N egazionismo climatico: il trionfo della finzione? di Fabio Lo Verso
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a quando nel 2015 a Parigi è stato dato il via allo storico ma fragile accordo sul clima, non è si mai visto così tanto denaro confluire in uno scopo, confondere la percezione della realtà climatica. Circa un miliardo di dollari, duecento milioni l'anno, un
esborso gigantesco garantito dalle major del petrolio, Chevron, BP, ExxonMobil, Shell e Tota!. È quanto scaturisce da un'inchiesta del think-
tank inglese lnf[uenceMap che classifica le maggiori aziende inquinanti in base alla loro capacità di orientare le scelte politiche su energia e clima. Così attraverso cospicui finanziamenti a istituti e testate giornalistiche si è stesa una trincea di lobbying con l'obiettivo di far sorgere il dubbio sulle responsabilità umane nel riscaldamento climatico. La faccenda non è nuova. Dagli Stati Uniti, dove sgorga la sorgente, il fiume del nega-
zionismo climatico trabocca ormai in Europa. A Roma, un convegno di negazionisti si è tenuto alla luce del sole nel novembre 2018 alla Sapienza di Roma, cioè l'ateneo più grande d'Europa. «Sostenere che il cambiamen-
to climatico abbia cause naturali e non umane è estremamente pericoloso, perché significa negare la necessità di azioni urgenti per ridurre le emissioni di CO2»: con queste parole ricercatori e professori spiegavano le ragioni per opporsi al raduno negazionista. Nella lettera, menzionata da
Repubblica, si evince in particolare che «le pubblicazioni scientifiche a sostegno dell'origine umana dei cambiamenti climatici sono 99,94°101 a fronte dello 0,06% di pubblicazioni contrarie,. La notizia nel 2019 è dunque che si continui a dare ampio credito alle teorie di impronta antiscientifica. Com'è possibile che il negazionismo
climatico occupi tanto spazio nell'opinione pubblica, mentre è inesistente in campo scientifico? Le tonnellate di denaro a disposizione dei lobbi-