Swed in Mag 04/2023

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ed in Mag Il Magazine in connessione con il settore Food 02 / aprile 2023 Alma Delia Un’Anima in Cucina Collaborare con una Foodblogger ai tempi del Social Marketing

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Swedlinghaus Srl Magazine di informazione ad uscita Mensile

Responsabile Editoriale: Dafne Perticarini Copyright: Swedlinghaus Srl

Layout e Impaginazione: Massimiliano Mancini

Riproduzione parziale o totale vietata

In questo Numero sono intervenuti: Redazione Swedlinghaus Davide Longo Leonello Virgili Francesco Grassi Alma Delia

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Collaborare con una Foodblogger ai tempi del Social Marketing

Editoriale di Davide Longo

Tra le novità che abbiamo introdotto nel 2022 c’è stata quella di collaborare con una foodblogger: l’idea era di promuovere il nostro brand e alcuni macchinari in particolare attraverso la novità degli ultimi anni, rappresentata da queste figure che preparano ricette all’interno del web usando macchinari di aziende partner. Dopo aver ricevuto una richiesta da parte di una foodblogger, si è deciso, tra le tante azioni commerciali, di promuoverci anche attraverso il canale web dei social con questa figura particolare, che conoscerete nell’intervista presente in questo numero. Così è nata la collaborazione con Alma, a cui abbiamo inviato dei macchinari, scelti insieme perché più adatti, con cui lei potesse preparare delle ricette e quindi parlare di noi.

L’idea di inserire Alma tra le tante strategie commerciali è arrivata per avere una completezza della nostra mission pubblicitaria, allo stesso tempo, dopo il periodo più restrittivo della pandemia, abbiamo ripreso a fare corsi professionali in sede. In passato avevamo fatto già corsi, ma dimostrativi; nell’anno appena trascorso abbiamo dato spazio alla formazione per i rivendi-

tori con corsi dedicati ai tecnici dei nostri rivenditori o agli stessi concessionari. La possibilità è di conoscere integralmente ogni aspetto dei nostri macchinari, ovviamente dalla parte tecnica, meccanica o elettronica, non solo dalla parte commerciale: abbiamo così voluto dare risalto al lavoro che i tecnici svolgono quando vanno a fare assistenza per le nostre macchine, fornendo loro i giusti strumenti. Con cadenza bimestrale, organizziamo degli eventi durante i quali tecnici provenienti da tutta Italia sono accolti in azienda e sono spiegate loro le nozioni necessarie, facendo vedere con dimostrazioni pratiche come utilizzare e fare manutenzione del prodotto.

Tutto questo è stato sempre collegato al discorso dell’innovazione del macchinario perché, come detto anche da Leonello durante l’intervista pubblicata in questo numero, l’idea di innovare sempre di più o cambiare qualcosa nel design del macchinario significa poi doverlo comunicare: è necessaria la parte commerciale e del marketing, ma anche lavorare prima sull’aspetto tecnico. Se un macchinario lo rinnoviamo, lo miglioriamo, cambiando alcuni

dettagli, dobbiamo poi ufficializzare questi cambiamenti al reparto tecnico e, di conseguenza, informare i tecnici che andranno poi a occuparsi delle varie assistenze, per far loro sapere che l’affettatrice, la sottovuoto e il segaossa sono cambiati e per cui vanno usati alcuni accorgimenti e si deve lavorare in un altro modo. Questi aspetti, quindi, sono fortemente collegati: l’innovazione del macchinario, che arriva anche da una forte collaborazione con l’ingegneria gestionale presente all’interno dell’azienda nella figura di Francesco Grassi, e la comunicazione del prodotto nuovo, attraverso il marketing, di cui la foodblogger è una voce, e la comunicazione tecnica, perché il nostro è un settore tecnico. Tutti questi aspetti, intrecciati tra loro come vi ho spiegato, saranno analizzati in questo numero, attraverso la voce di chi se ne occupa e portandovi dentro un corso per tecnici tenuto alla Swedlinghaus, cosicché possiate vedere come si fa innovazione, formazione e collaborazione commerciale ai tempi del social media marketing.

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La nostra arte è quella della consulenza “ “ Longo Swedlinghaus Leonello Virgili Capo Dipartimento Progettazione e Innovazione

Progettazione e Innovazione alla Swedlinghaus

Intervista a Leonello Virgili

Leonello Virgili è la figura meno nota tra le due a capo della Swedlinghaus; un po’ per la sua indole schiva, un po’ per il suo settore di competenza che lo assorbe completamente, il reparto ricerca e innovazione. Vogliamo farvelo conoscere proprio parlando con lui di questo aspetto così importante per un’azienda tecnica come la nostra perché il nostro successo si costruisce anche sulla capacità di rendere una macchina perfezionata nel suo funzionamento ormai da tempo, un prodotto che sa rinnovarsi continuamente.

Dopo tanti anni d’esperienza – dal 1987, cioè da quando sono entrato in quest’azienda – pian piano ho fatto mia la parte dell’innovazione dei modelli e dei vari aggiornamenti che si fanno anche a livello di

normative perché ogni tanto quelle sulla sicurezza sono aggiornate dalle istituzioni e noi dobbiamo modificare di conseguenza la struttura delle macchine che produciamo. Oltre a questo, dall’anno scorso abbiamo messo in produzione un nuovo modello, che è andato a sostituire un modello già esistente da molti anni e ormai era datato dal punto di vista della struttura. In particolare, davanti a ogni cambio generazionale cerchiamo di migliorare i modelli sotto l’aspetto della facilità di pulizia delle varie parti, di modo che sia facile pulirle per chi lavora con la macchina. È quello a cui fanno più caso ora i clienti e che ci richiedono. Inoltre, negli anni le normative igieniche sono cambiate e anche questo ci ha spinto a rendere più facile la pulizia perché poi

eventuali controlli non trovino ragione per sanzioni. Sicurezza e facilità di pulizia, quindi, sono le due priorità quando andiamo a progettare: l’affettatrice è sempre quella, da trenta o quarant’anni a questa parte, non c’è tanto che si può fare per rendere migliore un oggetto già sviluppato al meglio. Si lavora un po’ sulla parte estetica perché l’occhio vuole la sua parte, compreso quello di chi vede il macchinario dietro al bancone di una gastronomia o nel ristorante. Ognuno utilizza la macchina come vuole, però noi dobbiamo renderla a norma di legge, questo è il principio con cui lavoriamo: facile da pulire, sicura da utilizzare, bella da vedere, duratura nel tempo.

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Quando è il momento di fare innovazione quindi?

Noi del settore delle attrezzature per il food ci comportiamo come le case automobilistiche: quando un’azienda tira lancia un modello nuovo particolare, con un design accattivante, con una tecnologia diversa, le altre dello stesso settore seguono la sua scia. Che sia più bello esteticamente o più performante per l’utilizzatore finale, chi prima propone, poi fa da capofila per le altre aziende e anche noi seguiamo queste tendenze perché poi il cliente cerca quelle novità periodiche.

Immaginiamo che ci siano delle mode che si alternano anche in questo settore, come l’immagine accattivante dei Volano con il loro aspetto che ricorda il passato.

Sì, anche di queste facciamo diverse varianti, tra cui quelle che ricordano le vecchie macchine manuali, ma facciamo anche le versioni telonate, che hanno un trattamento utile soprattutto per i luoghi in cui si tagliano spesso i formaggi perché dimi-

nuisce l’aderenza – infatti si tratta dello stesso trattamento delle pentole antiaderenti. Parlando del lato estetico, abbiamo prodotto affettatrici nere, che hanno un impatto diverso e attirano molto lo sguardo. Queste sono un po’ le varie direzioni in cui sviluppiamo le macchine oggi.

Ricordando l’evento di Milano, l’Host, che si tiene ogni due anni, avete preparato qualche novità da presentare là?

Sto lavorando sul rinnovo della nostra macchina della serie top, ma per Milano non riusciremo a presentarla perché ancora c’è tanto lavoro da fare e l’ufficio sviluppo, che sarei io, è un po’ impegnato anche da altre cose in azienda, quindi ci vuole tempo. A Milano facciamo di solito le presentazioni delle novità, come diceva Davide nel numero precedente, e ci tenevamo a presentare la nuova macchina a ottobre, ma i tempi sono troppo stretti, quindi se non riusciremo, si rimanderà il lancio al successivo appuntamento con la fiera. Ci vuole tempo a ripensare una

macchina, che è poi quella su cui puntiamo di più perché è molto richiesta dalla GDO e in quell’ambito vogliono una macchina da accendere la mattina, far lavorare tutto il giorno senza intoppi, perché il loro ritmo è serrato, e da spegnere la sera. Va quindi pensata di modo che si possa utilizzare in condizioni che possiamo definire estreme. Oltre questo, ci vuole tempo perché io in azienda faccio anche altro, come già detto, inoltre da quando disegno il prototipo e poi lo sviluppo in 3D, facciamo le prime prove con i primi campioni, che difficilmente vanno bene subito, passa del tempo prima che si arrivi alla produzione. In ultimo, va ricordato che dipendiamo anche dagli stampisti, quindi aziende esterne alla nostra, ed è per questa somma di fattori che realizzare una nuova affettatrice, degna di entrare a far parte della famiglia Swedlinghaus, richiede un lungo percorso, ma il risultato vale sempre la pena del lavoro fatto.

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Intervista a cura di
Dafne Perticarini

Alma Delia l’ho conosciuta durante una videochiamata nella sala riunioni dell’azienda, mentre stavamo mettendo a punto i dettagli della Swedlinghaus Tasting Experience e abbiamo concordato con lei i testi dei video da pubblicare sui diversi canali social. L’ho trovata una persona disponibile e precisa, una donna diretta, che se non sa fare una cosa te lo dice e ti dà modo di aiutarla a farlo. Credo sia anche questo suo carattere un ingrediente del suo successo perché di foodblogger ce ne sono tanti e non è facile emergere. Chiedo a lei come abbia fatto ad avere successo, da quanto tempo crea contenuti su internet e come è arrivata alla Swedlinghaus.

Buongiorno Delia, la mia prima domanda riguarda il tuo lavoro di content creator: da quanto lo fai e come funziona la collaborazione con le aziende?

Io vengo da una famiglia di cuochi: mio padre, i miei zii, erano tutti coinvolti in cucine professionali. Sono albanese e sono arrivata in Italia a 22 anni, ho iniziato subito a lavorare, prima in un albergo e poi nei ristoranti perché era quella la mia passione

La collaborazione con una foodblogger

e il lavoro che volevo fare. Ho fatto la cuoca per 18 anni: partendo da lavapiatti, poi come aiuto-cuoco e poi come cuoca. Poi sono arrivati i figli e qualche problema di salute e così ho lasciato un lavoro che amavo tanto, purtroppo, ed è stato difficile. Già prima, quando lavoravo, avevo iniziato a usare i social, come Facebook, per far vedere dei piatti che facevo a casa, ma era solo per i miei amici perché non avevo un profilo ufficiale. Quando poi ho fatto questo cambiamento, vedendo che stavo male a restare in casa, mio figlio mi ha aperto il profilo Instagram, che all’epoca non sapevo proprio come funzionasse. Pian piano ho iniziato, era il gennaio del 2019: lì postavo i primi piatti o mostravo un compleanno, un banchetto in cui mi occupavo del catering, sempre per amici e parenti, e così sono partita. Vedevo che l’attenzione cresceva senza forzarla e questo mi ha stimolato a fare di più e meglio: ho iniziato a pubblicare regolarmente e nel gennaio del 2020, un anno dopo l’inizio di questo percorso, è arrivata la prima collaborazione con un’azienda di farine, che mi ha contattato perché amo molto i panificati e

con quel tipo di ricette trovavo buon seguito. In generale mi cimento con tutto, ma gli impasti mi riescono particolarmente bene e forse per questo sono arrivati prima loro, a cui è seguita un’azienda di olio e così sono partita, trovando un risvolto professionale in questa mia avventura social. Con le prime aziende collaboro tutt’ora, ma nel frattempo ho presentato quasi 200 aziende, in due anni o poco più. Alcuni di loro sono nelle storie in evidenza sul mio profilo Instagram, ma molti mancano perché il social permette di mostrare un massimo di 100 storie.

Ho conosciuto Davide, l’avevo contattato io perché mi erano piaciuti i prodotti della Swedlinghaus: quando vedevo le foto delle loro affettatrici, così belle, mi veniva voglia di utilizzarle. Ci siamo presentati, abbiamo parlato del nostro lavoro e lui mi ha proposto questa collaborazione, partendo con la presentazione di un’affettatrice e proseguendo con una macchina per il sottovuoto e una per la cottura a bassa temperatura. Essendo io una del mestiere, credo di saperle apprezzare e quindi presentare in modo adeguato.

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La mia è stata una carriera veloce, ricordo anche il punto di svolta, durante la pandemia, quando la ricetta di una semplice focaccia ha fatto milioni di visualizzazioni e tuttora, quando la pubblico di nuovo, ha una risposta molto positiva dal pubblico. Insieme a una ricetta sulle scaloppine, quella ha rappresentato il passaggio dall’hobby alla creazione di contenuti come professione. Poco prima della pandemia ho aperto il blog, poi ho aperto i profili sugli altri social e così mi sono costruita una presenza stabile su internet. Nel frattempo, ho dovuto trovare anche il mio stile e ho visto che presentare le ricette con pochi fotogrammi di filmato in sequenza, anche senza parlare, era vincente perché le persone capivano cosa avevo fatto nei vari passaggi. Questa è stata la mia formula e sta funzionando tuttora. Non è facile come sembra, perché anche oggi sto lavorando sul montaggio di una ricetta semplice, una torta all’ananas, e dovendo togliere pochi secondi, devo trovare il momento giusto dove fare il taglio lasciando il filmato scorrevole; in generale è difficile fare di un filmato di 18 minuti un video di 1 minuto comprensibile e interessante. Questo è il mio lavoro quotidiano.

Come ti sei trovata alla Swedlinghaus, prima con la collaborazione a distanza e poi partecipando alla Tasting Experience?

L’inizio della nostra collaborazione l’ho già raccontato, partecipare all’evento è stato emozionante: lavorare in cucina, essere in contatto con il resto del personale coinvolto, è stato come tornare sul campo di battaglia, nell’ambiente per me più famigliare, e quindi è stato bello. Lavorare, inoltre, con lo chef Paolo Paciaroni, che è molto bravo, è stato un ulteriore emozione. Dover gestire il lato social, raccontando l’intera giornata sui miei profili, e intanto dare una mano effettivamente alla realizzazione dell’evento, lavoran-

do ai piatti, è stato intenso, inoltre tutto il personale conosciuto in azienda mi ha colpito molto perché mi hanno fatto sentire subito a mio agio, io ero nuova e mi sono sentita in famiglia. Sono stati tutti aspetti positivi.

Soprattutto mi ha colpito l’obiettivo dell’evento: focalizzarsi su una problematica così importante come la ricerca sui tumori, per me che in famiglia ho avuto un’esperienza con questa malattia, mi ha toccato profondamente e difatti mentre ascoltavo le parole della fondatrice del progetto ImPerfect, che raccontava la sua storia con la malattia, mi commuovevo. Il fatto che Davide e l’azienda ha utilizzato un momento che poteva essere solo per la promozione loro, per offrire quel palcoscenico ad altri che hanno bisogno di farsi conoscere, è stato importante, lo trovo molto giusto e non ci sono tante aziende che lo fanno.

Come hai detto tu, hai una lunga esperienza maturata nelle cucine di un ristorante. Cosa ne pensi della voglia di un’azienda tecnica come la Swedlinghaus, di uscire dal giro dei rivenditori per creare corsi di cucina aperti a tutti ed eventi di beneficienza?

Questa è una cosa straordinaria e sarebbe piaciuta anche a me: anche se a volte sono poco sicura nello spiegare agli altri, mi piace condividere le mie competenze, sviluppate lavorando sul campo, quindi frutto di un’esperienza professionale provata. Così fa la Swedlinghaus: dà la possibilità di spiegare ad altri come si fanno le cose, in questo caso le ricette e le tecniche di cucina, e per farlo utilizza i professionisti migliori, i loro stessi macchinari, le conoscenze sviluppate in tanti anni. È lo stesso mio obiettivo: se condivido una ricetta, voglio che sia perfettamente comprensibile anche da chi non sa neanche friggersi un uovo, voglio che chiunque possa replicare ciò che faccio come lo faccio io per avere quel risultato. Spesso provo ricette prese sui siti di cucina i più svariati e purtroppo, già dalla lettu-

ra delle quantità degli ingredienti, vedo che il piatto non può venire come sperato e così accade perché sono indicazioni sbagliate quelle fornite in certi siti. Io ci tengo che chi mi segue possa ottenere il mio risultato, che è fatto in casa ma con conoscenze professionali; così fa la SwedlinFactory con i suoi corsi e mi sembra molto bello, offrire competenze di alto profilo, rendendole disponibili per tutti, perché i corsi sono aperti sia ai professionisti sia agli amatori. Anche io vorrei tenere corsi, ma non è facile organizzarli perché ci vogliono spazi, attrezzature, personale e questo la Swedlinghaus può farlo e ha colto l’occasione per farlo, anche se avrebbe potuto continuare a occuparsi solo della produzione dei macchinari. Questo è molto bello perché non tutti possono offrire questo livello di offerta nei corsi di cucina.

Avete altri progetti in agenda insieme?

Davide mi ha già accennato che sta pensando a un altro evento per la primavera sulla pizza, quindi credo sarà quella l’occasione per tornare in azienda. Intanto continuiamo a distanza, come ho detto anche a lui, peccato che siamo così lontani io sono di Bergamo) perché altrimenti avremmo potuto fare tante più cose insieme, come dei corsi di cucina per la Factory. Per conto mio, ho dei progetti per cui sto aspettando una risposta, ma ci vuole tempo per mettere in piedi dei corsi, spero di trovare l’appoggio che sto cercando perché serve, come già detto, un’organizzazione dietro adeguata per offrire qualcosa di valido a chi vuole imparare e, quindi, bisogna trovare i giusti partner, lavorare insieme e alla fine si raccolgono i risultati. Spero di trovare presto l’occasione giusta per tornare a fare attività anche dal vivo, oltre al mio lavoro di content creator.

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Intervista a cura di Dafne Perticarini

Per molto tempo, chi fa il mio lavoro ed entra nelle aziende per aiutare a portare a termine cambiamenti importanti, riorganizzazioni e nuove fasi del lavoro, ha introdotto tutta una serie di termini e concetti che sono stati in qualche modo da tutti digeriti, tanto che li utilizziamo quotidianamente, ma in modo errato. Da leadership a comunicazione, che a volte è diventata sinonimo di profonda manipolazione, tanti termini sono stati mal interpretati e l’idea di avere una scorciatoia per riuscire nel mercato ha affascinato molti, finendo per rendere inefficace o buffonesca l’idea stessa di cambiamento.

In questo numero voglio parlare del concetto di efficacia, utilizzato spesso in riunioni aziendali di qualsiasi settore.

Ognuno di noi, come professionista o nel suo ruolo personale, ha una sua idea di efficacia.

Già, di per sé, questo potrebbe rappresentare un paradosso, in quanto scegliere il livello di efficacia è comunque un’azione legata all’efficacia stessa: se alzo l’asticella rischio di non essere tanto efficace quanto vorrei e quindi non raggiungo il mio obiettivo; se l’abbasso troppo, divento “facilmente” efficace, perdendo il senso

Riscrivere i termini del cambiamento

approfondimenti di Francesco Grassi, Formatore e Coach

di sfida che il processo dovrebbe avere.

Come segnala lo psicologo Paul Watzlawick (Pragmatica della comunicazione umana, pag. 201), si tratta del paradosso del “doppio legame”, che porta al rischio di incastrarsi in un meccanismo senza uscita, dove il comando “devo essere efficiente” impone cosa fare, ma in anticipo noi non sappiamo se la nostra azione lo sarà, efficace.

In ogni lavoro artistico, ad esempio, il comando di “essere efficaci” va in contrasto con la ricerca dell’ispirazione, necessaria a realizzare l’opera d’arte, bloccandola e questo vale non solo per gli artisti di qualsiasi natura, ma anche per i manager e gli altri professionisti: per essere efficaci dobbiamo non doverlo essere, cioè non averne il dovere, ma la possibilità. Cadere nel paradosso del doppio legame è molto probabile e diventa fonte di frustrazione: più ci si spinge in avanti e maggiore è l’effetto frenante che si ottiene.

Come si esce da questa dinamica?

La soluzione prende spunto dalla teoria dei tipi logici di Russell (Principia Mathematica, 1910-13) che dice: qualunque cosa comprenda tutti gli elementi di una collezione, non deve essere un termine della collezione.

Questo si traduce nel bisogno d’inserire nella scena un attore esterno, che può essere reale, come un coach ad esempio, o virtuale, come un principio, che ci aiuta a salire di livello per vedere l’efficacia nella sua essenza: la capacità di soddisfare il bisogno che abbiamo in qualche modo manifestato, una capacità che va sviluppata in modo personale e secondo la situazione in cui ci troviamo.

A questo punto non dobbiamo più essere efficaci, ma possiamo liberamente esserlo, raggiungendo anche l’obiettivo di sviluppare nuovi modelli di efficacia nel tempo futuro.

È una sorta di modello di sviluppo personale nel quale spostiamo gradualmente l’asticella solo dopo averla superata e aver gioito del risultato raggiunto.

I riconoscimenti che ne deriveranno, saranno il carburante che aumenterà la nostra autostima e ci spingerà verso il nostro obiettivo finale di cambiamento.

Nei prossimi numeri, analizzando insieme termini noti ma a volte fraintesi, arriveremo a comprendere meglio il processo di cambiamento, tante volte affrontato in azienda, sino a padroneggiare un atteggiamento proattivo che è quello della vera leadership.

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Come fare un corso di aggiornamento

È lunedì 27 febbraio e lo staff della Swedlinghaus si prepara per uno dei corsi che organizza in sede, destinato a rivenditori e agenti: tutti indossano le maglie con il logo dell’azienda, compresi i ragazzi della sezione commerciale. Mentre si attende l’orario stabilito, si accolgono i rivenditori e gli agenti venuti da varie parti della regione e da altre regioni d’Italia: c’è chi visita la parte della produzione, chi è intrattenuto davanti a un caffè, intanto la cucina della SwedlinFactory è stata allestita per il corso e ogni sedia è fornita del materiale necessario a seguire la giornata di formazione. Le affettatrici sono sul banco, il grande schermo è acceso e mostra più da vicino i macchinari.

Arrivano le dieci e trenta, inizia a parlare Giacomo Trapè, sales account executive dell’azienda conosciuto dai nostri lettori nel primo numero di Swed In Mag: presenta le persone dell’azienda che lo affiancano e i loro ruoli. Di fianco a lui, difatti, ci sono Maurizio Musardo, responsabile della produzione, e Leonello Virgili, che si occupa della progettazione e dell’innovazione e ritrovate in questo numero in un’intervista dedicata.

Giacomo passa a spiegare il listino prezzi, che in modo intuitivo è diviso in tre colori, ognuna a indicare una fascia di prezzo: blu per la serie top (il colore dell’azienda), rosso per l’entry level chiamata serie Ho.Re.Ca. e il nero per la serie pro o base. Questa scelta dei colori facilita la consultazione del listino prezzi, che tutti ora hanno in mano e stanno sfogliando.

Giacomo inizia a spiegare quello che si può fare nei diversi livelli di gamma, dalla scelta del colore delle manopole alla personalizzazione degli altri dettagli. Sono informazioni importanti perché così il rivenditore sa esattamente cosa può fare l’azienda per andare incontro al cliente e può rispondere a quest’ultimo autonomamente, senza dover fare ulteriori richieste, rischiando di perdere tempo e, forse, la vendita stessa.

È spiegato cosa è di serie nelle varie gamme, di come la pulizia sia più facile in alcuni modelli grazie alle parti asportabili. Niente è lasciato al caso

perché Swedlinghaus, con più di quaranta anni d’esperienza, conosce tutte le domande dei clienti e ha imparato a prevenirle, costruendo non solo macchine migliori, ma strumenti adeguati alla vendita come, appunto, il listino prezzi. Si specifica dove trovare la sezione optional nel fascicolo e in definitiva Giacomo, durante la sua presentazione, ha reso di facile utilizzo lo strumento che ogni giorno il rivenditore ha in mano per vendere. Intanto lo schermo in alto mostra da vicino i dettagli delle macchine, ma sarà con Leonello e Maurizio che la platea potrà apprezzare questo strumento, quando saranno illustrati lo smontaggio e la manutenzione delle macchine con una dimostrazione pratica. Giacomo termina il suo intervento sottolineando il fatto che bisogna capire quando lavorare con gli optional e quando, invece, passare alla gamma superiore per esaudire le richieste del cliente e di nuovo fa degli esempi pratici per dimostrarlo, come per il segaossa della versione Ho.Re.Ca, a cui si può aggiungere un motore potenziato su richiesta del cliente.

Leonello prende la parola e da lì in poi si darà il cambio con Maurizio, riuscendo a mantenere l’attenzione della sala grazie anche all’alternanza tra i due: sono trattate le problematiche più comuni, dovute all’usura e, pezzi alla mano, Leonello mostra dove si creano le maggiori problematiche e i limiti che la macchina presenta, a seconda della gamma. Le domande si alzano dal pubblico, Leonello risponde a ognuno, da chi chiede informazioni sui costi e i pezzi di ricambio, a chi vuole sapere cosa deve fare per sostituire un certo pezzo. “Nella versione top, prima va tolto il motore, poi basta sostituire le pulegge. Si può entrare anche da dietro con una chiave a tubo, ma quelle in commercio vanno ridotte di diametro per essere usate sulla macchina”. Ogni domanda è risposta e illustrato il da farsi in ogni passaggio. Maurizio prende la parola per far vedere come togliendo una vite a farfalla, allentata la cinghia, il motore si abbassa, permettendo l’intervento di riparazione. Poi si passa all’affilatu-

ra delle lame: sempre Maurizio smonta il pezzo e spiega cosa fare e cosa non fare per affilare correttamente la lama. Qualcuno chiede di vedere la componente da vicino, che fa il giro di tutti i presenti per essere toccata con mano. Altro problema ricorrente è il mancato allineamento della vela alla lama, che può avvenire a causa dell’usura o per colpi ricevuti: prima di sostituirla, si può raddrizzare, appoggiando la vela su una superficie che non la rovini (meglio se di legno) e battendola con un martello di gomma. La base dell’affettatrice, invece, si regola tramite quattro viti a brugola che, tirate o allentante, evitano l’inserimento degli spessori.

Le ore trascorrono e nulla è lasciato al caso, inoltre sono gli stessi rivenditori a fare domande specifiche, consci che più capiranno in azienda e più facile sarà per loro vendere il prodotto e soddisfare il cliente. Anche il confronto con le vecchie versioni delle macchine Swedlinghaus è passato al vaglio, per aiutare chi vuole rinnovare le sue attrezzature a farlo: alcune parti prima fisse sono state rese smontabili, anche in seguito ai cambiamenti di legge riguardo l’igiene, e tutto questo bisogna comunicarlo nel modo giusto.

La lezione va avanti, presto ci sarà la pausa pranzo e poi si riprenderà nel pomeriggio. È una delle tante giornate di formazione offerte dalla Swedlinghaus ai suoi rivenditori, ma è fondamentale per vendere e farlo nel modo giusto: mostrare l’azienda, i prodotti, quali strumenti di vendita usare e come farlo, quali consigli pratici dare ai clienti, far vedere come si smonta, come si pulisce, come si aggiusta, prima di sostituire una macchina, quali problemi più diffusi sono stati rilevati e come l’azienda li ha risolti con una progettazione adeguata e un’assistenza costante. Tutto questo è formazione, una parte importante della SwedlinFactory, meno accattivante rispetto ai corsi con gli chef e gli eventi con musica e cibo, ma fondamentale per il successo dell’azienda: comunicare bene e aiutare chi lavora per noi a comunicarci nel modo giusto.

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