C U LT U R A I N C A N T A (U )T O R I
V E R IT À E T E A T R O V E R IT À O T E A T R O P IE T R O C A T T A N E O , 3 b b
Θεάομαι, osservare. Questo il verbo alla radice di “teatro”, così come, del resto, di “teoria”. Perché questo preambolo da classicista compiaciuto, quale spesso commetto l’errore di essere? Perché spesso si sceglie di contrapporre la verità alla finzione, la sincerità alla recitazione. Il teatro è fatto però anche di gestualità, di una componente in cui la parola non sempre è protagonista. Il teatro è occhio, ed è l’occhio a mediarne il significato: la sensazione è alla base dell’esperienza narrativa. Il teatro è fatto di interpretazione: generalmente si parla di patto narrativo, ossia dell’atteggiamento che ci E t C e t e r a M a jo r a n a
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permette di vedere personaggi che vivono, ridono e soffrono anziché attori che recitano un copione. Si tratta di compiere una scelta, di rivestirsi di un atteggiamento propositivo che ci lasci guardare con occhi giusti e dalla giusta prospettiva. Lo stesso non vale per il modo in cui ci rapportiamo con la nostra realtà? Possiamo davvero parlare di realtà, senza prima puntualizzarla come nostra? Possono sembrare problemi inesistenti, inutili, o quantomeno irrisolvibili - qualcuno direbbe che fa lo stesso. Ci hanno riflettuto fior fior di filosofi e artisti, cosa può dirne uno studente al terzo anno di liceo? Niente, in effetti. M a g g io 2 0 2 2 - N ° 9