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e francese nella Repubblica Cecoslovacca”

Michal Kšiňan, Istituto Storico, SAV (Accademia Slovacca delle Scienze) Il ruolo di Milan Rastislav Štefánik nel conflitto tra la missione italiana e la missione francese in Cecoslovacchia. 1*

Štefánik fu tra i maggiori protagonisti della resistenza cecoslovacca durante la Prima guerra mondiale, tra coloro che si batterono per la dissoluzione dell’Austria-Ungheria, per la nascita di una “nuova Europa” e soprattutto per la nascita della Cecoslovacchia. Insieme a Eduard Beneš e Tomáš G. Masaryk, ebbe un ruolo decisivo nella creazione delle legioni cecoslovacche in Francia, Russia e Italia. Questo esercito fu costituito principalmente da prigionieri cecoslovacchi in Russia, Italia, Serbia e Romania, ma anche dai connazionali che vivevano nei paesi dell’Intesa. Štefánik svolse funzioni di rilievo nel movimento cecoslovacco, fu vicepresidente del Consiglio nazionale cecoslovacco, l’organo direttivo della resistenza, e in seguito, dopo la nascita del governo provvisorio, fu ministro della guerra. Gli furono conferite numerose e importanti onoriicenze civili e militari. Štefánik nell’Europa di oggi e nel mondo non è celebre come i suoi due collaboratori cechi, poiché morì poco dopo la ine della guerra, nel 1919, e non ebbe la possibilità di proseguire nella carriera che aveva brillantemente avviato. Dopo la nascita del nuovo Stato, Masaryk divenne Presidente e Beneš ministro degli af fari esteri, e quando Masaryk abdicò nel 1935 Beneš lo sostituì nel ruolo di Presidente. L’Italia durante la Prima guerra mondiale fu un prezioso alleato della resistenza cecoslovacca e Štefánik le prestò la dovuta attenzione. Egli ebbe un ruolo chiave nella creazione delle legioni cecoslovacche in Italia, ma in più si impegnò nel paese anche come diplomatico. La resistenza cecoslovacca, analogamente a quella di altre nazioni dell’Austria-Ungheria, riuscì a presentare un progetto per distruggere le monarchia che era in sintonia con gli interessi dell’Intesa. Il più grande problema erano i diritti che Jugoslavia e Italia rivendicavano sugli stessi territori della sponda adriatica. Štefánik era consapevole di quanto fosse importante una riconciliazione tra Italia e Jugoslavia per la resistenza cecoslovacca. Realizzò pertanto alcune missioni in Italia durante le quali tentò di riavvicinare la resistenza italiana e quella jugoslava. Da un lato riconosceva i diritti degli italiani a una supremazia sul mare Adriatico, dall’altro sosteneva che per assicurarsi quest’ultima l’Italia non aveva bisogno di annettersi l’intera Dalmazia, ma sarebbero stati suficienti alcuni punti strategici. Nello stesso tempo si lamentava delle eccessive richieste degli jugoslavi, che non avevano intenzione di cedere. Grazie alle sue numerose missioni in Italia e grazie agli eccellenti contatti con i più illustri rappresentanti dello Stato, Štefánik godeva di un’immagine

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1 *Questo studio si ricollega al testo: KŠIŇAN Michal, L’attività di Milan Rastislav Štefánik in Italia, in

LEONCINI Francesco (ed.), Il patto di Roma e la legione cecoslovacca. Tra grande guerra e nuova Europa.

Kellermann Editore: 2014, pp. 81-99. Pubblicato in slovacco con il titolo: KŠIŇAN Michal, Aktivity M. R.

Štefánika v Taliansku, in FERENČUHOVÁ Bohumila (ed.), Milan Rastislav Štefánik a česko-slovenské zahraničné vojsko (légie). [M. R. Štefánik e l’esercito cecoslovacco all’estero (legione).] Bratislava: Pro Historia, 2014, pp. 47-59. Lo studio è stato pubblicato nell’ambito del progetto VEGA 2/0135/15 Víťazstvo a pád Tretej republiky. Malá dohoda medzi Francúzskom a Talianskom 1914-1940 [Vittoria e caduta della Terza repubblica.

La Piccola Intesa tra Francia e Italia 1914-1940] con il inanziamento dell’Agenzia per il sostegno della ricerca e dello sviluppo in base all’accordo n. APVV-0628-11.

molto positiva nella sfera della élite politica italiana. Non bisogna tra l’altro dimenticare che era idanzato con la marchesa italiana Giuliana Benzoni.2 In questo mio contributo mi dedicherò principalmente alla rivalità italo-francese nella neonata Cecoslovacchia e al ruolo di Štefánik nella fase di riconciliazione. Molti hanno accusato Štefánik di italoilia. Ad esempio il comandante della missione militare francese in Cecoslovacchia, il generale Maurice Pellé, espresse la sua insoddisfazione quando venne a sapere che Štefánik aveva l’incarico di negoziare un compromesso tra Italia e Francia riguardo alle competenze delle rispettive missioni militari in Cecoslovacchia: “In primo luogo Štefánik non è assolutamente soddisfatto della missione francese a Praga. Si rammarica di non essere stato consultato sulla formazione di tale missione. Forse voleva assumere lui stesso il ruolo che oggi io occupo. È un italoilo.” 3 Tuttavia il suo rapporto con l’Italia, come anche quello con la Francia, era più complicato. Štefánik fu in primo luogo leale nei confronti della Cecoslovacchia, ma si deve anche evidenziare che ebbe un rapporto molto stretto con paesi come la Francia e l’Italia. ORIGINE, C AUSE E RISOLUZIONE DEL CONFLITTO ITALO-FRANCESE IN CECOSLOVACCHIA La Prima guerra mondiale portò al tramonto di molte grandi monarchie che avevano tradizionalmente inluenza nell’Europa centrale e nei Balcani. Il crollo dell’Austria-Ungheria e dell’Impero ottomano, il sensibile indebolimento della Germania o i conlitti interni in Russia, crearono un vuoto di potere che Italia e Francia cercarono di colmare. Le élite italiane videro nella Prima guerra mondiale quell’opportunità di espansione sull’Adriatico che era stata avallata dal Patto di Londra del 1915. Tali ambizioni tuttavia si scontravano principalmente con gli interessi della Francia e in parte della Gran Bretagna. La situazione si inasprì soprattutto riguardo alla nascita del Regno dei serbi, croati e sloveni, le cui rivendicazioni territoriali coincidevano con quelle degli italiani. La Francia considerava antifrancese la politica italiana nei Balcani. Nemmeno la Gran Bretagna sosteneva le rivendicazioni italiane e per i rappresentanti degli Stati Uniti avrebbe dovuto essere la futura Società delle nazioni a garantire la sicurezza dell’Italia. Durante la Conferenza di pace a Parigi, la tensione crebbe a tal misura che la delegazione italiana lasciò il tavolo delle trattative e rientrò in patria.4 I rappresentanti francesi in Italia fornivano regolari informazioni sugli umori antifrancesi della società locale.5 Ma i Balcani non erano l’unica querelle della rivalità franco-italiana, che aveva indubitabilmente radici più profonde e risaliva alla più antica rivalità fra le due potenze del mondo romano. Poco dopo la ine della guerra, emerse un serio conlitto tra Italia e Francia, o meglio tra Italia e Cecoslovacchia, sulla questione del comando dell’armata cecoslovacca, in termini più ampi si trattava di una lotta per l’inluenza nel paese. Il nuovo Stato cecoslovacco aveva bisogno di un’armata che garantisse la sicurezza dei conini soprattutto nel territorio della Slovacchia, sul

2 Alle attività di Štefánik in Italia si sono dedicati molti autori. Vedi: FERENČUHOVÁ Bohumila, Dokumenty:

Francúzsko-talianska rivalita v Československu začiatkom roku 1919 a M. R. Štefánik [Documenti: La rivalità franco-italiana in Cecoslovacchia all’inizio del 1919 e M. R. Štefánik]. “Historie a vojenství”, 2000/4, pp. 853-873. MUSIL Miroslav, The diplomat Milan Rastislav Štefánik, in Yearbook of Slovakia´s Foreign Policy 2010, pp. 187-198. MUSIL Miroslav – BIAGINI Antonello (eds.), Milan Rastislav Štefánik vo svetle talianskych archívov. [Milan Rastislav Štefánik alla luce degli archivi italiani.] Bratislava: Nadácia pre záchranu kultúrneho dedičstva, 2010, 223 p. TAZZER Sergio, Banditi o eroi? Milan Rastislav Štefánik e la Legione Ceco-

Slovacca. Kellermann editore, 2013, 272 p. CACCAMO Francesco, L’ultima missione di Milan Rastislav Štefánik alla luce delle nuove fonti, in CAPUZZO, E. – CREVATO-SELVAGGI, B. – GUIDA, F. (eds.), Per Rita Tolomeo, scritti di amici sulla Dalmazia e l’Europa centro-orientale II. Venezia: La Musa Talìa, 2014, pp. 207-228. 3 D‘abord Stefanik n‘a été nullement satisfait de l‘envoie d‘une mission française à Prague. Il se plaint de n‘avoir pas été consulté avant la formation de cette mission. Il visait peut-être pour lui-même la situation que j‘occupe aujourd‘hui. Il est italophile.” Bibliothèque de l´Institut de France (in seguito BIF), Papiers du général Maurice Pellé, fascicolo Ms 4434, lettera di M. Pellé del 30.3.1919 per P. Berthelot. 4 MONAZALI Luciano, La politica estera italiana nel primo dopoguerra 1918-1922. Side e problemi. “Italia contemporanea”, n. 256-257, dicembre 2009, pp. 380-389. 5 Archives du ministère des Affaires étrangères, Paris (in seguito AMAE), CPC 1914-1940, Z- Europe, Italie 1918-1929, Milano, 17.12.1918.

quale rivendicavano diritti anche gli ungheresi. Per il neonato Stato si trattava di una questione di eccezionale importanza. Le legioni cecoslovacche erano stanziate in Italia, Francia e Russia, dalla quale tuttavia non avevano possibilità di uscire perché combattevano contro il governo bolscevico e non avevano mezzi per organizzare il trasporto in Cecoslovacchia. L’Italia rispose immediatamente alla richiesta cecoslovacca e fu la prima a inviare nel paese le legioni cecoslovacche, naturalmente sotto il comando italiano. Gli italiani dunque iancheggiarono la Cecoslovacchia molto più prontamente dei francesi, i quali non avevano mostrato grande interesse per un trasferimento delle legioni in patria. Gli italiani garantirono il trasferimento delle legioni attraverso la ferrovia, che a quell’epoca era il principale mezzo di trasporto, a scapito dei propri interessi, quali la smobilitazione di un grande numero di propri soldati, il trasferimento in treno dei propri prigionieri dall’Austri-Ungheria (circa 500.000), o la ripresa delle normali attività economiche. Alla ine gli italiani assicurarono non solo il vestiario ma anche il trasferimento dei legionari dalla Francia. Per di più, nella Penisola appenninica si trovavano molti prigionieri dell’armata austro-ungarica di origine ceca o slovacca. L’Italia li considerava soldati dell’Intesa, il che aveva una grande rilevanza pratica, poiché ricevevano molto più cibo dei prigionieri e avevano tutti i vantaggi materiali dei soldati italiani. Più in là furono utilizzati per organizzare delle “formazioni miliziane” o “seconda armata” in Italia, unità dotate di armi di cui la Cecoslovacchia aveva necessariamente bisogno.6 Gli italiani volevano con questi passi concilianti, che la storica Laura Fortunato ha deinito “diplomazia bellica”, guadagnare inluenza in Cecoslovacchia. L’obiettivo della missione italiana in Cecoslovacchia era quello di addestrare l’armata cecoslovacca per af frontare eventuali operazioni belliche e garantire l’ordine a Est del iume Morava.7 Le legioni cecoslovacche disponevano di un numero relativamente alto di soldati, tuttavia mancavano loro gli alti uficiali, che furono of ferti dall’armata italiana. Il generale Luigi Piccione, al comando della missione italiana in Cecoslovacchia, al suo arrivo nel paese fu inviato in Slovacchia per annettere quel territorio alla repubblica. Le sue funzioni tuttavia non erano chiaramente deinite. Nonostante egli si considerasse il comandante in capo dell’esercito cecoslovacco in Slovacchia, Beneš lo considerava il comandante dell’esercito cecoslovacco formatosi in Italia.8 I maggiori rappresentanti italiani pensavano che il generale Piccione sarebbe stato nominato comandante in capo dell’armata cecoslovacca come forma di riconoscimento dei meriti italiani nella creazione dell’armata cecoslovacca. Comprensibilmente il generale Piccione aveva organizzato l’esercito cecoslovacco sulla base del modello italiano. La presenza e l’autorità della missione militare italiana non erano percepite in modo positivo dagli ex uficiali austro-ungarici del ministero della difesa, sebbene la loro inluenza non potesse veramente minacciare la posizione italiana. Nel febbraio del 1919 la situazione nella guida dell’armata cecoslovacca mutò, nel momento in cui il nuovo Stato invitò la missione militare francese. In base all’accordo del febbraio 1919 tra il governo francese e il governo cecoslovacco, il generale Pellé assumeva l’incarico di capo del Quartier generale delle forze armate cecoslovacche, funzione subordinata a quella del ministro della difesa nazionale Václav Klofáč, e nello stesso tempo era il luogotenente del maresciallo Ferdinand Foch, comandante in capo degli eserciti alleati. Come sottolinea lo storico ceco Bohumír Klípa, il generale Pellé guadagnò presto voce in capitolo sia presso il ministero della difesa, sia presso il presidente Masaryk.9 Il generale Piccione fece sapere ai suoi superiori che l’obiettivo della missione militare francese era quello di annientare l’inluenza italiana nell’armata cecoslovacca e chiese di prendere

6 KLÍPA Bohumír, Italská vojenská mise v Československu. [La missione militare italiana in Cecoslovacchia],

“Historie a vojenství” 44, 3/1995, pp. 31-32, 36, 38-39. 7 MUSIL – BIAGINI, Milan..., cit., p. 87. 8 Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, Roma (in seguito ASMAE), f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Parigi, 18.3.1918, Telegramma di Bonin-Longare per Sonnino; 14.3.1919,

Situazione presente del generale Piccione in Boemia. 9 KLÍPA, Italská…, cit., pp. 60-61.

misure adeguate contro questi tentativi.10 E. Beneš assicurò all’ambasciatore italiano a Roma, Lelio Bonin-Longare, che il generale Piccione sarebbe stato indipendente dal generale Pellé, il quale si sarebbe dovuto occupare dell’organizzazione e della guida delle unità cecoslovacche provenienti dalla Francia.11 Non si deve dimenticare poi il fatto che non tutti i soldati provenienti dall’Italia furono trasportati in Cecoslovacchia, per di più il nuovo Stato aveva bisogno di armi, che si trovavano in Italia.12 Nell’aprile del 1919, quando la disputa per il comando dell’armata cecoslovacca giunse al suo culmine, il generale Armando Vittorio Diaz decise di rallentare il trasferimento dei soldati (miliziani) e degli armamenti in Cecoslovacchia, sicuramente per esercitare una forma di pressione sul nuovo Stato.13 L’Italia continuava dunque a essere un partner importante per garantire i conini ma anche l’ordine in Cecoslovacchia. Štefánik riprese a impegnarsi afinché il rimpatrio dei soldati non subisse altri ritardi.14 Il conlitto fra il generale Pellé e il generale Piccione, che entrambi sapevano essere inevitabile e dovesse prima o poi manifestarsi, esplose il 20 marzo 1919. Il ministro della difesa voleva afidare la direzione delle operazioni belliche nella Russia Subcarpatica (la parte più a Est della Cecoslovacchia a quell’epoca) al generale francese Edmond Hennocque. Il generale Pellé inviò ordini in tal senso al generale Piccione, il quale li riiutò con la motivazione che ciò avrebbe sminuito il suo prestigio e il suo valore. Inoltre minacciò il ritiro dell’intera missione italiana dalla Cecoslovacchia.15 Per questo motivo il ministro della difesa rimandò l’esecuzione dell’ordine e in seguito lo annullò. Secondo le dichiarazioni del generale Piccione, Beneš, durante i suoi colloqui con l’ambasciatore italiano a Parigi, aveva più volte af fermato che il generale Pellé avrebbe diretto il Quartier generale, ma che il generale Maurice Janin, in quel momento in Siberia, sarebbe rimasto il comandante in capo degli eserciti cecoslovacchi. Sarebbe stata così conservata l’autonomia del generale Piccione rispetto ai generali delle altre armate. Si trattò tuttavia solo di un accordo verbale, che non fu mai messo per iscritto nonostante le ripetute richieste dell’ambasciatore italiano a Parigi. Già nel gennaio del 1919, Beneš aveva uficialmente informato Štefánik circa l’autonomia del generale Piccione rispetto al futuro comandante delle legioni cecoslovacche provenienti dalla Francia in Cecoslovacchia.16 Nel momento del conlitto, i francesi addussero come argomentazione il fatto che il maresciallo Foch era il comandante supremo di tutti gli eserciti alleati e dunque anche del generale Diaz, che a sua volta era il superiore del generale Piccione.17 Questa gerarchia era già sostanzialmente preissata nell’accordo del 21 aprile 1918 fra il governo italiano e Štefánik riguardo i volontari cecoslovacchi in Italia. L’accordo riconosceva l’esistenza di un’unica armata cecoslovacca e in base all’art. 7 il governo italiano avrebbe destinato un proprio rappresentante all’alto comando dell’armata cecoslovacca, che all’epoca si trovava in Francia.18 D’altro canto in base all’articolo 4 il corpo d’armata cecoslovacco doveva operare sotto il comando italiano. L’Italia inoltre non riconosceva il maresciallo Foch come

10 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Roma, 22. 2 . 1919, Generale Badoglio (Comando supremo) per il Ministero degli affari esteri, N° 775. 11 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Parigi, 5.3.1919, Telegramma di Sonnino a Praga. 12 FERENČUHOVÁ, Dokumenty..., cit., p. 864. 13 FORTUNATO Laura, La Missione militare italiana in Slovacchia: un tentativo di “diplomazia militare” fallito, in CAPUZZO, E. – CREVATO-SELVAGGI, B. – GUIDA, F. (eds.), Per Rita Tolomeo..., cit., p. 189. 14 FERENČUHOVÁ Bohumila, Francúzsko a slovenská otázka 1789 – 1989. [La Francia e la questione slovacca 1789-1989] Bratislava: VEDA, 2008, p. 162. 15 Vojenský ústřední archiv - Vojenský historický archiv, Praha [Archivio militare centrale – Archivio storico militare, Praga] (in seguito VÚA-VHÚ), f. ZS-Slovenské velitelství, Italská misse 1918-1919, šk. 24, [ZS-

Comando supremo slovacco, Missione italiana 1918-1919, sc. 24], Bratislava, 23. 3. 1919, generale

Piccione per il ministro della difesa. 16 AMAE, CPC 1914-1940, Z-Europe, Tchécoslovaquie, vol. 17, Parigi 10. 1. 1919, E. Beneš per M. R. Štefánik, n. 12. 17 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Promemoria sulla questione del generale Piccione, 25.3.1919. 18 GUELTON, Fréderic – BRAUD, Emmanuelle – KŠIŇAN, Michal (eds.), La mémoire conservée du général Milan

Rastislav Štefánik dans les archives du Service historique de la Défense. Paris: SHD, 2008, p. 141.

comandante supremo dei propri eserciti.19 Nella primavera del 1919 il conlitto fra Italia e Francia per le rispettive missioni militari era ormai una questione internazionale di estrema gravità e continuava ad acuirsi senza che alcun politico cecoslovacco riuscisse a fare qualcosa per appianarlo.20 Entrambi i generali stranieri chiedevano al governo cecoslovacco di risolvere immediatamente la situazione che si era venuta a creare. Gli ordini che il generale Piccione riceveva dal ministero della difesa erano caotici e spesso persino contrastanti. Beneš pregava il generale Pellé di non inasprire inutilmente la disputa e di concedergli ancora un po’di tempo per trovare una soluzione.21 In una situazione in cui stava crescendo la tensione fra la Cecoslovacchia e la Repubblica ungherese dei consigli, presero l’iniziativa l’ambasciatore francese e l’ambasciatore italiano in Cecoslovacchia e concordarono che il generale Piccione avrebbe conservato il titolo di comandante in capo di tutte le unità sul territorio slovacco; se fosse scoppiato il conlitto, egli avrebbe guidato tutte le operazioni militari di tutte le unità di qualunque provenienza; in entrambi i casi avrebbe risposto all’autorità del ministero della difesa; in caso fossero pervenute in Cecoslovacchia altre unità cecoslovacche dall’Italia, avrebbero dovuto costituire unità più grandi di un reggimento e al comando sarebbero stati posti uficiali italiani e cechi. Quest’ultimo punto garantiva l’autorità italiana sulle sopracitate unità “miliziane”. Il generale Piccione in linea di massima approvò l’accordo, salvo ribadire che avrebbe comunicato direttamente con il ministero della difesa e non attraverso il Quartier generale al cui comando si trovava il generale Pellé.22 Alla ine dell’aprile 1919 scoppiò la guerra tra la repubblica cecoslovacca e la repubblica ungherese. Il generale Piccione dovette inoltre lottare contro l’atteggiamento critico di molti cechi, i quali ritenevano che gli italiani in Slovacchia seguissero una condotta iloungherese. Ad esempio il ministro della giustizia František Soukup aveva pubblicato sul periodico “Prager Tagblatt” informazioni sulla condotta iloungherese di un comandante italiano a Bratislava, il colonnello Riccardo Barreca. Il generale Piccione scrisse una lettera al ministro Klofáč, replicando che si trattava soltanto di una campagna dif famatoria ceca, volta a creare tensione tra cechi e italiani.23 Gli uficiali italiani consideravano brutale il comportamento dei soldati cechi, come anche quello dei pubblici uficiali, e chiesero che adottassero un comportamento più pacato. I cechi di nuovo lo considerarono un comportamento iloungherese. Gli italiani a loro volta erano contrari a occupare i territori al di là della linea di demarcazione e non gradivano l’idea che la Cecoslovacchia si annettesse regioni totalmente ungheresi.24 Il Presidente del nuovo Stato cecoslovacco Masaryk, per ragioni militari ma soprattutto politiche, richiese la presenza di Štefánik a Praga, perché risolvesse i contrasti tra Francia e Italia. 25 A Praga dominava ancora l’dea che il conlitto potesse essere risolto in Cecoslovacchia. Štefánik, a Parigi, dove si trovavano le personalità più inluenti, avviò una lunga serie di trattative con Karel Kramář, il generale Diaz, il maresciallo Foch, il generale Henri Alby, l’ambasciatore italiano, etc.26 È possibile che Beneš non avesse messo a disposizione di Štefánik gli accordi militari che aveva irmato con la Francia. Anche Masaryk, analogamente, venne a sapere dell’accordo franco-cecoslovacco solo a più

19 BIF, Papiers du général Maurice Pellé, fascicolo Ms 6242, Lettera per il generale Pellé del 27.3.1919. 20 Vedi: VÚA-VHA, f. ZS-Slovenské velitelství, Italská misse 1918-1919, šk. 24. 21 DEJMEK, Jindřich – KOLÁŘ, František (eds.), Dokumenty československé zahraniční politiky. Československo na pařížské mírové konferenci 1918-1920. Svazek I. Listopad 1918 – červen 1919. [Documenti della politica estera cecoslovacca. La Cecoslovacchia alla Conferenza di pace di Parigi 1918-1920. Vol. I. Novembre 1918 – giugno 1919.] Praha : UK v Praze, Karolinum, HÚ AV ČR, 2001, p. 278. 22 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Praga, 27. 3. 1919, Telegrammi dell’ambasciatore

Lago, trasmessi da Sonnino a Bonin-Longare il 31.3.1919 23 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Parigi, 8.3.1919, La missione italiana alla Conferenza di pace per il Ministero degli affari esteri, n. 1825. 24 FORTUNATO, La missione..., pp. 151-153. 25 Slovenský národný archív [Archivio nazionale slovacco] Bratislava (in seguito SNA), OF: M. R. Štefánik, sc. 26, inv. n. 966, Cancelleria militare del presidente della repubblica per M. R. Štefánik, giunto il 28.3.1919, n. 470. 26 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 281

di un mese dalla irma.27 Štefánik, nelle trattative con il generale Diaz del 30.03.1919, sostenne che le discordanze nei patti erano dovute a un errore involontario di Beneš nel momento della stesura.28 Secondo il generale Diaz, Štefánik fece il massimo per soddisfare le richieste italiane. La bozza di un accordo concreto fu elaborata da Štefánik con il generale Ugo Cavallero, massimo esponente della missione militare italiana presso la delegazione di pace. Il maresciallo Foch avrebbe dovuto svolgere il ruolo di comandante in capo dell’armata cecoslovacca, lo stesso che aveva svolto nelle altre armate sul fronte occidentale, e avrebbe inviato un suo delegato a Praga che sarebbe stato informato su tutte le operazioni pianiicate. Attraverso il governo cecoslovacco avrebbe comunicato con il generale Piccione. Quest’ultimo sarebbe stato il comandante dell’armata cecoslovacca a Est del iume Morava e avrebbe risposto all’autorità del governo cecoslovacco.29 Štefánik alla ine riuscì a concludere un simile accordo con il consenso sia della parte francese, sia della parte italiana. Il generale Piccione restava comandante degli eserciti a Est del iume Morava e fu sottoposto esclusivamente all’autorità del governo cecoslovacco. Foch assumeva il ruolo di comandante supremo dell’armata cecoslovacca e inviava il generale Pellé come suo incaricato a Praga. Entrambe le missioni restavano tuttavia sotto l’autorità degli organi cecoslovacchi, il che dal punto di vista del nuovo Stato era estremamente importante. La missione militare italiana avrebbe dovuto lasciare la destinazione in breve tempo, una volta assolto il suo compito.30 La versione dif fusa di questo documento indicava anche la data precisa della partenza – 24.05.1919.31 Il generale Diaz descrive più dettagliatamente le operazioni di rientro della missione militare italiana dalla Cecoslovacchia: “Ho convenuto con lui [Štefánik] che egli a Praga riceverà, per mezzo del Generale Piccione, una mia lettera con cui gli darò uficialmente comunicazione del proposito di ritirare il General Piccione ed i suoi uficiali, come fu approvato da V.E. [Orlando] e da S.E. il Ministro degli Esteri [Sonnino]. Il rimpatrio avrebbe luogo subito dopo il 24 maggio, anniversario della costituzione del nuovo esercito Czeco=Slovacco, nella quale circostanza il Generale Štefánik si propone di far fare ai nostri uficiali pubbliche dimostrazioni di simpatia.” 32 I francesi fecero pressioni sul governo cecoslovacco afinché la data prevista per il ritiro della missione militare italiana (24.05.1919) non mutasse, ma soprattutto perché non ci fossero proroghe.33 Alla ine tuttavia gli animi si placarono e il 10.05.1919 il generale Pellé e l’ambasciatore francese Frédéric Clément-Simon incontrarono a Bratislava il generale Piccione. Secondo l’ambasciatore francese fu un incontro molto amichevole e il generale Piccione confermò la data prossima del suo ritiro. “Egli rigetta la responsabilità delle dificoltà sul governo ceco, il quale non avrebbe agito con franchezza, faccia a faccia, con le due parti. Ritengo che sia davvero stato così.” Clément-Simon riteneva che almeno ino al ritiro i francesi dovessero evitare qualsiasi dissenso con gli italiani, sia nei confronti dei cechi, sia degli italiani, per riuscire a conquistarsi i meriti della riconciliazione del conlitto.34

27 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Praga, 22.3.1919, Telegramma di Lago per Sonnino. 28 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Promemoria sulla questione del generale Piccione, 25.3.1919. 29 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Bozza di accordo compilata dal Generale Cavallero et dal Generale Stefanik le sera del 30 marzo 1919. 30 GUELTON – BRAUD – KŠIŇAN, La mémoire…, cit., p. 211 31 FERENČUHOVÁ, Francúzsko..., cit., p. 162. 32 MUSIL – BIAGINI, Milan..., cit., p. 79. 33 AMAE, CPC 1914-1940, Z-Europe, Tchécoslovaquie, vol. 21, 8. 5. 1919, Il maresciallo Foch per il generale Pellé. 34 “Il rejette la responsabilité des dificultés sur le gouvt. tchèque qui n´aurait pas agi franchement vis-à-vis des 2 partis. Je crois bien qu´il en a été ainsi.” Service historique de la Défense - Département de l´armée de terre, Vincennes (in seguito SHD-DAT), sc. 6N247, Praga, 11. 5. 1919, Clément Simon per Ministero degli affari esteri, N° 225-226.

Sebbene molti francesi considerassero l’accordo troppo a favore dell’Italia, in sostanza si trattava del medesimo accordo che avevano siglato l’ambasciatore italiano e l’ambasciatore francese in Cecoslovacchia alla ine del marzo 1919 in Cecoslovacchia. Entrambi gli accordi delimitavano in modo più o meno identico le competenze del generale Piccione e in modo analogo garantivano una sua posizione autonoma. Il generale Piccione dunque, ino al ritiro della missione militare italiana dalla Cecoslovacchia, ebbe sotto il suo comando nella Russia subcarpatica il generale Hennocque. Su un piano globale questi accordi rispettavano le richieste italiane così come le aveva presentate a Beneš il generale Diaz all’inizio dell’aprile 1919.35 È vero che gli italiani dal punto di vista del potere erano in una posizione più debole rispetto ai francesi, ciononostante disponevano di parecchi mezzi per ottenere almeno parziali concessioni. Il rapido ritiro della missione italiana dalla Cecoslovacchia aveva accontentato soprattutto la parte francese, che dopo il 24.05.1919 ebbe un ruolo decisivo nell’armata cecoslovacca. Si trattò in deinitiva di un compromesso, che in una prospettiva a lungo termine favoriva palesemente la Francia e garantiva agli italiani un dignitoso ritiro dalla Cecoslovacchia. Questo accordo doveva suscitare l’impressione che gli italiani avessero lasciato la Cecoslovacchia dopo aver assolto il loro incarico. In confronto ai problemi italiani alla conferenza di Parigi, il ritiro della missione dalla Cecoslovacchia era una questione secondaria e non ebbe grande risonanza nella società italiana.36 Come ricorda Štefánik nella lettera a Masaryk, per gli italiani si trattava soprattutto di trovare una soluzione pratica del problema che non recasse danno alla dignità del loro paese. Essi incolpavano i rappresentanti cecoslovacchi di aver irmato un accordo con la Francia che contraddiceva l’accordo con la parte italiana e per di più non li avevano informati. Al centro del conlitto era una delicata questione di prestigio militare e dunque di prestigio in generale.37 LA RIVALITÀ ITALO-FRANCESE COME ELEMENTO DEL CONTRASTO PERSONALE FRA EDUARD BENEŠ E MILAN R. ŠTEFÁNIK La presenza della missione militare in Cecoslovacchia raf forzò comprensibilmente l’inluenza degli italiani nella regione. Beneš in dall’inizio aveva progettato di limitare l’inluenza italiana in Cecoslovacchia a vantaggio della Francia.38 Nella lotta per mantenere l’inluenza in Cecoslovacchia, i francesi erano consapevoli del vantaggio che avevano guadagnato gli italiani con l’invio della missione nel nuovo Stato. Il colonnello Gazalas, a capo del Quartier generale dell’armata cecoslovacca in Francia, aveva avvertito del fatto che l’Italia aveva rapidamente costituito e ben equipaggiato un esercito cecoslovacco. Esso contava un gran numero di uficiali italiani che egli intendeva diminuire, anche se questo avrebbe potuto ritardare l’arrivo della missione in Cecoslovacchia. Segnalò anche che al comando della missione militare italiana era stato assegnato un importante generale disponendo che non fosse subordinato al generale francese. (Il generale Andrea Graziani, il 23 ottobre 1918 fu sostituito al comando delle legioni cecoslovacche in Italia dal generale Piccione.) Il colonnello Gazalas propose di porre al comando della missione francese un generale con maggiore anzianità nel ruolo, perché nell’opinione pubblica italiana e ceca si confermasse l’idea di una preminenza francese. Egli propose una precisa gerarchia all’interno dell’armata cecoslovacca, naturalmente vantaggiosa per i francesi. Ricordò anche il fatto che Beneš aveva anteposto l’autorità francese a quella italiana.39 Beneš a sua volta spiegò a Kramář, che aveva guidato la delegazione cecoslovacca nella Conferenza di pace di Parigi, i vantaggi di una

35 ŠOLLE Zdeněk (ed.), Masaryk a Beneš ve svých dopisech z doby pařížských mírových jednání v roce 1919 II.,

Dopisy. [Masaryk e Beneš nella loro corrispondenza all’epoca delle trattative di pace di Parigi nel 1919. II.

Lettere.] Praha: Archiv AV ČR, 1994, pp. 221-222. 36 KLÍPA, Italská..., cit., pp. 67-69, 77. 37 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 281. 38 Service historique de la Défense - Département de l‘innovation technologique et des entrées par voie extraordinaire, Vincennes, sc. 1K288(1), Colloquio con Beneš a Roma, 10. 10. 1918. 39 SHD-DAT, sc. 7N1621, Parigi, 24. 12. 1918, Colonnello Gazalas per il ministro della guerra.

supremazia francese nell’Europa centrale. Beneš già nel novembre del 1918 progettava di invitare una missione militare francese in Cecoslovacchia.40 Beneš poi, dal dicembre del 1918, sapeva anche che gli italiani non avrebbero accettato che Piccione fosse subordinato a un altro generale. Masaryk lo aveva informato: “Sarà Vostro compito condurre un’abile mediazione tra francesi e italiani. Gli italiani hanno costituito un’intera armata, equipaggiandola di tutto punto con armi e vestiario. Il Gen. Piccione verrà con me; ciò è stato stabilito prima che io arrivassi. Gli italiani, avendo una grande armata, dificilmente vorranno sottomettersi al comando francese. Suddividerò la cosa in modo che la missione italiana abbia un italiano, quella francese un francese. (A meno che l’italiano non accetti il comando francese.)” 41 Dai documenti citati emerge in realtà l’impressione che fosse preciso intento di Beneš liberare la Cecoslovacchia dall’inluenza italiana, e non un errore involontario nella stesura dell’accordo. Ma la prassi politica e diplomatica talvolta richiede anche simili misure. Štefánik si accorse che nel periodo della sua assenza in Europa – a cavallo tra il 1918 e il 1919 era stato in missione in Siberia – l’atteggiamento dei delegati italiani nei confronti dei rappresentanti cechi era mutato. Štefánik informò Masaryk in tal senso a proposito del suo colloquio con il ministro Sidney Sonnino, segnalando che il comportamento dei rappresentanti italiani era cambiato, non era più amichevole come era stato ino a otto mesi prima.42 Come scrive Beneš, Štefánik aveva con forza “rimproverato la mia politica nei confronti degli italiani, ovvero riteneva che fosse stato un errore stringere accordi con i francesi sul generale Pellé, che non ne avevo né il diritto né le competenze, che avevo commesso uno sbaglio nei confronti degli italiani.” 43 Beneš parla dei suoi contrasti con Štefánik anche in una lettera a Ivan Markovič: “Con Štefánik ho avuto un conlitto. È necessario che Voi lo sappiate, ma è questione riservata. I nostri rapporti sono initi – e intendo per sempre. Tenete esclusivamente per Voi questa informazione.” 44 In un contesto più ampio questo fu il momento culminante di una prolungata rivalità personale tra Beneš e Štefánik per chi dovesse occupare la seconda posizione nella resistenza cecoslovacca. Esaminiamo ora più da vicino le idee di Štefánik sul ruolo dell’Italia e della Francia nell’Europa centrale. Štefánik non credeva, come altri politici, in una federazione di stati slavi che potesse preservare la Cecoslovacchia dalla Germania. Concordava pienamente con la tendenza ilofrancese della politica estera cecoslovacca. Una delle ragioni era anche la paura dei bolscevichi. I piccoli Stati dovevano unirsi attorno alla Francia, giacché le altre grandi potenze non avevano idea di ciò che stava accadendo sulla scena internazionale.45 Štefánik sottolineò il suo orientamento a favore della Francia anche in una lettera al presidente Masaryk.46 Štefánik dal 1912 era cittadino francese, il che giocò sicuramente un ruolo nella sua posizione.

40 MARÈS Antoine, Mission militaire et relations internationales: l´exemple franco-tchécoslovaque, 19181925. “Revue d´histoire moderne et contemporaine”, XXX, 1983, octobre-décembre, p. 560, 563. 41 “Bude Vaším úkolem šikovně prostředkovat mezi Francouzi a Italy. Italové utvořili celou armádu, vyzbrojili a vyšatili ji vzorně. Gen. Piccione jede se mnou; bylo to určeno než jsem přijel. Italové majíce velkou armádu sotva budou chtít mít franc. komando. Rozdělím to tak, italské bude mít Ital, franc. Francouz. (Jestli-že by Ital, nepřijal franc.komanda.)” Archiv Ústavu T. G. Masaryka, Praha, [Archivio dell’Istituto T. G. Masaryk, Praga], (in seguito AUTGM) f. TGM V, sc. 294, 17. 12. 1918, Lettera per E. Beneš. 42 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 279. 43 “vyčítal mou politiku k Italům, resp. vytýkal chybu s uděláním smlouvy s Francouzi o gen. Pellé, že jsem k tomu neměl práva a kompetence, že jsem se dopustil chyb vzhledem k Italům.” AUTGM, f. TGM R, sc. 424, Parigi, 5. 4. 1919, Lettera di E. Beneš per T. G. Masaryk. 44 “Se Štefánikem jsem měl konlikt. Je třeba, aby ste to vědel, ale to jen pro Vás. Je mezi námi konec – myslím úplný. Zachovejte věc výlučně pro sebe.” SNA, OF: Ivan Markovič,” sc. 1, inv. n. 19, 9. 4. 1919, Lettera di E.

Beneš per I. Markovič. 45 GUELTON – BRAUD – KŠIŇAN, La mémoire…, cit., p. 209. 46 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 281.

D’altro canto egli considerava l’Italia un paese chiave per la stabilità dell’Europa centrale, poiché senza di essa gli alleati occidentali si sarebbero spartiti la Cecoslovacchia. Il cammino più breve verso la Cecoslovacchia passava per l’Italia. La coalizione franco-italo-cecoslovacca era nata durante la Prima guerra mondiale e secondo Štefánik avrebbe dovuto assumere un ruolo importante anche in futuro. “Credo nella possibilità di una reale riconciliazione franco-italo-cecoslovacca, che mi sembra fondamentale presupposto della pace in Europa centrale e forse anche nel mondo. Grazie a tale riconciliazione, l’Italia avrebbe inalmente modo di comprendere quali sono i suoi obiettivi e che cosa vuole attualmente assicurarsi con mezzi politici inadeguati allo scopo che si preigge.” 47 Una riconciliazione franco-italiana avrebbe riavvicinato queste potenze fra di loro ma anche alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia. Una simile politica avrebbe impedito il riavvicinamento dell’Italia alla Polonia, all’Ungheria e alla Bulgaria, a danno della Cecoslovacchia e della Jugoslavia. La Polonia di conseguenza si sarebbe riavvicinata alla Cecoslovacchia. Štefánik riteneva che lo sforzo di garantire la sicurezza in Europa e la nascita della Società delle nazioni avessero un ruolo chiave nella lotta contro i pericoli del germanismo e del caos russo. In un colloquio con i rappresentanti francesi riconobbe che l’Italia non stava facendo una buona politica, benché comprendesse lo sforzo italiano di garantire al paese una maggiore sicurezza, come anche la tendenza a perseguire una politica da grande potenza. Evidenziò inoltre la necessità di smussare le incomprensioni reciproche tra Italia e Francia.48 Si ricollegava in larga misura alle opinioni comunicate al governo italiano già nel marzo del 1918.49 Štefánik sosteneva che a quella politica italiana poteva contribuire anche la Cecoslovacchia, se si fosse sforzata di uscire dal conlitto con la parte italiana evitando di suscitarne la siducia.50 I limiti strategici dell’alleanza cecoslovacco-francese si mostrarono già durante il conlitto cecoslovacco-ungherese del 1919. La Francia fu capace di of frire solo un aiuto diplomatico e materiale. Ad aiutare la Cecoslovacchia fu l’intervento rumeno e la tregua accettata da Budapest.51 Benché la Francia disponesse all’epoca di unità che potevano essere impiegate contro l’Ungheria,52 questo non modiicò la delimitazione geopolitica di quell’alleanza. Si deve anche osservare che l’appoggio di Štefánik alle richieste italiane non era incondizionato. Cercò per esempio di convincere i rappresentanti militari italiani del fatto che sarebbe stato più vantaggioso per loro che la città di Fiume venisse assegnata alla Jugoslavia.53 Nel conlitto tra Italia e Jugoslavia egli evidenziò gli errori di entrambe le parti. Štefánik riteneva che a quell’epoca esistesse una guerra “statica” tra Italia e Jugoslavia e solo una riconciliazione franco-italocecoslovacca avrebbe impedito una sua trasformazione in guerra “dinamica”.54 Se osserviamo i rapporti italo-cecoslovacchi e franco-cecoslovacchi durante la guerra e nel periodo immediatamente successivo con uno sguardo più ampio, appare evidente che i francesi iniziarono a sostenere in modo molto più signiicativo gli interessi della Cecoslovacchia soltanto un paio di

47 “Verím v možnosť skutočného francúzsko-taliansko-československého zmierenia, ktoré sa mi zdá základnou podmienkou mieru v strednej Európe a možno aj na svete. Vďaka podobnému zmiereniu by sa Taliansko konečne cítilo bezpečne, čo sa snaží dosiahnuť a čo si chce v súčasnosti zabezpečiť nevhodnými politickými prostriedkami vzhľadom na ciel, ku ktorému smeruje.” DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 282. 48 AMAE, PA-AP 166, Tardieu, sc. 367, Parigi, 1. 4. 1919, Nota indirizzata a Tardieu e scritta in base alle istruzioni di Štefánik. 49 GUELTON – BRAUD – KŠIŇAN, La mémoire…, cit., p. 137. 50 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 282. 51 MARÈS, Mission…, 1983, cit., p. 572. 52 FERENČUHOVÁ Bohumila, Na ceste k Trianonu – československo-maďarsko-rumunské konfrontácie na jar 1919. [Sulla via verso il Trianon – il confronto cecoslovacco-magiaro-rumeno nella primavera del 1919.] in

PETRUF Pavol (ed.), Slovensko a Československo v XX. storočí. [Slovacchia e Cecoslovacchia nel XX secolo.]

Bratislava: HÚ SAV, 2010, pp. 30-32. 53 Archivio del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica ceca, Praga, f. Fondi storici, Archivio di parigi, sc. 18, Roma, 6. 5. 1919, comunicazione di Lev Borský. 54 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 282.

mesi dopo la ine della guerra. Questo per varie ragioni. In primo luogo la scena politica italiana, riguardo alle rivendicazioni delle nazioni slave, era divisa in diverse correnti. Naturalmente occorre qui ricordare che i movimenti cecoslovacchi e jugoslavi durante la Prima guerra mondiale avevano collaborato intensamente ed erano più vicini tra loro per ragioni etniche o storiche. Il principale sostenitore della politica estera tradizionale era il ministro degli af fari esteri Sonnino, il quale riteneva che annettere all’Italia la maggior parte possibile del territorio fosse l’unico modo di accrescere il prestigio dello Stato. Dall’altra parte c’erano i democratici, che volevano raf forzare la posizione dell’Italia nel sostegno ai movimenti per l’emancipazione delle piccole nazioni. Queste discordanze si manifestarono soprattutto durante la Conferenza di pace, dove Vittorio Orlando sostenne le idee dei democratici, mentre Sonnino restò fermo sui principi della politica tradizionale. La politica estera italiana alla Conferenza di pace fu dunque esitante.55 I dissensi tra Sonnino e Orlando si erano già manifestati durante le trattative di Štefánik con i rappresentanti italiani per la costituzione delle legioni cecoslovacche in Italia nella prima metà del 1918. Mentre Orlando sosteneva questo progetto, Sonnino non era molto favorevole. Orlando dichiarò che l’armata cecoslovacca doveva essere costituita, anche se ciò avesse avuto come conseguenza le dimissioni di Sonnino.56 Štefánik dunque, durante le trattative, dovette vigilare afinché la questione non si trasformasse in un elemento della lotta politica interna contro il ministro degli af fari esteri. Un sostegno più signiicativo da parte dei rappresentanti francesi della causa cecoslovacca, rispetto a quello degli italiani, è documentato anche dal fatto che Štefánik, conoscendo la mutevolezza del presidente del consiglio Orlando, chiese loro di pronunciarsi a favore degli interessi cecoslovacchi durante il suo soggiorno a Parigi a metà marzo del 1918.57 Ovviamente non si può af fermare che la società francese manifestasse un sostegno unanime alle rivendicazioni cecoslovacche, ma non c’erano nemmeno signiicativi contrasti ai vertici. Per di più in Italia la questione della “liberazione dei popoli oppressi” era molto più attuale e discussa a causa delle richieste da parte della Jugoslavia. Analogamente, alla Conferenza di pace, la Francia sostenne la causa cecoslovacca praticamente senza riserve, mentre l’Italia per alcuni aspetti (il corridoio tra Cecoslovacchia e Jugoslavia) se ne sentiva letteralmente minacciata. La politica estera francese si era messa alla testa del movimento “dei popoli oppressi” in Europa centrale e nei Balcani e voleva creare un sistema di alleanze dei piccoli stati come baluardo contro la Germania. La paura delle rivendicazioni jugoslave impediva all’Italia di assumere la stessa posizione.58 L’Italia inoltre vedeva nell’Ungheria un potenziale alleato contro un dominio jugoslavo-cecoslovacco nella regione. I rappresentanti politici italiani supponevano che Štefánik fosse l’unico importante politico cecoslovacco al quale appoggiarsi nella contesa franco-italiana. Per Štefánik tuttavia, durante le trattative, non si trattò soltanto di questioni politiche e militari. Per la repubblica appena nata era importante anche l’aspetto economico. Da questo punto di vista, entrambe le parti consideravano essenziale la circolazione dei prodotti agricoli e anche industriali lungo la costa adriatica attraverso i porti italiani. Diversamente la Cecoslovacchia sarebbe stata costretta a trasportare le merci solo lungo il iume Elba ino ai porti della Germania, che non aveva certo un atteggiamento amichevole. Štefánik sosteneva poi che per la Cecoslovacchia era importante avere con l’Italia un collegamento ferroviario diretto, che non attraversasse i territori jugoslavi. Štefánik riteneva necessario creare un sistema di accordi economici tra Italia, Cecoslovacchia, Austria e più in là eventualmente anche con l’Ungheria. Nello stesso modo progettava di raf forzare i rapporti con la marina militare e commerciale italiana e creare una grande società di navigazione cecoslovacco-italiana. 59

55 In base a una terza linea politica, la Cecoslovacchia avrebbe dovuto mediare tra Jugoslavia e Italia.

FORTUNATO, La missione..., cit., pp. 141-142. 56 GUELTON – BRAUD – KŠIŇAN, La mémoire…, cit., p. 116. 57 SHD-DAT, sc. 7 N 626, 10. 3. 1918, Il capo della missione militare francese in Italia per il ministro della guerra. n. 430-439. 58 ORTUNATO, La missione..., cit., p. 142. 59 CACCAMO, L´ultima…, cit., pp. 218-228.

Gli italiani, dopo aver armato e organizzato le legioni cecoslovacche nel loro paese, indubbiamente si aspettavano un atteggiamento più accomodante da parte del ministro degli af fari esteri. D’altro canto, era soprattutto nel loro interesse stabilire chiaramente la posizione del generale Piccione nella gerarchia. Neanche nel momento in cui il conlitto per il comando degli eserciti in Slovacchia raggiunse il culmine, riuscirono a prendere una chiara posizione in merito e lasciarono il generale Piccione senza precise istruzioni. Tra l’altro, in confronto a quella francese, la propaganda italiana in Cecoslovacchia era praticamente inesistente. A Praga c’erano pochi uficiali italiani che avrebbero potuto inluenzare eficacemente le autorità cecoslovacche, le idee iloitaliane non riuscivano a penetrare in modo più incisivo nella stampa cecoslovacca, e così via.60 Sicuramente non si può negare la simpatia di Štefánik per l’Italia, ma, così come aveva fatto durante la Prima guerra mondiale, egli cercava di unire gli interessi cecoslovacchi a quelli delle grandi potenze. In questo modo era più facile per lui realizzarli. Štefánik era un abile diplomatico e nei suoi colloqui con gli italiani cercava comprensibilmente di suscitare l’impressione di una preferenza per questo paese. Le dichiarazioni di Štefánik non vanno prese alla lettera, ma come parte della più ampia strategia che egli aveva elaborato. Nel dicembre del 1918, quando chiese al governo francese di poter assumere l’incarico di ministro della guerra del governo cecoslovacco, essendo cittadino francese, espresse con grande emozione il proprio stato d’animo e la propria gratitudine: “Accettare il mio nuovo ruolo non signiica che il mio cuore si sia allontanato dalla Francia, il legame che ad essa mi stringe è per me indistruttibile. Il mio più vivo desiderio è che si crei un legame altrettanto forte tra la grande Repubblica [la Francia] e quella che sta per nascere sotto la sua egida [la Cecoslovacchia]. 61 È dificile supporre che, un paio di mesi dopo, l’atteggiamento di Štefánik verso la Francia fosse mutato in modo così drastico. Štefánik si espresse più volte in modo analogo nei confronti dell’Italia. Già nell’estate del 1918 aveva sottolineato l’importanza dell’Italia per la Cecoslovacchia. “In tutto il suo discorso mi ha dimostraro molta devozione all´Italia per la quale egli mi sembra professare speciale simpatia in preferenza degli altri alleati.” 62 Nel caso di Štefánik non è dunque possibile mettere in contrapposizione l’atteggiamento ilofrancese e quello iloitaliano, che al contrario erano in lui complementari. In questo contesto non si trattò soltanto di una rivalità franco-italiana in Cecoslovacchia. In ampia misura si trattò di un contrasto personale tra Štefánik e Beneš che si era acuito nel tempo. Quando Beneš deiniva Štefánik un italoilo, ciò poteva avere un senso probabilmente solo nel confronto con lo stesso ministro degli af fari esteri, che non si era comportato correttamente nei confronti degli italiani. Anche il presidente Masaryk, in confronto a Beneš, era orientato più a favore degli italiani. Espressioni come ‘italoilo’, erano entrate a far parte della battaglia politica in questa contesa. Beneš enfatizzava spesso l’orientamento a favore dell’Italia nel tentativo di screditare Štefánik, per esempio il fatto che era stato l’unico rappresentante straniero ad accogliere alla stazione di Roma la delegazione italiana, dopo che quest’ultima aveva abbandonato la Conferenza di pace a Parigi, lo attribuiva alle sue cattive condizioni di salute, diceva che era caduto nelle mani degli italiani e che questi lo dominavano. Sempre Beneš aveva elencato dettagliatamente a Masaryk tutti gli “errori” di Štefánik, arrogandosi ovviamente la parte del conciliatore e del “buono” nel loro conlitto.63 D’altro canto Štefánik sosteneva di essere stato del tutto leale nei confronti del governo

60 FORTUNATO, La missione..., cit., pp. 175-177, 190. 61 “En rejoignant mon nouveau poste mon cœur ne s’éloigne pas de la France, les liens qui m’unissent à elle sont indestructibles. Mon plus vif désir est de voir des liens aussi puissants s’établir entre la grande

République et celle qui vient de naître sous son égide.” AMAE, CPC 1914-1940, Z- Europe, Tchécoslovaquie, vol. 3, Vladivostok, 5. 12. 1918, Martel per Ministero degli affari esteri, n. 151. MUSIL – BIAGINI, Milan..., cit., p. 58. 62 MUSIL – BIAGINI, Milan..., cit., p. 58. 63 AUTGM, f. TGM R, sc. 424, Parigi, 5. 4. 1919, Lettera di E. Beneš per T. G. Masaryk.

cecoslovacco durante le trattative con gli italiani, e dunque anche nei confronti del ministro degli af fari esteri.64 Tuttavia, come emerge dai documenti italiani, a Štefánik durante le trattative “era sfuggita” una frase in cui Beneš dichiarava che sarebbe stato soddisfatto solo al completo ritiro della missione militare italiana in Cecoslovacchia.65 È possibile supporre che davvero a Štefánik fosse sfuggita questa annotazione, o forse intendeva solo peggiorare la già cattiva immagine che Beneš aveva presso i rappresentanti italiani. Gli italiani a loro volta sottolinearono che Štefánik non era della stessa nazionalità degli altri alti rappresentanti dello Stato cecoslovacco: “È da notare che egli non è un czeco, ma slovacco”. 66 Simili parole vanno intese nel quadro di un conlitto politico e diplomatico assai complesso e in certe sfere anche personale. Come ho cercato di dimostrare, Štefánik voleva che la politica estera cecoslovacca si appoggiasse a una coalizione più ampia. Considerava indispensabile legare di più l’Italia alla politica centroeuropea, per raf forzare così la posizione internazionale della Cecoslovacchia, il che non implicava necessariamente una posizione antifrancese. Al contrario, Štefánik continuava a considerare la Francia il più importante alleato della Cecoslovacchia. Voleva però che la politica della Cecoslovacchia verso l’Italia fosse più accomodante, il che avrebbe lasciato aperte le porte per una più stretta collaborazione in futuro. Durante la sua missione in Siberia, dove i soldati cecoslovacchi combattevano contro i bolscevichi, aveva cercato di motivarli sottolineando l’importanza del ruolo internazionale di una Russia democratica per assicurare la stabilità in Europa centrale. Štefánik dunque vedeva la problematica degli alleati internazionali della Cecoslovacchia in un contesto geopolitico più ampio rispetto a Beneš, che aveva preferito orientarsi esclusivamente verso la Francia, cosa che in seguito si rivelò il punto debole della politica estera cecoslovacca. Tuttavia prendendo in esame i fondamentali contrasti tra Francia e Italia alla Conferenza di pace di Parigi nel 1919, l’idea di Štefánik di un binomio franco-italiano non apparirà realmente perseguibile.

64 DEJMEK – KOLÁŘ, Dokumenty…, cit., p. 280. 65 ASMAE, f. Conferenza della Pace 1918-1922, busta 3, Parigi, 16.4.1919, copia del telegramma del generale

Diaz per il Comando supremo. Uficio operazioni, n. 4514. 66 CACCAMO, L´ultima…, cit., p. 217.

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