tessuto edilizio tra i Macelli di Soziglia e la chiesa della Maddalena. Dopo l’estimo dei terreni da espropriare, effettuato entro il 1550 per il tratto orientale della strada, i lavori iniziano con il decreto del 13 marzo 1551, documentati dai fogli paga delle maestranze; la costruzione della strada si conclude con il decreto dell’8 marzo 1591, che stabilisce come lastricare la superficie stradale. Negli anni 1551, 1558-59 e 1561-62 si svolgono le aste pubbliche delle aree edificabili previste dal modello. Se la prima asta definisce gli strumenti di vendita delle aree, nell’aprile 1551 è venduto il secondo sito del lato inferiore della strada (ora palazzo Doria), e il primo (palazzo Cattaneo); nel giugno seguente il primo sito e il terzo del lato superiore (palazzi Podestà e Lercari). La seconda asta, del febbraio 1558, mette in vendita le cinque aree rimaste previste dal modello, ridotte poi a quattro, eliminato il quinto sito ad est, per ampliare la piazza Fontana Morosa3. Peraltro, solo alcuni palazzi sono costruiti immediatamente, altri in seguito, alcuni ricostruiti o costruiti molto più tardi, a partire da metà Cinquecento sino al Settecento; ciò che è la causa della coesistenza di forme e stili molto diversi, relativi alla evoluzione nelle risoluzioni architettonico-spaziali ed ambientali nei secoli sucessivi.
Genova, dal medioevo al Quattrocento, ante Strada Nuova, sino al Novecento Prima di Strada Nuova urbanisticamente la città è in pratica ancora quella medievale, entro la cinta del 1155-1160, ampliata solo dopo il 1340, a comprendere a ponente il borgo di San Tomaso, e a levante quello di Santo Stefano, e a prevalente struttura ancora agricola, come si può ancora rilevare dalle planimetrie relative4. Infatti, la struttura urbana è rimasta quasi invariata fino all’apertura, a metà Cinquecento, della Strada Nuova, entro le mura subito al di sotto del Castelletto medioevale, salvo isolate ristrutturazioni o ampliamenti di singoli edifici.
3. Planimetria di Genova nel secolo XI (Poleggi, Grossi Bianchi 1976, Tav. I).
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