale Štefánik riuscì ad imporre le sue idee alle autorità militari italiane ed a ristabilire con esse i più cordiali contatti personali”. G. STUPARICH, La nazione, cit.,p.132.
Durante l’estate del 1918 la divisione formata dai legionari cecoslovacchi venne inviata al fronte.30 Le unità cecoslovacche si impegnarono nelle operazioni di combattimento e i loro successi nella battaglia di Doss Alto nel settembre 1918 furono premiati anche da parte del Primo Ministro italiano Vittorio Orlando. Alla ine della guerra le legioni cecoslovacche in Italia contarono circa 19 400 uomini, tra cui 600 di nazionalità slovacca. Il 29 giugno 1918 la Legione cecoslovacca fu riconosciuta dal governo francese come esercito di uno Stato alleato, e parallelamente il Consiglio Nazionale dei Paesi cecoslovacchi fu riconosciuto come nucleo del futuro governo. Analoghe dichiarazioni vennero espresse nei mesi seguenti dal governo britannico, dagli USA, dal Giappone. Il Governo italiano però riconobbe il Consiglio Nazionale Cecoslovacco come base del futuro Governo della Cecoslovacchia solo il 3 ottobre 1918, e cioè più tardi rispetto agli altri importanti alleati dell’Intesa. Vale la pena ricordare inoltre che nel caso del Governo italiano non si trattò di una dichiarazione scritta bensì di un discorso al Parlamento del Primo Ministro italiano Orlando, in cui si riferiva all’accordo del 21 aprile, irmato da lui e da Štefánik, che deinì come „riconoscimento de facto del Consiglio Nazionale Cecoslovacco come Governo“. Una nota scritta con cui l’Italia riconobbe il Governo provvisorio cecoslovacco porta la data solo del 21 ottobre 1918 (Ambasciatore italiano a Parigi), e praticamente del 24 ottobre 1918.31 Poco prima la parte cecoslovacca nominò Lev Borský il primo rappresentante diplomatico cecoslovacco in Italia. Si può dire che il periodo subito dopo la Prima Guerra Mondiale è momento in cui i rapporti reciproci tra l’Italia e la Cecoslovacchia conobbero la più grande intensità. Si trattò di cooperazione militare che però non ebbe lunga durata. Per una reciproca collaborazione le cui fondamenta furono poste già durante la guerra, potrebbe essere considerata la lettera di Edvard Beneš indirizzata al primo ministro italiano Orlando del 24 ottobre 1918, in cui l’autore ha espresso l’interesse di avviare una collaborazione stretta e necessaria, che ha indicato come uno dei principali interessi della futura politica estera della Cecoslovacchia. Beneš ha visto che la ragione principale di tale collaborazione nell’interesse reciproco di fronteggiare l’espansione economica della Germania nei Balcani.32 All’inizio di ottobre 1918 Beneš ha visitato l’Italia con l’intenzione di stipulare un accordo italo-cecoslovacco, ma si è trattenuto alla visita dei legionari cecoslovacchi ed è arrivato a Roma nel momento in cui non c’erano né il Primo Ministro Orlando che si trovava a Parigi, né il ministro degli af fari esteri Sonnino (che tra l’altro considerava la sua stipulazione prematura). Visto la rapida successione degli eventi e cioè la ine della guerra e il cambiamento della situazione politica poi nel 1918 tale accordo non fu più stipulato.33 In ogni caso rimane la questione, ino a che punto la lettera di Beneš si fondò sulla realtà, o eventualmente fu sincera visto sia l’orientamento politico della Cecoslovacchia sulla Francia sia un ef fettivo immobilismo sul problema italo-jugoslavo.34 Già alla ine del 1918 l’incaricato d’af fari
30 AUSSME, b. E 11, fascicolo 64, doc. “La missione militare italiana in Boemia” del 15 gennaio 1920, pp. 2-3; cfr. ibid. doc. Missione militare italiana in Boemia – relazione generale, p. 3 e segg.; A. GIONFRIDA, Italiani in Cecoslovacchia, “Storia militare”, IX, 92, p. 17. 31 Dokumenty, cit., Vznik Československa 1918 (Costituzione della Cecoslovacchia 1918), documento n. 136, p. 297; BENEŠ Edvard, Světová válka a naše revoluce (La guerra mondiale e la nostra rivoluzione), III, documenti, Praga 1929, s. 542, poznámka pod čarou č. 1. 32 Dokumenty, cit., Vznik Československa 1918, dokument č. 126, pp. 274-278; Cfr. BENEŠ Edvard, Světová válka a naše revoluce, III, dokumenty, dokument č. 164, s. 455-463. 33 Cfr. BENEŠ Edvard, Světová válka a naše revoluce (La guerra mondiale e la nostra rivoluzione), II, Praha 1929, pp. 343-354; Cfr. la lettera di Sonnino indirizzata a Giacomo De Martino dell’11 ottobre 1918, in: I DDI V,
XI, nota n.2 nel documento 659. Cfr. anche CACCAMO Francesco, L’Italia nella corrispondenza tra Masaryk e
Beneš all’indomani della Prima Guerra Mondiale, CLIO – Rivista trimestrale di studi storici, Roma XXXIII/3, 1996, p. 492. 34 Cfr. HÁJKOVÁ Dagmar-HELAN Pavel, The Quest for Balance: Attitudes of the Czechoslovak Independence
Movement Abroad to the Adriatic Problem During the First World War, Acta Histriae, 22/3, 2014, pp. 661-676.
a Roma Lev Borský aveva informato Praga che i rapporti nei confronti della Cecoslovacchia a Roma si stavano raf freddando.35 Dall’altra parte l’Italia aveva l’interesse di acquisire nella zona del Danubio una certa inluenza e aveva anche l’interesse che la Cecoslovacchia usasse il porto di Trieste per realizzare i propri scambi commerciali.36 L’Italia inoltre aveva bisogno del sostegno della Cecoslovacchia quando si trattava di negoziare le richieste italiane sulla conferenza di pace dopo la guerra e per questo motivo all’inizio non volle manifestare apertamente i propri dubbi nei confronti del nuovo Stato.37 Eppure l’Italia diventò lo Stato che in quel momento aiutò la Cecoslovacchia in modo fondamentale. Considerando i problemi nella zona di Těšín e in particolare in Slovacchia, il nuovo Stato necessitava assolutamente di unità militari capaci che furono fornite appunto dall’Italia. Nell’autunno 1918 l’esercito cecoslovacco in Italia fu ristrutturato e al suo comando, al posto del generale Graziani, fu posto il 24 ottobre 1918 il generale Luigi Piccione. In Italia oltre ai legionari fu costituito sotto il comando degli uficiali legionari anche il secondo esercito cecoslovacco, formato da prigionieri cechi e slovacchi dell’esercito austro-ungarico, che erano caduti in prigionia italiana verso la ine della guerra. Rispetto ai legionari si trattò dunque di uomini che non avevano mai combattuto al ianco dell’Italia contro le Potenze Centrali. Il 1 dicembre 1918 tra la Cecoslovacchia e l’Italia fu irmato un accordo, in base al quale l’Italia inviò nella Cecoslovacchia la propria missione militare (circa 500 uomini) a comando delle unità cecoslovacche formate, armate e attrezzate in Italia.38 Dall’Italia furono inviati anche 36 carabinieri che aiutarono in Cecoslovacchia a formare le unità della Guardia nazionale oppure i tecnici della radio che aiutarono con le trasmissioni della radio cecoslovacca a Praga.39 Dal 15 al 18 dicembre 1918 T.G. Masaryk visitò l’Italia durante il viaggio di ritorno a Praga.40 A Padova fu ricevuto dal re Vittorio Emanuele III e passò in rassegna anche le truppe cecoslovacche. Furono proprio i legionari cecoslovacchi d’Italia a scortare il Presidente ino a Praga. A dicembre
35 „Nálada proti nám zde chladne jasně… Scodnik mi sdělil, že místo vánoční nadílky chtějí dáti našim vojákům medaile, ale že při této akci narážejí stále na slova: Češi jsou jako Jihoslovani!“, (Gli atteggiamenti contro di noi qui si stano evidentemente raffredando ... Scodnik mi ha detto che al posto dei regali di Natale vogliono decorare i nostri soldati con le medaglie ma che in rif. a ciò devono sempre affrontare le parole: I Cechi sono come Slavi mediterranei) (Borský a Beneš il 4. 12. 1918, Dokumenty, cit., Československo na pařížské mírové konferenci (La Cecoslovacchia sulla Conferenza di pace di Parigi) 1918-1920, I, documento n. 31, s. 102-103; viz též: Archiv ministerstva zahraničních věcí v Praze (AMZV), Politické zprávy Řím 1918-1919 cfr. Archivio del Ministero degli Affari esteri a Praga, Informazioni politiche Roma, dokument č. 1/1918. 36 Per quanto riguarda l’importanza del porto di Trieste nelle questioni della collaborazione italo-cecoslovacca ved. ad esempio la nota diplomatica di Lev Borský a Karel Kramář del 10.2.1919, AMZV Praha, Relazioni politiche
Roma 1918-1919, documento n. 8/1919; Cfr. Gino LUZZATTO, Il porto di Trieste, Roma 1945, pp. 16-22. 37 Ved. corrispondenza tra Sonnino e Badoglio, Archivio dell’Uficio Storico dello Stato Magiore dell’Esercito,
Roma (in seguito solo AUSSME Roma), E8, 4/256. Ancora il 4 marzo 1919 il ministro Crespi scrive a Orlando della necessità di rafforzamento dei treni inviati nella Cecoslovacchia nell’ambito “della questione politica di fondamentale importanza” /DDI, XI, II, documento n. 630, pp. 460-461/. 38 Durante meno di tre settimane sono stati trasportati dall’Italia nella Cecoslovacchia più di 23 000 uomini armati, dal dicembre 1918 ino al novembre 1919 sono stati cca 120 000. I legionari cecoslovacchi dalla
Francia sono stati anche loro trasportati in patria via Italia e con i treni italiani. Ved. AUSSME Roma, cartone E 11, volume 64, documento “Missione Militare Italiana in Boemia – relazione generale – dicembre 1918 – giugno 1919”, p. 11, Cfr. ivi., doc. “La missione militare italiana in Boemia” dell’1.10.1920, pp. 6, 11; Cfr. ivi., doc. “Relazione sull’opera della Missione militare italiana in Boemia” z 1.10. 1919, s. 5.; Cfr.
Alessandro GIONFRIDA, Italiani in Cecoslovacchia, Storia militare, 92/IX, p. 18. 39 AUSSME Roma, cartone E 11, volume 64, documento „Missione Militare Italiana in Boemia – relazione generale – dicembre 1918 - giugno 1919“, pp. 76-74, 40 Il 19 novembre T.G. Masaryk partì dagli Stati Uniti, dove si trovava nel 1918, alla volta di Parigi, dove sostò dal 7 al 14 dicembre. Successivamente si recò in Italia, dove soggiornò dal 15 al 18 dicembre. Cfr. la lettera di Borský a Beneš del 19.12.1918, in: J. DEJMEK, F. KOLÁŘ (a cura di) Dokumenty Československé zahraniční politiky. Československo na pařížské mírové konferenci 1918-1920 [I documenti della politica estera cecoslovacca. La Cecoslovacchia alla conferenza di pace di Parigi], Ústav mezinárodních vztahů [Istituto delle relazioni internazionali], Praga 2001, I, doc. 46, pp. 117-118; Archiv ministerstva zahraničních věcí v Praze [Archivio del Ministero degli Affari Esteri di Praga], Relazioni politiche - Roma, 1918-1919, n. 3.; cfr. E. BENEŠ, Světová,cit., II, p. 512.
partì per la Cecoslovacchia insieme ai legionari anche la Missione militare italiana. I primi soldati a tornare in patria furono proprio i legionari provenienti dall’Italia, equipaggiati con armi italiane e guidati da uficiali italiani. Luigi Piccione con il suo stato arrivò a Praga il 21 dicembre 1918, dove gli fu riservato un caloroso benvenuto e il 25 dicembre si trasferì a Kroměříž dove assunse il comando militare delle unità impegnate sul territorio slovacco.41 Sotto il comando italiano nel corso del gennaio 1919 l’esercito occupò il territorio slovacco, ma ben presto sortirono i primi problemi. Esistono notizie sulla disillusione degli uficiali italiani che entrarono sul territorio della Slovacchia in particolare di quella meridionale e orientale (compreso la stessa Bratislava) con sentimento di liberatori, per sentirsi molto presto come occupanti su un territorio abitato solo da un piccolo numero di abitanti slovacchi, proveniente piuttosto di classi sociali di livello non troppo elevato.42 Si veriicarono anche gravi conlitti tra uficiali e sottouficiali italiani da una parte e legionari cecoslovacchi di tendenze nazionalistiche dall’altra parte. Il motivo consisteva nella dif ferente visione della soluzione degli scioperi generali e di altri tipi di protesta della popolazione magiara, dove gli uficiali italiani compreso il generale Piccione riiutavano soluzioni repressive drastiche e radicali. A Lučenec, ad esempio alla ine del gennaio 1919 i legionari cechi e slovacchi disarmarono il loro comandante col. Nascimbene e nonostante l’ordine dichiararono a Lučenec la legge marziale. Arrestarono inoltre 16 civili e minacciarono di giustiziarli se fosse stato proclamato uno sciopero in città. A Bratislava il 12 febbraio fu gravemente ferito il col. Barreca e il sospetto cadde su uno dei legionari.43 Ne conseguì il rapporto degli uficiali italiani a Roma sull’imperialismo ceco44 e da parte cecoslovacca le accuse degli Italiani di sentimenti ilomagiari, tra cui non mancarono argomentazioni sull’inluenza delle belle Magiare sugli uficiali italiani.45 Nemmeno le trattative del generale Luigi Piccione con il Presidente Masaryk l’11 febbraio 1919 aiutarono a migliorare la situazione nonostante i tentativi del Presidente di calmare le acque.46
41 AUSSME Roma, cartone E 11, volume 64, documento “Relazione sull’opera della Missione militare italiana in Boemia” del 1.10. 1919, pp. 5-7. 42 Dopo l’ingresso a Bratislava ad esempio al posto dell’attesa accoglienza calorosa furono oggetto di sguardi ostili dalla popolazione del luogo. Dopo la decisione del ministro per la Slovacchia Vavro Šrobár di trasferire il proprio uficio a Bratislava (cosa che il generale Piccione considerava inopportuna), la popolazione locale reagì con uno sciopero generale e una protesta aperta contro il nuovo regime cecoslovacco. Ved. anche
AUSSME Roma, Cecoslovacchia, E8, 13/263, documento „Promemoria per il comando supremo” del 27.2.1919. 43 Cfr. Karel PICHLÍK, Bohumír KLÍPA, Jitka ZABLOUDILOVÁ, Českoslovenští, cit., pp. 52-53; Cfr. AUSSME Roma,
Cecoslovacchia E8, 3/253, documento „Il prestigio dell’Italia nella Repubblica czeco-slovacca e situazione presente del generale Piccione” z 17.3.1919. Cfr. informativa di Badoglio a Orlando e di Sonnino al ministro della guerra Caviglio del 21.2.1919, DDI, VI, 2, documento n. 424, pp. 288-289. 44 Ad esempio nella relazione del Presidente del comitato esecutivo Robert Segre del 31 gennaio 1919 al generale Badoglio, è tra l’altro scritto: “In complesso, l’attitudine del nuovo stato czeco-slovacco è decisamente imperialistica. E lo dimostrano patentemente la occupazione della Boemia tedesca, quella della Slovacchia – ove la massa della popolazione non ne sembra affatto lieta […], quella di Presburgo, città magiaro-tedesca e nient’altro, e quella in corso del bacino carbonifero di Teschen… L’essere elementi italiani strumento di questo imperialismo – a danno di Austro-tedeschi, di Magiari e di Polacchi – può essere elemento di rilessione.” DDI, VI, 2, documenti n. 184, p.128. 45 Ved. osservazioni di Karel Kramář per Edvard Beneš, in:, Dokumenty, cit., Československo na pařížské mírové konferenci (Cecoslovacchia alla Conferenza di pace di Parigi) 1918-1920, I, documento n. 106, pp. 205-206; documenti n. 107, p. 206. Cfr. AUSSME Roma, E8, 13/263, Promemoria “Dificile situazione dei nostri Uficiali in Boemia” n. 3826 del 4.3.1919 del generale Scipioni al generale Diaz e al generale Badoglio. Il generale
Piccione ha commentato le accuse di sentimenti ilomagiari degli uficiali italiani: “Non nascondo che qualche
Uficiale, sebbene per inesperienza e ingenuità, ha dato appiglio a qualche sospetto di parzialità, ma sono fatti di lieve importanza.” In: AUSSME, E8, 13/263, Telegramma del generale Piccione allo stato maggiore di comando a Roma del 22.2.1919, n. 1386. Ved. anche Service historique de la Defense à Paris, 6N247, doc. “L’arrivée de la mission militaire française a Prague et le terrain politique en Boheme” z 4.3.1919. Cfr.
Petr PROKŠ, Soupeření italské a francouzské vojenské mise v Československu v r. 1919, (La competizione delle missioni italiana e francese nella Cecoslovacchia), Slovanský přehled 74, Praha 1988, p. 378. 46 AUSSME Roma, cartone E 11, volume 64, documenti “Missione Militare Italiana in Boemia – relazione generale – dicembre 1918-giugno 1919”, p. 54.
Nel frattempo, all’insaputa degli Italiani, si tennero le trattative di Edvard Beneš con la Francia sulla stipulazione dell’Accordo sull’invio della missione francese nella Cecoslovacchia. La missione francese giunse a Praga il 13 febbraio 1919 con a capo il generale Maurice Pellé, che fu nominato comandante supremo dell’armata cecoslovacca. Sui dettagli degli accordi di Beneš con la Francia all’inizio non furono informati non solo gli Italiani ma anche numerosi politici cechi. E’ chiaro che tale iniziativa determinò presto le incertezze per quanto riguardava le competenze dei generali Pellé e Piccione. Ne dà testimonianza anche il fatto che nel marzo 1919 ten. col. Husák, capo dell’Uficio militare della Presidenza della Repubblica al ine di risolvere questo problema chiese un sollecito ritorno del ministro della guerra Štefánik dalla Siberia a Praga.47 Gli sforzi di Beneš (e anche ad esempio di Karel Kramář) di emarginare la missione italiana in Cecoslovacchia e il suo conseguente richiamo causarono una grave lite tra Milan Rastislav Štefánik e Edvard Beneš nel aprile 1919 e entrambe le par ti – sia italiana che francese – ino alla metà di maggio non conoscevano bene le proprie competenze. La mor te di Štefánik in un incidente aereo il 4 maggio 1919 fu percepita dalla par te italiana come una grave perdita per i rappor ti bilaterali. La decisione poi di sostituire la missione italiana in Slovacchia alla ine del maggio 1919 con la missione francese ebbe non solo conseguenze tragiche nella guerra con l’Ungheria di Béla Kún, ma anche la sospensione dell’armamento di altre unità cecoslovacche in Italia e la limitazione del loro traspor to in patria. La par tenza della missione italiana dalla Cecoslovacchia era conforme alla politica del Governo cecoslovacco. E’ vero che le sconitte più gravi furono inlitte alle unità sotto il comando appunto degli uficiali francesi e cecoslovacchi e non quelli italiani, ma evidentemente anche ai Francesi fece comodo indicare gli Italiani come causa principale degli insuccessi. Gli Italiani stessi causarono l’insorgenza di una grande difidenza nei loro confronti da par te dei militari e dei politici cecoslovacchi, che prese totalmente sopravvento quando i ser vizi segreti cecoslovacchi ricevettero informazioni riguardo le forniture italiane del materiale militare all’Ungheria.48 La ine della collaborazione militare (oltre in Slovacchia anche nel conlitto militare di Těšín), raf freddò i rapporti bilaterali quasi sullo zero, anche se gli stessi ambienti militari italiani ebbero interesse di mantenere i buoni contatti anche in futuro.49 Un altro problema consistette nelle posizioni dei due Stati sulla Conferenza di pace a Parigi, dove la Cecoslovacchia si appoggiò pragmaticamente sulla Francia e l’Italia seppe di non poter aspettarsi il sostegno cecoslovacco delle sue richieste adriatiche. Vi furono poi i problemi tra le missioni italiana e francese in Cecoslovacchia che ovviamente contribuì a raf forzare la posizione di riiuto degli Italiani nei confronti delle richieste cecoslovacche. Alcune richieste della Cecoslovacchia provocarono una vera resistenza da parte italiana – in particolare i tentativi di formare un corridoio con la Jugoslavia, che gli Italiani riiutarono già nel gennaio 1919. Anche il faux pax di Edvard Beneš, che il 6 febbraio 1919 presentò la carta sul quale Fiume, Istria, Trieste e Gorizia furono indicati come appartenenti alla Jugoslavia, non potevano certamente che peggiorare i rapporti. Decise riserve ebbero poi gli Italiani anche per quanto riguardava l’annessione delle zone con una numerosa popolazione magiara e di tutta la Rutenia subcarpatica alla Cecoslovacchia, come pure
47 Ved. ad esempio: Dokumenty, cit., Československo na pařížské mírové konferenci (Cecoslovacchia sulla
Conferenza di pace a Parigi) 1918-1920, I, dokumenty č. 148, 153 a 164, s.257, 264-265, 277. Cfr. Service historique de la Defense à Paris, 6N247, Telegramma del generale Pellè al generale Foch del 19.4.1919. 48 Ivi, cfr. AMZV Praha – Pařížský archiv (Archivio di Parigi), n. 4880. Cfr. Service historique de la Defense à
Paris, 5N190, copia n. 100 del 10.6.1919, ivi, copia della Nota del 1.7.1919 (senza segnatura). 49 Il generale Armando Diaz dichiarò il 24.4.1919, quando già si seppe che la missione italiana sarebbe stata richiamata dalla Cecoslovacchia, che nonostante le circostanze conveniva mantenere la collaborazione con la Cecoslovacchia. Ved. AUSSME Roma, E8, 13/263, nota n. 5060 Armando Diaz all’alto comando del 24. 4. 1919. Lo stesso Luigi Piccione nella relazione sull’attività in Cecoslovacchia scrisse: “Questa momentanea crisi dei rapporti italo-czechi non può non essere di breve durata…”, AUSSME Roma, cartone E 11, volume 64, documento “Missione Militare Italiana in Boemia – relazione generale – dicembre 1918 - giugno 1919”, pp. 61-62.
per quanto riguardava le richieste cecoslovacche della zona di Těšín. Al contrario accettarono senza problemi il conine storico ceco con la popolazione tedesca.50 Il raf freddamento totale dei rapporti bilaterali nel corso del 1919 causò alla Cecoslovacchia problemi con le forniture del materiale militare dall’Italia secondo gli accordi presi in precedenza. Il Governo italiano con a capo Francesco Saverio Nitti osservò inoltre con grande difidenza i preparativi dell’accordo bilaterale jugoslavo-cecoslovacco e la Cecoslovacchia come tale in generale,51 come anche Praga osservò timorosa la collaborazione italiana con l’Ungheria. Per di più entrò in gioco anche la rivalità dei due Stati per quanto riguarda l’inluenza sull’Austria. Nonostante ciò la cooperazione reciproca non terminò, continuò ad esempio il trasporto di legionari cecoslovacchi dalla Siberia in Patria esclusivamente via il porto di Trieste.52
50 In rif. a questa problematica ved. Francesco CACCAMO, L’Italia e la “Nuova Europa”, Il confronto sull’Europa orientale alla Conferenza di pace di Parigi (1919-1920), Milano 2000. 51 Ved. ed esempio Archivio del Ministero degli Affari Esteri, Praga, Relazioni politiche Roma n. 57/1920,
Relazione politica di Vlastimil Kybal del 30. 4. 1920, n. 3499 M/20. 52 Ved. ad esempio Archivio del Ministero degli Affari Esteri, Praga, Relazioni politiche Roma, 1918/1919, n. 155/1919, cifra n. 1766 di Šeba a Beneš, Roma il 26.12.1919; Pavel HELAN, La legione cecoslovacca in Italia, in: Dov‘è la Patria nostra? Luoghi, memorie e storie della Legione ceco-slovacca in Italia durante la Grande
Guerra, Salerno 2014, pp. 105-122; IDEM, Relazioni italo-cecoslovacche dalla prima guerra mondiale ino agli anni venti in: Věda, kultura a politika v československo-italských vztazích 1918-1951 [Scienza, cultura e politica nelle relazioni italo-cecoslovacche 1918-1951] České Budějovice 2012, pp. 25-38.