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“La questione slovacca nella Grande guerra nel contesto della politica internazionale“

Bohumila Ferenčuhová (Istituto storico – Accademia Slovacca delle Scienze) La questione slovacca nella Grande guerra nel contesto della politica internazionale *

Nei miei precedenti lavori dedicati al periodo della Grande guerra, partivo essenzialmente dalla prospettiva della questione cecoslovacca, della resistenza cecoslovacca all’estero, e cercavo di dimostrare che gli slovacchi in questo conlitto non sono rimasti passivi, non sono stati ‘liberati’, magari anche contro la propria volontà, ma che anzi hanno contribuito in modo signiicativo alla formazione della coscienza di uno stato cecoslovacco.1 Nel porre ora l’accento sulla ‘questione slovacca’, ho focalizzato la mia attenzione sulle premesse fondamentali e sulle iniziali incertezze della politica slovacca, argomento di cui parlerò nella prima parte di questo saggio. Nella seconda parte af fronterò l’aspetto militare della problematica (1916-1917), evidenziando il ruolo chiave di Milan Rastislav Štefánik. Nella terza parte tratterò sinteticamente il processo che determinò le scelte delle personalità politiche più rilevanti in Slovacchia nel 1918. 1. PREMESSE E INCERTEZZE. Alle soglie della Grande guerra, circa 2 milioni di slovacchi vivevano in 16 comitati dell’Ungheria settentrionale, in un territorio che non costituiva un’unità amministrativa. Ciononostante gli slovacchi, già nel 1848, in un documento uficiale indirizzato al regnante e al parlamento ungherese, si dichiaravano un’entità autonoma, af fermando di essere una nazione. Lo ripeterono nel Memorandum della nazione slovacca del 1861. All’inizio del XX secolo questa realtà viene ribadita con enfasi dallo scrittore e giornalista Svetozár Hurban Vajanský, con parole rivolte alle cerchie dominanti ungheresi che la negavano: „Noi siamo slovacchi, un popolo con tutti i requisiti fondamentali di una nazione.“2 La struttura della società slovacca era alterata dall’emigrazione (negli USA all’inizio della guerra vivevano 750.000 slovacchi) così come dalla politica di magiarizzazione del governo ungherese. L’ascesa sociale era condizionata dall’adesione all’identità ungherese e dall’uso esclusivo della lingua ungherese in campo amministrativo, nel contempo venivano perseguitati coloro che agivano da slovacchi consapevoli partecipando attivamente alla vita culturale e sociale slovacca.3 Quest’ultima, all’inizio del XX secolo si presentava dif ferenziata. Il suo centro si trovava a Turčiansky Svätý Martin, emblema delle tradizioni slovacche negli anni 1848-1867; là si coltivava la reciprocità slava e si accoglievano ospiti da tutta la Slovacchia e dall’estero in occasione delle festività nazionali in agosto. Martin era la sede del Partito nazionale slovacco, a capo del quale fu per molti anni Pavol Mudroň, e dopo la sua morte nel marzo del 1914 Matúš Dula. Là veniva pubblicato il giornale “Národnie noviny” (Giornale nazionale), i cui toni erano dettati da S. H. Vajanský e Jozef Škultety. Costoro dedicavano ampio spazio alle questioni di politica internazionale in Europa e nel mondo. Dalla ine del XIX secolo, il Partito nazionale slovacco presentava propri candidati alle elezioni del parlamento ungherese, ma la speranza di un cambiamento della condizione degli slovac-

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1 *Contributo nato nell’ambito del progetto VEGA 2/0135/15. La vittoria e la caduta della Terza repubblica.

La Piccola Intesa tra Francia e Italia 1914-1940. Questo lavoro è stato pubblicato con il contributo dell’Agenzia per la promozione della ricerca e dello sviluppo in base all’accordo n. APVV-0628-11. Questa tesi è presentata in modo provocatorio da ZEMKO, Milan. Občan, spoločnosť, národ v pohybe slovenských dejín. [Il cittadino, la società, la nazione nei movimenti storici slovacchi.] Bratislava : Historický ústav SAV vo vydavateľstve Prodama 2010, p. 50, 56-57, 64, 76, 97. 2 Citato da Elena Jakešová, Spoločnost.[Società.] In KOVÁČ, Dušan a kol. Slovensko v 20. storočí, prvý zväzok.

Na začiatku storočia 1901-1914.[ La Slovacchia nel XX secolo, primo volume. Gli inizi del secolo 1901-1914.]

Bratislava : Veda 2004, p. 43. 3 LIPTÁK, Ľubomír. Petite histoire de la Slovaquie. Paris : Institut d’Etudes slaves 1996, p. 54-55.

chi era riposta nelle vicende internazionali. Considerando l’impegno dell’impero zarista nei Balcani nel XIX secolo, i cittadini di Martin si aspettavano che la Russia nel proprio interesse intraprendesse la missione di liberazione anche a favore degli slavi della monarchia asburgica, conferendo loro „un ordinamento autonomo“ e aiutandoli a conservare la loro „identità nazionale, la fede, la lingua e le tradizioni.“ 4 Un’altra corrente politica di rilievo era rappresentata dal nascente movimento cattolico popolare, formatosi attorno alle igure dei preti Andrej Hlinka e Ferdiš Juriga, fortemente consapevoli della loro identità slovacca, e che gradualmente avrebbe dato vita al Partito popolare. Fino all’inizio della guerra i sostenitori di questo partito nonostante tutti i problemi restarono in territorio ungherese, adoperandosi per migliorare lo stato sociale degli slovacchi, difendendo i diritti all’istruzione nella lingua materna e battendosi per il suf fragio universale esteso anche alle donne. 5 Una terza corrente si formò attorno al periodico “Hlas” (La voce) e a personalità politiche quali Pavol Blaho, Anton Štefánek, Vavro Šrobar.6 Costoro avevano una posizione critica verso i nazionalisti di Martin e verso le loro teorie sulla politica estera. Si ispiravano al realismo di T. G. Masaryk, e in accordo con esso ponevano l’accento principalmente sui lavori più modesti che avrebbero nobilitato il popolo slovacco. Come idee erano vicini a Praga, all’Unità cecoslovacca, agli slovacchi della Moravia. Permettevamo a molti studenti e apprendisti di studiare a Praga e in Moravia, aiutandoli a ottenere borse di studio e prestiti per poter pagare le spese. Il gruppo di “Hlas” vedeva nella reciprocità cecoslovacca e nella collaborazione con i cechi una prospettiva anche dal punto di vista politico. 7 Consideravano il dualismo austro-ungarico un ostacolo a una democratizzazione e a una modernizzazione della monarchia che avrebbe potuto portare vantaggi a tutte le popolazioni slave che vi vivevano. Ricostruire la monarchia sulla base del federalismo era l’idea coltivata in Slovacchia in particolar modo da Milan Hodža. Poiché la maggior parte degli slovacchi apparteneva al ceto contadino, aveva fondato insieme ad altri il movimento agrario e il Partito politico agrario. 8 Fu eletto deputato al parlamento ungherese nel 1905, per il Partito nazionale serbo-slovacco della Bačka. Collaborando con il politico rumeno della Transilvania Alexander Vaida, contrastò le mire del Partito d’indipendenza ungherese (Fügettlenségi párt), il quale dopo la vittoria nelle elezioni del 1905, tentò di realizzare dei repentini cambiamenti nell’armata. Puntava a sciogliere formalmente l’armata austro-ungarica per fondare un’armata ungherese indipendente, come garanzia di una futura indipendenza dell’Ungheria. Il dissenso di Hodža sulla „magiarizzazione“ della parte ungherese dell’armata comune, gli guadagnò le simpatie del successore al trono Francesco Ferdinando d’Este e l’accesso alla sua ‘cancelleria del Belvedere’. Era il luogo in cui si progettava di abbattere il dualismo e fondare la Grande Austria sulla base di un federalismo allargato all’intera monarchia

4 IVANT YŠYNOVÁ, Tatiana - KODAJOVÁ, Daniela a kol. Východná dilema strednej Európy. [Il dilemma orientale dell’Europa centrale.] Bratislava : SDK SVE v spolupráci s HÚ SAV, 2010, p. 150. 5 FERENČUHOVÁ, Bohumila. Informovanosť slovenskej verejnosti o zahraničnom odboji. [L’informazione pubblica slovacca sulla resistenza all’estero.] In KOVÁČ, Dušan – PODRIMAVSKÝ, Milan. (Eds.) Slovensko na začiatku 20. storočia. (Spoločnosť, štát, národ v súradniciach doby.) Zborník štúdií. [La Slovacchia all’inizio del XX secolo. (Società, stato, nazione nelle coordinate dell’epoca.) Rassegna di studi.] Bratislava: Historický ústav SAV, Polygraia SAV 1999, p. 404-414. 6 Sul concetto di nazione del gruppo di “Hlas” cfr. HOLLÝ Karol. K historickej ideológii Antona Štefánka pred prvou svetovou vojnou. [Sull’ideologia storica di Anton Štefánek di fronte alla Prima guerra mondiale.] In

MICHÁLEK, Slavomír. Slovensko v labyrinte moderných európskych dejín. Pocta historikovi Milanovi Zemkovi. [La Slovacchia nel labirinto della storia europea moderna. In onore dello storico Milan Zemko.] Bratislava : Historický ústav SAV v Prodama s. r. o., 2014, p. 36-48. 7 JANŠÁK, Štefan. Život dr. Pavla Blahu. I. a II. [Vita del dr. Pavol Blaho. I e II.] Bratislava : 1947; JURČIŠINO-

VÁ, Nadežda. Problémy česko-slovenskej spolupráce a činnosti Českoslovanskej jednoty (1894-1916) [Problemi della collaborazione ceco-slovacca e dell’attività dell’Unità cecoslovacca (1894-1916)]. In Ročenka

Katedry dejín FHVP Prešovskej univerzity, 2001. Prešov : 2001, p.. 51-63; JURČIŠINOVÁ, N. Prínos porád v Luhačoviciach pre rozvoj vzťahov medzi Čechmi a Slovákmi pred 1. svetovou vojnou. [Il contributo dei convegni di Luhačovice per lo sviluppo dei rapporti fra cechi e slovacchi preima della Prima guerra mondiale.] In Ročenka Katedry FHVP Prešovskej univerzity, 2002, Prešov 2002, p. 42-52. 8 HANULA, Matej. Za roľníka, pôdu a republiku. Slovenskí agrárnici v prvom polčase 1. ČSR [Per i contadini, la terra e la repubblica. Gli agrari slovacchi nella prima parte della repubblica cecoslovacca.]. Bratislava :

Historický ústav SAV 2011.

asburgica.9 Hodža in seguito formulò le sue idee sulla collaborazione dei popoli tra il mar Baltico e l’Adriatico nella monograia La federazione nell’Europa centrale. 10 L’attentato di Sarajevo a Francesco Ferdinando rappresentò un duro colpo per l’intera scena politica slovacca. Un’altra corrente politica slovacca era la democrazia sociale, che aveva le sue basi in alcuni centri industriali, principalmente a Bratislava. Faceva parte del Partito social-democratico unitario ungherese, ma i suoi membri al tempo stesso mantenevano i contatti con il movimento nazionale, collaboravano con i social-democratici cechi a Vienna, coltivavano autonomamente la lingua e la cultura slovacca. Il centro nazionale di Martin dovette così af frontare non solo le critiche del gruppo di “Hlas” e della più giovane generazione che si era riunita intorno alla rivista letteraria “Prúdy” (Correnti), ma anche la sida dei cattolici, del movimento agrario e dei socialisti. Nei primi sei mesi del 1914, i politici slovacchi appartenenti alle varie correnti avvertirono la necessità di concentrare le forze nazionali e di elaborare un nuovo programma comune. Si riunirono in un consulto collettivo a Budapest il 26 maggio, sotto la presidenza di Matúš Dula del Partito nazionale slovacco e con la partecipazione attiva dei politici della più giovane generazione appartenenti a tutte le correnti sopra citate. Concordarono la creazione di un organo comune – il Consiglio nazionale slovacco. Avrebbe dovuto uficialmente insediarsi a Martin durante le celebrazioni di agosto, dove si sarebbero discussi i dettagli e approvato un programma politico comune. Fin dal 1912 il Partito nazionale slovacco concordava il suo programma con il multinazionale Partito dell’Assemblea delle nazionalità, nel parlamento ungherese, raf forzando la battaglia per il diritto al suf fragio universale, segreto e diretto e la collaborazione con gli altri popoli dell’Ungheria non ungheresi, soprattutto i serbi e i rumeni. Lo scoppio della guerra impedì la realizzazione di questi progetti. 11 La presidenza del Partito nazionale slovacco, il 5 agosto 1914, espresse fedeltà al sovrano, ricordando il successore al trono assassinato e la sua iducia nei reggimenti slovacchi, e manifestò la volontà di combattere per la monarchia, perché nel desiderio “di conservare la nostra identità nazionale, noi slovacchi abbiamo maturato dentro di noi la più profonda convinzione che per le piccole nazioni, quali noi siamo e insieme a noi altre comunità nazionali più o meno grandi che vivono nella nostra patria e nell’intera monarchia, la forma di stato che meglio si adatta sia questa nostra patria e la nostra monarchia.” 12 In nome del popolo slovacco, il presidente del Partito nazionale slovacco pubblicò questa dichiarazione: “A noi preme che la nostra patria e la nostra monarchia siano conservate nella loro integrità, che con la guerra imminente non debba patire alcun danno e possa uscirne vittoriosa. Daremo per questo ogni cosa, incluse le nostre teste e ogni nostro bene.”13 Questo documento viene inevitabilmente considerato nella letteratura storica come un’espressione della passività politica slovacca all’epoca della guerra. Si deve tuttavia ricordare che ciò era in sintonia con gli obiettivi programmatici del movimento nazionale slovacco a ridosso della Prima guerra mondiale. Come mutarono gli obiettivi della politica slovacca sotto l’inluenza della situazione internazionale e della Prima guerra mondiale? Guardiamo per prima cosa ai connazionali che si trovavano negli USA. Il primo stimolo che diede inizio alla loro attività politica fu il viaggio di propaganda del

9 Uno di questi progetti fu concepito da Aurel Popovici, il quale proponeva una ristrutturazione della monarchia in 15 unità amministrative che avrebbero dovuto formare Die Vereinigten Staaten der Grossösterreich. 10 Il testo originale fu pubblicato in inglese: Hodža Milan, Federation in Central Europe, Relections and Reminiscences. London: Jarold Publisher 1942. Traduzione slovacca: HODŽA, Milan. Federácia v strednej Európe a iné štúdie. Vybral, zostavil, predslov, kritické a edičné poznámky napísal Pavol Lukáč. Bratislava : Kalligram 2007. 11 KOVÁČ, Dušan a kol. Slovensko v 20. storočí, prvý zväzok. Na začiatku storočia 1901-1914. [La Slovacchia nel

XX secolo, primo volume. L’inizio del secolo 1904-1914.] Bratislava : Veda 2004, p. 209-210; Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. [Documenti dell’identità nazionale slovacca e dello stato, vol 1.]Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 132, p. 411-413. 12 Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 134, p. 414. 13 Ibid., p. 433.

conte Mihály Károly, rappresentante del Partito d’indipendenza ungherese, in Francia, Austria e Stati Uniti. Egli intendeva così preparare il terreno per la dichiarazione di indipendenza dello stato ungherese e convincere i connazionali e l’opinione pubblica americana del fatto che il futuro stato indipendente ungherese, con i suoi 20 milioni di abitanti distribuiti su un territorio che andava dai Carpazi al mare Adriatico, avrebbe avuto un processo di democratizzazione e avrebbe provocato la dissoluzione della Triplice alleanza. A una delle conferenze di Károly partecipò Milan Getting, rappresentante dell’Unione ginnica slovacca “Sokol” e della Associazione politica slovacca di New York. Riuscì a ottenere un’intervista con Károly che poi fu pubblicata dalla stampa slovacca e ceca in America. Getting nel suo commento sottolineò: “Il Conte non ha affatto sottaciuto di non riconoscere in nessun modo gli slovacchi come nazione, anzi lo ha rimarcato, mai e poi mai offrirà loro in qualche campo una qualunque cosa che possa essere considerata una sorta di privilegio della lingua slovacca, e a nessun costo sarà consentito agli slovacchi di evolversi come nazione all’interno dei conini ungheresi.” E in conclusione scriveva: “Che si ribalti il destino dell’Austria-Ungheria, noi saremo pronti a tutto, afinché nel momento decisivo, con i nostri sforzi e con l’aiuto dei fratelli cechi a noi più vicini, si riesca a salvare la Slovacchia.”14 Anche la Lega slovacca, la massima organizzazione degli slovacchi d’America con sede a Pittsburgh, all’interno della quale si erano accorpate molte associazioni, stava mettendo a punto la propria teoria. Secondo il presidente della Lega, Albert Mamatej, questa fu elaborata a nome di tutti gli slovacchi d’America (la Lega slovacca contava circa 200.000 membri) “con l’obiettivo di inviarla a tutti i circoli competenti di tutti i paesi civilizzati.”15 La proposta, uscita dalla penna di Ivan Daxner, partiva dal Memorandum della nazione slovacca del 1861 e conteneva anche elementi della democrazia americana. Pertanto l’autonomia richiesta per la regione slovacca dell’Alta Ungheria era deinita con il concetto americano di ‘Home Rule’. La soluzione proposta per la questione slovacca non toccava il territorio ungherese e chiedeva una rideinizione dei comitati dell’Alta Ungheria su base etnica. Dopo lo scoppio della guerra in Europa, furono apportate altre modiiche e il memorandum della Lega slovacca fu ratiicato a Pittsburgh in America il 10.9.1914.16 I firmatari aveva così preso le distanze dalla dichiarazione di lealtà del Partito nazionale slovacco in Slovacchia. Considerando la mancanza di libertà in quelle terre presero “il destino della nazione nelle loro mani.” Chiedevano piena parità e libertà per tutti i popoli e “per il popolo slovacco piena autonomia e la libertà di determinare il proprio destino sia in campo politico, sia in campo culturale ed economico.”17 Non riuscirono ancora a trovare un accordo circa la sfera statale nella quale l’autodeterminazione slovacca avrebbe dovuto realizzarsi. All’inizio del 1915, Mamatey scrisse agli organizzatori del Congresso delle comunità ceche e slovacche di Parigi che gli slovacchi americani chiedevano „autonomia per la Slovacchia non come stato autonomo individuale, ma come organismo politico e amministrativo a sé stante, a prescindere dalla più ampia conformazione statale alla quale la Slovacchia come parte costitutiva sarà assegnata dai diplomatici.“18 Nemmeno i movimenti nazionali cechi in quel periodo fecero progressi in ambito programmatico. T. G. Masaryk era partito per un primo viaggio in Occidente a scopo informativo nel settembre 1914. Durante il suo secondo viaggio a Rotterdam, in Olanda, a metà ottobre, trascorse due giorni con l’amico degli slovacchi R. W. Seton-Watson, il quale era ben informato sugli obiettivi bellici britannici e gli riferì l’opinione di Lord Kitchener, il quale riteneva che la guerra si sarebbe protratta per almeno tre anni, forse

14 GETTING, Milan. Americkí Slováci a vývin československej myšlienky v rokoch 1914 – 1918. Časť I. [Gli slovacchi americani e l’evoluzione dell’idea cecoslovacca negli anni 1914-1918. Parte prima.] Vydala Slovenská

Telocvičná Jednota Sokol v Amerike z príležitosti 15. výročia utvorenia Československej republiky : 1933, p. 16-17. [Pubblicato dall’unione ginnica “Sokol” in America in occasione del 15° anniversario della fondazione della Repubblica cecoslovacca.] 15 MAMATEY, Albert. Predmluva. In Slováci a Maďari. Politicko-historická úvaha. Napísal Dr. Vacovský. Vydala

Slovenská liga v Amerike. [Premessa. In Slovacchi e Ungheresi. Rilessioni politico-storiche. Autore Dr. Vacovský. Pubblicato dalla Lega slovacca in America.] Pittsburgh : Tlačou Slovenského hlásnika 1914, p. 3-4. Il testo originale del memorandum è pubblicato per esteso nel libro di Vacovský alle pp. 102-107. 16 Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 135, p. 434-438. 17 Ibid., p. 437. 18 Getting, Milan, op. cit. p. 46

anche di più. Ai cechi si richiedeva dunque un grande impegno civile in patria e un immenso lavoro di propaganda all’estero, per poter coltivare la speranza di realizzare il loro programma. Proprio a causa di questo incontro, Masaryk decise di cambiare radicalmente i suoi piani e fece ogni sforzo per convincere gli alleati del fatto che l’Austria-Ungheria era diventata un vassallo della Germania e uno strumento del pangermanismo tedesco per penetrare a Est lungo la tratta Berlino-Baghdad. Erano af fermazioni fondate. In Germania e in Austria erano sempre vivi i progetti per una risoluzione della questione tedesca a favore di una Grande Germania.19 La realizzazione di tali progetti avrebbe messo in pericolo l’Austria-Ungheria e impedito agli slavi di accrescere la propria inluenza all’interno della monarchia asburgica. A ostacolare la pressione della Germania a Est avrebbe dovuto essere una Bohemia indipendente, costituita dai territori cechi storici (Boemia, Moravia, Slesia), ai quali si sarebbe unita l’Ungheria settentrionale con i suoi abitanti slovacchi. Tornato a Londra, Seton-Watson sulla base dei suoi colloqui con Masaryk scrisse un memorandum sul progetto della Bohemia Indipendente e all’inizio di novembre lo consegnò a George Clerk del Ministero degli Esteri britannico. 20 Un altro memorandum, The independent Bohemia, fu redatto personalmente da T. G. Masaryk subito dopo la sua emigrazione, nell’aprile del 1915. Lo corredò altresì di una mappa del futuro stato ceco-slovacco che rafigurava anche un corridoio con la Jugoslavia.21 Masaryk presentò pubblicamente il suo piano a Ginevra, insieme allo slavista francese Ernest Denis, nella Sala della Riforma, in una conferenza in occasione dei 500 anni dalla condanna al rogo del Maestro Jan Hus. Queste idee furono contestate con energia dai rappresentanti dei cittadini slovacchi all’estero, i quali non concordavano con il nome del progettato stato e nemmeno con il fatto che la Slovacchia dovesse restare una sorta di ampliamento del territorio ceco a Est. Essi volevano conquistare un’identità non solo culturale ma anche politica. Il 22 ottobre 1915 la Lega Slovacca e l’Associazione nazionale ceca irmarono a Cleveland un accordo dal quale emergeva che si sarebbe trattato dell’unione di due soggetti: i territori storici cechi e la Slovacchia. La nazione ceca e quella slovacca dovevano unirsi in uno stato federativo dove la Slovacchia avrebbe avuto piena autonomia nazionale, con un proprio parlamento, una propria amministrazione statale, piena libertà culturale, compreso dunque il pieno diritto di usare la lingua slovacca, una propria amministrazione economica e politica e lo slovacco come lingua uficiale. Il diritto di voto doveva essere universale, diretto e segreto. La forma di governo: un’unione personale con un ordinamento democratico dello stato sul modello inglese.22 L’idea di due stati equiparati, che avrebbero parzialmente rinunciato alla propria sovranità, guidava anche i promotori dell’accordo di Pittsburgh. Il 30 maggio del 1918 l’accordo fu irmato dalla Lega slovacca da una parte, e dall’Associazione nazionale ceca e l’Unione dei cattolici cechi dall’altra. Recava anche la irma di T.G. Masaryk.23 Anche i rappresentanti delle comunità ceche e slovacche in Russia e in Francia af frontarono analoghi problemi, risolvendoli attraverso il dibattito democratico. All’epoca degli iniziali successi dell’of fensiva russa sul fronte della Galizia, ci si aspettava che lo zar giocasse un ruolo decisivo per il destino degli slavi nella monarchia asburgica. In Russia, soprattutto in Volinia e a Kiev, vivevano numerosi residenti cechi (circa 80.000), e anche commercianti e imprenditori slovacchi con centro a Mosca e nella Varsavia russa di allora. A questi si aggiungevano i prigionieri di guerra, che in parte volontariamente, in parte a causa di operazioni belliche, si erano ritrovati dall’altra parte del fronte.

19 Vedi HAHNOVÁ, Eva. Od Palackého k Benešovi. Německé texty o Češích, Němcích a českých zemích. [Da Palacký a Beneš.Testi tedeschi sui cechi, sui tedeschi e sulle terre ceche.] Praha : Academie 2014. 20 SETON-WATSON, Hugh and Christopher. The Making of a New Europe. R. W. Seton-Watson and the last years of

Austria-Hungary. Seattle : University of Washington Press 1981, p. 109-111. 21 RYCHLÍK, Jan – MARZIK, Thomas – BIELIK, Miroslav (eds.) R. W. Seton-Watson and his relations with the

Czechs and Slovaks. Documents. 1906-1951. I. Praha : Ústav T. G. Masaryka, Martin : Matica slovenská, 1995, dok. 68, p. 229. 22 ČULEN, Konštantín. Pittsburghská dohoda. [L’accordo di Pittsburgh.] Bratislava : Slovák a Nakl. úč. spol., 1937, p. 78. 23 RYCHLÍK, Jan. Češi a Slováci ve 20. století. Česko-slovenské vztahy 1914-1945. [Cechi e slovacchi nel XX secolo. I rapporti ceco-slovacchi 1914-1945.] Bratislava : AEP, 1995, p. 45-47.

Nel marzo del 1915 si tenne il congresso programmatico dell’Unione delle comunità ceco-slovacche in Russia, alla quale lo zar aveva concesso il diritto di rappresentare gli interessi dei connazionali cechi e slovacchi. L’Unione portava avanti la concezione di uno stato cecoslovacco il quale, se avesse ottenuto la possibilità di scegliere il proprio destino, sarebbe rimasto per sempre un fedele amico del popolo russo e un fedele alleato della Russia liberatrice.24 Questo suscitò l’opposizione di una parte dei connazionali slovacchi (il comeniologo Ján Kačala e altri), organizzati nell’Associazione slovacco-russa in memoria di Štúr, che si era pronunciata a favore di un’assegnazione della Slovacchia alla Russia. Il direttivo dell’Unione delle comunità ceco-slovacche in Russia rilasciò nel maggio del 1915 una personale dichiarazione sulla condizione dei cechi e degli slovacchi nella futura comune monarchia. Bohdan Pavlů la pubblicò nel primo numero del periodico “Čechoslovák”. Sempre per suo merito vennero qui ricordati i Convegni annuali di Luhačovice dell’Unità cecoslovacca con particolare riferimento alla partecipazione slovacca. L’autonomia politica e linguistica della Slovacchia, incluso un parlamento nazionale indipendente, doveva essere un fatto incontestabile, la totale uguaglianza della lingua ceca e quella slovacca un principio basilare.25 Nell’ottobre del 1916, la nuova rappresentanza degli slovacchi in Russia, costituita soprattutto dai prigionieri di guerra – Jozef Gregor Tajovský, Janko Jesenský, Ivan Markovič, Vladimir Daxner, Ján Janček e altri – si pronunciò a favore del progetto di uno stato indipendente dei cechi e degli slovacchi, e lo pubblicò nel primo numero del periodico “Slovenské hlasy” (Voci slovacche), che iniziò a uscire grazie al inanziamento degli slovacchi americani. “Il nostro obiettivo è: una nazione slovacca libera,” scrivevano. “Lo stretto legame culturale e di sangue, le tradizioni politico-storiche, le istanze vitali per il futuro, la dificile posizione delle piccole unità statali totalmente indipendenti, condurranno il popolo slovacco e il popolo ceco all’unità politica. La Slovacchia autonoma e il territorio ceco autonomo si uniranno in un unico organismo statale.”26 La missione principale era la lotta per la libertà; sulla successiva organizzazione di uno stato comune avrebbero deciso i suoi abitanti una volta ottenuta la propria patria. 2: LA NUOVA FASE DEL MOVIMENTO CECO-SLOVACCO ALL’ESTERO. 1916-1917 Sotto l’inluenza di Milan Rastislav Štefánik, il Comitato estero ceco con sede a Parigi si trasformò nel Consiglio nazionale dei paesi cechi (Conseil national des pays tchèques). Masaryk assume la presidenza del nuovo organo dell’opposizione cecoslovacca con sede a Parigi, il deputato Josef Dürich diviene vicepresidente, Edvard Beneš segretario e Štefánik rappresentante degli slovacchi. Il nome di Consiglio nazionale ceco-slovacco (Československá národná rada, ČSNR), si impose dopo l’arrivo in Europa del delegato della Lega slovacca in America Štefan Osuský.27 Fu usato per la prima volta in un documento uficiale il 29 agosto 1916 nel protocollo di Kiev che stabiliva i principi dell’azione ceco-slovacca. I irmatari – M. R. Štefánik e J. Dürich per il ČSNR, Václav Vondrák e il segretario Ján Volf per l’Unione delle comunità ceco-slovacche in Russia e Gustáv Košík per la Lega slovacca in America – vi annotarono le due fondamentali istanze dei cechi e degli slovacchi: dichiarano la loro volontà di liberarsi dal giogo tedesco-ungherese e „aspirano a evolversi in una nazione politicamente unita e indivisibile sotto l’egida e la protezione della Quadruplice intesa.“28

24 FERENČUHOVÁ, Bohumila. M. R. Štefánik a česko-slovenské hnutie v Rusku (s dôrazom na roky 1916-1917). In

Milan Rastislav Štefánik a česko-slovenské zahraničné vojsko (légie). [M. R. Štefánik e i movimenti ceco-slovacchi in Russia con particolare riferimento agli anni 1916-1917. In Milan Rastislav Štefánik e l’esercito ceco-slovacco all’estero (legione)]. Ed. B. Ferenčuhová. Bratislava : Pro história 2014, p. 14. HRONSKÝ, Marián – PEKNÍK, Miroslav. Vo víre „Veľkej vojny“ – v zápase za nový štát. [La fede nella “Grande guerra” – la lotta per il nuovo stato.] In Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, p. 420-429. 25 Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 138, p. 442-444. 26 Ibid., dok. 141, p. 451. 27 MICHÁLEK, Slavomír. Diplomat Štefan Osuský (1889-1973). [Il diplomatico Štefan Osuský] Bratislava : Veda 1999, p. 133. 28 Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 140, s. 449.

Il cittadino francese Štefánik riuscì dapprima a guadagnare l’appoggio di una parte dei politici francesi al programma di uniicazione ceco-slovacco: ebbe un colloquio con il presidente Aristide Briand, ottenne il sostegno di Philippe Berthelot del Ministero degli af fari esteri e in seguito anche quello del ministro degli af fari esteri Stephen Pichon. Faceva parte dei suoi piani porre sotto la guida politica del ČSNR l’esercito ceco-slovacco all’estero, il quale avrebbe partecipato alla guerra e avrebbe fatto ogni sforzo per giungere alla liberazione degli slovacchi e dei cechi. Con questo obiettivo intraprese un viaggio prima in Russia, poi negli Stati Uniti e inine in Italia. Il movimento ceco-slovacco registrò un successo anche sul terreno diplomatico: gli stati dell’intesa in una risposta a Woodroow Wilson nel gennaio del 1917 segnalano tra i loro obiettivi bellici la volontà di liberare dalla dominazione straniera non solo gli italiani, gli slavi e i rumeni, ma anche i cecoslovacchi. 29 Tale nota ebbe il suo ef fetto soprattutto sulle organizzazioni di connazionali slovacchi e cechi. L’ambasciatore francese Jean Jules Jusserand trasmise a Quai d’Orsay tra il 20 gennaio e il 10 febbraio del 1917 trenta messaggi di ringraziamento da parte di associazioni e singoli individui. Tra le organizzazioni slovacche che li avevano inviati apparivano la Lega slovacca di Chicago con il suo presidente M. Šustek, l’Unione slovacca di Chicago e L’associazione nazionale Slovacca di New York.30 Con il sostegno e l’aiuto dell’ambasciatore Jusserand, Štefánik ottenne il consenso del segretario di stato Robert Lansing al tacito reclutamento di soldati nei reparti speciali che dovevano essere trasferiti in Francia. Lansing poi ricevette i rappresentanti dell’Associazione nazionale slovacca e della Lega slovacca che avevano riconosciuto l’autorità di Štefánik come rappresentante del Consiglio nazionale cecoslovacco, i quali con uno speciale documento gli comunicarono gli obiettivi dell’azione ceca e slovacca, l’intenzione di fondare uno stato comune e organizzare un’armata comune con quei volontari che negli USA non erano stati arruolati, e gli chiedevano il permesso di partire per la Francia per unirsi in un’unica compagine con le unità russe e italiane. Oltre alle funzioni militari Štefánik negli USA si dedicò a consolidare con i connazionali un programma unitario e gli obiettivi del ČSNR. Molto signiicativa fu la conferenza di New York con i sacerdoti cattolici slovacchi, i quali vollero incontrare Štefánik da solo, senza altri testimoni. Al termine del lunghissimo dibattito, Štefánik rivolse loro un appello afinché non abbandonassero la nazione in un momento storico così decisivo. I sacerdoti presenti accolsero la risoluzione concepita dal rev. Ján Kubašek e dal rev. Jozef Murgaš. Firmarono concordando che, dato il grave momento e le condizioni del popolo slovacco, avrebbero posto ine all’atteggiamento di distacco nei confronti della Lega Slovacca che era conluita in un solo organismo e lavorava per l’indipendenza della nazione, avrebbero accettato il suo programma entrando a farne parte come membri e, nell’ambito delle proprie funzioni nella sfera dei credenti, avrebbero lavorato ai comuni obiettivi cercando anche di raccogliere fondi economici destinati alla causa.31 Per i connazionali slovacchi in America, l’ammettere razionalmente che era priva di senso l’idea di costituire due distinte armate, una slovacca e l’altra ceca, signiicò mettere da parte le discussioni volte a stabilire se slovacchi e cechi fossero due nazioni diverse oppure una nazione cecoslovacca con due rami – quello ceco e quello slovacco. A Parigi da giugno a novembre del 1917 si svolsero dibattiti per la definizione dello statuto dell’esercito cecoslovacco. Il testo finale fu stilato solo al ritorno di Štefánik dagli USA, per cui si basava sul suo principio che l’armata è un attributo della sovranità nazionale“, e che di fatto appartiene dunque alla nazione ceca e slovacca rappresentata dal Consiglio nazionale. Il testo deinitivo dell’articolo 1 fu proposto da Štefánik. “I cecoslovacchi, organizzati in un’armata autonoma e riconoscendo sul piano militare la più alta autorità del comando militare francese, combatteranno contro le potenze centrali sotto la propria bandiera.” L’arti-

29 BENEŠ, Edvard. Světová válka a naše revoluce, zv. 1. [La guerra mondiale e la nostra rivoluzione. Vol. 1].

Praha : Orbis a Čin 1927, p. 221-250. 30 FERENČUHOVÁ, Bohumila. M. R. Štefánik a česko-slovenské hnutie v zahraničí v zrkadle francúzskych diplomatických dokumentov. In Milan Rastislav Štefánik v zrkadle prameňov a najnovších poznatkov historiograie. [M. R. Štefánik e i movimenti cecoslovacchi attraverso le fonti e le più recenti conoscenze storiograiche.]

Bratislava : VHÚ – Ministerstvo obrany SR, 2010, p. 138. www.vhu.sk/data/iles/208.pdf 31 La Risoluzione fu irmata da 42 sacerdoti. L’elenco dei loro nomi e la formulazione del documento sono riportati da GETTING, Milan, op. cit., p. 122.

colo 2, sempre nella stesura di Štefánik, recitava così: “Questa armata nazionale, sotto l’aspetto politico, riconosce la guida del Consiglio nazionale dei paesi cechi e slovacchi con sede centrale a Parigi.”32 L’elemento nuovo è dunque l’armata nazionale, come anche il riferimento esplicito al Consiglio nazionale dei paesi cechi e slovacchi come rappresentanti della nazione che amministra politicamente l’armata. Il governo francese accolse queste proposte che furono sancite dal testo del decreto del presidente Raymond Poincaré del 16.12.1917. Štefánik proseguì in modo analogo anche nelle trattative con l’Italia che si svolsero dall’inizio di marzo al 19 aprile del 1918. L’accordo fu formalmente sottoscritto da V.E. Orlando e Štefánik in occasione della ricorrenza del Natale di Roma, il 21.4.1918 e, come ebbe a constatare l’ambasciatore Barrére, mentre in Francia si trattò di un decreto presidenziale, in Italia ebbe forma di accordo fra due governi. In esso si riportava espressamente che il governo italiano riconosceva l’esistenza di una sola armata autonoma ceco-slovacca, posta, dal punto di vista nazionale, giuridico e politico, sotto la sovranità del Consiglio nazionale dei paesi ceco-slovacchi. L’obiettivo di Štefánik era porre l’armata ceco-slovacca direttamente sotto il comando supremo dei paesi dell’intesa a Versailles. Tuttavia non riuscì in questo intento, dovette fare un passo indietro e accettare una posizione autonoma dell’armata ceco-slovacca in Italia. Il successo diplomatico di Štefánik ebbe anche una notevole visibilità in occasione della consegna delle bandiere davanti alla statua del re liberatore Vittorio Emanuele, il 24.5.1918, nel terzo anniversario dell’ingresso dell’Italia in guerra, in presenza di una signiicativa rappresentanza internazionale. 33 Štefánik fu promosso generale e immediatamente ricevette altri incarichi. Già a febbraio Georges Clemencau con il consenso del ČSNR lo nominò luogotenente del comandante in capo dell’armata cecoslovacca Maurice Janin e allo scoppio del conlitto tra l’armata ceco-slovacca in Russia e i bolscevichi li mandò entrambi in Siberia. Vi arrivarono attraverso gli USA e il Giappone nell’agosto 1918. Nell’estate di quell’anno tutte le potenze dell’intesa avevano riconosciuto la nazione cecoslovacca come alleata in guerra e il suo esercito come armata nazionale alleata. In tutte le legioni i cechi combattevano insieme agli slovacchi per lo stato unitario. Nel giugno del 1918, durante il soggiorno americano di Štefánik, giunsero in Francia i primi volontari dalla Russia. Si trattava di 428 tra slovacchi e cechi che Štefánik aveva trovato nei campi di prigionia rumeni. Dopo l’occupazione della ferrovia transiberiana, l’esercito ceco-slovacco in Russia contava 54.447 soldati ed era organizzato in un corpo d’armata con due divisioni. Fino al 1920 rientrarono gradualmente nella Repubblica cecoslovacca, attraverso Vladivostok, 70.000 persone civili inclusi. L’armata ceco-slovacca in Francia aveva radunato 11.264 soldati e si era unita in battaglia sul fronte occidentale nei pressi di Vouziers e Reims. Nel novembre del 1918 il corpo d’armata cecoslovacco sotto il comando di Luigi Piccione aveva 20.000 soldati. Alle ine della guerra, grazie agli sforzi di Štefánik giunsero in Francia dagli Stati Uniti 2.300 uomini, dei quali 1.065 slovacchi. Fino a quel momento avevano combattuto nell’armata regolare degli USA contro le potenze centrali 26.000 soldati di origine slovacca e 15.000 di origine ceca. 3. ATTIVIZZAZIONE DEGLI SLOVACCHI E DEI CECHI ALL’INTERNO DELLA MONARCHIA. Nella primavera del 1917 si annunciava la ripresa delle attività del Parlamento imperiale a Vienna. I deputati cechi prepararono una dichiarazione costituzionale. Gli slovacchi del gruppo di “Hlas”, Vavro Šrobár, Anton Štefánek a František Votruba, si adoperarono eficacemente afinché venisse inserita nel documento una nota sugli slovacchi. Il 30 maggio 1917, il presidente dell’Unione ceca

32 FERENČUHOVÁ, B. M. R. Štefánik a česko-slovenské hnutie v zahraničí [Štefánik e i movimenti ceco-slovacchi all’estero], op. cit., p. 144. www.vhu.sk/data/iles/208.pdf 33 Questo argomento è affrontato nel volume Il patto di Roma e la legione Ceco-Slovacca. Tra Grande Guerra e

Nuova Europa a cura di Francesco Leoncini. Vittorio Veneto (Treviso) : Kellermann editore, 2014. In particolare i capitoli KŠIŇAN, Michal. L’attività di Milan Rastislav Štefánik in Italia, p. 81-99 a HELAN, Pavel.

La legione ceco-slovacca in Italia, p. 66-80. Sull’ultima missione di Štefánik si veda il volume di recente pubblicazione CACCAMO, Francesco. L´ultima missione di Milan Rastislav Štefánik alla Luce delle nuove fonti. In Per Rita Tolomeo, scritti di amici sulla Dalmazia e l´Europa centro-orientale a cura di Ester CAPUZZO – Bruno Crevato SALVAGGI – Francesco GUIDA. La Musa Talìa Editrice : 2014.

František Staněk lesse a Vienna il testo in cui i deputati cechi dichiaravano che avrebbero favorito in ogni modo la riuniicazione “di tutte le genti ceche del popolo cecoslovacco” in uno stato democratico ceco “includendo il ramo slovacco della popolazione, che vive in stretto contatto con i cechi all’interno della loro patria storica.”34 Questa dichiarazione, censurata in territorio slovacco, ebbe eccezionale risonanza in Francia e negli USA, e questo sia nelle sfere governative, sia nella sfera pubblica. Fu percepita come una bomba che avrebbe fatto esplodere la monarchia asburgica dall’interno. Ebbero eco anche le attività slovacche del 1918. La Risoluzione di Liptovský Mikuláš dei social-democratici che chiedevano “il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione anche per i popoli dell’Austria-Ungheria, dunque anche per il ramo ungherese delle genti cecoslovacche”,35 ebbe all’estero un analogo ef fetto. Sui giornali slovacchi tuttavia fu pubblicata nella sua formulazione originale solo dal quotidiano “Robotnícke noviny” (Il giornale dei lavoratori) e Šrobár fu per questo internato a Cegléd.36 Ebbe risonanza anche la partecipazione della delegazione slovacca capeggiata dal poeta P. O. Hviezdoslav alle celebrazioni per il teatro nazionale a Praga. Alla passività del Partito nazionale slovacco pose ine la riunione tenutasi a Turčiansky Svätý Martin il 24 maggio 1918 – nello stesso momento in cui Štefánik a Roma consegnava le bandiere al generale Graziani, comandante della Legione ceco-slovacca in Italia, avvenimento di cui in realtà a Martin nessuno era al corrente. Gli esitanti nazionalisti slovacchi furono inluenzati dalle parole decisive di Andrej Hlinka, rappresentante del Partito popolare slovacco, il quale dichiarò: “Non eludiamo la domanda, affermiamo apertamente di essere orientati a favore della Cecoslovacchia. Il matrimonio millenario con l’Ungheria non è riuscito. Dobbiamo divorziare.”37 Poi nel corso di questa riunione informale fu accolta la seguente delibera: “il Partito nazionale slovacco difende l’incondizionato diritto all’autodeterminazione del popolo slovacco e in base a questo principio rivendica la partecipazione del popolo slovacco alla creazione di uno Stato indipendente costituito dalla Slovacchia, dalla Boemia, dalla Moravia e dalla Slesia.”38 Ma solo il 30 ottobre del 1918 si ebbe a Martin un’assemblea dei rappresentanti di tutte le correnti politiche presenti sulla scena politica slovacca, ossia i rappresentanti del Partito nazionale slovacco, compresa la sua corrente agraria e contadina, il Partito popolare slovacco, la corrente liberale slovacca, ovvero i progressisti o radicali, e ancora i social-democratici slovacchi in rappresentanza dei lavoratori. Tra i centosei partecipanti dell’assemblea uficiale, irmatari di un foglio di presenze, c’erano anche coloro che non volevano esprimersi sulla legittimità di un governo cecoslovacco riconosciuto dagli alleati dell’intesa e attendevano le decisioni deinitive solo dalla conferenza della pace. Per questo sostenevano con forza soprattutto la richiesta di partecipazione della rappresentanza slovacca ai negoziati di pace. I partecipanti all’assemblea uficiale di Martin sentivano l’obbligo di ‘guadagnare credito’ davanti alla loro nazione, e di rispettare nello stesso tempo i consigli e le precedenti dichiarazioni di un partner più forte e più preparato. L’assemblea di Martin si limitò dunque a constatare che “il popolo slovacco è parte integrante del popolo cecoslovacco sia per la componente linguistica sia per quella storico-culturale” e “a ribadire con forza che a tutte le battaglie culturali intraprese dal popolo ceco e che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, ha preso parte anche il ramo slovacco”, e chiedeva pertanto per “il popolo cecoslovacco pieno diritto all’autodeterminazione sulla base di una completa indipendenza.” Espresse la propria approvazione “al nuovo corso del diritto internazionale, formulato il 18 ottobre dal presidente Wilson e ratiicato il 27 ottobre dal ministro degli esteri dell’Austria-Ungheria.” 39

34 Dokumenty slovenskej národnej identity a štátnosti, zv. 1. Bratislava: Národné literárne centrum 1998, dok. 142, s. 453. 35 Ibid., dok. 148, p. 472. 36 HRONSKÝ, Marián. Slovensko pri zrode Československa. [La Slovacchia nella nascita della Cecoslovacchia.]

Bratislava : Nakladateľstvo Pravda 1987, pp. 236-239. 37 HRONSKÝ, Marián. Boj o Slovensko a Trianon. [La lotta per la Slovacchia e per il Trianon.] Bratislava : Veda 1998, p. 28. 38 Ibid. 39 FERENČUHOVÁ, Bohumila – ZEMKO, Milan a kol. Slovensko v 20. storočí, tretí zväzok. V medzivojnovom Československu.[La Slovacchia nel XX secolo, terzo volume. La Cecoslovacchia fra le due guerre.] Bratislava : Veda 2012, p. 23.

La deinizione di “nazione ceco-slovacca” era legata alla decisione di creare uno stato comune con i cechi,40 la deliberazione dell’assemblea di Martin nello stesso tempo esprimeva approvazione per i precedenti passi compiuti dagli alleati, i quali avevano già legittimato un governo cecoslovacco all’estero. Il sintetico telegramma spedito a Praga da Matúš Dula, è la conferma che la posizione di base dei nazionalisti slovacchi dal maggio 1918 non era sostanzialmente mutata. I partecipanti all’assemblea di Martin decisero, in nome del popolo slovacco, di creare uno stato comune costituito dalla Slovacchia, dalla Boemia, dalla Moravia e dalla Slesia. Il fatto che lo Stato cecoslovacco fosse già stato proclamato a Praga il 28 ottobre, non sminuisce in alcun modo il valore di quella decisione. Gli atti costituzionali del governo cecoslovacco estero del 18 ottobre, quelli della Commissione nazionale di Praga del 28 ottobre e la deliberazione di Martin del 30 ottobre del 1918, crearono tutti insieme il necessario presupposto per la nascita di uno Stato comune la cui esistenza fu più tardi ratiicata dalla conferenza di pace.

40 Su questa problematica vedi FERENČUHOVÁ, Bohumila. L’identité slovaque dans la République tchécoslovaque multiculturelle 1918-1938. Positionnement du problème. In Political and cultural transfers between

France, Germany and Central Europe 1840-1945. A cura di Bohumila Ferenčuhová e Jean-Louis Georget. Bratislava: Veda 2010, pp. 212-237. Testo identico in slovacco pp. 238-259.

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