Prevenire l’Alzheimer con l’alimentazione
libro: per distillare la ricerca più aggiornata sulle relazioni esistenti tra dieta ed Alzheimer in una serie di indicazioni semplici che possano essere comprese e messe in pratica da chiunque. Come medico debbo confrontarmi ogni giorno con i danni che la malattia di Alzheimer causa nei pazienti che ne sono affetti e con le paure ed il senso di sconforto che colpiscono i loro familiari. Le persone, in particolare coloro che fanno parte di quell’enorme corte che assiste i pazienti, mi chiedono spesso cosa fare per evitare di cadere esse stesse vittime della malattia. Ho cercato di rispondere a questa domanda nel mio primo libro (The Alzheimer’s Answer: Reduce Your Risk and Keep Your Brain Healthy) che parlava di aspetti correlati alla riduzione del rischio, ma senza scendere nei dettagli in merito all’importante questione della dieta. Medici e ricercatori consigliano da tempo di attenersi a diete particolari allo scopo di prevenire molte patologie quali ad esempio le malattie cardiovascolari, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa, il diabete e il cancro. Dunque perché non fare lo stesso con l’Alzheimer? E così ho deciso di scrivere un libro che spiegasse alla gente in che modo la dieta può diminuire - o viceversa aumentare - i rischi di contrarre la malattia e quali cambiamenti nelle scelte dei cibi possono essere messi in atto per ottenere benefici a lungo termine sia per il nostro cervello sia per il nostro corpo.
Che cosa sappiamo sull’Alzheimer Mentre le neuroscienze continuano ad avanzare, ci rendiamo conto che più cose impariamo a proposito del funzionamento del cervello e più diviene chiaro che ciò che mangiamo può avere un impatto importante nella nostra battaglia contro l’Alzheimer e contro le demenze in generale. E dato che ci sono tuttora degli enormi buchi neri nelle nostre conoscenze in merito, inizierò con il mettere a fuoco ciò che sappiamo per certo. Ad esempio, sappiamo che le diete ricche in grassi saturi e povere di antiossidanti e vitamine sono correlate all’insorgenza della malattia di Alzheimer. Sappiamo che, anche se una persona ha una genetica che la predispone a contrarre l’Alzheimer, è possibile ritardare di molti anni l’insorgenza dei sintomi della malattia. Ciò è possibile grazie all’adozione di misure preventive quali le modifiche delle abitudini dietetiche in quella fase della vita che è compresa tra i trenta e i sessant’anni. Anche un modesto ritardo nell’insorgenza dei sintomi significherebbe un enorme risparmio di risorse per l’intero sistema sanitario nazionale; se soltanto potessimo ritardare di un solo anno l’insorgenza dei nuovi casi di Alzheimer, questo permetterebbe di ridurre del 5% la prevalenza della malattia entro il 2030. Al contrario se non facciamo nulla per fermare questa marea crescente di nuovi casi, nel 2050 da 14 a 16 milioni di americani saranno affetti da Alzheimer. Ciò permette agli esperti in politiche sanitarie di calcolare che - in assenza di modifiche all’attuale trend di diffusione della malattia essa costerà alle casse del paese la mirabolante cifra di 1000 miliardi di dollari.
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