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“I Legionari Cecoslovacchi attraverso i documenti militari italiani”

Dott. Antonino Zarcone La 6^ Divisione Cecoslovacca in Italia

1. PREMESSA Alle ore 12 del 4 novembre 1918 il Comando Supremo italiano emette il comunicato n. 1268 che sancisce la ine delle ostilità fra il Regno d’Italia e gli Imperi centrali: “La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una czeco slovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è inita”. Con esso, il generale Diaz, che è il irmatario, intende ricordare il contributo fornito dalle nazioni amiche ed alleate alla vittoriosa of fensiva inale italiana. Un ringraziamento rivolto anche ai militari della divisione cecoslovacca che, costituita in Italia con ex prigionieri di guerra dell’Imperiale e Regio Esercito austro ungarico, è alla base della nascita della nascita dell’esercito del nuovo stato europeo. La formazione della grande unità, il passaggio dallo stato di prigionia a quello di cobelligeranza di tanti militari cecoslovacchi, avviene con qualche dificoltà per molteplici ragioni: difidenza per gli ex avversari aggiunta a questioni geopolitiche sull’assetto futuro della nuova Europa. Oggi, a cento anni dall’inizio del primo conlitto mondiale, in un momento di grave crisi di consenso delle istituzioni europee, appare opportuno ricordare quegli eventi che videro i popoli prima non colpevoli antagonisti sulle trincee del Carso e poi alleati nella lotta per l’emancipazione e la libertà dei popoli. Mantenere memoria di coloro che col sacriicio della vita hanno suggellato il rapporto di amicizia fra l’Italia e le repubbliche Ceca e Slovacca non è più uno strumento per condividere la storia. Il ricordo di scelte passate oggi può essere un mezzo idoneo a favorire un maggiore rapporto di collaborazione all’interno di quella comunità europea che da tanti anni contribuisce a mantenere una pace duratura nel vecchio continente. 2. LA PRIGIONIA DI GUERRA IN ITALIA DURANTE LA GRANDE GUERRA Con l’inizio del conlitto, anche l’Italia nel rispetto delle convenzioni internazionali istituisce l’organizzazione volta alla gestione dei numerosi soldati appartenenti all’esercito austro-ungarico, caduti nelle mani del Regio Esercito nel corso delle operazioni condotte sul Carso e sul fronte alpino. Le masse dei prigionieri di guerra, dopo un brevissimo periodo di transito nelle retrovie del fronte in cui sono posti al vaglio dei servizi informazione militari, sono distribuite in una serie di campi di prigionia distanti dal teatro delle operazioni. Separati gli uficiali dalla truppa, i militari catturati, sulla base dell’appartenenza etnica, sono assegnati a campi di prigionia dislocati su tutto il territorio nazionale, dalla pianura padana ino alle regioni del Sud ed alle Isole, specialmente in Sicilia. Dai documenti militari risultano attivi in Italia i campi di prigionia a: Alessandria, Montichiari (BS), Bellagio (CO), Quingentole - San Benedetto Po (MN), Scorzè (VE), Grezzana (VE), Verona, Rovigo, Conselve – Bondeno (FE), Riccione (RN), Riserba, Portoferraio (LI), Villa Quercianella (LI), Firenze, Vallombrosa (FI), Servigliano (AP), Fonte d’Amore (AQ), Avezzano (AQ), Rieti, Cittaducale (RI), San Vito Romano (Roma), Viterbo, Castello Baia (NA), Castellamare di Stabia (NA), Polla (SA), Sala Consilina (SA), Padula (SA), Nocera (SA), Venosa (BA), Palermo, Bagheria (PA), Marsala (TP), Milazzo (ME), Vittoria (SR), Asinara (SS), Monte Narba (CA). Tra i campi, quelli più grandi risultano all’Asinara, con circa 20.000 prigionieri, e di Vittoria, con circa 15.000 prigionieri.

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I campi di Fonte d’Amore (AQ) e Padula (SA) sono destinati ad ospitare prigionieri di nazionalità ceca e slovacca. In genere i prigionieri di guerra sono sottoposti a condizioni di vita piuttosto dure a causa del regime di sorveglianza imposto dalle autorità militari. Ad essi viene attribuito il pagamento stabilito da un’apposita Disposizione del Ministero della Guerra, la razione viveri prevista per i reparti territoriali dell’Esercito e la possibilità di corrispondere con le famiglie, sottoponendo quest’ultima alla veriica da parte di una apposita commissione di censura. Il denaro ricevuto da casa, così come la paga corrisposta dal Governo italiano, stante il divieto sancito dalla Convenzione dell’Aia circa la circolazione di denaro, viene convertito in appositi buoni utilizzabili per l’acquisto di generi di necessità presso lo spaccio interno ai campi. Ogni campo ha infatti la propria moneta iduciaria. Particolare attenzione è riservata ai prigionieri di origine jugoslava, rumena, ceca e polacca, sui quali viene svolta un’intensa attività di propaganda volta a sollecitarne lo spirito nazionalista e di rivendicazione nei confronti dell’Austria. Nei limiti del possibile viene loro riservato un diverso trattamento rispetto ai prigionieri tedesco-ungheresi, basato su condizioni di vita meno dure, baraccamenti e mense separate, trattamento, soldo e mercedi di lavoro pari a quelli corrisposti ai soldati italiani qualora impiegati in zona di guerra ed una moderata libertà di movimento. Alcuni prigionieri appartenenti a nazioni considerate “oppresse” dall’Austria Ungheria sono impiegati presso i comandi militari come interpreti all’interno di nuclei per l’interrogatorio dei prigionieri di guerra o in quelli di propaganda incaricati di redigere volantini da inviare nelle linee avversarie. Per disposizione del ministero dell’Interno, ino al 1916, i soldati e graduati detenuti come prigionieri di guerra non sono impiegati in alcun genere di lavoro manuale all’esterno dei campi. Tuttavia ben presto, a causa della signiicativa presenza di contadini nelle ile del Regio Esercito, per soddisfare le necessità determinate dalla cronica carenza di mano d’opera agricola, il Governo italiano è spinto ad applicare le disposizioni contenute nell’articolo 6 del Regolamento allegato alla Convenzione dell’Aja che consente l’impiego di prigionieri di guerra in lavori esterni, purché non direttamente legati allo sforzo bellico. I prigionieri sono avviati al lavoro all’esterno per il lavoro dei campi sulla base di richieste valutate dall’autorità militare con un atto di concessione in quote variabili, da un minimo di 15 - 20 unità, sempre sottoposti a vigilanza di una scorta fornita dai reparti della Milizia Territoriale e Presidiari dell’Esercito. Nel luglio 1917 risultano atti al lavoro 80.000 prigionieri, distribuiti in oltre 2000 distaccamenti dislocati in tutto il Paese ed impiegati con buoni risultati nei lavori agricoli. Alcune migliaia di essi sono impiegati come addetti a lavori stradali, ferroviari, di rimboschimento, per l’approvvigionamento del combustibile in zona di guerra ed in attività estrattive in miniera. Poco dopo la battaglia difensiva del giugno 1918, o del Solstizio, il Comando Supremo dispone il trasferimento in zona d’operazioni di circa 16.000 prigionieri, cui successivamente seguono altri 10.000 uomini, organizzati in compagnie lavoratori da adibire ad attività lavorative di vario tipo. Il centro di mobilitazione di queste compagnie, indicate da una numerazione progressiva da 1 a 60 seguita dalle lettere L.P., Lavoratori Prigionieri, viene dislocato presso il Distretto Militare di Mantova. Nel settembre 1918 un’ordinanza del Comando Supremo stabilisce la riorganizzazione dei campi di prigionia dipendenti dai vari Comandi d’Armata. Il mese successivo, l’aflusso di numerosi prigionieri, catturati in pessime condizioni igieniche e isiche dopo l’of fensiva di Vittorio Veneto, porta il Comando Supremo italiano ad emanare una nuova con la quale si sottolineava la necessità di vigilare sulla possibile dif fusione di epidemie tra le ile dell’Esercito e nel Paese, già colpito pesantemente dalla “spagnola”.

Subito viene disposto il supporto di un adeguato servizio proilattico assicurato dalla Sanità dell’Esercito che sottopone i prigionieri di guerra ad appositi esami batteriologici ed a misure di igiene personale. Alla ine delle ostilità i soldati austroungarici in mano degli italiani ammontano a circa 550.000 (sui 2.200.000 totali), dei quali circa 100.000 catturati prima di Caporetto e 400.000 nell'inseguimento dopo Vittorio Veneto. Con l’armistizio di villa Giusti, il 4 novembre 1918 il conlitto volge alla ine. Pochi giorni dopo, minacciata di essere attaccata da sud, attraverso l’Austria, capitola anche la Germania. Bisogna accogliere i numerosi prigionieri italiani liberati dai campi di prigionia. Già agli inizi del 1919 comincia la restituzione alle nazioni sconitte dei prigionieri catturati dalle armi italiane nel corso dei tre lunghi anni di guerra. 3. DA PRIGIONIERI AD ALLEATI Nel corso dell’ultimo anno di guerra lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano autorizza la costituzione di unità attingendo al gruppo dei prigionieri che appartengono alle nazionalità che mostrano maggiori simpatie nei confronti della causa nazionale italiana e che vedono la possibilità di af francarsi deinitivamente dal giogo asburgico. Il passaggio dallo status di prigioniero a quello di alleato tuttavia non è semplice, sussistono molteplici motivi ostativi di carattere politico e militare. Quello più evidente, militare, è legato all’afidabilità del combattente. Non è facile per un militare dover accettare di armare e combattere al ianco un soggetto che precedentemente si trova dalla parte opposta della trincea. Esistono anche ragioni di ordine politico legate all’atteggiamento italiano verso i popoli slavi ed al futuro assetto dell’Europa centrale e di quella Balcanica. Un’azione favorevole verso gli slavi del nord, i cecoslovacchi, viene ritenuta un incentivo per i movimenti nazionalisti degli slavi del sud, serbi, croati, sloveni, quindi contraria agli interessi nazionali. L’Italia guarda con attenzione ai Balcani, reclama terre del litorale Adriatico ed il controllo sull’Albania per cui non gradisce lo smembramento dell’Austria Ungheria con la creazione di un nuovo stato Jugoslavo e l’uniicazione appunto degli slavi del sud. Per Antonio Gramsci, Cadorna è miglior politico di Sonnino. Nei Quaderni dal Carcere, Gramsci ricorda che il Comandante Supremo vuole fare una politica delle nazionalità in Austria, cioè cercare di disgregare l’esercito austriaco dal suo interno. Una scelta contrastata da Sonnino che si oppone alla distruzione dell’Austria. Il fondatore dell’Ordine Nuovo ritiene questa posizione errata tanto che “le truppe slave videro nella guerra una guerra nazionale di difesa delle loro terre da un invasore straniero e l’esercito austriaco si rinsaldò”. In realtà anche alcuni militari, lo stesso Generale Roberto Segre, futuro capo della Missione Militare italiana a Vienna, si rendono conto che un ridimensionamento territoriale dell’Austria, separata dalla Germania, con la perdita di gran parte delle risorse agricole ed industriali, può anzi essere il motivo di una maggiore instabilità in Europa e premessa di un nuovo conlitto. La storia successiva è nota, ma allora questa presa di posizione del Generale Segre diventa motivo di attrito con il Ministero degli Esteri italiano. Bisogna evidenziare, inoltre, che il paese necessita di manodopera da impiegare in agricoltura in sostituzione dei contadini chiamati alle armi. I prigionieri di guerra permettono di sopperire a questa carenza. L’impiego dei prigionieri diventa un contributo allo sforzo bellico in un conlitto che si protrae più di quanto previsto: si possono limitare le licenze agricole per i contadini chiamati alle armi ed allo stesso tempo si sostiene la produzione agricola, così da alimentare il Paese e le truppe italiane schierate al fronte.

Le necessità della guerra contribuiscono ad un cambiamento di questa politica verso i prigionieri di guerra. Alla cattura di soldati/documenti avversari, comunque avvenuta, in combattimento o per diserzione, consegue la necessità per i comandi italiani di poterli interrogare/analizzare per acquisire informazioni utili a prevenire la manovra of fensiva dell’avversario e favorire la propria. Ragione per cui, presso gli ufici Informazioni Truppe Operanti dei servizi informazioni d’Armata, gli uficiali addetti all’intelligence impiegano alcuni militari austro-ungarici di nazionalità slava. Il personaggio che opera per rendere possibile la creazione di unità autonome cecoslovacche da far combattere al ianco dell’Intesa è Milan Rastislav Štefánik. Questo personaggio poliedrico, carismatico, militare e politico capace, identiica il punto di riferimento per l’opposizione cecoslovacca ed è il principale promotore della lotta d’indipendenza contro l’Austria Ungheria attraverso una partecipazione attiva alla guerra. Egli è convinto del fatto che la sconitta degli Imperi centrali e la collaborazione con i governi dell’Intesa può aprire la strada al movimento indipendentista cecoslovacco. Volontario come uficiale pilota nell’aeronautica francese, partecipa personalmente ai combattimenti e, insieme ad Eduard Beneš ed a Tomáš Garrigue Masaryk, è tra i fondatori del Consiglio Nazionale Ceco che si pone l’obiettivo di guadagnare consensi alla creazione di uno stato cecoslovacco indipendente. Milan Rastislav Štefánik giunge in Italia nel 1916, a Roma, dove ha un incontro con il Ministro degli Esteri Sonnino. Come rappresentante del Consiglio Nazionale cecoslovacco, tenta di instaurare un rapporto di iducia tra le popolazioni slave ed il governo italiano così da ottenere il supporto di questo per la creazione di reparti volontari cecoslovacchi alla fronte italiana. Una scelta dovuta al fatto che i soldati di nazionalità ceca o slovacca che combattono con gli Imperi centrali sono quasi assenti dal fronte occidentale e sono impiegati essenzialmente sul fronte orientale e su quello italiano. L’Italia, è quindi il paese che può fornire i volontari autorizzando l’impiego dei propri prigionieri di guerra disposti a combattere per indipendenza nazionale cecoslovacca. Ma Štefánik è anche un uomo d’azione. Al fronte italiano partecipa a numerose azioni di aviolancio di manifestini rivolti ai soldati delle nazionalità oppresse dalla duplice monarchia. Un’azione di alto valore, non solamente simbolico, dato che egli stesso propone un nuovo sistema per il lancio di manifestini poi adottato dall’aeronautica italiana, perché in caso di cattura rischia l’impiccagione come traditore e perché il generale Boroevic aveva fatto sapere per il tramite di parlamentari, che l’azione di propaganda e l’invito alla diserzione con lancio di manifestini, anche per i piloti italiani, sarebbe stata punita con la forca1 . Nel luglio 1917, il Governo chiede un parere al Comando Supremo circa l’impiego dei prigionieri di guerra per la “propaganda cecoslovacca”. La risposta è parzialmente positivo. Il Comando Supremo è di massima favorevole alla istituzione di reparti cecoslovacchi con prigionieri di guerra, ma ritiene sconsigliabile l’impiego diretto di tali unità al fronte in operazioni militari al ianco dei reparti italiani. Si preferisce la costituzione di unità da mantenere in prossimità del fronte in modo che la loro presenza possa “alimentare ed aggravare” nei reggimenti cechi avversari sentimenti di avversione all’Austria che, ad esempio al fronte russo, provocano riiuti di obbedienza e diserzioni di massa. Il Comando supremo è altresì favorevole alla creazione di unità ceche da impiegare in “compiti speciali” come ad esempio i lavori.

Questa soluzione non è gradita ai rappresentati del Consiglio Nazionale dei Paesi Cechi, in particolare al generale Štefánik che continua a far la spola fra l’Italia e la Russia per ottenere l’impiego di reparti organici cecoslovacchi autonomi in combattimento al ianco dell’Intesa. Nel febbraio 1918, vengono costituite, alle dipendenze degli ufici informazioni delle singole armate, guidate da uficiali dell’intelligence, piccole unità di volontari boemi, successivamente inquadrate nel 39° Reggimento esploratori cecoslovacchi, con il compito di raccogliere informazioni sul nemico e fare propaganda tra i connazionali. Un ulteriore contributo alla costituzione di unità cecoslovacche viene fornito dal Congresso delle nazionalità oppresse, svolto a Roma tra il 27 marzo e il 9 aprile del 1918, nel corso del quale i rappresentanti delle principali nazionalità dell’impero austro-ungarico, propongono la costituzione, su base nazionale, di unità armate autonome da porre sotto la giurisdizione dei diversi comitati nazionali. È l’occasione attesa per stringere ulteriormente i rapporti con l’Intesa, che gradisce un contributo concreto per la vittoria deinitiva sugli Imperi Centrali. Gli italiani non sono molto convinti dell’opportunità di un riconoscimento di movimenti indipendentisti all’interno del territorio della duplice monarchia. Sonnino, inoltre, non auspica o, forse, non crede nel crollo dell'impero austroungarico. Ma l’Italia è reduce dalla sconitta di Caporetto, ha necessità di schierare nuove unità, che chiede agli Alleati ed, inoltre, deve riguadagnare credibilità e consenso nell’ambito dell’Intesa. Il 21 Aprile 1918, il Presidente del Consiglio Orlando, irma insieme al generale Štefánik, la Convenzione tra il Consiglio Nazionale Cecoslovacco ed il governo italiano che riconosce l’esistenza di un Esercito Cecoslovacco unico ed autonomo, posto dal punto di vista politico e giuridico sotto l’autorità del Consiglio Nazionale dei Paesi cecoslovacchi e sotto l’aspetto dell’impiego operativo alle dipendenze del Comando Supremo italiano. Secondo la convenzione: gli uficiali devono essere scelti tra i prigionieri cecoslovacchi idonei per qualità morali e tecniche; i militari italiani addetti alle unità cecoslovacche, sui quali il citato Consiglio Nazionale può esprimere un giudizio di gradimento, rimangono sotto l’autorità dell’Esercito Italiano; le promozioni devono avvenire esclusivamente per merito di guerra; le spese di mantenimento risultano a carico del Consiglio Nazionale, anche se l’Italia si impegna a fare le anticipazioni necessarie in danaro e mezzi; il servizio prestato onorevolmente in tali unità è ritenuto valido per la concessione della cittadinanza italiana. Secondo gli accordi viene inizialmente formata una divisione di fanteria, con relativo Deposito e magazzino centrale, con una forza di 350 uficiali e 12.500 sottuficiali e uomini di truppa. Il campo di concentramento degli ex prigionieri, per la formazione, equipaggiamento ed addestramento delle unità, viene deinito nel deposito di Foligno. Il trattamento riservato ai soldati cecoslovacchi viene improntato a criteri di severità non disgiunta tuttavia da cordialità e correttezza. Un documento diramato nel marzo 1918 dal Generale Spingardi suggerisce di riservare “speciali riguardi agli uficiali [nazionalisti cechi], i quali, oltre allo stipendio cui hanno diritto, […] potrebbero convivere alla stessa mensa degli uficiali italiani”. Il generale Spingardi, suggerisce anche di mutare la denominazione di Reparti prigionieri cechi semplicemente in Reparti cechi.

Dopo la selezione dei quadri, la divisione assume la seguente organizzazione: Comandante designato: Gen. Andrea Graziani, da cui dipendono: 1^ Brigata (Gen. De Vita) con il 1° e 2° reggimento; 2^ Brigata (Gen. Sapienza ), con il 2° e 3° reggimento. Successivamente la grande unità cambia denominazione, acquisendo quella di VI^ Divisione Cecoslovacca, mentre le brigate assumono i nomi di: 11^ Brigata (31 e 32° Reggimento); 12^ Brigata - 33 e 34° Reggimento. Il 24 maggio 1918, anniversario dell’ingresso dell’Italia nel conlitto, davanti all’Altare della Patria, a Roma, avviene la Consegna della Bandiera di guerra. Sei giorni dopo, i reparti lasciano il campo di addestramento di Foligno per essere schierati sui Monti Berici (Vicenza), alle dipendenze del XXII Corpo d’Armata. Nel giugno 1918 le unità cecoslovacche partecipano all’ultima battaglia difensiva italiana sul Piave, nota come Battaglia del Solstizio. Il 31° partecipa ai combattimenti di Doss’Alto ed il 33° reggimento sul Montello, subendo la perdita di 62 morti, 101 feriti e 18 dispersi, dei quali 11 impiccati come disertori dagli austro-ungarici nei pressi di Oderzo. Il 25 giugno 1918, generale Štefánik scrive al Presidente Orlando per esprimere la soddisfazione per la valorosa resistenza dell’Esercito Italiano sul Piave all’urto delle “orde tedesco magiare”. Il generale è contento dell’ingresso in linea della Divisione cecoslovacca tanto “il cuore dei patrioti della Boemia, Moravia, Slesia, Slovacca esulterà di gioia alla notizia che una parte dell’esercito cecoslovacco nazionale ha avuto già l’onore di combattere a ianco delle truppe italiane”. Egli di fatto ringrazia, perché il Comando Supremo e quelli uficiali danno risalto alla collaborazione della divisione ed evidenzia come la solidarietà di interessi e di sentimenti dei due popoli è sigillata dal sangue versato in comune. Una lettera gradita ad Orlando che auspica il giorno della comune vittoria che è anche quello del conseguimento delle aspirazioni Boeme. Successivamente la divisione viene spostata ad est del lago di Garda, nel settore compreso fra la Bocca di Navene ed il monte Baldo, dove il 15 luglio 1918 la 12^ Brigata prende parte ai combattimenti sul settore di Monte Altissimo. Il 21 settembre 1918, durante un attacco al Dosso Alto di Nago, gli austro-ungarici catturano 5 Legionari cecoslovacchi, che sono processati e dichiarati colpevoli di tradimento e condannati all’impiccagione, tranne il più giovane. Esattamente un mese dopo, Sonnino può comunicare il riconoscimento del Governo cecoslovacco. Il primo riconoscimento uficiale da parte di uno stato dell’Intesa. Mancano ancora pochi giorni, la Battaglia di Vittorio Veneto causa il crollo dell’esercito austro ungarico, poi alle ore 12.00 del 4 novembre 1918 l’armistizio e la ine del conlitto. Il generale Diaz, redigendo il bollettino della Vittoria cita la partecipazione della Divisione cecoslovacca. Un ringraziamento per il sacriicio comune che porta all’annientamento dell’Esercito Austro – Ungarico, per cui “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”. Il 17 novembre 1918, presso Padova, viene costituito il Comando del Corpo d’armata cecoslovacco, su due divisioni, la 6ª e la 7ª e altri reparti. Quale comandante di quella grande unità viene designato il generale Luigi Piccione. Il 14 dicembre 1918, completata la riorganizzazione delle Corpo cecoslovacco, inizia il rimpatrio delle truppe ceche reclutate in Italia. Il Comando del corpo d’armata, costituito da uficiali italiani al comando dello stesso generale Piccione (Missione militare italiana in Boemia), si trasforma in Comando supremo delle forze ceco-

slovacche in Slovacchia, avendo alle dipendenze, oltre alle divisioni costituite in Italia, anche ad alcune unità territoriali già sul posto. Terminata l’occupazione della Slovacchia, nel gennaio del 1919, le unità del nuovo Esercito cecoslovacco, sono coinvolte in una serie di scontri di frontiera con la nuova Repubblica dei consigli d’Ungheria che, in maggio, culminano in un vero e proprio conlitto armato. Il 31 gennaio, mentre le truppe cecoslovacche ripiegano sotto l’incalzare dell’of fensiva magiara, il generale Piccione e gli uficiali italiani sono rimpatriati, lasciando il comando agli uficiali francesi, destinati a sostituirli. Si pone così ine al rapporto di cameratismo nato sulle trincee del Piave e “sigillato versando il sangue in comune”. 4. FONTI DELL’AUSSME RELATIVE ALLE LEGIONI CECOSLOVACCHE a. Fonti archivistiche: fondo B-1: diari storici prima guerra mondiale: volumi 2 del Corpo d’armata in Cecoslovacchia,129/S 47c e 48c, non sono veri e propri diari storici ma telegrammi giornalieri sulla situazione militare del comando legioni cecoslovacche in Slovacchia inviati al quartier generale del generale Piccione2; fondo E-5: carteggio sussidiario corpi d’armata; Miscellanea di documenti sul corpo cecoslovacco in Italia(buste 232-263). Comprende carte prodotte da enti, ufici e comandi del corpo cecoslovacco in Italia (1916-1920), tra cui il Comando 1ª Divisione cecoslovacca, il Comando 6ª Divisione cecoslovacca e unità dipendenti, il Comando 7ª Divisione cecoslovacca, il Comando del Corpo d’armata cecoslovacca (stato maggiore, comando artiglieria e comando genio) poi Comando supremo forze cecoslovacche in Slovacchia, la Commissione italo-boema per i trasporti di Milano, il Comando del campo di concentramento cecoslovacco a Gallarate, il Comando del campo cecoslovacco di Varese, il Comando del corpo cecoslovacco in Italia-Uficio staccato di Padova. Riguarda, fra l'altro, il corpo d'armata cecoslovacco: la sua costituzione in Italia, il personale, i servizi, i rapporti con il consiglio nazionale dei paesi cecoslovacchi, la disciplina e il tribunale militare, l'impiego delle artiglierie e il genio, i complementi e la situazione della forza, i trasporti, le operazioni in Slovacchia e informazioni sull'esercito ungherese, notizie sul materiale d'artiglieria, armi portatili e munizioni; l'impiego della 6ª divisione cecoslovacca sul fronte italiano nel 1918, i "Narodni straz", l'incidente di Stefanik, attività dei campi di concentramento di Busto Arsizio e Gallarate, dislocazione dei reparti e situazione della forza delle armi e dei mezzi della 7ª Divisione, notizie sugli esploratori cecoslovacchi nel 1916-1919, onoriicenze e ricompense; fondo E-8: Commissione interalleata di Parigi (buste 253-257). documentazione relativa alla Cecoslovacchia, anche relativa alla Missione del generale Piccione (1919-1926); fondo E-11: Missioni militari varie presso gli alleati e missioni militari all’estero: Missione d’armistizio a Vienna (buste 1, 2, 8, 9, 10, buste. 12-15; (marzo-aprile 1919, b.8, fascicolo2-6, 12): comprende carte del 1919-1925 relative ai territori dell’ex impero austro-ungarico.

2 Nel 1908, con il grado di capitano, è addetto militare a Berna. Promosso colonnello nel 1915 e maggiore generale nel 1917, durante la 1ª guerra mondiale comanda la Brigata Bari (1916). Capo reparto operazioni del

Comando Supremo (1917), comandante della 5ª Divisione e capo di stato maggiore della 7ª Armata (1918).

Il 23 ottobre 1918 è nominato comandante della 6ª Divisione cecoslovacca e, il 28 novembre, comandante del Corpo d’Armata cecoslovacco appena costituito. Dal dicembre 1918 al giugno 1919 svolge l’incarico di capo della Missione Militare Italiana in Boemia.

Missione militare italiana in Boemia (busta 64): comprende, fra l’altro, bozze dattiloscritte della “relazione generale (dicembre 1918- giugno 1919), redatta dal generale

Piccione, sull’operato della stessa missione militare, con schizzi e fotograie annessi, e corrispondenza relativa ad un eventuale sua pubblicazione. Sono comprese anche carte dell’Uficio Operazioni del Comando supremo e dell’Uficio Storico dello Stato Maggiore

R. Esercito relativi alla medesima missione. fondo F-3: carteggio sussidiario prima guerra mondiale: (busta 42), fascicolo1, costituzione del Corpo cecoslovacco in Italia (1918); (busta 43), fascicolo 1: saluto del generale Štefánik ai battaglioni cecoslovacchi territoriale dei gruppi di Gallarate, Foligno e Avezzano. 5 maggio 1919; fascicolo 2: ordini permanenti del Corpo cecoslovacco in Italia; 6ª Divisione Cecoslovacca (1918-1919); fascicolo 3, Campo di concentramento di Gallarate (1918 – 1920); fascicolo 4. Campo di concentramento di Busto Arsizio (1918 -1920); fondo L-3 studi particolari: busta 28: fascicolo 1, La Nazione Cecoslovacca nella Guerra Mondiale - Notizie militari-politiche sulla Cecoslovacchia (tre fascicoli uno mancante); fascicolo 2, Rifornimenti di materiale da guerra da parte dell'Italia alla Polonia, alla Cecoslovacchia e Romania; fascicolo 3, La Cecoslovacchia d'oggi - fascicolo speciale 1921; fascicolo 4, Cecoslovacchia: fotograie varie (in fototeca 693); fascicolo 5, Costituzione formazione ed impiego delle Truppe Cecoslovacche al fronte italiano durante la Guerra 1915/18; fascicolo 6,

Truppe Britanniche, Francesi, Americane e Cecoslovacche in Italia alla data 4 novembre 1918; fascicolo 7, Notizie militari-politiche sulla Cecoslovacchia e sull'Esercito cecoslovacco, con annesse le convenzioni Italo-Cecoslovacche; fascicolo 8, - Copie di documenti riguardanti il campo di prigionieri di guerra in Milovice (1915/18); Pianta del Campo di prigionia di Milovice quale era all'inizio del 1918; Copia di una circolare circa la facoltà di far lavorare i Sottuficiali prigionieri di guerra; Lettera del ministro della Guerra

A.U. concernente passi della Nunziatura Apostolica in ordine ai dispersi; Disposizione

Imperiale afinché il Magg. degli Alpini Cesare Bof fa, Comandante del Battaglione Alpini

Monte Marmolada portasse anche in prigionia l'arma da ianco (baionetta); Disposizioni sanitarie del Ministero della Guerra A.U. busta 174: fascicolo 1, Disertori Cecoslovacchi a seguito nostra propaganda e loro impiego come Esploratori; fascicolo 2, Relazioni Campo di Concentramento Cecoslovacco a Gallarate - Funzionamento servizi; fascicolo 3, Cooperazione dei Cecoslovacchi alla nostra guerra; fascicolo 5, Progetto di costruzione di un Legione Cecoslovacca in Italia (1919); fascicolo 6. - Costituzione della 2^ Divisione Cecoslovacca in Italia (1919) (mancante); fascicolo 7, Corpo Cecoslovacco in Italia (Uniformi); fascicolo 8, Truppe

Cecoslovacche - Battaglia del Piave (settore Montello) - Gen. Corvo; fascicolo 9, La 2^

Divisione Cecoslovacca contro i bolscevichi Ungheresi (1919); fascicolo 10, La Legione italo-cecoslovacca in Slovacchia - Generale Somigliana; fascicolo 11, Costituzione della 2^ Armata Czeco-Slovacca in Italia e rimpatrio Battaglioni Territoriali Cecoslovacchi costituiti in Italia; fascicolo 12, I Cechi e l'Italia nella guerra attuale (I Guerra Mondiale); busta 175: fascicolo 1, "La Nazione Cecoslovacca nella Guerra Mondiale i Volontari cecoslovacchi negli Eserciti dell'Intesa" Fascicolo edito a Roma nel 1918 a cura del Comitato

Italiano per l'Indipendenza Cecoslovacca; fascicolo 2, Incidente e morte del Generale cecoslovacco Štefánik (1919); fascicolo 3, Coi Legionari cecoslovacchi al fronte italiano ed in Slovacchia (1918/19), del Tenente Colonnello Gotti Porcinari (carte e schizzi); fascicolo 4, - Il Corpo cecoslovacco d'Italia - Tenente Colonnello Gotti Porcinari (fascicolo); busta 261 (già 263): fascicolo 7, Lapide commemorativa del Comando Cecoslovacco in

Italia; Canti militari della Legione Cecoslovacca; Associazione ex Schutzen Division.

fondo L-9 studi dell’Uficio storico, busta 7, fascicolo 2, “gli esploratori cecoslovacchi in Italia – Testo e fotograia, compilatore maggiore Hanzal ( dattiloscritto); fondo L-13, documentazione acquisita dal 1968, busta 135, Piccione Luigi(generale di corpo d’armata), (1919-1926): Comprende documentazione e corrispondenza personale relativa alla Missione Militare Italiana in Boemia. Si segnala, fra l’altro, la corrispondenza con il presidente cecoslovacco Beneš. b. Fonti iconografiche: 120 fotograie sulle legioni cecoslovacche in Italia e Slovacchia, di cui un ritratto del generale Štefánik. c. Fonti bibliografiche: G.C. Gotti-Porcinari, con i legionari cecoslovacchi al fronte italiano e in Slovacchia (1918-1919), Roma, Ministero della Guerra-Comando del Corpo di Stato Maggiore-Uficio Storico, 1933; T. Hanzal, Il 39 reggimento esploratori cecoslovacchi in Italia. Uficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Roma, 2013. 5. ALTRE FONTI RELATIVE ALLE LEGIONI CECOSLOVACCHE a. Archivio Sorico del Ministero degli Affari Esteri Documenti sulla Cecoslovacchia (1915 – 1919); Archivio Politico (1915_1918): descrizione generale degli eventi; Comitato politico nazionale cecoslovacco (1917 – 1919);Movimento nazionale cecoslovacco (1917- 1919); Proposte presentate dalla Lega cecoslovacca in Russia riguardo ai corpi volontari (1916); Messaggio del Prof. Masaryk ai reparti cecoslovacchi. b. Archivio Centrale dello Stato Ministero dell’Interno: Pubblica Sicurezza: rapporti annuali ed informazioni sulla Slovacchia; informazioni provenienti da fonti esterne raccolte dai ministri; documenti di guerra; Presidenza del Consiglio dei Ministri: rapporti annuali; documenti sulla prima guerra mondiale: Ministero della Real Casa: Uficio del Primo Aiutante di Campo; Uficio del Prefetto di Palazzo: visite e rapporti uficiali; corrispondenza della Real casa Documenti sulla Slovacchia e sul generale Štefánik raccolti dal Ministro Mattioli Pasqualini (lettere, rapporti, telegrammi reali, comunicati prefettura di Roma, Milano, Sondrio, Ancona, Legnano, Napoli ed altre, riviste varie. c. Ufficio Storico dell’Aeronautica: documentazione sul generale Štefánik e sull’incidente che ne provoca la morte.

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