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“La Grande Guerra dei legionari cechi e slovacchi sul fronte italiano. Segni e luoghi della memoria in provincia di Vicenza e dintorni”

Mirella De Mar tini La Grande Guerra dei legionari cechi e slovacchi sul fronte italiano. Segni e luoghi della memoria in provincia di Vicenza e dintorni

Questo contributo riguarda aspetti della storia locale, in luoghi dell’Italia settentrionale ai quali è associata la presenza di legionari cechi e slovacchi nella Grande Guerra: in speciico sul territorio dell’attuale provincia di Vicenza, con alcuni riferimenti alle province limitrofe. 1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE 1.1 Lo stemma della provincia di Vicenza ricorda a tutti la Grande Guerra e il numero dei soldati nei sacrari che vi sono rafigurati esprime la dimensione del conlitto, considerato che nei quattro monumenti alla memoria celebrativa dei monti: Pasubio, Cimone, Asiago e Grappa sono custodite complessivamente le spoglie di quasi 83.600 soldati, dell’esercito italiano e di quello multinazionale austro-ungarico1. Questi sacrari rappresentano un po’ tutti i sacrari italiani. 1.2 Dagli anni Venti in Italia si pensò di conservare la memoria della Grande Guerra mediante la costruzione di imponenti opere monumentali con scopo celebrativo, sui luoghi dei combattimenti o nelle vicinanze, dal Friuli Venezia Giulia alla Lombardia. 1.3 La vastità del fronte fu tale per cui, da est a ovest lungo il conine mobile, sia dalla parte austro-ungarica che dalla parte italiana si trovarono a combattere quasi ovunque afiancati uomini di nazionalità differenti, accomunati dal fatto di appartenere ad un vasto ma unico organismo statale o alle alleanze politico-militari degli stati cobelligeranti. 1.4 Le fonti della memoria si trovano oggi, oltre che nei luoghi isici, anche in spazi virtuali e, nonostante i limiti da questi presentati (per esempio la conseguenza della volatilità delle fonti), sarebbe ormai impensabile non usufruirne nella ricerca e nella prassi didattica2 . 2. L’INIZIO Com’è noto, la costituzione di un corpo militare ceco-slovacco in Italia, composto da volontari fra i soldati dell’esercito austro-ungarico fatti prigionieri dagli italiani, fortemente voluta dal Conseil national des Pays Tchèques con sede a Parigi, attraverso il suo rappresentante Milan Rastislav Štefánik, trovò attuazione soltanto con la irma della Convenzione il 21 aprile 19183. Ne seguirono l’addestramento dei cechi e slovacchi a Foligno e, dopo la consegna della bandiera, avvenuta il 24 maggio a Roma all’Altare della Patria, il trasferimento al nord. Veramente già nel febbraio 1918 soldati cechi e slovacchi erano stati inviati al nord, inquadrati in battaglioni di lavoro per eseguire opere verso il fronte in pianura nelle province di Mantova, Rovigo e Verona. Non ancora nella provincia di Vicenza.

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1 In prevalenza nel Sacrario militare di Asiago, in località Leiten (54.286) e nel Sacrario di Cima Grappa (22.910); seguono con cifre inferiori quelli del Pasubio (5.186) e del Cimone (1.210). Il numero dei soldati italiani non identiicati custoditi nei quattro sacrari è notevolmente superiore a quello degli identiicati e lo scarto tra ignoti e identiicati è ancora maggiore per i soldati dell’esercito austro-ungarico. 2 In questa ricerca mi sono avvalsa in particolare del PAMÁTNÍK ČS. LEGIÍ: http://www.pamatnik.valka.cz/ index.php/databaze-padlych-a-zemelych e del FAST: http://fastarchivio.provincia.treviso.it/ 3 Convenzione fra il Governo Italiano e il Consiglio Nazionale dei Paesi Czeco-Slovachi, Roma, 21 aprile 1918, a irma V. E. Orlando e M. R. Štefánik. Il testo è riprodotto in FRANCESCO LEONCINI (a cura di): Il Patto di Roma e la Legione Ceco-Slovacca: tra Grande Guerra e nuova Europa. Vittorio Veneto: Kellermann, 2014, pp. 54-56.

3. ALTIPIANO DI ASIAGO (esploratori con la VI Armata) 3.1 I traditori di Carzano I primi soldati ceco-slovacchi al ianco degli italiani nella provincia di Vicenza sono comunque attestati già prima del trasferimento al nord del Corpo Czeco-Slovacco (divisione). Furono i “traditori di Carzano”, così chiamati per l’azione compiuta in quel luogo della Valsugana nella notte 17-18 settembre 1917 ai danni dell’Austria4. In seguito al fallimento dell’azione, essi erano stati trasferiti nel campo di concentramento di Forte Procolo a Verona5. Da qui alcuni partirono il 1° novembre 1917 insieme a Pivko e ad altri jugoslavi per il servizio di pattuglia al settore di Monte Zebio – Asiago. La loro attività fu presto interrotta a causa della ritirata italiana ed essi tornarono a Verona. 3.2 Sandrigo Riprese poi uficialmente il 21 marzo 1918, quando il reparto organizzato, formato da ceco-slovacchi e jugoslavi, venne dislocato al fronte nel settore della VI Armata, sull’Altipiano di Asiago6. Era accantonato a Casa Tugurio vicino a Sandrigo7, un luogo solitario, che però un mese dopo sarebbe diventato una piazza d’armi ben battuta, con i volontari che si addestravano alle attività di esplorazione, dedicando speciale cura ai lanciamanifestini. Dopo la irma a Roma della Convenzione che regolava l’utilizzo dei volontari cechi e slovacchi in Italia8, i cechi e slovacchi, a dif ferenza di altri reparti, ebbero formazioni completamente autonome, per cui il Reparto speciale Czeco-Jugoslavo cambiò la denominazione in Reparto speciale Czeco-Slovacco della VI Armata. Alla ine di maggio esso appariva notevolmente ampliato, articolato su tre compagnie autonome, mentre il capitano Pivko manteneva la funzione di comandante del reparto presso il comando italiano9 . 3.3 Valbella Ci sono in provincia di Vicenza montagne connubio di natura e di memoria. Una di esse è il Monte di Val Bella. Sulla sua cima a quota m. 1314, facilmente raggiungibile a piedi, i monumenti – cippi – targhe e un tabellone informativo richiamano alla mente la nota Battaglia dei Tre Monti (Col del Rosso, Col d’Echele e Monte Valbella), combattuta dal 28 al 31 gennaio 1918. Per trovare traccia della presenza degli esploratori ceco-slovacchi nel 1918 in questo luogo occorre scendere verso la vicina trincea. Qui da alcuni anni l’Ecomuseo della Grande Guerra ha infatti ricostruito un tratto di trincea e posto il secondo tabellone esplicativo. Il Valbella (conteso perché era divenuto dopo Caporetto la cerniera vitale tra il fronte vecchio Grappa – Pasubio – Altipiano di Asiago e il fronte nuovo Grappa – Montello – Piave) era

4 A Carzano un gruppo di soldati dell’esercito austro-ungarico di nazionalità ceca e slovena aveva drogato l’intero battaglione bosniaco di cui il capitano sloveno Ljudevit Pivko aveva il comando, per consentire agli italiani di attaccare a fondo in quel settore e di puntare su Trento. Benché l’iniziativa fosse stata presa in accordo con gli italiani, essa fallì, principalmente per l’inesperienza del comandante che guidò le truppe italiane nell’intervento e per gli errori che ne seguirono. Pivko disertò e in seguito formò il Reparto Verde di volontari slavi, che combatté con valore a ianco dell’Intesa. Cfr. LJUDEVIT PIVKO: Abbiamo vinto l’Austria-Ungheria: la Grande Guerra dei legionari slavi sul fronte italiano. Gorizia: LEG – Libreria Editrice Goriziana, 2011. In seguito solo: PIVKO, p. La descrizione dell’azione è alle pp. 325-409: “Notte di Carzano”.

L’episodio è comunemente noto come “Il sogno di Carzano”. 5 WOJT CH HANZAL: Il 39° Reggimento esploratori cecoslovacco sul fronte italiano (a cura di Piero Crociani).

Roma: Stato Maggiore dell’Esercito Uficio Storico, 2009, pp. 181-182. Dalle pp. successive del cap. ottavo ho ricavato la maggior parte delle altre informazioni che ho inserito in questo paragrafo, se non espressamente altrimenti indicato. In seguito solo: HANZAL, p. 6 L’Altipiano di Asiago, dal nome del suo principale centro, ma propriamente Altipiano dei Sette Comuni: Asiago, Enego, Roana, Rotzo, Gallio, Foza, Conco, si estende sulle Alpi vicentine in zona di conine tra le regioni

Veneto e Trentino – Alto Adige e conta una ventina di cime oltre i 2000 m., tra le quali Cima Dodici e l’Ortigara. Nell’ambito della I guerra mondiale è stato il settore più martoriato di tutto il territorio nazionale. 7 Attualmente: Villa Sesso, Cona, detta “Casa del Tugurio” a Sandrigo, in zona nord-ovest rispetto al centro del paese. È inserita nell’elenco dei beni del patrimonio architettonico della provincia di Vicenza. 8 Cfr. supra, nota n. 3. 9 Necessaria anche per far rispettare la disciplina interna del campo, in seguito all’aggregazione di una compagnia di jugoslavi e romeni.

stato faticosamente conquistato dagli italiani, ma il 15 giugno era stato assalito dagli austro-ungarici. Il contrattacco iniziò il 28 contro Col del Rosso, poi il 29 mattina un battaglione del 9° fanteria Regina, una compagnia di bersaglieri e due della legione ceco-slovacca investirono e conquistarono le posizioni del Valbella occupate dagli austro-ungarici. Le informazioni nell’ecomuseo indicano per la battaglia del 29 giugno 1918 sul Valbella la perdita per l’Austria di circa 2000 soldati tra caduti e prigionieri, e per l’Italia di 552 soldati “di cui 82 cecoslovacchi”. Pivko riferisce che dopo l’azione i sopravvissuti fecero la conta e l’elenco dei mancanti era di 20 caduti e 60 feriti, di cui 21 lievi10. Il PAMÁTNÍK ČS. LEGIÍ registra 21 nominativi di legionari del 39° reggimento esploratori scomparsi sul Valbella 11. È il numero più consistente, in base al luogo di morte, di legionari deceduti nel Veneto, dopo quello dei morti a Castelfranco (Treviso), registrati nel PAMÁTNÍK ČS. LEGIÍ12. Nota è l’immagine che l’illustratore di origine vicentina Achille Beltrame pubblicò, relativamente alla battaglia del Valbella, come pagina di copertina de “La Domenica del Corriere”13, in cui rafigurò l’incontro di due fratelli cechi che portavano diversa divisa perché combattenti in quel momento negli eserciti contrapposti.

10 Più fonti di tipo autobiograico riferiscono su quest’azione. HANZAL, pp. 188-192, precisa che c’era stato un primo tempo il 24 giugno. Poi il 28 sera il comandante del reparto Pivko ricevette l’ordine di mantenersi pronto mezz’ora prima dell’attacco. I movimenti per raggiungere la posizione iniziarono 10 minuti prima delle ore tre.

Sulla cima del Valbella stavano le micidiali mitragliatrici pesanti, il principale ostacolo, ma i ceco-slovacchi riuscirono a piombare nella trincea al grido di propaganda: Fuori gli Slavi! e la maggior parte degli occupanti si arrese senza combattere. L’azione continuò con gli attacchi successivi nell’avanzata, inché i soldati esausti si ritirarono verso le pendici del Valbella, sostituiti da reparti di rincalzo. Pivko, il comandante del gruppo che aveva compiuto l’assalto, composto dai ceco-slovacchi più una piccola pattuglia di jugoslavi, indica l’ora della ine della battaglia, le 15 e 30 minuti, e il numero delle perdite: “Con un totale di 80 uomini perduti fra morti e feriti, i pochi rimasti si radunano nella gola ai piedi del Monte di Valbella (…). Nella gola facciamo la conta e l’elenco dei mancanti” (PIVKO, p. 753). Quindi rievoca i racconti dei soldati sopravvissuti, cechi e croati. Cinque vittime vengono trasferite nella gola per essere poi portate a valle, altre sono portate dai nuclei di sanità. Scrive allora, a p. 756, Pivko dopo questa battaglia: “Vengono seppelliti in una terra che non li comprenderà così come non li comprenderà il suo popolo. Essi hanno dovuto superare ogni sofferenza morale e materiale (…). E dopo quattro anni di una guerra, che inalmente si sta avviando verso la conclusione, non abbiamo ancora smesso di sacriicare questi uomini preziosi”, per poi concludere: “Sul versante del Valbella tornerà a crescere l’erba fresca, probabilmente appassirà quella che non è stata falciata e ne nascerà della nuova. Sotto di questa rimarrà celato il cimitero di ossa spappolate di uomini ignoti, i crani che contenevano i cervelli di giovani slavi la cui unica colpa era quella di aspirare alla libertà”. Oggi le pendici del Valbella sono percorse dagli impianti sciistici e nella stagione estiva di sera intorno alla trincea pascolano indisturbati i bovini, ino al cader della notte. 11 nel data base: http://www.pamatnik.valka.cz/index.php/index.php?option=com_content&view=article&id=5&Itemid=3 (cit. 24.05.2015) risultano sul Valbella il 29.06.1918: n. 7 caduti e sepolti a Valbella, n. 10 caduti a Valbella, n. 1 caduto a Valbella e sepolto nel campo di battaglia, n. 1 dato per caduto a Valbella, n. 1 caduto a Valbella e sepolto altrove (Potogno), n. 1 dato per disperso a Valbella. All’elenco di questi 21 legionari del 39° reggimento si potrebbe aggiungere come ventiduesima vittima della battaglia del 29 giugno un altro nome: quello di Bohumíl Vácha disperso dal 29.06.1918 “nel combattimento presso Asiago”, che ferito venne fatto prigioniero e poi giustiziato a Mandrielle, dove fu sepolto in una fossa comune. Relativamente alla data del 15.06.1918 sul Valbella nel PAMÁTNÍK sembra invece esserci un errore, perché il legionario indicato nel PAMÁTNÍK come appartenente al 31° reggimento “Vondráček Rudolf, fatto prigioniero il 15.6.1918 dal nemico al Monte di Val Bella e nello stesso giorno a Colle di Guarda presso Riva giustiziato per impiccagione” non trova corrispondenza né in JOSEF LOGAJ: Československé Legie v Italii (1915-1918). Praha: Nákladem

Památníku Odboje, 1922 (2° ed.), né in EUGENIO BUCCIOL: Dalla Moldava al Piave: i legionari cecoslovacchi sul fronte italiano nella Grande Guerra. Portogruaro: Ediciclo-Nuova Dimensione, 1998 (in seguito solo: BUCCIOL, p.). In entrambi questi testi è nominato come giustiziato ad Arco (e non a Colle di Guarda “presso Riva”)

Nováček Karel (e non Vondráček Rudolf), il quale non era stato catturato sul Valbella bensì sul Piave; inoltre non appare corretto il luogo di morte per Vondráček, dato che Colle di Guarda è presso Conegliano (Treviso) e non presso Riva (del Garda - Trento). Insomma è probabile che nel PAMÁTNÍK Vondráček sia stato confuso con Nováček. Vondráček Rudolf fu uno dei 10 legionari giustiziati a Colle di Guarda (Collalto, Casa Montone -

Conegliano di Treviso) il 15.06.1918, come indicato da BUCCIOL, p. 57. 12 N. 26 a Castelfranco, morti nei mesi ottobre-novembre 1918, eccetto 1 in luglio, dei quali 16 del 31°, 1 del 32°, 3 del 33°, 4 del 34°, 1 del 35° e 1 del Reparto Mitragliatrici della Divisione; tutti sepolti inizialmente a Castelfranco, furono poi traslati a Rovereto, nel cui Sacrario di Castel Dante oggi si trovano. 13 Supplemento illustrato del “Corriere della Sera”, a. XX, n. 28, 14-21 luglio 1918. A. Beltrame (Arzignano 19.03.1871 – Milano 19.02.1945) trasferitosi presto a Milano, vi rimase ino alla morte. Per quasi mezzo secolo con le sue tavole a colori rappresentò realisticamente i fatti più importanti o curiosi del tempo, senza esserne stato presente. All’epoca della Grande Guerra le tavole di Beltrame venivano esposte nelle bacheche dei municipi e nelle parrocchie, quali fonti di notizie per la popolazione con i congiunti al fronte.

3.4 Nove (Bassano) Il 4 luglio 1918 a Nove, dove c’era un aeroporto, poco lontano da Bassano del Grappa, andò il re d’Italia per decorare i soldati che si erano contraddistinti sull’Altipiano di Asiago. Pivko partecipò alla cerimonia con 58 uomini, 6 dei quali jugoslavi, che vi aveva fatto trasportare su autocarri il mattino prima delle 8 (partiti dalle baracche del Tugurio). Fu in questa occasione che lo sloveno conobbe lo slovacco Štefánik14. La conversazione tra i due sul campo d’aviazione di Nove destinato alla cerimonia, nell’attesa dell’arrivo del re, si svolse inizialmente in francese e poi in slovacco. Arrivato il re, avvenne la premiazione: i volontari ricevettero in tutto 6 medaglie d’argento15, 14 di bronzo e 13 croci di guerra e furono premiati dopo gli inglesi ed i francesi ma prima degli italiani. Di questo evento a Nove non sembrano essere rimaste tracce, ma diverse foto uficiali della cerimonia scattate dagli italiani lo confermano16 . 4. OVEST VICENTINO (esploratori con la I Armata dalla Vallarsa alla Val d’Assa) 4.1 Compagnia “Astico” Nell’area occidentale della provincia quattro corsi d’acqua scorrono quasi parallelamente tra loro in direzione da nord-ovest a sud-est, passando, se si procede da ovest verso est, vicino ai centri: Chiampo e Arzignano il torrente Chiampo, Recoaro e Valdagno l’Agno, Valli del Pasubio e Schio il Leogra, Arsiero e Thiene l’Astico, dando ciascuno il proprio nome alla vallata attraversata. In questa vasta area, di competenza della I Armata italiana, afluirono dall’inizio di maggio 1918 gli esploratori ceco-slovacchi della terza compagnia “Astico”, provenienti dalla sede di Verona, dove erano stati concentrati dopo l’arrivo da Foligno17. Il 3 maggio avevano marciato da Verona a Marcellise, la mattina seguente la compagnia era stata passata in rivista dal tenente generale Pecori Giraldi, il 6 maggio alcuni uficiali e sottuficiali avevano compiuto una ricognizione al fronte con l’uficiale italiano di collegamento nella Val Posina e sul Monte Gamonda (dove gli esploratori avrebbero operato), raggiungendo con la teleferica le trincee occupate dalla Brigata Volturno. Il 7 maggio da Marcellise vennero trasportati su camion ino a Bazzoni (località fra Arsiero e Posina, più vicina a Posina), dove giunsero verso mezzanotte, dopo aver attraversato Vicenza18 e Arsiero deserta, e furono inizialmente sistemati: i soldati nella chiesa, gli uficiali nelle case semidistrutte, il comando della compagnia nella sofitta di un ediicio in rovina. I comandi delle compagnie degli esploratori ceco-slovacchi durante la permanenza nelle zone delle varie armate italiane, alle quali queste erano state destinate, vennero più volte trasferiti: per facilitare la trasmissione degli ordini o per evitare di essere esposti ai pericoli derivanti dall’avanzata delle truppe imperiali. Per questi motivi quando il 12 maggio dalla Val Posina, zona operativa del X Corpo d’Armata, alcuni plotoni della terza compagnia esploratori furono trasferiti al V Corpo d’Armata, il loro comando si stabilì più a sud-ovest, a Piano di Vallarsa, mentre a Bazzoni restò solo il comando dei 2 rimanenti plotoni; poi il 16 giugno l’intera terza compagnia, i cui componenti agivano ormai su tutto il fronte della I Armata, obbedì all’ordine di ritirarsi nelle retrovie a causa dell’imminente of fensiva austriaca. Allora furono trasferite: le pattuglie del V Corpo d’Armata con il comando a Valdagno e le pattuglie con il X Corpo d’Armata a Marano Vicentino.

14 PIVKO, pp. 764-767, cioè il paragrafo Aeroporto di Bassano. Štefánik aveva immaginato che Pivko fosse slovacco invece di sloveno. Gli chiese comunque di vigilare sull’esercito che Pivko aveva contribuito a costituire e lui lo promise. La data della premiazione a Nove è indicata anche a p. 793. 15 HANZAL scrive invece a p. 192: 5. 16 La maggior parte di esse conservate a Roma nel Museo Centrale del Risorgimento, eseguite dal Reparto Fotocinematograico dell’Esercito, al momento (24.05.2015) visibili in internet nell’ambito del progetto Europeana. In alcune si distinguono i legionari collocati in posizione arretrata (come indicato da Pivko); in particolare: http:// www.europeana1914-1918.eu/fr/europeana/record/9200196/BibliographicResource_3000005920097_source#prettyPhoto/0/ con la didascalia “La festa ai vincitori degli altipiani. 4 luglio 1918. A Nole. Bassano. Vicenza.

La silata delle truppe davanti al Campo della cerimonia e dei decorati”, dove “Nole” sta ovviamente per “Nove”. 17 Le informazioni che seguono, anche quelle virgolettate, sono tratte da HANZAL, pp. 155-180, se non altrimenti indicato. 18 Vicenza era sede del comando della I Armata.

4.2 Marano Vicentino e Valdagno Il 16 giugno 1918 il capitano Ján Šeba, rappresentante di Štefánik, visitò di mattina i due plotoni distaccati a Marano Vicentino e di pomeriggio gli altri a Valdagno. In “questo piccolo e lindo paese, con begli ediici, situato in bellissima posizione nella Valle del iumicello Agno” erano stati assegnati alla compagnia dei locali “in un castello devastato dalla guerra”. I legionari esploratori presenti a Valdagno, più di 200, sistemati nel parco, ef fettuarono la cerimonia del giuramento di fedeltà come “militare dell’Esercito Nazionale Czeco-Slovacco per il popolo Czeco-Slovacco”19: prima a voce ripetendo le parole loro lette, poi irmando la formula scritta e le irme venivano autenticate dal rappresentante del Consiglio Nazionale. A Valdagno i legionari percepirono che la popolazione li considerava alleati fedeli. L’apprezzamento nei loro confronti ebbe una particolare manifestazione il 20 giugno20. La breve permanenza dei ceco-slovacchi a Valdagno è fra l’altro attestata da alcuni dipinti del pittore legionario Břetislav Bartoš 21, inviato dal comando del Corpo Czeco-Slovacco alla compagnia, il quale dipinse scene sia di svago che di azione al fronte dei legionari. 4.3 Verso Rovereto. Schio Già il 25 giugno il comando si trasferì da Valdagno a Brandilleri, frazione del comune di Valmalunga, nella valle del torrente Malunga, vicino a Sant’Antonio, presso cui passa la strada che conduce a Rovereto, e la compagnia venne organizzata in 6 plotoni, dei quali 4 furono destinati al V Corpo d’Armata e 2 al X. Nei due mesi successivi gli esploratori della terza compagnia continuarono i pattugliamenti in collaborazione con gli uficiali italiani; compirono azioni prevalentemente non cruente, come quella a ine luglio sul Pasubio, quando di notte issarono ben visibili le bandiere italiana e ceco-slovacca e poi lanciarono migliaia di foglietti per convincere i connazionali nell’esercito imperiale a passare al loro. I rapporti fra la terza compagnia ceco-slovacca “Astico” e altre unità di combattimento nella vasta area di competenza della I Armata si fecero da questo periodo più concreti: con la nuova compagnia jugoslava “Posina”, giunta il 5 luglio da Marcellise a Valmalunga in supporto agli esploratori ceco-slovacchi; con i francesi, alla cui festa nazionale il 14 luglio a Schio gli esploratori ceco-slovacchi parteciparono22; con la seconda compagnia ceco-slovacca (di stanza col XXIX Corpo d’Armata nel settore

19 La citazione della formula, il cui testo completo è bilingue, è da: JOSEF LOGAJ: Československé Legie v Italii (1915-1918). Praha: Nákladem Památníku Odboje, 1922 (2° ed.), p. 134. Il legionario J. Logaj (1887-1922) fu impiegato a Roma presso la Cancelleria del Consiglio Nazionale Ceco-Slovacco. La data del 16.06.1918 con Šeba a Valdagno è avvalorata da altre fonti, compresi gli atti di giuramento dei legionari, tra i quali F. Mrázek (1895-1943), la cui vita militare è l’esempio di quella di tanti altri. Assolto il servizio militare nel 1915, fu inviato al fronte e nell’ottobre 1917 venne fatto prigioniero dagli italiani. Internato inizialmente in un campo e poi in quello di Padula (Salerno), nel marzo 1918 fu reclutato dal Consiglio

Nazionale e inserito nella compagnia di ricognizione “Astico”, amministrativamente dipendente dal 31° reggimento ceco-slovacco di artiglieria. All’inizio di novembre gli fu assegnata la medaglia italiana per “Fatiche di Guerra”, ma per lui la guerra non era inita, perché fu distaccato con il reggimento in Slovacchia.

Cfr. http://www.karelvasatko.cz/zivotopisy-legionaru/italske-legie/mrazek-frantisek (cit. 24.05.2015). 20 HANZAL precisa questo particolare: le signore di Valdagno organizzarono una piccola festa, con rinfresco e doni e diedero ai legionari in ricordo una veduta d’insieme della città, ripiegata in tre, con la dedica: “Ai volontari cecoslovacchi le signore di Valdagno offrono”. 21 Per es. lo scorcio sui tetti, con l’alto campanile, dipinto che è stato riprodotto da EUGENIO BUCCIOL a p. 32. 22 E la loro bandiera, scrive HANZAL, sventolò in quell’occasione accanto alle altre dell’Intesa. Come rappresentano due cartoline del primo dopoguerra, a Schio in Contrà Caussa vennero costruiti baraccamenti per gli arditi ed i legionari ceco-slovacchi. Nel 1920 erano ancora utilizzati per alloggiare i profughi dalla

Val d’Astico e da Asiago in attesa della ricostruzione delle loro case distrutte. Cfr. la cartolina n. 4 nella sezione “militari”, riprodotta in: CIRCOLO FILATELICO SCLEDENSE (a cura di): Saluti da Schio: raccolta di cartoline d’epoca 1897-1940. Torrebelvicino: Arti Graiche, 1990, p. 128. Cfr. anche l’art. di LUCA VALENTE:

Gli alloggi della Legione cecoslovacca a Schio (1918), in “Il Giornale di Vicenza”, 02.09.2008, per il momento (24.05.2015) reperibile in versione digitale nel blog dell’A. : http://www.lucavalente.it/modules.php?name=News&ile=article&sid=233 Il commento sull’altra cartolina “l’onda di commovente simpatia sollevata dai baldi giovani della Bohemia” fa pensare che anche a Schio i legionari fossero stati accolti favorevolmente dalla popolazione locale. Prima della Grande Guerra Schio si trovava a ridosso del conine con l’impero austro-ungarico: vi erano due caserme e numerose truppe, accasermate o attendate; nel 1916 gran parte della città fu fatta sgomberare per il pericolo dell’offensiva imperiale; divenne un importante centro delle retrovie del fronte; vi ebbe la sua sede il comando del V Corpo d’Armata.

dall’Adige al Garda) poiché entrambi i comandanti delle compagnie “Astico” e “Avio” nella notte del 5-6 agosto raggiunsero la quota 890 del Matassone, constatando che non era occupata dagli avversari. 4.4 Cima Tre Pezzi Più fecondo per la terza compagnia esploratori ceco-slovacchi fu al fronte il mese di settembre, durante il quale essa prese parte a due importanti azioni: una spedizione a Trento di due informatori cechi travestiti da austriaci e ritorno, durata quasi due settimane, svoltasi nella seconda metà del mese, dopo che essi avevano preso contatto a Piovene con un tenente italiano irredento di origine trentina e passando per Roana, le Mandrielle, Vezzena (dove i due distrussero la teleferica austriaca); l’assalto alla Cima Tre Pezzi, avvenuto all’alba del 23 settembre, ma conclusosi con un parziale fallimento. Qualche giorno prima cento uomini provenienti dal comando di compagnia avevano raggiunto l’Altipiano dei Sette Comuni, dove si erano rifugiati nella galleria della funicolare Piovene-Asiago presso Cavrari. Condussero l’attacco su due colonne: quella di sinistra guidata dal tenente Prejda (terza compagnia esploratori “Astico”) che catturò tutta la guarnigione del suo settore e quella di destra dal tenente Vyčítal (seconda compagnia esploratori “Avio”) giuntavi di rinforzo. Nonostante i comandi avessero impartito l’ordine di avanzare con prudenza, questo non venne seguito dai bersaglieri, precipitatisi all’attacco, e a catena l’artiglieria italiana e inglese intervennero in anticipo sul previsto, rendendo più dificile l’attività della colonna di sinistra e provocando il caos nella colonna di destra. Persero la vita 3 legionari, uno dei quali suicida perché erroneamente convinto di essere stato abbandonato, poi sepolto il 25 settembre a Marano Vicentino secondo il desiderio da lui stesso espresso prima dell’azione; un altro deceduto nell’ospedale di Thiene, dov’era stato ricoverato per le conseguenze delle ferite. 4.5 Thiene Proprio a Thiene il 3 ottobre 1918 ebbe luogo un’imponente rivista del re d’Italia, nel corso della quale egli consegnò le medaglie anche agli esploratori ceco-slovacchi per l’azione sulla Cima Tre Pezzi. 5. MONTE GRAPPA (esploratori con la IV Armata) Per i vicentini dire “Bassano” è dire anche “Grappa”, la montagna ai piedi della quale la cittadina si trova; ma il Monte Grappa occupa solo parzialmente la provincia di Vicenza, estendendosi con le sue propaggini in quelle coninanti di Treviso e Belluno. Durante la Grande Guerra il Monte Grappa, incluso nel settore compreso tra i iumi Brenta e Piave, con inoltre il Monte Tomba e altre cime, era occupato dalla IV Armata. I ceco-slovacchi afidati a questo settore furono un gruppo di esploratori formato con legionari partiti da Padula il 1° aprile 1918. Alloggiavano “nel villaggio di Cusinati, presso Cittadella” e dipendevano direttamente dall’Uficio Informazioni del Comando della IV Armata23. Il 12 maggio una parte della compagnia fu trasferita in camion al fronte e venne alloggiata sotto il Grappa, nelle vicinanze del comando della Brigata Modena. La stessa notte iniziò l’attività di esplorazione delle trincee nemiche. Il campo d’azione fu l’area alle pendici del Monte Pertica, fra il Pertica e l’Osteria del Lepre24. Alla ine di maggio la compagnia contava 250 ceco-slovacchi ed entrò a far parte dell’esercito ceco-slovacco in Italia come II battaglione del 31° reggimento ceco-slovacco. Il 18 giugno arrivarono al campo il capitano Šeba e altri uficiali, per assistere al giuramento di fedeltà della compagnia al Consiglio Nazionale. Le azioni più signiicative svolte dai legionari nel settore del Grappa avvennero alla ine di agosto – prima metà di settembre 1918, dopo che sulle pendici dell’Asolone erano stati inviati da parte austriaca reggimenti composti in prevalenza da cechi, con i quali i legionari fecero opera di persuasione alla diserzione. Il 23 agosto vennero distribuite le prime decorazioni italiane ad

23 Probabilmente l’odierno Cusinati posto sulla strada per Rosà – Bassano. La citazione è da: HANZAL, p. 195, che però lo chiama Cusinate a p. 205, ma di nuovo a p. 206 Cusinati “ospitale paesetto”. 24 Cioè nell’area più montuosa fra la località di San Marino in Valsugana e il Monte Grappa. In giugno gli esploratori ceco-slovacchi “conoscevano ormai perfettamente il settore. Essi amavano soprattutto il Monte

Pertica col suo terreno boscoso, sebbene inido. Innumerevoli volte s’erano arrampicati su tutte le chine e su tutti i sentieri, perché quello era forse l’unico settore in cui era possibile uscire di giorno al coperto, lontano dalle proprie trincee e in sotto alla linea austriaca”, HANZAL, p. 200. Dalla stessa fonte, pp. 195206, ho attinto la maggior parte delle informazioni sui legionari nel settore della IV Armata.

alcuni di loro nel cortile della “Villa delle Rose” dov’era alloggiato l’Uficio Informazioni dell’Armata, poi subito ritirate perché il giorno dopo vennero loro consegnate direttamente dal re durante una cerimonia. Alla ine di ottobre la compagnia venne richiamata al Comando di Cusinati dalla prima linea, dove rimasero solo due gruppi, che mantennero uno stretto contatto col nemico per avere dai feriti tutte le informazioni possibili e per scoprire e attaccare le singole linee. Questi, insieme al XVIII Reparto d’Assalto, giunsero, primi liberatori, a Fonzaso, dopo aver catturato sulla Presolana25, l’intera retroguardia austriaca. L’inseguimento continuò ino a Feltre26, da dove furono richiamati al Comando d’Armata. Nel viaggio di ritorno gli esploratori pernottarono il 4 novembre a Fonzaso, proseguirono per la devastata Val Cismon, Valstagna e Bassano ino a Cusinati, che raggiunsero il giorno dopo. Il 10 novembre si accomiatarono dal colonnello Vigevano, primo comandante del 39° reggimento, e il 12 lasciarono Cusinati per Cartura, nella Bassa Padovana, dov’era stanziato il loro reggimento. 6. BASSO VICENTINO 6.1 Due documenti locali Almeno due documenti scritti locali attestano il passaggio del Corpo Czeco-Slovacco in Italia nel Basso Vicentino nei primi 20 giorni di giugno 1918: il diario del parroco di Campiglia dei Berici27 e il foglio recante le irme dei cittadini di Orgiano risarciti da quel Comune per aver prestato alloggio ai componenti della divisione28. Don Brendolan parla della presenza di “circa 300 soldati czeco-slovacchi”, in seguito all’arrivo dei quali partirono quasi tutti gli altrettanti soldati italiani della sezione n. 87 di sanità, collocata in quel territorio, che si trasformò in “sezione di sanità czeco-slovacca”29. Egli nomina poi la visita del re d’Italia alla divisione ceco-slovacca a Orgiano30 . 6.2 Orgiano 14.06.1918 Di questo avvenimento è rimasto oggi un segno palese all’interno della locale Villa Fracanzan Piovene (nota nei primi decenni del Novecento come Villa Marsilio o Villa Marsiglio), dove ad una parete di una sala al piano terra è appesa incorniciata una fotograia rafigurante i legionari ceco-slovacchi in silata nel parco della villa, davanti alle autorità. L’immagine si può osservare anche in

25 La “Presolana” è molto probabilmente la “Prassolana” che dai piedi del Monte Pertica e del Monte Prassolan conduce a Caupo (in comune di Seren del Grappa) in provincia di Belluno, quindi in direzione di Feltre. 26 La cittadina di Feltre (Belluno) e i suoi dintorni subirono l’occupazione austriaca per un anno. 27 Pubblicato nel centenario della costruzione della chiesa parrocchiale di Campiglia: DON GUGLIELMO BREN-

DOLAN: Diario di un parroco: note cronistoriche riguardanti la parrocchia di Campiglia dei Berici 1912-1943, a cura di L. QUAGLIO e G.B. ZILIO, presentazione di Mons. Pietro Nonis Vescovo di Vicenza. Vicenza: Edizioni

Nuovo Progetto, 1993. Le informazioni sui ceco-slovacchi sono alla p. 78. 28 Alloggi forniti dal Comune di Orgiano dal 30 Maggio al 21 Giugno 1918, in Archivio Comune di Orgiano, busta a. 1919. Il doc. è emesso dal Comando del Corpo Czeco-Slovacco in Italia – Comando 1a Divisione – Quartiere

Generale, è datato: Orgiano 21 Giugno 1918, irmato da: Il Comandante del Quartiere Generale, Ten[ente]

Pica Alieri e contiene le irme di 23 abitanti ai quali complessivamente il Comune di Orgiano pagò la somma di 862 Lire, di cui 322 per gli alloggi alla “Villa Marsilio”. 29 Il Basso Vicentino accolse dall’autunno 1917 lussi di soldati italiani, ma anche degli alleati francesi, scozzesi e inglesi, fatti afluire nel timore che arrivassero le armate austro-ungariche. I Comuni dal maggio 1916 accolsero i profughi italiani in fuga dall’Altipiano dei Sette Comuni. Allora la vita delle popolazioni locali si fuse con la vita dei profughi e con quella dei soldati, con i quali la gente fraternizzava. I soldati eseguivano esercitazioni nei luoghi predisposti, come le trincee ed i fortini del sistema difensivo collinare, di cui è rimasta traccia fra San Donato e il Monte Tondo, a nord-ovest di Barbarano Vicentino. Nel suo Migliaia di profughi, milioni di soldati. Vicenza: Editrice Veneta, 2011, GIANLUCA SGREVA racconta la storia dei profughi nell’area berica seguendo le tracce lasciate dai soldati della Grande Guerra, mentre ANTONIO POZZA in: GIULIANO GAMBIN: Barbarano Vicentino e il Novecento: un secolo di storia. Montegalda (VI): Artigiana

Graica – Comune di Barbarano Vicentino, pp. 42-45, descrive la consistenza delle trincee sul Monte Tondo. 30 Il parroco di Campiglia non ne scrive la data, ma ne parla subito dopo aver riferito che la prima domenica di giugno i soldati italiani fecero “una accademia in teatro, di canto, suono e recita” alla quale intervennero anche “i soldati czechi”. Forse per questo motivo gli autori di storia locale del Basso Vicentino hanno anche di recente erroneamente interpretato come il 9 giugno (domenica) quella data. GIANLUCA SGREVA: Migliaia di profughi…, p. 78 (la riprende da BUCCIOL); ALBERTO COGO: Il Novecento a Sossano, vol. I (1900-1935).

Sossano: Giovani Editori, 2001, p. 239.

pubblicazioni della storiograia ceca e italiana31. La tecnologia in supporto alla ricerca consente inoltre oggi di accedere facilmente alla visione di un considerevole numero di foto sull’evento, perché digitalizzate, conservate nel Fondo Generale Sapienza del FAST32. Le didascalie di alcune di esse, insieme alle informazioni del tenente colonnello Gotti Porcinari33 attestano che la rivista del re d’Italia Vittorio Emanuele III alla Legione Ceco-Slovacca a Orgiano avvenne il 14 giugno 1918. Il generale Andrea Graziani appare nelle foto accanto al sovrano e ad altri militari graduati, anche cechi, con i quali sembra impassibile durante la cerimonia. Eppure solo due giorni prima nella vicina località di Barbarano aveva ordinato la fucilazione di 8 legionari, accusati di diserzione. 6.3 Barbarano o meglio Villaga L’esecuzione della condanna aveva colpito la gente del posto, tanto che, come tramandano le fonti orali, un ignoto testimone scrisse ben visibile, al punto da essere ancor oggi (ormai un secolo dopo) distinguibile, con il sangue degli otto fucilati il numero 8 su un pilastro del cancello di entrata al cimitero di Villaga34, comune a quello di Barbarano. La cifra, corrispondente al numero dei giustiziati sul luogo, appare di color rosso scuro. Anche senza cedere alle emozioni, viene spontaneo evidenziare la rilevanza dell’evento: si tratta dell’unica esecuzione capitale accertata eseguita dagli italiani nei confronti dei legionari ceco-slovacchi su territorio italiano, per diserzione. Inoltre è da notare che il numero di questi giustiziati ceco-slovacchi, in un’unica esecuzione, è stato il terzo numericamente

31 Per quella italiana, ad es.: BUCCIOL, p. 37. 32 Il FAST – Foto Archivio Storico Trevigiano, appartenente all’ente Provincia di Treviso, con sede a Treviso, è stato fondato nel 1989 per salvaguardare il patrimonio fotograico storico relativo al territorio trevigiano.

Dal 2014 ha messo online il catalogo digitale della Fototeca e una selezione di circa 16000 immagini appartenenti a circa 35 fondi separati – relative alla rivista del re e alla villa a Orgiano n. 25 foto, di cui alcune riprendono ambienti esterni senza personaggi. 33 GIULIO CESARE GOTTI PORCINARI: Coi legionari cecoslovacchi al fronte italiano ed in Slovacchia (1918-1919),

Roma: Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Uficio Storico, 1933, p. 45. 34 Alla ine degli anni Ottanta un’alunna della Scuola Media di Barbarano Vicentino, dov’ero in servizio, raccolse la testimonianza di un anziano del posto, secondo il quale alla scena della fucilazione assistettero dei ragazzi curiosi dopo essersi arrampicati sugli alberi vicini. Secondo l’intervistato, gli 8 soldati “slavi” arrivarono a bordo di una camionetta chiusa, con un parroco per confessarli, davanti al cimitero, luogo dell’esecuzione; dopo 10 minuti giunse una moto, per portare l’annuncio che il governo italiano li aveva perdonati, ma fu troppo tardi. L’episodio dell’esecuzione degli 8 legionari è sinteticamente riportato nelle pubblicazioni anche più recenti di storia locale, l’ultima delle quali è la citata: Barbarano Vicentino e il Novecento… di GIULIANO GAMBIN, che a p. 47 lo caratterizza come “episodio drammatico”. Nella storiograia italiana sulla repressione come strumento di disciplina durante la Grande Guerra, soltanto gli studiosi

Pluviano e Guerrini si sono occupati di questo caso. Dopo averlo analizzato, essi hanno evidenziato che, data la lontananza dalla prima linea del fronte, il comandante della divisione avrebbe potuto procedere diversamente: convocando un tribunale di guerra, con la partecipazione di uficiali ceco-slovacchi, oppure straordinario, costituito solo da questi. Cfr. MARCO PLUVIANO – IRENE GUERRINI: Le fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale, prefazione di GIORGIO ROCHAT. Udine: Gaspari Editore, 2004, pp. 152-155 e 159-160. Di fatto l’esecuzione degli 8 legionari, avvenuta il 12 giugno 1918 alle ore 21, allorché Štefánik era lontano dall’Italia, accelerò l’accordo fra il governo italiano ed il Consiglio Nazionale per l’istituzione di un tribunale apposito costituito solo da ceco-slovacchi. Dell’episodio di Barbarano hanno scritto diversi autori cechi. JOSEF LOGAJ ha inserito nel suo cit. Československé Legie v Italii (1915-1918) riferimenti a Barbarano in tre diverse pagine: lo deinisce “esempio triste” a p. 37, ma poi anche “tragedia” a p. 94, che “comunque ebbe i suoi buoni effetti”, dal momento che dopo i soldati ceco-slovacchi mantennero una disciplina esemplare (pp. 105-106). Egli parla nel testo di 7 legionari (p. 37), però nell’elenco allegato dei caduti e giustiziati con cui conclude il libro riporta 8 nominativi di ceco-slovacchi morti a Barbarano il 12.06.1918; di morti a Barbarano ne aggiunge anzi altri 2 in più, che registra alle date rispettivamente 06.06 (p. 139) e 20.06 (p. 137). JÁN ŠEBA: Rusko a Malá dohoda v politice světové. Praha: Melantrich , 1936, p. 442 parla invece di 5 (dimenticandosi degli altri 3). Recentemente l’argomento dei giustiziati a

Barbarano è stato ripreso dallo storico militare JOSEF FUČÍK: Doss Alto – mytus a skutečnost: Československá

Legie na italské frontě 1918. Praha: Epocha, 2014 (capitolo Osem bratří z Barbarana: nella versione e-book alle pp. 73-81). Relativamente ai giustiziati a Barbarano (meglio sarebbe dire: a Villaga) il numero ed i nominativi più attendibili sono quelli registrati nel PAMÁTNÍK ČS. LEGIÍ, dove il numero coincide con il numero indicato da Pluviano-Guerrini: 8, ed i nomi sono in parte uguali e in parte simili ai nomi decifrati forse in qualche caso erroneamente dai due studiosi. Del caso di Barbarano mi sono occupata anche nell’articolo di prossima pubblicazione Il passaggio nel Vicentino del Corpo Czeco-Slovacco in Italia (giugno 1918).

rilevante di ceco-slovacchi, seguendo i due delle esecuzioni capitali avvenute per mano degli austro-ungarici qualche giorno dopo a Conegliano (15) e a Colle di Guarda – Collalto (10)35 . 6.4 Toara Nei pressi di Barbarano, a Toara, frazione di Villaga, era insediato nello stesso mese di giugno il Comando della 2a Brigata Ceco-Slovacca, alloggiato nella Villa Barbaran Piovene36. Di questo evento non c’è traccia nelle pubblicazioni locali37, ma per confermarlo ancora una volta ci sono state di supporto nella ricerca le immagini del FAST, nelle quali i componenti il comando della brigata speciale presieduta da Sapienza sono ripresi in compagnia dei proprietari della villa, in pose che indicano familiarità38 .

7. INTANTO E ALTROVE 7.1 Con la III Armata Mentre il Corpo Czeco-Slovacco stanziava nel Basso Vicentino (non molto distante dall’area dei Colli Euganei della provincia di Padova, dove in quel periodo si era insediato il re d’Italia), nuclei di altri legionari parteciparono alle azioni nei rimanenti settori del fronte, in particolare sul Piave con la III Armata39. Soltanto negli ultimi mesi di guerra gli esploratori vennero uniicati in un nuovo reggimento: il 39°, aggregato al nuovo esercito ceco-slovacco; prima dipendevano direttamente dai comandanti delle singole armate italiane40. In zona di permanenza sul fronte del Piave, come avvenne a Orgiano, Toara e in altre località del Veneto in date successive, il comando si insediò in una villa. A Mogliano (Treviso) fu la Villa Marchesi41 .

35 Sulle esecuzioni capitali degli austro-ungarici a Conegliano e Colle di Guarda (Collalto): BUCCIOL, pp. 5457. Della fucilazione a Barbarano lo stesso capitano sloveno Pivko rimase profondamente colpito e scrisse:

“le vittime dei reparti sul fronte sono, per così dire, una conseguenza naturale e non ci colpiscono tanto quanto le notizie sulle vicende di Barbarano, dove il generale Graziani ha fatto fucilare otto legionari per ammutinamento” cfr. PIVKO, p. 714. Egli torna sull’argomento quando riferisce del dialogo avuto il 4 agosto 1918 nella località di Belvedere vicino a Bassano con il capitano Merlo dell’Uficio Informazioni della

IV Armata, al quale dice: “Barbarano si trova in fondo alle retrovie. Secondo quanto ne so, l’ammutinamento dei soldati cecoslovacchi era rivolto contro gli uficiali di cui non erano soddisfatti. Per questo caso il generale Graziani ha ordinato una punizione esemplare ma io credo che non fosse necessario ricorrere addirittura alla pena di morte. Della fucilazione di questi legionari sono in parte colpevoli i loro uficiali che non hanno saputo inluire sui propri sottoposti nel modo più giusto. Il caso di Barbarano è un semplice caso di carattere interno del reggimento cecoslovacco e gli ammutinati fucilati non erano affatto ilo-austriaci”:

PIVKO, pp. 792-793. Anche LOGAJ, che in più punti del suo libro Československé Legie… si sofferma sulle relazioni tra gli uficiali e la truppa dei legionari, nel caso di Barbarano attribuisce una parte della responsabilità agli uficiali: non furono in grado di prevenire il comportamento supericiale di quei legionari, mentre in quel periodo nell’esercito italiano c’erano ribellioni, punite con la pena capitale: cfr. p. 106. 36 Attualmente: Villa Piovene Porto Godi di Toara (sede di un’affermata azienda agricola). 37 Neppure in TOMMASO CEVESE – ROBERTO PELLIZZARO: Toara immagini e storia. Vicenza: La Serenissima, 2004 (2° ed.), dove nella sezione Storia, a p. 73 Pellizzaro scrive: “Non c’è traccia nella storia di Toara di incursioni vandaliche, di soperchierie et similia, se non nella nostra epoca durante la II guerra mondiale”. 38 Il Fondo Generale Sapienza del FAST contiene 13 immagini relative, scattate tutte probabilmente lo stesso giorno. L’allora colonnello Luigi Sapienza, in quanto comandante della brigata, era anche l’informatore degli uficiali di grado più elevato (Graziani e Štefánik) sulla situazione. 39 Il PAMÁTNÍK ČS. LEGIÍ registra, come morti a Fossalta nei gg. 17-19.06.1918, 14 di loro. Si possono ad essi aggiungere i caduti o i fatti prigionieri sul Montello (nel settore della VIII Armata) e poi giustiziati. 40 KAREL PICHLÍK – BOHUMÍR KLÍPA – JITKA ZABLOUDILOVÁ: I legionari cecoslovacchi (1914-1920). Trento:

Museo Storico in Trento, 1997, pp. 210-211. 41 Villa Pisani, Pigazzi, Marchesi di Mogliano Veneto, come molte altre ville venete, aveva già avuto una certa funzione storica, avendo ospitato nel 1848, durante l’attacco austriaco al Forte di Marghera, un ospedale militare austriaco.

Orgiano (Vi), Re Vittorio Emanuele III passa in rivista la Divisione Ceco-Slovacca, 14 giugno 1918, fondo Generale Sapienza c/o FAST – Foto Archivio Storico Trevigiano della Provincia di Treviso.

Toara di Villaga (Vi), il comando della 2° Brigata Ceco-Slovacca, giugno 1918, fondo Generale Sapienza c/o FAST – Foto Archivio Storico Trevigiano della Provincia di Treviso.

7.2 Sul Monte Baldo Dopo la permanenza nel Basso Vicentino nei primi venti giorni del giugno 1918, il Corpo Czeco-Slovacco in Italia, che era il nucleo più consistente dei legionari, si trasferì sul Monte Baldo, dove rimase per quasi altri due mesi (20 giugno – 15 agosto), durante i quali completò l’addestramento sul terreno montuoso, prima di spostarsi al fronte, più a nord, nel settore dal Garda a Mori e Brentonico, con il Monte Altissimo, che era di competenza della I Armata42 . 8. PER CONCLUDERE Nel primo dopoguerra sulle macerie del devastante conlitto un po’ ovunque in Italia, ma soprattutto al nord lungo le linee del fronte, vennero costruiti monumenti e sacrari destinati alla celebrazione della memoria. Si è poi più tardi assistito all’af fermarsi di una memoria di tipo locale, con la tendenza a diventare localistica, mentre oggi sembra prevalere la memoria diffusa, nell’ambito della quale i luoghi prima destinati alla memoria celebrativa possono ancora avere una funzione educativa se interpretati come monito alla non delagrazione di ulteriori conlitti. Durante la Grande Guerra i legionari cechi e slovacchi43 sono stati presenti (anche se per poco tempo) in molte località della provincia di Vicenza, distribuiti sia nella pianura del Basso Vicentino con i Monti Berici, sia in montagna sull’Altipiano di Asiago, sia in località della fascia intermedia pedemontana, a seconda della situazione bellica e delle strategie dei comandanti da cui dipesero. In alcuni di questi luoghi rimane oggi di loro visibile memoria, per la permanenza di segni o per la ricostruzione di eventi44. Anche nei luoghi nei quali non è rimasta traccia del loro passaggio, per quanto ne abbiamo notizia la popolazione locale si espresse sempre favorevolmente ai legionari, con manifestazioni di accoglienza e simpatia nei loro confronti.

42 Questa relativamente lunga permanenza spiega, almeno in parte, il consistente numero di fotograie nel

Fondo Generale Sapienza del FAST, scattate nelle immediate retrovie del fronte nella zona del Baldo, che riprendono momenti diversi della vita dei legionari, anche di svago (scene di recita teatrale). La strada militare che da Spiazzi conduce alle pendici del Monte Altissimo, fatta costruire dal generale Andrea Graziani ai legionari ceco-slovacchi, venne da loro chiamata “la strada per Praga”. 43 In grande prevalenza in Italia cechi, mentre molti slovacchi furono legionari in Russia (Siberia). 44 Ne sono esempio i siti dell’Ecomuseo della Grande Guerra nelle loro varie manifestazioni. Sia la Villa Marchesi di Mogliano Veneto (TV) che la Villa Fracanzan Piovene di Orgiano (VI) sono state inserite dalla Fondazione Aida – Teatro stabile di innovazione, con sede a Verona, nel progetto “Il ruolo delle Ville Venete nella Grande Guerra”, attualmente (maggio 2015) in corso, per promuovere la conoscenza del ruolo che le

Ville Venete rivestirono durante il conlitto e per favorire l’integrazione del circuito delle Ville Venete nella realizzazione dell’ecomuseo diffuso.

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