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La Masterclass di Pizza Contemporanea

Le partnership sono la forza di un’azienda che si rinnova

Come avevamo annunciato in precedenza, il 15 e il 16 maggio si è tenuto un nuovo corso presso la nostra SwedlinFactory: due giorni di formazione con gli istruttori dell’Accademia Nazionale Pizza DOC, Armando Scalella e Alessandro Della Monica, un’occasione imperdibile per i pizzaioli del centro Italia.

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La Swedlinghaus è stata scelta come sede regionale per l’Accademia, che conta studenti e filiali in tutto il mondo, e questo ci permette di sviluppare ulteriormente l’offerta dei nostri corsi, sinora dedicati agli amatori e all’aggiornamento costante dei nostri clienti.

Una masterclass sulla pizza contemporanea è per i pizzaioli una formazione ormai necessaria, in un momento in cui l’arte bianca diventa sempre più tecnica, alla ricerca di prodotti legati alla tradizione in veste rinnovata, attenta al territorio, alle nuove esigenze dei consumatori e al bisogno di regalare in pizzeria un’esperienza degna di un grande ristorante.

Queste esigenze sono state recepite dall’Accademia con sede centrale a Salerno, presente al corso nella figura del presidente Antonio Giaccoli, accompagnato dalla squadra di istruttori e assistenti che hanno tenuto il corso presso di noi.

La prima giornata di lezione teorica ha aperto gli occhi dei presenti sulla tecnologia delle farine e degli impasti. Gli istruttori hanno dimostrato che credere che la pizza è un impasto di acqua, lievito e farina è ormai antiquato e bisogna conoscere molto di più per offrire in pizzeria un prodotto di alto livello, sempre uguale allo standard scelto. La seconda giornata si è conclusa con le cotture e gli assaggi, lasciando i corsisti con un ricordo vivido di quanto appreso. I corsi dell’Accademia sono tanti e vanno dal percorso base al master per diventare istruttori; noi di Swedlinghaus siamo felici di poter accogliere nei prossimi mesi altri corsi marcati Pizza DOC per approfondire i temi legati alla pizza, una tradizione italiana che ci rappresenta in tutto il mondo e che oggi si è evoluta in un prodotto ricercato, seppur semplice, fatto di pochi ingredienti scelti e tanto studio da parte dei professionisti che la preparano. La formazione, abbiamo visto, è alla base del successo delle attività legate al food, ecco perché ci investiamo e promuoviamo l’approccio dell’Accademia, che è anche il nostro: formarsi per non fermarsi. ll nostro ristorante si trova a Isola San Biagio, nel comune di Montemonaco, ed è stato costretto a spostarsi al mare per due anni a causa del terremoto che aveva distrutto completamente il locale. Dopo di questo, siamo riusciti a tornare perché è quello che volevamo. È stato doloroso sia lasciare Montemonaco per trasferirci sulla costa, perché siamo nati in montagna, ma poi anche tornare perché anche a Porto Recanati si era creato qualcosa che era difficile abbandonare. Queste scelte radicali non sono mai semplici. A che punto siamo ora? Quest’anno abbiamo vissuto un momento di gloria con l’assegnazione della stella Michelin, che non ci aspettavano ora. È un momento importante, anche se siamo un po’ più impauriti perché la stella Michelin è sia un obiettivo sia una responsabilità: ora ci stiamo consolidando, infatti, per capire quello che abbiamo fatto sinora, che è stato riconosciuto, e dove vogliamo andare. In realtà conosciamo bene la nostra direzione: abbiamo da poco restaurato il locale e quindi è un percorso che continua consapevole. Tenendo conto che ci hanno colpito prima il terremoto e poi la pandemia, siamo sicuramente temprati e motivati in ciò che facciamo.

Dalla montagna al mare e ritorno: ci puoi presentare il tuo ristorante Il Tiglio e dirci a che punto del vostro percorso siete oggi?

Noi ce la siamo cavata bene sia perché, come detto prima, l’azienda era già entrata nella riorganizzazione.

Proprio in merito a questo, come si fa a sopravvivere e rilanciarsi dopo eventi incontrollabili come questi?

È necessario un atto di volontà: quando le cose vanno male nella vita, bisogna che ci guardiamo in viso e ci chiediamo

Montagna

Intervista allo chef Enrico Mazzaroni del ristorante il Tiglio di Montemonaco

“Cosa voglio veramente?”. Ogni brutto evento ci mette davanti alla conferma o meno delle nostre scelte e questo è ciò che ho fatto io, rispondendomi “Voglio continuare a fare questo e voglio continuare a farlo all’Isola”. La domanda era semplice tanto quanto la risposta, che è scaturita spontanea. Lo sforzo per avanzare, però, a volte è stato enorme e quindi c’è anche tanto cuore a sostenere la volontà di fare questo mestiere. Io penso che se in mezzo alla burrasca abbiamo voluto intensamente quella cosa e siamo riusciti a ottenerla, cosa ci può fare più paura? A volte ci dimentichiamo delle battaglie vinte, purtroppo, e ci facciamo prendere da paure quotidiane, per noi superabili.

Sei stato il primo chef a ottenere la stella Michelin nella provincia di Ascoli Piceno. Quanto hai osato e rischiato nel tuo percorso per ottenere quel riconosci- mento? È difficile spingersi dove altri non osano e farlo in un territorio periferico?

Sei meno assecondato dalle persone e dall’ambiente, questo è vero. Abbiamo osato tutto, mettendo sul piatto noi stessi e dicendo “vogliamo giocare la partita per vincerla in questo modo” perché bisogna avere chiara da subito la meta che vogliamo raggiungere. Il problema è che, spesso, più siamo lontani dalla meta e più ci sembra di essere vicini, come accade in montagna, mentre poi, quando si sta percorrendo la strada, più siamo vicini e più capiamo quanto sia lontana: quante mancanze abbiamo, quante difficoltà ci sono nel percorso. Proprio quest’anno, con il cambio di sede in corso, pensavamo che la stella Michelin fosse più lontana che mai e invece è arrivata. Comunque abbiamo continuato sulla nostra strada e questo ci ha premiato. Quando arrivi alla meta, non vedi la strada che hai fatto: la stella Michelin è servita a farci fermare per girarci e vedere quanto lontano eravamo giunti. a cura di Dafne Perticarini

Un consiglio per chi vuole aprire il suo ristorante o deve riorganizzarlo: cosa fa la differenza, quando hai già le competenze e il personale giusto al tuo fianco?

Bisogna sempre migliorarsi, capire che si lavora per le persone e non per noi stessi e che se un cliente non ci capisce, la responsabilità è nostra, non sua. Quella che dobbiamo far vivere deve essere un’esperienza, fosse pure in una semplice trattoria. Bisogna gratificare il cliente e chi lavora per te, anche questo è importante.

Se hai le competenze giuste e le persone giuste, non può non funzionare. Il problema è credere di averle quando non è così. Se si vuole, invece, rivedere la propria attività già avviata, a questo punto della storia della ristorazione, bisogna capire che gli sprovveduti non esistono più e i clienti sanno quello che vogliono, sanno dove trovarlo e investono il loro denaro in modo attento perché l’offerta è molto vasta oggi. Soprattutto un ristorante stellato, per molti frequentarlo è una scelta non quotidiana, ci sono delle aspettative e se sbagli, quel cliente non ti darà una seconda possibilità. Il cliente è il padrone del ristorante nel senso che è lui o lei che decide se funziona ciò che fai: capire questo, aiuta ad avere il giusto approccio. C’è bisogno di competenza e questo bisogna saperlo quando si vuole cambiare perché non ci si può improvvisare, ogni specializzazione è a sé e con ogni cambiamento – noi lo sappiamo bene – si acquista e si perde clientela e per far capire un nuovo progetto ci vuole pazienza, che si traduce in tempo e cioè denaro, che va ben investito.

La soluzione più efficace per uscire da una crisi è cambiare Cambiare, però, è un processo delicato, che per avere successo a lungo termine va costruito. Per capire come si costruisce tale percorso, potrebbe essere utile schematizzarlo nei principali passaggi:

Cercate di capire i reali bisogni che si nascondono dietro la crisi: a volte ci concentriamo su cosa sia giusto fare e non su cosa sia meglio fare e le due cose sono differenti. Per fare un esempio nella vita privata, potremmo essere in un’età in cui è giusto sposarsi, ma non è la scelta migliore per noi e per ottenere risultati a lungo termine è meglio affrontare subito ciò che risponde ai nostri bisogni, invece di fare una scelta che convenzionalmente sarebbe adeguata, ma nella nostra vita darebbe risultati controproducenti.

Identificate in questi bisogni un grande ritorno in termini di soddisfazione personale: se non si trovano sufficienti riconoscimenti nella scelta considerata, tornate al punto

1. Sempre per portare un esempio, se crediamo sia giusto sposarci perché altri intorno a noi lo fanno, ma l’idea proiettata non porta in noi nessun entusiasmo, è meglio aspettare e vedere cosa realmente ci serve in questo momento della vita.

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