

ed in Mag
Swedlinghaus Srl Magazine di informazione ad uscita Mensile
Responsabile Editoriale: Dafne Perticarini
Layout e Impaginazione: Massimiliano Mancini
Copyright: Swedlinghaus Srl
Riproduzione parziale o totale vietata

In questo Numero sono intervenuti: Redazione Swedlinghaus Davide Longo Enrico Mazzaroni Marina Ripa Francesco Grassi
Swedlinghaus Srl
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MUGNAI DI FAMIGLIA, DA 5 GENERAZIONI.




SOMMARIO
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Editoriale di Davide Longo
Le novità per l’autunno: evento in azienda e scuola di formazione la Masterclass di pizza contemporanea Le partnership sono la forza di un’azienda che si rinnova Pizza DOC a Swedlinghaus
Intervista allo chef Enrico Mazzaroni del ristorante il Tiglio di Montemonaco
Cosa rappresenta la stella Michelin per un ristorante di montagna
approfondimenti di Francesco Grassi - Formatore e Coach Come uscire da una crisi
Intervista a Marina Ripa, agente di commercio per Swedlinghaus
Come si vende, riflessioni alla soglia dell’estate.
Le novità per l’autunno: evento in azienda e scuola di formazione
Editoriale di Davide LongoIl titolo di questo numero è volutamente proiettato al futuro: stiamo progettando i prossimi passi della nostra azienda, come Swedlinghaus e come SwedlinFactory, e la nostra attenzione è rivolta ai mesi autunnali. Ci sono tante novità in vista, due delle quali vogliamo già accennarle adesso, che poi troveranno il giusto spazio nei successivi numeri dello Swed in Mag.
In particolare, siamo lieti di annunciare l’evento del 23 settembre con lo chef Alessandro Negrini: un nuovo evento a porte aperte, basato sul format del fortunato Swedlinghaus Tasting Experience dello scorso 3 dicembre, con cui mostrare novità dell’azienda, intrattenere con cibo e musica e sensibilizzare sui temi che ci stanno a cuore, incentivando l’impegno sociale di tutti.

Ancora è presto per fornire i dettagli, ma il tema dell’evento sarà la pizza, un piatto tradizionale su cui stiamo investendo molto, con un canale dedicato della nostra offerta di attrezzature e di formazione. Trovate in questo numero, difatti, il resoconto del primo corso professionale per pizzaioli tenuto presso la nostra Factory dall’Accademia Nazionale Pizza DOC di Salerno, con cui abbiamo avviato una partnership, diventando loro sede ufficiale per la regione Marche.
“Formarsi per non fermarsi” dicono gli amici dell’Accademia e questo slogan si fa sempre più concreto anche nella nostra SwedlinFactory, da poco accreditata come ente di formazione e che vedrà nei prossimi mesi la nascita di un progetto ambizioso.
Restando all’estate appena iniziata, in questo numero abbiamo seguito la nostra agente di commercio sul territorio per farci raccontare come risponde il mercato in questo periodo dell’anno. La rubrica sui talentuosi chef del nostro territorio e quella dedicata al cambiamento del nostro ingegnere gestionale completano il numero, dando il via alla stagione estiva.
Davide Longo Managing Director SwedlinghausLa nostra arte è quella della consulenza
La Masterclass di Pizza Contemporanea
Le partnership sono la forza di un’azienda che si rinnova
Come avevamo annunciato in precedenza, il 15 e il 16 maggio si è tenuto un nuovo corso presso la nostra SwedlinFactory: due giorni di formazione con gli istruttori dell’Accademia Nazionale Pizza DOC, Armando Scalella e Alessandro Della Monica, un’occasione imperdibile per i pizzaioli del centro Italia.

La Swedlinghaus è stata scelta come sede regionale per l’Accademia, che conta studenti e filiali in tutto il mondo, e questo ci permette di sviluppare ulteriormente l’offerta dei nostri corsi, sinora dedicati agli amatori e all’aggiornamento costante dei nostri clienti.
Una masterclass sulla pizza contemporanea è per i pizzaioli una formazione ormai necessaria, in un momento in cui l’arte bianca diventa sempre più tecnica, alla ricerca di prodotti legati alla
tradizione in veste rinnovata, attenta al territorio, alle nuove esigenze dei consumatori e al bisogno di regalare in pizzeria un’esperienza degna di un grande ristorante.
Queste esigenze sono state recepite dall’Accademia con sede centrale a Salerno, presente al corso nella figura del presidente Antonio Giaccoli, accompagnato dalla squadra di istruttori e assistenti che hanno tenuto il corso presso di noi.
La prima giornata di lezione teorica ha aperto gli occhi dei presenti sulla tecnologia delle farine e degli impasti. Gli istruttori hanno dimostrato che credere che la pizza è un impasto di acqua, lievito e farina è ormai antiquato e bisogna conoscere molto di più per offrire in pizzeria un prodotto di alto livello, sempre uguale allo standard
scelto. La seconda giornata si è conclusa con le cotture e gli assaggi, lasciando i corsisti con un ricordo vivido di quanto appreso. I corsi dell’Accademia sono tanti e vanno dal percorso base al master per diventare istruttori; noi di Swedlinghaus siamo felici di poter accogliere nei prossimi mesi altri corsi marcati Pizza DOC per approfondire i temi legati alla pizza, una tradizione italiana che ci rappresenta in tutto il mondo e che oggi si è evoluta in un prodotto ricercato, seppur semplice, fatto di pochi ingredienti scelti e tanto studio da parte dei professionisti che la preparano. La formazione, abbiamo visto, è alla base del successo delle attività legate al food, ecco perché ci investiamo e promuoviamo l’approccio dell’Accademia, che è anche il nostro: formarsi per non fermarsi.
Dalla montagna al mare e ritorno: ci puoi presentare il tuo ristorante Il Tiglio e dirci a che punto del vostro percorso siete oggi?
ll nostro ristorante si trova a Isola San Biagio, nel comune di Montemonaco, ed è stato costretto a spostarsi al mare per due anni a causa del terremoto che aveva distrutto completamente il locale. Dopo di questo, siamo riusciti a tornare perché è quello che volevamo. È stato doloroso sia lasciare Montemonaco per trasferirci sulla costa, perché siamo nati in montagna, ma poi anche tornare perché anche a Porto Recanati si era creato qualcosa che era difficile abbandonare. Queste scelte radicali non sono mai semplici. A che punto siamo ora? Quest’anno abbiamo vissuto un momento di gloria con l’assegnazione della stella Michelin, che non ci aspettavano ora. È un momento importante, anche se siamo un po’ più impauriti perché la stella Michelin è sia un obiettivo sia una responsabilità: ora ci stiamo consolidando, infatti, per capire quello che abbiamo fatto sinora, che è stato riconosciuto, e dove vogliamo andare. In realtà conosciamo bene la nostra direzione: abbiamo da poco restaurato il locale e quindi è un percorso che continua consapevole. Tenendo conto che ci hanno colpito prima il terremoto e poi la pandemia, siamo sicuramente temprati e motivati in ciò che facciamo.
Noi ce la siamo cavata bene sia perché, come detto prima, l’azienda era già entrata nella riorganizzazione.
Proprio in merito a questo, come si fa a sopravvivere e rilanciarsi dopo eventi incontrollabili come questi?
È necessario un atto di volontà: quando le cose vanno male nella vita, bisogna che ci guardiamo in viso e ci chiediamo
montagna
Intervista allo chef Enrico Mazzaroni del ristorante il Tiglio di Montemonaco

“Cosa voglio veramente?”. Ogni brutto evento ci mette davanti alla conferma o meno delle nostre scelte e questo è ciò che ho fatto io, rispondendomi “Voglio continuare a fare questo e voglio continuare a farlo all’Isola”. La domanda era semplice tanto quanto la risposta, che è scaturita spontanea. Lo sforzo per avanzare, però, a volte è stato enorme e quindi c’è anche tanto cuore a sostenere la volontà di fare questo mestiere. Io penso che se in mezzo alla burrasca abbiamo voluto intensamente quella cosa e siamo riusciti a ottenerla, cosa ci può fare più paura? A volte ci dimentichiamo delle battaglie vinte, purtroppo, e ci facciamo prendere da paure quotidiane, per noi superabili.
Sei stato il primo chef a ottenere la stella Michelin nella provincia di Ascoli Piceno. Quanto hai osato e rischiato nel tuo percorso per ottenere quel riconosci- mento? È difficile spingersi dove altri non osano e farlo in un territorio periferico?
Sei meno assecondato dalle persone e dall’ambiente, questo è vero. Abbiamo osato tutto, mettendo sul piatto noi stessi e dicendo “vogliamo giocare la partita per vincerla in questo modo” perché bisogna avere chiara da subito la meta che vogliamo raggiungere. Il problema è che, spesso, più siamo lontani dalla meta e più ci sembra di essere vicini, come accade in montagna, mentre poi, quando si sta percorrendo la strada, più siamo vicini e più capiamo quanto sia lontana: quante mancanze abbiamo, quante difficoltà ci sono nel percorso. Proprio quest’anno, con il cambio di sede in corso, pensavamo che la stella Michelin fosse più lontana che mai e invece è arrivata. Comunque abbiamo continuato sulla nostra strada e questo ci ha premiato. Quando arrivi alla meta, non vedi la strada che hai fatto: la
stella Michelin è servita a farci fermare per girarci e vedere quanto lontano eravamo giunti.
Un consiglio per chi vuole aprire il suo ristorante o deve riorganizzarlo: cosa fa la differenza, quando hai già le competenze e il personale giusto al tuo fianco?
Bisogna sempre migliorarsi, capire che si lavora per le persone e non per noi stessi e che se un cliente non ci capisce, la responsabilità è nostra, non sua. Quella che dobbiamo far vivere deve essere un’esperienza, fosse pure in una semplice trattoria. Bisogna gratificare il cliente e chi lavora per te, anche questo è importante.
Se hai le competenze giuste e le persone giuste, non può non funzionare. Il problema è credere di averle quando non è così. Se si vuole, invece, rivedere la propria attività già avviata, a questo punto della storia della ristorazione, bisogna capire che gli sprovveduti non esistono più e i clienti sanno quello che vogliono, sanno dove trovarlo e investono il loro denaro in modo attento perché l’offerta è molto vasta oggi. Soprattutto un ristorante stellato, per molti frequentarlo è una scelta non quotidiana, ci sono delle aspettative e se sbagli, quel cliente non ti darà una seconda possibilità. Il cliente è il padrone del ristorante nel senso che è lui o lei che decide se funziona ciò che fai: capire questo, aiuta ad avere il giusto approccio. C’è bisogno di competenza e questo bisogna saperlo quando si vuole cambiare perché non ci si può improvvisare, ogni specializzazione è a sé e con ogni cambiamento – noi lo sappiamo bene – si acquista e si perde clientela e per far capire un nuovo progetto ci vuole pazienza, che si traduce in tempo e cioè denaro, che va ben investito.
a cura di Dafne Perticarini
Cosa rappresenta la stella Michelin per un ristorante di
La soluzione più efficace per uscire da una crisi è cambiare Cambiare, però, è un processo delicato, che per avere successo a lungo termine va costruito. Per capire come si costruisce tale percorso, potrebbe essere utile schematizzarlo nei principali passaggi:
Cercate di capire i reali bisogni che si nascondono dietro la crisi: a volte ci concentriamo su cosa sia giusto fare e non su cosa sia meglio fare e le due cose sono differenti. Per fare un esempio nella vita privata, potremmo essere in un’età in cui è giusto sposarsi, ma non è la scelta migliore per noi e per ottenere risultati a lungo termine è meglio affrontare subito ciò che risponde ai nostri bisogni, invece di fare una scelta che convenzionalmente sarebbe adeguata, ma nella nostra vita darebbe risultati controproducenti.
Identificate in questi bisogni un grande ritorno in termini di soddisfazione personale: se non si trovano sufficienti riconoscimenti nella scelta considerata, tornate al punto
1. Sempre per portare un esempio, se crediamo sia giusto sposarci perché altri intorno a noi lo fanno, ma l’idea proiettata non porta in noi nessun entusiasmo, è meglio aspettare e vedere cosa realmente ci serve in questo momento della vita.
Come uscire da una crisi
approfondimenti di Francesco Grassi, Formatore e Coach

Il cambiamento è la base di ogni miglioramento, che a sua volta, è la sintesi della nostra esistenza professionale
Progettate un percorso che tenga conto del costo energetico necessario a modificare la realtà: non dovete spendere tutto e subito. Ogni energia è limitata, non solo quella fisica: anche la nostra energia mentale ha un termine e sappiamo tutti che affrontare un cambiamento prevede una spesa di energie notevole per un risultato che non sappiamo quando verrà né se arriverà presto. Questo perché abbiamo proiettato un percorso, ma non possiamo avere la certezza di come si svilupperà. Se prendiamo l’esempio di una scalata in montagna, progettare il percorso non basta, bisogna anche calibrarlo in base alla nostra preparazione fisica e alla quantità di campi base disponibili per riposare, per far sì che possiamo arrivare a vedere la vetta invece che tornare sui nostri passi prima del traguardo. La sensazione di aver fallito è quella che ci preclude tanti cambiamenti futuri, ma spesso è dovuta a un calcolo errato dei tempi necessari al cambiamento o della sovrastima delle nostre risorse.
Raccogliete i successi, anche piccoli, durante il percorso così da rimpinguare il vostro serbatoio di energie: saranno utili nel prosieguo del cammino. Le energie si consumano già solo nel partire e solo dopo arriva il risultato. In un’azienda, quando chiediamo un
cambiamento ai nostri dipendenti, stiamo chiedendo loro un sacrificio, fosse pure per seguire un corso di aggiornamento. Per durare nel tempo è indispensabile pensare a un percorso nel quale si guadagna di frequente, fosse pure la consapevolezza di una nuova competenza acquisita che rende più semplice il lavoro: ogni cosa deve essere chiara ed esternata, di modo che si possa ricevere beneficio quando è una ricompensa e si riesca a essere preparati quando si tratta di uno sforzo.
Registrate il viaggio verso il successo per godere della capacità di costruirlo: servirà nelle prossime sfide. Quando arriveremo al traguardo e avremo perso dieci chili o avremo riorganizzato la nostra attività di lavoro, non ricorderemo più il primo passo, ma il percorso fatto sì: quel processo andato a buon fine diventerà il modello su cui costruire tutti i cambiamenti successivi, modulandolo a seconda delle esigenze della vita e restando fedeli solo a un principio: essere pronti a cambiare, anche il modello di cambiamento.
Sono sicuro che con un piano chiaro di azione riuscirete a uscire dalla crisi per prendere in mano la vostra vita.
Come si vende, riflessioni alla soglia dell’estate.
Intervista a Marina Ripa, agente di commercio per Swedlinghaus

Accompagno Marina nel suo giro nella zona di Montesilvano, Pescara: mentre incontriamo i clienti con cui lavora, parliamo del suo impegno con la Swedlinghaus.
DI COSA È FATTO IL MONDO SWEDLINGHAUS
“La Swedlinghaus offre macchinari di produzione e altri che commercializza. Quest’offerta completa, prima apprezzata soprattutto nel mercato esterno, oggi ha conquistato anche il mercato italiano perché
durante la pandemia tante aziende non avevano i prodotti pronti e quindi molti clienti si sono rivolti a noi, trovando sotto un marchio tutto ciò che serviva loro.
In questo momento, mi spiega Marina, il mercato è contratto a causa del clima: più ritarda la bella stagione, più è rimandata l’apertura delle cucine negli stabilimenti balneari, che aspettano ormai giugno per mettere dietro i fornelli il personale e quindi ritardano anche gli ordini, finendo del tutto a ridosso del momento più attivo
dell’anno. Per un’azienda del centro Italia, la clientela lungo la costa è fondamentale e così gli ordini che arrivano da quelle attività.
IL PROFILO PROFESSIONALE DI MARINA
“Per Swedlinghaus gestisco Marche, Abruzzo e Molise. Avevo anche la Romagna, ma era un’area troppo vasta per seguirla con una presenza costante e quindi per quella zona ora c’è un altro commerciale dedicato.”
“Sono venticinque anni che svolgo questo lavoro. Ho iniziato a vendere le enciclopedie per strada quando stavo a Genova, ma non mi piaceva l’idea di far spendere due milioni di lire a un ragazzo per una serie completa di Tutto Moto, allora mi sono inventata una formula mia per proporre il prodotto: andavo a vendere le enciclopedie, che all’epoca erano necessarie per studiare a scuola, agli operai con figli e ha funzionato. Durante la pausa pranzo, in giro per la Liguria, incontravo lavoratori sardi e piemontesi nei cantieri e le fabbriche, poi facevo anche le trasferte nelle cartiere toscane e così ho iniziato la mia carriera. In realtà vengo da una famiglia di commerciali, mio padre era legato al mondo delle padelle e mi ha insegnato tanto, ma prima ho mosso i primi passi da sola fuori casa, dopo quattro anni sono tornata nelle Marche e ho continuato con lui. Dopo che hai venduto le enciclopedie, riesci e a vendere qualsiasi cosa.”
Con la Swedlinghaus lavoro soprattutto per i grandi impianti, cioè gli allestitori che fanno anche i progetti, ma anche per l’hotellerie, che fa riferimento a macchinari più piccoli.”
COME SI VENDE
“Per vendere, so che devo conoscere il prodotto per convincere il cliente, anche a livello tecnico. Mi è capitato di dover installare un’affettatrice Volano della Swedlinghaus e, con l’assistenza al telefono del personale in sede, l’ho montata. Appena iniziato in azienda, sono andata un periodo per vedere come si facevano le affettatrici, imparare
come si montano e come si smontano perché i clienti ti fanno questo tipo di domande e se non sai rispondere, perdi di credibilità e così anche chi stai presentando.”
“È il lavoro più bello del mondo.” Proclama Marina al volante, ma bisogna aggiungere “Se lo sai fare”.
“Gestisco in totale un centinaio di clienti e tutti vanno seguiti al meglio: ce ne sono alcuni che richiedono maggiore presenza, altri che richiedono meno tempo. C’è chi ci mette anni per capire che esisti: ci passi sempre quando sei nella sua zona e pian piano si apre all’idea di prenderti in considerazione e così arriva l’ordine. C’è il posto dove devi passarci perché solo quando il proprietario ti vede, si ricorda che doveva ordinare qualcosa.”
“Il lavoro fatto al tavolo, cioè in ufficio, è fondamentale per la riuscita sul campo: devi guardare i numeri per sapere chi perde, chi migliora e le criticità di ogni cliente.”
CON LA SWEDLINGHAUS
“Ho iniziato con Davide Longo nel 2019: l’ho contattato su Messenger e mi sono autocandidata. Lui è molto disponibile, è stato in grado di accogliere l’idea che avrebbe avuto bisogno di altre figure intorno, ognuna specializzata nel suo campo, per aiutare il successo dell’azienda.”
IL MERCATO A GRANDI LINEE
“Le zone cambiano molto quando le consideriamo come mercati e per quello che conosco direttamente, posso dire che l’Umbria è legata al
mercato interno, il nord delle Marche sente l’influenza della Romagna e quindi anche l’utenza è più legata all’accoglienza turistica, il sud delle Marche subisce l’influenza dell’Abruzzo, il sud dell’Abruzzo lo considero un prolungamento della Puglia e ogni zona richiede un approccio diverso. Tutto dipende dal rapporto che hai con ogni cliente, ma questa macro divisione esiste.”
Andiamo a mangiare, il lavoro di Marina richiede una pausa perché da mezzogiorno e mezzo alle due e mezzo, se non oltre, le aziende e i loro uffici sono chiusi. Cosa fare intanto? Oltre mangiare, lei svolge del lavoro in auto, aspettando che i clienti riaprano. Ci fermiamo in un balneare lungo la costa di Montesilvano, intanto continuiamo la nostra chiacchierata iniziata stamattina e che volge alla conclusione.
SOGNI FUTURI
“Nel mio futuro so che continuerò a crescere con la Swedlinghaus e con le nuove opportunità che si presenteranno, per consacrare il lavoro fatto in venticinque anni, ma è questo il lavoro che voglio fare, senza dubbio.”
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