Palazzo Lercari Parodi

Page 1



Palazzo Lercari Parodi



Patrizia Falzone

Palazzo Lercari Parodi Un palazzo rinascimentale della Strada Nuova


Presidente Maurizio Sella Vice Presidente Massimo Coppa Mario Renzo Deaglio Amministratore Delegato e Direttore Generale Federico Sella Condirettore Generale Renzo Tondella Vice Direttore Generale Paolo Giorsino Giorgio Manca Direttore Commerciale Vincenzo De Marco Vice Direttore Commerciale Massimo Taricco Area Manager Valerio Vagge Direzione Artistica Daniela Magnetti

Servizio fotografico Luigino Visconti (ove non diversamente specificato) Per i testi e i rilievi © Patrizia Falzone (tutti i diritti riservati)

© 2022 Sagep Editori www.sagep.it ISBN 978-88-6373-874-2


Banca Patrimoni Sella & C. e Palazzo Lercari Parodi: il senso di una relazione

Lo psicologo Harald Deinsberger-Deinsweger, esperto di relazione dell’uomo con i luoghi fisici, sostiene che gli spazi determinano il nostro comportamento, per la maggior parte senza la nostra percezione cosciente. Le strutture spaziali promuovono determinati modelli di comportamento e i progetti e le attrezzature ci animano a determinati modi di affrontarli e utilizzarli. L’architettura promuove un attaccamento positivo ed emotivo ai luoghi e rafforza il senso di responsabilità, e in questo senso anche gli ambienti di vita o di lavoro possono diventare strumenti di identificazione per la nostra personalità. Se questi processi si verificano, si sviluppa il nostro senso di responsabilità per i luoghi che abitiamo. Animare una dimora storica è calarsi in un flusso differente e differentemente tarato della percezione dei luoghi, e farlo implica una disposizione d’animo e una volontà di preparazione consistente. Entrare in una dimora storica significa sancire un patto col territorio, con la sua comunità, con la sua cultura, con l’espressione della sua memoria ancestrale, in poche parole con la sua identità. Un patto segnato dal rispetto e dalla volontà di instaurare un rapporto sereno e duraturo con la parte più profonda dell’identità locale, per contribuire al suo benessere. I principi della neuroarchitettura insegnano che il nostro ambiente ‘costruito’ possa influenzare il modo in cui ci sentiamo. I materiali di costruzione e di arredo, la luce e i paesaggi sonori hanno un determinato, specifico effetto emotivo su di noi. A seconda dell’edificio, dunque, sono necessarie evocazioni specifiche per l’uomo: un ufficio dovrebbe supportare creatività, produttività e concentrazione. Entrare in un luogo come palazzo Lercari Parodi, col suo retaggio visibile e presente di storia, tradizione, bellezza e solidità contribuisce a fornire l’esatta rappresentazione delle fondamenta simboliche di Banca Patrimoni Sella & C., della sua tensione e propensione a voler entrare – con cura ed attenzione – in sintonia con la storia della città di Genova e della sua comunità. Gaston Bachelard, filosofo e poeta francese, fornisce un resoconto dettagliato della fenomenologia dello spazio vissuto nel suo libro La poetica dello spazio. La casa, dice, è prima di tutto una sorta di contenitore per i nostri sogni ad occhi aperti. È nella nostra prima casa che si formano per la prima volta le routine individuali di pensiero e memoria, e non possiamo mai veramente recidere le nostre connessioni tra quelle prime esperienze e le nostre azioni successive. Insomma, la casa in cui siamo nati ha inciso in noi la gerarchia delle​varie funzioni dell’abitare, noi siamo il diagramma delle funzioni dell’abitare quella determinata casa. Banca Patrimoni Sella & C. ha scelto di formare la propria identità locale a Genova partendo da Palazzo Lercari Parodi, e per farlo nella maniera corretta si affida ad un percorso di conoscenza e condivisione di conoscenza che prende vita e corpo nelle pagine di questo volume, prodotto della sensibilità e delle competenze della Professoressa Patrizia Falzone, già professore ordinario (DISEGNO) presso il Dipartimento Architettura e Design della Scuola Politecnica, Università di Genova. Il modo perfetto per onorare il principio guida della cultura del valore patrimoniale.


Sommario

Palazzo Lercari Parodi, contesto urbano ambientale La Strada Nuova, storia e significato

9

I progetti e le vicende di costruzione della Strada

10

Genova, dal medioevo al Quattrocento, ante Strada Nuova, sino al Novecento

11

Documentazione Iconografica Storica di Strada Nuova. Planimetrie, Dipinti, Stampe, Vedute

14

Dalla città medioevale alla moderna città rinascimentale prima e dopo l’inserimento della Strada Nuova, nelle Vedute

Lo sviluppo sette ottocentesco sino alla città novecentesca nelle planimetrie

Dipinti stampe vedute e fotografie storiche di Strada Nuova

Il Novecento e il rilievo del Centro Storico di Genova e della Strada Nuova di Luigi Vagnetti

Analisi puntuale dei palazzi e dei loro caratteri

24

Caratteri generali delle singole facciate di via Garibaldi : finiture, apparati architettonico-decorativi-cromatici

26

Immagine attuale di Strada Nuova nelle fotografie

27

Il Palazzo di Franco Lercari Costruzione dell’edificio, committenza, architetto, ampliamenti trasformazioni e restauri

31

L’edificio: consistenza, caratteri architettonici, sistema urbano e caratteri ambientali

34

Decorazioni scultoree esterne e interne

36

Decorazioni pittoriche interne

38

Progetti e rilievi del palazzo. Dal Seicento, all’Ottocento, al Novecento

49

Il Seicento e i rilievi di Pieter Paul Rubens

L’Ottocento e i rilievi del palazzo Lercari di Martin-Pierre Gauthier

L’Ottocento e i rilievi del palazzo Lercari di Robert Reinhardt

Il Novecento e il Rilievo del palazzo Lercari in Strada Nuova di Luigi Vagnetti

Il Rilievo tra fine Novecento e inizi anni Duemila. Architettura, Apparati decorativi e Colore

56


Il rilievo delle facciate. Prospetto principale su via Garibaldi, prospetto retrostante su piazza Portello, fianchi affrescati su via Antonio Brignole Sale e su via del Portello Il prospetto principale su via Garibaldi

57

Immagini fotografiche dello stato attuale

Rilievo e restituzione grafica dell’apparato architettonico, decorativo e cromatico del prospetto principale

La decorazione affrescata dei fronti laterali su via Antonio Brignole Sale e via del Portello

63

Fianco con facciata dipinta su via del Portello

65

Immagini fotografiche dello stato attuale

Rilievo e restituzione grafica dell’architettura e dell’apparato decorativo e cromatico

Fianco con facciata dipinta su via Brignole Sale

71

Immagini fotografiche dello stato attuale

Rilievo e restituzione grafica dell’architettura e dell’apparato decorativo e cromatico

Prospetto su piazza Portello

Evoluzione urbanistica del sito con l’apertura della Galleria Vittorio Emanuele (Zecca-Portello)

Immagini fotografiche dello stato attuale

Il rilievo dell’architettura e dell’apparato decorativo

79

Documentazione fotografica degli elementi più significativi e di riconoscibilità di Palazzo Lercari

84

Archivi e bibliografia

94



Palazzo Lercari Parodi, contesto urbano ambientale La Strada Nuova, storia e significato La grande attenzione per Strada Nuova inizia già all’epoca della costruzione dei primi palazzi, nella seconda metà del Cinquecento, e aumenta sempre più nel Seicento, Settecento e Ottocento, soprattutto da parte di importanti studiosi, storici e architetti stranieri. Questo ha fatto dire a Mario Labò, nel 1956, che «L’interesse di artisti, e di storici dell’architettura, per Strada Nuova è intramontabile, e più vivo, per quanto possa costare riconoscerlo, in forestieri che negli italiani»1. Interesse sviluppatosi sino a diventare prassi, dal XVII secolo, nell’ambito della tradizione del Grand Tour europeo, che fa soprattutto dell’Italia la meta indispensable di formazione per intellettuali, studiosi, letterati, e per l’aristocrazia europea. Strada Nuova è la realizzazione genovese per eccellenza di quella concezione squisitamente rinascimentale di strada costruita ex novo, che realizza uno spazio urbano per uso abitativo perfettamente rettilineo, con una visione prospettica della strada, come teorizzato (e rappresentato nei relativi Trattati), a partire dall’inizio del Quattrocento, da Leon Battista Alberti, da Francesco di Giorgio Martini e, nel Cinquecento, dal Peruzzi, dal Vignola, dallo Scamozzi, e molti altri (figg. 1-2). Ma, questo concetto geometrico-prospettico di strada, dal quarto decennio del Cinquecento incomincia a diventare più complesso quando, alla scelta di questi percorsi rettilinei, dagli stereometrici volumi allineati sui due fronti, si unisce la volontà di espressione di potere, sia politico che economico, della casata proprietaria, attestato dalla grandiosità e ricchezza delle singole fabbriche. Così, alla tradizionale definizione di Strada Nuova come pura espressione del rettifilo rinascimentale, data dagli storici, si aggiunge la caratteristica essenziale di quartiere aristocratico di abitazione (più che di intervento pianificato di risanamento di una preesistente zona di casupole di malaffare), a prevalente valore urbanistico e sociale, quale evidenzia il Labò nel 1956. Infatti, la strada aveva una funzione esclusivamente di “corte” chiusa, non raccordata al sistema viario esistente, ma di solo affaccio per gli edifici di questo quartiere aristocratico, posto ai margini del tessuto urbano, rivolto verso il verde della collina di Montalbano. L’unico accesso era quello dalla importantissima piazza del Fonte Maroso, mentre a ponente si concludeva contro il verde fondale dei giardini pensili dei due palazzi contrapposti, Brignole Durazzo, e Grimaldi, che occupavano a quota più alta l’attuale piazza della Meridiana. Chiara espressione della volontà di isolamento e di distacco dalla vita cittadina, che si svolgeva invece nel sottostante popoloso e compatto tessuto urbano medievale, del quartiere della Maddalena.

1. Strada Nuova. Fuga prospettica del fianco sinistro e del fianco destro, con in primo piano palazzo Lercari, riconoscibile dal robusto bugnato basamentale. A destra, di Baldassarre Peruzzi, Città ideale con monumenti romani (dettagli delle due quinte contrapposte). Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Vagnetti 1967).

9


2. Iacopo Barozzi da Vignola, Città ideale con monumenti fiorentini. Firenze, Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi (Vagnetti 1967). Sotto, Francesco di Giorgio Martini, le due pareti contrapposte di Città ideale. Dettagli. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche (Vagnetti 1967).

I progetti e le vicende di costruzione della Strada Strada Nuova nasce sotto il dogato di Luca Spinola (1551-1552), in un periodo politico in cui ritorna a prevalere la vecchia nobiltà. L’operazione inizia con tre Decreti dei Padri del Comune, tra 1550 e 1551, di cui quello definitivo, dell’11 marzo 1551, precisa i modi di impiego delle prime somme ricavate dalle vendite dei lotti, tra cui in primis il finanziamento dei lavori per ultimare la cupola alessiana della Cattedrale. La Strada nasce quindi dall’intreccio di interessi pubblici e privati, e dalla politica restauratrice dell’amministrazione cittadina che appoggia le potenti famiglie dell’aristocrazia mercantile. Quattro sono le grandi famiglie (Pallavicino, Spinola, Lomellino e Grimaldi) principali protagoniste dell’operazione che, oltre alla ricerca di modernità e distinzione nell’abitare, partecipano a questa importantissima operazione finanziaria/immobiliare del tempo: l’acquisto di aree pregiate per costruire i nuovi palazzi della vecchia nobiltà. Il progetto della Strada è documentato da: 1 - il cosiddetto modello di Strada Nuova, disegno a penna datato 15502, con il tracciamento schematico dei lotti; 2 - il regolamento per la vendita e la fabbricazione delle aree previste; 3 - la relazione finale dell’architetto “capo d’opera” Bernardino Cantone da Cabio, responsabile del progetto, con i collaboratori Giovanni Battista Castello Castello il “Bergamasco”, Domenico e Giovanni Ponzello, e Bernardo Spazio: gli architetti di maggior spicco dell’epoca. Il modello però riguarda solo la prima parte di Strada Nuova, quella orientale, senza riferimenti ad una successiva lottizzazione; ciò che ha posto agli storici la questione se il progetto iniziale fosse esteso a tutta la strada. In esso si individuano nove comparti, di forma rettangolare, compresi fra la piazza triangolare con i tre fornici della Fontana Morosa, ed il giardino di Luca Grimaldi, a ponente; le quattro aree superiori sono limitate in alto dall’andamento delle mura; le cinque inferiori dal 10


tessuto edilizio tra i Macelli di Soziglia e la chiesa della Maddalena. Dopo l’estimo dei terreni da espropriare, effettuato entro il 1550 per il tratto orientale della strada, i lavori iniziano con il decreto del 13 marzo 1551, documentati dai fogli paga delle maestranze; la costruzione della strada si conclude con il decreto dell’8 marzo 1591, che stabilisce come lastricare la superficie stradale. Negli anni 1551, 1558-59 e 1561-62 si svolgono le aste pubbliche delle aree edificabili previste dal modello. Se la prima asta definisce gli strumenti di vendita delle aree, nell’aprile 1551 è venduto il secondo sito del lato inferiore della strada (ora palazzo Doria), e il primo (palazzo Cattaneo); nel giugno seguente il primo sito e il terzo del lato superiore (palazzi Podestà e Lercari). La seconda asta, del febbraio 1558, mette in vendita le cinque aree rimaste previste dal modello, ridotte poi a quattro, eliminato il quinto sito ad est, per ampliare la piazza Fontana Morosa3. Peraltro, solo alcuni palazzi sono costruiti immediatamente, altri in seguito, alcuni ricostruiti o costruiti molto più tardi, a partire da metà Cinquecento sino al Settecento; ciò che è la causa della coesistenza di forme e stili molto diversi, relativi alla evoluzione nelle risoluzioni architettonico-spaziali ed ambientali nei secoli sucessivi.

Genova, dal medioevo al Quattrocento, ante Strada Nuova, sino al Novecento Prima di Strada Nuova urbanisticamente la città è in pratica ancora quella medievale, entro la cinta del 1155-1160, ampliata solo dopo il 1340, a comprendere a ponente il borgo di San Tomaso, e a levante quello di Santo Stefano, e a prevalente struttura ancora agricola, come si può ancora rilevare dalle planimetrie relative4. Infatti, la struttura urbana è rimasta quasi invariata fino all’apertura, a metà Cinquecento, della Strada Nuova, entro le mura subito al di sotto del Castelletto medioevale, salvo isolate ristrutturazioni o ampliamenti di singoli edifici.

3. Planimetria di Genova nel secolo XI (Poleggi, Grossi Bianchi 1976, Tav. I).

11


4. Planimetria di Genova nel secolo XIII (Poleggi, Grossi, Bianchi 1976, Tav. V).

5. Planimetria di Genova nel secolo XV (Poleggi, Grossi Bianchi 1976, Tav. VIII).

12


Genova pre-romana

Genova romana e paleo-cristiana

Genova anno 1000

Genova anno 1200

Genova anno 1400

Genova anno 1656

Genova anno 1840

Genova anno 1890

Genova anno 1937

6. Forma Genuae. Le fasi dello sviluppo urbano genovese (Poggi 1898).

13


Documentazione Iconografica Storica di Strada Nuova. Planimetrie, Dipinti, Stampe, Vedute

7. La struttura urbano-edilizia ante apertura della strada (Poleggi, Grossi Bianchi 1976, p. 263, fig. 245).

8. Modello delle aree di Strada Nuova, disegno a penna datato sesto decennio del Cinquecento. Archivio civico. Magistrato Padri del Comune, anno 1561 e seguenti.

14


9. Rilievo di Strada Nuova fra la piazza del Guastato di Castelletto, a sinistra, e la chiesa di Santa Caterina in alto a destra (particolare della tela a olio «Antica città di Genova nel solo giro delle sue mura vecchie delineata nel 1656 dagli infrascritti architetti - Gio Batta Garrè - Stefano Scaniglia - Pietro Antonio Corrado [...]». (Poleggi 1968, p. 60, fig. 10). Collezione cartografica e topografica, DOCSAI Centro di Documentazione per la Storia, l’Arte e l’Immagine di Genova, n. 1124.

10. Tempi di vendita e di edificazione. Il numero indica l’ordine di vendita dell’area (Poleggi 1968, Tav. 4)

15


Dalla città medioevale alla moderna città rinascimentale prima e dopo l’inserimento della Strada Nuova, nelle Vedute

11. Michael Wolgemut, Genua, 1493, xilografia. Genova medioevale. L’arco portuale con la Palazzata Porticata della Ripa Maris; alle spalle la dorsale collinare; in basso, le Mura di mare, dal molo Vecchio al Molo Nuovo con la Lanterna. Alle spalle della Ripa sono la torre del Comune, la Cattedrale e il Castelletto. 12. Cristoforo Grassi, Veduta di Genova nel 1481. Particolare con San Francesco, il Castelletto e la Torre di Luccoli. (Lucido di Margherita Oberti, Genova, Centro DOCSAI, collezione cartografica e topografica).

13. Cristoforo Grassi, Veduta di Genova nel 1481, 1592, dipinto ad olio, Genova, Galata Museo del Marte. La pianta prospettica della città di fine 1400 mostra la fitta struttura urbana della zona sotto il Castelletto ante apertura di Strada Nuova. In alto a destra dettaglio del Castelletto sotto cui verrà aperta la nuova strada.

16


14. Gerolamo Bordoni (?), Civitas Januae, 1616, olio su tela, Collezione Pallavicino.

15. Gerolamo Bordoni (?), Civitas Januae, 1616, olio su tela, Collezione Pallavicino. Dettaglio della veduta della città che mostra la trasformazione avvenuta con il taglio rettilineo della Strada Nuova ed i monumentali palazzi aristocratici su di essa ordinatamente affacciati con ampi spazi di pertinenza.

17


16. Alessandro Baratta, Veduta a volo d’uccello della città di Genova, 1637.

17. Antica città di Genova nel solo giro delle sue mura vecchie delineata nel 1656 dagli infrascritti architetti - Gio. Batta. Garre, Stefano Scaniglia, Pietro Antonio Corrado, Gio. Batta. Biancho, Antonio Torrglia, Gi. Batta Ghiso’, Gio. Batta. Storasio, Gio. Batta. Toriglia. Planimetria. Genova, Centro DOCSAI, collezione cartografica e topografica, n. 1124 (Poleggi, Grossi, Bianchi 1976, pp. 284-285, fig. 278).

18


Lo sviluppo sette ottocentesco sino alla città novecentesca nelle planimetrie

18. Giacomo Brusco, Antica città di Genova nel solo giro delle sue mura vecchie delineata nel 1656 dagli infrascritti architetti [...] e in questo 1785 copiata dal Capitano Ingegnere Giacomo Brusco, 1785.

19. Carlo Barabino, Carta della città di Genova, 1825. Tessuto storico con la sequenza ormai completata della Strada Nuova, Strada Nuovissima e Strada Balbi.

19


20. Celestino Luigi Foppiani, Pianta topografica di Genova, 1846. Sono evidenti i nuovi rettifili della Strada Balbi, 1606-1615, e della Strada Nuovissima (via Cairoli), 1778, che continuano Strada Nuova.

21. Celestino Luigi Foppiani, Pianta topografica della città di Genova, 1846. Scala 1:5000. Dettaglio con numerazione di palazzi e giardini di Strada Nuova quali individuati da Poleggi nella pianta del 1846 (Poleggi 1968, p. 448, Tav. 12).

20


Dipinti, stampe, vedute e fotografie storiche di Strada Nuova

22. Giostra in piazza Fontane Marose, tela ad olio attribuita al primo quarto del secolo XVII (collezione marchese Orso Serra). Ricostruzione dell’allestimento per il torneo del 1589. 23. A destra, disegno preparatorio per la Giostra, conservato presso il Rijksmuseum Kröller-Müller di Otterlo.

24. Antonio Giolfi (disegno di Torricelli), Veduta di Strada Nuova dal largo delle Fontane Amorose, 1769, collezione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia.

25. Antonio Giolfi, Vue du Palais du Duc D’Oria dans la Rue Neuve (lato nord), Genova, Centro DOCSAI, collezione cartografica e topografica. 26. G. (?) Bonatti, Strada Nuova, litografia, tratta dalla Guida di Federico Alizeri del 1846, con la vista del tratto di ponente della via.

21


27. Veduta della parte iniziale, orientale, della Strada, nella ricostruzione di Cornelius Gurlitt (Geschichte des Barockstiles in Italien, 1887).

28. Fotografie storiche e dei danni di guerra; a destra, in primo piano, palazzo Lercari con, di seguito, il palazzo Spinola. Genova, Centro DOCSAI, collezione cartografica e topografica.

22


Il Novecento e il rilievo del Centro Storico di Genova e della Strada Nuova, di Luigi Vagnetti

29. Strada Nuova nel contesto del centro storico genovese (Vagnetti 1972).

30. Strada Nuova nel contesto ravvicinato (Cajoli, Tavv. XV-XVI in Vagnetti 1972).

31. I due prospetti affrontati, il prospetto a monte con penultimo a destra il palazzo Lercari (Vagnetti 1967).

23


Analisi puntuale dei palazzi e dei loro caratteri L’analisi puntuale dei palazzi, anche nella loro posizione reciproca, oltre alla consistenza e articolazione volumetrica, permette di cogliere la reale configurazione spaziale della strada. Sia la precisa disposizione dei volumi, come possibile solo dal rilievo misurato della strada e della posizione degli edifici, sia la sequenza dei fronti nei loro caratteri architettonici, al di là della sensazione di regolarità e omogeneità derivante dal tipo edilizio, a blocchi, e dalle caratteristiche architettoniche, classicheggianti. Dopo la corrispondenza puntuale tra i primi tre edifici contrapposti, a partire dalla quarta coppia di edifici (palazzo Podestà-palazzo Cattaneo Adorno), la sequenza si interrompe, ma è mantenuta la corrispondenza tra i portali (in questo caso col sinistro di Cattaneo Adorno, che ha due portali). Il ritmo volumetrico si interrompe invece del tutto in corrispondenza del palazzo Doria Tursi, dagli ampi giardini pensili laterali, episodio centrale di grande enfasi della Strada Nuova, che è fronteggiato da ben tre edifici (palazzo Campanella, palazzo delle Torrette, palazzo Rosso), tutti ancora a pianta simmetrica, ma più bassi, salvo palazzo Rosso, l’unico che presenta un volume più elevato, rapportabile a palazzo Tursi. Questo episodio centrale, costituito dai quattro edifici, con soluzioni tutte diverse tra loro, si presenta come un insieme caratterizzato da un proprio asse compositivo, situato in corrispondenza del portale di palazzo Doria Tursi e allineato con il vicolo che passa sotto il palazzo delle Torrette. La sim24

32. La fotografia zenitale di via Garibaldi nel contesto del Centro Storico (Vagnetti 1967) evidenzia la scansione dei grandi volumi dei palazzi, e l’articolazione spaziale tra volumi e spazi liberi. A sinistra, in alto, la piazza Fontane Marose, e il deciso taglio orizzontale su cui affacciano i palazzi.


metria è sottolineata dalla presenza di nove assi di finestre su entrambi i prospetti di questi due edifici che si fronteggiano, e dalla simmetria dei sette assi di finestre che caratterizzano le facciate dei palazzi Campanella e Rosso, situati in corrispondenza dei due giardini laterali del palazzo Tursi. Conclude il percorso la coppia palazzo Bianco-palazzetto Rosso, totalmente sbilanciata, perché all’imponente massa del palazzo Bianco si contrappone quella modesta, sia come volume che come decoro, del secondo, in realtà una dipendenza di palazzo Rosso. Gli ultimi due prospetti, alla estremità sinistra del grafico, a nord palazzo della Meridiana e a sud palazzo Brignole Durazzo, non appartengono più in realtà alla sequenza figurativa della Strada Nuova, ma sono relativi alla successiva apertura della piazza della Meridiana, con l’abbattimento dei giardini dei palazzi che chiudevano la via, per permettere l’apertura della Strada Nuovissima, nel 1778 (via Cairoli), a collegare Strada Nuova con la Strada Balbi, aperta a inizio Seicento.

33. Le due quinte stradali con i singoli palazzi, in pianta e prospetto, nella loro posizione reciproca, consentono già una prima sostanziale presa di conoscenza dei principali caratteri, planovolumetrici, stilistici e compositivi. Per il palazzo Lercari questo sintetico confronto mette già in evidenza l’unicità sia della risoluzione traforata del prospetto e della struttura ad ali laterali sporgenti, sia quella della grande corte quadrata limitrofa alla strada.

25


Caratteri generali delle singole facciate di via Garibaldi: finiture, apparati architettonico-decorativi-cromatici Interessante appare la lettura delle risoluzioni di facciata dei singoli edifici, che riferiscono ai modelli più aggiornati della cultura architettonica dell’epoca e che nelle dimensioni grandiose rispetto al canale viario, anche per la prevalente percezione di sotto in su, confermano l’aspetto autocelebrativo, pur in forme e stili che si differenziano per la lunga vicenda costruttiva della strada. Si può dire che tutte le tipologie di finitura siano presenti: rivestimenti e basamenti in materiali lapidei (prevalentemente Pietra del Finale), ma anche, in minor presenza, pietra di Promontorio, diffusissima a Genova dall’alto Medioevo. Finiture intonacate e tinteggiate a bicromia; finiture a stucco o a “marmorino”, praticamente presenti, almeno negli elementi decorativi di dettaglio, in tutti i palazzi; più raramente facciate dipinte vere e proprie, ad affresco. Per questa tipologia di grande importanza sono quella del palazzo Spinola e quella del palazzo Cattaneo Adorno, su Strada Nuova mentre, sulla piazza del Ferro, è quella, retrostante, del palazzo di Tobia Pallavicino (attuale Camera di Commercio). Facciate dipinte sono invece più presenti sugli stretti vicoli laterali, come nei lunghi fianchi del palazzo Lercari e del palazzo Spinola, evidentemente per dar loro decoro, anche se solo attraverso la luminosità del colore.

Esaminando in particolare le facciate dei palazzi di proprietà comunale (palazzo Tursi, palazzo delle Torrette, palazzo Bianco e palazzo Rosso e Dipendenze), si evince essere tutte intonacate e tinteggiate a bicromia, con un ricco apparato di elementi architettonico-decorativi in stucco, e con inserimento più o meno sostanziale di elementi, soprattutto a rilievo, in “marmorino”, materiale più malleabile e soprattutto mimetico del marmo, per gli elementi scultorei più delicati. Si differenzia solo la facciata di palazzo Doria Tursi, trattata invece con materiali lapidei di grande pregio, dagli articolati effetti cromatici: marmo bianco per la ricca decorazione plastica architettonica e decorativa (lesene, capitelli, cornici alle finestre, mascheroni, balaustre con balaustrini, vasi...); pietra rosa di Finale per le riquadrature e pietra grigia di Promontorio a rivestimento del fondo facciata; ed ancora marmo bianco e pietra rosa di Finale per il plastico basamento di contenimento dei due giardini pensili laterali, come ripreso alla stessa quota dal giardino del palazzo Bianco. Facciate che, come i palazzi, hanno subito vicende e trasformazioni, per i danni di guerra, ma anche compromissioni e interventi incoerenti, oltre al degrado dovuto al passare del tempo ed ai vari agenti, oggi particolarmente aggressivi e inquinanti, cui la pedonalizzazione della via, a inizio anni ottanta del Novecento, ha in parte messo un freno5. 26

34. Strada Nuova e i suoi colori. Materiali a vista, tinteggiature e facciate dipinte nei due fronti contrapposti. Elaborazione grafica cromatica dell’Autore.


Immagine attuale di Strada Nuova nelle fotografie

35. Viste della Strada Nuova dalla Collina di Castelletto, dal nome del Castello medioevale, demolito nel 1848. In primo piano i tetti dei grandi volumi cubici dei palazzi di Strada Nuova. Fotografie dell’Autore.

27


28


36. Dalla pagina precedente: avvicinamento alla strada dalla piazza Fontane Marose. In questa pagina in sequenza, ingresso alla strada con viste in prospettiva centrale dove il palazzo Lercari è in primo piano a destra. Fotografie dell’Autore.

29


37. Sequenza di viste della strada in direzione ponente dove dominano i loggiati e i giardini dei palazzi Doria Tursi e Bianco. Fotografie dell’Autore.

30


Il Palazzo di Franco Lercari Costruzione dell’edificio, committenza, architetto, ampliamenti trasformazioni e restauri 38. Inquadramento dell’edificio nel contesto urbano. CTR - Carta Tecnica Regionale, scala 1:5000. Individuazione dell’edificio nel tessuto storico. Parziale.

39. Inquadramento dell’edificio nel contesto del quartiere della Maddalena. Atlante di Genova. La forma della città in scala 1:2000 nell’ortofotopiano e nella carta numerica, Regione Liguria, Marsilio, Padova, 1995. Sezioni 57 e 41. Riduzioni.

Il grande palazzo isolato, posto in sequenza ravvicinata e allineato con gli altri palazzi sui due fronti della Strada Nuova, è costruito per Franco Lercari, famiglia cui rimane fino al 1822, quando il palazzo perviene agli Imperiale Lercari di Modena, che nel 1845 lo vendono a Bartolomeo Parodi, famiglia cui appartiene tuttora. Nel secondo quarto dell’Ottocento, ancora sotto la proprietà Lercari, il primo piano è utilizzato come sede della Società del Casino, circolo dei nobili, ma, con la vendita ai Parodi torna in toto ad uso privato; in tempi più recenti ospita una università on line, al primo piano, e Banca Patrimoni Sella & C. al secondo. Nel 1942 subisce danni bellici documentati da Carlo Ceschi (Ceschi 1949, p. 170). Nel 1571 Franco Lercari aveva acquistato il terreno tra i palazzi di Agostino Pallavicino, il primo eretto in Strada Nuova (Poleggi 1972, p. 101), che è anche il primo della quinta a monte, in angolo con la piazza del Fonte Maroso, e quello di Angelo Giovanni Spinola, costruito invece verso la fine del secolo. La costruzione inizia subito, nel 1572, e nel 1578 il 31


palazzo doveva essere compiuto se Ottavio Semino firma l’affresco della Gigantomachia nell’antisala (loggia) del secondo piano. Anche la data 1581 posta sotto i busti in marmo di Franco Lercari e della moglie, Antonia De Marini, entrambe opera dello scultore Taddeo Carlone, conferma l’avvenuta costruzione, ed i completamenti decorativi più tardi. Circa l’architetto, la tradizionale secolare attribuzione del palazzo all’Alessi da parte degli studiosi italiani e stranieri (a partire dal Gauthier sino al Suida a inizio Novecento) è ormai superata: sia dal confronto delle date, discordanti, con la presenza dell’Alessi a Genova e con la data della sua morte (Perugia, 1572), sia dalle argomentazioni del Labò (dal 1939), e da quelle più recenti di De Negri (1967). L’attribuzione poggiava sulla analogia di pianta con la villa di Giovan Battista Grimaldi in Bisagno, dell’Alessi, costruita però entro il 1554, anch’essa strutturata ad U, a due ali laterali e grande corte anteriore affacciata sulla via. Così Poleggi (1972, pp. 349-350) pone piuttosto l’attenzione, in mancanza di fonti certe, su quel maestro antelamo, Rocco Orsolino, appartenente ad una famiglia di magistri antelami, costruttori e scultori, scesa a Genova a inizio Cinquecento dalla val d’Intelvi, che aveva eseguito per il Lercari il Modello del cortile per il gioco della pallacorda. Ma, questo disegno di progetto era riferito al terreno posto all’altra estremità, occidentale, della via, e la costruzione era iniziata nel 1565, con il capitolato concordato l’anno seguente con il maestro Orsolino il 1° marzo 1566 (Poleggi 1972, p. 350). Con ciò rimane così aperta l’indagine sull’architetto del palazzo, comprendente anche quella sull’attività dello stesso Orsolino. Riguardo alle trasformazioni del palazzo, a inizio Novecento, con l’apertura della Galleria Vittorio Emanuele (Zecca-Portello) lo spazio retrostante, occupato dal giardino pensile posto al livello del primo piano è spianato, e nel 1929-30 l’edificio viene prolungato sul

32

40. Vista centrale della fascia bassa della strada e del palazzo, posto sul lato destro, con basamento in robusta pietra di Finale, come nella facciata del contrapposto palazzo di Tobia Pallavicino. A destra, veduta in direzione levante. Fotografie dell’Autore. 41. Vedute in direzione levante (Fotografia M. Aicardi) e a destra in direzione ponente.


42. Dettaglio della facciata, con il portale e soprastante grande loggia centrale, oggi chiusa da vetrate. Accanto, scorcio delle facciate interne: la controfacciata, su cui affaccia la loggia centrale, in parte chiusa, dove sono aperte finestre, e parziale delle ali laterali. Sullo sfondo, si compone la parte alta del palazzo di Tobia Pallavicino, contrapposto.

43. Dettagli del porticato e delle eleganti porte rinascimentali con busti classici sovrapporta.

33


retro con l’ala a nord, i cui caratteri architettonici e stilistici riprendono quelli del corpo anteriore, pur senza la stessa eleganza ed armonia compositiva. Inoltre, a seguito dei danni dell’ultima guerra, è stata effettuata una ritinteggiatura del fronte principale, su via Garibaldi e delle facciate sulla corte. Va ricordato che il palazzo è inserito dall’UNESCO, il 13 luglio del 2006, nella lista dei 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, divenuti in tale data Patrimonio dell’Umanità.

L’edificio: consistenza, caratteri architettonici, sistema urbano e caratteri ambientali Il palazzo, inserito nella Strada Nuova, episodio urbano-ambientale di rilevanza primaria, di intatto impianto rinascimentale (unico a Genova), è il secondo della cortina a monte, a partire dalla piazza Fontane Marose, al fianco del primo palazzo, quello di Agostino Pallavicino, poi Banco di Napoli, da cui lo divide lo stretto vicolo – via del Portello –, mentre sull’altro fianco è il palazzo di Angelo Giovanni Spinola, diviso dall’altro vicolo, via Antonio Brignole Sale. Entrambi i fianchi del palazzo avevano superfici totalmente lisce, ma trattati con una decorazione dipinta a vivace policromia, utile a dare comunque decoro, vivacità e luminosità a questi vicoli così ristretti; una decorazione oggi quasi scomparsa, leggibile a fatica. Il prospetto principale invece è trattato a elementi architettonici plastici, e la composizione utilizza la sequenza classica dell’ordine architettonico a scalare, dorico, ionico e corinzio. Di fronte, sull’altro lato della strada, è il palazzo Carrega Cataldi, già di Tobia Pallavicino, con cui ha in comune il rivestimento del piano terreno in pietra di Finale, a plastico sporgente bugnato, costituente robusto basamento alla facciata, ed omogeneità di immagine. L’edificio ha buona visibilità dalla via Garibaldi, trovandosi nella parte iniziale, visibilità invece molto scarsa sui vicoli laterali, e ottima sul retro, dalla piazza Portello, sul nuovo corpo novecentesco; lo stesso dicasi per le condizioni di illuminazione, che sono buone, medie, e decisamente scarse sui vicoli laterali, come per la maggior parte dei palazzi. Riguardo alla sua conformazione, confrontando attentamente l’impostazione volumetrica dei palazzi della Strada Nuova, questo edificio rivela una concezione particolare che lo differenzia da tutti gli altri. Infatti, mentre per gli altri palazzi è stata adottata una tipologia plano/volumetrica compatta, pressoché rettangolare, a volume parallelepipedo traforato da un cortile centrale, il palazzo Lercari, unico, presenta una pianta ad U (conformazione più usualmente adottata per le ville rinascimentali del Cinquecento), con corte anteriore affacciata sulla strada. La pianta ad U, simmetrica, è conclusa anteriormente dalla facciata che rilega le due ali laterali protese verso la Strada Nuova, a racchiudere una vera e propria corte di ingresso, mentre il corpo principale è posto sul retro, contro la collina; i fianchi si sviluppano invece sui due stretti vicoli laterali, come in tutti gli altri palazzi. Questa particolare disposizione permetteva alla facciata a monte del primo piano nobile l’accesso diretto ad un giardino pensile, purtroppo poi spianato con l’apertura della piazza Portello a inizio Novecento, su cui è costruito il nuovo corpo, addossato a quello esistente, con affaccio sulla piazza Portello. La risoluzione di un ampio cortile contiguo alla strada aveva avuto molti precedenti, soprattutto nelle ville, a

34

44. Heinrich Schickhardt, Prospetto d’ingresso del palazzo di Franco Lercari, 1599-1600. A destra, Modello del cortile per il gioco della palla del maestro antelamo Rocco Orsolino per Franco Lercari, all’estremità occidentale di Strada Nuova, 1° marzo 1566. (Poleggi, p. 350, e note 4, 6, 7).


Genova, a Roma, ma anche Milano. A Genova nella precedente villa Grimaldi Sauli in Bisagno dell’Alessi, del 1554, dove, l’edificio inserito nel verde, per l’ampiezza degli spazi, si configurava in un vero e proprio cortile d’onore. A Roma nella villa Farnesina Chigi, del Peruzzi, inserita anch’essa in ampi spazi a verde, lungo il Tevere. A Milano nel palazzo Marino, sempre dell’Alessi, seppure costruito in un contesto urbano. Invece in Strada Nuova, per la mancanza di spazi, stante la dimensione dei lotti, questa risoluzione, che arretra la costruzione contro il monte, risulta del tutto nuova, anche se in questo tratto finale della strada il dislivello con la collina retrostante era meno forte. Questa particolare strutturazione planimetrica del palazzo Lercari è documentata nei secoli, a partire da inizio Seicento, dai disegni di rilievo del Rubens, del Gauthier e del Reinhardt, che mostrano tutti il retro del piano terreno totalmente cieco, e la loggia del primo piano nobile alla stessa quota del giardino posteriore. Il documento più antico dell’edificio è però un rilievo parziale, il Prospetto d’ingresso del palazzo di Franco Lercari, schizzo pseudo assonometrico dello Schickhardt, del 15991600 (fig. 43), che, rispetto al Rubens, coglie maggiormente gli elementi distintivi, come l’interessante risoluzione, unica in tutta la strada, dell’apertura di logge rivolte sia sulla via che sulla grande corte interna. Al primo piano nobile, oltre al loggiato, egli sottolinea la classicissima risoluzione del motivo a serliana, alle due estremità, e al secondo piano con terrazzo nelle loggette angolari, mentre a terreno disegna il caratteristico portale con i due telamoni, non riportati invece dal Rubens. Per questa discrasia, sia per Labò che per De Negri, i disegni del Rubens non sono un rilievo della situazione esistente a inizio Seicento, ma (come già osservato per altri palazzi di Strada Nuova), progetti originari da lui acquisiti, forse poi parzialmente mutati nel corso dell’esecuzione. Peraltro, alla ricognizione più puntuale del palazzo, scaturisce anche come esso, seppure costruito tra il 1572 e il 1578, conservi forme e modalità abitative in parte ancora arcaiche, prerinascimentali, come rilevato da più studiosi6. Sia per la soluzione del portico di ingresso situato in fondo al cortile, ma da esso separato, sia per lo scalone disposto in profondità, oltre il portico, appoggiato al prospetto posteriore: situazione unica tra i palazzi di Strada Nuova. Inoltre, soltanto questa scala presenta ancora la tipologia, tipicamente genovese, prealessiana, dell’arco rampante impostato sulla colonna di partenza della scala, arco che segue la linea ascensionale della stessa. La sala assume, con la sua ampiezza, particolare monumentalità, per il suo ripetersi uguale tra piano terreno e primo piano nobile, e tra primo e secondo piano nobile, e un movimento ascensionale continuo che, per la sua posizione, nell’estremo angolo sinistro della pianta, non ha alcun rapporto prospettico con il portico di ingresso e il grande cortile. Una particolare conformazione planimetrica, distributiva e morfologica, che contraddistingue dunque questo palazzo dagli altri, in riferimento ad una scelta di vita dei committenti, per alcuni aspetti diversa da quella che si svolgeva negli altri edifici della via. «Infatti, seppure ognuno degli altri palazzi ha sue proprie caratteristiche, essi tuttavia nella loro concezione distributiva mostrano tratti comuni ricorrenti, cui è estraneo il palazzo Lercari. [...] mentre nei palazzi di norma i saloni di rappresentanza affacciano sulla Via con un conseguente legame diretto tra la vita che si svolge all’interno, e l’ambiente esterno, in questo palazzo al contrario i saloni, che sono sovrapposti, essendoci due piani nobili, sono in posizione arretrata rispetto alla Via. Sistemazione con cui si è frapposto uno spazio (il cortile) ed un traforato diaframma (il loggiato in facciata) tra l’ambiente interno e quello della Via: riflesso del desiderio di chi vi abitava di avvolgere la propria dimora nell’intimità. [...] In sostanza questo palazzo, che originariamente era dotato di un giardino retrostante, situato al livello del primo piano nobile, rappresenta l’intenzione di costruire una villa in pieno centro città: coniugando le esigenze sociali e di affari con le altre illustri famiglie, senza rinunciare al raccoglimento della vita in villa» (Montano 1967)7. Al piano terreno, alla grande corte porticata sui quattro lati, quello anteriore corrispondente alla facciata costituente diaframma con la strada, seguono in profondità l’atrio di ingresso e in fondo a sinistra lo scalone; le strette ali laterali ospitano invece vani di servizio. I due piani superiori sono entrambi piani nobili, per la presenza in ciascuno di un salone, rivolto a monte, di cui quello al primo piano era aperto verso il giardino tramite la loggia posteriore di arrivo dello scalone, caratterizzata dalla presenza dei busti dei due 35


proprietari, quasi a voler accogliere i visitatori. A questo primo piano, su strada, si dispiegava e si dispiega tuttora la lunga loggia a cinque arcate a pieno centro, che collegava le due ali laterali chiudendo la facciata. Al secondo piano nobile la disposizione è identica, salvo la presenza di una sola loggetta per angolo a chiudere in testata le due ali laterali, unite da un terrazzo, rivolte sì verso la strada ma in realtà separate dal corpo abitativo centrale vero e proprio dalle anteposte camere delle due ali laterali. Questa particolarissima risoluzione, di grande originalità ed eleganza, di ampio loggiato centrale, con sopra due loggette laterali, è oggi poco apprezzabile per le pesanti trasformazioni subite dalla facciata, nei suoi peculiari caratteri. Caratteri che si apprezzano ancora, invece, nelle ore serali, con l’illuminazione interna, che pone in risalto proprio questa spazialità e il traforato volume.

45. Nelle ore serali viene esaltata, tramite l’illuminazione, la spazialità e l’effetto di diretta corrispondenza dello spazio esterno/interno. Al centro e a destra fotografie dell’Autore.

Decorazioni scultoree esterne e interne Sul prospetto principale, l’importante portale marmoreo di Taddeo Carlone, quasi un’architettura nell’architettura, costituisce il fulcro decorativo della facciata, per la presenza dei due robusti telamoni sovrapposti a lesene doriche. Con il torso scarno fortemente plastico e le teste ricurve appaiono sostenere la trabeazione del portale con lo stemma della famiglia.

36

46. Dettagli del portale scultoreo di Taddeo Carlone e scorci della grande corte. A sinistra fotografia dell’Autore, anno 2021.


Ma, se non ci sono documenti specifici circa l’architetto dell’edificio dalla originale concezione di facciata, al 1580 è documentato il nome di Taddeo Carlone anche come autore dei busti di Franco Lercari e della moglie Antonia De Marini, sotto cui è la data 1581, certo quella della posa in opera. Busti ancora nella posizione originaria, nelle due nicchie ai lati della porta di ingresso della loggia del primo piano (Alizeri 1875, p. 203), quasi a ricordarne la qualità di fondatori del palazzo. Queste opere rivelano l’influenza del Montorsoli, anche se Taddeo Carlone è un tipico esponente delle maestranze di origine lombarda ancora legate al gusto ornamen47. Loggia di arrivo dello scalone al primo piano nobile. L’ingresso al salone mostra, ai lati della porta, in nicchia, i busti dei proprietari.

48. Dettaglio dei busti di Franco Lercari e Antonia De Marini.

37


tale e decorativo, ma che hanno risentito dell’influsso dell’Alessi e del Montorsoli, operanti a Genova in quegli anni. A lui è attribuita la facciata del duomo di Savona e, circa la sua qualità di architetto De Negri (1967, p. 138), ritiene che anche in palazzo Lercari il suo intervento non fosse limitato ai soli particolari decorativi. Infatti, contemporaneamente ai lavori per il Lercari, Carlone era impegnato alle dipendenze di Giovanni Ponzello nelle logge di levante del palazzo del principe Doria a Fassolo; frequentazione stretta con un architetto alessiano che poteva essere fonte di soluzioni innovative anche nelle concezioni planimetriche di questo palazzo.

Decorazioni pittoriche interne

Di grandissimo rilievo anche la decorazione pittorica interna, dove compaiono, quali autori dei cicli affrescati, i più importanti pittori genovesi dell’epoca; in primis Luca Cambiaso (che aveva già lavorato per il Lercari in altre costruzioni), con un importantissimo ciclo pittorico, e poi i fratelli Calvi, Lazzaro e Pantaleo, e Ottavio e Andrea Semino. Decorazione pittorica che non era passata inosservata al Reinhardt nel suo volume del 18868, che la documenta nella fotografia della loggia di arrivo al primo piano nobile. A partire dallo scalone, nelle volte a crociera delle due rampe che portano al primo piano nobile, a Lazzaro Calvi e aiuti si devono le classiche decorazioni “a grottesche”, tipiche del Rinascimento, cui si aggiungono, nei sottarchi, testine in stucco a bassorilievo, anche queste assai diffuse all’epoca. Nella loggia del primo piano nobile, dove, ai lati della porta del salone, in nicchia, sono collocati su alti piedestalli i busti dei proprietari, Franco Lercari e Antonia De Marini, è il ciclo pittorico dei fratelli Calvi, Lazzaro e Pantaleo, tradizionali collaboratori del Cambiaso. Ad essi si deve, nella loggia talora detta antisala, il grande riquadro rettangolare, al centro del soffitto, con la Sfida tra Orazi e Curiazi, mentre nei pennacchi, in grandi ovali con cornici a finto stucco, sono dipinte figure di Guerrieri all’antica. Nelle vele sono figure femminili allegoria delle Virtù, altro tema diffusissimo dell’epoca. Nelle due lunette contrapposte (di aiuti del Semino?) sono Orazio Coclite sul ponte Sublicio e Curzio Rufo si getta nella voragine. In una sala ad est, sempre Lazzaro e Pantaleo Calvi dipingono il riquadro centrale, con 38

49. Lo scalone con volta dipinta a grottesche che conduce alla loggia del primo piano nobile, di Lazzaro Calvi e aiuti.


50. Lazzaro e Pantaleo Calvi e aiuti. La decorazione affrescata della volta della loggia al primo piano nobile, con al centro il grande riquadro rettangolare con la Sfida tra Orazi e Curiazi.

51. Lazzaro e Pantaleo Calvi e aiuti. Dettaglio del grande riquadro centrale con la Sfida tra Orazi e Curiazi.

39


52. Arrivo dello scalone, con di fronte lo sfondato architettonico con paesaggio, in prospettiva.

40


Mercurio e Diana che presentano Augusto a Giove in trono. Ancora in una sala del primo piano Lazzaro Calvi, con aiuti, dipinge, al centro della volta a padiglione, nel grande medaglione ovale, Assuero che tocca Ester con lo scettro e, ancora in un’altra sala sempre Lazzaro e Pantaleo Calvi, con aiuti, dipingono nel grande riquadro centrale della volta a padiglione Dio mette alla prova Abramo ordinandogli il sacrificio di Iasacco. Luca Cambiaso dipinge la volta a padiglione di una sala (sala ad ovest) al primo piano, con nel riquadro centrale Apollo e Diana che saettano i figli di Niobe; nei quattro riquadri

53. Nelle due lunette affrescate sopra i timpani con i busti sono i dipinti che rappresentano Curzio Rufo si getta nella voragine e Orazio Coclite sul ponte Sublicio.

54. Luca Cambiaso, Manto che esorta le donne di Tebe a sacrificare all’altare di Latona.

41


55. Volta di arrivo dello scalone al secondo piano nobile. Il grande affresco centrale rappresentante la Gigantomachia di Ottavio Semino, 1578.

56. In basso e nella pagina seguente, di Luca Cambiaso, affresco della volta (parte centrale) del salone del secondo piano nobile, sul tema dell’imperatore di Trebisonda che ordina a Megollo Lercari la costruzione del Fondaco dei genovesi. Assieme.

42


minori sono altre scene con altri episodi della storia di Niobe, tra cui Manto che sorta le donne di Tebe a sacrificare all’altare di Latona. Al secondo piano nobile, sempre Luca Cambiaso, nel grande riquadro rettangolare, al centro della volta a padiglione, unica parte cinquecentesca conservata, dipinge la famosissima opera Costruzione di un fondaco per i genovesi, ordinata dall’imperatore di Trebisonda, a soddisfazione di un’offesa compiuta da un cortigiano nei confronti di Megollo Lercari. Interessantissima rappresentazione dell’alacre e realistica attività del cantiere, peraltro riferita spesso anche alla costruzione del palazzo stesso. Tutto intorno, in grandi nicchie ovali, sono dodici antenati illustri della famiglia Lercari seduti o in piedi, ai cui piedi sono le iscrizioni di riferimento, oggi accompagnati da stucchi più tardi, del secolo XVIII (Parma, 1999).

57. Luca Cambiaso, affresco della volta (parte centrale) del salone del secondo piano nobile, sul tema dell’imperatore di Trebisonda che ordina a Megollo Lercari la costruzione del Fondaco dei genovesi. 58. Luca Cambiaso, dettaglio dei personaggi in nicchia attorno all’affresco centrale del salone al secondo piano nobile.

43


59. In alto, volta di sala con Storie di Davide, di Andrea Semino; in basso, dettaglio del riquadro centrale con il Trionfo di Davide.

44


60. Andrea Semino, Storie di Davide. Nei quattro riquadri laterali scene dalle Storie di Davide.

45


Ottavio Semino, nella volta della loggia al secondo piano nobile, nel riquadro spiccatamente rettangolare, dipinge la Gigantomachia, potente opera sul tema classico di Giove che lotta con i Titani, firmata e datata 1578, unica parte cinquecentesca rimanente della volta. Sempre al Semino si dovevano le Storie di Alessandro che vince Dario e le Storie di Roma, esistenti al primo piano e non più visibili già al tempo dell’Alizeri. Sempre al secondo piano nobile, nelle sale ad ovest, nel primo salotto a ponente Andrea Semino dipinge, nel 1575, nella volta a padiglione, Storie di Davide (Parma data, 46

61. Lazzaro e/o Pantaleo Calvi, volta a padiglione con unghie e lunette dipinta con riquadro centrale con Giuseppe spiega il sogno del Faraone. Nelle nicchie dipinte contrapposte del lato breve, sono da un lato la figura di Davide e dall’altra la figura di Mosè.


62. Dettagli delle figure dipinte in finte nicchie.

47


63. Volta di arrivo al primo piano nobile. La parete dipinta a sfondato architettonico-prospettico di carattere paesistico, apparato decorativo degli interni assai diffuso nell’epoca, è documentata, a destra, nella fotografia tratta dal volume del 1887 di Robert Reinhardt. La prospettiva ad affresco di Lazzaro e/o Pantaleo Calvi sfonda la parete con un finto vano voltato a botte e finta pavimentazione geometrica, aperto su un ampio profondo paesaggio.

pp. 139, 141; Poleggi 1972, p. 352; Soprani 1674, p. 61), con nel riquadro centrale il Trionfo di Davide. Nella sala detta del Moltiplico Lercaro, Lazzaro e/o Pantaleo Calvi dipingono il riquadro centrale della volta a padiglione lunettata con Giuseppe spiega il sogno del Faraone. Nei pennacchi sono Personaggi biblici, individuati da scritte. Particolarmente interessante, diffusissimo all’epoca in molti palazzi della stessa Strada Nuova (e nell’adiacente palazzo Spinola), e ville, è il tema della parete dipinta a sfondato architettonico-prospettico di carattere paesistico. In questo caso il paesaggio prospettico è utilizzato per sfondare lo spazio nella loggia di arrivo dello scalone al primo piano dove, nella parete attigua, ai lati della porta di ingresso del salone, su alti piedestalli, sono i due busti dei fondatori del palazzo.

48


Progetti e rilievi del palazzo. Dal Seicento, all’Ottocento, al Novecento Il palazzo, come gli altri della Strada, è stato oggetto dell’attenzione di molti studiosi già da fine Cinquecento-inizi Seicento, e la serie dei rilievi che ne sono derivati costituisce una importantissima documentazione per il loro studio, dalla nascita alle successive trasformazioni. Rilievi che mostrano nei secoli come anche il modo di vedere e rappresentare l’architettura sia cambiato: dapprima più sintetico, poi sempre più attento ai dettagli architettonici, ma anche al contesto ambientale. Invariato però è l’interesse prevalente per le parti più rappresentative, mentre manca il rilievo dei fronti retrostanti, e soprattutto dei fianchi, perché sempre assai semplici e modesti, anche per la ristrettezza dei vicoli che separano i palazzi. Eppure i fianchi spesso presentano elementi di grandissimo interesse, come in questo caso le due facciate dipinte, su via Brignole Sale e su via del Portello. Ma, a questo proposito, va anche osservata, già nel Seicento, l’attenzione del Rubens per le facciate principali con finitura dipinta, comunque significative, tanto che per questi prospetti la grafia di rappresentazione di ciò che è solo dipinto è analoga a quella usata per le facciate a finitura plastica, a rilievo.

Il Seicento e i rilievi del palazzo Lercari di Pietro Paolo Rubens A pochi anni dalla costruzione della Strada, il Rubens è presente a Genova prima nel 1604, per la sua attività di pittore, e poi nel 1607, al seguito del duca di Mantova, a San Pier d’Arena, per le cure di mare, entrambi ospiti nella villa del nobile genovese Battino Grimaldi. Qui ha ancora occasione di apprezzare ville e palazzi della nobiltà genovese che aveva già avuto modo di vedere, specialmente quelli di Strada Nuova, e le ville, con i loro giardini di gusto rinascimentale, nel rapporto diretto costruito/ambiente. Così, impressionato dalla loro modernità, funzionalità e bellezza, esegue tutta una serie di rilievi (piante, prospetti e sezioni delle fabbriche), molto probabilmente con collaboratori, in primis rivolti alla Strada Nuova, ma anche ad altri edifici e chiese, al fine di proporli ai suoi concittadini, i ricchi mercanti di Anversa e dei Paesi Bassi, quale modello per il nuovo palazzo della ricca classe mercantile, sia dal punto di vista della comodità che da quello della rappresentatività. Infatti, nella introduzione del libro, pubblicato per la prima volta ad Anversa, nel 1622 o 1626 (?) Rubens dichiara: «di fare un’opera meritoria verso il ben publico di tutte le Provincie Oltramontane». Dalle incisioni dei suoi disegni nasce il Volume I Palazzi di Genova (nella prima edizione con soli sei edifici). Nella edizione successiva, del 1626 I palazzi Moderni di Genova, ma probabilmente uscita nel 1640, sono inseriti altri cinque palazzi. La riedizione, postuma, del 1652, Palazzi antichi di Genova raccolti e disegnati da Pietro Paolo Rubens esce in due parti, dal titolo Palazzi Antichi e Palazzi Moderni. La prima parte comprende 72 tavole per 10 palazzi, distinti dalle lettere dalla A alla K, dove il Palazzo K è indicato come Lercari. La seconda parte, Palazzi Moderni, 67 tavole (in totale 139), relative a 19 palazzi e 4 chiese.

64. Pieter Paul Rubens, Pianta del piano terreno, Figura 61; del primo piano (nobile), Figura 62, e del secondo piano (nobile), Figura 63 (I palazzi Moderni di Genova, 1652).

49


64. Pieter Paul Rubens, Prospetto principale, Figura 64, e sezione trasversale, Figura 65 (I palazzi Moderni di Genova, 1652).

Dalle planimetrie di Rubens il palazzo Lercari mostra il volume cubico con grande corte assiale tutta porticata a piano terreno, affacciata su strada, che si ripete al primo piano nobile, con ai lati una serie di vani e loggia centrale, frontale. Al di là del cortile, sullo spazio privato della corte, si apre la grande sala, cui si accede dalla loggia retrostante di arrivo dello scalone. Il secondo piano ripete questo schema, ma con presenza di due slanciate loggette angolari anteriori, unite da una terrazza. Particolarmente significativo di questa spazialità è il prospetto, che evidenzia il traforo del volume con le due loggette che svettano accentuatamente in alto, il sottostante loggiato centrale del piano nobile, di grande eleganza, cui a piano terreno si contrappo50


ne la robustezza del trattamento a bugnato, dove si alternano fasce verticali a grosse bugne rettangolari e snelle lesene doriche, ricoperte da piccole bugne a punta di diamante, che incorniciano tutte le bucature e concludono la facciata agli spigoli, risvoltando anche sui fianchi. Nella sezione trasversale è sottolineata questa sequenza di traforo del volume, campata del portico, e, all’estremità destra, allineate in verticale, loggia centrale e loggette laterali.

L’Ottocento e i rilievi del palazzo Lercari di Martin-Pierre Gauthier Nella prima metà dell’Ottocento Martin-Pierre Gauthier9, pubblica Les plus beaux edifices de la ville de Gênes et de ses environs (1818-32), raccolta di ancora più accurati rilievi, che consente peraltro di confrontare l’esistenza e persistenza del fenomeno delle facciate dipinte (in tutti i palazzi rappresentati) dopo due secoli, e le trasformazioni avvenute. La grafia ottocentesca, più raffinata e a segno più sottile, restituisce una maggiore ricchezza di informazioni, e introduce dettagli decorativi, sia di interni che di esterni. Soprattutto, e questo è una novità nel rappresentare/comunicare l’architettura, per gli edifici (palazzi e soprattutto ville) più monumentali, immersi in grandi e articolati spazi verdi, sono elaborate sezioni e vedute prospettiche di grande respiro, per documentare anche i pregevolissimi valori paesistici e ambientali. Il Gauthier ricalca la rappresentazione del Rubens, ma con maggior precisione e attenzione agli spazi aperti che traforano il volume – grande cortile, logge – e allo scalone, con il disegno dei materiali che li identificano. Più dettagliato risulta anche il rilievo della facciata, nella rappresentazione del loggiato centrale e delle loggette, ed anche della facciata del corpo retrostante, ma dando maggior forza al fronte anteriore, che evidenzia la forma ad “U” della facciata. Infine, disegna il bellissimo portale marmoreo, opera di Taddeo Carlone, con i due robusti e plastici telamoni. Dice il Gauthier nella sua Explications des planches: «Le palais Lercari est remarquable par un plan sagement conçu, par l’originalité de sa façade sur la rue, dont l’effet est enchanteur, et par les arabesques qui decorent la voût de l’escalier. Cet edifice est l’un des ouvrages qui font le plus d’honneur au talent de Galeazzo Alessi qui en fut l’architecte; les decorations sont de Taddeo Carlone».

65. Martin-Pierre Gauthier, pianta del piano terreno e del primo piano, Pl. 72.

51


L’attribuzione di quest’opera a Galeazzo Alessi, per le nuove volumetrie/spazialità, e soprattutto per la presenza della grande corte affacciata sulla via, nasce dalla prassi di molti studiosi, per secoli, di attribuire gli edifici genovesi più importanti a questo grande architetto, che lavorò moltissimo a Genova, ivi chiamato dai Sauli a prima metà Cinquecento. Anche qui la sezione taglia la loggia e le loggette, i saloni, il primo con la volta affrescata, e le due rampe dello scalone, con le decorazioni delle volte, di cui riporta uno studio di dettaglio della tipologia decorativa a grottesche. Circa la forma ad U della facciata, viene spontaneo il riferimento in Strada Nuova alla più tarda facciata del palazzo delle Torrette, fatto costruire dal principe Doria Tursi nel 1716, come reca la data ivi impressa, con alte torrette laterali sporgenti (da cui il nome), che in quel caso avevano soprattutto la funzione di alzare l’edificio senza oscurare la vista ai saloni del contrapposto palazzo principesco, dello stesso proprietario. Ma ancor più forte appare il riferimento alla facciata su via Cairoli di palazzo Doria Lamba, già Balbi, costruito su preesistenze e poi ampliato, inserito nei Rolli dal 1588 al 1664, e alla facciata del palazzo Spinola di Pellicceria, nella piazza omonima, anch’esso a due ali laterali sporgenti, e rialzate. 52

66. Martin-Pierre Gauthier, Prospettiva del cortile, Pl. 75 e, a destra, Prospetto principale e Sezione longitudinale, Pl. 73; a destra dettaglio dei dipinti a grottesche della volta, Pl. 74.


L’Ottocento e i rilievi del palazzo Lercari di Robert Reinhardt Nella seconda metà dell’Ottocento Robert Reinhardt10, realizza lo studio, corredato da numerosissimi rilievi, sui palazzi del Rinascimento: Palast-Architekur von Ober Italien und Toskana, von XV-XVII Jahrhundert Genua, pubblicato a Berlino nel 1886, dove compaiono numerosi rilievi dei palazzi genovesi, estremamente dettagliati, con le stesse caratteristiche, se non ancora più precisate, del Gauthier, grande attenzione agli elementi decorativi di pregio (portali scolpiti, dettagli...) come all’ambiente. Infatti, nella sezione longitudinale, vi è un riferimento chiaro, seppur breve, alla componente vegetale del giardino del primo piano nobile. In questa raccolta appare per la prima volta un elemento nuovo, importantissimo: il colore. Sia in alcune fotografie di affreschi genovesi degli interni (soprattutto affreschi delle volte della villa del principe Doria a Fassolo), sia nell’interessantissimo rilievo di un dettaglio di facciata dipinta, a vivaci colori: la Ricostruzione parziale della decorazione della facciata del palazzo di Paolo Doria (in San Matteo), di Leopold Theyer (1851-1937, Tavv. 93-94), che testimonia l’interesse, ormai sedimentato, per il tema del colore in architettura. È interessante raffrontare i prospetti nel rilievo dei tre autori, anche con il primo, lo schizzo dello Schickhardt, poiché da essi scaturisce come nel tempo aumenti la comprensione e quindi la restituzione dell’architettura, che enfatizza i valori spaziali del palazzo, espressi soprattutto nel fronte, caratterizzato dal traforo delle logge sia al primo che al secondo piano nobile, che configurano la forma ad U della facciata. Così il Reinhardt tratta ora il prospetto anche a chiaroscuro, e con forti ombre, sia proprie che portate, per sottolineare pieni e vuoti; soprattutto nella veduta prospettica aumenta la visione in profondità dei loggiati enfatizzando, nelle loggette del secondo piano, il vuoto, chiuso anteriormente dal fronte a serliana: sistema formato da triplice campata, quella centrale ad arco, e quelle laterali, più basse, trabeate.

67. Analogie con il prospetto del palazzo Lercari sono documentate dal prospetto del palazzo Doria Lamba già Balbi su via Cairoli, Pl. 21 e dal prospetto del palazzo spinola di Pellicceria come si vede dal rilievo recente.

Il Novecento e il Rilievo del palazzo Lercari in Strada Nuova di Luigi Vagnetti La comprensione della unicità complessiva di interi episodi del tessuto edilizio storico genovese è affrontata per la prima volta da Luigi Vagnetti nel rilievo e studio storico-critico sia della strada che dei singoli palazzi, in Genova, Strada Nuova, 196711, coordinando studi e rilievi dei docenti della Facoltà di Architettura, sia dell’area della Rappresentazione, che della Storia e dello studio storico critico dell’architettura. Nello specifico, per il Palazzo di Franco Lercari hanno contribuito, per il Profilo storico critico, E. De Negri, (pp. 137-138), e per Rilievo, P. Montano (pp. 139-146).

53


68. Sopra: pianta del piano terreno, e accanto, prospetto principale, caratterizzato dalle profonde ombreggiature che sottolineano pieni e vuoti. Sotto: sezione longitudinale, con, a destra, inizio del giardino del primo piano nobile. Accanto, disegno assonometrico della facciata che evidenzia la particolarissima risoluzione volumetrico-spaziale. Tafel 54, 55, 56, 58.

54


69. Dall’alto: pianta del piano terreno e del primo piano nobile e prospettiva di sotto in su della corte; sotto, prospetto su Strada Nuova e dettaglio del portale monumentale; sotto ancora sezione longitudinale e accanto spaccato assonometrico sull’asse di simmetria passante per l’ingresso. Rilievo del palazzo Lercari in Strada Nuova (Vagnetti, 1967).

55


Il Rilievo tra fine Novecento e inizi anni Duemila. Architettura, Apparati decorativi e Colore Questo più recente e aggiornato rilievo, organizzato da chi scrive nelle fasi di struttura conoscitiva dei diversi aspetti, e seguito personalmente, secondo criteri di sempre maggiore approfondimento, si colloca nella volontà complessiva di effettuare un rilievo sempre più onnicomprensivo e diversificato nella raccolta dei dati, per una migliore e più profonda conoscenza della fabbrica. Dunque, esteso a tutte le parti componenti, e a tutti gli aspetti, anche quelli meno evidenti e/o di dettaglio, in quanto tutti parte della fabbrica, che necessita esplicitare, proprio ai fini di una conoscenza sempre più esaustiva ed obiettiva. In particolare, l’attenzione ad ogni minimo elemento o segno di presenza di trasformazioni, oltre a tutte le forme di degrado esistenti, è fondamentale, nel caso di interventi di conservazione, restauro, valorizzazione, ed ancor più di adeguamento abitativo, perché i progetti di tutti questi interventi, delicatissimi, debbono essere prima verificati sullo stato di fatto e i caratteri della fabbrica. Così il rilievo si è accentrato subito anche sui fianchi, oltre che sul prospetto retrostante, più recente, tutte superfici di cui mancava la documentazione: murature e relative superfici, fondamentali per rappresentare l’architettura e chiudere il volume nel suo aspetto esterno. Infatti, come le scelte architettonico/compositive delle superfici esterne sono in stretta relazione con il progetto complessivo, lo stesso è per la scelta degli apparati decorativi – tipo, densità, materiali e colori – scelta altrettanto fondamentale ai fini della percezione-fruizione della fabbrica anche dall’esterno. Mi corre l’obbligo premettere che, in quanto docente di Rilievo dell’Architettura per tutta la mia carriera universitaria, la finalità di questo tipo di rilievo, oltre che di conoscenza del nostro patrimonio culturale, è stata anche quella di preparare e far sperimentare ai futuri architetti la sua messa in atto, in quanto indispensabile a tutte le più diversificate esigenze professionali. In moltissimi casi, particolare attenzione è stata rivolta all’aspetto del colore e delle facciate dipinte, che diventa elemento inscindibile anche a livello urbano, oltre che nella percezione dell’edificio e dei suoi fronti. Infatti, le facciate dipinte costituiscono un aspetto distintivo di Genova e dei suoi edifici storici, con una vastità e portata, a partire dal Quattrocento, quale si trova in poche altre città, come rilevato in molti scritti di viaggiatori e studiosi famosi nei secoli passati (Boccardo 1982, p. 76-77). I rilievi, qui solo parzialmente presentati, sono stati effettuati come Esercitazione fondamentale annuale del corso di Disegno e Rilievo “D” nell’ a.a. 1993-1994, a guida del docente, Prof. Arch. P. Falzone, dagli studenti M. Mussari, G. Raccanello, F. Redegoso, D. Sansebastiano, P. Venuto, e come Esercitazione fondamentale del Corso di Rilievo dell’Architettura nell’ a.a. 2007-2008, a guida del docente, Prof. Arch. P. Falzone, e degli assistenti, PhD Arch. M. Caraffini, Prof. PhD G. Pellegri, PhD Arch. F. Salvetti, dagli studenti L. Arrighi, M. Asara, M. Bersano, D. Caleia, G. Freccero, E. Senna. In particolare, i rilievi delle facciate, prospetto principale, prospetto retrostante su piazza Portello, fianchi affrescati su via Antonio Brignole Sale e su via del Portello, sono stati rivisti e messi a punto nelle grafie e nei dettagli di restituzione dell’architettura, a CAD, dall’architetto Carlo Garuti, PhD. Inoltre, la restituzione grafica, cromatica, ad acquerello, del prospetto principale è stata realizzata ex novo dall’Autore.

56


Il rilievo delle facciate.

Prospetto principale su via Garibaldi, prospetto retrostante su piazza Portello, fianchi affrescati su via Antonio Brignole Sale e su via del Portello Il prospetto principale su via Garibaldi Immagini fotografiche dello stato attuale Il prospetto principale, a logge e terrazzi, caratterizzato da questi spazi aperti che ne traforavano il volume – oltre al grande cortile – con una prevalenza dei vuoti sui pieni, si differenziava già dall’esterno rispetto alla sequenza dei compatti volumi degli altri palazzi. Differenza che per De Negri (1967, p. 137) era «riferita forse a quella ricerca di varietà nell’unità che si riscontrano nelle prospettive di strade disegnate da Francesco di Giorgio Martini, o nelle scenografie dello Scamozzi» (vedasi fig. 1 in questo volume); dimostrazione dell’aggiornamento culturale degli architetti che operano a Genova. Compositivamente, il prospetto è incardinato su un deciso asse di simmetria, cui si relazionano i pieni e i vuoti; esso è ritmato da cinque assi finestra, tutti coassiali, ed è

70. Percezione del primo piano nobile: la grande loggia centrale è chiusa da pareti vetrate a struttura lignea nelle tre arcate centrali (quella centrale, sporgente come il balcone) e murate quelle laterali, dove sono state inserite finestrature. Così l’originario aereo progetto è oggi ancora in parte percepibile solo in determinate condizioni di luce. In alto a destra angolo con il fianco su via del Portello; in basso a sinistra vista dell’angolo su via Antonio Brignole Sale. In basso fotografie dell’Autore.

57


71. La fascia alta con il dettaglio della loggia del primo piano nobile come si presenta oggi; sopra, al secondo piano nobile svettano le due loggette ovest ed est.

72. Dettaglio dell’ingresso con il pregevole portale marmoreo del Carlone. Riprende il motivo dei telamoni il palazzo Brignole, Durazzo, sito in piazza della Meridiana che mostra all’ingresso i due telamoni, opera più tarda di Filippo Parodi (1671). Palazzo che originariamente chiudeva Strada Nuova. A destra fotografia dell’Autore.

58


73. Vedute della Strada Nuova dalla terrazza del piano nobile di palazzo Lercari, in alto verso ponente, in basso verso levante e la piazza Fontane Marose, che mostrano la caratteristica di riservatezza di questo palazzo che rientra rispetto agli altri della Strada, ciò che dal basso non si può percepire. Fotografie dell’Autore.

59


74. Vista dal palazzo della Camera di Commercio, già palazzo di Tobia Pallavicino, dello spigolo di levante del palazzo nel contesto della parte finale della Strada che confluisce nella piazza Fontane Marose. Fotografia dell’Autore.

75. Il fronte arretrato del corpo principale e parte dei fronti delle ali laterali visto in quota dal palazzo di fronte. Fotografia dell’Autore.

60


76. In alto a sinistra vista prospettica perfettamente centrale del primo e del secondo piano nobile. Sotto a questa il dettaglio angolare dell’ala di ponente che mostra l’ampiezza e la prondità della terrazza. Fotografia dell’Autore. Sotto ancora i dettagli delle due loggette a serliana del secondo piano nobile successivamente murate, dove sono poi state aperte nuove finestrature. Sopra a destra, il prospetto del corpo principale sulla corte da cui parte lo scalone e sotto il prospetto di controfacciata, sulla corte, dove la loggia, come sull’esterno, è stata chiusa da una triplice finestratura lignea.

61


costituito da tre alti piani: un piano terreno, due piani nobili e un piano ammezzato sottotetto. Sottolinea questa simmetria l’inserimento assiale, al primo piano nobile, di una loggia a cinque arcate, e al secondo piano nobile, ai due estremi, di una loggetta angolare. I cinque assi di bucature, assai distanziate tra loro, si rapportano alla loggia a cinque arcate del primo piano con le tre finestre centrali che corrispondono all’ampiezza della loggia, e le altre due finestre assiali ai due archi delle loggette. La facciata, di gusto squisitamente classico, utilizza i tre ordini architettonici ma, a partire dal primo ordine, al piano terreno, presenta un elemento poco usuale per la tradizione genovese: un ordine dorico rustico, particolarmente robusto, ritmato da paraste, che diventa quasi un altissimo zoccolo a sostegno di tutto il prospetto, e muro di recinzione che separa lo spazio interno dalla strada12. Lo zoccolo costituisce un elemento fortemente chiaroscurale per la presenza delle lesene bugnate a punta di diamante, con capitello dorico, che affiancano tutti i finestroni, e per le grandi bugne a cuscino che ricoprono gli spazi tra le lesene, sino a quelle più ampie poste ai fianchi del pregevole portale marmoreo, con i due robusti e severi telamoni di Taddeo Carlone. Al piano terreno le lesene si raddoppiano in corrispondenza dell’angolo, risvoltando sui fianchi, a costituire quasi pilastrata di irrobustimento delle due ali della facciata, che si innalzano per due piani, di uguale altezza, dando vita ad un doppio piano nobile, con presenza di colonne ioniche al primo piano, e corinzie al secondo. Al primo piano, il loggiato a cinque arcate, sorretto da colonne di ordine ionico assiali alle lesene bugnate sottostanti, collega i due corpi di fabbrica laterali, in corrispondenza dei quali, al centro, per ognuno, sono grandi finestre con timpani triangolari sorretti da colonne sempre di ordine ionico, sulla parete piena conclusa agli angoli dalle paraste ioniche. Il secondo piano nobile è caratterizzato da colonne corinzie binate, corrispondenti a quelle sottostanti, utilizzate nelle due eleganti classiche logge a serliana, originariamente aperte, non rappresentate dal Rubens perché dovute forse a una scelta successiva di una moda diffusasi in quegli anni; logge purtroppo chiuse da tamponature murarie nei primi decenni dell’Ottocento. Qui il collegamento con i due corpi laterali era costituito da un semplice terrazzo scoperto comprendente anche le logge, creando un effetto di ulteriore alleggerimento spaziale nell’edificio, insieme compatto ed aereo; invece, il corpo centrale, retrostante, è scandito da tre alte finestre, poste in asse con la prima, terza e quinta arcata della loggia inferiore, secondo una scansione staticamente simmetrica; sopra ancora è il piano ammezzato sottotetto del corpo centrale arretrato. Un alto tetto a padiglione, e coperture a falde delle due loggette concludono il volume. Complessivamente un prospetto sobrio ma elegante, equilibrato in tutte le sue parti, come appare ancora oggi nonostante le modifiche apportate, che offuscano non poco il godimento della originaria particolarissima armonia. Soprattutto la chiusura della loggia del primo piano con una vetrata a struttura lignea molto impattante, dove le due arcate, prima ed ultima, sono state addirittura murate, ma forse ancora di più la chiusura delle loggette superiori con una muratura perimetrale in cui sono state aperte finestre. Al primo piano nobile sono tre robusti balconi in marmo, a sporgere; quello centrale arricchito ai lati da due balconi a filo muro, sempre in marmo, e gli altri due in corrispondenza dell’asse delle loggette del secondo piano nobile; quello centrale, più sporgente, situato sopra il portale con i telamoni, che appaiono quasi sorreggerlo.

Rilievo e restituzione grafica dell’apparato architettonico, decorativo e cromatico del prospetto principale La rappresentazione del fronte, assai precisa, in bianco e nero, restituisce tutti i caratteri dimensionali, proporzionali, compositivi, decorativi e costruttivi, ma non rende al completo le caratteristiche materiche, cromatiche e decorative dell’edificio e del suo fronte. La restituzione di tali componenti cromatiche (fig. 78) avvicina invece alla percezione reale, con al piano terreno le tonalità chiare – oggi scurite e consumate dal tempo – della pietra di Finale, l’apparato architettonico-decorativo dell’intera facciata in marmo bianco, e la tinteggiatura ocra-giallino chiaro/terra d’ombra chiaro del piano di fondo del primo, secondo piano e dell’ammezzato. Il colore azzurro-grigio delle vetrate restituisce poi l’effetto di trasparenza di tali superfici così come appare alla percezione. 62


77. Il rilievo in bianco e nero del prospetto principale sulla Strada Nuova.

La decorazione affrescata dei fronti laterali su via Antonio Brignole Sale e via del Portello Il palazzo, con il suo importante apparato decorativo, era già stato mio oggetto di studio in occasione del contributo con la redazione, nel 1979, di Schede “A”, tra cui quella di Palazzo Lercari Parodi, per la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria e l’Istituto Centrale del Catalogo e Documentazione (ICCD), per la Catalogazione degli edifici con facciate dipinte del Centro Storico di Genova – anche ai fini del Convegno Internazionale di Genova, FACCIATE DIPINTE. Conservazione e restauro, del 1982. Già allora avevo rilevato che alla decorazione pittorica dei prospetti laterali del palazzo non facevano cenno né il Grosso, né il Ratti, mentre il Poleggi (Strada Nuova 1968, nota 26, p. 358) riferisce, seppure sinteticamente, che: «I prospetti laterali conservano ancora buone tracce di una più arcaica decorazione ad affresco, a motivi architettonici alternati a grandi nicchie con figure». Nella scheda del 1978, con le fotografie e decifrandoli a fatica, ne avevo già evidenziato più ampiamente i caratteri13. Le due facciate laterali sono caratterizzate da un ricco apparato architettonico dipinto, che si ripete in entrambe, consistente in una struttura architettonica principale, costituita da lesene 63


scanalate, ioniche al primo piano e corinzie al secondo (la facciata su via del Portello conserva però la decorazione dipinta solo al primo piano), salvo la diversa risoluzione di quanto rappresentato tra le lesene: nella facciata su via del Portello nicchie con figure, nell’altra su via Antonio Brignole Sale elementi geometrici – triangoli e rombi – e busti su piedestalli. Non si conoscono gli autori di queste decorazioni affrescate ma certo si tratta di maestranze aggiornate in questa tecnica e sui tipi decorativi di quanto si produceva a Genova a metà Cinquecento. Riguardo alla datazione si può ipotizzare contemporanea alla costruzione, o di poco successiva, in quanto l’apparato architettonico dipinto riprende quello plastico, della facciata su via Garibaldi. La lettura ancora più puntuale e ravvicinata delle due facciate, le ricognizioni visive, le fotografie, dal 1978 sino a quelle attuali, e i rilievi recenti, fanno leggere più in dettaglio le caratteristiche – tipologia decorativa ed elementi – ma anche lo stato di conservazione, purtroppo assai immiserito e svilito, non solo dalla consunzione delle superfici pittoriche, e dal degrado dell’intonaco di supporto, ma anche dallo stato generale di degrado delle murature, e da quello derivante dagli impianti incongrui a vista, dall’apposizione di tende, insegne e quanto legato all’uso commerciale, soprattutto al piano terreno, senza tener conto della importanza e delicatezza di queste superfici. 64

78. Restituzione grafica delle componenti cromatiche del prospetto su via Garibaldi. Elaborazione ad acquerello dell’Autore.


Fianco con facciata dipinta su via del Portello

79. Facciata su via del Portello. Dettagli terra-tetto. Stato attuale del fianco. Fotografie dell’Autore, anno 2018 e anno 2021.

L’apparato decorativo dipinto della facciata, ad importante apparato architettonico entro cui si susseguono nicchie contenenti grandi figure è tuttora conservato nella sua corrispondenza con l’organismo architettonico: ovvero con le bucature e la scansione dei piani. Ma, lo stato di conservazione della decorazione dipinta è ormai al limite della leggibilità, per pochi brani, e talora trattasi solo di macchie indistinte di colore. Questo fronte ha una facciata totalmente liscia, e in orizzontale presenta la stessa scansione dei piani del fronte principale: piano terreno, con sopra il primo piano nobile, e ancora sopra il secondo piano nobile, quest’ultimo quasi cieco, con due soli finestroni laterali verso piazza Portello. Oltre il basso ammezzato sottotetto, il tetto si rialza nella parte posteriore, quella più importante, dove sono i saloni. Il piano terreno presenta nella parte bassa una serie di porte – nove – corrispondenti agli antichi vani di servizio delle ali laterali, oggi trasformati in negozi aperti su strada, sopra cui sono poche irregolari finestre – quattro – poste in asse con le porte sottostanti, e due piccole finestrelle. Solo un robusto cornicione marcapiano a rilievo, che conclude il piano terreno, scandisce la liscia facciata; su di esso poggia l’apparato dipinto a carattere architettonico, leggibile e conservato solo in parte, al primo piano nobile. Esso consiste in una regolare scansione di lesene scanalate di ordine ionico che reggono una ricca fascia/trabeazione modanata (proseguimento dell ’ordine di facciata del primo piano), entro cui si susseguono le finte nicchie centinate con figure. Di figure se ne conservano oggi solo due, in color finto bronzo dorato, e altre appena adombrate da grandi macchie di colori ormai informi. Sopra le nicchie con cornice modanata la trabeazione è in realtà una fascia continua, anch’essa modanata, sottomessa alle lesene lungo tutta la facciata, a concludere la sequenza delle nicchie, sopra cui si eleva un ulteriore motivo decorativo, un basso pannello rettangolare con cornice a orecchie angolari contrappuntate da una borchia; invece, sopra le poche finestre dalla fascia si alza un motivo dipinto ad arco. L’apparato dipinto era a colori vivaci, con figure a monocromo color bronzo e partitura architettonica di colore chiaro, finto marmo, fondi ed elementi decorativi secondari a colori vivaci che si intravedono appena, con fondi facciata di colore rosso vivo (come le bugne triangolari e le piccole borchie) e sopra riquadrature di fondo di colore grigio.

65


Immagini fotografiche dello stato attuale

79. Sequenza delle parti basse della facciata su via del Portello.

80. Dettagli della sequenza di tracce conservate della decorazione dipinta. Fografie dell’Autore. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

66


81. Facciata su via del Portello, dettaglio dell’affresco di figura in nicchia ancora conservato. Fotografie dell’Autore, anno 2018 e anno 2021. 82. Dettagli della figura in nicchia affrescata ancora conservata. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

67


83. Facciata su via del Portello, dettagli di figure e partitura architettonica appena leggibili. Fotografie dell’Autore, anno 2018 e anno 2021.

84. Porzione terminale della parte di facciata, quella aggiunta, verso piazza Portello. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

68


Rilievo e restituzione grafica dell’architettura e dell’apparato decorativo e cromatico

85. Restituzione in bianco e nero del rilievo di architettura e decorazione dipinta su via del Portello. La partitura dipinta del primo piano nobile mostra la ricorrenza costante di lesene scanalate che reggono un’alta trabeazione modanata, entro cui si susseguono nicchie ad arco con figure, di cui oggi se ne conservano solo due, in color finto bronzo dorato. Ricostruzione, da quanto oggi conservato.

86. Dettaglio in bianco e nero della fascia decorativa conservata del piano nobile, con la scansione continua delle lesene e delle figure in nicchia.

69


87. Rilievo del colore della fascia decorativa conservata del primo piano nobile, con la scansione continua delle lesene e delle figure in nicchia. Assieme e dettaglio. 88. Dettaglio in bianco e nero e a colori della fascia decorativa verticale ai due piani nobili (lesene scanalate di ordine ionico e di ordine corinzio) conservate.

70


Fianco con facciata dipinta su via Brignole Sale Anche questa facciata prosegue la stessa scansione dei piani del fronte principale: un piano terreno, con sopra primo e secondo piano nobile, e sopra ancora il basso ammezzato sottotetto. Identica la tipologia di apparato decorativo dipinto, di tipo architettonico, ma, a differenza dell’altro fianco, presenta tra le lesene, sul fondo facciata, una scansione regolare di elementi geometrici quali rombi, quadrati ed elementi rettangolari in composizione ricorrente ai due piani nobili. Identica la tipologia di finitura, intonacata e affrescata che, seppure fortemente consunta appare essere quella originaria; anche qui sono ignote le maestranze cui si devono gli affreschi. Circa la datazione delle decorazioni, queste si possono ipotizzare contemporanee alla costruzione, o di poco successive, in quanto riprendono l’apparato architettonico plastico della facciata su via Garibaldi, e seguono i contemporanei modelli decorativi di metà Cinquecento. Allo stato attuale la facciata si presenta in stato di forte consunzione e degrado, sia la muratura che l’intonaco di supporto della pellicola dipinta, ma il rapporto tra apparato decorativo dipinto e organismo architettonico è ancora abbastanza conservato nella sua corrispondenza con gli spazi tra le bucature e la scansione dei piani. Ormai quasi illeggibile, la decorazione dipinta consiste in brani sparsi, visibili se non in determinate condizioni di luce e di visuale, praticamente quasi per nulla dal basso, ma solamente in quota, dal palazzo di fronte. Come il fianco su via del Portello anche questo fianco presenta una facciata totalmente liscia, scandita in orizzontale solo da un robusto cornicione marcapiano, a rilievo, che conclude il piano terreno, e poi da un altro, entrambi però parziali, ma in prosecuzione dei due cornicioni della facciata principale. L’interruzione dei due cornicioni, maggiore quella inferiore, è dovuta alla presenza della coppia di grandi finestroni, ai due livelli intermedi della facciata, che si aprono nella parete, una coppia per piano, per dare luce al monumentale scalone posto nella parte retrostante del palazzo, a sinistra, aperto su questo fianco. Sopra i finestroni, al secondo piano nobile, sono tre finestre più piccole, equidistanti tra loro, le prime due assiali con i finestroni. Compositivamente questa 89. Dettagli delle coppie di finestroni dello scalone ai due piani nobili, e delle finestre soprastanti. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

71


90. Parte terminale della Facciata, verso Piazza Portello. Fotografie dell’Autore, 2021.

91. La partitura architettonica ancora leggibile a fatica. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

92. Parte terminale della facciata verso via Garibaldi. Fotografie dell’Autore, 2021.

72


porzione verticale di facciata, all’estremità verso Portello è quella che la caratterizza, sia per la presenza dei grandi finestroni ad arco, sia per l’ordine gigante di lesene dipinte che si viene a costituire dai due ordini in prosecuzione: lesene di ordine ionico e sopra di ordine corinzio, che li affiancano. Subito dopo c’è una parte di parete più modesta e meno ordinata di finestre, più piccole e tutte diverse, per forma e proporzioni, però assiali tra loro. Più avanti, a metà del prospetto, è un’altra presenza più significativa, ai due piani nobili, costituita da un finestrone per piano, sullo stesso asse verticale, entrambi inseriti nella serie di lesene scanalate, uguali alle precedenti, di ordine ionico al primo piano e corinzio al secondo, sistema che poggia anch’esso sulla cornice marcapiano che conclude il piano terreno. Dopo i finestroni si aprono nella facciata, sino all’angolo con via Garibaldi, solo due piccole finestre coassiali e piccolissimi finestrini, più che altro prese d’aria, per cui tutta questa parete, ai due piani, sino alla via Garibaldi, è molto decorata, e il fondo facciata è diviso orizzontalmente sia dal cornicione che divide i due piani, sia in ogni piano da una fascia dipinta che separa due diversi motivi decorativi, nella parte sopra e in quella sotto, ma eguali e con stessa disposizione in entrambi i piani. Le lesene in successione verticale sono ancora di ordine ionico al primo piano nobile e di ordine corinzio al secondo. In quest’ultima porzione di facciata esse suddividono lo spazio in cinque campate decorate, per ogni piano. Immagini fotografiche dello stato attuale L’apparato dipinto architettonico, quello principale e portante che scandisce tutta la facciata, soprattutto dalle fotografie più vecchie o recenti appare di color chiaro, finto marmo. I motivi dietro alle lesene ed alle fasce orizzontali fittamente decorate consistono in quadrati, incorniciati di bianco marmo, entro cui sono rombi, con ampie fasce ancora in finto marmo, e nel cuore rombi più piccoli di colore rosso caldo. Tutte queste riquadrature chiare in finto marmo sono decorate con fregi a motivi fitti come merletti. Anche qui è ripetuto il motivo decorativo di cornice con orecchie angolari attorno a rettangoli verticali che stanno sopra in ognuno dei due piani; rettangoli con cornice entro cui si distinguono a malapena al primo piano busti su basamenti, e quasi nulla al secondo piano. Riguardo ai colori, ciò che oggi è ancora un po’ apprezzabile sono gli elementi geometrici di colore rosso scuro, che costituiscono i rombi interni circondati da altri più grandi in color finto marmo, tutti modanati. Anche qui sono fondi di colore grigio e riquadrature ed elementi decorativi secondari a colori vivaci, che ormai si intravedono appena, di colore rosso più chiaro e aranciato.

93. Parte terminale della facciata verso Portello, e dettagli delle zone intermedie e dei finestroni del secondo piano nobile. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

73


74


Nella pagina a fronte 94. Parte terminale della facciata verso via Garibaldi. Riconoscibile l’apparato architettonico dipinto, le cornici con borchie e i pannelli dipinti nelle fotografie di assieme e di dettaglio. In basso dettaglio di una singola campata e dei singoli motivi decorativi geometrici. Ancora ben leggibile il disegno dell’architettura dipinta estesa a tutta la facciata, nonostante la craquelure avanzata della pellicola di colore e dell’intonaco stesso. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

In questa pagina 95. Nella parte terminale della facciata verso via Garibaldi sono i dettagli ravvicinati dei motivi decorativi geometrici e delle lesene. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

75


96. L’ordine architettonico dipinto e le campate, con le valenze cromatiche di fondo, ancora leggibili. Fotografie dell’Autore, anno 2021. Sotto dettaglio di una singola campata dell’apparato architettonico dipinto e dei motivi decorativi. Da notare la craquelure avanzata e la fessurazione dell’intonaco. Fotografie dell’Autore, anno 2021.

76


97. Viste prospettiche della parte bassa della facciata su Via Brignole Sale, verso piazza Portello, che sottolinea la soluzione d’angolo che risvolta sul vicolo. Fotografie dell’Autore.

98. Dettagli dei bugnati: caratteri e stato di conservazione. Fotografie dell’Autore

77


Rilievo e restituzione grafica dell’architettura e dell’apparato decorativo e cromatico

99. Palazzo Lercari. Fianco con facciata dipinta su via Antonio Brignole Sale. Rilievo in bianco e nero e, da quanto conservato, ricostruzione dell’apparato dipinto a carattere architettonico e geometrico-decorativo, a doppio ordine di lesene scanalate, ioniche e corinzie, ai lati delle bucature principali, ed apparato decorativo geometrico di fondo, in parte conservato nella metà prospetto verso via Garibaldi.

100. Palazzo Lercari. Rilievo e restituzione grafica del fianco con facciata dipinta su via Antonio Brignole Sale. Dettaglio della partitura dipinta allo stato attuale.

78


Prospetto su piazza Portello 101. Fotografia storica della fase di sbancamento della collina dove erano i giardini dei palazzi, per l’apertura della Galleria Vittorio Emanuele (Zecca-Portello). Genova, Centro DOCSAI, collezione cartografica e topografica.

Evoluzione urbanistica del sito con l’apertura della Galleria Vittorio Emanuele (Zecca-Portello) A seguito delle importanti trasformazioni di inizio Novecento, con l’apertura della Galleria Vittorio Emanuele (Zecca-Portello), lo spazio retrostante occupato dal giardino pensile posto al livello del primo piano è spianato, e nel 1929-3014, l’edificio viene prolungato sul retro, con un corpo proteso a nord, la cui la cui facciata ricalca la forma, il gioco dei pieni e vuoti (loggiato), la presenza di due ali laterali fortemente sporgenti, e il numero dei piani del prospetto principale. Immagini fotografiche dello stato attuale Anche questo prospetto si caratterizza per il deciso asse di simmetria, ed è costituito da un alto piano terreno, rivestito da bugne orizzontali, più semplici e piatte di quelle del prospetto su via Garibaldi, da un alto piano nobile ed ancora da un alto secondo piano nobile; infine, da un ultimo piano, più che ammezzato un piano vero e proprio, con bucature abbastanza grandi. Questo prospetto riprende i caratteri architettonici e stilistici di quello anteriore, sulla Strada Nuova; soprattutto il motivo della loggia centrale, al primo piano nobile, la cui copertura diventa terrazza al secondo piano nobile, e quello delle ali laterali, sporgenti; inoltre, dal punto di vista stilistico, l’utilizzo dell’ordine architettonico scalare. Ma, a causa delle ali laterali, assai grandi, il risultato è più rigido per le modificate proporzioni tra la zona centrale, loggiata, e le ali laterali, più impattanti, e l’insieme risulta più pesante e tozzo, anche per la successione più ravvicinata delle bucature. Ai tre assi centrali del loggiato e delle finestrature superiori, nelle ali laterali corrispondono due assi di grandi finestre, con cornici plastiche e timpani triangolari al primo piano e curvi al secondo, mentre al terzo piano sono semplici cornici orecchiate ai quattro angoli. Tutte le bucature hanno balconi in marmo a filo muro che, insieme alle cornici marcapiano, costituiscono scansione orizzontale del fronte. Al terzo piano, sopra i finestroni, finestre assiali a quelle sottostanti denunciano la presenza del piano ammezzato vero e proprio.

79


102. Il fronte retrostante nel contesto di piazza Portello. A sinistra palazzo Cambiaso, arretrato, a destra, più avanzata e imponente, la parte prolungata di palazzo Spinola.

103. Vista prospettica della facciata che evidenzia la struttura ad ali laterali e loggiato centrale con terrazza soprastante.

80


104. Vista prospettica ravvicinata della facciata che evidenzia la struttura ad ali laterali e loggiato centrale con terrazza soprastante. Fotografia dell’Autore.

105. Vista, dalla terrazza del secondo piano nobile, verso Portello, della piazza del Portello e della collina di Castelletto, oggi fortemente urbanizzata. Fotografia dell’Autore.

81


Il rilievo dell’architettura e dell’apparato decorativo

106. Rilievo e restituzione grafica del prospetto su piazza Portello.

82


Note 1 M. Labò, “Strada Nuova” (più che una strada, un quartiere), in Scritti di storia dell’Arte in onore di Lionello Venturi, I, Roma 1956. 2 Disegno a penna su cartone datato sesto decennio del Cinquecento, reso noto da Mario Labò (E. Poleggi, Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento, Genova 1972, p. 58, fig. 9). 3 Per preparare il tracciato della strada, demolire case, sistemare i terrapieni e le strade nel circuito di Castelletto. E. Poleggi, Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento, Genova 1968, pp. 31-33. 4 E. Poleggi, L. Grossi Bianchi, Una città portuale del Medioevo, Genova nei secoli X – XVI, Genova 1976. 5 P. Falzone, Genova: Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli. Approccio e metodologie nel progetto del colore come elemento di riqualificazione urbana e ambientale, in T.K. Kirova (a cura di), La formazione e le professionalità per la Conservazione, Valorizzazione e Gestione dei Siti Unesco in Italia, Torino 2007, pp. 70-79. 6 Poleggi 1972, p. 354; E. De Negri, Palazzo Lercari Parodi, Profilo storico critico, in L. Vagnetti, Genova, Strada Nuova, Genova 1967, p. 138. 7 P. Montano, Palazzo Lercari, Rilievi e appunti critici, in L. Vagnetti, Genova, Strada Nuova, Genova 1967, pp. 140-141. 8 R. Reinhardt, Palast-Architekur von Ober Italien und Toskana, von XV-XVII Jahrhundert Genua, Berlino 1886. 9 M.P. Gauthier, Le plus beaux edifices de la ville de Gênes et de ses environs, Parigi 1818. 10 R. Reinhardt, Palast-Architekur von Ober Italien und Toskana, von XV-XVII Jahrhundert Genua, Berlino 1886. 11 L. Vagnetti, Genova, Strada Nuova, Genova 1967.

Questo primo ordine, così particolare, è attribuibile ad una influenza emiliana, o quanto meno ad una «trascrizione arbitraria e su altra scala di certi diffusi elementi del repertorio di Giambattista Castello il Bergamasco» (Poleggi 1968, p. 354). 13 «[...] nei più tipici modi genovesi di facciata affrescata. Essa consiste in una partitura a motivi architettonici e decorativi dipinti, dove spiccano lesene di ordine gigante formanti nicchie dove sono dipinte singole figure; tale decorazione interessa soprattutto i prospetti laterali, [...] che vengono così ad essere un poco movimentati ed arricchiti nelle vaste e lisce pareti, architettonicamente assai povere. Rimangono oggi visibili, ad un attento esame, nelle ore di maggior luce, o solo le tracce di nicchie ad arco delimitate dalle grandi lesene scanalate, con dentro macchie confuse che sono le figure, o alcune figure più distinte, di cui una assai movimentata. Quasi scomparsi, poiché oggi rimangono solo vaste macchie scure causa il dilavamento e lo smog, i colori originali, tranne alcune lesene nei toni del giallo e alcune campiture rosso-rosa. Tale decorazione potrebbe essere coeva alla costruzione del palazzo, avendo quei caratteri cinquecenteschi di elementi e partiture architettoniche quali si ritrovano ad esempio nel non lontano palazzo Pallavicini di piazza Fontane Marose» (vedi P. Falzone, Scheda “A”, Palazzo Parodi, già Imperiale Lercari, Genova 1979). 14 Lo stesso era accaduto poco prima (1927-28), a conclusione dei lavori della Galleria e della sistemazione della piazza Portello, per l’adiacente palazzo Spinola, prolungato con un nuovo imponente corpo a nord, allora proprietà della banca d’America e d’Italia. 12

83


Documentazione fotografica degli elementi più significativi e di riconoscibilità di palazzo Lercari

84


85


86


87


88


89


90


91


92


93


Archivi e bibliografia

Archivi Archivio della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria

M. Labò, I “Palazzi di Genova” di Pietro Paolo Rubens, in «Genova. Rivista municipale», n. 4, 1939, pp. 42-46. L. Vagnetti, Genova. Strada Nuova, Genova 1967.

Centro di Documentazione per la Storia, l’Arte, l’Immagine di Genova. Comune di Genova. Palazzo Rosso.

E. De Negri, Palazzo Lercari Parodi, Profilo storico critico, in L. Vagnetti, Genova, Strada Nuova, Genova 1967, pp. 137-138.

Archivio Comunale Museo di Sant’Agostino. P. Montano, Palazzo Lercari, Rilievi e appunti critici, in L. Vagnetti, Genova, Strada Nuova, Genova 1967, pp. 139-146. Bibliografia

E. Poleggi, Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento, Genova 1968.

P.P. Rubens, Palazzi moderni di Genova, Anversa 1656. G. Brusco, Antica città di Genova nel giro delle sue mura vecchie, delineata nel 1656 compiuta nel 1785 da Giacomo Brusco, Genova 1785. R. Soprani, C. G. Ratti, Vite dé pittori, scultori et architetti genovesi che in Genova operarono, Genova 1768. M.P. Gauthier, Les plus beaux edifices de la ville de Genes et de ses environs, Parigi 1818. F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova 1846-47. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria, dalle origini al secolo XVI, vol. V, Genova 1870, p. 13. F. Alizeri Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, pp. 203-206. R. Reinhardt, Palast-Architekur von Ober Italien und Toskana, von XVXVII Jahrhundert Genua, Berlino 1886. W. Suida, ad vocem, Alessi, in Thieme-Becker, 1907.

M. Labò, I Palazzi di Genova di P. P. Rubens e altri scritti di architettura, Genova 1970. L. Vagnetti, Il rilevamento del centro antico di Genova, in «Quaderno dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti della Facoltà di Architettura di Genova», nn. 8-9-10, Genova 1972. E. Poleggi, L. Grossi Bianchi, Una città portuale del Medioevo, Genova nei secoli X – XVI, Genova 1976. P. Falzone, Strada Nuova: immagine attuale, immagine originaria, in «Architettura e città: Metamorfosi e Anamorfosi», n. 2, Genova 1981. P. Boccardo, Architettura dipinta e struttura architettonica nella decorazione esterna dei palazzi genovesi del secolo XVI, in «Studi di storia delle arti», n. 3, Genova 1981. AA. VV., Genua Picta. Proposte per la scoperta e il recupero delle facciate dipinte, Genova, 1982. P. Boccardo, Le facciate nella lettura dei viaggiatori e delle guide, in Genua Picta. Proposte per la scoperta e il recupero delle facciate dipinte, Genova 1982.

M. Labò, L’Architettura dei palazzi genovesi, in «Lo spettatore», n. 2., I, 1922.

P. Falzone, Scheda “A”, Palazzo Parodi, già Imperiale Lercari, Genova 1979 (Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria e l’Istituto Centrale del Catalogo e Documentazione – ICCD).

M. Labò, I palazzi municipali di “Via Nuova”, in «Genova. Rivista municipale», Aprile 1922.

E. Poleggi (a cura di), Una reggia Repubblicana. Atlante dei palazzi di Genova 1530-1664, Torino 1998, Scheda 102, p. 181.

G. Gurlitt, Peter Paul Rubens, Palazzi di Genova, Berlino 1924.

P. Falzone, Il colore nella continuità ambientale urbana: estetica e degrado dei paramenti e delle finiture di facciata. Un metodo di lavoro e la sperimentazione sul colore delle facciate storiche nel Centro Storico genovese, in D. Maestri, C. Mezzetti, Emergenza rilievo, applicazioni

O. Grosso, Tesori di arte italiana. Portali e palazzi di Genova, Milano 1908.

M. Labò, I “Palazzi di Genova” di Pietro Paolo Rubens, in «Genova. Rivista municipale», nn. 9-10-11, 1938.

94


di metodi operativi al rilievo per la valorizzazione e il restauro dei beni architettonici e ambientali, Roma 1999. E. Parma (a cura di), La pittura in Liguria. Il Cinquecento, Genova 1999, pp. 262-266. P. Falzone, Problemi di Norma per la Rappresentazione delle Superfici Dipinte e del Colore della Architettura Storica, in Normazione della rappresentazione dell’edilizia, atti del convegno internazionale (Roma 1994), Roma 2000, pp. 161-172.

P. Falzone, Changing approaches in dealing with Cultural Property in the past on both a physical and intellectual level. The case of Genoa and its Cultural Patrimony, in The image of heritage. Changing perception – permanent responsibilities, atti del convegno internazionale (Firenze 2009), Firenze 2010, pp. 71-91. P. Falzone, Fini valori modalità e contenuti teorici del rilievo del colore ai fini di riqualificazione e restauro del costruito: centri storici e facciate dipinte, in M. Rossi (a cura di), Colore e Colorimetria: Contributi Multidisciplinari, atti della settima conferenza nazionale del colore (Roma 2011), Vol. VII/A, Roma 2011, pp. 611-618.

M. Labò, Palazzi di Genova di Pietro Paolo Rubens, Genova 2000. P. Falzone, Costruzione dello Sviluppo Crono-Tipologico delle Facciate Dipinte a Genova, in D. Maestri, C. Mezzetti, Emergenza rilievo, applicazioni di metodi operativi al rilievo per la valorizzazione e il restauro dei beni architettonici e ambientali, Roma 2001, pp. 134-152. P. Falzone, Un progetto complesso, in «Arkos», 2, n. 1/2001, Milano 2001, pp. 46-49. P. Falzone, Il Rilievo del Colore, il progetto del Colore, Palazzo Rosso, in «Arkos», 2, n. 1/2001, Milano 2001, p. 63. P. Falzone, Il Rilievo del Colore, il progetto del Colore, Palazzo Bianco, in «Arkos», 2, n. 1/2001, Milano 2001, p. 67. P. Falzone, Il Rilievo del Colore, il progetto del Colore, Palazzo delle Torrette, in «Arkos», 2, n. 1/2001, Milano 2001, p. 69. P. Falzone, Genova: Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli. Approccio e metodologie nel progetto del colore come elemento di riqualificazione urbana e ambientale, in T.K. Kirova, (a cura di), La formazione e le professionalità per la Conservazione, Valorizzazione e Gestione dei Siti Unesco in Italia, Torino 2007, pp. 70-79. P. Falzone (a cura di), Colore Architettura Ambiente, Roma 2008.

P. Falzone, Vitruvio E il Libro VII Del “De Architectura Libri Decem”. Rilettura della tradizione di dipingere le facciate dal testo vitruviano: tecnologia, materiali, tecniche e tipologie decorative, a confronto con gli esempi di pittura parietale pompeiana di I stile, in P. Clini (a cura di), Vitruvio e l’Archeologia, Venezia 2014, pp. 193-214. P. Falzone, Fachadas Pintadas Y Color en los espacios Urbanos del Centro Histórico e Génova. Significados e imágenes de un patrimonio cultural. Criterios Y Realizaciones de Proyectos Comparados. (Restauraciones del 1982-1992, al 2001, al 2004 y más allá), in Las arquitecturas pintadas en Malaga, ayer hoy. Arte, patrimonio y turismo, Malaga 2014, pp. 83-115. P. Falzone, Palazzo Cattaneo Della Volta. Architettura e facciate nello spazio di una famiglia-albergo genovese, in I Cattaneo Della Volta. Vicende e protagonisti di una millenaria famiglia genovese, Genova 2017, pp. 410-449. P. Falzone, Color Landscape Architecture in the Ancient Mediterranean World Mural Painting, Analysis and Comparison: Mutual Influence and Contamination through the Mediterranean Sea, in «The Athens Journal of Architecture», 5, 3, 2019, pp. 199-261. P. Falzone, Complexity of the theme of the Painted Façades in the large and medium historical centers in relation to the environmental contexts to which they belong, atti del convegno internazionale (Milano 2021), Milano 2021, pp. 722-727.

P. Falzone, Dal Rilievo al Progetto. Casi di Studio a Genova e in Liguria. Strada Nuova a Genova: Un Problema Urbano Ambientale, in P. Falzone (a cura di), Colore Architettura Ambiente, Roma 2008, pp. 387- 404.

95


Finito di stampare nel mese di aprile 2022 da Grafiche G7 Sas, Savignone (Ge) per Sagep Editori Srl, Genova




Articles inside

Il Rilievo tra fine Novecento e inizi anni Duemila. Architettura, Apparati decorativi e Colore

35min
pages 58-100

Decorazioni pittoriche interne

7min
pages 40-50

Progetti e rilievi del palazzo. Dal Seicento, all’Ottocento, al Novecento

10min
pages 51-57

Decorazioni scultoree esterne e interne

2min
pages 38-39

L’edificio: consistenza, caratteri architettonici, sistema urbano e caratteri ambientali

6min
pages 36-37

Immagine attuale di Strada Nuova nelle fotografie

1min
pages 29-32

Documentazione Iconografica Storica di Strada Nuova. Planimetrie, Dipinti, Stampe, Vedute

5min
pages 16-25

Analisi puntuale dei palazzi e dei loro caratteri

2min
pages 26-27

Costruzione dell’edificio, committenza, architetto, ampliamenti trasformazioni e restauri

3min
pages 33-35

Genova, dal medioevo al Quattrocento, ante Strada Nuova, sino al Novecento

2min
pages 13-15

La Strada Nuova, storia e significato

2min
page 11

I progetti e le vicende di costruzione della Strada

1min
page 12

Caratteri generali delle singole facciate di via Garibaldi : finiture, apparati architettonico-decorativi-cromatici

2min
page 28
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.